Cassazione Penale, Sez. 4, 26 febbraio 2024, n. 8292 - Caduta dal solaio privo di parapetto


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente

Dott. BELLINI Ugo - Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere

Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Relatore

Dott. DAWAN Daniela - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A. nato a T il (Omissis)

avverso la sentenza del 29/03/2022 della CORTE APPELLO di TRIESTE

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPINA CASELLA che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

udito il difensore, avv. NUZZOLESE VIRIO del foro di UDINE, in difesa di A.A., che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto


1. La Corte d'Appello di Trieste, in data 29 marzo 2023, ha confermato la sentenza del Tribunale di Udine del 18 gennaio 2021 di condanna di A.A. , nella qualità di legale rappresentante della B.B. Legnami Srl, impresa affidataria di lavori edili presso il cantiere sito in P fraz. V e datore di lavoro, in ordine al reato di cui all'art. 590 cod. pen. in danno di C.C. assunto in base al contratto di somministrazione lavoro a tempo determinato tra la società Umana Spa e la B.B. Legnami, in P il 14 luglio 2017.

Il processo ha ad oggetto un infortunio sul lavoro, la cui dinamica è stata descritta in maniera conforme dalle sentenze di merito. C.C. operava nel cantiere su indicato, nel quale erano in corso lavori di ampliamento dell'abitazione preesistente, tramite la costruzione di un ulteriore vano, insieme alla manodopera della impresa affidataria dei lavori, ditta D.D.; in particolare era impegnato in lavorazioni su solaio (ed terrazzino), posto circa a tre metri di altezza dal piano di campagna e privo di parapetto provvisorio, quando era caduto riportando lesioni personali consistite in politrauma, plurime fratture da cui era derivata una malattia di durata superiore a 40 giorni.

All'imputato sono stati contestati, quali addebiti di colpa, la negligenza, l'imprudenza e l'imperizia e la violazione dell'art. 97, comma 1 e 3, D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, per non avere verificato le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e I'applicazioni delle disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento e per non avere verificato la congruenza del piano operativo di sicurezza dell'impresa D.D..

2. L'imputato ha proposto ricorso, a mezzo di difensore, formulando due motivi.

2.1. Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla affermazione della penale responsabilità. Il difensore lamenta che la Corte di Appello avrebbe ritenuto non veritiera l'ipotesi ricostruttiva per cui C.C. sarebbe caduto non già dal solaio, bensì da una scala, con una motivazione illogica e insufficiente, quale quella per cui la scala non era stata rinvenuta e rileva che lo stesso Tribunale aveva fatto riferimento ad una scala appoggiata alla porta del garage. Doveva dunque ritenersi plausibile che la scala fosse presente e che fosse stata spostata dopo l'infortunio dal luogo in cui si trovava, tanto più che, quand'anche volesse ritenersi che C.C. fosse caduto dal solaio, avrebbe potuto accedervi solo tramite scala: ne consegue che il mancato rinvenimento della stessa in prossimità del luogo di caduta non poteva avere un significato probatorio univoco. La Corte di Appello, dunque, aveva affermato la penale responsabilità dell'imputato, in violazione del principio dell'ai di là di ogni ragionevole dubbio, posto che la ricostruzione dell'infortunio operata dai giudici non era l'unica plausibile.

2.2 Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della non menzione. Il difensore osserva che la Corte aveva negato il beneficio in esame in ragione dell'atteggiamento pervicacemente negatorio dell'imputato, quando invece non vi era alcuna prova, per le ragioni già indicate nel primo motivo, che l'imputato nel sostenere la diversa ipotesi ricostruttiva avesse mentito.

3. Il procuratore generale nella persona del sostituto Giuseppina Casella, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

4. Il difensore del ricorrente in data 15 gennaio 2024 ha depositato una memoria con cui ha insistito, sviluppando ulteriormente il primo motivo, per l'accoglimento del ricorso.

 

Diritto


1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. Il primo motivo, con cui il ricorrente eccepisce il vizio di motivazione in ordine alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio e ne revoca in dubbio la coerenza dal punto di vista logico e l'aderenza rispetto alle emergenze processuali, è inammissibile in quanto meramente riproduttivo della censura già dedotta e, comunque, manifestamente infondato.

A tal fine si deve ricordare, quanto alla natura del ricorso in cassazione, che il contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione deve essere il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Leonardo e altri Rv. 254584). Sono, perciò, estranei alla natura del sindacato di legittimità l'apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di Cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati dì una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).

Da tale principio discende, quindi, che la ricostruzione di un infortunio nella sua dinamica è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione.

2.1. La lettura della motivazione della sentenza impugnata sfugge alle censure articolate dal ricorrente. La Corte ha ritenuto corretta la ricostruzione operata dal Tribunale sulla base delle prove assunte, secondo cui il lavoratore infortunatosi era caduto dal solaio privo di parapetto, e priva di riscontro probatorio la diversa ricostruzione prospettata dall'imputato. In proposito i giudici, in coerenza con quanto evidenziato dalla sentenza di primo grado, hanno rilevato che l'imputato, non presente al momento dell'infortunio, non aveva spiegato da chi avrebbe avuto conoscenza della differente dinamica; che se davvero C.C. fosse caduto dalla scala, quest'ultima sarebbe stata rinvenuta aperta e ben visibile in prossimità del luogo in cui era caduto il lavoratore, mentre il carabiniere accorso durante la fase di soccorsi, non aveva riferito nulla in merito alla presenza della scala; che i testi ed il lavoratore stesso (pur nella incertezza dei ricordi dovuti alla lesioni subite) non avevano mai menzionato la scala e che il gruista aveva sì accennato ad una scala, ma in muratura e fissa e non già in alluminio. Di contro, il corpo del lavoratore era stato rinvenuto alla base della verticale della porzione di solaio privo di parapetti provvisori, come confermato anche dalla chiazza ematica visibile nelle foto in atti e lo stesso C.C. aveva riferito che, nel momento della caduta, stava appunto lavorando sul solaio.

Rispetto a tale percorso argomentativo, lineare e coerente con le risultanze in atti, il ricorrente, nel reiterare la stessa censura già svolta in appello, non indica ragioni tali da incrinare la tenuta del ragionamento, ma sottopone alla Corte di legittimità una inammissibile lettura alternativa delle fonti di prova.

3. Il secondo motivo, con cui si lamenta della mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato spedito a richiesta dei privati, è inammissibile, in quanto strettamente connesso alla diversa ricostruzione della dinamica dell'infortunio da parte del ricorrente, di cui si è già dato atto nella trattazione del primo motivo. I giudici hanno motivato il rigetto della richiesta di concessione del beneficio della non menzione in ragione della condotta processuale dell'imputato, valutata negativamente per la pervicacia con cui aveva sostenuto una differente ipotesti ricostruttiva, palesemente inverosimile, e hanno sostenuto che la mancata concessione del beneficio poteva contribuire maggiormente alla rieducazione del responsabile. Il ricorrente censura la coerenza di tale percorso argomentativo, rilevando che la diversa ricostruzione sostenuta dall'imputato era plausibile. In tal modo, tuttavia, il ricorrente riproduce lo stesso argomento dedotto nel primo motivo, già ritenuto inammissibile: il giudizio di implausibilità della tesi per cui il lavoratore fosse caduto da una scala e non già dal solaio, come detto, è logico e conseguente alle risultanze dell'istruttoria, sicché l'affermazione per cui egli aveva ostinatamente sostenuto una differente dinamica non è censurabile nel merito e vale a giustificare la negazione del beneficio richiesto.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere dì versare la somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende

Cosi deciso il 1 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2024.