REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE
SEZIONE CIVILE-CONTROVERS1E DEL LAVORO

Il Tribunale Ordinario di Trieste, sezione civile - controversie del lavoro, nella persona del Giudice del lavoro dott.ssa Annalisa Barzazi, all'udienza del 16 marzo 2010 ha pronunciato, ai sensi degli artt. 281 sexies, 420 c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 23/08, promossa con ricorso depositato in data 18.1.2008;
DA
C.C., rappresentata e difesa dagli avvocati Franco e Carlo Berti, Paolo e Piero Longo, domiciliatari, giusta procura a margine del ricorso;
ricorrente;
CONTRO
ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del direttore regionale, rappresentato e difeso dagli avv. Renzo Baldo e Cinzia De Ciantis, per procure generali alle liti a rogito Notaio Malacrea di Trieste dell'8.2.2005 nn. rep. 249700 e 249702, domiciliato presso l'ufficio dell'Avvocatura Regionale dell'Istituto in via F. Severo n. 12;
resistente.
In punto: condanna al pagamento dell'indennizzo o della rendita per malattia professionale.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ricorso al Tribunale Ordinario di Trieste, in funzione di giudice delle controversie di lavoro e previdenziali, depositato il 18.1.2008, C.C. esponeva di aver lavorato per due anni, dall'aprile 2002 sino allo stesso mese del 2004, presso l'azienda O.S. s.n.c, con sede in Muggia, con mansioni di operaia addetta alla cucitura e all'incollaggio di vele per imbarcazioni da diporto. Assegnata al reparto vele leggere, tre o quattro volte la settimana provvedeva all'incollaggio delle vele, precedentemente assemblate con nastro biadesivo, utilizzando un adesivo spray denominato S.M. della 3., contenente acetone, eptano, esano e pentano; l'incollaggio avveniva all'interno di un locale ricavato nel servizio igienico per disabili, della superficie di m. 2x3, dotato di una finestrella per l'aerazione naturale, privo di alcun sistema di aspirazione; la C. affermava di non avere a disposizione maschere per la protezione delle vie respiratorie. Le fasi di incollaggio duravano da un'ora a quattro ore al giorno, con l'impiego di un numero di bombolette di colla variabile da tre a dieci; la colla si diffondeva nel locale ed andava ad aderire sui vestiti, sulle mani e sui capelli. La ricorrente allegava di aver utilizzato, quasi quotidianamente, per un'ora al giorno, anche un altro tipo di colla, denominata C.B.; affermava di aver rassegnato le dimissioni a causa dell'insostenibilità delle condizioni di lavoro e di essere stata assunta dalla ditta E., presso la quale, con mansioni di velaia, provvedeva all'assemblaggio delle vele mediante cucitura a macchina e solo occasionalmente utilizzava la C.B., avendo però a disposizione maschera protettiva, guanti e occhiali.

Successivamente aveva prestato servizio presso lo stabilimento T., come addetta alle macchine dei reparti binatura e ritorcitura, venendo sottoposta alla sorveglianza sanitaria. La ricorrente esponeva che, anche prima di lavorare presso la O.S., occasionalmente aveva sofferto di abbassamenti di voce, nel periodo invernale; tali fenomeni si erano presentati con maggiore frequenza, sino a divenire costanti, nel periodo di lavoro presso la O.S.. Nell'aprile 2005 le era stato diagnosticato un carcinoma squamoso laringeo e una displasia media e grave dell'epitelio pavimentoso stratificato alla fossa nasale destra, patologie per le quali era stata sottoposta ad intervento chirurgico nel maggio 2005. La ricorrente concludeva per l'accertamento dell'eziologia professionale della malattia e della conseguente invalidità permanente non inferiore al 10%. con condanna al pagamento dell'indennizzo o della rendita, chiedendo, in via istruttoria, l'ammissione di prove testimoniali e di consulenza tecnica d'ufficio.

