REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCALI Piero
Dott. IACOPINO Silvana
Dott. MAISANO Giulio
Dott. MARINELLI Felicetta
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- rel. Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) C.R. N. IL ***;
1) P.S.;
avverso la sentenza n. 2718/2006 CORTE APPELLO di CATANIA, del 06/06/2007;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI;
udito il P.G. in persona del Dott. Geraci Vincenzo che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

C.R. ricorreva in Cassazione avverso la sentenza emessa in data 6.06.2007 dalla Corte di Appello di Catania, con la quale, in parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale della stessa città, che l'aveva ritenuto responsabile del reato di lesioni personali colpose, commesso in violazione delle norme sulla disciplina del lavoro in danno di M.C. e condannato alla pena, sospesa, di mesi due di reclusione e al pagamento delle spese processuali, era stato ritenuto il concorso della persona offesa nella causazione dell'evento nella misura del 30 per cento. La parte civile M.C. presentava tempestiva memoria ex art. 121 cod. proc. pen..
A C.R., operatore gruista della Ditta C. s.r.l., era stato contestato di avere omesso, nell'effettuare le manovre di sollevamento del carico, di adottare le necessarie misure per assicurare la stabilità del carico stesso in modo da evitarne il passaggio sopra i lavoratori.
In particolare gli era stato contestato di avere eseguito la manovra di sollevamento del carico senza avere avuto alcun segnale in tale senso dalla persona offesa, operatore a terra addetto all'imbracatura, cosi provocando con il movimento della gru, un improvviso movimento dei tubi ed il conseguente schiacciamento della mano destra della persona offesa M.C..

Motivi della decisione

Il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
1) violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b per inosservanza ed erronea applicazione del D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 169 e 186, violazione altresì dell'art. 606 cod. proc. pen. per manifesta illogicità della sentenza, in quanto la Corte territoriale, da una parte sosteneva che il ricorrente è stato assolto in primo grado dalle contravvenzioni di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 169 e 186 perché tali fatti non sono più previsti dalla legge come reato, dall'altra ha ritenuto che egli avrebbe comunque violato la normativa sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Rilevava sul punto la difesa del ricorrente che il C. dovrebbe rispondere solo del reato di lesioni colpose, procedibile a querela della persona offesa, querela che non è mai stata presentata.
2)Violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e) per contraddittorietà e illogicità della motivazione, in quanto la Corte territoriale aveva ritenuto per la massima parte responsabile dell'incidente la persona offesa M., ma poi aveva ritenuto che la stessa fosse responsabile a titolo di concorso solo nella misura del 30 per cento.
Secondo il ricorrente, una volta ritenuto il concorso della persona offesa, la Corte territoriale avrebbe dovuto diminuire e non confermare la pena precedentemente comminata e avrebbe dovuto comunque fornire idonea motivazione sulla omessa inflizione della sola sanzione pecuniaria.

Il reato ascritto al ricorrente, commesso in Catania in data 28.8.2000 sarebbe comunque prescritto, essendo trascorsi ben più di sei anni dalla data di commissione dello stesso.

Tanto premesso si osserva che il reato ascritto a C.R., commesso nell' ***, alla luce della nuova normativa, si prescrive ai sensi dell'art. 157 cod. pen., con il decorso del termine di anni sette e mesi sei (anni sei e aumento massimo pari ad anni uno e mesi sei per la presenza degli atti interruttivi).
Il reato in questione, pertanto, alla data odierna deve ritenersi prescritto, mentre lo stesso non era prescritto alla data della sentenza impugnata emessa dalla corte di appello di Catania in data 6.06.2007.

La sentenza impugnata deve essere quindi annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
Peraltro, ai sensi dell'art. 578 cod. proc. pen., l'estinzione del reato non esime i giudici di questa Corte dal pronunciarsi sulla condanna del ricorrente e del responsabile civile al risarcimento dei danni in favore della parte civile e quindi dall'approfondito esame dei motivi di ricorso.

