Cassazione Civile, Sez. 3, 13 marzo 2024, n. 6716 - Infortunio in itinere. Assicurazione


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco - Presidente

Dott. RUBINO Lina - Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale - Consigliere-Rel

Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere

Dott. VALLE Cristiano - Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
 


sul ricorso iscritto al n. 1753/2021 R.G. proposto da:

ARST Spa, in persona del rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall'avvocato LAI RINALDO, presso l'indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge

-ricorrente-

contro

GENERALI ITALIA Spa, in persona del rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dell'avvocato VINCENTI MARCO, presso l'indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge

-controricorrente-

INAIL, in persona del rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati CRIPPA LETIZIA e ROSSI ANDREA, presso l'indirizzo di posta elettronica dei quali è domiciliata per legge;

-controricorrente-

nonché contro

GENERALI Spa, A.A. B.B., C.C.

-intimati-

avverso la sentenza della Corte d'appello di Cagliari - Sezione distaccata di Sassari n. 167/2020 depositata il 05/06/2020. udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/03/2024 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.

 

Fatto


1. Nel 2012, l'Inail conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Sassari A.A., C.C. B.B. , l'ARST e INA Assitalia Spa (oggi Generali Italia Spa), affinché fossero condannati in solido, ai sensi degli artt. 1916 c.c. e 142 D.Lgs. 209/2005, al rimborso delle prestazioni erogate in favore dei lavoratori infortunati e dei familiari superstiti di quelli deceduti nel sinistro stradale verificatosi in data 6 dicembre 1997 sulla strada Statale 131, direzione Sassari-Porto Torres.

A fondamento della domanda l'Istituto premetteva che: -il giorno 6 dicembre 1997, sulla strada statale 131 direzione Sassari-Porto Torres, si era verificato un grave sinistro nel quale erano rimasti coinvolti molti lavoratori: alcuni di questi erano guardie giurate dell'Istituto di Vigilanza Executive S.c.a.r.l., che si stavano recando, con l'auto di servizio, sul luogo di lavoro presso la Centrale Enel di Fiume Santo sita nella zona industriale di Porto Torres, altri, invece, erano dipendenti di varie società operanti nella medesima zona industriale (prevalentemente presso lo stabilimento Enichem), che ugualmente si stavano recando sul luogo di lavoro, viaggiando, in qualità di trasportati, a bordo di due pullman, di proprietà dell'Azienda Regionale Sarda Trasporti (d'ora in poi ARST S.p.a), assicurati con INA Assitalia

Spa, condotti rispettivamente da B.B. e da C.C. , anch'essi rimasti infortunati:

- in particolare, era accaduto che i lavoratori, dopo essere scesi dal mezzo su cui viaggiavano - accostatosi, in sosta temporanea, sul lato destro della carreggiata per verificare se fosse necessario prestare soccorso agli occupanti di una Fiat 500, rimasta precedentemente coinvolta in un sinistro - mentre transitavano a piedi sul ciglio della strada, erano stati improvvisamente investiti da una Fiat Bravo, assicurata con Liguria Ass.ni Spa, di proprietà e condotta da A.A., riportando alcuni gravi lesioni personali, altri perdendo la vita;

- al fine di accertare la responsabilità del grave incidente era stato promosso un procedimento penale, in cui si erano costituiti parte civile sia i danneggiati che la società proprietaria dei pullman, nei confronti di A.A., di B.B. e di C.C.;

- i tre conducenti erano stati dichiarati colpevoli dei delitti loro ascritti di omicidio colposo (art. 589 c.p.), lesioni colpose aggravate (art. 590 c.p.) e disastro colposo (artt. 434, 449 c.p.) con sentenza n. 375/2000 resa dalla Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari (confermativa della sentenza n. 136/1999, emessa in primo grado), divenuta irrevocabile a seguito di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione.

Tanto premesso, l'Istituto assicuratore deduceva, in particolare, la responsabilità dei due conducenti degli autobus, B.B. e C.C., per la morte e le lesioni colpose riportate dai lavoratori trasportati nel mezzo condotto da ciascuno di essi, mentre quella del A.A. per la morte e le lesioni riportate da tutti i lavoratori (e cioè: sia da quelli che viaggiavano nei due autobus; sia dai sette per i quali non era stato accertato a bordo di quale mezzo viaggiassero, essendo stato in ogni caso accertato che si trovavano comunque a bordo di uno dei due autobus e che erano stati investiti dal veicolo dal medesimo condotto una volta scesi dall'abitacolo; sia dai conducenti B.B. e C.C.; sia infine dai lavoratori dipendenti dell'Istituto di Vigilanza). Deduceva altresì che l'istituto assicuratore, "preso atto del fatto che tutti i soggetti che avevano riportato conseguenze nel sinistro erano lavoratori che si stavano recando sul proprio posto di lavoro al fine di svolgere la ordinaria prestazione lavorativa e che quindi si trattava per tutti di "infortunio in itinere"", aveva provveduto ad erogare per ciascuno le relative prestazioni di legge ai sensi del d.P.R. n. 1124/65.

