Cassazione Penale, Sez. 4, 20 marzo 2024, n. 11580 - Infortunio sul lavoro. Abnormità del provvedimento impugnato: ricorso inammissibile



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente

Dott. CALAFIORE Daniela - Relatore

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. CENCI Daniele - Consigliere

Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A. nato a F il (Omissis)

avverso l'ordinanza del 29/09/2023 del TRIBUNALE di FORLÌ'

udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA CALAFIORE;

letta la requisitoria depositata dal Procuratore generale, nella persona del Sostituto Procuratore Francesca Romana Pirrelli, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
 

Fatto


1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Forlì, in esito all'udienza di comparizione predibattimentale prevista dall'art. 554-bis cod. proc. pen., ha rinviato A.A. all'udienza del dibattimento, autorizzando il Pubblico Ministero alla citazione di due testi a scelta per la medesima udienza.

2. A.A. era stato citato a comparire per rispondere del reato di lesioni colpose, per colpa generica e specifica per la violazione dell'art. 19, comma 1, lett. a) e) ed f) bis D.Lgs. n. 81 del 2008, aggravate dalla violazione di regole di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in relazione all'infortunio occorso al dipendente B.B., il quale aveva subito un'amputazione traumatica dell'indice e la frattura scomposta/esposta di dita della mano destra, con compromissione funzionale superiore a 364 giorni. In F, il (Omissis).

3. All'udienza predibattimentale del 29 settembre 2023, il difensore dell'imputato ha eccepito l'erroneità del capo d'imputazione nel punto in cui lo stesso faceva riferimento all'art. 19, comma 1 lett. f) del D.Lgs. n. 81 del 2008, in quanto disposizione non entrata in vigore al momento della commissione del fatto. Il Pubblico Ministero prendeva atto del rilievo e si associava alla richiesta, ritenendo che la condotta contestata integrasse comunque una ipotesi di colpa generica. Il Tribunale disponeva l'espunzione del riferimento, nell'imputazione, all'art. 19, comma 1 lett. f) D.Lgs. n. 81 del 2008. Disponeva, inoltre, rinvio per la prosecuzione del giudizio dinanzi ad altro Giudice del dibattimento, autorizzando il Pubblico Ministero nei sensi sopra indicati.

4. Avverso tale provvedimento, il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, basato su un motivo, deducendo che il giudice, dopo aver condotto regolarmente l'udienza predibattimentale, irritualmente ha ordinato la citazione di due testi del Pubblico Ministero per la prima udienza dibattimentale, testi dei quali non era neppure stata richiesta l'ammissione. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale di Forlì, autorizzando il P.M. alla citazione dei propri testi, ha realizzato una indebita anticipazione di una fase processuale destinata all'udienza dibattimentale. Per tali ragioni, il provvedimento emesso dovrebbe ritenersi affetto da abnormità.

5. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con la quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

 

Diritto


1. Il ricorso è inammissibile in quanto non sorretto dal necessario interesse ad impugnare.

2. Il ricorrente deduce l'abnormità dell'ordinanza impugnata. In particolare, ritiene che, autorizzando il Pubblico Ministero alla citazione di due testi, il Giudice dell'udienza predibattimentale abbia esercitato poteri di gestione della fase istruttoria del tutto esorbitanti da quelli che gli artt. 554 bis e ss. cod. proc. pen. assegnano al giudice dell'udienza predibattimentale per il procedimento a citazione diretta dinanzi al Tribunale in composizione monocratica.

3. La questione, non ancora venuta all'attenzione della Corte di cassazione, attiene alla interpretazione delle disposizioni introdotte dall'art. 32, comma 1, lett. d), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, con le quali si è inteso disciplinare la fase degli atti preliminari al dibattimento, mediante la previsione dell'udienza di comparizione predibattimentale, che, ai sensi dell'art. 554 bis, comma 1, cod. proc. pen., "si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del p.m. e del difensore dell'imputato". In tale udienza, va rilevato, confluiscono attività proprie dell'udienza preliminare, della fase predibattimentale e della fase di introduzione del dibattimento.

4. La Relazione illustrativa al decreto legislativo di attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134, ha precisato che la previsione dell'udienza predibattimentale (come indicato dalla legge delega all'art. 1, comma 12, lett. dalla lettera a) a g) serve, da un lato, " a consentire un vaglio preliminare, più snello di quello previsto dagli articoli 416 ss. c.p.p., circa la fondatezza e la completezza dell'azione penale; dall'altro lato, risponde allo scopo di concentrare in un momento anticipato, precisamente definito nella sua collocazione, tutte le attività prodromiche a quelle propriamente istruttorie e decisorie tipiche della fase dibattimentale, per consentire una più efficiente organizzazione di questo momento dell'attività giudiziaria, liberando il giudice che vi è preposto da incombenze diverse da quelle istruttorie e decisorie".

