T.A.R. Lazio Roma, Sez. 4, 03 aprile 2024, n. 6452 - Provvedimento di sospensione dell'attività per violazione di disposizioni sui lavori in quota



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 11753 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da L.V. Società Cooperativa, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Farina, Federica Scafarelli, Angelica Maria Nicotina, Giovanbattista Carnibella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Giosuè Borsi, 4;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; Azienda U.M.T., rappresentata e difesa dall'avvocato Giulia Corona, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Treviso, viale Cesare Battisti, 1;

nei confronti

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo: del provvedimento prot. (...) emesso in data 4.7.2023 dalla Direzione generale per le strade e le autostrade, l'alta sorveglianza sulle infrastrutture stradali e la vigilanza sui contratti concessori autostradali, nell'ambito del Dipartimento per la programmazione strategica, i sistemi infrastrutturali, di trasporto a rete, informativi e statistici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, avente ad oggetto "provvedimento interdittivo a contrarre con le pubbliche amministrazioni e con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50"; del Provv. del 3 agosto 2023 della medesima Direzione, avente ad oggetto "Provv. n. 1073 del 04 luglio 2023 interdittivo a contrarre con le pubbliche amministrazioni e con le stazioni appaltanti Ditta "L.V. Società Cooperativa" con sede legale in S. M. di S. (V.), Via S., 4 e sede unità operativa in M. di L. (T.), Via P., 24 - C.F./P.IVA: (...) - Richiesta di annullamento", trasmesso a mezzo pec in pari data.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati in data 23.10.2023: in aggiunta agli atti impugnati con il ricorso principale, del provvedimento prot. (...) del 24.7.2023 con cui il Dipartimento di Prevenzione U.O.C. SPISAL Servizio Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell'ULSS 2 del Veneto ha disposto la revoca del provvedimento di sospensione n. 5/2023.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di ANAC e dell'Azienda U.M.T.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2024 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

FattoDiritto


La società L.V. società cooperativa ha impugnato e chiesto l'annullamento del provvedimento prot. (...) emesso in data 4.7.2023 dalla Direzione generale per le strade e le autostrade, l'alta sorveglianza sulle infrastrutture stradali e la vigilanza sui contratti concessori autostradali, nell'ambito del Dipartimento per la programmazione strategica, i sistemi infrastrutturali, di trasporto a rete, informativi e statistici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, avente ad oggetto "provvedimento interdittivo a contrarre con le pubbliche amministrazioni e con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50"; del Provv. del 3 agosto 2023 della medesima Direzione, avente ad oggetto "Provv. n. 1073 del 04 luglio 2023 interdittivo a contrarre con le pubbliche amministrazioni e con le stazioni appaltanti Ditta "L.V. Società Cooperativa" con sede legale in S. M. di S. (V.), Via S., 4 e sede unità operativa in M. di L. (T.), Via P., 24 - C.F./P.IVA: (...) - Richiesta di annullamento", trasmesso a mezzo pec in pari data.

In sintesi è accaduto: che la ricorrente in data 5.4.2023 "è stata raggiunta dalla notifica, da parte dello SPISAL dell'A.M., del Provv. n. 5 del 2023 di sospensione dell'attività (di pulizia dei pannelli fotovoltaici posti sulla copertura a volta del capannone industriale) presso il cantiere temporaneo sede della committente D.G., in Via P., 24, 31045 M. di L. T., ai sensi dell'art. 14 D.Lgs. n. 81 del 2008", e ciò per "violazione in materia di tutela e della sicurezza del lavoro di cui all'allegato I al D.Lgs. n. 81 del 2008, in particolare per la fattispecie di cui al punto 7 (mancanza di protezioni verso il vuoto) del citato Allegato I", essendosi, nella specie, rilevato che "la copertura a volta del capannone industriale della società committente, presso cui L.V. stava operando, era priva della c.d. linea vita, lo sbarco in quota dei lavoratori impiegati nel servizio, a mezzo di apposita piattaforma autocarrata CELA DT25 (predisposta per lo sbarco in quota con apposita cesta), non era ritenuto misura idonea a garantire appieno la sicurezza dei lavoratori stessi contro il pericolo di caduta verso il vuoto" (cfr. pagg. 2 - 3).