L'Inail concludeva, quindi, chiedendo al Tribunale di Sassari:

- in via principale di "accertare, in ordine al sinistro per cui è causa, ai sensi e nei termini di cui alla precedente espositiva, sia la ragione di lavoro di tutti gli infortuni ad esso afferenti, sia la misura di responsabilità civile attribuibile alle parti convenute e, per l'effetto, di riconoscere, ai sensi degli articoli 1916 c.c. e 142 Cod. Ass. Priv. (D.Lgs. 209/2005), il diritto di esso Istituto assicuratore ad essere surrogato per le prestazioni erogate e/o in corso di erogazione in favore dei lavoratori infortunati e/o dei loro superstiti, con condanna dei soggetti convenuti in solido a corrispondere la somma, per quanto di ragione da ciascuno dovuta, e, segnatamente: - Euro 3.595.112,94, A.A. (totale del costo sostenuto dall'Istituto per le prestazioni erogate, ndr); - Euro 3.202.301,38, l'Azienda Regionale Sarda Trasporti (A.R.S.T.) ed Assicurazioni Generali Spa (totale del costo di tutti i lavoratori scesi dagli autobus, ndr); - Euro 2.120.363,30,B.B. Salvatore (totale costo delle prestazioni in favore lavoratori trasportati nel mezzo dal medesimo condotto, ndr); - Euro 766.299,69, C.C. (totale costo delle prestazioni in favore lavoratori trasportati nel mezzo dal medesimo condotto, ndr); per tutti, con la rivalutazione monetaria e interessi, così come per legge, salva la diversa somma ritenuta di giustizia, sempre con la rivalutazione monetaria e gli interessi";

- in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui la compagnia assicuratrice non fosse ritenuta direttamente responsabile nei confronti dell'Istituto, di dichiarare, comunque, la compagnia medesima tenuta a manlevare la propria assicurata Azienda Regionale Sarda Trasporti (ARST) in relazione alle somme da quest'ultima dovute, come sopra indicate;

- in ogni caso, la condanna, sempre in via solidale, dei convenuti alla rifusione delle spese di lite.

La convenuta ARST Spa si costituiva in giudizio e: in via preliminare, eccepiva la prescrizione dell'azione di surroga; nel merito, contestava sia l'an (assumendo l'insussistenza della prova che le vittime si stessero recando al lavoro e dunque che l'evento fosse qualificabile come infortunio in itinere) che il quantum debeatur; in via subordinata, in caso di soccombenza, chiedeva di essere garantita dalla propria compagnia assicuratrice INA Assitalia, di cui, sempre in subordine, chiedeva la condanna per mala gestione (per avere corrisposto ai danneggiati il risarcimento, senza prima accertarsi se avesse dovuto accantonare parte del massimale in caso di intervento dell'assicurazione sociale, in violazione dell'art. 28, commi 3 e 4, L. 990/1969) e comunque contestava la debenza di somme in relazione alle posizioni di B.B. e C.C., attesa la loro concorrente responsabilità nella causazione del sinistro.

Si costituiva, altresì, Generali Italia Spa (nuova ragione sociale dell'INA Assitalia Spa), deducendo di aver versato la somma di Euro 2.692.179,21, oltre spese legali, per il danno subito dai lavoratori trasportati nel pullman condotto dal B.B., importo superiore al massimale di polizza, pari ad Euro 2.582.285,00, e di avere versato altresì la somma di Euro 899.677,00, oltre ad Euro 82.2778,00 per spese, per i danni subiti dai lavoratori trasportati nel pullman condotto dal C.C. Respingeva l'eccezione di mala gestio e concludeva chiedendo il rigetto di ogni avversa domanda; in ogni caso, nell'ipotesi di condanna di Arst Spa al pagamento di quanto richiesto dall'Inail a titolo di rivalsa, chiedeva di non essere tenuta a prestare la garanzia per le somme dovute agli infortunati e alle vittime che viaggiavano a bordo dell'autobus condotto dal B.B. per esaurimento del massimale, mentre chiedeva che fosse ritenuta operante la garanzia a favore soltanto degli aventi diritto e di coloro che con certezza avevano viaggiato sul mezzo condotto dal C.C. nei limiti del massimale di Euro 2.538.285,00, detratte le somme già versate, con compensazione delle spese.

Nella contumacia del C.C., si costituivano B.B. e A.A., eccependo il primo la prescrizione del diritto azionato e contestando comunque nel merito la domanda, di cui chiedeva il rigetto; il secondo contestando anche il riconoscimento della tutela sociale degli infortuni sul lavoro denunciati.

