REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANATO Graziana
Dott. MARZANO Francesco
Dott. ZECCA Gaetanino
Dott. MAISANO Giulio
Dott. MARINELLI Felicetta

- Presidente
- Consigliere
- rel. Consigliere
- Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) V.G. ***;
avverso la sentenza n. 1968/2006 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 01/02/2007;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/02/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANINO ZECCA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giuseppe Febbraro il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito per l'imputato l'Avvocato Arancini Annarosa che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

RILEVATO IN FATTO

La Corte di Appello di Firenze in esito all'udienza del 1/2/2007, in parziale riforma della sentenza di condanna pronunziata dal Tribunale di Pistoia, Sezione distaccata di Pescia, ha dichiarato interamente condonata la pena già inflitta all'imputato Va. per il delitto di cui agli articolo 590 c.p., articolo 583 c.p., comma 1, nn. 1 e 2, per un infortunio occorso il *** al lavoratore subordinato A.L., durante la manutenzione di una macchina sfaldatrice della srl C.P.e.P. che, all'epoca del fatto, aveva per amministratore unico l'odierno ricorrente V.G..

Il V. ha proposto ricorso per Cassazione per ottenere l'annullamento del provvedimento appena sopra menzionato.

All'udienza pubblica del 19/2/2010 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.

RITENUTO IN DIRITTO

Parte ricorrente denunzia:

1) Errata applicazione della legge penale con riferimento all'articolo 41 c.p., comma 2, nonché contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento alla determinazione del nesso di causalità e alla condotta abnorme posta in essere dal lavoratore.
Il motivo censura sotto specie di illogicità la ricostruzione in fatto operata dalla sentenza impugnata e allega la alternativa, definita plausibile, di un comportamento abnorme del lavoratore che avrebbe cominciato la lavorazione/manutenzione con la macchina accesa e i rulli in movimento. Tale vietata condotta del lavoratore, idonea a neutralizzare il presidio degli strumenti forniti per la pulizia a distanza, costituirebbe causa sopravvenuta atipica e non prevedibile autonomamente sufficiente a produrre l'evento;

2) errata applicazione della legge penale con riferimento all'articolo 40 c.p., nonché contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento alla evitabilità dell'evento ed alla corretta impostazione del giudizio controfattuale.

Rileva il ricorrente che il profilo di colpa omissiva contestato al V. consisterebbe nella mancata adozione delle protezioni previste in ordine alla macchina di lavorazione denominata "lupa" ma che la inadeguatezza delle prescrizioni formulate dall'ispettorato dopo l'infortunio, esplicitamente affermata in sentenza, dimostrerebbe che l'evento anche dopo l'apprestamento dei presidi di protezione prescritti ( e asseritamene simili a quelli dichiarati esistenti sulla macchina ma asseritamente rimossi dal dipendente al momento dell'infortunio) sarebbe stato inevitabile. La colpa del datore di lavoro non sarebbe individuabile e, per questo, l'abnormità della condotta del lavoratore ne risulterebbe amplificata. Il presidio immaginato dalla sentenza costituirebbe viceversa escogitazione estranea alla contestazione e al contraddittorio, sicché per un verso sarebbe giuridicamente impossibile la individuazione di una colpa misurata sulla escogitazione "ex post" del collegio e per altro verso sarebbe impossibile l'affermazione di una responsabilità certa oltre ogni ragionevole dubbio nell'osservanza della regola di giudizio fissata dall'articolo 533 c.p.p., comma 1;

3) contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento alla omessa valutazione della posizione di garanzia in rapporto alla sussistenza di una valida delega di funzioni.

La Corte non avrebbe adeguatamente motivato sulla necessità della esistenza di una delega di funzioni antinfortunistiche correlata e coerente alla provata delega di poteri organizzativi nell'ambito di una struttura con divisione gerarchica delle responsabilità.

Questa Corte rileva che la sentenza di appello opera un espresso rinvio alla motivazione di primo grado, che fa propria, salvo aggiungere ulteriori argomentazioni, corrispondenti ai problemi posti con le censure di appello. Il compendio motivazionale da esaminare nella prospettiva delle censure di legittimità è dunque unitario.

Il primo motivo è inammissibile perché oppone alla motivata ricostruzione in fatto delle due sentenze di merito una versione alternativa in fatto non ammissibile nel giudizio di legittimità.
Il giudice di legittimità opera un controllo della esatta osservanza delle norme applicate e della mancanza di vizi nella logica argomentativi utilizzata, ma non ha il compito di sovrapporre alla valutazione e alla ricostruzione del fatto operata dal giudice di merito una ulteriore valutazione.

Il secondo motivo presuppone una situazione di fatto diversa da quella accertata in ordine alla assenza di qualsiasi presidio idoneo ad evitare il contatto di qualsiasi operatore con i rulli della macchina in movimento.
Egualmente presuppone un abnorme comportamento del dipendente che già il primo giudice, con adeguata valutazione del testimoniale raccolto sul punto, ha escluso sottolineando anzi che all'atto dell'infortunio l'infortunato svolgeva proprio le operazioni comandate dal caporeparto M..
Peraltro il rapporto di causalità tra operazioni lavorative e infortunio è stato scandagliato in relazione alle concrete condizioni nelle quali l'attività di lavoro fu ordinata e fu svolta.
La previsione di una possibilità abnorme di elusione delle misure disposte dall'ispettorato non ha nulla a che vedere con l'esito del giudizio controfattuale costruito dal ricorrente su quella eventualità solo ipotizzata e ipotizzata come elusiva.

Il terzo motivo è affidato alla ipotesi di una necessaria coerenza interna di una organizzazione della quale mai sono stati individuati gli elementi caratterizzanti. Tale terza censura neppure nega la accertata inesistenza di una delega con i requisiti formali di una delega di funzioni incidente sul diritto alla salute e sulla posizione di garanzia antinfortunistica.

Tutto ciò posto rileva la Corte che il reato addebitato ebbe a consumarsi il *** secondo quanto risulta dalla contestazione e dagli atti ritualmente acquisiti al processo.
Il reato addebitato, per il quale la sentenza di primo grado ha pronunziato in data 14/12/2005, è perciò estinto per prescrizione fin dal 2/5/2008 e dunque da epoca successiva a quella di pronunzia della sentenza di appello.
La valida instaurazione del rapporto impugnatorio realizzato dal ricorso per cassazione impone ex articolo 129 c.p.p., di dichiarare tale estinzione con il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Il ricorso deve, per le ragioni più sopra illustrate, essere rigettato agli effetti civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione; rigetta il ricorso agli effetti civili.