Si costituiva l'INAIL, sostenendo che, quand'anche si fosse considerata provata l'esposizione ad irritanti, nondimeno, sarebbe risultato troppo breve il tempo di latenza tra l'esposizione e l'insorgenza della malattia, della quale causa scatenante doveva ritenersi in realtà l'abitudine al fumo della ricorrente. L'Istituto concludeva per il rigetto della domanda, chiedendo l'ammissione di prove testimoniali e l'espletamento di indagini tecniche volte ad accertare entità e concentrazione degli irritanti nelle colle impiegate dalla ricorrente e a stabilire la sussistenza del nesso di causalità tra la malattia e l'attività lavorativa.

La causa è stata istruita mediante testimonianze e consulenza tecnica d'ufficio.

Le deposizioni dei testi e le informazioni raccolte ai sensi dell'art. 421 c.p.c. da due dei soci della O.S. s.n.c. hanno confermato l'impiego, da parte della ricorrente, delle colle S.M. della 3. e B. della S., all'interno di un servizio igienico con una superficie di m. 2x3, privo di sistemi di aspirazione, nel quale l'aerazione poteva avvenire a mezzo di una piccola finestra. Le deposizioni dei testimoni non sono risultate concordi quando ai tempi di utilizzo, da parte della C., dei citati collanti; se il B. ha riferito di un tempo dedicato all'incollaggio che poteva andare da un'ora a quattro ore al giorno, R., precisato di aver lavorato a tempo pieno, mentre la C. solo la mattina, quattro o cinque ore al giorno, affermava che il tempo da dedicare all'incollaggio era molto variabile, in relazione al tipo di produzione; talora gli era successo di dedicarsi all'incollaggio per un'intera giornata. Le deposizioni dei testi non sono state univoche nemmeno in ordine all'aspetto della messa a disposizione della ricorrente di dispositivi individuali di protezione, segnatamente della mascherina, esclusa dal B. ed affermata invece dal R..

Il consulente tecnico d'ufficio ha acquisito le schede di sicurezza delle due colle delle quali l'istruttoria ha confermato l'impiego da parte della ricorrente, accertando che in nessuna delle due erano contenuti componenti cancerogeni ma che in entrambe erano presenti elementi irritanti (acetone, nafta, n-esano per la colla S. M., acetone per la C. B.). Per il collante spray l'azienda produttrice raccomanda di evitare l'inalazione di vapori e raccomanda di utilizzare con adeguata aspirazione localizzata e non in area confinata o con ventilazione minima, di impiegare una ventilazione generalizzata o localizzata per mantenere l'esposizione agli aerodispersi al di sotto dei limiti di esposizione professionale, indicati, di impiegare protezioni per le vie respiratorie in caso di ventilazione inadeguata. Anche per la colla B., il produttore raccomanda una buona ventilazione nel luogo di lavoro, mediante aspirazione locale o scarico dell'aria viziata, precisando i valori limite di esposizione sul luogo di lavoro, superati i quali le vie respiratorie debbono essere protette.

Nella sua relazione il consulente d'ufficio ha premesso in linea generale che:
- la cancerogenesi prevede l'iniziazione ad opera di una sostanza cancerogena/mutagena e la successiva proliferazione ad opera di sostanze promotrici;
- che il maggior fattore di rischio per l'insorgenza del carcinoma alla laringe è rappresentato dal fumo di tabacco, con relazione lineare tra numero di sigarette fumate ed entità del rischio di malattia;
- che il citato carcinoma di regola insorge tra i 50 e i 70 anni di età.
La ricorrente ha dichiarato alla dott.ssa B. di aver fumato dai 19 ai 23 anni cinque sigarette al giorno, dai 23 ai 25 anni quindici sigarette al giorno, dai 26 anni sino al 2005 cinque sigarette al giorno; la neoplasia è stata diagnosticata alla C. quando essa aveva 43 anni.