Istruita la causa mediante acquisizioni documentali, il Tribunale di Sassari, con sentenza n. 481/2018 - dopo aver mutuata la ricostruzione degli eventi dall'accertamento eseguito in sede penale, dopo aver rilevato che era necessario accertare il presupposto logico giuridico dell'azione di surroga dell'Inail (ossia l'esistenza o meno di un infortunio in itinere meritevole di copertura assicurativa) e dopo aver ritenuto abnorme il comportamento dei lavoratori rimasti feriti o deceduti (consistito nell'avere imprudentemente scelto di scendere dai mezzi in cui viaggiavano sostando o percorrendo un tratto di strada a traffico veloce e quindi mettendosi in pericolo, senza che vi fosse necessità di dare soccorso agli occupanti del veicolo incidentato) -rigettava la domanda dell'Inail sul presupposto dell'interruzione del nesso causale tra l'attività lavorativa e l'evento occorso a causa del comportamento imprudente tenuto dagli stessi lavoratori e regolava secondo soccombenza le spese di lite.

2. Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello l'Inail, deducendone l'erroneità, per avere erroneamente valutato il Tribunale i presupposti di fatto e sostanziali dell'erogazione delle prestazioni Inail pur essendo tale accertamento precluso nell'ambito dell'esercizio dell'azione di surrogazione.

Si costituivano in giudizio ARST, Generali Italia, B.B. e A.A., resistendo all'appello, riproponendo tutte le eccezioni e domande formulate nel giudizio di primo grado.

Il C.C., pur regolarmente citato, rimaneva contumace.

La Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza n. 167/2020, in accoglimento dell'appello proposto dall'Istituto ed in totale riforma della sentenza del giudice di primo grado:

- accoglieva l'azione di surrogazione; e, conseguentemente, condannava al pagamento in favore dell'Inail, in solido tra loro, nei limiti e fino alla concorrenza dei seguenti importi, A.A. per l'importo di Euro 3.502.329,14, l'Azienda Regionale Sarda Trasporti ARST per quello di Euro 3.202.301,38, Generali Italia Spa, nei limiti del massimale, per Euro 766.299,69, B.B. di Euro 2.120.363,30 e C.C. di Euro 766.299,69; tutti con interessi legali e rivalutazione monetaria;

- condannava gli appellati in solido alla rifusione delle spese processuali relative ad entrambi i gradi di giudizio nei confronti dell'Istituto.

3. Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso l'ARST Spa, articolando quattro motivi.

Al primo motivo di ricorso ha resistito con controricorso l'Istituto, che ha invece sollecitato l'accoglimento del secondo motivo, nulla osservando sul terzo e sul quarto.

Per l'odierna adunanza camerale il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre il Difensore dell'Inail ha depositato memoria a sostegno dell'accoglimento del secondo motivo di ricorso.

Il Collegio si è riservato il deposito della motivazione entro il termine di sessanta giorni.

 

Diritto


1.La società ARST articola in ricorso quattro motivi.

2.Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente denuncia "nullità della sentenza (art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c. in relazione agli artt. 10,11 dpr n. 1124/65, 1916 c.c., 99, 112 e 163 c.p.c.)" nella parte in cui la corte territoriale, nel riformare integralmente la sentenza del giudice di primo grado, ha ritenuto (p.8) che fosse precluso al Tribunale di Sassari verificare l'efficacia ed il contenuto del rapporto assicurativo atteso che l'assicurato, ovvero il responsabile, non può opporre all'assicuratore sociale le eccezioni concernenti il contenuto e l'efficacia del contratto, ma le sole eccezioni afferenti il rapporto risarcitorio; ed ha pertanto escluso che il giudice di merito potesse accertare se l'infortunio occorso ai danneggiati ed alle vittime meritasse o meno copertura assicurativa (per essere intervenuta l'interruzione del nesso causale tra l'attività lavorativa protetta e l'evento quale conseguenza della abnorme condotta tenuta dai lavoratori nelle circostanze di tempo e di luogo evidenziate).

Sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte territoriale, il giudice di merito aveva l'obbligo di porre a fondamento della sua decisione la causa petendi e il petitum, rappresentati dalla richiesta di accertamento della ragione di lavoro, in quanto l'Istituto, nel corpo dell'atto introduttivo e nelle conclusioni, aveva connesso alla preliminare verifica giudiziale della ragione di lavoro il riconoscimento del suo diritto ad essere surrogato nelle prestazioni erogate e/o da erogare.

In sintesi, secondo la ricorrente, la corte territoriale avrebbe violato il principio della domanda e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e la sentenza del giudice di primo grado avrebbe dovuto essere confermata, in quanto il giudice di primo grado, proprio sulla base della domanda dell'Istituto, aveva accertato l'insussistenza di un infortunio in itinere (che solo giustificava l'erogazione delle prestazioni).

