REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCALI Piero
Dott. ROMIS Vincenzo
Dott. IZZO Fausto
Dott. MARINELLI Felicetta
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- rel. Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) V.A. N. IL ***;
avverso la sentenza n. 880/2006 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 30/05/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/06/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI;
udito il P.G. in persona del Dott. Stabile Carmine che ha concluso per il rigetto.

PREMESSO IN FATTO

Il Tribunale di Bergamo in composizione monocratica aveva ritenuto responsabile V.A., nella sua qualità di coordinatore per l'esecuzione dei lavori presso il cantiere edile sito in *** della cooperativa S.C. a r.l., del delitto di cui all'articolo 590 c.p., commi 1, 3 e 5 in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articoli 16 e 24, Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articoli 5, 8 e 9 e articolo 2087 cod. civ. per avere cagionato a B.P., alle dipendenze della menzionata cooperativa, lesioni personali consistenti in politrauma, da cui derivava una malattia con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, nonché inosservanza delle menzionate norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, e segnatamente perché ometteva di adottare, ovvero verificare che fossero adottate, adeguate impalcature e ponteggi o comunque protezioni atte ad eliminare il rischio di caduta, sicché, mentre B. svolgeva lavori di posa delle armature, issato sopra una trave ad un'altezza di circa m. 2,80, per le mancanze precisate,cadeva al suolo, riportando le lesioni sopra indicate. La pena irrogata consisteva in mesi due di reclusione, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti.

Avverso la suddetta pronuncia l'imputato proponeva impugnazione dinanzi alla Corte di appello di Brescia che, con sentenza resa alla pubblica udienza del 30/5/2008, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Bergamo, concedeva a V.A. le attenuanti generiche prevalenti e gli riduceva la pena a mesi uno e giorni dieci di reclusione.

Avverso tale sentenza l'imputato proponeva ricorso per cassazione, a mezzo del suo difensore, e concludeva per il suo annullamento.

All'udienza dell'8/06/2010 il ricorso era deciso con il compimento di tutti gli adempimenti richiesti dal codice di rito.

RITENUTO IN DIRITTO

Il ricorrente denuncia la sentenza della Corte di Appello di Brescia per i seguenti motivi:

1) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e delle altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, nella parte in cui la Corte di appello desume l'esistenza di una posizione di garanzia a carico del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione delle opere, nonostante la modifica legislativa entrata in vigore prima del fatto; manifesta illogicità della motivazione, nascente dal testo del provvedimento impugnato, nella parte in cui la Corte d'appello desume la posizione di garanzia sulla scorta di una sentenza della Corte di Cassazione affermante, al contrario, la posizione di garanzia del committente e del responsabile di cantiere (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e); omessa motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e).
Su tale punto il ricorrente prospetta un nuovo motivo di ricorso con riferimento al decreto legislativo del 9 aprile 2008 numero 81 avente ad oggetto il testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Sulla base degli articoli 2 e 299, sopra indicato Decreto Legislativo deve ritenersi che la posizione di garanzia non possa discendere ex sé dal dovere di sorveglianza giuridicamente posto a carico del coordinatore per la sicurezza, ma richieda l'esercizio, pur soltanto in "concreto" dei "poteri giuridici" appartenenti al datore di lavoro ovvero al dirigente e al preposto.
Pertanto, ad avviso del ricorrente, poiché la Corte di appello di Brescia ha ritenuto che V.A. fosse titolare di una posizione di garanzia non già in virtù dell'esercizio in concreto da parte sua dei poteri giuridici datoriali o dirigenziali, bensì in virtù del dovere di sorveglianza previsto dalla legge a carico del coordinatore per la sicurezza, la sentenza impugnata dovrebbe essere annullata perché in violazione del combinato disposto delle norme di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 2 e 299, che esclude la posizione di garanzia quale diretta conseguenza del dovere di sorveglianza.

2) Manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e dal processo verbale di dibattimento specificamente indicato nella parte in cui la Corte di appello ritiene che, sulla scorta dell'istruzione dibattimentale svolta, si debba escludere l'esistenza di parapetti costituenti idonea protezione dalle cadute dall'alto (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)).

3) Manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato; inosservanza delle norme di cui al Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articoli 5 e 6 nella parte in cui la Corte di appello ascrive alla responsabilità del coordinatore per la sicurezza una mancanza progettuale.
Secondo il ricorrente il coordinatore per la sicurezza in alcun modo potrebbe essere chiamato a rispondere di carenze progettuali, essendo la misura della sua responsabilità circoscritta dalle norme di cui al Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articoli 5 e 6 ed il fatto che i lavori di posa effettuati dal B. fossero effettuati in modo del tutto improvviso, all'insaputa del coordinatore, esclude che egli potesse spiegare la sua opera di controllo.

4) Manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e dal processo verbale di dibattimento specificamente indicato nel motivo di gravame nella parte in cui la Corte di appello ritiene insufficiente la presenza al cantiere dell'ing. V., nonostante il contrario affermassero i testimoni di accusa signori T. e B., funzionari ispettivi dell'Azienda sanitaria locale (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)).

5) Manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e dal processo verbale di dibattimento specificamente indicato nel motivo di gravame nella parte in cui la Corte di appello, ritenuta generica la prova a discarico portata dai testimoni d'accusa, signori T. e B. sulla frequente presenza al cantiere del V., desume la verità della contraria asserzione sulla scorta della testimonianza di D.P.V., testimonianza che non consente di ritenere insufficiente la presenza sul luogo di lavoro del V., come ritenuto dalla Corte territoriale.

6) Manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e dal processo verbale di dibattimento nella parte in cui la Corte di appello ritiene attendibile la testimonianza della persona offesa, dal momento che egli cadde in evidente contraddizione, allorquando da una parte ha affermato di non avere mai veduto prima del processo l'ing. V. e dall'altra ha dichiarato che quest'ultimo arrivava in cantiere in moto.

Il difensore del ricorrente presentava poi tempestiva memoria difensiva ove chiedeva di voler dichiarare la prescrizione, ove non fosse ravvisata una causa di assoluzione nel merito ex articolo 129 cod. proc. pen., in quanto, essendo il fatto contestato datato 8 ottobre 2001, è ormai decorso per intero il termine di prescrizione.

Tanto premesso si osserva che in ordine al reato di cui all'articolo 590 c.p. contestato al V. risulta maturato per intero il tempo massimo di prescrizione, pari ad anni sette e mesi sei, previsto per tale ipotesi di reato che risulta commesso in data 8.10.2001. Non risultando infatti sospensioni della prescrizione nei corso del giudizio, il tempo risulta decorso per intero.

L'impugnata sentenza deve essere pertanto annullata senza rinvio, essendo estinto il reato di lesioni colpose per prescrizione.

Nella stessa sentenza non sono infatti rilevabili elementi che consentano altra formula terminativa ai sensi dell'articolo 129 c.p.p..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.