REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco
Dott. ZECCA Gaetanino
Dott. GALBIATI Ruggero
Dott. FOTI Giacomo
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere
- rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) M.F., N. IL ***;
2) M.A., N. IL ***;
avverso la sentenza n. 234/2007 CORTE APPELLO di SALERNO, del 02/10/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/06/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Galati, che ha concluso per l'inammissibilità;
Udito, per la parte civile. l'Avv. Pisani, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avv. Cola, per gli imputati, che ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale di Nocera Inferiore ha affermato la responsabilità degli imputati in epigrafe in ordine al reato di cui all'articolo 589 c.p., commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro; e li ha altresì condannati al risarcimento del danno in favore delle parti civili.
La sentenza è stata confermata dalla Corte d'appello di Salerno.
L'infortunio si è verificato all'interno di un campo per la frantumazione di inerti.
Il lavoratore S.D. era disceso in una vasca di frantumazione per un'attività di pulizia, sebbene essa non fosse completamente vuota, e rimaneva travolto dalla caduta di materiale che ne determinava l'asfissia.

2. Ricorrono per Cassazione gli imputati deducendo due motivi.

2.1 Con il primo motivo si lamenta che la Corte d'appello ha motivato per relationem riportandosi pedissequamente alla prima sentenza, trascurando di esaminare i rilievi critici che erano stati esposti nell'atto di gravame. Si era in particolare evidenziato che il lavoratore si è introdotto nella vasca di frantumazione con un comportamento al di fuori delle precise direttive organizzative ricevute, posto che la vasca stessa non era completamente vuota,- e si era altresì lamentato che il primo giudice aveva travisato il contenuto della prova costituita dalla dichiarazioni dei lavoratori: essi hanno concordemente dichiarato che si scendeva nella vasca solo quando essa era sgombra.
La Corte d'appello si è limitata a discutere dell'ipotesi della caduta accidentale; trascurando completamente di esaminare l'argomento con il quale si era prospettato che il lavoratore abbia tenuto un comportamento esorbitante rispetto alle direttive ricevute e tale da interrompere il nesso causale.

2.2 Con il secondo motivo si censura la carenza di motivazione per ciò che attiene al diniego delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena.
Al riguardo il provvedimento impugnato è totalmente silente sebbene la questione fosse stata espressamente dedotta, segnalando il favorevole comportamento tenuto subito dopo il fatto consistito nella regolarizzazione degli impianti e nella estinzione per oblazione degli illeciti contravvenzionali, si era pure confutata la tesi di precedenti penali specifici ostativi alla concessione alla sospensione della pena.
Il completo silenzio della Corte su ambedue le questioni determina la mancanza della motivazione.

3. La pronunzia impugnata richiama la prima sentenza ed afferma di condividerla.
Ad esse aggiunge alcune precisazioni.
Quanto ai profili fattuali si esclude la possibilità della precipitazione volontaria od accidentale nella vasca alla luce della autopsia e della circostanza che il lavoratore fosse assicurato in vita con una corda rudimentale. Si soggiunge che il rinvenimento della corda utilizzata per la discesa nella vasca corrobora il complessivo quadro probatorio che non è scalfito dalle incongruenze riscontrate nelle diverse dichiarazioni dell'operaio Z..
Tale valutazioni anche alla luce della insistita condivisione della prima sentenza impone la valutazione congiunta delle due pronunzie.
La sentenza del Tribunale, in effetti, reca una ampia e penetrante indagine di tutte le emergenze fattuali. Si considera che la vasca in questione era profonda circa cinque metri; che essa conteneva pietrisco misto a cemento, utilizzato per la realizzazione di strade; che il composto usciva da un'apertura posta alla base della vasca stessa; che non di rado accadeva che il composto frantumato si ammassasse sulle pareti della vasca a causa dell'umidità, rendendo necessario l'intervento sulle pareti per facilitarne il distacco; che non vi è dubbio che il lavoratore deceduto si sia calato nella vasca legato con una rudimentale corda, attesa l'inutilità dell'uso di pertiche dall'esterno e che sia deceduto per asfissia dopo essere stato travolto da una ingente massa di composto distaccatasi dalle pareti; che tale condotta corrispondeva ad una prassi consolidata, conforme al processo produttivo in atto ed alle direttive ricevute; che i testi hanno riferito che si scendeva nella detta vasca quando essa era vuota; che tali dichiarazioni vanno intese nel giusto senso: i lavoratori non intendevano evidentemente riferirsi ad una situazione di completo svuotamento, giacché in tal caso non vi sarebbe stata alcuna necessità di discendere all'interno per eseguire operazioni di pulizia, bensì ad una situazione in cui vi erano residui di composto rimasti tenacemente attaccati alle pareti che potevano essere staccati solo dall'interno.
Conclusivamente, secondo il Tribunale l'operazione in atto al momento del sinistro era conforme alla prassi ed imposta dalla natura del materiale. Essa, d'altra parte, veniva eseguita in violazione di plurime norme cautelari.

Tale apprezzamento, attorno al quale convergono le consonanti valutazioni delle pronunzie impugnate, appare immune da vizi logico-giuridici, basato su definite e significative emergenze e dunque non sindacabile nella presente sede di legittimità.
I ricorrenti, d'altra parte, nel riportare brani delle dichiarazioni di un teste, trascurano di analizzare criticamente la valutazione che i giudici di merito ne danno, limitandosi ad enunciare una situazione di mancanza della motivazione che, per le ragioni dette, non si configura.

3.2. Pure priva di pregio è l'altra censura.

Il primo giudice da atto delle numerose rilevanti sentenze di condanna, che escludono la possibilità di concedere le attenuanti generiche e di disporre la sospensione dell'esecuzione delle pene.

Tale apprezzamento viene condiviso dalla Corte d'appello che reputa a sua volta equa la pena alla luce dei numerosi precedenti. Tale apprezzamento risulta immune da censure. I certificati penali che questa Corte ha esaminato al fine di riscontrare il dedotto travisamento del contenuto degli atti mostra, in effetti, numerose condanne per reati anche gravi che, con tutta evidenza, giustificano le argomentate valutazioni dei giudici di merito.

I ricorsi devono essere conseguentemente rigettati.
Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché in solido, alla rifusione in favore delle costituite parti civili delle spese di questo giudizio che liquida in euro tremila oltre accessori come per legge.