Cassazione Penale, Sez. 4, 08 marzo 2024, n. 9901 - Caduta dal ponteggio. Gestione del rischio connesso all'attività di smontaggio del ponteggio



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente

Dott. MICCICHÈ Loredana - Consigliere

Dott. MARI Attilio – Consigliere

Dott. D'ANDREA Alessandro - Consigliere

Dott. ANTEZZA Fabio - Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A. nato a C il omissis

avverso la sentenza del 06/03/2023 della Corte Appello di Venezia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

dita la relazione svolta dal Consigliere Fabio Antezza;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Kate Tassone, nel senso dell'inammissibilità del ricorso;

lette le conclusioni della costituita parte civile, nel senso del rigetto del ricorso;

 

Fatto


1. La Corte d'appello di Treviso, con la pronuncia indicata in epigrafe e in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha confermato la responsabilità di A.A., legale rappresentante di "Covim Costruzioni Srl", commissionaria di opere edili presso un cantiere, in merito alle lesioni personali colpose in offesa di B.B. (caduto da un ponteggio), lavoratore dipendente di "C.R.E.A. 96", svolgente attività di installazione di impianti elettrici presso il detto cantiere, relative alla medesima opera edile, in forza di affidamento diretto da parte della comune committente (il legale rappresentante di "C.R.E.A. 96" ha invece definito separatamente la propria posizione circa la cooperazione, in qualità di datore di lavoro dell'infortunato, nella fattispecie colposa in esame).

Ne è conseguita anche la conferma della condanna generica al risarcimento dei danni subiti dalla persona offesa costituitasi parte civile.

2. Avverso la sentenza l'imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso fondato su quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).

2.1. Con il primo motivo si deduce vizio cumulativo di motivazione con riferimento alla ricostruzione della modalità di verificazione del sinistro, operata nell'atto d'appello in termini differenti rispetto a quelli di cui alla sentenza impugnata e quale alternativa logica supportata, a dire del ricorrente, dagli esiti della consulenza tecnica eseguita su incarico della difesa dell'imputato.

La Corte territoriale, in particolare, si sarebbe limitata a escludere che il lavoratore fosse salito sul ponteggio mediante una scala all'occorrenza utilizzata per detta finalità e avrebbe confermato la ricostruzione del giudice di primo grado, circa la caduta del lavoratore dal ponteggio, non confrontandosi con la ricostruzione alternativa offerta dalla difesa sulla base degli esiti della consulenza tecnica di parte. Per essa, sulla scorta delle lesioni riportate e per l'assenza di qualsivoglia accesso al ponteggio tramite una scala, l'infortunato "potrebbe essere caduto durante l'atto di scavalcare lo sbarramento o in fase di discesa o risalita dalla porzione dell'impianto" (per come riportato in ricorso a pag. 6 facendo riferimento a pag. 10 dell'atto di appello).

2.2. Con il secondo motivo si deducono violazioni di legge (artt. 97 e 112 D.Lgs. n. 81 del 2008) nonché vizio assoluto di motivazione in merito alla ritenuta colpa specifica (per la violazione delle norme di cui innanzi) nonostante la proposizione di motivo d'appello sul punto.

La Corte territoriale avrebbe in particolare errato nell'individuare la colpa specifica nella predisposizione di un ponteggio inidoneo a gestire il rischio di caduta dall'alto, trattandosi invece di ponteggio in fase di smontaggio. Il giudice d'appello avrebbe altresì errato nel ritenere le prescrizioni previste dal combinato disposto di cui ai punti 13.12 del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) e 5 del Piano di Montaggio, Uso e Smontaggio del ponteggio (PI.M.U.S.) di "Covim Costruzioni Srl" (relative alla necessaria interdizione dell'area di smontaggio ai non addetti ai lavori e l'affissione di adeguata segnaletica di divieto) volte a tutelare anche l'incolumità e la salute dei lavoratori e non solo quella di soggetti terzi, come invece vorrebbe il ricorrente.

2.3. Con il terzo motivo si deducono la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in merito all'esclusione dell'interruzione del nesso causale, invece dedotta dall'appellante in ragione della condotta del lavoratore.