Ha soggiunto che il giorno successivo alla disposta sospensione (6.4.2023) ha presentato una istanza di revoca di tale provvedimento, "a tal fine comunicando: i) di aver provveduto a rimuovere le conseguenze pericolose delle violazioni contestate del provvedimento di sospensione; ii) di aver effettuato il pagamento di € 600,00 (pari al 20% della somma aggiuntiva dovuta, di € 3.000,00) come quantificato nel provvedimento di sospensione (…). La residua somma di € 2.520,00 è stata, poi, versata in data 30 maggio 2023" (cfr. pag. 3).

A seguito di tale istanza, in data 17.4.2023 lo SPISAL (Servizio Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro presso l'ULSS 2) ha comunicato alla ricorrente la prescrizione n. 205, finalizzata ad eliminare la violazione precedentemente accertata, stabilendo che "prima di proseguire con i lavori in quota su copertura a volta di tipo industriale, il datore di lavoro dovrà individuare il sistema di accesso e di lavoro più idoneo affinché i lavoratori non siano esposti al rischio di scivolamento tra le volte della copertura durante il lavaggio dell'impianto nonché al rischio di caduta dall'alto dal perimetro dell'opificio. Si ricorda che, come indicato alla sezione specifica per lo sbarco in quota del manuale d'uso e manutenzione della PLE montata su autocarro mod. DT25 del costruttore C. Srl, lo sbarco su piattaforma di lavoro è autorizzato solo se l'area risulta adeguatamente protetta (es. dotata di parapetto)".

A fronte di tale prescrizione, la ricorrente ha fatto presente con nota del 21.4.2023 che "il servizio di pulizia dell'impianto FTV sarà completato solo nel momento in cui la copertura risponderà alle prescrizioni" dettate dallo SPISAL e precisando che "fino ad allora la nostra società si asterrà da qualsiasi tipologia di intervento".

Ciononostante, in data 4.7.2023 è stato emesso l'impugnato decreto di interdizione a contrarre con le pubbliche amministrazioni, la cui legittimità è stata contestato dalla ricorrente con nota del 20.7.2023 con richiamo all'inerzia che sarebbe stata servata dallo stesso SPISAL in merito alla revoca del provvedimento di sospensione: quest'ultimo, in effetti, revocato in data 24.7.2023.

Tale circostanza ha, inoltre, indotto la ricorrente a chiedere in data 26.7.2023 al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti l'annullamento in autotutela del decreto, facendo presente che "sin dal 6 aprile 2023 risultavano integrati i presupposti per revocare il provvedimento di sospensione n. 5/2023 a carico di L.V. Soc. Coop.; infatti (…) con l'istanza di revoca del provvedimento di sospensione L.V. ha: i) dichiarato di aver rimosso, per quanto di propria spettanza, e rispetto alla tutela dei propri lavoratori, le conseguenze pericolose delle violazioni contestate (…); ii) corrisposto il 20% della somma aggiuntiva dovuta, come prescritto dall'art. 14 D.Lgs. n. 81 del 2008 ai fini della revoca"; e soggiungendo che "non avrebbe avuto ragion d'essere l'adozione del decreto interdittivo n. 1073 del 4 luglio 2023, a distanza di 89 giorni dall'istanza di revoca del provvedimento di sospensione".

Il Ministero, tuttavia, ha respinto l'istanza di annullamento in autotutela e con l'impugnata nota del 3.8.2023 ha confermato il decreto di interdizione con rideterminazione del periodo di efficacia dello stesso dal 5.4.2023 (data in cui è intervenuta la sospensione disposta dallo SPISAL) al 24.7.2023 (data in cui è intervenuta la revoca della sospensione disposta dallo SPISAL).

