Tribunale Alessandria, Sez. Civ., 13 febbraio 2023, n. 127 - Lavori di giardinaggio con una fresa insicura. Comportamento abnorme



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ALESSANDRIA

Il Tribunale, nella persona del Giudice monocratico dott.ssa Antonella Dragotto, ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1719/2019 alla quale è stata riunita la n. 1128/2020 del Ruolo Generale degli Affari Civili contenziosi vertente
 


tra

A.R., rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Grattarola del Foro di Alessandria attore
Contro

G.R., rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Porrati del Foro di Alessandria convenuto
e

V.S., rappresentata e difesa dall'avv. Silvia Lombardi. convenuta
 

OGGETTO - RESPONSABILITA' CONTRATTUALE ED EXTRACONTRATTUALE

 

FattoDiritto


Con atto di citazione regolarmente notificato, A.R. ha convenuto in giudizio G.R. chiedendo dichiararsi la sua responsabilità ex art. 2087 c.c. ovvero ex art. 2051 c.c. per i danni subiti alla gamba e all'addome nel sinistro occorsogli il giorno 23/04/2018 nel giardino dell'abitazione del convenuto mentre era intento all'esecuzione di lavori di giardinaggio dal medesimo commissionati con uso di una fresa vecchia e sprovvista delle dovute sicurezze.

Si è costituito G.R., il quale ha contestato la ricostruzione dei fatti avversaria e la propria responsabilità, sia a titolo contrattuale, in quanto quella dell'A. era una prestazione svolta a titolo di mera cortesia, sia ex art. 2051 c.c. per essere il sinistro intervenuto per fatto e colpa esclusiva dello stesso attore.

Nel frattempo è stato instaurato dall'attore, sulle medesime domande, anche il procedimento n. 1128/2020 R.G. (riunito al n. 1719/2019, con ordinanza del 19/03/2021), nel quale è stata convenuta V.S., madre di G.R., che si è costituita negando di essere proprietaria della fresatrice e di averne mai avuto la custodia, formulando per il resto le stesse eccezione del G. nel giudizio 1719/19, con richiesta di condanna dell'attore ai sensi dell'art. 96. Comma 1, c.p.c.

Instauratosi il contraddittorio, si è proceduto con l'istruzione della causa.

Svolta l'istruttoria, con ordinanza del 16/03/2022, a scioglimento della riserva assunta all'udienza dell'08/03/2022, il giudice ha disatteso le richieste di CTU formulate dalle parti e, ritenuta la causa matura per la decisione, ha rinviato per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 26/10/2022, ove la parti hanno precisato come da verbale.

La causa, sufficientemente istruita, può essere decisa sulla base del compendio probatorio, costituito dalla documentazione in atti, dalla confessione giudiziale resa da parte attrice oltre che dalle prove testimoniali assunte e dalla documentazione versata in atti.

La domanda proposta da A.R. deve essere respinta.

In punto diritto, devesi premettere che A.R. ha inteso chiaramente prospettare la propria azione in termini di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nei confronti di G.R., ex artt. 2087 c.c. o 2051 c.c. e di responsabilità extracontrattuale, ex art. 2051 c.c. nei confronti di V.S..

Non vi è dubbio che l'episodio narrato, con le conseguenze che da esso sono derivate a parte attrice, è accaduto in occasione dell'attività svolta nel giardino dell'immobile dei convenuti; ciò che è contestato è che il G. fosse tenuto a rispettare l'obbligo di sicurezza imposto dall'art. 2087 c.c. ovvero, la sua responsabilità ex art. 2051 c.c., quanto a quest'ultimo profilo, in uno con la madre V.S..

Quanto alla dedotta responsabilità contrattuale per inadempimento dell'obbligo di sicurezza, si osserva che, per giurisprudenza consolidata, l'art. 2087 c.c., per la sua struttura "aperta", ha ruolo di norma di chiusura del sistema di tutela dell'integrità psicofisica del lavoratore, sia sul piano civile che penale.

Il dovere di sicurezza che, ai sensi della citata norma, incombe sul datore di lavoro non è fonte di responsabilità oggettiva, essendone elemento costitutivo la colpa; esso trova la sua fonte immediata e diretta nel contratto di lavoro subordinato (Cass. n. 1168/95) con esclusione, dal suo ambito di applicazione, delle prestazioni svolte per mera cortesia, atteso che le stesse sono caratterizzate dalla mancanza di un interesse a contenuto patrimoniale in chi le esegue e, in chi le riceve, della certezza che l'attività promessa sarà eseguita o comunque portata a termine (Cass. n. 44 del 07/01/1986). Parimenti, è escluso dall'applicazione di detta norma l'infortunio occorso al lavoratore autonomo ( Cass. n. 933/95; Cass. 7128/2013 e Cass. 9614/2001).