Il motivo è infondato, ma la motivazione della sentenza impugnata va parzialmente corretta.

Come è noto, l'assicurazione contro i danni è dominata dal principio indennitario: il diritto dell'assicurato verso l'assicuratore è, per il caso di sinistro, il diritto al risarcimento del danno subito.

In via generale, il principio indennitario si articola in tre regole: a) in tema di interesse all'assicurazione: può validamente assicurarsi soltanto colui che è esposto al rischio dedotto nel contratto, cioè chi dal sinistro può subire un danno ed ha quindi interesse al suo risarcimento; altrimenti, il contratto è nullo (art. 1904 c.c.); b) in tema di limite del risarcimento: il pagamento dovuto dall'assicuratore in caso di sinistro non può avere altra natura che di risarcimento del danno e non può, in nessun caso, superare l'entità del danno effettivamente subito dall'assicurato (art. 1905 c.c.); altrimenti, in contrasto con i principi generali, l'assicurato finirebbe con il ricavare un vantaggio dal sinistro e finirebbe con il porsi nella condizione di avere interesse al verificarsi del sinistro); c) in tema di surrogazione dell'assicuratore: l'assicuratore, una volta pagata l'indennità, si sostituisce all'assicurato, fino alla concorrenza dell'indennità stessa, nell'esercizio dell'azione di danni verso gli eventuali terzi responsabili; altrimenti, l'assicurato, se potesse conservare questa azione, conseguirebbe due volte il risarcimento per il medesimo anno.

Il principio indennitario, nelle sue diverse articolazioni, presiede anche il settore delle diverse assicurazioni sociali che operano a favore dei lavoratori, con la sola particolarità che: a) l'assicurazione ha fonte legale (e non contrattuale); b) erogatore delle prestazioni assicurative è un ente pubblico, al quale l'imprenditore ed il lavoratore debbono in pari misura corrispondere i contributi assicurativi, ma con obbligo di versamento a carico del primo (art. 2115 c.c.).

Orbene, l'istituto della surroga ex art. 1916 c.c. realizza, anche nell'ipotesi di esercizio dell'azione diretta di cui al citato art. 28, una forma di successione a titolo particolare nel diritto al risarcimento del danno dell'infortunato, successione che consegue al momento in cui l'assicuratore sociale eroga le prestazioni economiche e che comporta, entro il limite della concorrenza dell'indennità pagata, l'estromissione dal rapporto dell'assicurato ed il trasferimento della sua legittimazione attiva in capo all'assicuratore sociale.

Ne consegue che nel caso di specie - nel quale l'Inail, nell'esercizio delle sue funzioni istituzionali, al fine di conseguire il rimborso delle prestazioni economiche erogate in favore dei lavoratori infortunati e dei familiari superstiti delle vittime del grave sinistro, ha convenuto in giudizio i conducenti ed i proprietari dei veicoli coinvolti, nonché la compagnia assicuratrice per la r.c.a. della società proprietaria degli autobus, esercitando nei confronti dei primi l'azione di surrogazione ai sensi dell'art. 1916 c.c. e nei confronti di quest'ultima l'azione diretta ex art. 28 L n. 990 del 1969 (trasfuso nell'art. 142 D.Lgs. n. 209 del 2005) - i presupposti dell'azione di surrogazione dell'Inail, la sussistenza dei quali soltanto avrebbe dovuto essere vagliata dai giudici di merito, erano (e sono) costituiti dalla titolarità per le vittime del sinistro di un credito risarcitorio nei confronti dei responsabili e dall'erogazione dell'indennizzo da parte dell'istituto assicuratore.

Del tutto correttamente quindi la corte territoriale - dopo aver precisato (p. 8) che l'istituto aveva dimostrato che "le vittime e i danneggiati lesi nel sinistro (ossia i lavoratori assicurati) fossero tutti titolari di un credito risarcitorio nei confronti dei responsabili; che l'Istituto avesse indennizzato i pregiudizi patiti dalle vittime e dagli infortunati nel sinistro; che l'Istituto avesse manifestato ai convenuti la volontà di surrogarsi nel rapporto risarcitolo" - ha esaminato la domanda di surrogazione a prescindere dalla verifica del diritto degli infortunati a conseguire le prestazioni previdenziali, arrivando alla conclusione che ha errato il tribunale nello statuire che l'infortunio occorso ai danneggiati e alle vittime non meritasse copertura assicurativa per essere intervenuta l'interruzione del nesso causale tra l'attività lavorativa protetta ed evento quale conseguenza della abnorme condotta tenuta dai lavoratori nelle circostanze di tempo e luogo esaminate".

