REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCALI Piero
Dott. IACOPINO Silvana Giovanna
Dott. MASSAFRA Umberto
Dott. MARINELLI Felicetta
Dott. PICCIALLI Patrizia

- Presidente
- rel. Consigliere
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) B.G.E. N. IL ***;
avverso la sentenza n. 560/2008 CORTE APPELLO di CALTANISSETTA, del 18/11/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/04/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. IACOPINO Silvana Giovanna;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. STABILE Carmine che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Udito, per la parte civile, l'avv. *** in sostituzione dell'Avv. *** che si è riportata alle conclusioni scritte depositate;
Udito il difensore Avv. *** che ha chiesto l'accoglimento del ricorso del B..

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 13/7/2007 il Tribunale in composizione monocratica di Enna ha dichiarato B.G.E. colpevole del reato di cui all'articolo 589 c.p., comma 2 in danno di R.G. e lo ha condannato, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena di anni uno di reclusione nonché al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore delle parti civili costituite, al pagamento alle stesse di una provvisionale di euro 50000,00 ed alla rifusione delle spese dalle parti medesime sostenute. Il B. era stato ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo perché, nella qualità di legale rappresentante della O.G. srl, società incaricata della demolizione e ricostruzione di un fabbricato rurale, per colpa consistita nella posa in opera di un ponteggio non idoneo, in violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 20, commi 3 e 6, articolo 23, commi 3 e 4, articolo 24, comma 1, aveva causato la morte del dipendente R.[G.] che il giorno *** era caduto a terra da un'altezza di metri 3,20 circa, sbattendo il capo e decedendo il *** presso l'Ospedale ***.
Avverso tale sentenza hanno presentato impugnazione il difensore del B. ed appello incidentale le parti civili costituite B.M., R.A.G., R.D., R.G. e R.S..
La Corte di Appello di Caltanissetta in data 18/11/2008, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha concesso al B. il beneficio della sospensione condizionale della pena inflitta e ha aumentato la provvisionale concessa alle parti civili nelle misura complessiva di euro 100000,00.
Ha confermato nel resto la pronuncia impugnata condannando il B. alla rifusione della spese del giudizio in favore delle parti civili.
Il difensore del B. ha impugnato con ricorso per cassazione la sentenza di appello deducendo, in primo luogo, la violazione dell'articolo 606, lettera c) ed e) in relazione agli articoli 576 e 595 c.p.p.. In particolare, ha lamentato che i giudici avessero ammesso l'appello incidentale delle parti civili, nonostante l'eccepita inammissibilità dello stesso.
Con tale atto le parti civili non avevano, come avrebbero dovuto, impugnato e confutato le ragioni poste a sostegno dell'appello principale dell'imputato nel punto relativo all'entità della provvisionale stabilita dal primo giudice ma avevano censurato la sentenza di condanna del Tribunale di Enna. Con l'atto di appello incidentale, che ha chiara natura di impugnazione accessoria, le parti civili avevano proposto l'appello principale, quello cioè che avrebbero dovuto presentare ex articolo 576 c.p.p., in quanto, anziché censurare ed argomentare l'appello del ricorrente, avevano contestato la sentenza del primo giudice. L'inammissibilità dell'atto deriverebbe, secondo il ricorrente, dal fatto che con esso le parti civili, eludendo il principio di tassatività dei termini dell'impugnazione e quello di accessorietà dell'appello incidentale, avrebbero mosso censure non consentite alla sentenza di primo grado, non impugnata tempestivamente, con osservazioni anche sulla responsabilità penale del B..
Aveva errato il giudice di appello nel ritenere ammissibile l'atto con l'ordinanza del 18/11/2008. Tale errore era stato ribadito con la sentenza che aveva addirittura espressamente riconosciuto che l'atto conteneva censure attinenti alle statuizioni civili della sentenza di primo grado anziché limitarsi, come avrebbe dovuto a confutare le ragioni dell'appello principale. Con altro motivo il ricorrente si è doluto della mancata rinnovazione del dibattimento al fine di acquisire, come richiesto, il dispositivo della sentenza con la quale il B. era stato assolto perché il fatto non sussiste dal reato di cui all'articolo 611 c.p., contestatogli in relazione alla deposizione del teste I.G..
Questo ultimo, all'udienza del 21/4/2006, aveva ritrattato le dichiarazioni, rese nell'immediatezza dell'incidente, di essersi trovato nel cantiere il giorno dell'accaduto, chiarendo di averle fatte solo perché glielo aveva chiesto lo stesso imputato per evitare che si sapesse che nel cantiere vi erano lavoratori in nero e fossero per tale motivo irrogate sanzioni da parte dell'Ispettorato del Lavoro.