Passando all'esame del primo motivo, si rileva che la corte di appello di Catania aveva ribadito che il C. era stato assolto dalla contestazione di cui al capo 1 (violazione del D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 169 e 186) non già perché egli non avesse violato le norme contestate, ma perché le stesse non erano assistite da sanzione penale e che pertanto ugualmente sussisteva la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

La Corte territoriale ha quindi concluso che l'imputato "effettuava le operazioni di sollevamento del carico senza essersi preventivamente accertato della stabilità dello stesso e senza avere atteso e preteso l'allontanamento del M. dall'autocarro, luogo in cui l'eventuale caduta del carico avrebbe costituito grave pericolo per l'operatore stesso". Correttamente, quindi, i giudici di merito hanno ritenuto il C. colpevole del reato di lesioni colpose gravi in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolare in violazione del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, artt. 169 e 186.

La sentenza impugnata evidenzia infatti, con motivazione chiara e logica, che il C., operatore gruista, ha eseguito una operazione di sollevamento del carico in maniera errata, eseguendo la manovra senza che gli fosse stata data alcuna indicazione in tal senso da parte dell'operatore di terra (che anzi indicava il segnale di arresto) e quando sia il M., sia il dipendente G.C., escusso quale teste nel corso del giudizio di primo grado, si trovavano ancora sotto il carico con evidente grave pericolosità dell'operazione.
Secondo il C., peraltro, le disposizioni antinfortunistiche violate sarebbero dirette ai soli dirigenti aziendali e quindi avrebbe dovuto escludersi la corrispondente aggravante con la conseguente declaratoria di non procedibilità per mancanza di querela.
Tale censura non è fondata.
Le disposizioni antinfortunistiche di cui sopra si rivolgono infatti non soltanto ai preposti e ai dirigenti, ma anche ai prestatori d'opera.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, "le disposizioni in materia di prevenzione sugli infortuni sul lavoro si applicano anche ai prestatori d'opera" (cfr Cass., Sez. 4, Sent. n. 3433 del 13 ottobre 2004) e ancora: "in materia di lesioni colpose, se i fatti sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale, sussiste sempre la procedibilità di ufficio, ai sensi dell'art. 590 c.p., comma 5, indipendentemente dalla qualifica rivestita dall'imputato, in quanto le valutazioni di carattere soggettivo non influiscono sulla procedibilità" (cfr Cass., Sez. 4, Sent. n. 3766 del 2 luglio 2004).

Correttamente pertanto i giudici della Corte territoriale hanno ritenuto sussistente l'aggravante prevista nell'art. 590 cod. pen., comma 5 e la conseguente procedibilità di ufficio, atteso che l'imputato ha certamente tenuto una condotta contraria alla prudenza, diligenza e perizia normalmente richieste durante l'esercizio di una attività professionale, nonché specificatamente prescritte dal D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 169 e 186.

Infondato è anche il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente censura la sentenza impugnata per contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla richiesta di assoluzione dell'imputato formulata nel secondo motivo di appello.

Chiare e precise sono infatti le argomentazioni della Corte territoriale, che ha ritenuto il C. responsabile del reato di lesioni colpose in danno del M., perché eseguiva la manovra del sollevamento del carico di tubi di enormi dimensioni, nonostante gli operatori di terra, il M. ed il G., avessero segnalato l'arresto e nonostante costoro si trovassero ancora sul cassone del camion, mentre, invece, una siffatta operazione di sollevamento del carico avrebbe dovuto essere eseguita solo ed esclusivamente quando gli operatori si fossero allontanati dal raggio di azione della gru. Per tali motivi, quindi, la sentenza impugnata riteneva sussistente il nesso causale tra la condotta colposa del C. e l'evento lesivo verificatosi, nesso che non poteva ritenersi escluso in considerazione del concorso di colpa della persona offesa nella causazione dell'evento, che i giudici della Corte di appello determinavano nella misura del 30 per cento. Il comportamento del M., infatti, non aveva carattere eccezionale, imprevisto ed imprevedibile, né poteva considerarsi da solo sufficiente a determinare l'evento.
Parimenti infondata è la doglianza secondo cui la sentenza impugnata, nella parte motiva, attribuirebbe la responsabilità dell'incidente quasi interamente al M., mentre, nel dispositivo, gli attribuirebbe un concorso pari soltanto al 30 per cento. I giudici di appello hanno valutato infatti attentamente i comportamenti colposi attribuiti ai due protagonisti della vicenda e soltanto all'esito di tale esame hanno ritenuto che il concorso di colpa della persona offesa fosse pari al 30 per cento. Debbono pertanto essere mantenute ferme le statuizioni civili disposte nella sentenza di primo grado e confermate nella sentenza di appello.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.

Così deciso in Roma, il 19 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2010