La dott.ssa B., sulla scorta delle deposizioni raccolte, dei dati tecnici acquisiti e della letteratura scientifica, ha ritenuto probabile che il carcinoma laringeo e la displasia grave del polipo nasale, diagnosticate e trattate chirurgicamente nel 2005, siano state concausate dal fumo di sigaretta e dall'esposizione professionale alle sostanze irritanti contenute nelle colle utilizzate tra l'aprile 2002 e l'aprile 2004, in assenza di adeguato controllo sull'esposizione, determinando il grado di invalidità permanente nel 10%.

Con riferimento alle osservazioni formulate dal consulente dell'Istituto, fondate sulla breve durata tra l'inizio dell'esposizione e la manifestazione clinica della malattia e il limitato rilievo dell'esposizione ad acetone rispetto al consumo di tabacco, la dott.ssa B. ha rilevato che nell'eziopatogenesi della malattia neoplastica assume maggior rilevanza l'intensità dell'esposizione agli irritanti piuttosto che la durata della lavorazione e che il tumore alle corde vocali produce una sintomatologia precoce che consente una diagnosi precoce.

Le conclusioni cui è pervenuto il consulente tecnico d'ufficio sono pienamente condivisibili per la scrupolosa indagine condotta ed il corretto sviluppo delle argomentazioni da un punto di vista logico.

Nel caso di specie, infatti, l'insorgenza precoce della malattia in un soggetto modesto fumatore conferma l'elevata probabilità che l'esposizione alle sostanze irritanti contenute nelle colle sia stata concausa della malattia.

Tenuto conto che anche nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali deve trovare applicazione la regola, contenuta nell'art. 41 c.p., dell'equivalenza delle condizioni, salvo il sopravvenire di un fattore interruttivo del nesso causale (tra le tante, Cass., sez. lav., 4.6.2008, n. 14770; Cass., sez. lav., 9.9.2005, n. 17959), deve affermarsi la natura professionale della malattia denunciata dalla ricorrente. L'Istituto ricorrente deve essere condannato al pagamento dell'indennizzo dovuto per l'accertata invalidità permanente al 10%.

Gli oneri della consulenza tecnica d'ufficio, che si liquidano in Euro 580,00 per onorario, da maggiorarsi per contributo previdenziale ed IVA, se dovuti, debbono essere posti a carico dell'Istituto resistente.

L'I.N.A.I.L.. deve altresì essere condannato alla rifusione delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, in favore del ricorrente, attesa la soccombenza, con distrazione in favore dei procuratori, dichiaratisi anticipatari. La statuizione sulle spese deve ritenersi provvisoriamente esecutiva, ove si consideri la sua autonomia e il tenore dell'art. 282 c.p.c, che non consente di distinguere in ordine alla natura della decisione cui consegue la condanna alle spese.

P.Q.M.

ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando:
- accertata l'eziologia professionale della malattia denunciata dalla ricorrente e valutata la conseguente menomazione nel grado del 10%,
- condanna l'I.N.A.I.L. a corrispondere alla ricorrente l'indennizzo di cui art. 13 del D.L.vo 23.3.2000 n. 38;
- pone a carico dell'Istituto resistente le spese della consulenza tecnica d'ufficio espletata, che liquida in complessivi Euro 580.00, da maggiorarsi per contributo previdenziale e I.V.A., se dovuti;
- condanna l'Istituto resistente al pagamento delle spese processuali in favore della ricorrente, che liquida in complessivi Euro 3.354,19, di cui Euro 1.461,50 per diritti, Euro 1.520.00 per onorario. Euro 372,69 per rimborso forfetario spese generali, oltre ad IVA, se dovuta, e CNPA, con distrazione in favore dei procuratori dichiaratisi anticipatari; capo provvisoriamente esecutivo.

Così deciso in Trieste, il 16 marzo 2010.

Depositata in cancelleria il 29 marzo 2010