Il ricorrente ha pure sostenuto che vi era stata condanna in violazione dell'articolo 533 c.p.p. che consente tale pronuncia solo se l'imputato risulta colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio. La sentenza si basava su argomentazioni probabilistiche attraverso le quali si era dato per certo che il R.[G.] stesse lavorando sul ponteggio, trascurando le prove che dimostravano con assoluta certezza che, il giorno dell'infortunio, il R.[G.] e gli altri operai erano intenti a lavori di pavimentazione.
Si era anche cercato di forzare le dichiarazioni rese dallo stesso infortunato che aveva solo detto di essere caduto dal ponteggio, senza specificare in alcun modo che vi stesse lavorando.
Il difensore delle parti civili ha depositato memoria nell'interesse delle stesse.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Quanto alla prima doglianza, va ricordato che l'appello incidentale non è strumento autonomo di impugnazione, ma ha natura accessoria rispetto a quello principale, atteso che la ratio dell'istituto non è quella di svolgere una funzione deterrente rispetto al gravame proposto dall'imputato, ma di porsi in posizione antagonistica alle doglianze da questo ultimo specificamente mosse. Ne consegue che l'appello incidentale non può avere ad oggetto i capi della decisione ma neanche i punti di essa che non sono stati investiti dall'appello principale, ovvero che non hanno connessione essenziale con essi (Sez. 1, Sent. 431 del 16/1272004 Ud, Rv 230714; Sez. 4, Sent. n. 40275 del 28/9/2006 Ud, Rv. 235394; Sez. U. Sent. n. 10251 del 17/10/2006 Ud., Rv 235699). Pertanto, poiché, in base alla previsione dell'articolo 574 c.p.p., comma 4, l'impugnazione avanzata dall'imputato contro la pronuncia di condanna penale estende oggettivamente i suoi effetti devolutivi alla pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, se questa ultima dipende dal capo o dal punto impugnato, impedendone la parziale irrevocabilità, è legittimamente proponibile dalla persona offesa costituita parte civile l'appello incidentale contro il capo della sentenza di condanna che riguarda l'azione civile e l'entità del danno risarcibile.
La parte della sentenza oggetto dell'appello incidentale risulta infatti logicamente collegata ai capi ed ai punti oggetto dell'impugnazione principale, potendo la parte civile, inizialmente acquiescente, subire indubbiamente dalla modifica di questi una diretta ed immediata influenza negativa (Sez. 3, Sent. n. 10308 del 3/8/1999 Ud, Rv 214271). Applicando tali principi al caso di specie, si rileva che l'imputato con l'appello principale, oltre a dedurre l'assenza del nesso causale tra la sua condotta e l'evento mortale nonché la mancanza dell'elemento soggettivo del reato, ha chiesto la riduzione della pena, previa dichiarazione di prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante, la concessione del beneficio ex articolo 163 c.p., la sospensione ex articolo 600 c.p.p. dell'esecuzione della condanna al pagamento della provvisionale deducendo, su questo ultimo punto, che la somma di euro 50000,00, assegnata a tale titolo, era del tutto sproporzionata ai fatti come emersi dall'istruttoria dibattimentale.
Il contenuto dei motivi posti a fondamento dell'appello dell'imputato legittimava le parti civili a proporre con l'appello incidentale doglianza con riguardo al risarcimento dei danni in loro favore, posto che la impugnazione del B. contro la pronuncia di condanna penale estendeva oggettivamente i suoi effetti devolutivi alla pronuncia di condanna di questo ultimo al risarcimento dei danni. Le parti civili, poi, potevano censurare l'affermazione dal B. che la somma attribuita a titolo di provvisionale era "esosa" e "sproporzionata", sostenendo, al contrario, la eccessiva esiguità della provvisionale liquidata.
E proprio tale motivo è stato ritenuto fondato dalla corte di appello che ha aumentato l'importo della provvisionale a complessivi euro 100000,00 spiegandone le ragioni in modo adeguato e coerente.

