Cassazione Penale, Sez. 4, 08 aprile 2024, n. 14061 - Lavoratore precipita da una tettoia. Responsabilità del datore di lavoro e del coordinatore della sicurezza



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente

Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. DAWAN Daniela - Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sui ricorsi proposti da:

A.A. nato a S il (Omissis)

B.B. nato a N il (Omissis)

avverso la sentenza del 01/02/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA DAWAN;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUIGI ORSI

che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.



Fatto


1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Nola, ha ridotto la pena inflitta a A.A. e, conseguentemente, revocato la disposta pena accessoria e concesso la sospensione condizionale della pena, confermando nel resto. Ha confermato la decisione del primo grado con riguardo a B.B. Gli imputati sono stati altresì condannati al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, nonché al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva, oltre che alle spese processuali.

2. L'affermazione di responsabilità riguarda il reato di omicidio colposo in danno di C.C., avvenuto per le ragioni e le modalità precisate nel capo di imputazione. In particolare, il A.A. è stato chiamato a rispondere dell'anzidetto reato per avere - nella propria qualità di titolare dell'impresa individuale "Metal Planet" e di datore di lavoro di C.C., nonché committente dei lavori edili, tesi all'ampliamento del fabbricato di sua proprietà e di cui era stata incaricata la ditta "D.D. Costruzioni Srl" - affidato al lavoratore compiti estranei al normale ed ordinario processo lavorativo, senza tenere conto delle sue capacità e delle sue condizioni; per non avergli fornito i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, né le adeguate istruzioni. L'addebito al B.B., nella qualità di direttore dei lavori e responsabile della sicurezza della ditta edile "D.D. costruzioni Srl", è di non aver previsto nel piano di sicurezza l'elenco degli apprestamenti utili, di non avere verificato l'applicazione delle disposizioni di prevenzione degli infortuni e di avere consentito allo C.C. di portarsi pericolosamente sulla tettoia dalla quale è poi caduto.

3. Questa la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito: nel maggio 2014, A.A. aveva affidato alla ditta "D.D. costruzioni Srl" lavori di ampliamento della propria abitazione, nominando l'architetto B.B. direttore dei lavori e responsabile della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione. Nell'area privata e recintata in cui insisteva il fabbricato, oggetto dell'intervento di ampliamento, vi erano anche le sedi operative di due ditte, legate tra loro da un contratto di collaborazione d'opera, la "Metal PUinet" dell'odierno ricorrente e la "Art Metal" di E.E., moglie del A.A., che si occupavano, rispettivamente, la prima del montaggio di porte e cartelloni pubblicitari, la seconda della produzione di porte e infissi. C.C., già dipendente della "Art Metal, dal maggio 2014 era stato assunto, con contratto a tempo indeterminato, presso la "Metal Planet" con qualifica di operaio comune.

Secondo il primo Giudice, l'apporto conoscitivo proveniente dagli operai presenti in cantiere ha permesso di accertare, in modo inequivoco, che il 17/ 07/2014 erano in corso i lavori di ristrutturazione e, in particolare, era programmata anche la posa in opera del marmo sulla soglia della finestra di un locale del piano ammezzato del fabbricato che dava su una tettoia costituita da lamiere di ferro. I marmisti F.F. e G.G., che operavano per conto della ditta "Ima Marmi", avevano rappresentato al A.A. che una canalina elettrica, collocata esternamente sul muro tra la finestra e la tettoia, ostruiva la posa in opera del marmo. Il A.A. riferiva agli operai che ad ora di pranzo avrebbe incaricato un operaio di sistemarla; e così il lavoratore C.C., a tal fine, si recava per due volte sulla tettoia, scavalcando il davanzale. Nella circostanza, l'uomo, privo di casco e di altri dispositivi di sicurezza, precipitava al suolo unitamente ad uno dei pannelli di lamiera della tettoia.

