REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RIZZO Aldo Sebastiano
Dott. CAMPANATO Graziana
Dott. LICARI Carlo
Dott. FOTI Giacomo
Dott. MASSAFRA Umberto

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- rel. Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) V.S., N. IL ***;

2) C.P.E., N. IL ***;

avverso la sentenza n. 1495/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 24/03/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/01/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

udito il Procuratore Generale in persona del Dr. Tindari Baglione, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

udito il difensore avv. ***, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1 - Con sentenza del 27 febbraio 2007, il Tribunale di Lecco, in composizione monocratica, ha dichiarato V.S., B.M.G., C.P., R.W. e P.F. colpevoli dei reati di cui agli artt. 113, 589 e 590 c.p. commessi, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di G.L.F. e L.G., rimasti vittime di un grave incidente sul lavoro che ha provocato la morte del primo ed il ferimento del secondo.

Nell'affermare la penale responsabilità degli imputati, il tribunale, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, li ha condannati alle pene per ciascuno ritenute di giustizia, condizionalmente sospese, tranne che per R., nonché al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, da liquidarsi in separato giudizio.

Secondo la ricostruzione dei fatti eseguita dai giudici del merito, l'incidente si è verificato durante le operazioni di riposizionamento di una pesante pressa all'interno della "Br. s.r.l.", con sede in ***, esercente attività di stampaggio di materie plastiche, della quale il V. era il legale rappresentante, operazioni eseguite, con i propri dipendenti, R. e P., dalla "Trasporti Bo. s.a.s.", esercente servizi di trasporto, della quale la B. era legale rappresentante, e con l'intervento del C., capo reparto della "Br." e di altri dipendenti della stessa ditta, G.L. F., L.G. e C.P.. Nel corso di tali operazioni, dunque, si era verificato lo sbilanciamento ed il successivo ribaltamento della pressa che era andata ad investire il G. che, schiacciato dal macchinario, è deceduto all'istante, ed il L., che ha riportato gravi lesioni.

In particolare, si è accertato che le operazioni di riposizionamento della pressa, del peso di 5.300 chilogrammi, appena revisionata dalla ditta produttrice (la "En." con sede in ***) e restituita alla "Br.", erano state da questa affidate alla "Bo. Trasporti" che, per assolvere all'incarico, aveva inviato i propri dipendenti, R. e P., che erano stati dotati di una gru montata su un autocarro, di tre carrelli o "carri armati" e di due martinetti idraulici, privi, tuttavia, di misuratore del livello di innalzamento.

Giunta la pressa, dunque, si era dapprima provveduto, all'esterno del capannone della "Br." a prelevarla dal mezzo di trasporto, dopo averla imbracata con le funi ed averla sollevata con la predetta gru, quindi a posizionarla sui carrelli, costituiti da piccole piattaforme fornite di ruote che consentivano lo spostamento del carico. Il posizionamento era avvenuto utilizzando tutti e tre i carrelli a disposizione, uno dei quali, quello posto anteriormente, era del tipo detto "a ralla (timone) oscillante" che consentiva una rotazione di 360 gradi e quindi di guidare il carico nella direzione voluta (gli altri due erano "a ralla fissa", cioè con capacità di muoversi solo in avanti o all'indietro).

In tal guisa posizionata, la pressa era stata spinta, con l'aiuto dei dipendenti della "Br.", G., L. e C.P.., diretti dal capo reparto C., all'interno del capannone verso il luogo del definitivo posizionamento. Giunti sul posto, erano stati collocati sotto la pressa, sui suoi lati più lunghi ed in prossimità dei due carrelli "a ralla fissa", e quindi dal lato opposto rispetto al carrello "a ralla oscillante", i due martinetti, azionati manualmente dai dipendenti della "Bo.", R. e P.. Sollevata la pressa di circa 12 centimetri e sfilati i due carrelli fissi, si era proceduto all'inserimento nel fondo della macchina dei "piedini antivibranti"; nel corso di tale operazione, a causa dell'asimmetrico sollevamento effettuato con i due martinetti, la pressa, sbilanciata, si era rovesciata travolgendo il G. ed il L..