Anche le doglianze per il riconoscimento di responsabilità non meritano accoglimento.
I giudici del merito, all'esito della valutazione compiuta delle emergenze acquisite, hanno ricostruito la dinamica dell'incidente in maniera che ha fatto loro ritenere l'evento mortale riconducibile a colpa del ricorrente.
Il collegio, infatti, ha dato per certo che il R.[G.] fosse precipitato, da un altezza di circa metri 3,20, da un ponteggio che non era idoneo ad evitare cadute dall'alto perché non in regola con le disposizioni in materia di misure di sicurezza, in quanto lo stesso, tra l'altro, era semplicemente appoggiato a terra, non era ancorato alla costruzione, era privo del tutto di parapetti e di tavole fermapiedi aderenti al tavolato. Tanto accertato, la corte territoriale ha apprezzato le dichiarazioni del teste I., quelle da costui rese nell'immediatezza del fatto e quelle successive fatte in udienza, ha pure considerato la versione difensiva del B. e l'assunto del teste L. di conferma della tesi del prevenuto, ed ha concluso che il R.[G.] stava lavorando sul ponteggio ed era caduto dal primo piano di questo.
La presenza della vittima sul ponteggio non poteva avere una spiegazione logica diversa da quella correlata allo svolgimento di attività lavorativa che richiedeva l'impiego dello stesso e che non era da escludere che riguardasse il rifacimento del prospetto del fabbricato e la connessa manutenzione. A tale conclusione, per la corte territoriale, doveva pervenirsi sulla base sia degli accertamenti dell'Ispettorato del Lavoro dopo il sequestro del cantiere e delle dichiarazioni dell'Ispettore G., sia della considerazione che la vittima non avrebbe avuto motivo di salire sul ponteggio per prendere una tavola da posare sopra la pavimentazione, quando avrebbe potuto prelevare la stessa da terra o dal piano basso dell'impalcatura. Il collegio, escludendo che le cause dell'incidente fossero diverse da quelle che la compiuta ricostruzione dei fatti aveva permesso di acclarare, ha ritenuto non necessario disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale apparendo non ragionevole, alla luce degli accertamenti dell'Ispettorato del Lavoro, una ricostruzione alternativa dell'accaduto; sicché non si poteva parlare di condotta abnorme della vittima. Comunque, sul punto, il collegio ha segnalato che, pur volendo per mera ipotesi ritenere che il giorno dell'incidente il R.[G.] dovesse limitarsi a compiere lavori di pavimentazione interna, questi si inserivano sempre nell'ambito delle opere di ristrutturazione dell'immobile, per la connessione esistente; sicché l'uso del ponteggio da parte del predetto non esulava dalle mansioni assegnate. Quanto poi alla specifica doglianza per la mancata acquisizione della sentenza di assoluzione del B. dal reato di cui all'articolo 611 c.p., contestatogli per avere indotto l' I. alla falsa dichiarazione di essere stato presente nel cantiere il giorno dell'incidente, si osserva che, per i giudici del merito, decisivi, ai fini della ricostruzione delle cause dell'incidente, sono stati, non le dichiarazioni dell' I., ma, come detto, gli accertamenti e le dichiarazioni degli Ispettori del Lavoro nonché i chiarimenti forniti dalla vittima agli operanti in ospedale di essere caduto da un ponteggio.

Segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed alla rifusione in favore delle parti civili costituite delle spese sostenute nel presente giudizio, che vanno liquidate equitativamente in complessivi euro 3000,00, oltre accessori come per legge. Questo importo, Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 110 andrà versato allo Stato ove le parti civili siano tuttora ammesse al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili nel presente giudizio, liquidate equitativamente in complessivi euro 3000,00, oltre accessori come per legge.