REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANTONIO MORGIGNI
Dott. CARLO GIUSEPPE BRUSCO
Dott. SILVANA GIOVANNA IACOPINO
Dott. CLAUDIO D'ISA
Dott. GIULIO MAISANO

- Presidente -
- Rel. Consigliere -
- Consigliere -
- Consigliere -
- Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) B.C. N. IL ***;

avverso la sentenza n. 396/2006 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 17/03/2009
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO GIUSEPPE BRUSCO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Anna Maria DE SANDRO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Sentito per il ricorrente l’avv. Alberto GNOCCHI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e, in subordine, per la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.

La Corte osserva:

I) B.C. ha proposto ricorso avverso la sentenza 17 marzo 2009 della Corte d'Appello di Brescia che ha confermato la sentenza 21 gennaio 2005 del Tribunale di Cremona che l'aveva condannato alla pena di mesi tre di reclusione per il delitto di lesioni colpose in danno di M.C. a seguito di un infortunio sul lavoro verificatosi il ***.

La responsabilità dell'imputato è stata affermata dai giudici di merito perché, quale coordinatore per l'esecuzione dei lavori - appaltati dal committente alla ditta individuale di cui era titolare S.C. condannato in primo grado e non appellante - aveva consentito che il predetto S. che operava senza alcuna professionalità utilizzando personale inesperto e raccogliticcio, operasse in condizioni di totale mancanza di misure di prevenzione e senza che venisse redatto il piano operativo di sicurezza.

A seguito di queste inadempienze la persona offesa, mentre transitava sul tetto di un edificio senza l'adozione di alcuna misura di protezione, cadeva al suolo per la rottura della copertura subendo lesioni gravissime che ne determinavano la totale invalidità.

II) A fondamento del ricorso sono state dedotte le seguenti censure nei confronti della sentenza di secondo grado:

- "illogicità o salto logico per interruzione del nesso causale"; secondo il ricorrente non poteva essere addebitata al ricorrente la scelta di un'impresa inadeguata perché tale scelta era stata operata dal committente e non dal ricorrente;

- la manifesta illogicità della motivazione perché la Corte di merito avrebbe addebitato al ricorrente di non aver ammonito i lavoratori a non utilizzare, per il passaggio, la copertura di un vecchio edificio (che di fatto era stato invece utilizzato dalla persona offesa come passaggio ad altro edificio dove dovevano essere sistemati pannelli di copertura); nonostante il committente abbia riferito di aver sentito il ricorrente vietare tale passaggio la sentenza impugnata ha illogicamente ritenuto questa testimonianza inattendibile ancorché il suo contenuto sia stato sostanzialmente confermato dal coimputato datore di lavoro dell' infortunato;

- la manifesta illogicità della motivazione perché, malgrado la premessa formulata dalla sentenza impugnata secondo cui l'imputato non era obbligato ad una continua presenza in cantiere, la sentenza addebita sostanzialmente al ricorrente dì non essere stato presente nel momento dell'incidente.

III) Il ricorso è manifestamente infondato e proposto per motivi non consentiti nel giudizio di legittimità per cui deve esserne dichiarata l'inammissibilità.

Manifestamente infondato è anzitutto il primo motivo. Al ricorrente non è stata infatti addebitata la scelta dell'impresa appaltatrice ma il mancato esercizio dell'obbligo di controllo (la cui esistenza il ricorrente non contesta anche perché egli si qualifica nel ricorso quale "coordinatore per la sicurezza") da parte sua sulle modalità di lavoro seguite dai dipendenti di S..

Il secondo motivo è invece inammissibile perché, con la censura proposta, si propone una diversa lettura del compendio probatorio acquisito nel giudizio di merito. In particolare con il motivo proposto il ricorrente contesta la valutazione di inattendibilità, formulata dalla Corte di merito (e prima ancora dal Tribunale), della deposizione del teste M. che aveva riferito di aver sentito B. ammonire a non utilizzare la copertura del vecchio edificio.

Questa valutazione è stata compiuta, dalla Corte di merito, tenendo conto della genericità delle dichiarazioni e del fatto che non fossero state indicate le persone alle quali l'invito era stato rivolto né fossero state indicate le modalità con cui dovevano essere portati in quota i pannelli da sistemare nel nuovo edificio. Del resto, si sottolinea nelle sentenze di merito, le altre persone sentite in dibattimento avevano escluso la circostanza.

Trattasi dunque di valutazione di merito che, in quanto logicamente e adeguatamente motivata, si sottrae al vaglio di legittimità.

Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso non esistendo alcuna illogicità o contraddizione tra l'affermazione che l'imputato non aveva l'obbligo di una continua presenza in cantiere e l'accertamento dell'inadempimento dell'obbligo di controllo atteso che l'incidente si è verificato per l'adozione generalizzata di modalità di lavoro improprie e in violazione delle regole di prevenzione - frutto anche dell'omesso controllo di chi doveva vigilare sull'esecuzione del lavoro - e non per un'episodica adozione di una modalità pericolosa.

IV) La natura originaria delle cause di inammissibilità non consente di dichiarare l'estinzione del reato a seguito della prescrizione che sarebbe maturata dopo la sentenza di appello (il fatto si è infatti verificato il 14 dicembre 2001: v. Cass., sez. un., 22 novembre 2000 n. 32, De Luca, rv. 217266).

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso conseguono le pronunzie di cui al dispositivo.

Con riferimento a quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza 13 giugno 2000 n. 186 si rileva che non si ravvisano ragioni per escludere la colpa del ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità in considerazione della palese violazione delle regole sul giudizio di legittimità.

P. Q. M.

la Corte Suprema di Cassazione, Sezione IV penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il giorno 28 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria 25 maggio 2010