Ciò posto, tuttavia, ha errato la corte territoriale quando ha affermato che "non poteva essere posta in discussione l'efficacia ed il contenuto del rapporto assicurativo (di carattere pubblicistico) e, quindi, il diritto dei lavoratori infortunati ovvero degli eredi delle vittime del sinistro a conseguire le prestazioni previdenziali, essendo preclusa al primo giudice ogni valutazione sulla sussistenza o meno dell'infortunio in itinere".

Invero, il petitum della domanda proposta dall'Inail era, dunque, rappresentato dal rimborso del costo dell'infortunio, mentre la causa petendi si fondava sul fatto illecito commesso dai terzi estranei al rapporto assicurativo che determinava una successione a titolo particolare nel diritto di credito dei danneggiati nei confronti dei responsabili civili. Pertanto, contrariamente a quanto affermato dalla corte territoriale al primo giudice non era affatto preclusa ogni valutazione sulla sussistenza o meno dell'infortunio in itinere, poiché oggetto dell'indagine da svolgere era la correttezza o meno del pagamento eseguito e per il quale si agiva ora in surrogazione.

Tanto non implica, peraltro, la cassazione della gravata sentenza in parte qua, poiché il suo dispositivo risulta comunque, in relazione alla censura in esame, conforme a diritto.

Invero, questa Corte ha di recente precisato (Cass. n. 22180/2021) che: "In tema di infortunio "in itinere", per rischio elettivo, che esclude la cosiddetta "occasione di lavoro", si intende una condotta del lavoratore avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa, tenuta volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, tale, dunque, da interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata; ne consegue che, seppur è vero che l'infortunio che sia occorso al lavoratore nel tragitto prescelto per raggiungere il posto di lavoro non è escluso dalla copertura assicurativa per il sol fatto che non fosse il "più breve", si deve pur sempre verificare la "normalità" della percorrenza dell'itinerario seguito e la sua non riconducibilità a ragioni personali, estranee all'attività lavorativa".

Orbene, nel caso di specie, l'infortunio occorso non solo poteva e doveva essere oggetto di esame da parte del giudice di merito, come peraltro aveva fatto il giudice di primo grado, ma, contrariamente a quanto da quest'ultimo ritenuto, avrebbe dovuto essere ritenuto infortunio in itinere: sia perché non è risultato accertata in fatto alcuna deviazione dal tragitto; sia perché la prestazione di soccorso (cioè l'esecuzione di una attività, che era sì estranea all'attività lavorativa strettamente intesa, ma pur sempre posta in essere nelle fasi correlate a quella, estrinsecazione di doveri minimali di solidarietà umana (art. 2 Cost.) e, in ogni caso, di natura tale che la sua omissione avrebbe potuto assumere financo rilevanza penale (art. 593 c.p.) in alcun modo integra il rischio elettivo che esclude l'occasione di lavoro.

3. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia "violazione o falsa applicazione delle norme di diritto (art. 360, co. I, n. 3, in relazione agli artt. 142 c.d.a., 28 L n. 990/69, 1175, 1374, 1375 e 1917 c.c., 132 c.p.c.)" nella parte in cui la corte territoriale ha rigettato la sua richiesta di essere tenuta integralmente indenne dalla domanda proposta dall'Inail nei suoi confronti.

Osserva che in entrambi i gradi di giudizio aveva reiteratamente osservato che, secondo lo schema procedimentale previsto dall'art. 28 della legge n. 990/1969 (oggi recepito dall'art. 142 c.d.a.), Ina Assitalia, oggi Generali Spa, quale sua assicuratore, avrebbe dovuto richiedere ai danneggiati la prescritta dichiarazione, avrebbe dovuto informare l'assicuratore sociale ed avrebbe potuto procedere alla liquidazione del danno "...solo previo accantonamento di una somma idonea a coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare".

Aggiunge che, se la sua compagnia assicurativa tanto avesse fatto, essa assicurata non sarebbe stata neppure evocata in giudizio (per corrispondere somme che il proprio assicuratore avrebbe dovuto accantonare per coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare).

In definitiva, secondo la ricorrente, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte territoriale, nella specie è configurabile la mala gestione della sua compagnia assicuratrice, avendo la stessa violato per colpa gli obblighi previsti dal citato articolo 28 e quindi consentito la duplicazione dell'indennizzo a favore delle vittime e dei feriti. Conseguentemente la compagnia assicuratrice avrebbe dovuto essere dichiarata tenuta alla manleva integrale in suo favore senza alcun riguardo al limite del massimale in ragione del pregiudizio a cui era stata esposta a seguito dell'accoglimento della domanda dell'Inail.

Il motivo è fondato nei termini di seguito indicati.

