Cassazione Penale, Sez. 4, 08 aprile 2024, n. 14070 - Caduta dell'operaio interinale all'interno del varco aperto da un'altra ditta sul lucernario. Chi deve gestire il rischio interferenziale?


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente

Dott. BELLINI Ugo - Relatore

Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Consigliere

Dott. DAWAN Daniela - Consigliere

Dott. SESSA Gennaro - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sui ricorsi proposti da:

A.A. nato a C il (Omissis)

B.B. nato a M il (Omissis)

avverso la sentenza del 16/05/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere UGO BELLINI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SABRINA PASSAFIUME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso di B.B. e l'inammissibilità del ricorso di A.A.

È presente l'avvocato GARUTI GIULIO, del foro di MODENA, in difesa di B.B. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento.

È altresì presente l'avvocato LUGARI LUCA del foro di MODENA, in difesa di A.A., il quale richiamandosi al ricorso depositato insiste per il suo accoglimento.

 

Fatto


La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione del Tribunale di Modena la quale aveva riconosciuto A.A., coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione nell'interesse della impresa committente gli interventi di ristrutturazione e B.B. in qualità di legale rappresentante della impresa appaltatrice P.T.L. Srl con sede in M e di datore di lavoro del lavoratore infortunato, colpevoli del reato di lesioni colpose gravissime con violazione della disciplina prevenzionistica in materia di infortuni sul lavoro e li aveva condannati alla pena di giustizia con il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti rispetto alle circostanze aggravanti contestate.

2. In particolare a A.A. veniva ascritta, oltre a profili di colpa generica, la violazione dell'art.92 comma 1 lett.b) D.Lvo 81/2008 per avere omesso di individuare nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento i fattori di rischio presenti nelle lavorazioni in cui erano intenti presso il cantiere di M alcuni lavoratori interinali impiegati dalla azienda P.T.L. Srl consistenti nella verifica, nella sostituzione e nel fissaggio di elementi portanti (coppelle e tegoli) della copertura di fabbricato industriale del quale era in corso la sostituzione della copertura, omettendo di indicare le misure di tutela contro il rischio di caduta dei lavoratori attraverso i lucernai presenti sulla sommità di tale elementi (coppelle).

A B.B., titolare della impresa appaltatrice delle suddette lavorazioni, era invece ascritta, oltre a profili di colpa generica, la inosservanza dell'art.115 D.Lgs. 81/2008, per avere omesso di indicare nel Piano Operativo di Sicurezza le misure di protezione contro il rischio della caduta dai lucernai verso l'interno dell'edificio. In conseguenza di tali omissioni era derivata la caduta all'interno di lucernaio di un lavoratore dipendente della società interinale di lavoro Manpower, prestato in somministrazione alla ditta PTL Srl il quale, intento nell'attività di fissaggio strutturale ai tegoli a V delle coppelle di copertura, finiva per calpestare la superficie della copertura ove vi era un lucernaio, privo di rete protettiva e senza lastra in plexiglass, precipitando a terra da un'altezza di circa nove metri, riportando lesioni personali gravissime con schiacciamento vertebrale che inducevano una completa tetraparesi.

3. La Corte di appello nel richiamare gli argomenti sviluppati dal giudice di primo grado, premessi gli elementi di fatto e l'esame delle fonti probatorie nel disattendere i motivi di impugnazione degli imputati evidenziava che si era in presenza della mancata gestione di un rischio interferenziale determinato da un succedersi nella lavorazione di due distinti appaltatori, di cui la manovalanza della ditta PTL Srl operava in rapida successione rispetto a quella della ditta "FIM", incaricata dello smontaggio delle componenti della pavimentazione in fibro-cemento, la quale avrebbe dovuto procedere anche alla sostituzione della copertura una volta che la manovalanza della PTL avesse completato il suo compito (verifica, manutenzione ed eventuale sostituzione dei fissaggi tra tegoli e coppelli). La interferenza tra le suddette lavorazioni aveva determinato una fondamentale lacuna nella previsione e nella integrazione degli strumenti prevenzionistici in quanto la impresa che aveva proceduto, ovvero stava procedendo, alla progressiva rimozione delle componenti della copertura, aveva dovuto altresì sganciare le reti metalliche che proteggevano i lucernai sommitali, posti sopra i coppelli lasciando in tal modo privi di chiusura i suddetti accessi, di cui era stato altresì rimossa la protezione in plexiglass, di talché le superfici ove si trovavano le aperture non potevano essere calpestagli. Il rischio di caduta all'interno dei lucernai, privi di lastra in plexiglass e di reti di protezione non era stato intercettato dal coordinatore per la sicurezza in fase progettuale ed esecutiva, il quale aveva previsto nel PSC e nelle successive riunioni tecniche il pericolo di cadute verso l'esterno per il personale impegnato sulla sommità della copertura. Anche a carico del titolare dell'appaltatore PTL erano ravvisabili profili di responsabilità per colpa per non avere contemplato nel POS analoghi rischi di caduta, tenuto conto che le lavorazioni seguivano necessariamente gli interventi di rimozione della copertura anche in coincidenza dei lucernai dai quali era stata rimossa la rete di protezione. Escludeva al contempo l'abnormità ovvero l'eccezionalità della condotta del lavoratore che aveva utilizzato una porzione della copertura allo stesso preclusa e comunque non necessaria per procedere alla lavorazione richiesta. Assumeva che, in considerazione del rischio di caduta determinato dalla precedente lavorazione, un sistema di ancoraggio dei lavoratori mediante l'aggancio a linee vita avrebbe impedito il verificarsi dell'evento.