La Corte territoriale, da un lato, avrebbe ritenuto accertata la condotta colposa del lavoratore, avendo egli utilizzato un ponteggio inidoneo, in quanto in fase di smantellamento, anche perché privo di relativa scala, oltrepassando la tavola posta per inibirne l'utilizzo, e, al tempo stesso, avrebbe escluso l'abnormità della condotta del lavoratore. A detta del ricorrente, essa avrebbe difatti interrotto il nesso causale tra condotta dell'imputato ed evento in considerazione anche della mancata richiesta di autorizzazione, rivolta al caposquadra di "Covim Costruzioni Srl", avente a oggetto l'utilizzo del ponteggio proprio nel giorno dell'infortunio e considerato che si trattava di lavoratore già destinatario di diverse contestazioni per mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. La mera apposizione di un cartello di divieto, sempre a detta del ricorrente, non sarebbe stata comunque tale da assicurare il rispetto da parte dell'infortunato e, quindi, non sarebbe stata idonea a impedire l'evento.

2.4. Con il quarto motivo si deduce la carenza assoluta di motivazione in merito al motivo d'appello sindacante la ritenuta equivalenza tra circostanze attenuanti generiche e circostanza aggravante (già operato dal giudice di primo grado). La Corte territoriale, in sostanza, avrebbe erroneamente interpretato il motivo d'impugnazione ritenendolo invece volto a sindacare la ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, invece già valutate sussistenti dal primo giudice, così finendo con il non pronunciarsi sulla doglianza.

3. Hanno concluso per iscritto la Procura generale, ancorché con atto (unico), partecipato alle difese, il cui contenuto, per palese errore materiale, si riferisce a vicenda processuale non coincidente con la presente, oltre che la costituita parte civile, cha ha chiesto il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

Diritto


1. Il ricorso, complessivamente considerato, è infondato.

2. Come sintetizzato in sede di ricostruzione dei fatti processuali, la Corte d'appello ha confermato la responsabilità di A.A., legale rappresentante di "Covim Costruzioni Srl", commissionaria di opere edili presso un cantiere, in merito alle lesioni personali colpose in offesa di B.B., lavoratore dipendente di "C.R.E.A. 96", svolgente attività di installazione di impianti elettrici presso il detto cantiere, relative alla medesima opera edile, in forza di affidamento diretto da parte della comune committente. Come già evidenziato in sede di ricostruzione del fatto processuale, il legale rappresentante di "C.R.E.A. 96" ha invece definito separatamente la propria posizione circa la cooperazione, in qualità di datore di lavoro dell'infortunato, nella fattispecie colposa in esame.

2.1. Dai conformi giudizi di merito è emersa la seguente situazione di contesto del sinistro.

Si è trattato, in particolare, di lesioni personali subite dal lavoratore alle dipendenze di "C.R.E.A. 96" incaricato di svolgere lavori relativi all'impianto elettrico dell'opera edilizia in costruzione, conseguenti alla caduta dal primo piano del ponteggio predisposto, da "Covim Costruzioni Srl", per l'esecuzione delle opere edili in quota all'interno del vano scala tra due corpi di fabbrica. Il ponteggio in oggetto era stato utilizzato dal medesimo lavoratore anche nei giorni precedenti all'infortunio, previa autorizzazione del caposquadra della commissionaria dei lavori edili "Covim Costruzioni Srl", cui era stata espressamente comunicata la necessità di utilizzazione del ponteggio per l'esecuzione dei lavori relativi all'impianto elettrico. Al momento del sinistro, diversamente da quanto verificatosi nei giorni precedenti, il ponteggio era in fase di smantellamento; si presentava dunque privo delle relative scale a chiocciola, con accesso, dal vano scala dell'immobile in costruzione, sbarrato solo mediante l'apposizione di una barra laterale in legno facilmente superabile, nonché privo di segnalazione di divieto d'accesso, di tavole fermapiede e di parapetto con regolari correnti di protezione a copertura del rischio di cadute dall'alto.

2.2. Ricostruiti i fatti nei detti termini, i giudici di merito hanno ritenuto la responsabilità dell'imputato, nella qualità innanzi indicata e in cooperazione colposa con il datore di lavoro dell'infortunato, oltre che per colpa generica anche per diversi profili di colpa specifica in relazione all'inidoneità del ponteggio a gestire i rischi di caduta dall'alto e, comunque, alla inosservanza delle regole cautelari (previste dal PSC) da adottare nella fase di smantellamento del medesimo ponteggio.