5. Sempre dalla Relazione citata, oltre che dal testo degli artt. 554 bis e ter cod. proc. pen., si evince che all'udienza predibattimentale sono attribuite funzioni di:

- definizione del processo, quando, sulla base del complesso degli atti di indagine (che infatti sono ora trasmessi integralmente al giudice: cfr. art. 553), già emergano elementi che conducono a un proscioglimento oppure si evidenzi che gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna;

- definizione di tutti i profili prodromici al dibattimento vero e proprio, relativi, in primo luogo, alla costituzione delle parti (con necessaria anticipazione in questa sede della costituzione delle parti e conseguente adeguamento anche delle disposizioni contenute nell'articolo 79 cod.proc.pen.) alle questioni preliminari e all'accesso ai riti alternativi;

- definizione dell'oggetto del giudizio, consentendo al giudice e alle parti di esaminare l'imputazione articolata ai sensi dell'articolo 552, comma 1, lettera c), sotto ì plurimi profili connessi alla sua corrispondenza, in punto di fatto o di definizione giuridica, agli atti di indagine.

In definitiva, continua la Relazione " (.. ) qualora non sussistano condizioni ostative alla celebrazione del dibattimento e sia possibile formulare una ragionevole previsione di condanna, nell'impianto prescelto per il caso in cui non si addivenga all'esito previsto da un rito speciale, il giudice si limita ad indicare la data per la successiva udienza dibattimentale, che, in quanto collocata nella medesima fase, si pone quindi in continuità, seppure debba ovviamente svolgersi davanti ad un altro giudice persona fisica. In ogni caso, si è previsto che l'udienza per l'apertura e la celebrazione del dibattimento non si possa fissare prima di venti giorni, anche per consentire alle parti di organizzare a quel punto la loro difesa in un'ottica propriamente dibattimentale. È, infatti, prima di questa udienza che debbono essere depositate le liste testi".

6. Alla luce di tale scansione dell'inedita attività predibattimentale, che deve garantire alle parti la possibilità concreta di organizzare la strategia difensiva da sottoporre al Giudice dell'udienza dibattimentale, va quindi valutata l'iniziativa del Giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale di anticipare l'autorizzazione a citare i testi per il dibattimento.

Occorre verificare dunque se il potere regolatorio del procedimento di acquisizione della prova per testi sia attribuito al segmento processuale affidato al Giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale ovvero al Giudice dell'udienza dibattimentale; lo schema processuale, infatti, impone la rigorosa separazione di attribuzioni voluta dal legislatore della novella.

7. L'art. 142 disp. att. cod. proc. pen. regola l'attività di citazione di testimoni, periti, interpreti, consulenti tecnici e imputati di un procedimento connesso.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione (S.U. n. 4 del 31/01/2001, Rv. 217760 - 01, Romano e altri), chiamate a valutare l'abnormità del provvedimento del giudice che imponeva al p.m. l'onere di effettuare la nuova citazione dei testimoni non presenti, una volta instauratosi un valido rapporto processuale, hanno precisato che la questione assume rilievo sistematico, in quanto attiene alla fisionomia dei rapporti fra poteri- doveri del giudice e corrispondenti oneri delle parti nello snodarsi del dibattimento in quanto "(...) La trama normativa costituita dagli artt. 468, 477, 133 c.p.p. e dagli artt. 142, 144, 145 disp. att. autorizza infatti una soluzione ermeneutica ispirata alle logiche lato sensu dispositive del sistema accusatorio cui s'ispira il nuovo codice di rito".

Per la giurisprudenza delle Sezioni Unite, dunque, l'attività di citazione dei testi è, ad esclusione dei casi in cui è il giudice a fare uso dei propri poteri d'ufficio, attività difensiva della parte, strettamente correlata alla realizzazione dello schema processuale accusatorio.

8. Rapportando tale punto fermo al tema delle attribuzioni del Giudice dell'udienza di cui agli l'artt. 554 bis e 554 ter cod.proc.pen., non può esservi dubbio sul fatto che l'autorizzazione alla citazione non spetti al Giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, ma spetti al Giudice del dibattimento.

10. L'introduzione della nuova udienza predibattimentale implica una netta separazione tra il segmento procedimentale in esame e la successiva (ed eventuale) udienza dibattimentale; pertanto, effettivamente si tratta di un provvedimento radicalmente eccentrico rispetto all'innovato sistema codicistico.

Il provvedimento in oggetto non rientra nella sfera dei poteri del giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale ed altera la determinazione delle cadenze procedimentali di ammissione della prova testimoniale, che rientra esclusivamente nei poteri-doveri del giudice del dibattimento, unitamente alla verifica della regolarità dell'istruzione dibattimentale ed all'adozione dei conseguenti provvedimenti direttivi e ordinatori.

11. Occorre a questo punto valutare se l'adozione del provvedimento da parte dei primo Giudice possa assumere le caratteristiche distintive dell'atto abnorme, immediatamente impugnabile in cassazione.

