Cassazione Penale, Sez. 4, 08 aprile 2024, n. 14068 - Infortunio durante la movimentazione di tubi di grandi dimensioni con l'utilizzo del carrello elevatore. Carenze nel DVR e prassi contra legem


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere

Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Consigliere

Dott. DAWAN Daniela - Relatore

Dott. SESSA Gennaro - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a C il (Omissis)

avverso la sentenza del 24/03/2023 della CORTE APPELLO SEZ. DIST. di TARANTO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA DAWAN;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SABRINA PASSAFIUME che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.

 

Fatto


1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello, Sezione distaccata di Taranto, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Taranto che ha dichiarato A.A. colpevole del reato di cui all'art. 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen., perché, quale amministratore unico della TPS Taranto Srl e datore di lavoro, per colpa generica e per violazione dell'art. 17, comma 1, lett. c), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, cagionava a B.B., lavoratore dipendente della CO.M.E.R.I.N. Srl, lesioni gravi, con prognosi iniziale di 30 giorni, ed inabilità al lavoro per un periodo di 113 giorni. Infortunio dovuto all'utilizzo di un'attrezzatura non idonea alla movimentazione dei tubi di grandi dimensioni (nella specie, si trattava di tubi lunghi 12 metri), perché non garantiva la stabilità degli stessi.

1.2. Il 29/05/2019, intorno alle 8.50, nel corso del caricamento degli anzidetti tubi in ferro sul rimorchio di un autoarticolato Iveco, effettuato mediante l'utilizzo di un carrello elevatore Clark mod. C30, condotto da C.C., il B.B. veniva colpito da uno dei tubi caduto durante il posizionamento, riportando lesioni diagnosticate come, "politrauma da schiacciamento con focolai lacero contusivi polmonari bilaterali, frattura composta e del processo attraverso sx di D9 e D5".

2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell'imputata che articola due motivi:

2.1. Con il primo, lamenta violazione degli artt. 40 e 43 cod. pen., nonché dell'art. 55 D.Lgs. 81/2008, per avere il Giudice del gravame desunto la regola cautelare dalla stessa dinamica dell'evento lesivo verificatosi e, dunque, ex post. Il Giudice non avrebbe enunciato la specifica misura che, alla stregua della scienza, della tecnica e del sapere di quel momento, sarebbe stata doverosa e che, ove adottata, avrebbe evitato l'evento. Sulla insufficienza del muletto a costituire un valido mezzo di trasporto la motivazione non fornisce alcun dato concreto, normativo o scientifico, tale non potendo certo essere considerato il verbale prescrittivo stilato a seguito dell'infortunio, il quale fa riferimento alla inidoneità del muletto per il sollevamento di carichi instabili. La sentenza impugnata nulla dice circa la doverosità cautelativa dell'utilizzo della gru rispetto al muletto, se non che questo dato sarebbe stato attestato dai tecnici della prevenzione intervenuti, conseguendone che la regola cautelare è stata desunta dalla dinamica dell'evento lesivo. La sentenza impugnata è carente rispetto all'accertamento dei rischi che l'imputata avrebbe potuto prevedere nel caso concreto. Dagli atti processuali è, peraltro, emerso che il carico sollevato, in occasione dei fatti di cui si tratta, era pari a soli quattro quintali, e dunque di gran lunga inferiore al massimo consentito. Né si è tenuto conto che la A.A. aveva fornito ai dipendenti i dispositivi di sicurezza individuale, li aveva formati ed informati, aveva previsto e definito in maniera specifica, per mansioni ed attività, le aree di rischio. Durante lo svolgimento dei lavori, il gruista avrebbe dovuto assicurarsi che intorno a lui non vi fosse nessuno e il B. non avrebbe dovuto trovarsi sul pianale del camion durante le operazioni di sollevamento;

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131 - bis cod. pen., ricorrendone i presupposti, tenutosi altresì conto che la A.A. si è resa parte diligente nell'eliminare le conseguenze del reato.

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

 

Diritto


1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato oltre che articolato su censure di merito.