3. Ricostruito l'iter logico-giuridico sotteso alla decisione di merito, deve rilevarsi un profilo d'inammissibilità del primo motivo di ricorso per aspecificità dovuta alla sua prospettazione in forma ipotetica (come già avvenuto in sede di merito).

3.1. Si deduce, in sintesi, la mancata considerazione da parte del giudice d'appello della ricostruzione fattuale del sinistro operata nell'atto d'impugnazione in termini differenti rispetto a quelli di cui alla sentenza impugnata e quale alternativa logica supportata, a dire del ricorrente, dagli esiti della consulenza tecnica eseguita su incarico della difesa dell'imputato e acquisita al dibattimento di primo grado.

3.2. Al riguardo deve evidenziarsi che il giudice d'appello, la cui ricostruzione sul punto non è sindacata dal ricorrente, che la ritiene ultronea, ha escluso che l'accesso al ponteggio sia avvenuto mediante l'utilizzo di una scala ivi apposta (dallo stesso infortunato o da altro soggetto) in sostituzione di quella propria del ponteggio (rimossa in ragione delle intraprese opere di smantellamento).

Senza fare riferimento alcuno alla tesi difensiva prospettata dal ricorrente in ragione di una consulenza di parte, per cui B.B. sarebbe caduto nell'atto di accedere al ponteggio tramite il vano scale oltrepassando lo sbarramento, la Corte territoriale, confermando sul punto la ricostruzione di cui alla sentenza di primo grado, ha altresì accertato la caduta del lavoratore dal ponteggio, accessibile tramite l'apertura sul vano scale dell'edificio e oltrepassando l'inidoneo sbarramento, in ragione di circostanze emergenti dagli accertamenti immediatamente eseguiti dagli ispettori e dai riscontri di compatibilità forniti dalla documentazione sanitaria.

3.3. Orbene, l'inconferenza delle deduzioni del ricorrente emerge sia dalla non decisività dell'eventuale accertamento delle modalità di verificazione del sinistro prospettate dalla difesa, in quanto comunque fondanti sull'inidoneità dello sbarramento, sia dalla loro formulazione ipotetica, tale da rendere aspecifico il motivo di ricorso che si appunta sul difetto di motivazione per la mancata considerazione da parte del giudice di merito. Per lo stesso ricorrente, difatti, sulla scorta delle lesioni riportate e per l'assenza di qualsivoglia accesso al ponteggio tramite una scala, l'infortunato, come ritenuto dal consulente tecnico della difesa con conclusioni fatte proprie dall'appellante (ora ricorrente), "potrebbe essere caduto durante l'atto di scavalcare lo sbarramento o in fase di discesa o risalita dalla porzione dell'impianto" (per come riportato in ricorso a pag. 6 ove si fa specifico riferimento a quanto dedotto a pag. 10 dell'atto di appello).

4. Con il secondo motivo si deducono violazioni di legge nonché vizio assoluto di motivazione in merito alla ritenuta colpa specifica (per la violazione delle norme di cui innanzi) nonostante la proposizione di motivo d'appello sul punto. A ciò si aggiunge che, comunque, la Corte territoriale avrebbe errato nell'individuare la colpa specifica nella predisposizione di un ponteggio inidoneo a gestire il rischio di caduta dall'alto, trattandosi invece, come accertato dagli stessi giudici di merito, di ponteggio inidoneo in quanto in fase di smontaggio. Le norme cautelari afferenti alla detta fase di smontaggio, di cui al PSC e al PI.M.U.S. di "Covim Costruzioni Srl" richiamata dalla Corte d'appello, infine, a dire del ricorrente avrebbero peraltro la finalità di tutelare non il lavoratore ma solo i soggetti terzi rispetto all'attività lavorativa.

4.1. Il motivo, inammissibile per mancato confronto con la sentenza impugnata nella parte in cui si deduce un difetto assoluto di motivazione, è nel complesso infondato, pur cogliendo nel segno nell'evidenziare l'errore di prospettiva consistente nell'aver la Corte territoriale individuato il profilo di colpa in capo all'imputato in ragione dell'inidoneità del ponteggio rispetto alla gestione dei rischi di caduta dall'alto, in quanto privo delle tavole fermapiede e di parapetto (in violazione degli artt. 97, comma 1, 112 e 122 D.Lgs. 81 del 2008), trattandosi invece di ponteggio sì inidoneo ma in quanto in fase di smantellamento ancorché non ultimata.