3.1 Quanto al trattamento sanzionatorio escludeva il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche in ragione della gravità della colpa ed escludeva il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art.62 n.6 cod. pen. in quanto la transazione intervenuta mediante verbale di conciliazione con versamento di un risarcimento del danno in favore del lavoratore infortunato non poteva ritenersi integralmente riparatoria. Escludeva altresì la sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria ai sensi dell'art.53 L.689/81 richiesta da A.A., in quanto la pena ad esso applicata era stata sospesa condizionalmente.

4. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione le difese di entrambi gli imputati.

4.1 la difesa di B.B. ha proposto sei motivi di ricorso.

4.1.1 Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli art.40 e 41 cod.pen., nonché mancanza di motivazione in relazione alla ricostruzione del decorso causale dell'evento. Alla base della doglianza si assume il vizio logico costituito dal fatto che la impresa FIM non avrebbe dovuto lasciare la rete metallica di protezione priva di ancoraggi sotto al lucernaio, fornendo agli altri lavoratori la falsa rappresentazione del carattere portante e calpestabile della superficie. Invero tutta la documentazione tecnica e la predisposizione del PSC e del POS della ditta PTL Srl davano per scontato che non vi fossero rischi di caduta dalla copertura verso l'interno del manufatto, in quanto ricorreva una prassi operativa secondo la quale la FIM che aveva proceduto a rimuovere la copertura, non lasciasse incustodite aperture come lucernai, trattandosi peraltro di regola cautelare prevista espressamente dal TU D.Lgs.81/2008 che fa carico (art.111) al datore di lavoro di adottare misure di sicurezza equivalenti quando sia necessario procedere alla temporanea rimozione di un presidio di protezione collettiva. Tale omissione si ergeva a primaria ed assorbente causa della caduta, atteso che il ricorrente da un lato non era in grado di prevedere una siffatta omissione nella catena delle lavorazioni che si succedevano sulla copertura e dall'altra non avrebbe comunque potuto tenere un comportamento alternativo idoneo a evitare quanto era poi avvenuto.

4.1.2 Con una seconda articolazione lamenta erronea applicazione di norme, in relazione all'art.115 D.Lgs. n.81/2008 con riferimento alla sussistenza di un rischio governabile attraverso misure di prevenzione e protezione concretamente attuabili dal titolare di P.T.L. Srl, laddove a tali misure prevenzionali individuali il ricorrente avrebbe dovuto fare ricorso qualora insistesse un pericolo di caduta degli operai verso l'interno, in base alla condizione della copertura al momento dell'intervento delle manovalanze della PTL, rischio che non solo era stato escluso dal coordinatore, ma che non avrebbe dovuto essere contemplato dal POS della PTL in quanto le aperture dei lucernai non avrebbero dovuto rimanere prive di protezione, né l'adozione di linee salvavita o di aggancio di lavoratori a funi di sicurezza era stata la prescrizione fornita dal personale ispettivo che aveva svolto gli accertamenti dopo l'infortunio, il quale aveva soltanto riattivato la prassi officiosa, già esistente sul luogo di lavoro, e cioè la previsione di uno sfalsamento temporale tra il completamento delle lavorazioni della FIM, con fissaggio delle reti a protezione dei lucernai rispetto, all'intervento dei lavoratori della PTL volto a fissare le strutture portanti, né la predisposizione di misure individuali di protezione potevano assurgere a misure integrative della prassi sopra individuata.

