Cassazione Penale, Sez. 4, 06 dicembre 2023, n. 48511 - Art. 450 c.p.: Delitti colposi di mero pericolo



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente -

Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere -

Dott. RICCI Anna Luisa - rel. Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - Consigliere -

Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 


Sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

B.B., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 17/03/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANNA LUISA ANGELA RICCI;

lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore Dr. DI NARDO MARILIA, che ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

 

Fatto


1. La Corte d'appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina di condanna di A.A. e B.B. in ordine al reato di cui agli artt. 113 e 450 c.p., commesso in (Omissis), C.da di (Omissis), alla pena di mesi 6 di reclusione ciascuno, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Secondo la descrizione dei fatti di cui all'imputazione i due imputati, nella qualità di proprietari, in occasione dei lavori di realizzazione di due capannoni in cemento armato, a causa del reiterarsi di condotte omissive colpose, avevano fatto sorgere e persistere il pericolo di frana. In particolare avevano alterato lo stato dei luoghi occupati da un ammasso di terra e roccia da scavo, modificando il sistema idrografico di smaltimento delle acque piovane e esponendo a pericolo gli abitanti dei fondi collocati nei piani inferiori, non essendo stata prevista, nè realizzata alcuna opera idonea a contenere il materiale accatastato e a impedire allo stesso di precipitare verso valle.

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati con unico atto a mezzo di difensore, formulando due motivi.

2.1. Con il primo motivo hanno dedotto la violazione di legge ed in specie dell'art. 521 c.p.p. in relazione all'art. 450 c.p. per mancata correlazione tra imputazione contestata e la sentenza e vizio di motivazione. Il difensore osserva che gli imputati erano stati tratti a giudizio per rispondere della violazione dell'art. 450 c.p. per avere con condotte colpose, determinato l'insorgere e il persistere di un "pericolo di frana", quando invece la fattispecie in esame punisce chiunque fa sorgere o persistere un pericolo di inondazione (o naufragio o disastro ferroviario o sommersione di una nave o di altro natante). La sentenza di appello, così come la sentenza di primo grado, al fine di superare la questione concernente la tassatività della disposizione in esame, aveva fatto riferimento in realtà ad un procurato pericolo di inondazione. In tema di modificazione della imputazione, per fatto diverso deve ritenersi quello con connotati materiali difformi da quelli descritti nel capo di imputazione, ma invariato storicamente nei suoi elementi costituitivi, inclusi in riferimento spazio-temporali. La nozione di fatto diverso deve essere intesa in senso materiale e naturalistico, con riferimento non solo al fatto storico che pur integrando una diversa imputazione resti invariato, ma anche al fatto che abbia connotati materiali parzialmente difformi da quelli descritti nel decreto che dispone il giudizio. Da un semplice raffronto fra l'imputazione contestata e gli elementi su cui, sia in primo, sia in secondo grado, si è basata la condanna inflitta, emergerebbe una palese difformità che ha sicuramente influenzato la decisione e condotto alla individuazione di una responsabilità in realtà del tutto inesistente. A.A. e B.B. si erano difesi da una imputazione nella quale veniva loro contestato di aver cagionato un pericolo di frana, mentre nel processo si discuteva come se si fosse in presenza di un pericolo di inondazione.

2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge ed in specie dell'art. 450 c.p. e il vizio di motivazione. Il difensore contesta che la condotta descritta nella imputazione posta in essere dagli imputati integri la fattispecie penale di cui all'art. 450 c.p. L'elencazione delle diverse ipotesi di pericolo contenute in detta norma è tassativa e non comprende anche la frana. In altri termini la fattspecie di cui all'art. 450 c.p., che anticipa la tutela rispetto a quella delineata nel precedente art. 449 c.p. incriminando condotte che fanno solo sorgere o persistere il pericolo di un evento disastroso, non si riferisce a tutte le fattispecie di disastro, bensì solo a quelle analiticamente indicate (distrato ferroviario, inondazione, naufragio, sommersione), fra cui non compare la frana, onde il pericolo di frana non rientra tra le ipotesi astrattamente, ma tassativamente elencate dalla legge. Dalla istruttoria -prosegue il difensore- non era emerso che le condotte dei ricorrenti avessero in qualche modo cagionato il pericolo di una inondazione nella normale accezione terminologica di un siffatto evento, ma solo un eventaule pericolo di frana.