A fondamento del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:

1 ) violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990, dell'art. 14 del D.Lgs. n. 81 del 2008, della circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 1733 del 3.11.2006; eccesso di potere per difetto di motivazione.

Con tale motivo la ricorrente ha lamentato che il provvedimento interdittivo è stato adottato "in data 4 luglio 2023, ossia a distanza di 90 giorni dalla adozione del provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81 del 2008, avvenuta in data 5 aprile 2023"; cosicché, "il lasso di tempo intercorso tra l'adozione e notifica del provvedimento di sospensione citato (5 aprile 2023) e la data di adozione e notifica del decreto di interdizione ex art. 14 D.Lgs. n. 81 del 2008 (4 luglio 2023) risulta eccessivo rispetto alle esigenze di celerità sottese agli interessi coinvolti (soprattutto quelli della parte privata) nell'ambito del provvedimento in questione, vieppiù laddove si consideri che il ritardo non è sorretto da alcuna motivazione e alcun ragionevole motivo, finendo così, non solo per tradire la funzione stessa del provvedimento di interdizione a contrarre con la PA, ma anche per pregiudicare illegittimamente l'interesse del privato alla certezza della situazione giuridica conseguente alla riscontrata violazione" (cfr. pag. 6); ed ha, inoltre, sottolineato che l'intervallo di tempo avrebbe "ingenerato in capo alla stessa ricorrente il legittimo affidamento sulla conclusione favorevole del procedimento, ovverosia sull'archiviazione del procedimento" (cfr. pag. 8).

2 ) Violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell'art. 14, commi 2, 9 e 11 del D.Lgs. n. 81 del 2008; eccesso di potere per insussistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, inadeguatezza dell'istruttoria; illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 2, D.Lgs. n. 81 del 2008 per violazione del principio di ragionevolezza, degli artt. 3 e 41 della Costituzione.

La ricorrente ha ribadito che i presupposti per la revoca del provvedimento interdittivo si sarebbero configurati a partire dal 6.4.2023, cioè quando ha presentato un'apposita istanza motivata sull'aver rimosso le conseguenze pericolose delle violazioni contestate del provvedimento di sospensione e di aver effettuato il pagamento di € 600,00 (pari al 20% della somma aggiuntiva dovuta, di € 3.000,00).

In altri termini, ha sostenuto che "l'interruzione del servizio di pulizia dei pannelli fotovoltaici sine die (rectius, fino a quando la committente non avesse provveduto ad installare i parapetti e la linea vita), costituiva sin da subito condotta idonea a ripristinare la regolare condizione di lavoro dei dipendenti di L.V." (cfr. pag. 10).

Ha, quindi, evidenziato che "l'efficacia del divieto a contrattare con la P.A. e con le stazioni appaltanti debba essere circoscritta al periodo intercorrente tra la data della notifica della sospensione e, non già la data di formale adozione del provvedimento di revoca della sospensione, bensì la data in cui siano risultati sostanzialmente integrati i presupposti della sua revoca (nel caso di specie la data di presentazione dell'istanza di revoca)" (cfr. pag. 11).

La questione di legittimità costituzionale è stata prospettata nel senso che laddove si ritenesse che l'art. 14, comma 2 del D.Lgs. n. 81 del 2008 vada interpretato nel senso che, a seguito del provvedimento di sospensione dell'attività il Ministero debba adottare in via automatica un provvedimento di interdizione a contrarre per un periodo intercorrente dalla data di notifica della sospensione fino alla formale adozione del provvedimento di revoca, si finirebbe per gravare il datore di lavoro di una misura interdittiva che spiegherebbe effetto non solo per il tempo necessario a ripristinare le tutele per i lavoratori, ma anche per il periodo necessario all'Amministrazione per la formale adozione del provvedimento di revoca della sospensione: cioè si imputerebbero al datore di lavoro le conseguenze dell'eventuale inerzia amministrativa.

3 ) Violazione dell'art. 97 della Costituzione, della circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 1733 del 3.11.2006; eccesso di potere per difetto d'istruttoria.