4.1.3 Con una terza articolazione lamenta L'erronea applicazione della legge penale in relazione all'art.43 cod.pen. con riguardo alla colpevolezza dell'imputato sotto il profilo della prevedibilità ed evitabilità dell'evento. Assume che difetta nella specie il profilo della causalità della colpa sia in relazione alla capacità soggettiva di osservare la regola cautelare e alla concreta possibilità di porre in essere il comportamento doveroso, sia con riferimento alla valenza salvifica del comportamento alternativo lecito. Sotto il primo profilo la motivazione della sentenza impugnata aveva del tutto omesso di considerare che, a fronte della prassi operativa anzidetta, il ricorrente non aveva alcuna possibilità di prevedere ed evitare l'attivazione di un rischio, dallo stesso non provocato di cui non era neppure a conoscenza e, soprattutto rispetto al quale egli non aveva alcun governo tantoché nel POS tale rischio non era stato considerato, non già per una colpevole omissione, ma perché il pericolo di caduta verso l'interno non era lavoro connaturato alle lavorazioni demandate al personale PTL che interveniva su un luogo di che era sotto il controllo di altre realtà aziendali, che avrebbe dovuto essere sicuro, rispetto a siffatta eventualità, e che non richiedeva alcun intervento previsionale e precauzionale da parte dell'appaltatore chiamato ad intervenire in relazione ad una specifica operazione tecnica. Né l'eventuale comportamento disattento e inosservante di precauzioni da parte del lavoratore infortunato poteva essere interpretato a detrimento dell'imputato, che lo utilizzava alle sue dipendenze, atteso che il rischio cadute verso l'interno doveva essere del tutto assente, a prescindere dalle individuali e pericolose prassi di lavoro le quali, comunque, erano del tutto ininfluenti rispetto al rischio di caduta, atteso che i lucernari dovevano rimanere protetti. Sotto diverso profilo nessun ulteriore comportamento alternativo poteva essere ragionevolmente richiesto al ricorrente, in quanto la previsione di dispositivi individuali di trattenuta sarebbero risultati del tutto vani e ridondanti rispetto al governo del rischio che non era preventivabile.

4.1.4 Con una quarta articolazione assume erronea applicazione della legge penale in relazione all'art.43 cod.pen. e manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'ipotetico comportamento alternativo lecito dell'imputato, sia in ragione della incompatibilità tecnica di un sistema di ancoraggio o di trattenuta realmente efficace, sia in relazione al rischio caduta che avrebbe dovuto essere governato da altro soggetto operativo nel cantiere.

4.1.5 Con una quinta articolazione deduce erronea applicazione della legge penale in relazione all'art.2 D.Lgs. 81/2008 con riguardo all'ascrivibilità dell'evento alla responsabilità del datore di lavoro il quale non era stato posto a conoscenza, anche a fronte di un complesso di ulteriori posizioni di garanzia che vigilavano sulle lavorazioni, dell'eventualità che i lucernari potessero essere sprovvisti delle loro protezioni, così da rendere insidioso lo svolgimento di lavorazioni in prossimità delle aperture e comunque aveva dotato i propri dipendenti di sistemi di ancoraggio e di trattenuta da utilizzare in caso di necessità.

4.1.6 Con una ultima articolazione lamenta erronea applicazione di legge in relazione agli art.62 bis e 62 n.6 cod.pen., con riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, nonché manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla valutazione del comportamento tenuto dalla persona offesa. Sotto un primo profilo evidenzia che il ragionamento della Corte di appello era del tutto apparente nella parte in cui aveva escluso la circostanza dell'intervenuto integrale risarcimento del danno, atteso che non solo la persona offesa aveva dichiarato in sede di verbale di conciliazione di non avanzare alcuna ulteriore pretesa nei confronti dell'imputato, della società e degli altri responsabili dell'ente, tanto da revocare la costituzione di parte civile, ma anche in ragione del fatto che, prima del giudizio, era stata depositata tutta la documentazione relativa alla transazione e all'intervenuto risarcimento del danno per dimostrare le condotte riparatone ai sensi dell'art.17 D.Lgs. 231/2001. Illogica era inoltre la motivazione nella parte in cui aveva riconosciuto rilevanza decisiva alla gravità della colpa del ricorrente, il quale non solo aveva adottato un modello organizzativo e un sistema di gestione della sicurezza del tutto appropriati, ma il cui profilo colposo doveva ritenersi sub valente rispetto alle inadempienze da parte di altri soggetti nell'adozione di misure precauzionali, nonché dello stesso comportamento tenuto dalla persona offesa.