Fatte queste premesse, occorre preliminarmente inquadrare a che titolo l'A. ha svolto lavori di giardinaggio in casa del G. e se il medesimo era tenuto a rispettare gli obblighi di cui all'articolo 2087 c.c.

Nella Relazione di servizio del 23/04/2018 in atti, gli agenti della Polizia di Stato A.C. P.M. e Agt. G.C., intervenuti nell'immediatezza dei fatti, scrivono: "... sul posto giungeva il signor G.R. , il quale riferiva essere il padrone di casa e che l'A., a titolo di amicizia, lo stava aiutando nei lavori di manutenzione del giardino. Successivamente si raggiungeva l'ospedale dove l'A. , che al momento non era possibile sentire a Sit, riferiva che mentre si trovava nel cortile aveva imprudentemente fatto retromarcia con la motozappa e che le lame avevano attaccato i pantaloni di jeans risalendo la gamba verso la sua persona; fortunatamente il tessuto in jeans provocava il blocco dell'attrezzo. L'A. confermava quanto dichiarato dal G. ed in virtù della loro decennale amicizia riferiva di non voler avviare alcuna pratica legale". Il contenuto di detta relazione e, in particolare, quanto riferito dall'attore in ordine al motivo per cui stava lavorando nel giardino del G. - ragione per cui gli atti non sono stati inviati allo Spresal - ha trovato conferma all'udienza del 20/01/2022 nella deposizione del teste P.M. che dichiara: ".. Capimmo subito che si trattava di un incidente durante il lavoro, ma tutti i presenti ci dissero, compreso il signor A., che l'infortunato stava facendo una prestazione per mera amicizia al signor G.. La stessa cosa A. ce la ribadì al Pronto Soccorso, dove ci recammo successivamente per vedere come stava. Quindi con il collega, decidemmo che non fosse il caso di interessare lo Spresal, ossia il dipartimento dell'ASL per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Il signor A. ci riferì la dinamica del sinistro che abbiamo riportato nella relazione".

Analoga la deposizione del collega G.C. il quale riferisce che il giorno del sinistro l'A. non fu sentito a SIT perché troppo sofferente e che lui ed il collega si limitarono a riportare nella relazione di servizio quanto il medesimo aveva riferito in ordine all'accaduto.

La dichiarazione di A., quale confessione stragiudiziale fatta ad un terzo, è stata confermata in sede di deposizione dagli operanti intervenuti in loco e costituisce idonea prova a sostegno del fatto che la prestazione attorea in favore del G. fosse resa a titolo di cortesia.

Non vi sono ragioni per dubitare della genuinità di tale affermazione, resa nell'immediatezza del fatto e ribadita al Pronto Soccorso, ove gli agenti di P.S. raggiungevano l'A. in un secondo momento; oltre all'interrogatorio formale reso dallo stesso A. nel corso di questo giudizio in cui ha parzialmente cambiato la sua versione del fatto asserendo che il G. gli aveva promesso qualcosa in pagamento, - circostanza questa comunque non sufficiente per provare un rapporto di lavoro subordinato e non ad es. un contratto d'opera - non sono emerse evidenze in senso contrario, neppure in ordine all'asserito stato confusionale di parte attrice che, poco prima dell'arrivo dei sanitari del 118, è stato in grado di avvisare il fratello dell'accaduto.

Deve pertanto ritenersi provato che l'A., in ragione dell'amicizia con il G. (che, per lo stesso motivo, ha svolto a titolo di cortesia varie pratiche per l'attore ed il suoi famigliari, essendo geometra), ha accettato di sistemargli il giardino senza corrispettivo, con esclusione pertanto della dedotta responsabilità ai sensi dell'art. 2087 c.c. in capo a G.R..

Inoltre, anche ove fosse stato pattuito un compenso (circostanza di cui comunque non vi è prova) l'attività di A. che si qualifica come imprenditore edile rientrerebbe, al più, nel contratto d'opera di cui all'art. 2222 c.c. senza che, anche in questo caso, possa operare l'art. 2087 c.c. Ne segue che anche sotto quest'ulteriore profilo, il pretesto inadempimento del G. agli obblighi di sicurezza gravanti sul datore di lavoro, non trova applicazione.

