Cassazione Penale, Sez. 4, 20 febbraio 2024, n. 7414 - Mancanza di dispositivi di protezione contro le cadute dall'alto e infortunio mortale. Responsabile il CSE che non sospende i lavori


 

Il potere-dovere inibitorio di sospensione dei lavori, attribuito al coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva dall'art. 92, comma 1, lett. f), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è correlato a qualsiasi ipotesi in cui tale garante riscontri direttamente un pericolo grave e imminente, a prescindere dalla verifica di specifiche violazioni della normativa antinfortunistica e del rischio interferenziale, la cui gestione è, invece, correlata agli obblighi di alta vigilanza, previsti dalle lettere a) e d) del medesimo art. 92 (Sez. 4, n. 42845 del 04/10/2023, Tramontin, Rv. 285380 - 01).
L'omessa adozione dell'ordine di sospensione dei lavori costituisce, dunque, una delle possibili omissioni addebitabili al coordinatore per la sicurezza, correttamente individuate qualora sia contestata la violazione dell'art.92 d. Igs. n.81/2008.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. DOVERE Salvatore -Presidente

Dott. VIGNALE Lucia -Relatore

Dott. SERRAO Eugenia -Consigliere

Dott. MICCICHÈ Loredana -Consigliere

Dott. RICCI Anna Luisa Angela -Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a M il (omissis)

avverso la sentenza dell’11/01/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;

Udito il Procuratore generale, in persona della dott.ssa FRANCESCA COSTANTINI, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

lette le memorie di replica, da valere come conclusioni per la discussione orale, del difensore del ricorrente Avv. PLACIDO RIVIERA, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso

udito il difensore Avv. VITO ALBERTO CALABRESE, in sostituzione dell'avvocato ISGRO' VINCENZO, nell'interesse delle parti civili B.B. e C.C., in sostituzione dell'avvocato IMBRUGLIA GIUSEPPE, nell'interesse della parte civile D.D., in sostituzione dell'avvocato LA MALFA DANIELE ROCCO, nell'interesse delle parti civili di E.E., F.F. e G.G. Il difensore ha concluso per l'inammissibilità;

udito il difensore Avv. SONIA PARRACCIANI, in sostituzione dell'avvocato GALLETTI DI SANTA ROSALIA GIOVANNI FRANCESCO, nell'interesse delle parti civili H.H., I.I. e J.J. Il difensore ha concluso per l'inammissibilità.

 

Fatto

1. La Corte di appello di Messina, con la sentenza indicata in epigrafe, per i punti che qui interessano, ha riformato ai soli effetti civili la sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Messina il 22/02/2021 dichiarando A.A. responsabile agli effetti civili del reato a lui ascritto, condannandolo al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separato giudizio.

2. A.A. era accusato, in qualità di coordinatore per l'esecuzione dei lavori, del reato di cui all'art. 589, commi 2 e 3, cod. pen. per aver omesso di verificare l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento cosicché il lavoratore K.K., impegnato a eseguire lavori di ampliamento e di realizzazione della copertura a tetto del fabbricato sito in S, via R n. (omissis), privo di strumenti di protezione per la caduta dall'alto (quali linee vita, dispositivo di ancoraggio, connettori, assorbitori di energia, cordini, ecc.), era precipitato dall'altezza di quattro o cinque metri riportando un politrauma che ne aveva causato il decesso. In Omissis il 12 settembre 2013.

3. A.A. è stato in primo grado assolto dall'accusa per non aver commesso il fatto, ritenendo i giudici del tribunale che avesse adeguatamente assolto ai doveri concernenti il suo ruolo di alta vigilanza operando gli accessi sui luoghi nelle date 8, 13,20, 22,27 e 29 agosto 2013 e imponendo al datore di lavoro nelle ultime due occasioni di “obbligare i dipendenti a indossare dispositivi individuali di sicurezza” nonché a conformarsi alle indicazioni del POS in sede di esecuzione delle lavorazioni. Era, quindi, intervenuto a elevare formale richiamo al datore di lavoro sul rispetto delle previsioni del piano di sicurezza.