4.2 La difesa di A.A. ha articolato due motivi di ricorso.

4.2.1 Con un primo motivo denuncia inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione all'art.40 comma 2 e 590 cod.pen. ed art.92 commaI lett.b) D.Lgs.81/2008. Esclude la ricorrenza di un nesso causale tra la predisposizione del PSC e delle ulteriori prescrizioni stabilite all'esito delle riunioni sul luogo di lavoro in corso di lavorazione e l'evento, laddove erano emerse in più occasioni le iniziative del coordinatore onde prevenire rischi di cadute di materiali e di persone anche verso l'interno, con riferimento alla esecuzione di interventi sulla sommità della copertura; tali iniziative concernevano altresì il richiamo al rispetto di precisi orari di lavoro che impedissero una sovrapposizione di lavorazioni da parte delle diverse ditte che operavano nel cantiere, prescrizioni orarie che non erano state rispettate dal personale della PTL per procedere più celermente, mentre le fotografie acquisite nel sopralluogo in cantiere del 10 Aprile 2017 evidenziavano come le reti di protezione dei lucernai sommitali sui coppelli fossero fissate a detti coppelli sottostanti con travetti lignei, di talché il coordinatore risultava rassicurato del fatto che il personale della ditta FIM, una volta avere provveduto alla eliminazione delle componenti della copertura, avesse altresì proceduto ad assicurare le reti metalliche alla superficie dei coppelli con adeguati fissaggi.

4.2.2 Con una seconda articolazione lamenta violazione ed erronea applicazione della legge in relazione ai principi costituzionali (art.27), agli art.133 e 163 cod.pen., nonché in relazione all'art.20 bis cod.pen. con riferimento alla L.134/2021 e al D.Lgs. 150/22, e all'art.58 L.689/81.

Sotto un primo profilo assume che la sospensione condizionale della pena era stata riconosciuta al ricorrente senza una specifica richiesta e che, in sede di appello, la difesa dell'imputato, con mandato anche a rinunciare al suddetto beneficio, aveva chiesto la sostituzione della pena detentiva inflitta con pena pecuniaria, di talché risultava evidente il prevalente interesse dell'imputato ad ottenere la sostituzione della pena detentiva, la cui previsione era ampliata e incentivata ai sensi dell'art.20 bis cod.pen., piuttosto che il beneficio della sospensione condizionale. Sotto diverso profilo rilevava il difetto di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui aveva riconosciuto la non integralità risarcitoria in favore della persona offesa, che invece era stato integralmente soddisfatta come da documentazione prodotta, attestante la transazione del danno dinanzi al giudice del lavoro di Modena.

 

Diritto


1. Il primo motivo di ricorso proposto dalla difesa di A.A. è infondato e deve essere rigettato.

Si verte in ambito di infortunio realizzatosi sul luogo di lavoro ove il coinvolgimento integrato di più soggetti, titolari di autonome posizioni tutoriali, non solo era imposto dalla legge (art.3, 26 e 90 ss D.Lgs. 2008/81), ma anche da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio e alla organizzazione del lavoro nel cantiere, nel legittimo affidamento da parte delle maestranze chiamate ad operare, che imponeva una opera di cooperazione e di coordinamento della gestione del rischio interferenziale (cfr. S.U. n.38343 del 24/04/2014, Espenhahn). Per tale ragione era stato indicato dal committente uno specifico garante (A.A.) per la gestione e il coordinamento di tale articolata interferenza di lavorazioni, minutamente descritta a pag.3-5 della impugnata sentenza.

2. In particolare il rischio specifico di caduta dei lavoratori di PTL all'interno dei lucernari sommitali della copertura ove si trovavano ad operare non era stato né previsto né intercettato dal coordinatore per la sicurezza nei documenti dallo stesso predisposti in sede progettuale ed esecutiva sebbene lo stesso costituisse un tipico rischio interferenziale che traeva origine dal succedersi delle lavorazioni secondo una cadenza programmata che determinava la modifica dell'assetto della copertura e l'instaurarsi di nuove fonti di pericolo per i lavoratori. Premesso che tanto la ditta FIM che la ditta PTL costituivano realtà aziendali che avevano assunto in subappalto l'esecuzione di specifici interventi sulla copertura del capannone in ristrutturazione, il giudice distrettuale non ha mancato di precisare che i rispettivi interventi erano intimamente connessi e complementari, in quanto legati da una successione cronologica necessitata dal fatto che le maestranze di FIM dovevano rimuovere gli elementi della copertura in fibrocemento e in plexiglass e istallare la nuova copertura consistente in "copertine di lamiera", mentre l'opera della PTL si inseriva tra le due fasi suddette e si risolveva nella verifica, manutenzione ed eventuale sostituzione degli elementi di fissaggio delle coppelle della copertura, preliminare alla installazione delle componenti in lamiera. Orbene lo smantellamento dei preesistenti elementi della copertura determinava la necessità di provvedere alla protezione dei varchi che rimanevano scoperti e, in particolare dei lucernari sommitali. Orbene, tale rischio era stato previsto e governato dal coordinatore A.A. soltanto con riferimento agli interventi di competenza della FIM nella fase dell'installazione di "copertine in lamiera", laddove veniva prevista la misura della chiusura dei varchi durante le lavorazioni, in quanto le maestranze avrebbero dovuto operare anche in prossimità di essi, mentre nessuna analoga previsione era contenuta nel PSC con riferimento agli interventi di carpenteria demandati alla ditta PTL, sulla base dell'erronea convinzione che, al momento di detti interventi, i varchi avrebbero dovuto essere ancora chiusi, mentre le maestranze della FIM, nell'opera di rimozione dei componenti della copertura, anche in plexiglass, avevano sganciato anche le reti metalliche elettro saldate che costituivano la chiusura dei lucernai, lasciandole in prossimità dei varchi e alimentando l'affidamento che le stesse svolgessero tutt'ora una funzione di protezione.