4. Avverso la sentenza di appello ricorrono gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori.

5. Il ricorso nell'interesse del A.A. consta di due motivi:

5.1. Con il primo, la difesa deduce violazione di legge per mancata assunzione di una prova a seguito di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale. Lamenta che l'impugnata decisione sia contraddittoria e illogica, giacché avrebbe tenuto unicamente conto delle contraddittorie dichiarazioni degli operai della ditta D.D., portatori, in quanto tali, di uno specifico interesse volto a distogliere l'attenzione dal fatto che il ponteggio non aveva rispettato tutti i requisiti di legge per la sicurezza. La sentenza impugnata lascerebbe spazio a congetture e ricostruzioni verosimili, come la prospettazione difensiva secondo cui lo C.C. si è portato sulla lamiera non in esecuzione di un ordine specifico del A.A., ma per agevolare la fase cantieristica dello smaltimento delle macerie, così come anche emerso dalla telefonata intercorsa tra l'imputato e H.H. Fase cantieristica che implica responsabilità non riconducibili agli obblighi di diligenza del A.A. La difesa ribadisce, pertanto, la necessità della rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ex art. 603 cod. proc. pen., volta all'escussione del H.H. Né la Corte territoriale ha tenuto in alcuna considerazione la testimonianza dell'ispettore I.I.,il quale, a riscontro del contenuto della telefonata di cui sopra, riferiva che aveva verificato la idoneità della fase cantieristica allo smaltimento, chiarendo che l'unico punto dove collocare lo scivolo delle macerie era quello ove si ritiene che si sia verificato l'evento. Alla medesima stregua in cui ha sorvolato sulla circostanza riferita dall'ispettore I.I., secondo cui se anche lo C.C. fosse salito sul capannone per lo spostamento della canalina, sarebbe stato comunque compito del coordinatore per la sicurezza garantire le idonee misure da interferenze. Il ricorrente sostiene poi che la scelta della qualità del marmo da parte dell'imputato non equivale assolutamente ad autonoma ingerenza, come reputato nei giudizi di merito;

5.2. Con il secondo motivo di doglianza, il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio. La doglianza investe il diniego delle circostanze attenuanti generiche e, più in generale, la dosimetria della pena. Il ricorrente evidenzia che il Giudice di merito ha mancato di tratteggiare adeguatamente la figura dell'imputato "soggetto non inserito in contesti di criminalità organizzata".

6. Il ricorso nell'interesse del B.B. si fonda su due motivi di censura:

6.1. Con il primo, si deducono manifesta illogicità della motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva, lamentandosi la difettosa individuazione della regola cautelare violata. Il Giudice di merito, infatti, ha disatteso le due allegazioni difensive in ordine alla fonte dell'obbligo gravante sull'imputato e alla delimitazione del suo incarico alle sole opere strutturali. La Corte territoriale ha ritenuto che le allegazioni proposte dall'odierno ricorrente siano smentite dalla documentazione in atti. La difesa, tuttavia, insiste nell'assumere che i compiti dell'imputato riguardavano esclusivamente le cosiddette "tompagnature e tramezzature", osservando come l'evento sia collegato ad una lavorazione del tutto estranea alla posizione di garanzia del B.B., risultando sconosciuta al processo produttivo. Discostandosi, come hanno fatto i giudici di merito, dal contratto di appalto si incorre in forme di responsabilità oggettiva;

6.2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce illogicità della motivazione e abnormità dell'evento, assumendo che l'evento mortale sia esclusivamente attribuibile alla condotta del A.A. e della vittima, ciò che il Giudice di merito avrebbe erroneamente escluso. A ciò aggiunge la considerazione secondo la quale non sarebbe dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che la predisposizione di elementi di protezione o di ancoraggio avrebbe salvato la vita allo C.C.

7. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale chiede che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.

8. In data 02/12/2013, è pervenuta memoria dell'avv. Alfonso Avella, difensore di A.A.; in pari data sono pervenute conclusioni e nota spese del difensore delle parti civili, avv. Paola Caruso; in data 13/12/2023, è pervenuta memoria di replica dell'avv. Alfonso Avella.

 