Secondo i principi generali, l'adempimento deve essere eseguito nelle mani del creditore oppure in quelle di un suo rappresentante o di altra persona autorizzata a riceverlo (art. 1188). Può però accadere che si paghi a chi sia solo apparentemente legittimato a ricevere il pagamento; in tal caso, il debitore è liberato dalla obbligazione (e, pertanto, non può essere costretto a pagare una seconda volta) se ricorrono le due condizioni, previste dall'art. 1189 c.c.: a) l'apparenza deve essere creata da circostanze univoche, cioè da elementi obiettivi; b) il debitore, nel pagare al soggetto non legittimato, fosse in buona fede, cioè ignorasse - e non poteva apprenderlo usando l'ordinaria diligenza - di pagare a persona non autorizzata all'incasso).

Applicando questi principi generali nel particolare settore dell'assicurazione della responsabilità civile automobilistica, questa Corte, nel solco di un precedente consolidato orientamento - dopo aver premesso che "il debitore di una obbligazione risarcitoria, il cui creditore sia mutato per effetto di surrogazione ex art. 1916 c.c., se adempie la propria obbligazione nelle mani del danneggiato, paga male (e potrà essere costretto ad un secondo pagamento a favore del surrogante) se ha adempiuto sapendo, o potendo sapere con l'ordinaria diligenza, dell'avvenuta surrogazione: regola, quest'ultima, che non è altro se non un'applicazione peculiare del generale principio dell'effetto liberatorio del pagamento effettuato al creditore apparente (art. 1189 c.c.)" - ha di recente precisato (Cass. n. 14981/2022):

- da un lato, che "...la legge ha previsto un particolare automatismo, inteso a troncare incertezze e controversie, basato su due oneri contrapposti e convergenti. L'assicuratore della r.c.a., prima di risarcire la vittima, ha il duplice onere di richiederle se abbia diritto a prestazioni da parte d'un assicuratore sociale e, in caso affermativo, di darne comunicazione a quest'ultimo. L'assicuratore sociale, ricevuta tale comunicazione, ha l'onere di manifestare la propria volontà di surrogarsi entro 45 giorni. Ove ciò non faccia, sarà consentito all'assicuratore della r.c.a. risarcire integralmente la vittima, con effetto liberatorio (art. 142 cod. ass.)";

- dall'altro, che l'art. 142 cod. ass.: a) "costituisce una applicazione particolare del generale principio di cui all'art. 1189 c.c., e deve essere interpretato nel senso che l'assicuratore della r.c.a. non è liberato dalle sue obbligazioni nei confronti dell'assicuratore sociale, quando risarcisca il danneggiato, pur sapendo che l'assicuratore sociale abbia manifestato la volontà di surrogarsi, a nulla rilevando in tal caso il silenzio serbato dall'assicuratore sociale nei 45 giorni stabiliti dall'art.

1423 cod. ass. Depongono in tal senso la genesi e la ratio dell'art. 142 cod. ass..."; b) condivide la medesima ratio dell'art. 1189 c.c., con la conseguenza che: "Quando, infatti, l'assicuratore della r.c.a. abbia diligentemente richiesto all'assicuratore sociale se intenda surrogarsi, senza riceverne risposta entro 45 giorni, la legge equipara tale silenzio ad una risposta negativa. Spirato quel termine, pertanto, l'assicuratore della r.c.a. è legittimato a presumere ope legis che l'assicuratore sociale non abbia pagato alcun indennizzo alla vittima; se si presume che l'assicuratore sociale non abbia pagato alcun indennizzo alla vittima, dovrà altresì presumersi che quest'ultima sia rimasta titolare dell'intero credito risarcitorio. Ricorrendo tali circostanze, pertanto, l'assicuratore della r.c.a. nel risarcire la vittima adempie la propria obbligazione nelle mani di un soggetto che appare creditore dell'intero risarcimento, in virtù d'una presunzione legale, e tale pagamento esonera l'assicuratore della r.c.a. dal suo debito nei confronti dell'assicuratore sociale che volesse tardivamente surrogarsi. Prova ne sia, che nel caso di mendacio da parte del danneggiato circa il suo diritto a prestazioni da parte dell'assicuratore sociale, l'azione di ripetizione nei confronti del danneggiato in mala fede è concessa non all'assicuratore della r.c.a., ma all'assicuratore sociale (art. 142, comma terzo, secondo periodo, cod. ass.)"; c) ha, "tra gli altri suoi scopi sopra riassunti, quello di tutelare l'affidamento dell'assicuratore della r.c.a., ingenerato dal silenzio dell'assicuratore sociale", con la conseguenza che "l'applicabilità di tale norma sta e cade con la sua ratio, e cioè l'esistenza d'un affidamento da tutelare. Affidamento che non può esservi quando l'assicuratore della r.c.a., al momento in cui paga il risarcimento dovuto alla vittima, sappia che l'assicuratore sociale ha manifestato l'intenzione di surrogarsi. Varrà, in quest'ipotesi, il principio cessante ratione legis, cessat et ipsa lex: infatti, non essendovi un affidamento incolpevole da tutelare in capo all'assicuratore della r.c.a., questi non potrà più sottrarsi alla domanda di surrogazione, nemmeno invocando il silenzio serbato dall'assicuratore sociale nel termine di 45 giorni stabilito dall'art. 142 cod. ass.".