3. In termini del tutto congrui e privi di lacune logico giuridiche è stata riconosciuta la responsabilità del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione per essere mancato un adeguato coordinamento tra gli interventi realizzati dalle due imprese in quanto anche lo sfasamento temporale tra le distinte categorie di interventi, prospettato dal A.A. nel primo motivo di ricorso, non sarebbe stato in grado di porre riparo al rischio interferenziale determinato dallo smontaggio delle reti elettro saldate a protezione dei lucernai zenitali, trattandosi di eventualità, peraltro connaturata alla natura e alla successione degli interventi di competenza della ditta FIM, che lo stesso non si era assolutamente prospettato, ma che avrebbe dovuto essere analizzata nella predisposizione del piano di coordinamento o, comunque, con adeguate e specifiche prescrizione nel corso delle lavorazioni, essendo emerso che il lavoratore infortunato già nelle precedenti giornate di lavoro, disattendendo le prescrizioni che gli imponevano di non allontanarsi dagli spazi assegnati per la lavorazione, aveva disatteso gli ordini di lavoro avventurandosi sulle porzioni sommitali della copertura per svolgere il lavoro di carpenteria allo stesso assegnato. Concludeva pertanto il giudice distrettuale riconoscendo come il coordinatore per la sicurezza in sede di esecuzione avesse in concreto abdicato agli obblighi di verifica, coordinamento e valutazione di coerenza che gli erano propri ai sensi dell'art.92 comma I lett.b) D.Lgs.81/2008, di fatto avvallando prassi lavorative in quota non corrette o comunque pericolose.

4. Prevede invero l'art.90 III comma D.Lgs. 9 Aprile 2008 n.81 che nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione. Il successivo comma prevede che nel caso previsto nel comma precedente, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per la esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all'art.98 successivo. Invero se la posizione riconosciuta al coordinatore per la progettazione e la esecuzione è quella della alta vigilanza delle lavorazioni, sottesa a gestire il rischio interferenziale e non già a sovraintendere momento per momento alla corretta applicazione delle prescrizioni e delle metodiche risultanti dal POS come integrate dal datore di lavoro e filtrate nel PCS (da ultimo sez.4, n.27165 del 24/05/2016, Battisti, Rv.267735; n.24195 del 10/06/2021, Paletti, Rv.281489 n.42845 del 4/10/2023, PG C/Tramontin, Rv.285380), nondimeno la figura del coordinatore rileva nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia della incolumità dei lavoratori e a tale fine rileva al contempo una scrupolosa verifica della idoneità del POS e nella assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e di coordinamento e nell'assicurazione dell'adeguamento dei piani in relazione alla evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute (con particolare riferimento a ipotesi di mancata verifica di idoneità del POS che non contemplava il rischio di caduta attraverso lucernari sez. 4, n.45862 del 14/09/2017, Prina Rv.271026).

4.1 Orbene il giudice distrettuale non è incorso in alcun travisamento della prova rispetto alle indicazioni fornite dalle risultanze istruttorie laddove, con ragionamento congruo e privo di vizi logici e in termini assolutamente coerenti con la imputazione, attribuisce al A.A. una carenza previsionale nella gestione di un rischio interferenziale assolutamente prevedibile in fase di progettazione e comunque intercettabile mediante una adeguata vigilanza del cantiere, tenuto conto del fatto che le lavorazioni tra le due imprese si susseguivano senza soluzione di continuità e che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente nei motivi di ricorso, la prassi da parte degli operai FIM di sganciare le reti di protezione dei lucernai all'atto di smontaggio della copertura era comunemente invalsa e che, al contempo le aperture, per tale ragioni incustodite, costituivano insidie che, in assenza di un corretto coordinamento e cooperazione tra le due ditte, neppure i responsabili, i preposti e gli stessi operai della ditta P.T.L. erano stati in grado di prevedere.