La ricorrente, inoltre, ha dedotto che "una volta ricevuto il provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81 del 2008 (…), il MIT avrebbe dovuto attivarsi per reperire tutta la documentazione utile - ivi compresa l'istanza di revoca del provvedimento di sospensione ed i relativi allegati, l'atto di prescrizione del 17 aprile 2023 ed il successivo riscontro del 21 aprile 2023 - garantendo anche la partecipazione del destinatario del provvedimento, ciò che il MIT non ha fatto contrariamente a quanto prescritto dagli indirizzi operativi di cui alla citata circolare n. 1783 del 3 novembre 2006" (cfr. pagg. 16 - 17).

4 ) Violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell'art. 6 TUE e dell'art. 41 della Carta fondamentale dei diritti dell'unione europea, degli artt. 7, 8, 9 e 10 della L. n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, violazione delle garanzie partecipative: in subordine. illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5 del D.Lgs. n. 81 del 2008 in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Con tale motivo la ricorrente ha richiamato l'applicazione della legge sul procedimento amministrativo alle sanzioni interdittive, ma osservando che la disposizione di cui al comma 5 dell'art. 14 D.Lgs. n. 81 del 2008, "nel disporre che ai provvedimenti disciplinati dall'art. 14 D.Lgs. n. 81 del 2008 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241, indirettamente esclude l'applicazione di tutte le altre disposizioni contenute nella L. n. 241 del 1990 ivi comprese quelle che disciplinano le garanzie partecipative del destinatario del provvedimento lesivo, segnatamente gli artt. 7, 8, 9 e 10 (cui si aggiunge l'art. 10 bis per i procedimenti avviati su istanza di parte) della stessa legge" (cfr. pag. 18). Ha, quindi, posto in evidenza i profili di violazione del diritto comunitario e della Costituzione, e ciò "nella misura in cui la censurata disposizione assoggetta, senza alcuna ragione, il procedimento de quo ad una disparità di trattamento rispetto alla generalità dei procedimenti amministrativi nell'ambito del quale l'ordinamento giuridico riconosce ai destinatari di provvedimenti lesivi della sfera giuridica un contraddittorio endoprocedimentale" (cfr. pag. 21).

5 ) In via subordinata: illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell'art. 14, commi 2, 9 e 11 del D.Lgs. n. 81 del 2008; eccesso di potere per insussistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza; illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 2 del D.Lgs. n. 81 del 2008 per contrasto con il principio di ragionevolezza e gli artt. 3 e 41 della Costituzione.

Da ultimo, la ricorrente ha nuovamente profilato, sebbene in via subordinata, l'illegittimità costituzionale dell'art. 14 rimarcando che "il provvedimento di interdizione a contrarre con la pubblica Amministrazione e con le stazioni appaltanti (adottato dal MIT) (…), a ben vedere, non investe soltanto la parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni, bensì tutta l'attività di impresa, ed è finalizzato ad evitare che risorse pubbliche vadano ad implementare dei fenomeni distorsivi del mercato e, conseguentemente, favorire le imprese che, pur di abbattere i costi di produzione, sono disposte a sacrificare il rispetto delle regole previdenziali e antinfortunistiche": ed ha concluso che "l'interpretazione secondo cui la sua efficacia va circoscritta dalla data di notifica del provvedimento di sospensione alla data in cui siano risultati sostanzialmente integrati i presupposti della sua revoca, appare coerente non solo con il principio di ragionevolezza, che impone un bilanciamento tra diritti fondamentali tutelati dalle norme, ma anche con il principio di proporzionalità e adeguatezza" (cfr. pag. 24).

Si è costituito in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (8.9.2023), che nella memoria del 9.10.2023 ha opposto che "anche in presenza di un provvedimento di revoca della sospensione, come nel caso di specie, il provvedimento interdittivo venga comunque emesso e comunicato all'ANAC, nonché all'operatore economico, e lo stesso provvedimento interdittivo avrà efficacia per il solo periodo di sospensione comminato dall'autorità ispettiva" (cfr. pag. 3).