Diritto


1. I ricorsi sono infondati e devono pertanto essere rigettati.

2. Così come già il primo Giudice, la Corte territoriale ha reputato che le chiare, logiche e reciprocamente collimanti dichiarazioni degli unici testimoni oculari, F.F., De., J.J., K.K. "non sono in alcun modo contraddette dalle argomentazioni difensive che si risolvono nella prospettazione di una ricostruzione alternativa dei fatti storici", del tutto indimostrata; ha rilevato, con motivazione congrua e perciò incensurabile in questa sede, come le loro testimonianze superino, sicuramente, il vaglio di attendibilità soggettiva, sia estrinseca che intrinseca, anche in ragione del fatto che essi non avevano esitato a raccontare di avere partecipato all'alterazione dello stato dei luoghi su indicazione del A.A. Ha ricordato che i marmisti F.F. e De. sono stati chiari nel sostenere che il A.A., preso atto dell'ostacolo rappresentato dalla canalina elettrica collocata sul muro tra la finestra e la tettoia, li rassicurò dicendo che avrebbe mandato un suo operaio per spostarla; che, nel primo pomeriggio, effettivamente videro lo C.C., munito di trapano, accedere alla tettoia del capannone e che, sentito un forte rumore, si avvidero che l'uomo era precipitato al suolo, unitamente ad un pannello della tettoia. La Corte territoriale disattende, con motivazione congrua e logica, la ricostruzione alternativa riproposta dall'imputato anche in questa sede - secondo cui in cantiere sarebbe stato in programma l'abbattimento della parete i cui detriti sarebbero stati oggetto di smaltimento -, sostenendo come essa non solo sia sfornita di prova ma risulti smentita da plurime fonti di prova e da dati di fatto incontrovertibili, che sinteticamente si richiamano: il giorno dell'infortunio, nessuno dei responsabili della "D.D. Costruzioni" era presente in cantiere per dare tale tipo di disposizione, gli operai di questa ditta erano impegnati in attività differenti dall'abbattimento del muro che, di certo, stando al racconto di tutti i lavoratori presenti, non era programmato in quel momento, né nell'immediato futuro, altresì considerato che era ormai pomeriggio e le attività volgevano al termine.

Quanto al rigetto della rinnovazione istruttoria, volta all'escussione del H.H., giova rammentare che, nel giudizio di appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale di cui all'art. 603, comma 1, ccid. proc. pen., è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza rinnovazione istruttoria. Tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (Sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018, G., Rv. 274230; Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, dep. 2004, P.G. in proc. Ligresti ed altri, Rv. 229666). Nel caso di specie, la Corte di merito ha ritenuto di disporre di tutti gli elementi per poter decidere, correttamente illustrando le ragioni che rendono non necessaria ai fini del decidere l'invocata rinnovazione istruttoria. Al riguardo, invero, dopo aver premesso che la conversazione registrata - di cui peraltro "si ignorano l'epoca di captazione e le circostanze in cui è avvenuto il dialogo, con evidenti ripercussioni in punto di spontaneità delle affermazioni degli interlocutori" - aveva un contenuto generico e tale da non corroborare la tesi difensiva, ha ricordato che la stessa era eterodiretta dal A.A., posto che l'interlocutore di questi "lungi dal descrivere in modo chiaro e spontaneo eventi vissuti in prima persona e concernenti la dinamica dell'infortunio... si limita ad assecondare le considerazioni del A.A., il quale... ipotizza quello che avrebbe dovuto "confessare" L.L., così non dando alcuna dimostrazione di quale fosse la sua conoscenza dei fatti, non potendosi escludere che potesse essere anche lo stesso A.A....". La doglianza è, dunque, priva di pregio. Del tutto infondato, oltre che inconferente, è poi l'assunto difensivo che esclude qualsiasi ingerenza dell'imputato rispetto alla posa in opera del marmo. Si tratta di tema che, indipendentemente dal fatto di non essere stato dedotto con l'atto di appello, non viene in rilievo nel caso di specie, perché superato dall'essere l'imputato, oltre che committente, datore di lavoro del lavoratore deceduto e, dunque, titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori, conseguendone che sullo stesso gravava l'obbligo di predisporre le misure di protezione previste dalle norme richiamate nel capo di imputazione.

Quanto, infine, al trattamento sanzionatorio, oggetto del secondo motivo di ricorso del A.A., occorre ricordare che le determinazioni del giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. Nel caso in esame, la motivazione della sentenza impugnata è senz'altro da ritenersi adeguata. La Corte territoriale, peraltro, ha tenuto conto della occasionalità della condotta, dell'incensuratezza dell'imputato e della sua dedizione ad una stabile attività lavorativa laddove ha disposto la riduzione della pena allo stesso inflitta (con conseguente revoca della pena accessoria) e concesso la sospensione condizionale della pena. Ha, tuttavia, reputato il A.A. non meritevole delle circostanze attenuanti generiche in ragione del fatto che, sin dall'immediatezza dei fatti, egli ha mirato ad allontanare da sé ogni responsabilità, cercando di sviare le indagini mediante l'alterazione dello stato dei luoghi e la creazione di una versione dell'accaduto non corrispondente alla realtà; non ha posto in essere alcuna riconsiderazione critica del proprio operato, né, "successivamente, ha manifestato resipiscenza pur a fronte dell'assoluta e grave superficialità della sua condotta a cui ha fatto seguito il tragico evento". Si tratta, all'evidenza, di motivazione del tutto congrua e, pertanto, incensurabile.