Secondo l'accusa, condivisa dal tribunale, gli imputati, ciascuno nelle rispettive qualità, ha causato per colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e nella violazione delle norme per la prevenzione e la sicurezza dei luoghi di lavoro, la morte del G. e le lesioni lamentate dal L..

In particolare, per quanto oggi interessa, sono stati individuati i seguenti profili di colpa:

1) per il V.,
a) l'avere autorizzato il dipendente, capo reparto C., coimputato, a convenire con il R. di effettuare l'operazione di riposizionamento della pressa utilizzando i carrelli ed i martinetti, cioè con modalità certamente più semplici e tuttavia molto pericolose;
b) non avere provveduto ad adeguata formazione professionale dei propri dipendenti in punto di spostamento delle presse, le cui modalità erano sconosciute allo stesso C., al punto che egli ignorava che l'inserimento dei piedini antivibranti poteva avvenire dall'alto, e dunque senza che fosse necessario sollevare la pressa;

2) per C., l'imprudenza e l'imperizia che avevano caratterizzato le operazioni di innalzamento della pressa e di installazione dei piedini anti-vibrazione.

2 - Su appelli proposti da V.S., B.M. G. e C.P., la Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 24 marzo 2009, in parziale riforma della sentenza impugnata, concessa agli imputati l'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6 limitatamente al reato di omicidio colposo, ferme le già riconosciute circostanze attenuanti generiche, con espresso giudizio di prevalenza delle stesse sulle aggravanti contestate, tali implicitamente ritenute, secondo la stessa Corte, dal giudice di primo grado, ha rideterminato in undici mesi di reclusione la pena da infliggersi a ciascun imputato, con concessione del beneficio della non menzione e conferma, nel resto, della sentenza impugnata.

La Corte territoriale, dunque, ha ribadito la responsabilità degli imputati oggi ricorrenti, la cui colpa è stata essenzialmente individuata nell'avere eseguito (o consentito che fossero eseguite) in modo del tutto inadeguato, le richiamate operazioni di sollevamento, di trasporto e di riposizionamento della pressa, le cui dimensioni ed il cui peso avrebbero richiesto l'intervento di ben altre attrezzature e di ben più esperti operatori.

Quanto al tema della colpa, la Corte, richiamando le precise indicazioni contenute nel manuale di istruzioni fornito dall'azienda costruttrice della pressa, che raccomandava particolare cautela nelle operazioni di sollevamento e di trasporto della stessa, è giunta alle seguenti conclusioni:
a) che per le operazioni di sollevamento era indispensabile servirsi di una gru (o mezzo analogo), al cui gancio dovevano essere appese le funi con le quali la macchina doveva essere preventivamente imbracata;
b) che per le operazioni di trasferimento era ugualmente necessario che la macchina, durante il trasporto da un luogo all'altro, rimanesse agganciata alla gru, ovvero, ove non fossero disponibili adeguati mezzi di sollevamento, che la stessa fosse appoggiata su almeno tre tubi, di un determinato diametro, e si provvedesse alla loro uniforme rotazione.

Tali precise indicazioni, ha soggiunto il giudice del gravame, sono state ignorate dagli imputati. In particolare, la manovra di riposizionamento della pressa, eseguita all'interno del capannone, è avvenuta senza il ricorso di una gru e con l'uso di due martinetti, cioè con un sistema che non forniva alcuna sicurezza e che metteva a repentaglio l'incolumità degli operatori. Anche l'operazione di trasferimento della pressa è stata eseguita utilizzando un sistema del tutto diverso da quello indicato dal costruttore; essa, invero, è stata eseguita utilizzando non "almeno tre tubi" come prescritto nel richiamato manuale, ma tre carrelli sui quali poggiava solo una parte della pressa, che presentava una superficie ben più ampia.