Con motivi aggiunti depositati il 23.10.2023 la ricorrente ha compendiato l'impugnazione chiedendo l'annullamento del provvedimento prot. (...) del 24.7.2023 con cui il Dipartimento di Prevenzione U.O.C. SPISAL Servizio Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell'ULSS 2 del Veneto ha disposto la revoca del provvedimento di sospensione n. 5/2023.

La ricorrente ha dedotto i seguenti, ulteriori, motivi:

1 motivo aggiunto) Illegittimità autonoma della nota prot. (...) ed illegittimità derivata del provvedimento prot. (...) per violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990 e dell'art. 14, commi 9 e 11 del D.Lgs. n. 81 del 2008; eccesso di potere per difetto di motivazione ed ingiustizia manifesta.

La ricorrente ha ribadito che la reiezione della domanda presentata nella nota del 20.7.2023, "diretta al conseguimento di un periodo di sospensione ben inferiore (sino al 6 aprile 2023, anziché, appunto, sino al 24 luglio 2023) è decisamente ingiusta ed illegittima (…) e rappresenta un vizio in parte qua del qui gravato provvedimento dello SPISAL del 24 luglio 2023", in quanto si sarebbe immotivatamente protratta l'inerzia dell'ULSS 2, la quale, soltanto a seguito di "una diffida inoltrata successivamente da L.V., (…) in data 24 luglio 2023, cioè oltre tre mesi e mezzo dopo, ha rimosso gli effetti della sospensione disposta il 5 aprile 2023" (cfr. pagg. 8 - 9).

2 motivo aggiunto) Illegittimità autonoma della nota prot. (...) ed illegittimità derivata del provvedimento prot. (...) per violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell'art. 14, commi 2, 9 e 11 del D.Lgs. n. 81 del 2008, della Circolare del ministero delle infrastrutture n. 1733 del 3.11.2006; eccesso di potere per insussistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto d'istruttoria e di motivazione.

La ricorrente ha soggiunto che "il provvedimento di revoca della sospensione, oltre ad essere illegittimo sotto il profilo evidenziato al precedente motivo di ricorso, è illegittimo anche sotto un ulteriore profilo, nella misura in cui, a fronte del ritardo ingiustificato e immotivato dello SPISAL nel comunicare il provvedimento di sospensione al MIT, e dunque in un contesto in cui lo SPISAL è risultato inadempiente rispetto a precisi obblighi di puntualità e celerità procedimentale, risulta ancor meno tollerabile, ed anzi è proprio ingiustificabile, che lo stesso SPISAL abbia poi disposto, solo in data 24 luglio 2023, la revoca del proprio provvedimento di sospensione con effetti ex nunc, così disattendendo la richiesta di retroazione degli effetti della sospensione al 6 aprile 2023, data in cui, come detto al superiore motivo, risultavano già integrati tutti i presupposti per disporre la revoca della sospensione dell'attività" (cfr. pag. 11).

3 motivo aggiunto) Sotto altro profilo, illegittimità autonoma della nota prot. (...) ed illegittimità derivata del provvedimento prot. (...) per violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell'art. 14, commi 2, 9 e 11 del D.Lgs. n. 81 del 2008, della Circolare del ministero delle infrastrutture n. 1733 del 3.11.2006; eccesso di potere per insussistenza dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto d'istruttoria e di motivazione.

La ricorrente ha, infine, stigmatizzato la circostanza che "laddove un'istruttoria fosse stata adeguatamente e correttamente espletata dal MIT, il MIT stesso avrebbe avuto contezza delle violazioni perpetrate dallo SPISAL (di cui si è detto ai superiori motivi), ciò che avrebbe dovuto indurre il MIT a disporre l'archiviazione del procedimento (per l'immotivato e ingiustificato grave ritardo nella comunicazione del provvedimento di sospensione, in violazione del principio di celerità sotteso al procedimento de quo) o, quantomeno, a rideterminare il periodo di efficacia dell'interdizione limitandola fino al 6 aprile 2023, data in cui risultavano integrati i presupposti della revoca della sospensione, revoca che, tuttavia, è stata tardivamente disposta solo a causa della negligenza e della inerzia dello SPISAL" (cfr. pag. 14).