3. Il Procuratore generale nella persona del sostituto Marilia Di Nardo ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.
 

Diritto


1. Il ricorso è fondato quanto al secondo assorbente motivo.

2. Occorre muovere dalla premessa che la condotta di reato per la quale è stata pronunciata condanna nei due gradi di giudizio è stata descritta nell'imputazione come quella di aver fatto sorgere e persistere il pericolo di frana.

Le stesse sentenze di merito nel descrivere le risultanze dell'istruttoria hanno fatto riferimento alle condotte omissive degli imputati che avevano determinato l'insorgere del pericolo di frana.

Nella sentenza di primo grado si dà atto che nel corso di un accertamento eseguito dal Tecnico comunale e dai Vigili Urbani del Comune di (Omissis) in contrada (Omissis), ove la ditta A.A.-B.B. aveva realizzato due capannoni in cemento armato, era stata rinvenuta una movimentazione di terra con ammasso di terre da rocce e da scavo (alto almeno quattro metri per un fronte di circa venti metri e un volume di circa quattromila metri cubi), in assenza di previsione e realizzazione di alcuna opera di contenimento, volta ad impedire che il materiale accatastato precipitasse verso valle. Tali lavori -ha proseguito il Tribunale sulla scorta delle dichiarazioni rese dal tecnico comunale, dei rilievi fotografici e delle ordinanze comunali emesse a seguito del sopralluogo- avevano modificato il sistema idrografico di smaltimento delle acque piovane e provocato una rilevante alterazione morfologica dello stato dei luoghi, esponendo a pericolo gli abitanti che risiedevano nei fondi a quota più bassa. Il Tribunale aveva, indi, concluso per la sussistenza del reato contestato, risultando integrato sia "l'elemento materiale (omissione che ha fatto sorgere il pericolo di una frana)", "sia l'elemento psicologico (colpa cosciente ossia inosservanza delle normali regole di prudenza e perizia disposte da leggi e regolamenti)".

Nella sentenza di appello, parimenti, la Corte ha rilevato che, alla luce delle risultanze, "nessun dubbio poteva profilarsi attorno alla concreta sussistenza di un pericolo di frana e inondazione derivante dalle attività di sbancamento, riporto e accumulo terra, livellamento dei terreni e posizionamento materiale dei cumuli di materia di risulta, condotte dagli imputati, nelle rispettive qualità, che con negligenza, pressapochismo ed incuria, risultano avere abbandonato materialmente, in posizione precaria e pericolosa, generando concreto pericolo di frana, tali materiali al limite esterno della loro proprietà".

Dunque, sia nella descrizione della fattispecie di cui al capo di imputazione, sia nel percorso argomentativo dei giudici di merito, quale evento del reato, viene indicato il "pericolo di frana". Se è vero che la Corte di Appello, in un inciso della motivazione, evoca anche il pericolo di inondazione, è altrettanto vero che la stessa Corte, nella parte conclusiva del ragionamento probatorio, cita esclusivamente il pericolo di frana, in coerenza, peraltro, con gli accertamenti condotti nelle indagini, che avevano rilevato sui fondi degli imputati cumuli di materiale di risulta.

3. Ciò premesso, occorre soffermarsi sugli elementi costituivi della fattispecie di cui all'art. 450 c.p. contestata, anche in rapporto alla diversa fattispecie di cui al precedente art. 449 c.p..

3.1.L'art. 450 c.p., rubricato come "delitti colposi di pericolo", punisce chiunque, con la propria azione od omissione, fa sorgere o persistere il pericolo "di un disastro ferroviario, di un'inondazione, di un naufragio o della sommersione di una nave o di un altro edificio natante".