4.2 Quanto poi alla rilevanza causale di una tale inosservanza il giudice distrettuale ha chiaramente rappresentato come la pure scorretta modalità lavorativa del C.C., il quale si era posto a scavalcare la struttura sommitale della copertura, per evitare di fare il giro intorno alla stessa, non poteva qualificarsi quale condotta abnorme, idonea a interrompere la relazione causale, trattandosi pur sempre di operazione impropria che si inseriva nel segmento lavorativo in cui l'operaio era chiamato ad operare e che, anzi, pur nella incauta prospettazione del dipendente, sarebbe servita ad accelerare le operazioni di verifica dei fissaggi.

5. Risulta invece fondato il secondo motivo di ricorso afferente al trattamento sanzionatorio. Ha invero affermato il giudice di legittimità, in contrasto rispetto a quanto argomentato dal giudice distrettuale, che risulta ammissibile l'impugnazione proposta dall'imputato avverso una sentenza di condanna a pena sospesa condizionalmente senza sua richiesta, qualora l'impugnazione concerna interessi giuridicamente apprezzabili poiché correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella individualizzazione della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato (sez.l, n.35315 del 25/03/2022, Terranova, Rv.283475; sez.3, n.17384 del 28/01/2021, Bianco, Rv.281539), principi che peraltro risultano riaffermati e valorizzati dalla Riforma Cartabia nella espansione e nella maggiore offerta delle sanzioni sostitutive alle pene detentive brevi (anch'esse ampliate, per i limiti di durata, fino a quattro anni), tenuto altresì conto che il A.A., nel proporre il motivo di impugnazione sulla specifica questione, aveva riaffermato la preferenza a vedersi sostituire la pena con una misura alternativa piuttosto che mantenere il beneficio della sospensione condizionale della pena dallo stesso non richiesta.

Sotto diverso profilo il giudice distrettuale nell'applicazione dei principi concernenti il potere discrezionale allo stesso attribuito dall'art.58 L.689/81 nel riconoscere la sostituzione della pena detentiva, ha del tutto omesso di considerare i profili personalistici dell'imputato, la levità della pena detentiva applicata e, ai sensi dell'art.133 comma 2 cod.pen. la circostanza che, sulla base della documentazione agli atti richiamata, per autosufficienza da entrambi i ricorrenti, il danno alla persona offesa risultava essere stato integralmente risarcito dagli enti assicurativi coinvolti, non solo in relazione ai profili di danno differenziale ma anche con riferimento agli oneri sostenuti dall'INAIL, tanto che il danneggiato rilasciava ampia quietanza liberatoria sia nei confronti dei responsabili delle imprese coinvolte, sia in relazione a queste ultime, di talché la sentenza, in punto di sostituzione della pena detentiva breve con la sanzione pecuniaria, deve essere annullata con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, diversa sezione, per nuovo esame sul punto.

6. Il ricorso di B.B. deve essere accolto anche con riferimento all'affermazione di responsabilità emessa nei suoi confronti a fronte di motivazione meramente assertiva e, in alcuni passaggi manifestamente illogica, sulla ricorrenza di una posizione di garanzia in capo al titolare della ditta PTL in relazione alla previsione e al governo di fonti di rischio che non derivavano dalle modalità esecutive delle lavorazioni richieste alla PTL, ma dalla omessa predisposizione di cautele nelle precedenti fasi della lavorazione, nonché con riferimento ai conseguenti profili di causalità della colpa in relazione alla complessiva organizzazione della sicurezza sul cantiere che, pacificamente, non aveva contemplato, l'impiego di dispositivi individuali di lavoro da parte dei dipendenti della PTL, quali strumenti di trattenuta o di imbrago ovvero linee vita fissate sulla copertura, trattandosi di interventi sulla sommità di una copertura che, protetta dalle cadute verso l'esterno mediante impalcature, non avrebbe dovuto presentare, quantomeno per le lavorazioni affidate a PTL, profili di rischio di cadute verso l'interno.