Si è costituita in giudizio l'Azienda U.M.T. (22.1.2024).

In vista dell'udienza di discussione del ricorso nel merito, fissata per il 27 marzo 2024, le parti hanno depositato le rispettive memorie e repliche.

In particolare:

- la resistente Azienda U. ha preliminarmente eccepito, nella memoria depositata il 21.2.2024, l'inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del provvedimento di sospensione del 5.4.2023, costituente atto direttamente lesivo, ma la ricorrente "nulla ha fatto per opporsi, facendo valere solo oggi, nei confronti della revoca, le censure che avrebbe potuto e dovuto dirigere nei confronti della Sospensione per ottenerne l'annullamento o, comunque, un'anticipata revoca" (cfr. pag. 14); e quindi sarebbe "decaduta dalla possibilità di rimetterne in discussione presupposti, contenuti ed effetti mediante l'impugnazione del provvedimento di Revoca, poiché, rispetto a quest'ultimo, la Sospensione si configura come atto presupposto, ormai inoppugnabile" (cfr. pag. 15); ha, inoltre, eccepito l'inammissibilità anche dei motivi aggiunti, e ciò in virtù del fatto che al momento della proposizione di tale ricorso la "sospensione, in virtù della revoca, aveva già ampiamente esaurito i propri effetti, non sussistendo, quindi, più per L.V. alcuna limitazione alla ripresa dei lavori oggetto dell'appalto con D.G." (cfr. pag. 16); ha, infine, eccepito l'incompetenza del TAR Lazio a giudicare sulla legittimità del provvedimento di revoca, "trattandosi di provvedimento autonomamente impugnabile, emesso da soggetto (U.M.T.) che ha sede nella circoscrizione territoriale del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto e i cui effetti diretti sono limitati all'ambito territoriale della regione, il Veneto appunto, in cui detto tribunale ha sede" (cfr. pag. 20); nel merito si è opposta ai motivi di ricorso;

- nella memoria del 23.2.2024 la ricorrente ha riepilogato le deduzioni oggetto dei proposti motivi.

Nessuna sostanziale novità è stata prospettata nelle memorie di replica, depositate dall'Azienda resistente e dalla ricorrente rispettivamente in data 5.3.2024 e 6.3.2024, fatta eccezione per le controdeduzioni di quest'ultima alle eccezioni preliminari opposte dalla prima.

All'udienza pubblica del 27 marzo 2024 la causa è stata trattenuta per la decisione.

In prima battuta, è infondata l'eccezione preliminare opposta dall'U. 2 in ordine all'inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del provvedimento di sospensione adottato dall'Azienda resistente in data 5.4.2023: un provvedimento che la ricorrente, volutamente, non ha contestato, avendovi, al contrario, prontamente ottemperato il giorno seguente (6.4.2023) mediante la rimozione dei pericoli potenzialmente derivanti dall'esecuzione presso il cantiere - sede della committente D.G. - dei lavori di realizzazione delle coperture e, in aggiunta, mediante l'effettuato pagamento di €. 600,00 (pari al 20% della somma aggiuntiva dovuta, di € 3.000,00) e completando il pagamento della contravvenzione (per la residua somma di €. 2.520,00) in data 30.5.2023: circostanze incontestate tra le parti ai sensi dell'art. 64, comma 2 c.p.a.

È, di contro, fondata l'eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti, tempestivamente proposti (notifica del 23.10.2023), per difetto d'interesse, avverso il provvedimento con cui è stata disposta in data 24.7.2023 la revoca del provvedimento di sospensione n. 5/2023: nel preambolo si è dato espressamente atto del deposito, da parte della ricorrente, della "documentazione relativa alla rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni riscontrate in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; provvedimento di ottemperanza alla prescrizione impartita"; e si è accertato "A) il ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi dì violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; B) la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui al provvedimento di sospensione".

