Cassazione Penale, Sez. 4, 03 aprile 2024, n. 13389 - Caduta del carico di barre di acciaio sull'apprendista tornitore


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere

Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere

Dott. MICCICHE' Loredana - Consigliere Rel.

Dott. CIRESE Marina - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A. nato a A il (Omissis)

avverso la sentenza del 13-06-2023 della CORTE APPELLO di TORINO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LOREDANA MICCICHE';

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

 

Fatto


1. Con sentenza emessa il 13 giugno 2023,la Corte d'Appello di Torino confermava la pronuncia del Tribunale di Asti che aveva condannato A.A., quale titolare della ME.TA di A.A., e datore di lavoro di B.B., per il delitto di lesioni occorse al lavoratore, consistite in "trauma da schiacciamento del bacino e fratture multiple, comportanti incapacità di attendere alle proprie occupazioni per un periodo superiore a 40 giorni e rischio di indebolimento permanente della funzionalità della deambulazione", commesso con violazione di specifiche norme antinfortunistiche.

2. I fatti sono stati così ricostruiti. Il 20 dicembre 2017 il B.B., che stava rientrando in officina per recarsi alla sua postazione di lavoro, veniva investito da un fascio di barre di acciaio, del peso di 980 kg, disposte diagonalmente sulle forche di un carrello elevatore movimentato dal collega C.C.. Era emerso che il predetto C.C. aveva chiesto al B.B. di aiutarlo tenendo fermo il fascio di barre perché non si muovesse durante la manovra e, mentre il B.B. si avvicinava al carrello, si era verificata la caduta della barre di acciaio. Al datore di lavoro veniva contestata la violazione delle norme antinfortunistiche, per non aver provveduto alla formazione del C.C. in ordine al corretto utilizzo del carrello, provocando così l'infortunio occorso al lavoratore B.B.

3. La Corte d'appello respingeva i motivi di gravame, attinenti alla riconducibilità dell'infortunio alle condotte anomale dei soggetti coinvolti (in particolare l'infortunato non aveva rispettato la segnaletica posta sulla pavimentazione, che indicava il percorso dei carrelli, attraversando l'area dedicata alla manovra dei mezzi; il C.C. aveva usato il carrello senza essere adibito al relativo utilizzo). La Corte considerava corretta la ricostruzione dei fatti compiuta dal primo giudice sulla base del materiale istruttorio vagliato, escludendo che vi fosse un divieto di transito nell'area ove era successo l'incidente e che esistesse una prassi aziendale, costantemente applicata, in base alla quale il C.C., pur non essendovi formalmente adibito, di fatto utilizzasse il carrello elevatore. Escludeva, inoltre, che l'azienda avesse predisposto una procedura specifica per la movimentazione del carrello con l'indicazione dei soggetti abilitati a svolgerla e all'uopo formati, di fatto predisposta dopo l'incidente. In ordine all'esercizio di fatto della mansioni di manovra del carrello da parte del C.C. disattendeva la deposizione di altri due operai, D.D. e E.E., formalmente addetti alla mansione di manovratori del carrello, e riteneva del tutto inadeguata la prova della avvenuta formazione della parte offesa, apprendista presente in azienda da pochi mesi, che, ove adeguatamente formato e informato, avrebbe certamente evitato di avvicinarsi al carrello evitando così l'infortunio.

3. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi.