Venendo ora alla responsabilità ex 2051 c.c., dedotta nei confronti di entrambi i convenuti, si osserva che la stessa ha natura oggettiva e presuppone, in primo luogo, la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa, consistente in una relazione di fatto tra soggetto e cosa stessa, tale da consentirne il potere di controllo, di eliminazione delle situazioni di pericolo che siano eventualmente insorte e l'esclusione dei terzi dal contatto con la cosa medesima ( Cass., sez.III, 19.5.2011, n. 11016; Cass. sez.III, n. 8005 1.4.2010; Cass. , sez.III, n. 858 del 17.1.2008, vedasi anche Trib. Genova, sez.II, 24.10.2014, Trib. Trento 19.1.2015, App. Lecce Taranto 28.8.2014).

Tale responsabilità, si fonda pertanto sulla mera relazione intercorrente fra la cosa dannosa e colui il quale ha l'effettivo potere su di essa (come il proprietario, il possessore o anche il detentore), senza che rilevi al riguardo la condotta del custode oppure l'assenza di una sua qualunque colpa giacché il profilo della condotta del custode è del tutto estraneo al paradigma della responsabilità delineata dall'art. 2051 c.c., ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 4476 del 24/02/2011.

Per integrare la responsabilità è dunque necessario (e sufficiente) che il danno sia stato "cagionato" dalla cosa in custodia, nell'ambito del dinamismo connaturale del bene, o per l'insorgenza in esso di un processo dannoso, ancorché provocato da elementi esterni, o perché la cosa, combinandosi con l'elemento esterno, viene a costituire essa stessa la causa o la concausa del danno.

Dal punto di vista probatorio, il danneggiato deve dimostrare la relazione di proprietà o di uso intercorrente tra il convenuto e la res, il danno subito ed il rapporto di causalità tra la cosa e l'evento dannoso, salva la possibilità per il custode di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che valga ad elidere il nesso causale e che può essere costituito da un fatto naturale o dal fatto di un terzo o della stessa vittima (cfr., da ultimo, Cass. n. 20943/2022), senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura "insidiosa" o la circostanza che l'insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato la cui condotta, quand'anche colposa, non sarebbe idonea ad interrompere il nesso causale con l'evento a meno che non integri il caso fortuito, ovvero sia tale per le sue oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità da elidere il nesso di causa riconducibile alla cosa, degradando la condizione della medesima al rango di mera occasione dell'evento di danno; (vd. Cass. 25837/2017, Cass. n. 4035/2021).

Quanto ai criteri di accertamento del nesso causale, va richiamato il consolidato orientamento di legittimità (cfr., per tutte, Sez. U., Sentenza n. 576 del 11/01/2008) secondo cui, ai fini dell'apprezzamento della causalità materiale nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, va fatta applicazione dei principi penalistici di cui agli artt. 40 e 41 c.p. sicché un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della conditio sine qua non). Tale principio, trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente - di cui al capoverso dello stesso art. 41 c.p. - in base al quale, l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta ove questa risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto.

Al contempo, neppure è sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all'interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che appaiano idonee a determinare l'evento secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quello della c.d. regolarità causale, che individua come conseguenza normale imputabile quella che - secondo l'id quod plerumque accidit , secondo un giudizio di regolarità statistica o ad una probabilità apprezzabile ex ante (ancorché riscontrata con una prognosi postuma) - integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento iniziale (sia esso una condotta umana oppure no), che ne costituisce l'antecedente necessario.

Ne deriva che tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente, ovvero tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneità causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, sovrapponendosi ad essa ed elidendone l'efficacia condizionante (da ultimo, Sez. 3, Ordinanza n. 2477 del 01/02/2018).

Nel caso di specie, è stato accertato che la motozappa causa dei danni fisici subiti dall'attore è di proprietà del G. che la teneva all'interno del ricovero attrezzi di pertinenza dell'immobile di cui lo stesso è comproprietario con la madre, V.S. anch'essa residente nell'immobile a quanto risulta dagli atti di causa e dunque nella possibilità di avere la cosa sotto la sua sfera di controllo.

Occorre pertanto verificare se i convenuti hanno fornito la prova liberatoria del c.d. caso fortuito, cioè di un elemento esterno che vale ad elidere il nesso causale tra cosa ed evento dannoso, secondo i principi di accertamento di detto nesso, ex artt. 40 e 41 c.p.

Ebbene - mentre è stato accertato che la motozappa in uso all'attore era dotata di idonei dispositivi di sicurezza quali il pulsante di spegnimento automatico a lato motore, la leva di spegnimento automatico e la carenatura a protezione delle lame (si veda quanto dichiarato dai testi B.S. e P., il primo venditore di attrezzature agricole, tra cui proprio le motozappa marca Ferrari, oltre che quanto riferito dall'attore in sede di interrogatorio formale: "mi sembra che il motocoltivatore sia quello delle foto" dotato di ".. leva rossa e "..carenatura a protezione delle lame..") - è stata raggiunta la prova che il sinistro è accaduto a causa di un comportamento gravemente imprudente dell'A. il quale, nell'uso della fresatrice, dovendo superare un dislivello, la sollevava mentre era accesa su uno scalino così esponendo i propri arti inferiori alle lame.