E' noto che, nella giurisprudenza di legittimità si è ormai consolidata la nozione di abnormità che può riguardare sia il profilo strutturale, allorché l'atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, sia il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo; nel fenomeno della c.d. regressione anomala del procedimento ad una fase anteriore, nonostante la valida instaurazione del rapporto processuale fra le parti necessarie, può ravvisarsi un sintomo dell'abnormità dell'atto (Cass., Sez. Un., 13.7.1993, P.M. in proc. Garonzi; Sez. Un., 24.3.1995, P.M. in proc. Cirulli; Sez. Un., 31.7.1997, P.M. in proc. Baldan). Tale categoria (da ultimo, Sez. 4, 05/10/2023, n.47427), costituisce una forma di patologia dell'atto giudiziario priva di riconoscimento testuale in un'esplicita disposizione normativa, ma frutto di elaborazione da parte della dottrina e della giurisprudenza, tramite cui si è inteso porre rimedio, attraverso l'intervento del giudice di legittimità, agli effetti pregiudizievoli derivanti da provvedimenti non espressamente previsti come impugnabili, ma affetti da tali anomalie genetiche o funzionali, che li rendono difformi ed eccentrici rispetto al sistema processuale e con esso radicalmente incompatibili.

Per S.U. n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590, la categoria dell'abnormità presenta caratteri di eccezionalità, in relazione alla deroga che viene attuata sia rispetto al principio dì tassatività delle nullità (art. 177 cod. proc. pen.), sia rispetto al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (art. 568 cod. proc. pen.) ed è fenomeno unitario, caratterizzato dallo sviamento della funzione giurisdizionale, inteso non tanto quale vizio dell'atto, che si aggiunge a quelli tassativamente stabiliti dall'art. 606 c.p.p., comma 1, quanto come esercizio di un potere in difformità dal modello descritto dalla legge.

12. Nel caso di specie, si configura una ipotesi di abnormità strutturale per carenza di potere in concreto (atto cantra legem), in quanto sebbene si tratti di un atto riconducibile ad una previsione normativa, lo stesso atto non è previsto nel segmento processuale in cui è stato adottato.

In tal senso, S.U. n. 37502 del 28/04/2022, Scarlino, Rv. 283552-01, in motivazione, hanno sottolineato come l'abnormità si traduca in uno sviamento della funzione giurisdizionale, che si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall'ordinamento, tanto nel caso di atto strutturalmente eccentrico, quanto nell'ipotesi di atto normativamente disciplinato ma utilizzato al di fuori dell'area che ne individua la funzione e la ragion d'essere, essendo rilevante ai fini dell'abnormità dell'atto l'esistenza o meno del potere di adottarlo.

In tal modo l'abnormità strutturale e quella funzionale sono riconducibili ad un fenomeno unitario, per cui se è riconoscibile l'attribuzione in ordine all'adottabilità di un atto, gli eventuali vizi possono essere solo quelli previsti dalla legge, a prescindere dal fatto che ne derivi la regressione del procedimento, diversamente dovendosi ravvisare l'abnormità e l'esigenza di rimozione, per carenza di potere del giudice.

13. L'abnormità dell'atto del procedimento, concettualmente riscontrabile nei sensi di cui si è detto, può però formare oggetto di impugnazione solo nell'ipotesi in cui l'esercizio dell'impugnazione consenta alla parte di conseguire un risultato utile. In mancanza, difetta l'interesse della parte a far valere l'abnormità.

La Corte di legittimità (vd. Sez. 3, n. 43127 del 12/09/2019, Rv. 277177; Sez. 6, n. 3606 del 1995, Rv. 201106-01) ha affermato che anche in caso di impugnazione di un atto abnorme deve sussistere il requisito dell'interesse in capo a chi la proponga, che si identifica con l'interesse al risultato del giudizio sull'impugnazione.

L'interesse della parte ad impugnare deve fondarsi sul "vantaggio" e cioè sulla "utilità" in senso obiettivo, per la medesima parte impugnante. Se dunque, l'impugnazione proposta dalla parte, per una qualsiasi causa, non può portare ad una modificazione degli effetti del provvedimento impugnato, non può cioè conseguire il risultato di porre riparo al pregiudizio dedotto, non vi è interesse (cfr. Sez. 6, n. 1473 del 02/04/1997 Ce. (dep. 20/05/1997) Rv. 207488 - 01 Pacifico).

Le Sezioni unite hanno ribadito questo concetto, rappresentando che l'interesse richiesto dall'art. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo a condizione che il mezzo di impugnazione proposto risulti idoneo a costituire, attraverso la eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente (Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009, Rv. 244110- 01 De Marino).

14. Nel caso di specie, l'autorizzazione alla citazione dei testi, concessa dal Giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, non produce alcun effetto di reale pregiudizio per i diritti di difesa del ricorrente, perché non tocca le facoltà previste dall'art. 555 cod. proc. pen., secondo cui, almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza dibattimentale, le parti devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 di cui intendono chiedere l'esame. L'eventuale annullamento dell'autorizzazione, dunque, non modificherebbe in alcun modo le garanzie difensive della parte, né realizzerebbe alcun vantaggio per la medesima parte. Ciò determina il difetto di interesse all'impugnazione.

15. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa dì inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
 


P.Q.M.
 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, li 8 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2024.