4. Su appello delle sole parti civili H.H., J.J., I.I., B.B., C.C., E.E., F.F., G.G. e D.D., i giudici della Corte territoriale hanno, invece, ritenuto che fosse fondato l'assunto della difesa di parte civile secondo il quale il A.A., in qualità di coordinatore della sicurezza in fase esecutiva, non avrebbe dovuto limitarsi a effettuare un controllo notarile circoscritto a verifiche meramente formali, ma avrebbe dovuto accertare che tutte le misure di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro fossero effettivamente adottate in concreto e avrebbe dovuto, altresì, attivare, a fronte di evidenti irregolarità del cantiere, i poteri di inibizione riconosciutigli dalla legge in relazione a situazioni di pericolo nettamente evidenti e iri vistosa difformità rispetto alle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento. In particolare, la circostanza che il A.A. fosse assolutamente consapevole del mancato utilizzo dei dispositivi individuali di sicurezza da parte dei lavoratori risultava provata proprio dai verbali relativi alle verifiche che egli aveva effettuato nelle date del 27 e del 29 agosto 2013, ossia pochi giorni prima dell'incidente, dai quali emergeva che lo stesso avesse provveduto a elevare una formale contestazione al datore di lavoro sul rispetto della previsione del piano di sicurezza e, più specificamente, che gli avesse imposto di obbligare i dipendenti a indossare i dispositivi individuali di sicurezza. La Corte ha ritenuto che tale circostanza provasse la presenza di un “pericolo grave e imminente” e rappresentasse, pertanto, un motivo più che sufficiente per adottare il provvedimento di sospensione fino alla verifica dell'avvenuto adeguamento alle disposizioni di legge, non potendosi ritenere sufficiente un semplice richiamo al rispetto delle regole.

5. A.A. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con un primo motivo, per violazione dell'art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all'art. 92 d. lgs. 9 aprile 2008, n.81, omessa valutazione del rischio interferenziale e della relativa posizione di garanzia, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione tra la posizione di garanzia del coordinatore e quella del datore di lavoro. Secondo la difesa, la Corte di appello, sulla quale incombeva l'onere di una motivazione rafforzata, è pervenuta alla dichiarazione di responsabilità del ricorrente sulla base di una diversa interpretazione del medesimo materiale probatorio in contrasto con i principi enunciati dalla Corte di legittimità in relazione al ruolo e alla sfera di responsabilità del coordinatore per la sicurezza. Non rientra tra i compiti del coordinatore per la sicurezza nell'esecuzione dei lavori un controllo costante e quotidiano e il A.A. non era presente in cantiere il giorno dell'evento; trascurando che il coordinatore per l'esecuzione è gestore del rischio interferenziale, il giudice di appello, pur riconoscendo che il coordinatore della sicurezza in fase esecutiva sia figura da non sovrapporre a quella del datore di lavoro, ha contraddittoriamente riconosciuto la sua responsabilità pur escludendo che si sia trattato di un rischio interferenziale. L'area di rischio governata dal coordinatore per la sicurezza nell'esecuzione dei lavori attiene ai rischi interferenziali, tra i quali non rientrano i rischi specifici propri dell'attività della singola impresa, di competenza del datore di lavoro.

Con il secondo motivo deduce violazione dell'art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen., erronea applicazione dell'art. 92, comma 1 lett. f), d. lgs. n.81/2008, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. La Corte ha ritenuto sussistente l'obbligo di sospendere le lavorazioni, ossia un profilo di colpa mai contestato al A.A., al quale si era attribuito di aver omesso di verificare l'applicazione da parte dell'impresa esecutrice delle disposizioni pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento. La motivazione si fonda sulla presunzione che i dipendenti della ditta lavorassero metodicamente senza utilizzare i dispositivi individuali di sicurezza, nonostante tale circostanza sia smentita dal fatto che l'omissione non fosse stata riscontrata negli accessi sul luogo nei giorni precedenti; inoltre, la motivazione non è logicamente coerente con l'assoluzione della committente. Nel confermare l'assoluzione della committente la Corte ha osservato che la stessa non avesse la possibilità di percepire in maniera agevole e immediata le situazioni di pericolo nonostante la stessa ne fosse stata resa edotta dal A.A. Inoltre, la sentenza ha ampliato la posizione di garanzia del coordinatore riferendola ai rischi specifici propri dell'attività della singola impresa. L'ipotesi considerata dalla Corte, ossia l'immediata sospensione delle lavorazioni, è stata ritenuta in casi di macroscopiche carenze organizzative o di attuazione della normativa antinfortunistica comportanti una situazione di pericolo grave e imminente, ossia in ipotesi diverse dalla idoneità di quanto previsto dal PSC e dal POS a garantire la sicurezza dei dipendenti. L'evento mortale è stato ritenuto riferibile all'omesso impiego di dispositivi di sicurezza e prevenzione rispetto a cadute dall'alto sul quale, come considerato dal giudice di primo grado, avrebbe dovuto vigilare il datore di lavoro.