Riferisce infatti A. all'udienza del 20/01/2022 : "mi stavo dirigendo verso l'aiuola che si vede nelle fotografie sub doc. (...),(...),(...). Per salire sul gradino del marciapiede che si vede nelle foto camminavo in retromarcia trascinandomi dietro la fresatrice. Ad un certo punto, mentre stavo superando il gradino, la moto fresatrice ha fatto un balzo e si è alzata e in quel momento le lame mi hanno preso i pantaloni e hanno iniziato a tagliarmi la gamba, io sono caduto immediatamente all'indietro lasciando la presa ma ormai era troppo tardi...non ho messo uno scivolo, pensavo di farcela a far superare alla fresatrice il dislivello semplicemente tirandomela dietro in tal caso intendevo che sono stato veramente stupido a trascinarmi dietro la macchina in quel modo e soprattutto a non mollare subito la presa non appena accortomi che la macchina si stava alzando, anzi ho continuato a tenerla, tentando di riabbassarla.."

Il fatto che l'A. fosse consapevole di aver tenuto un comportamento gravemente imprudente nell'uso della falciatrice e che questo fosse stato la causa dell'infortunio subito, emerge anche da quanto riferito dalla teste C., moglie del G., della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, che era andato a trovarlo in ospedale con i convenuti: " sono stato un coglione, ho fatto una cazzata".

Si veda infine quanto dichiarato dall'A.C. P. : " E' plausibile che l'A. si sarebbe comunque fatto male anche con la leva di spegnimento automatico regolarmente in funzione, in quanto so per esperienza (n.d.r. il teste ha dichiarato di aver una motozappa simile) che, per alcuni secondi, le lame continuano a ruotare anche dopo lo spegnimento del motore"

Se la macchina fosse stata usata nel modo corretto - ovvero fatta passare su di uno scivolo come riferisce lo stesso attore, oppure spenta prima di essere alzata per superare il gradino posto a delimitazione tra la parte ghiaiosa del cortile e l'aiuola - avrebbe evitato il "balzo" che, in uno con il fatto di essere accesa e condotta in retromarcia, ha determinato la caduta all'indietro dell'attore ed il suo ferimento.

La confessione di aver auto provocato il sinistro con una condotta abnorme rispetto all'uso normale del mezzo, ed in spregio alle regole di comune prudenza imposte dallo stato dei luoghi, fa piena prova nei confronti parte attrice con conseguente interruzione del nesso causale tra cosa ed evento lesivo, secondo la giurisprudenza sopra richiamata, - con il che risulta superata ogni questione sia in ordine all'effettiva presenza dell' elastico a disattivazione della leva di sicurezza, sia in ordine alla riproposta questione dell'incapacità a testimoniare di G. e V. per avere i medesimi e reciprocamente un interesse giuridicamente rilevante nelle cause rispettivamente intentante dall'A. nei loro confronti e poi riunite.

In conclusione, risulta accertato che il sinistro è da imputarsi al danneggiato e sia da escludere la responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo ai convenuti.

In punto liquidazione delle spese processuali si osserva che con il provvedimento discrezionale di riunione di più cause l'autonomia dei singoli giudizi resta immutata; pertanto, la congiunta trattazione lascia integra l'identità dei medesimi tanto che la sentenza che decide simultaneamente le cause riunite, pur essendo formalmente unica, si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise: conseguentemente, la liquidazione delle spese giudiziali va operata in relazione ad ogni singolo giudizio, posto che solo in riferimento alle singole domande è possibile accertare la soccombenza (Cass. n. 27295/2022).

Non si ravvisano elementi a sostegno delle domanda di responsabilità aggravata formulata dalla parte V..

Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano in base al D.M. n. 55 del 2014, come modificato dal D.M. n. 147 del 2022, tabella 2, causa di valore indeterminabile basso, valori medi.

 

P.Q.M.
 


Il Tribunale di Alessandria, In persona del G.U. Dott.ssa Antonella Dragotto, in funzione di giudice monocratico,

1) rigetta la domanda proposta da A.R. nei confronti di G.R. e di V.S.;

2) condanna l'attore alla rifusione, in favore dei convenuti, delle spese processuali che liquida in Euro 7.616 per ciascuno, oltre al 15% sui compensi per rimborso forfettario spese generali, iva e cpa nelle percentuali di legge.

Così deciso in Alessandria, il 7 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2023.