3. Parimenti infondato è il ricorso del B.B. Questi rivestiva i ruoli di progettista, direttore dei lavori, responsabile dei lavori, coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed in fase di esecuzione. Nello specifico, viene qui in rilievo la sua duplice veste di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di coordinatore in fase di esecuzione. Appare opportuno, in primo luogo, richiamare la ricognizione normativa e l'evoluzione giurisprudenziale tratteggiata da questa Corte su tali due figure. Compito precipuo del coordinatore per la progettazione è, ai sensi dell'art. 91 D.Lgs. 81/2008, quello di redigere "il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 100, comma 1 del medesimo decreto legislativo, i cui contenuti sono dettagliatamente specificati nell'Allegato XV". Il PSC deve contenere: a) l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi e le procedure necessarie, gli apprestamenti e le attrezzature atti a garantire, per tutta la durata dei lavori, il rispetto delle norme per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute dei lavoratori, nonché la stima dei relativi costi; b) le misure di prevenzione dei rischi risultanti dalla presenza simultanea o successiva di plurime imprese ovvero, laddove previsto, di lavoratori autonomi; c) la previsione, quando ciò risulti necessario, delle modalità di utilizzazione degli impianti comuni, quali infrastrutture, mezzi logistici e di protezione collettiva. Al coordinatore per l'esecuzione invece, la cui posizione di garanzia si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, spettano, ai sensi dell'art. 92 D.Lgs. 81/2008 compiti di 'alta vigilanza', consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute e nella verifica dell'adeguamento delle imprese esecutrici ai rispettivi POS. (Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017 - dep. 05/10/2017, Prina, Rv. 271026; Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016 - dep. 23/01/2017, Bellotti e altro, Rv. 269046; Sez. 4, n. 44977 del 12/06/2013 - dep. 07/11/2013, Lorenzi e altri, Rv. 257167). L'alta vigilanza, in altre parole, riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non va confusa con quella operativa propria del datore di lavoro e delle figure che da esso ricevono poteri e doveri, quali il dirigente ed il preposto (Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010 - dep. 13/05/2010, Cellie e altro, Rv. 247536). Tanto è vero che il coordinatore per l'esecuzione articola le sue funzioni in modo formalizzato e solo laddove possa verificarsi un'interferenza fra le lavorazioni, cioè un contatto rischioso fra lavoratori appartenenti ad imprese diverse che operino nello stesso luogo di lavoro.

3.1. Tanto premesso, il primo motivo è privo di pregio. La Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi testé richiamati. Alle deduzioni difensive circa l'asserita delimitazione dell'incarico del B.B. alle sole opere strutturali la sentenza impugnata ha replicato, precisando che i lavori di ampliamento del fabbricato, affidati alla ditta "D.D. Costruzioni", autorizzati dal Comune di Nola (con permesso di costruire n. 297 del 03/12/2013), erano in corso in occasione del sinistro e che nessuna comunicazione di conclusione degli stessi era stata effettuata presso l'ente competente; e che l'assunto difensivo era del tutto contraddetto dalla documentazione in atti, tra cui il piano di sicurezza e coordinamento, redatto dall'imputato, dal quale non era dato evincere che gli incarichi assunti dal B.B. fossero circoscritti solo ad alcune fasi lavorative, riguardando il detto elaborato i lavori di "intervento straordinario di ampliamento" per i quali era stato rilasciato permesso di costruire. La Corte territoriale rileva come sia mancata una concreta e puntuale azione di controllo nella sua citata qualità di coordinatore per la progettazione ed esecuzione: azione, questa, che costituisce il contenuto tipico e specifico degli obblighi sullo stesso gravanti, in ragione della specifica situazione della compresenza di più soggetti operanti nel medesimo cantiere, rendendosi necessario il coordinamento disciplinato dall'art. 92 D.Lgs. 9 aprile 2008. Condotta doverosa che i Giudici di merito hanno ritenuto mancata nel caso di specie. La sentenza impugnata ha osservato al riguardo che l'imputato, "pur avendo redatto il piano di sicurezza ed essendo consapevole della concreta organizzazione del lavoro, nonché della compresenza nel cantiere di lavoratori di più ditte, quella esecutrice dei lavori, le imprese del A.A. e della moglie, ha omesso di porre in essere quella specifica attività di coordinamento e controllo che avrebbe garantito l'adozione di idonee misure di protezione", essendosi, per negligenza, completamente disinteressato delle sorti del cantiere e dell'evoluzione dei lavori, così non apprestando le concrete misure di sicurezza richieste dalla natura complessa ed articolata del manufatto da ristrutturare e trascurando di considerare le interferenze tra lavoratori che operavano in cantiere. A fronte del palese lavoro svolto in contemporanea dai vari lavoratori (quelli autonomi, quelli della "D.D. Costruzioni", i dipendenti della "Metal Planet" e della "Art Metal"), di cui doveva avere consapevolezza, l'imputato ha predisposto un piano di sicurezza e coordinamento recante indicazioni standardizzate e generiche, non attinenti al tipo di organizzazione che il lavoro aveva progressivamente assunto e, soprattutto, che non costituivano una verifica del rispetto delle misure generali di tutela e di sicurezza nel cantiere in ragione delle evidenziate interferenze. Il B.B., si legge nella sentenza impugnata, non aveva predisposto alcuna misura di sicurezza rispetto alla fase lavorativa relativa alla posa in opera del marmo e alle relative complicanze, le quali avrebbero imposto apprestamenti utili per scongiurare i rischi connessi, tra questi il pericolo di caduta dall'alto. Accadeva così che il giorno dell'infortunio il cantiere, proprio in prossimità della zona interessata dalla posa in opera del marmo, si trovasse in condizioni di totale insicurezza, perché accessibile anche a terzi estranei e, comunque, privo di parapetti, ponteggi e presidi collettivi di sicurezza. Era compito del B.B., afferma congruamente la Corte territoriale, prevedere e prevenire i pericoli connessi al compimento di tale specifica attività, rientrante tra le opere di ristrutturazione dell'immobile, la quale poteva comportare un lavoro in quota, con esposizione del lavoratore a rischio di caduta dall'alto.