Si tratta, come dato desumere dalla formulazione letterale, di reato di pericolo, per la cui consumazione non si richiede che l'evento si sia verificato, ma solo che sia accertata la probabilità del suo verificarsi (Sez 4 n. 9969 del 18/01/2010, Ghilardi, Rv. 246800 secondo cui i delitti colposi di pericolo contro l'incolumità pubblica di cui all'art. 450 c.p. si perfezionano al momento dell'effettiva esistenza di un pericolo che l'evento temuto si verifichi, in quanto incriminano anche le condotte che fanno solo sorgere o persistere il pericolo di un evento disastroso). Il pericolo, che deve insorgere o persistere in concreto in dipendenza del comportamento dell'agente, non è quello di qualsiasi disastro, bensì solo quello del disastro ferroviario, di inondazione, di naufragio e della sommersione di una nave o di altro edificio natante.

La fattispecie in esame si differenzia da quella di cui all'art. 449 c.p..

rubricato come delitto colposo di danno, che punisce, invece, chiunque cagiona per colpa un incendio o un altro disastro preveduto dal capo primo del medesimo titolo.

La giurisprudenza di legittimità ha proceduto alla ricostruzione sistematica del quadro normativo al cui interno si collocano gli artt. 449 e 450 c.p. (si vedano in proposito Sez. 4, n. 46876 del 07/11/2019, Chiodi, Rv. 277702; Sez. 4 n. 15444 del 18/01/2012, Tedesco, Rv. 253500). Al riguardo, si è considerato che nell'ambito del titolo VI, relativo ai reati contro l'incolumità pubblica, si trovano il capo I dedicato ai delitti dolosi di comune pericolo mediante violenza ed il capo III dedicato ai delitti colposi di comune pericolo e che attraverso le fattispecie collocate in tale titolo il legislatore ha inteso proteggere la sfera superindividuale di beni primari quali la vita, l'integrità fisica, la salute. Nell'ambito dei reati dolosi di cui al capo I, il nucleo centrale è costituito, dalle fattispecie di disastro, ordinariamente configurate come reati di pericolo astratto. Vi compare un definito evento, contrassegnato da tipica pericolosità in relazione ai beni primari cautelati: si tratta di figure nelle quali è la norma che descrive alcune situazioni tipicamente caratterizzate, nella comune esperienza, per il fatto di recare una rilevante possibilità di danno alla vita o all'incolumità personale, come l'incendio, l'inondazione, la frana, la valanga, il disastro ferroviario, il naufragio, ovvero di eventi dotati di forza dirompente e quindi in grado di coinvolgere numerose persone, in un modo che non è precisamente definibile o calcolabile. Ciò che caratterizza il pericolo per la pubblica incolumità è semplicemente la qualificata possibilità che un numero indeterminato di persone si trovino coinvolte nella sfera d'azione dell'evento disastroso descritto dalla fattispecie e esposte alla sua forza distruttiva (Sez. 4, n. 18977 del 9/03/2009, Innino, Rv. 244043).

Nell'ambito dei reati colposi di cui al capo III, l'art. 449 c.p. sanziona, come detto, la causazione colposa degli eventi disastrosi previsti dalle fattispecie tipizzate al capo primo. Si è osservato che il legislatore ha attuato una tutela rafforzata dell'incolumità pubblica, sanzionando gli eventi disastrosi di determinate fattispecie comprese nei delitti di comune pericolo dolosi previsti dal capo I, che si siano verificati nella forma colposa, con la precisazione che per la configurabilità del delitto di disastro colposo ex artt. 434 e 449 c.p. è necessario che l'evento si verifichi, diversamente dall'ipotesi dolosa (art. 434 c.p., comma 1, c.p.), nella quale la soglia per integrare il reato è anticipata al momento in cui sorge il pericolo per la pubblica incolumità e, qualora il disastro si verifichi, risulterà integrata la fattispecie aggravata prevista dal citato art. 434 c.p., comma 2.