La stessa Corte ha poi richiamato le conclusioni cui è pervenuto il consulente del P.M., il quale ha individuato nelle scorrette modalità di trasporto e di sollevamento della pressa la causa dello sbilanciamento e del ribaltamento della stessa, e quindi del grave infortunio. Quanto alle singole responsabilità, la Corte territoriale ha rilevato i seguenti profili di colpa: quanto al V., tra l'altro, l'aver commissionato l'esecuzione di tale operazione ad un'impresa non in grado di assolvere all'incarico con il rispetto delle modalità tecniche necessarie per operare in sicurezza; incapacità che doveva essere ben nota all'imputato, avendo la "Bo." in passato eseguito analoghi incarichi, sempre utilizzando carrelli e martinetti, cioè strumenti inadeguati; quanto al C., l'avere richiesto agli operai G., L. e C.P. di partecipare alle operazioni di riposizionamento della pressa, senza assumere le necessarie cautele a difesa dei suoi sottoposti.

3 - Avverso tale sentenza propongono ricorso per Cassazione, per il tramite dei difensori, V.S. e C.P..

1) Il V. deduce:

a) Violazione di legge per inosservanza degli artt. 178, 179, 180, 521 e 522 c.p.p., in relazione all'individuazione, da parte della Corte territoriale, di un profilo di colpa diverso rispetto a quello indicato nel capo d'imputazione. In particolare, sostiene il ricorrente che, mentre con l'originaria imputazione era stata individuata la colpa dell'imputato nell'avere egli omesso di predisporre, nei confronti dei propri dipendenti, una specifica attività di formazione ed informazione riguardo ai rischi connessi con le operazioni di assistenza al personale di ditte esterne incaricate del trasporto e della installazione dei macchinari dell'azienda e nell'avere omesso di promuovere il coordinamento con la ditta incaricata della esecuzione di tali operazioni all'interno della "Br.", ai fini della individuazione degli interventi di protezione e prevenzione dei relativi rischi, il giudice del gravame ha introdotto p. f) un diverso e mai contestato profilo di colpa, rappresentato dall'essersi rivolta la "Br.", per l'esecuzione delle predette operazioni, alla B. che non era in possesso delle capacità tecniche per eseguirle in sicurezza. Vi sarebbe dunque stata, secondo il ricorrente, in violazione dell'art. 521 c.p.p., una totale immutazione della condotta omissiva, del nesso causale e del profilo di colpa. Il tutto, con violazione del diritto di difesa;

b) Vizio di motivazione della sentenza impugnata, sotto il profilo della contraddittorietà e della manifesta illogicità, laddove la Corte territoriale ha posto a carico dell'imputato la mancata valutazione della delicatezza e delle difficoltà del trasporto e del riposizionamento della pressa, per il peso e l'ingombro della stessa, senza considerare che l'esecuzione di tali operazioni, proprio per la complessità che le connotava, erano state affidate alla "Bo.", cioè ad un'impresa specializzata in trasporti eccezionali ed industriali. L'imputato, si sostiene nel ricorso, non aveva alcuna competenza in materia e non conosceva, né era tenuto a conoscere, quali fossero le attrezzature idonee ad eseguire quelle operazioni.

2) C. deduce:

Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, laddove all'imputato è stata attribuita la colpa di avere cooperato nella consumazione dei reati contestati in quanto capo reparto della "Br." addetto, per conto della stessa società, al posizionamento della pressa, laddove era emerso dalle testimonianze in atti che l'imputato non aveva svolto tali funzioni ma si sarebbe limitato ad indicare ai dipendenti della "Bo." il luogo ove la pressa doveva essere posizionata.

3) Gli stessi V. e C., ulteriormente e congiuntamente deducono, ancora:

a) Vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 114 c.p. sul rilievo che, quali titolare (il primo) e preposto (il secondo) della "Br." non potevano avere responsabilità inferiori rispetto a quelle attribuite agli operai R. e P., laddove il riconoscimento della citata attenuante non dipende dalla qualifica ricoperta dai concorrenti (operaio, imprenditore o preposto), bensì dall'incidenza causale delle condotte di ciascuno;

b) Violazione dell'art. 79 c.p.p. con riguardo alla costituzione delle parti civili L.G. e B.L., ammessa benché la stessa fosse intervenuta in ritardo, quando ormai nella prima delle udienze di trattazione della causa davanti al tribunale (del 10.5.05) si era proceduto alla costituzione delle parti, oltre che alla declaratoria di contumacia degli imputati assenti ed alla verifica della presenza dei testimoni. La questione era stata subito sollevata davanti al tribunale che l'aveva ritenuta infondata in ragione del fatto che, dopo i richiamati adempimenti, l'udienza era stata rinviata ad altra data senza che fosse dichiarato aperto il dibattimento; giudizio ribadito dal giudice del gravame, al quale la questione era stata riproposta.