In altri termini, l'U. 2 ha preso atto delle misure attuative poste in essere sin dal 6.4.2023.

La revoca del provvedimento è un atto favorevole alle ragioni della ricorrente; né possono essere istituiti collegamenti di carattere istruttorio o dispositivo tra tale provvedimento ed il provvedimento interdittivo del 4.7.2023, adottato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, impugnato con il ricorso principale: atto che in cui si manifesta l'esercizio di un potere ministeriale e, pertanto, soggetto ad eventuale impugnazione innanzi al TAR Lazio - Roma: il che, dunque, depone per il rigetto dell'eccezione di incompetenza.

Del resto, sul piano della concreta lesività del provvedimento impugnato, in ordine alla quale la ricorrente si è riservata l'avvio di un'azione risarcitoria ("con separato atto, in separato giudizio", cfr. pag. 27 del ricorso), è agevole considerare che in data 24.7.2023 lo SPISAL ha disposto la revoca del provvedimento di sospensione n. 5/2023; e che, due giorni dopo (26.7.2023), la ricorrente ha trasmesso al Ministero resistente una domanda di annullamento in autotutela (a questo punto, di un provvedimento già revocato).

Passando al merito, il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto, non risultando persuasivi tutti i motivi proposti, connotati da affinità tematica e, per questo, esaminabili in modo congiunto.

Il Collegio non ha motivo di discostarsi dall'orientamento ripetutamente espresso in argomento da questo Tribunale (Sez. I, 30 giugno 2021, n. 7711 e 19 settembre 2019, n. 11096) e ribadito, da ultimo, anche da questa Sezione (cfr. sentenze 7 aprile 2023, n. 6089; 2 novembre 2022, n. 14326; 20 aprile 2023, n. 6846).

Se trova, indubbiamente, applicazione al procedimento per cui è controversia la circolare n. 1733 del 3.11.2006, con la quale il Ministero ha diramato gli indirizzi operativi in merito all'applicazione dell'art. 14 del D.Lgs. n. 81 del 2008, va ribadito come tale circolare preveda che, quanto alle modalità di svolgimento del procedimento, l'Amministrazione si deve attivare entro 45 giorni dalla data di ricezione del provvedimento di sospensione, con successivo provvedimento finale da emanarsi "tempestivamente", una volta acquisita tutta la documentazione.

In particolare, è ivi indicato specificamente che "il procedimento avviato da parte della struttura decentrata deve essere normalmente concluso entro 45 giorni dalla data di ricezione del provvedimento di sospensione; la Direzione generale per la regolazione emana tempestivamente il provvedimento finale una volta acquisita la documentazione - ivi compresa la relazione illustrativa sintetica di cui sopra - trasmessa dal competente Provveditorato regionale e interregionale alle opere pubbliche".

Se è ben vero che il richiamato termine di 45 giorni (che non riveste carattere perentorio, atteso che nella Circolare è usata l'espressione "normalmente": con ciò, ipotizzandosene la derogabilità) è riferito esclusivamente al tempo di elaborazione della relazione sintetica da parte del Provveditorato competente, tuttavia la stessa fonte specifica che il provvedimento finale deve essere emanato, appunto, "tempestivamente".

Ciò sta a significare che, trascorso un lasso di tempo ragionevole dalla ricezione della documentazione, è certamente applicabile il principio generale di speditezza dell'azione amministrativa, espresso quale riflesso del buon andamento dall'art. 97 della Costituzione, e comunque richiamato nella Circolare.

Ne consegue che ogni provvedimento che non lo rispetti deve essere congruamente motivato sulle ragioni del ritardo, anche in osservanza dell'ulteriore principio generale di "affidamento" che deve legare i rapporti tra privato e pubblica amministrazione.