4.2. Alla detta ragione fondante la responsabilità dell'imputato se ne aggiunge infatti un'altra di per sé sola reggente l'iter logico-giuridico della sentenza impugnata quanto a condotta colposa, c.d. "causalità della colpa" e nesso causale.

4.2.1. Invero, in risposta alle deduzioni difensive prospettanti l'inidoneità del ponteggio il giorno del sinistro, in quanto in atto il suo smantellamento, i giudici di merito hanno evidenziato che lo stesso Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), al punto 13.12, stabiliva che il montaggio e lo smontaggio dei ponteggi si sarebbero dovuti effettuare nel rispetto di quanto previsto nel Piano di Montaggio, Uso e Smontaggio del ponteggio (PI.M.U.S.) oltre che nel relativo libretto di ponteggio, quindi previa interdizione, tanto dell'area di smontaggio quanto del relativo ponteggio in fase di rimozione, ai non addetti ai lavori di smantellamento, e affissione di adeguata segnaletica di divieto. Il punto n. 5 del PI.M.U.S. della "Covim Costruzioni Srl", richiamato dal PSC, stabiliva difatti espressamente che la zona di smontaggio dovesse essere segregata, in modo tale da impedire l'accesso a soggetti terzi, rispetto agli addetti ai lavori di smantellamento, e opportunamente dotata di segnaletica di divieto d'accesso di immediate e inequivoca percezione anche da parte dei dipendenti di altre ditte operanti nel cantiere.

Ne è conseguito l'accertamento (da parte del giudice di primo grado, anche sul punto confermato in appello), della violazione delle dette prescrizioni, preordinate alla gestione del rischio connesso all'attività di smontaggio del ponteggio. Ciò in forza dell'inesistenza tanto di alcun segnale di divieto apposto in corrispondenza delle aree di accesso al ponteggio oggetto di smantellamento quanto di una segregazione inidonea, in quanto nella specie eseguita mediante la mera rimozione della scala a botola e l'apposizione, presso l'apertura esistente al primo piano del manufatto, di una mera sbarra in legno posizionata a un'altezza di 110 cm, quindi facilmente eludibile (sia scavalcando che passandovi al di sotto).

4.2.2. Al momento dell'infortunio, quindi, vi era un ponteggio in fase di smontaggio la cui area non era stata adeguatamente segregata al fine di gestire il rischio connesso all'attività di smantellamento.

I giudici di merito, tanto di primo quanto di secondo grado, accertata la caduta del lavoratore dal ponteggio, hanno quindi ritenuto, all'esito di una valutazione ex ante, l'evento effettiva concretizzazione del rischio che le regole cautelari violate, relative alla segregazione del ponteggio in fase di rimozione, avrebbero dovuto gestire. Nei detti termini è stata quindi accertata la causalità della colpa anche in relazione al comportamento alternativo lecito, non tenuto, consistente nella idonea ed effettiva segregazione dell'area di smontaggio, tale da impedire l'accesso al ponteggio con cartelli di divieto, nella specie assenti, e mediante l'esecuzione di un effettivo sbarramento dello spazio presente nel vano scala dell'edificio in costruzione, nei termini previsti dal PSC (al punto 13.12) e dal richiamato PI.M.U.S. della "Covim Costruzioni Srl" (al punto 5).

5. Con il terzo motivo si deduce il vizio cumulativo di motivazione in merito all'esclusione dell'interruzione del nesso causale, dedotta dall'appellante in ragione della condotta del lavoratore caratterizzata dall'utilizzo di un ponteggio in fase di smantellamento ed ivi accedendovi eludendo lo sbarramento costituito da un asse in legno apposto al fine di impedirne l'accesso tramite il primo piano dell'edificio oggetto delle opere edilizie. La censura finisce sostanzialmente per essere argomentata in termini di sostanziale scostamento dell'apparato motivazionale caratterizzante, sul punto, la sentenza impugnata rispetto ai principi governanti la materia, come elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che, invece, se osservati, avrebbero condotto i giudici di merito all'opposta conclusione prospettata dalla difesa.