Con ulteriore motivo, il C. deduce ancora la violazione degli artt. 125, 546, 598 e 444 c.p.p., in relazione al mancato esame della richiesta di applicazione di pena avanzata dall'imputato in sede di udienza preliminare e respinta per mancato consenso del P.M., reiterata davanti al giudice dibattimentale e riproposta nei motivi d'appello.

Il giudice del gravame ha esaminato la questione con riguardo al V. ma non avrebbe preso in considerazione, secondo il ricorrente, la posizione del C..

4 - Ambedue i ricorsi sono infondati.

1) V.S..
a) Inesistente è il primo motivo di ricorso.

In realtà, la Corte territoriale, richiamate le fasi più salienti del dibattimento di primo grado e le conclusioni alle quali era pervenuto il primo giudice, ha ribadito che l'incidente era stato causato dalla inadeguata esecuzione dei lavori di sollevamento, trasporto e posizionamento della pressa, che avrebbero richiesto, a giudizio della stessa Corte, competenze tecniche ben maggiori rispetto a quelle garantite dal personale della ditta Bo. ed attrezzature di altro livello. Ha anche ribadito che l'utilizzo, per dette operazioni, anche del personale della "Br." - cui non era stata fornita alcuna specifica informazione circa i rischi connessi alle diverse mansioni alle quali erano stati occasionalmente assegnati - era avvenuto in assenza di un preciso piano di coordinamento tra gli interventi degli operai delle due ditte.

Il giudice del gravame, quindi, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, non ha per nulla escluso, ma ha ribadito, attraverso i richiami alla sentenza di primo grado e, più specificamente, alle cause dell'infortunio ed alle maldestre modalità di esecuzione dei lavori in questione, i profili di colpa già individuati per ciascun imputato. Il riferimento, nella sentenza impugnata, alla non accorta scelta, da parte della "Br." della ditta incaricata del trasporto e del riposizionamento del macchinario, non si presenta, come sostiene il ricorrente, come la individuazione di un diverso profilo di colpa, bensì solo come argomento ulteriore diretto a contrastare l'assunto dell'imputato, rassegnato nei motivi d'appello, secondo cui egli non avrebbe potuto assumersi in colpa perché al momento dell'incidente si trovava all'estero. A fronte di tale obiezione, correttamente il giudice del gravame ha rilevato come, in ogni caso, la responsabilità dello stesso derivasse anche dalla non oculata scelta della ditta in questione. Non si è trattato, quindi, di una modifica del quadro fattuale, normativo, causale, ma solo di una ulteriore specificazione conseguente ad una osservazione difensiva.

Il "fatto", in altri termini, è rimasto lo stesso, così come inalterata è rimasta la contestazione di base, e cioè di avere provocato, per violazione delle regole generali di diligenza, prudenza e perizia e per violazione delle norme sulla prevenzione e sicurezza dei posti di lavoro, l'infortunio che ha coinvolto il G. ed il L.; contestazione dalla quale l'imputato si è certamente adeguatamente difeso. Peraltro, a proposito di correlazione tra contestazione e sentenza, questa Corte, con giurisprudenza costante e risalente, ha affermato che: "Nei procedimenti per reati colposi, la sostituzione o l'aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell'obbligo di contestazione suppletiva di cui all'art. 516 c.p.p., e dell'eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'art. 521 c.p.p." (Cass. n. 2393/06).
Anche alla luce di tali principi, nessuna immutazione del fatto può invocare il ricorrente nè difficoltà di sorta nella conduzione di un'efficace difesa.

b) Chiaramente inesistente è anche il vizio di motivazione dedotto con il secondo motivo di ricorso.