6.1 Risulta invero pacifico che la caduta dell'operaio interinale presso PTL ebbe a precipitare all'interno del varco aperto su un lucernario sommitale in quanto, a seguito di precedenti lavorazioni eseguite da altra ditta, era stato rimosso definitivamente il plexiglass che dava luce all'ambiente sottostante mentre erano state temporaneamente rimosse le reti di protezione elettro saldate che impedivano la caduta dalla sommità del varco. Conseguentemente il primo problema che doveva essere esplorato dal giudice distrettuale, in risposta ai profili di doglianza sollevati con l'atto di appello, è se il titolare della azienda PTL, che operava sui fissaggi delle coppelle, avrebbe dovuto gestire un rischio che, pur interferendo con le lavorazioni allo stesso assegnate e immanente sul luogo di lavoro in cui era intento a prestare la propria opera, era riconducibile ad una inosservanza ascrivibile ad un'altra realtà aziendale (sulla base dell'art.111 D.Lgs. n.81/2008) e che non era stato intercettato neppure del coordinare per la sicurezza A.A., né in sede di predisposizione del PSC, né in sede esecutiva, allorquando l'alternanza delle lavorazioni tra le due imprese rendeva evidente il pericolo di interferenza tra lavorazioni in rapida successione. Sul punto la motivazione della sentenza impugnata risulta manifestamente illogica e assertiva in quanto, se da un lato ha riconosciuto la prevedibilità per l'imputato B.B. di eventuali prassi scorrette ed elusive dei propri dipendenti (il che è corretto), dall'altra ha sostenuto che le misure predisposte erano insufficienti per impedire la caduta verso l'interno degli operai, riconoscendo implicitamente che il datore di lavoro avrebbe dovuto rappresentarsi che i lucernari potessero risultare non calpestagli per essere state inopinatamente rimosse le reti di protezione nelle pregresse lavorazioni, così da doversi apprestare strumenti di protezione individuale. Va innanzi tutto evidenziato che neppure a seguito dell'intervento degli organi ispettivi è stata richiesta l'adozione di sistemi di protezione individuale da parte dei dipendenti PTL in ossequio al disposto, che si assume violato, di cui all'art.115 D.Lgs. 81/2008, ma era stato prescritto di fare operare le maestranze delle due imprese nel rispetto di una sfasatura temporale che consentisse di garantire il ripristino di condizioni di sicurezza sopra la copertura.

6.2 Fondato risulta in particolare il terzo motivo di ricorso nella parte in cui assume una non corretta valutazione da parte del giudice di appello della causalità della colpa laddove, pure a volere riconoscere l'inosservanza della regola cautelare concernente l'obbligo a carico del datore di lavoro di assicurare ai lavoratori l'utilizzo di dispositivi di sicurezza individuali (art.115 D.Lgs. n.81/2008), nella specie non risulta adeguatamente argomentato se alla base dell'infortunio potesse ravvisarsi l'inosservanza delle cautele sopraindicate, mentre risulta carente qualsiasi verifica sul fatto che l'infortunio ebbe come antecedente eziologico non tanto la mancata adozione di cautele individuali, quanto la mancata predisposizione, da parte di terzi, di sistemi di protezione e di sicurezza collettivi, idonei a prevenire infortuni della stessa specie in ragione di un non coordinato e partecipato sistema di gestione di un rischio interferenziale come quello che, pacificamente, ebbe a determinare la caduta dell'operaio all'interno del varco costituito da un lucernario privo di protezione.

6.3 Invero il giudizio sulla causalità della colpa presuppone un'attenta verifica, tramite un giudizio controfattuale ipotetico, della valenza impeditiva del comportamento alternativo lecito ovvero, nel caso in specie, se il rispetto della regola cautelare, concernente l'adozione della misura di protezione imposta dalla disciplina normativa sarebbe stata in grado di scongiurare, con apprezzabile probabilità, l'evento infortunistico (sez.4, n.7783 del 11/02/2016, P.C. in proc.Montaguti, Rv.266356; n. 34375 del 30/05/2017, Fumarulo, Rv.270823; n.9705 del 15/12/2021, Pazzoni Brunello, Rv.232855).

6.4 Orbene il giudizio espresso sul punto dalla Corte di Appello di Bologna si è arrestato alla verifica sulla inosservanza di una regola cautelare laddove ha ritenuto che, riconosciuta la mancata adozione di sistemi di protezione individuali, non previsti né nel POS della ditta P.T.L., né contemplati nel PSC in relazione alle lavorazioni di carpenteria della PTL, né nelle prescrizioni degli organi ispettivi per le fasi di lavorazione successive all'infortunio (come parrebbe desumersi dalle sentenze di merito), l'evento infortunistico costituisse evenienza del tutto plausibile e conseguente di siffatta omissione. Peraltro il ragionamento del giudice distrettuale ha del tutto trascurato di verificare se il decorso causale che condusse all'infortunio sarebbe stato inertizzato dalla esatta osservanza della regola cautelare che si assume essere stata violata, tenuto conto che la valutazione concernente la capacità salvifica delle linee vita e delle funi di trattenuta è meramente asserita e comunque non è stato neppure accertato se, in relazione ai punti della copertura in cui erano chiamati ad operare i dipendenti della PTL sarebbe stato possibile collocare presidi di tale natura, a fronte di lavorazioni da eseguire sulle coppelle utilizzando gli spazi espressamente indicati nel POS e i camminamenti pure individuati. Risultano peraltro elementi di incertezza sul punto, offerti dagli atti processo, in quanto, sulla scorta delle testimonianze assunte nel giudizio, è emerso che la prassi di lavoro, successivamente ristabilita a seguito dell'infortunio, prevedesse esclusivamente un distacco temporale tra le lavorazioni delle due ditte e la chiusura dei lucernari da parte della impresa (FIM) che procedeva a smantellare la copertura.