5.1. In motivo in esame è infondato.

I giudici di merito, con motivazione insindacabile in sede di legittimità, in quanto coerente e non manifestamente illogica, hanno fatto buon governo dei principi inerenti alla materia in esame, già sanciti dalla giurisprudenza di legittimità e in questa sede ulteriormente ribaditi.

5.1.1. In merito, la più recente giurisprudenza alla quale il Collegio intende dare continuità, suggerisce di abbandonare il criterio della imprevedibilità del comportamento del lavoratore nella verifica della relazione causale tra condotta del reo ed evento, ponendosi i due concetti su piani distinti, perché ciò che davvero rileva è che tale comportamento attivi un rischio eccentrico o, se si vuole, esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto al quale viene attribuito l'evento (per tutte, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, in motivazione; si vedano altresì per la successiva applicazione e elaborazione del principio, ex plurimis: Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603, anche in motivazione; Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242, anche in motivazione; Sez. 4, n. 22034 del 12/04/2018, Addezio, Rv. 273589, anche in motivazione; Sez. 4, n. 43350 del 05/10/2021, Mara, Rv. 282241, anche in motivazione; Sez. 4, n. 30814 del 11/05/2022, Lo Nero, non massimata; Sez. 4, n. 49413 del 23/11/2022, Troianiello, non massimata; Sez. 4, n. 41343 del 15/09/2022, Nardiello, non massimata; Sez. 4, n. 9454 del 19/01/2023, Granato, non massimata, e Sez. 4, n. 21697 del 28/02/2023, Ubezio, non massimata, e la recentissima Sez. 4, n. 1721 del 16/11/2023, dep., 2024, Fiori, non massimata).

5.1.2. Ne è conseguita dunque la necessità di individuare l'"area di rischio" oggetto di gestione al fine di accertarne l'eventuale eccentricità rispetto a essa del rischio attivato dalla condotta del lavoratore inseritasi nella seriazione causale, con la precisazione che è dalla integrazione di obbligo di diligenza e regola cautelare che risulta in particolare definita l'"area di rischio", altrimenti ridotta alla mera titolarità della posizione gestoria.

Ben si comprende, quindi, come il connettersi dell'evento verificatosi a un rischio esorbitante da quell'area escluda ogni addebito del fatto a chi è preposto a governare proprio (e solo) tale "area di rischio" (Sez. 4, n. 15124 del 313/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603, in motivazione).

5.1.3. Ai fini di cui innanzi è stato più di recente chiarito da Sez. 4, n. 30814 del 11/05/2022, Lo Nero (non massimata), con articolata argomentazione culminata nel principio di diritto di seguito riportato, che le principali disposizioni di cui al Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (in particolare artt. 6, 15, 18, comma 1, lett. c), 28, commi 1 e 2, e 29, comma 3, D.Lgs. n. 81 del 2008) consentono di argomentare nel senso per cui "La condotta colposa del lavoratore è idonea a interrompere il nesso di causalità tra condotta ed evento se tale da determinare un "rischio eccentrico" in quanto esorbitante dall'area di rischio" governata dal soggetto sul quale ricade la relativa gestione. La delimitazione, nella singola fattispecie, del rischio oggetto di valutazione e misura, quindi da gestire, necessita di una sua identificazione in termini astratti, quale rischio tipologico, e successiva considerazione con riferimento alla concreta attività svolta dal lavoratore e alle condizioni di contesto della relativa esecuzione, quindi al rischio in concreto determinatosi in ragione dell'attività lavorativa (rientrante o meno nelle specifiche mansioni attribuite)" (negli stessi termini, tra le altre: Sez. 4, n. 1721 del 2023, dep. 2024, Fiori, cit., non massimata; Sez. 4, n. 21697  del 2023, Ubezio, cit., non massimata, Sez. 4, n. 9454 del 2023, Granato, cit., non massimata; Sez. 4, n. 49413 del 2022, Troianiello, cit., non massimata, nonché, Sez. 4, n. 41343 del 2022, Nardiello, cit., non massimata, che fanno proprio l'iter argomentativo della citata Sez. 4, n. 30814 del 2022, Lo Nero).

5.2. Orbene, i giudici di merito (di primo e di secondo grado), sul punto sollecitati dalla difesa, si sono attenuti ai principi di cui innanzi, la cui rilevanza invece il ricorso finisce sostanzialmente con il negare in maniera assertiva.