Invero, i giudici del merito hanno condivisibilmente sostenuto che la circostanza che l'imputato si fosse rivolto ad un'impresa di trasporti, sia pure qualificata - pur se, nella realtà, tale non si è dimostrata - non lo rendeva indenne dall'obbligo:
1) di assicurare, in via generale, all'interno dell'azienda, le migliori e più sicure condizioni di lavoro per chiunque vi si fosse trovato ad operare,
2) di incaricare, per un'operazione tanto rischiosa, un'impresa che non fosse solo in possesso della formale specializzazione ad eseguire trasporti speciali, ma anche che, da un lato, disponesse dei mezzi e del personale adeguato allo scopo, dall'altro, che di tali personale e mezzi essa realmente si servisse nell'esecuzione dell'incarico affidatole, laddove ne era emersa l'assoluta insufficienza in occasione di precedenti analoghe prestazioni commissionate alla Bo.,
3) di curare, ove, come accaduto, fosse stato necessario l'intervento anche dei suoi operai, sia la specifica formazione professionale degli stessi, sia il coordinamento con il personale della Bo., laddove è emerso che nessuno degli intervenuti sapeva come operare; tanto che si è provveduto, per eseguire le operazioni di posizionamento, ad un assurdo sollevamento asimmetrico della pesante pressa che, fortemente sbilanciata, è precipitata sugli operai.
Hanno, altresì, legittimamente rilevato che all'imputato doveva necessariamente riconoscersi, in ragione della sua qualità, un preciso ruolo di garanzia, circa il rispetto delle norme di prevenzione e di sicurezza del lavoro, anche per assicurare il corretto svolgimento di attività eseguite locali della sua azienda, pur affidate ad altra impresa.

Ciò, in specie, ove si consideri che egli, attraverso il suo dipendente all'uopo preposto, si è decisamente ingerito nell'esecuzione di tali attività, avendo addirittura fornito il proprio personale, ma senza preoccuparsi di prendere visione delle istruzioni contenute nel manuale predisposto dal costruttore della macchina e di disporre che gli spostamenti della pressa fossero eseguiti seguendo dette istruzioni.

A fronte della coerenza e conducenza di tali argomentazioni, del tutto manifesta si presenta l'infondatezza della censura in esame.

2) C.P..
a) Manifestamente infondato è il vizio di motivazione dedotto con l'originario atto d'impugnazione. Invero, il giudice del gravame, alla stregua degli elementi probatori acquisiti, ha legittimamente affermato che l'imputato aveva svolto un ruolo decisivo nella determinazione dell'evento anzitutto avendo, in quanto caporeparto e preposto ai lavori, dato ordine ai suoi operai, tra i quali le due sfortunate vittime, di prendere parte alle operazioni di trasporto e di riposizionamento della pressa, senza curarsi che le operazioni sopra indicate avvenissero seguendo le indicazioni contenute nel richiamato manuale e che le stesse fossero effettuate in assoluta sicurezza, principalmente proprio con riguardo ai suoi sottoposti, da lui chiamati a svolgere mansioni per le quali non erano preparati.

Condotta che già evidenzia evidenti e significativi profili di colpa e rende del tutto inutile individuare quale parte egli abbia preso, concretamente, nelle operazioni di risistemazione della pressa.

E tuttavia, giustamente il giudice del gravame ha rilevato, richiamando le dichiarazioni rese dai testi L. e Cr., che l'imputato non si era limitato a dare disposizioni ai suoi sottoposti, ma si era anche personalmente ingerito nelle operazioni di trasporto e di riposizionamento della pressa, svolgendo le mansioni di coordinatore delle stesse. Ciò è stato negato dal ricorrente, che ha richiamato quanto sul punto sostenuto dal coimputato R.V., le cui dichiarazioni sono riportate nell'atto d'impugnazione. E tuttavia, a prescindere dalla ammissibilità della censura, che elabora considerazioni in punto di fatto, non proponibili nella sede di legittimità, rileva la Corte che il R. non ha affermato cosa diversa rispetto a quanto sostenuto dai testi più sopra indicati, avendo egli sostanzialmente ribadito che l'imputato aveva personalmente preso parte attiva e rilevante nelle operazioni in questione, aveva svolto il ruolo di coordinatore, impegnato a dare agli operai "le indicazioni, le misure", nell'ovvio rispetto delle sue specifiche funzioni.
b) Ugualmente insussistente è il vizio dedotto dal C. per il tramite del secondo difensore, avv. Biancato, relativo al mancato esame, da parte dei giudici del gravame, della richiesta di patteggiamento della pena. Si sostiene nel ricorso che detta richiesta, formulata nel corso dell'udienza preliminare e non accolta dal P.M., era stata reiterata in sede di giudizio di primo grado; a riprova di ciò il ricorrente si limita a richiamare quanto segnalato dal primo giudice alla pag. 5 della sua sentenza.