Questa Corte Suprema ha più volte affermato il principio, discendente dalle generali previsioni in materia prevenzionistica (artt. 15 e 28 D.Lgs. 81/08), per il quale il soggetto investito di qualifica datoriale è tenuto a valutare tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali sono chiamati ad operare i dipendenti e ad adottare tutte le cautele per la loro eliminazione mediante appropriate misure; è altresì suo compito vigilare al fine di impedire che si instaurino prassi contra legem, foriere di pericolo per i lavoratori. Si è parimenti stabilito che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro ha l'obbligo di adottare idonee misure di sicurezza anche in relazione a rischi non specificamente contemplati dal documento di valutazione dei rischi, così sopperendo all'omessa previsione anticipata (Sez. 4, n. 4075 del 13/01/2021, Paulicelli Giuseppe, Rv. 280389).

Nel caso di specie, indipendentemente dall'insufficienza del documento di cui all'art. 28 D.Lgs. 81/2008 - che non aveva previsto gli specifici rischi per tali operazioni, ma soltanto quelli connessi all'uso dei mezzi in dotazione dell'azienda - era emerso come lo svolgimento delle operazioni di caricamento dei tubi, secondo le modalità descritte dalle persone coinvolte, abbia avuto luogo mediante l'adozione di un mezzo (carrello elevatore) del tutto inadeguato alla tipologia del carico che si stava effettuando e, conseguentemente, senza l'adozione di alcuna precauzione atta a prevenire lo scivolamento dei tubi. Osserva il Giudice di primo grado che non era certamente necessario fare ricorso alle indicazioni contenute nel DVR con riguardo all'utilizzo del carrello elevatore per comprenderne la palese inadeguatezza. Tale mezzo, infatti, non poteva garantire alcuna stabilità, risultando di tutta evidenza che l'operazione di sollevamento di tubi del diametro di 12 pollici e della lunghezza di 12 metri, poggiati su delle "forche" con apertura massima di metri 1,5, è operazione estremamente pericolosa per i rischi di rotolamento e di sbilanciamento del carico. Il Tribunale ha rilevato come si trattasse di un'operazione svolta con regolarità, al punto che si faceva ricorso alla gru - unico mezzo al quale sarebbe stato possibile ancorare ogni singolo tubo sino alla sua sistemazione sul pianale del camion - solo quando non era disponibile il carrello elevatore.

Quanto alla mancata valutazione del rischio relativo a questa operazione, giova ricordare che il datore di lavoro ha l'obbligo giuridico di analizzare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, di redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. 81/2008, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (così Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261109). E ciò perché in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo deve essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si è concretamente verificato, non potendo essere desunto soltanto dall'omessa previsione del rischio nel documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro (Sez. 4, n. 8622 del 04/12/2009, dep. 2010, Giovannini, Rv. 246498).

Facendo applicazione di tali principi di diritto, la Corte territoriale, richiamate le argomentazioni del Giudice di primo grado, ha osservato che il DVR, come verificato dai tecnici della prevenzione intervenuti sul posto, non conteneva alcuna valutazione di rischi connessi all'operazione di carico e scarico dei tubi di lunghezza di grandi dimensioni (quale quello che, nella specie, durante le operazioni di movimentazione era rotolato e aveva travolto il lavoratore B.B.) e non specificava, di conseguenza, quali dovessero essere gli interventi atti a ridurre od eliminare gli stessi. A fronte della riscontrata carenza del DVR, le censure mosse dalla ricorrente si palesano, pertanto, destituite di fondamento.

2.1. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 -bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma 1, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 7, ord. n. 10481 del 19/01/2022, Deplano Giovanni, Rv. 283044), sicché è da ritenersi adeguata la motivazione che dia conto dell'assenza di uno soltanto dei presupposti richiesti dall'art. 131- bis cod. pen. ritenuto, evidentemente, decisivo (Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv. 273678).

Nella specie, la Corte territoriale, in applicazione degli anzidetti principi, ha escluso la particolare tenuità del fatto in considerazione delle lesioni cagionate al lavoratore, a seguito della riscontrata condotta colposa.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art 52 d. lg. 196 del 2003, in quanto imposto dalla legge.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 18 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria l'8 aprile 2024.