3.1 Con il primo, deduce vizio o violazione di legge e di manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza di cause sopravvenute escludenti il rapporto di causalità. La dinamica del sinistro, così come emergente anche dalla deposizione del lavoratore infortunato, aveva evidenziato che il B.B. aveva attraversato un'area di manovra dove non avrebbe dovuto transitare e che si era pericolosamente avvicinato al carrello con l'intenzione di " dare una mano" al collega C.C. nel raddrizzare il carico. Si trattava di condotte del tutto irresponsabili e palesemente imprevedibili da parte del datore di lavoro, integranti il cd " rischio elettivo", ossia un comportamento imprudente posto in essere dal lavoratore in modo autonomo ed estraneo alle mansioni affidategli. Il B.B. era un apprendista tornitore addetto ai seghetti, senza alcuna mansione nell'ambito della movimentazione, che, al di fuori della sua postazione, aveva deciso di spostare a mani nude un fascio di barre di 980 kg. Era totalmente contraddittoria in rapporto a quanto emerso dalla istruttoria espletata l'argomentazione della Corte territoriale secondo cui la procedura di movimentazione sarebbe stata del tutto carente, anche in presenza di precisa segnaletica sulla pavimentazione: in realtà, dalla documentazione in atti nonché dalla deposizione dell'ispettore F.F. era emerso che la procedura esisteva, e difatti non era stata contestata al ricorrente alcuna violazione in merito. Era altresì errata e manifestamente confliggente con le risultanze documentali l'affermazione della Corte territoriale in ordine alla avvenuta formazione del lavoratore. Inoltre, non era conforme alla risultanze processuali l'affermazione per cui il C.C. fosse adibito di fatto alla movimentazione carichi, né era motivata la ritenuta inattendibilità dei testi di parte datoriale sul punto. Anche il C.C., dunque, aveva posto in essere una condotta abnorme.

3.2 Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia vizio di violazione di legge e di motivazione in ordine al diniego della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, senza la doverosa valutazione circa l'integrale risarcimento in favore del lavoratore, non adeguando così la pena al fatto, secondo i criteri di cui all'art. 133 cod. pen.

 

Diritto


1. Il ricorso è infondato.

2. Il primo motivo, con cui si lamenta la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione sul punto dell' affermazione del nesso causale sussistente tra l'omissione della condotta doverosa e l'infortunio, stante il comportamento abnorme del lavoratore, è infondato. Secondo i consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, il comportamento anomalo del lavoratore può acquisire valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, tanto da escludere la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, solo quando esso sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 7012 del 23-11-2022, Rv. 284237 -01; Sez. 4, n. 5007 del 28-11-2018, Rv. 275017 -01). Si è altresì precisato che perché quindi possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4 , n. 27871 del 20-03-2019, Rv. 276242 -01).

3. Orbene, come affermato dalla Corte territoriale nonché dal primo giudice (sul punto, le due pronunce concordano pienamente, formando pertanto un unico tessuto motivazionale), le regole cautelari atte a scongiurare il rischio del comportamento imprudente del lavoratore, consistente, secondo la prospettazione difensiva, nell'avere attraversato la zona destinata alle manovre dei carrellisti, a dire del ricorrente interdetta al passaggio, erano certamente quelle relative alla previsione di precise procedure di attraversamento della zona, di altrettanto precise procedure di carico, atte ad evitare la pericolosa movimentazione del materiale, nonché quelle relative al corretto uso, anche da parte di apposito personale all'uopo formato, del carrello elevatore.

4. Tanto premesso, si osserva che i predetti temi probatori risultano adeguatamente esplorati e illustrati sia dalla sentenza di primo grado, sia da quella impugnata, specie considerando che le due pronunzie, corrispondenti alla nozione ed aventi i requisiti della C.d. "doppia conforme", devono essere lette ed esaminate come un unicum motivazionale. Sui punti evidenziati, le doglianze attengono a contestazioni del valore probatorio degli elementi utilizzati dalla Corte di appello per pervenire al convincimento di responsabilità, senza tener conto degli argomenti contenuti nella esaustiva motivazione della sentenza impugnata, proponendo nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.

5. Ed invero, quanto al primo punto, non risulta smentita o specificamente attaccata (se non con affermazioni apodittiche) la considerazione, contenuta nelle sentenze di primo e secondo grado, secondo cui non vi era uno specifico divieto di passaggio nella zona ove era indicato il percorso per i carrellisti, che si trovava all'interno dell'ambiente di lavoro. Inoltre, i giudici di merito hanno chiarito che, a prescindere dalla segnaletica del percorso dei carrelli, era proprio la complessiva procedura di carico (atta ad evitare il pericoloso posizionamento del materiale) a non essere stata adeguatamente prevista e rispettata. Quale logica conferma di tale valutazione, la Corte ha rilevato che detta procedura era stata poi del tutto rivista e ridefinita sulla base della formazione effettuata a seguito dell'infortunio (pago 8 della sentenza impugnata). In proposito, le argomentazioni di cui ai motivi di ricorso fanno riferimento alle caratteristiche della deposizione dell'ispettore F.F., definita confusa e poco credibile, e ribadiscono che, anche secondo detta deposizione, era prevista una regolamentazione per il transito dei muletti. Dette argomentazioni non attaccano né scalfiscono il passaggio fondamentale della motivazione contenuta nella sentenza impugnata, che non mette in discussione l'esistenza di una procedura per il transito, ma afferma che" il teste G.G. (ispettore F.F., ndr) ha precisato che la procedura che avrebbero dovuto seguire i carrellisti era disattesa perché mancava una formazione", riferendosi in particolare, come detto, al corretto posizionamento del materiale pesante e pericoloso. E' invero indiscusso che la verificazione dell'infortunio sia ricollegabile al difettoso carico delle barre di acciaio, che, sganciandosi, avevano investito la persona offesa.