La giurisprudenza sopra richiamata ha anche chiarito che il pericolo per la pubblica incolumità, in cui risiede la ragione della incriminazione e che individua il bene protetto, funge da connotato ulteriore del disastro e serve a precisarne, sul piano della proiezione offensiva, le caratteristiche; il persistere del pericolo, e il suo inveramento quale concreta lesione dell'incolumità, non sono richiesti per la realizzazione del delitto e, non essendo elementi del fatto tipico, non possono segnare la consumazione del reato, perchè non si deve confondere l'evento pericoloso con gli effetti che ne sono derivati. Tale opzione interpretativa ricostruendo in termini di concretezza le espressioni utilizzate dal legislatore per descrivere gli eventi disastrosi, implica che la nozione di disastro definisca accadimenti macroscopici, dirompenti e quindi potenzialmente lesivi dell'incolumità pubblica. Secondo l'orientamento che viene consolidandosi, i reati di disastro colposo richiamati dall'art. 449 c.p., richiedono un avvenimento grave e complesso con conseguente pericolo per la vita o l'incolumità delle persone indeterminatamente considerate; di talchè è necessaria una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità, nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all'attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti; è necessario, altresì, che l'effettività della capacita diffusiva del nocumento (cosiddetto pericolo comune) sia accertata in concreto.

Si è così precisata la necessità di operare una verifica della concreta offensività del fatto e, con riferimento specifico al reato di frana di cui all'art. 426 c.p. nella forma dolosa e all'art. 449 c.p. nella forma colposa, si è affermato che, in considerazione dell'operatività del principio di offensività, si deve attribuire alla nozione di frana contenuti che rendono l'evento idoneo a porre concretamente in pericolo l'incolumità pubblica, ancorchè non sia richiesto l'accertamento di tale pericolo come elemento autonomo essenziale alla integrazione della fattispecie tipica, come nei reati di pericolo concreto (Sez. 4, n. 58349 del 19/09/2018, Rea, Rv. 274951).

Nello stesso ambito dei reati colposi, invece, l'art. 450 c.p., relativo ai delitti colposi di danno, riguarda i delitti colposi di mero pericolo. Tale fattispecie anticipa la tutela rispetto a quella delineata dal precedente art. 449, incriminando anche le condotte che fanno solo sorgere, o persistere, il pericolo di di determinati eventi disastrosi, sanzionando alcune determinate situazioni fattuali nelle quali l'evento di pericolo, cioè il disastro quale accadimento macroscopico, non si è verificato, ma si è determinata una situazione concreta che ne ha implicato il pericolo di verificazione.

L'art. 450 c.p. punisce la condotta consistita nel far sorgere o persistere, per colpa, il pericolo di un evento; l'art. 449 c.p. punisce, invece, la condotta consistita nel cagionare per colpa, non già il pericolo dell'evento, bensì l'evento. Inoltre l'art. 450 c.p. contempla quale evento solo il pericolo del disastro ferroviario, di inondazione, di naufragio o di sommersione di nave o altro edificio natante, mentre l'art. 449 c.p. contempla, quale evento, l'incendio e altro disastro preveduto dal capo primo dello stesso titolo, ovvero l'inondazione, la frana, la valanga, il naugragio la sommersione, il disastro aviatorio, il disastro ferroviario, il crollo di costruzioni e il c.d. disastro innominato.

Evidentemente, il legislatore ha ritenuto che, con riferimento a tali situazioni, la tutela dei beni giuridici dovesse essere ampiamente anticipata, in considerazione degli immani rischi ad esse connessi.

4. Così ricostruita la cornice normativa ed emermeneutica dei delitti colposi di danno e di pericolo di cui agli artt. 449 c.p. e 450 c.p., si deve concludere che la condotta, contestata agli imputati, consistita nel cagionare il pericolo di una frana non sia prevista dalla legge come reato.

Invero, come si è detto, nella sistematica del codice penale, è punita solo la condotta di chi cagioni una frana, intesa come evento di danno idoneo a porre concretamente in pericolo la pubblica incolumità, per dolo (art. 426 c.p.) o per colpa (art. 449 c.p.).

Per scelta legisaltiva; stante la elencazione contenuta nell'art. 450 c.p., da ritenersi tassativa in ragione del principio di legalità, non è invece punita la condotta di chi faccia sorgere o persistere il pericolo che si verifichi una frana: la tutela anticipata rispetto ad eventi potenzialmente in grado di porre in pericolo la incolumità pubblica è stata limitata solo ad alcuni di quegli eventi, fra cui non è ricompresa la frana.

5.Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perchè il fatto contestato per il quale è stata pronunciata condanna non è previsto dalla legge come reato.
 


P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2023