In ragione di quanto testé osservato sulle ragioni che fondano il giudizio di colpevolezza del B.B., la Corte di merito ha congruamente escluso che l'evento morte del giovane lavoratore sia esclusivamente addebitabile al coimputato A.A. Alla stessa maniera, ha ritenuto che, considerati lo stato dei luoghi ed il lavoro in concreto commissionato dal A.A., l'essersi la vittima portata sulla tettoia da cui precipitava non costituisca affatto un comportamento abnorme o imprevedibile, considerato che "quella postazione era idonea per la rimozione della canalina commissionatagli". Il comportamento dello C.C. era dunque funzionale all'attività di cui era stato incaricato, ed era più che prevedibile il rischio di caduta dall'alto, tradottosi nell'infausto evento, che sarebbe stato sicuramente evitabile qualora si fossero adottate le doverose cautele dia parte degli odierni imputati. Sul punto, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio affermato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in caso di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale esclusiva può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondursi anche alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzate il rischio di siffatto comportamento (cfr. Sez. 4, n. 38877 del 29/09/2005, P.C. in proc. Fani, Rv. 232421; Sez. 4, n. 36339 del 07/06/2005, Pistoiesi, Rv. 232227). Alla stregua di tale principio, la doglianza difensiva non ha ragion d'essere, non potendosi l'eventuale imprudenza, profilabile nella condotta della vittima, considerarsi imprevedibile e tale da interrompere il rapporto di causalità con l'evento infortunistico, essendo questo nella specie riconducibile alla condotta omissiva, così come più sopra specificata, anche dell'imputato B.B.

L'ulteriore assunto difensivo, per il quale lo C.C. sarebbe andato incontro all'infortunio mortale in ogni caso, rappresenta una mera illazione, tenuto conto della ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito e degli accertamenti da essi richiamati.

4. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti ali pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione, in solido, delle spese di giudizio sostenute dalle parti civili costituite M.M., in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale nei confronti della figlia minore N.N., O.O., P.P., Q.Q., R.R., in proprio e quali eredi di S.S., deceduto, relativamente al presente giudizio di legittimità che vengono liquidate in complessivi euro 7.500,00, per tutti oltre accessori come per legge.

 

P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione, in solido, delle spese di giudizio sostenute dalle parti civili costituite M.M., in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale nei confronti della figlia minore N.N., O.O., P.P., Q.Q., R.R., in proprio e quali eredi di S.S., deceduto, relativamente al presente giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro 7.500,00, per tutti oltre accessori come per legge.

Così deciso il 19 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria l'8 aprile 2024.