6. Quanto, poi, all'improprio utilizzo del carrello elevatore da parte del C.C., indiscutibile antecedente causale dell'infortunio occorso al lavoratore, la Corte territoriale, con argomentazioni esaustive, coerenti e prive di fratture logiche ha ritenuto ampiamente dimostrato che il C.C. non era operaio addetto alla movimentazione del carrello elevatore, non aveva ricevuto apposita formazione e, nonostante ciò, di fatto manovrava i predetti carrelli. La sentenza impugnata àncora dette affermazioni agli elementi risultanti da una lettura esaustiva e coerente del materiale istruttorio (pag. 6 della sentenza impugnata), in particolare a precise risultanze documentali, quali la dichiarazione sottoscritta dall'imputato A.A. secondo cui il C.C. "pur se pratico nell'uso del carrello elevatore non ha mai seguito presso la nostra azienda un corso di formazione che attesti con un documento le proprie capacità con l'uso dello stesso". Con argomentazioni dotate di intrinseca coerenza, i giudici di merito hanno dunque ritenuto che il contenuto del predetto documento e le dichiarazioni della persona offesa, secondo cui il C.C. utilizzava regolarmente il carrello, erano idonee a dimostrare l'adibizione, di fatto, del C.C. alle mansioni di carrellista, specie considerando che sarebbe stato del tutto irragionevole e inspiegabile l'impegno del C.C. in una attività non richiestagli. Peraltro, la dichiarazione sottoscritta del datore di lavoro, in cui si ammetteva che il C.C. era pratico nell'uso del carrello, rivelava una sicura conoscenza, da parte del A.A., del fatto che il C.C. avesse utilizzato i carrelli in azienda. In modo altrettanto esaustivo e non illogico i giudici di merito hanno dato conto delle ragioni della ritenuta inattendibilità dei testi D.D. e E.E., riportandone specifici passaggi da cui si desume la vaghezza e imprecisione delle risposte alla pertinente domanda riguardante l'adibizione, di fatto, del C.C. a mansioni diverse da quelle formalmente assegnatigli.

7. Non solo, dunque, va radicalmente esclusa la sussistenza di condotte abnormi dei lavoratori, essendo invece dimostrate le contestate violazioni della cautele antinfortunistiche, ma deve anche essere ribadito che l'obbligo del datore di lavoro di vigilare sull'esatta osservanza, da parte dei lavoratori, delle prescrizioni volte alla tutela della loro sicurezza, può ritenersi assolto soltanto in caso di predisposizione e attuazione di un sistema di controllo effettivo, adeguato al caso concreto, che tenga conto anche delle prassi elusive seguite dai lavoratori di cui il datore di lavoro sia a conoscenza (Sez. 4 -n. 35858 del 14-09-2021, (Omissis), Rv. 281855 -01).

8. Anche il motivo con il quale il ricorrente si duole della erroneità del giudizio di bilanciamento è infondato. E' principio acquisito che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto. (Sez. U, n. 10713 del 25-02-2010, (Omissis), Rv. 245931 -01). Nel caso in esame, il giudizio di equivalenza è ancorato alla colpa riscontrabile nel caso concreto (precisamente, alla gravità delle violazioni, specie in relazione all'utilizzo di macchinari pericolosi da parte di soggetto non formato) non è certamente un ragionamento illogico o arbitrario.

9. Il ricorso va conclusivamente rigettato. Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2024

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2024