REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANATO Graziana
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe
Dott. IACOPINO Silvana Giovanna
Dott. MASSAFRA Umberto
Dott. MARINELLI Felicetta

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:
1) C.G. N. IL ***;
avverso la sentenza n. 5919/2005 CORTE APPELLO di ROMA, del 21/11/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/02/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MONETTI Vito che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

La Corte:

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1) C.G. ha proposto ricorso avverso la sentenza 21 novembre 2008 della Corte d'Appello di Roma che - giudicando sull'appello proposto contro la sentenza 22 novembre 2004 del Tribunale di Roma che l'aveva condannato alle pene ritenute di giustizia per il delitto di lesioni colpose in danno di D.S. C., cagionate a seguito di un infortunio sul lavoro, e di due contravvenzioni in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro - ha confermato la condanna per il delitto e ha dichiarato estinti per prescrizione i due reati contravvenzionali.

A fondamento del ricorso si deduce con il primo motivo il vizio di violazione di legge e quello di motivazione sui criteri di determinazione della pena essendo stata inflitta congiuntamente la pena detentiva e quella pecuniaria. Con il secondo motivo di ricorso si deduce invece il vizio di motivazione con riferimento all'affermazione della responsabilità del ricorrente.

2) Il reato addebitato all'imputato è da ritenere ormai prescritto.

Il termine ordinario di prescrizione, con le interruzioni, scadeva il 15 aprile 2009 e a questo termine non può aggiungersi alcuna sospensione.

In mancanza di cause di inammissibilità (non ravvisabili anche perché il motivo relativo alla applicazione congiunta della pena detentiva e pecuniaria era fondato essendo previste, per il reato contestato, pene alternative) deve pertanto essere applicata l'indicata causa estintiva.

3) La soluzione indicata non sarebbe obbligata solo se risultasse applicabile l'art. 129 c.p.p., comma 2 che consente di far prevalere la formula assolutoria di merito su quella di estinzione del reato.

Il presupposto per l'applicazione di questa norma è costituito dall'evidenza della prova dell'innocenza dell'imputato. In questo caso la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza. I presupposti per l'immediato proscioglimento (l'inesistenza del fatto, l'irrilevanza penale, il non averlo l'imputato commesso) devono però risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale.

In presenza di una causa estintiva del reato non è quindi più applicabile la regola probatoria, prevista dall'art. 530 c.p.p., comma 2, da adottare quando il giudizio sfoci nel suo esito ordinario, ma è necessario che emerga "positivamente" dagli atti, e senza necessità di ulteriori accertamenti, la prova dell'innocenza dell'imputato (cfr. Cass., sez. 5, 2 dicembre 1997 n. 1460, Fratucello; sez. 1, 30 giugno 1993 n. 8859, Mussone). É stato affermato che, in questi casi, il giudice procede, più che ad un "apprezzamento", ad una "constatazione" (Cass., sez. 6, 18 novembre 2003 n. 48527, Tesserin; 3 novembre 2003 n. 48524, Gencarelli; 25 marzo 1999 n. 3945, Di Pinto; 25 novembre 1998 n. 12320, Maccan).

Da ciò consegue altresì che non è consentito al giudice di applicare l'art. 129 c.p.p. in casi di incertezza probatoria o di contraddittorietà degli elementi di prova acquisiti al processo anche se, in tali casi, ben potrebbe pervenirsi all'assoluzione dell'imputato per avere, il quadro probatorio, caratteristiche di ambivalenza probatoria.

Coerente con questa impostazione è anche la uniforme giurisprudenza di legittimità che, fondandosi anche sull'obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità, esclude che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre all'annullamento con rinvio, possa essere rilevato dal giudice di legittimità che, in questi casi, deve invece dichiarare l'estinzione del reato (cfr. la citata sentenza Maccan della 5 sezione ed inoltre sez. 1, 7 luglio 1994 n. 10822, Boiani).

Tutti questi principi hanno trovato conferma nella recente sentenza delle sezioni unite di questa Corte 28 maggio 2009 n. 35490, Tettamanti, rv. 244273-4-5, alle cui condivisibili motivazioni si rinvia integralmente.

4) Nel caso in esame può escludersi che esistano i presupposti per l'applicazione dell'art. 129 c.p.p., comma 2.

Basti pensare che il dipendente infortunato era stato assunto da soli tre giorni ed era stato adibito, per la prima volta, ad una macchina utilizzata per il taglio di lamiere - senza avere avuto un'adeguata preparazione e senza essere munito di guanti protettivi - ed aveva subito lesioni mettendo la mano all'interno della griglia di protezione.

E, anche se l'iniziativa di adibire il lavoratore non era stata dell'imputato, questi era presente al momento dell'infortunio e avrebbe potuto impedire che fosse affidato al dipendente un compito cui non era preparato.

5) Per le considerazioni svolte la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.

P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4 penale, annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2010