Orbene, ritiene la Corte che da tale segnalazione non emerga quanto asserisce il ricorrente. In realtà, alla pagina indicata sono state riportate le conclusioni rese dal difensore del V. e del C. in esito alla discussione finale; conclusioni caratterizzate dalle richieste di assoluzione o, in subordine (riconosciute le circostanze attenuanti generiche e del risarcimento del danno), di condanna alla pena di sei mesi di reclusione "con conversione pena detentiva in pena pecuniaria così come richiesto ex art. 444 c.p.p., in udienza preliminare, in subordine benefici di legge".

Affermazione, quest'ultima, con la quale certamente non si richiama, come vorrebbe il ricorrente, una nuova richiesta di patteggiamento, formulata tempestivamente in sede di giudizio, bensì solo si richiede, in caso di condanna, una pena uguale a quella a suo tempo proposta e non assentita dal P.M.. A conferma di ciò basterà rilevare che, a parte il riportato riferimento, nella sentenza impugnata non si accenna né ad ulteriori proposte di patteggiamento avanzate dall'imputato, né a mancati assensi del P.M., ancor meno a consensi, né a richieste dell'imputato di ritenere ingiustificato un eventuale dissenso, né a decisioni in merito da parte del giudice. Ne consegue, che nessuna richiesta di patteggiamento è stata ritualmente proposta dall'imputato nel corso del primo giudizio, donde la manifesta infondatezza del motivo proposto.

3) Infondati sono anche i restanti motivi, congiuntamente proposti dai due ricorrenti.
a) Inesistente è il vizio di motivazione relativo alla mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 114 c.p. In realtà, il giudice del gravame, sia pure in termini sintetici, ha tuttavia chiaramente rilevato che per, le qualifiche rispettivamente rivestite dai due imputati all'interno della "Br." (legale rappresentante il V., capo reparto il C.), il loro apporto causale, rispetto all'evento determinatosi, mai avrebbe potuto ritenersi marginale, specie con riguardo alle condotte degli imputati R. e P., semplici operai della "Bo.", cui detta attenuante non è stata concessa.
b) Non sussiste, infine, la dedotta violazione dell'art. 79 c.p.p., in relazione all'asserita intempestività della costituzione di parte civile di L.G. e B.L..

Con riguardo al L., la censura si presenta manifestamente infondata, posto che costui risulta essersi costituito ritualmente, davanti al Tribunale di Lecco, alla prima udienza dibattimentale del 10 maggio 2005; costituzione successivamente solo ribadita all'udienza di rinvio del 14 giugno. Mentre poco chiari, a fronte di tali precisi e non contestati passaggi processuali, sono i generici riferimenti, nel ricorso, alla nomina, da parte del L., di un secondo difensore, ad un precedente difensore mai revocato, a conclusioni presentate da un difensore non legittimato, laddove dall'esame di ambedue le sentenze di merito risulta che il difensore del L. ha regolarmente rassegnato le proprie conclusioni.

Quanto alla B., osserva la Corte che la stessa risulta essersi costituita all'udienza del 14 giugno, alla quale il procedimento è stato rinviato prima che, con la formale dichiarazione di apertura del dibattimento, fosse completata la fase di costituzione delle parti. Tempestiva è stata, quindi, giustamente ritenuta dal giudice del gravame tale costituzione, alla stregua dei principi affermati, in proposito, da questa Corte (Cass. n. 4972/2007).

I ricorsi devono essere, dunque, rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione, in favore delle costituite parti civili, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese a favore delle parti civili, che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.