È stata in particolare esclusa, in ragione delle condizioni di contesto dell'esecuzione dell'attività lavorativa, l'interruzione del nesso eziologico anche in considerazione del rischio in concreto determinatosi in ragione della condotta colposa del lavoratore, concretizzatasi nell'aver utilizzato il ponteggio inidoneo, perché in fase di smantellamento, eludendo la sbarra in legno apposta al fine di impedirne l'accesso tramite il primo piano dell'edificio oggetto delle opere edilizie, in ragione delle condizioni di contesto dell'esecuzione dell'attività lavorativa. È stata in particolare valorizzata la precedente autorizzazione all'utilizzo del ponteggio, ancorché data quando esso non era in fase di smantellamento, valutata in uno con l'assenza di comunicazione in senso contrario e in relazione alla completa inadeguatezza delle misure attuate per la segregazione della relativa area (dovuta all'assenza di cartelli segnaletici di divieto e a un'assolutamente inidoneo sbarramento).

La circostanza per cui, a dire del ricorrente, come riferito da testimoni in dibattimento, si sarebbe trattato di lavoratore già in precedenza sanzionato per il mancato rispetto di previsioni antinfortunistiche, non sposta dal proprio asse l'evidenziato iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito. Come innanzi chiarito, difatti, ai fini dell'accertamento dell'eventuale interruzione del nesso causale, non rileva di per sé il grado della colpa caratterizzante la condotta tenuta dal soggetto terzo rispetto al gestore del rischio (nella specie lo stesso lavoratore infortunato) ma l'eccentricità del rischio, da essa innescato, rispetto all'area di rischio che l'imputato era chiamato nella specie a gestire.

6. Con il quarto motivo si deduce la carenza assoluta di motivazione in merito al motivo d'appello sindacante la ritenuta equivalenza tra circostanze attenuanti generiche e circostanza aggravante (già operato dal giudice di primo grado).

6.1. La Corte territoriale, in sostanza, avrebbe erroneamente interpretato il motivo d'impugnazione ritenendolo invece volto a sindacare la ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, invece, già valutate sussistenti dal primo giudice, così finendo con il non pronunciarsi sulla doglianza.

6.2. Il motivo è infondato.

Pur avendo la Corte territoriale effettivamente riportato, nella ricostruzione del fatto processuale, in modo errato il motivo d'appello, nei termini evidenziati dal ricorrente, essa ha sostanzialmente motivato in merito alla censura, nel significato datole dall'atto d'appello (per come ribadito nel ricorso), laddove (pagina 9, ultimo capoverso) valuta il trattamento sanzionatorio in termini di idoneità, essendo stata applicata la sola pena pecuniaria, peraltro in misura più che modesta, e ritenendo insussistenti ragioni tali da implicare un ulteriore riduzione della pena.

7. In conclusione, al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Per converso, non consegue la rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile, non avendo la memoria depositata, limitandosi essa alla mera istanza di rigetto dell'impugnazione e di condanna alle spese, fornito alcun contributo alla dialettica processuale in quanto priva di eccezioni o deduzioni dirette a paralizzare o ridurre la pretesa del ricorrente nonché di qualsivoglia riferimento specifico ai fatti oggetto del presente giudizio (sul punto si vedano, con riferimento a fattispecie sostanzialmente sovrapponibili alla presente: Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Sacchettinfy in motivazione; Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27978 del 24/03/2021, G., Rv. 281713; Sez. 2, n. 12784 del 23/01/2020, Tamborrino, Rv. 278834; Sez. 5, n. 30743 del 26/03/2019, Loconsole Rv. 277152; si vedano altresì, in merito alle spese sostenute in sede di legittimità dal Ministero dell'Economia e delle Finanze con riferimento a processi in materia di riparazione per ingiusta detenzione, ma con argomentazioni rilevanti anche nella presente fattispecie: Sez. 4, n. 1856 del 16/11/2023, dep. 2024, Ricciardi, non massimata, nonché Sez. 4, nn. 41351, Budrini, e 41351, Pepe, del 15/09/2022, non massimate; veda altresì, con argomentazioni che, mutatis mutandis, rilevano anche nella presente fattispecie, Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, De Benedictis, RV. 222264).

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese alla parte civile.

Così deciso il 16 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria l'8 marzo 2024.