6.5 Sotto questo profilo invero si impone altresì una rinnovazione della verifica della prevedibilità in concreto della colpa in capo all'imputato B.B. anche in relazione alla esigibilità di un comportamento alternativo lecito. Trattasi invero di imprescindibile aspetto in cui si articola il rimprovero colposo per la realizzazione di un evento che - si assume - poteva essere evitato mediante la esigibile osservanza delle regole cautelari disattese (cfr. sez.4, 19-20/2015 PG in proc. Barberi, Rv. 267811-267815 in motivazione), mentre l'istruttoria dibattimentale ha evidenziato come la condotta del B.B. si sia inserita nell'ambito di una sequenza lavorativa procedimentalizzata che non avrebbe dovuto comportare la previsione, da parte dell'imputato, del rischio di cadute verso l'interno, in presenza di precisi vincoli ripristinatori in capo a chi aveva rimosso temporaneamente il sistema di protezione collettivo. Invero la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, uri automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso (sez.4, n.5404 del 8/01/2015, PC in proc.Corso ed altri, Rv.262033; n.32216 del 20/06/2018,Capobianco e altro, Rv.273568; n.21554 del 5/05/2021, Zoccarato, Rv.281334), risultando nella specie del tutto dubbio che gli obblighi imposti al datore di lavoro dalla specifica disciplina sulla sicurezza del lavoro fossero rivolti a prevenire non tanto il rischio generico di cadute dall'alto e, in specie, verso l'esterno, quanto il rischio di caduta all'interno di un lucernario la cui protezione era stata dismessa da impresa che aveva preceduto la ditta PTL Srl sulla copertura del fabbricato. Si impone pertanto un rinnovato giudizio del giudice distrettuale tanto sulla causalità della colpa con riferimento alla idoneità salvifica del comportamento alternativo lecito richiesto al B.B. quanto, e in via preliminare, sulla "concretizzazione del rischio" mediante una valutazione ex ante e in concreto della prevedibilità dell'evento, tenuto conto delle caratteristiche del cantiere, della natura del rischio interferenziale, dell'alternarsi delle lavorazioni sulla copertura e della prevedibilità della rimozione di una cautela collettiva da parte dell'altra impresa alternativamente impegnata, così da rendere giustificata la adozione di sistemi di protezione individuali.

7. Sebbene i motivi di ricorso concernenti il trattamento sanzionatorio debbono ritenersi assorbiti dalla presente statuizione, nondimeno risultano estensibili alla posizione del ricorrente B.B., con riferimento al sesto motivo di ricorso, le considerazioni espresse in precedenza con riferimento alla rilevanza del comportamento successivo al reato costituito dalla conciliazione giudiziale nella quale, a seguito della corresponsione di una somma a titolo risarcitorio in favore del dipendente offeso, quest'ultimo dichiarava di non avere più nulla a pretendere anche nei confronti dell'odierno ricorrente e della PTL rilasciando "ampia liberatoria" nei confronti dei suddetti soggetti, tanto che seguiva la revoca della costituzione della parte civile. Risulta pertanto del tutto apparente e illogica la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini della dosimetria del trattamento sanzionatorio e nella negazione di circostanze generiche e speciali, ha escluso, del tutto apoditticamente, la prova di un integrale e tempestivo risarcimento del danno.

8. In conclusione la sentenza impugnata deve trovare annullamento nei confronti di entrambi i ricorrenti relativamente al trattamento sanzionatorio, mentre, in relazione al ricorrente B.B. la sentenza impugnata deve essere annullata anche con riferimento all'affermazione di responsabilità penale, sui profili sopra rappresentati della ricorrenza di un effettivo governo del rischio interferenziale in capo all'imputato quale responsabile della PTL Srl, nonché con riferimento alla verifica della concretizzazione del rischio che la regola cautelare asseritamente violata si proponeva di scongiurare, previo accertamento della colpa in concreto e, infine sulla rilevanza salvifica del rispetto della regola cautelare che si assume essere stata disattesa dall'imputato. Consegue il rinvio alla Corte di Appello di Bologna per nuovo giudizio. Rigetta per il resto il ricorso di A.A.

8.1 Si dispone l'oscuramento dei dati identificativi dei ricorrenti e della persona offesa per ragioni di riservatezza imposti dall'art.52 D.Lgs. 196/03 in ragione della natura del reato e degli esiti, particolarmente invalidanti, dell'infortunio sul lavoro.

 

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata nei confronti di B.B. e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Annulla la medesima sentenza nei confronti di A.A. limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Rigetta nel resto il ricorso del A.A.

Così deciso in Roma il 18 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria l'8 aprile 2024.