6. Il Procuratore generale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

7. I difensori delle parti civili B.B., C.C., E.E., F.F. e G.G. hanno depositato memoria conclusionale, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile. I difensori delle parti civili I.I., H.H. e J.J. hanno concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

8. Il difensore del ricorrente A.A. ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Diritto


1. Il ricorso è infondato.

2. Deve in primo luogo ritenersi inammissibile per manifesta infondatezza il dedotto vizio di manifesta illogicità della motivazione fondato sulle ragioni assolutorie del coimputato committente, essendo diversi i ruoli e la relativa posizione di garanzia.

3. Esaminando ora il tema centrale; sul quale si fondano entrambi i motivi di ricorso, è bene ricordare che il potere-dovere inibitorio di sospensione dei lavori, attribuito al coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva dall'art. 92, comma 1, lett. f), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è correlato a qualsiasi ipotesi in cui tale garante riscontri direttamente un pericolo grave e imminente, a prescindere dalla verifica di specifiche violazioni della normativa antinfortunistica e del rischio interferenziale, la cui gestione è, invece, correlata agli obblighi di alta vigilanza, previsti dalle lettere a) e d) del medesimo art. 92 (Sez. 4, n. 42845 del 04/10/2023, Tramontin, Rv. 285380 - 01), L'omessa adozione dell'ordine di sospensione dei lavori costituisce, dunque, una delle possibili omissioni addebitabili al coordinatore per la sicurezza, correttamente individuate qualora sia contestata (a violazione dell'art.92 d. Igs. n.81/2008.

I compiti e la funzione normativamente attribuiti alla figura del coordinatore per la sicurezza risalgono all'entrata in vigore del d. lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE) - nell'ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili - a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest'ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento implicanti particolari competenze tecniche, altrimenti su di lui ricadenti. La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall'altro dallo specifico elenco di obblighi, originariamente contenuto nell'art. 5 d. lgs. 14 agosto 1996, n. 494, attualmente trasfuso nell'art. 92 d. lgs. n. 81/2008, a mente del quale il coordinatore per l'esecuzione è tenuto, tra l'altro, a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.

4. I giudici di merito hanno, pertanto, correttamente ritenuto che, a prescindere dal dovere-potere di controllo del quale il coordinatore per la sicurezza è garante nell'area del rischio interferenziale, fosse addebitabile al A.A. la violazione dell'obbligo previsto dalla legge di emanare l'ordine di sospensione per contrastare una situazione di pericolo grave e imminente. L'omessa adozione di qualsivoglia dispositivo di prevenzione del rischio di cadute dall'alto rappresentava, infatti, una macroscopica violazione dell'attuazione del piano antinfortunistico immediatamente percepibile. Nel caso concreto, peraltro, i giudici hanno accertato tramite prova documentale che il A.A. fosse consapevole della predetta violazione.

5. Il ricorso deve, dunque, essere rigettato. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art.616 cod. proc. pen., nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili H.H., I.I. e J.J., liquidate come in dispositivo.

Non si ritiene di dover procedere alla liquidazione delle spese sostenute dalle altre parti civili. Le memorie depositate, infatti, si limitano a riportare le conclusioni, sicché non può dirsi che tali parti abbiano effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un'attività diretta a contrastare la pretesa del ricorrente (sull'argomento, con riferimento alle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, da ultimo, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022 dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886; Sez. U, n. 5466, del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716; Sez.4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez.3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713).
 


P.Q.M.
 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità alle parti civili Rosa Capoccia, Anna Di Mauro e Vincenzo Di Mauro, liquidate in 4.800,00 Euro oltre accessori come per legge se dovuti. Nulla per le spese alle ulteriori parti civili.

Così deciso il 30 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2024.