Alla luce dei principi di diritto che precedono, il pagamento operato dalla compagnia di assicurazione in favore degli aventi diritto senza il rispetto delle formalità di cui all'art. 142 cod. ass. non poteva validamente liberare la medesima nei confronti dell'Inail. In altri termini, nel caso di specie, in assenza di dichiarazione da parte degli infortunati attestante di non aver diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie e considerato che prima dell'estinzione del diritto di credito dell'infortunato per effetto del pagamento effettuato da Generali assicurazioni si era verificata la successione a titolo particolare dell'Inail, il versamento dell'intero massimale non ha validamente estinto l'obbligazione della compagnia assicuratrice, non trovando applicazione nella fattispecie oggetto del presente giudizio la regola dell'art. 1189 c.c. in tema di pagamento al creditore apparente, attesa la colpa del solvens nell'eseguire quest'ultimo.

Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata nella parte in cui in cui è stata esclusa la condanna dell'assicuratore del responsabile civile, che incautamente ha corrisposto l'intero massimale senza sincerarsi, come era suo onere, della mancata erogazione di somme a fronte del medesimo sinistro ad opera dell'assicuratore sociale.

4. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia " nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla richiesta di condanna delle Generali Spa al pagamento delle spese di lite ex art. 1917 a favore dell'ARST Spa (art. 360, co. I, n. 4 in relazione all'art. 1374 e 1917 c.c., 99, 106, 112 e 132 c.p.c.)" nella parte in cui la corte territoriale ha omesso di pronunciare sulla domanda di condanna alle spese ex art. 1917 c.c. che essa società aveva formulato nelle conclusioni rassegnate sia in primo che in secondo grado.

Sostiene che la corte territoriale, così operando, ha violato l'art. 1917 terzo comma c.c., in quanto avrebbe negato ad essa assicurata un diritto che costituisce un effetto naturale, ex art. 1374 c.c., del contratto di assicurazione della responsabilità civile.

Il motivo è fondato.

L'assicurato contro i rischi della responsabilità civile, ove commetta un fatto illecito dal quale scaturisca una lite giudiziaria, può andare incontro a tre diversi tipi di spese processuali: (a) le spese di soccombenza, cioè quelle che egli è tenuto a rifondere alla parte avversa vittoriosa, in conseguenza della condanna alle spese posta a suo carico dal giudice; (b) le spese di resistenza, cioè quelle sostenute per remunerare il proprio difensore ed eventualmente i propri consulenti, allo scopo di resistere alla pretesa attorea; (c) le spese di chiamata in causa, cioè quelle sostenute per convenire in giudizio il proprio assicuratore, chiedendogli di essere tenuto in caso di accoglimento della pretesa del terzo danneggiato.

Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 18076 e 24409/2020, 10595/2018), le spese di soccombenza non costituiscono che una delle tante conseguenze possibili del fatto illecito commesso dall'assicurato, e perciò l'assicurato ha diritto di ripeterle dall'assicuratore, nei limiti del massimale. Le spese di resistenza non costituiscono propriamente una conseguenza del fatto illecito, ma rientrano nel genus delle spese di salvataggio (art. 1914 c.c.), in quanto sostenute per un interesse comune all'assicurato ed all'assicuratore. Tali spese perciò possono anche eccedere il limite del massimale, nella proporzione stabilita dall'art. 1917, comma terzo, c.c.. Le spese di chiamata in causa dell'assicuratore, infine, non costituiscono né conseguenze del rischio assicurato, né spese di salvataggio, ma comuni spese processuali, soggette alla disciplina degli artt. 91 e 92 c.p.c.

Orbene, nel caso di specie la società Arst sia nel giudizio di primo grado che in quello di appello aveva chiesto la condanna delle Generali Spa al pagamento delle spese di lite ex art. 1917 c.c.

Senonché tale domanda non ha formato oggetto di esame da parte della corte territoriale nella impugnata sentenza.

In definitiva, la corte territoriale, violando l'art. 1917 c.c., ha omesso di pronunciarsi sulla domanda, che su detta disposizione era fondata, in quanto non ha riconosciuto a parte ricorrente la rifusione delle spese di resistenza ed ha quindi negato all'assicurato un diritto che costituisce, ex art. 1374 c.c., un effetto naturale del contratto di assicurazione della responsabilità civile.