Tale tempestività deve essere ragionevolmente valutata, nel senso che possa essere derogata solo in presenza di giustificazioni oggettive per la sua mancata osservanza (cfr. TAR Lazio, 2 maggio 17, n. 5054).

Tale conclusione - come dalla Sezione recentemente rilevato (cfr. sentenze n. 14326/2022 e n. 6846/2023) - "appare logica anche in relazione alla considerazione per la quale deve sussistere per i soggetti interessati una sostanziale certezza della situazione giuridica conseguente alla riscontrata violazione, perché il trascorrere di un lasso di tempo ingiustificato e consistente potrebbe incidere negativamente anche sulla programmazione della stessa attività d'impresa".

Nella specie, il provvedimento interdittivo è stato adottato in data 4.7.2023, cioè:

a) 33 giorni dopo la trasmissione, in data 1.6.2023, della documentazione dall'USLL 2 alla competente Direzione MIT;

b) 90 giorni dopo la sospensione disposta in data 5.4.2023.

La ricorrente ha sostanzialmente lamentato che la tempestività dell'adozione dell'impugnato provvedimento sarebbe dipesa da una ingiustificabile inerzia dell'U. nella trasmissione della documentazione alla Direzione MIT, pervenuta in data 1.6.2023 dopo l'ottemperanza della ricorrente alle misure previste dal provvedimento (ottemperato) di sospensione, avvenuta in data 6.4.2023: erano, dunque, trascorsi 56 giorni.

Ma tale lasso di tempo, ad avviso del Collegio, non può essere ritenuto irragionevole per approfondire gli aspetti tecnici sottesi alle misure protettive impartite nel provvedimento di sospensione dei lavori, tenuto conto, non secondariamente:

1) della prescrizione comunicata alla ricorrente in data 17.4.2023 ("prima di proseguire con i lavori in quota su copertura a volta di tipo industriale, il datore di lavoro dovrà individuare il sistema di accesso e di lavoro più idoneo affinché i lavoratori non siano esposti al rischio di scivolamento tra le volte della copertura durante il lavaggio dell'impianto nonché al rischio di caduta dall'alto dal perimetro dell'opificio. Si ricorda che, come indicato alla sezione specifica per lo sbarco in quota del manuale d'uso e manutenzione della PLE montata su autocarro mod. DT25 del costruttore C. Srl, lo sbarco su piattaforma di lavoro è autorizzato solo se l'area risulta adeguatamente protetta (es. dotata di parapetto)";

2) della prescrizione comunicata alla committente e proprietaria dell'immobile, D.G., in data 2.5.2023 ("in considerazione delle lavorazioni e manutenzioni da eseguirsi, il datore di lavoro della ditta D.G. s.r.l. dovrà provvedere alla messa in sicurezza della copertura così come era stato precedentemente previsto dall'elaborato redatto dal geom. B.Z. riguardante le "procedure e le modalità per il transito in copertura" allegato al Progetto attuativo depositato all'Ufficio Tecnico del Comune di Motta di Livenza nel luglio 2012. In aggiunta, per consentire l'esecuzione delle lavorazioni e/o manutenzioni da eseguirsi In copertura dovranno essere prese misure appropriate, al fine di proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo (punto 1.4.7 dell'allegato IV)").

Ne deriva che nessuna delle Amministrazioni resistenti è venuta meno, né in sede procedimentale (l'ULSS 2), né in sede dispositiva (MIT), al rispetto del principio di speditezza che rappresenta il filo rosso delle previsioni contenute nella Circolare Ministeriale del 3.11.2006.

In conclusione, il ricorso principale va respinto ed i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili per difetto d'interesse, nei sensi espressi in motivazione.

Si ravvisano i presupposti per disporre la compensazione delle spese processuali.

 

P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, così provvede, nei sensi espressi in motivazione:

- respinge il ricorso principale;

- dichiara inammissibili i motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Politi, Presidente

Angelo Fanizza, Consigliere, Estensore

Giuseppe Bianchi, Referendario