5. Con il quarto motivo la società ricorrente denuncia " nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla chiamata in garanzia da parte della ricorrente dei dipendenti C.C. eB.B.(art. 360, co. 1, n. 4 in relazione all'art. 2049 e 2055 c.c., 32, 99, 106, 112 e 132 c.p.c.)" nella parte in cui la corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sulla domanda, da essa spiegata in via subordinata, di dichiarare questi ultimi tenuti a corrisponderle le somme che essa società dovesse eventualmente corrispondere all'Inail a titolo di surroga.

Sottolinea che: a) l'azione di surroga, proposta dall'Inail, è fondata sulla ragione di lavoro; b) l'evento è stato imputato alla condotta colposa del B.B. e del C.C., suoi dipendenti; c) essa società è responsabile (per il fatto altrui, cioè) per il danno arrecato dai detti propri dipendenti nell'esercizio dell'attività lavorativa; d) detti dipendenti avrebbero dovuto essere dichiarati tenuti a corrispondere ad essa società le somme che essa dovesse essere chiamata a corrispondere all'Inail e le spese di giudizio.

Invoca al riguardo il principio stabilito da Cass. n. 24802/2008.

Il motivo è fondato.

Nel solco tracciato da consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n 36902/2022, n. 24802/2008, n. 17763/2005 en. 856/1982) va qui preliminarmente ribadito il principio in forza del quale, nell'obbligazione solidale da fatto illecito, l'onere di ciascun obbligato, nei rapporti interni, è proporzionato alla relativa colpa ed all'entità delle conseguenze che ne sono derivate, comporta, con riguardo alla obbligazione risarcitoria, per i danni conseguenti ad incidente stradale, del conducente, nonché del proprietario del veicolo e del datore di lavoro del conducente, che questi ultimi due, solidalmente responsabili con il primo, a norma rispettivamente, degli articoli 2054 terzo comma e 2049 cod. civ. mentre non possono ripartire tra ciascuno di essi ed il conducente - dipendente il cennato onere (ricollegabile solo alla condotta colposa di questo) - e di conseguenza sono privi di regresso l'uno contro l'altro, possono esperire, nello stesso od in separato giudizio, azione dì rivalsa contro il conducente - dipendente, autore del fatto dannoso, per l'intera somma pagata al terzo danneggiato.

Orbene, nel caso di specie la società Arst sia nel giudizio di primo grado che in quello di appello aveva chiesto in via subordinata la condanna dei dipendenti C.C. e B.B. a corrisponderle le somme che essa fosse stata eventualmente tenuta a corrispondere all'Inail (a titolo di surroga per le causali indicate in narrativa e nei limiti delle somme connesse ai soggetti da essi trasportati) e a rifonderle le spese processuali. Tale domanda era connessa alla responsabilità di Arst per il danno arrecato dai propri dipendenti nell'esercizio dell'attività lavorativa prestata in suo favore; alla circostanza che l'azione di surroga, proposta dall'Istituto, era fondata sull'infortunio in itinere ed al fatto che nelle sentenze penali di condanna l'evento era stato imputato alla condotta colposa dei predetti dipendenti.

Senonché tale domanda non ha formato oggetto di esame da parte della corte territoriale nella impugnata sentenza.

In definitiva, la corte territoriale, violando le disposizioni denunciate, ha omesso di pronunciarsi sulla domanda, che su dette disposizioni era fondata, in quanto non ha valutato se il C.C. e il B.B. fossero per tale titolo tenuti a corrispondere ad Arst le somme che questa (per capitale, interessi e spese legali) deve corrispondere all'Inail per le causali in narrativa e non ha condannato i predetti al pagamento delle spese di giudizio.

6. Per le ragioni che precedono, dell'impugnata sentenza, respinto il primo motivo nei termini di cui sopra, s'impone la cassazione in relazione, con rinvio alla sezione distaccata di Sassari della Corte d'appello di Cagliari, che, in diversa composizione personale, procederà a nuovo esame, dando applicazione ai suindicati disattesi principi.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Stante l'accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

7. Infine, per la natura della causa petendi, va di ufficio disposta l'omissione, in caso di diffusione della presente ordinanza, delle generalità e degli altri dati identificativi delle persone che hanno patito lesioni, ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. 196 del 2003.

 

P.Q.M.


La Corte:

- respinge il primo motivo nei termini di cui in motivazione;

- accoglie gli altri motivi di ricorso e, per l'effetto, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte; rinvia la causa,

anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Sezione distaccata di Sassari della Corte d'appello di Cagliari, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame dando applicazione ai suindicati disattesi principi;

- dispone che, ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. 196 del 2003, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omessi generalità ed altri dati identificativi delle persone che hanno patito lesioni.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2024, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2024.