REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BARDOVAGNI Paolo - Presidente
Dott. GENTILE Domenico - rel. Consigliere
Dott. PRESTIPINO Antonio - Consigliere
Dott. TADDEI Margherita - Consigliere
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 

 


sul ricorso proposto da:
1) P.A. N. IL ***;
2) S.M. N. IL ***;
avverso la sentenza n. 722/2008 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 08/10/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/09/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GENTILE;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Dott. Mazzotta Gabriele che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udita l'arringa dell'Avv. VISUGLIA FRANCESCO per il ricorrente che ha concluso per l'accoglimento dei motivi di ricorso.



Fatto


Il Tribunale di Cosenza, con sentenza del 08.11.2007, giudicava:
P.A.;
S.M.;
Imputati di concorso nel reato di cui:
artt. 81 cpv. e 56 c.p., art. 629 c.p., commi 1 e 2 - perchè, il P. quale datore di lavoro e lo S. quale consulente del lavoro, mediante reiterate minacce di licenziamento (poi attuato), avevano tentato di costringere C.M.A. a sottoscrivere buste paga, relative al periodo ***, riportanti corrispettivi superiori a quelli effettivamente percepiti;
In ***;
al termine del giudizio ordinario il Tribunale condannava gli imputati alle pene rispettivamente indicate in sentenza; oltre al risarcimento del danno in favore della parte offesa;

Avverso tale decisione proponevano gravame gli imputati e la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 08.10.09 accoglieva in parte l'impugnazione riconoscendo per entrambi il beneficio della non menzione della condanna e, per lo S., anche l'attenuante di cui all'art. 114 c.p., comma 1, riducendo la pena nei suoi confronti, confermando nel resto la sentenza impugnata;


Ricorrono per cassazione gli imputati, deducendo:

P.: MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c), d), e).

1) - Il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione di legge atteso che la Corte di appello non aveva riconosciuto la nullità verificatasi nel giudizio di primo grado, allorchè, a seguito della modifica del capo di imputazione, effettuata dal PM all'udienza del 08.07.04, il Tribunale aveva disposto la notifica del verbale di udienza agli imputati restati contumaci;
alla successiva udienza dell'11.11.04, mancando la prova dell'avvenuta notifica del predetto verbale, veniva disposta la rinnovazione, con rinvio al 13.01.05; agli imputati contumaci veniva notificato il solo estratto del verbale di udienza dell'8.07.04 e non anche quello dell'udienza dell'11.11.04, ove risultava la nuova udienza del 13.01.05;
ne conseguiva, a parere dei ricorrenti, la violazione dell'art. 178 c.p.p., lett. c), perchè gli imputati non erano stati posti in condizioni di conoscere la data del rinvio e di esercitare per tale udienza i loro diritti istruttori e processuali;


2) - inoltre la sentenza era stata emessa in violazione del diritto di difesa atteso che era stata rigettata la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, omettendo anche di motivare in relazione al mancato esercizio dei poteri di integrazione istruttoria di cui all'art. 507 c.p.p.;

S.: MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c), e).

3) Il ricorrente censura la sentenza impugnata in relazione alla nullità del giudizio di primo grado - già dedotta nei motivi esposti da P.A. - ai riguardo, il ricorrente sostiene di avere ricevuto il verbale dell'11.11.04, nel quale però non era riportata - per intero - la modifica del capo di imputazione, richiamata con l'espressione "vedi registrazione";

4) la sentenza sarebbe inoltre da censurare per illogicità nella parte in cui, per un verso, aveva riconosciuto allo S. l'attenuante di cui all'art. 114 c.p., e, per altro verso, ne aveva affermata la responsabilità quale concorrente a pieno titolo nel reato, non esaminando se gli atti posti in essere avessero il crisma dell'idoneità ed univocità; ciò tanto più che la teste Sp. aveva dichiarato che lo S. non minacciava la C. ma cercava di evitare che il licenziamento si attuasse;

5) la sentenza era, infine, da censurare per avere condannato lo S. al risarcimento del danno esistenziale e patrimoniale in favore della parte offesa C. senza considerare che esso S. non era datore di lavoro della medesima nè parte nel parallelo procedimento civile;
Chiedono pertanto l'annullamento dell'impugnata sentenza.



Diritto

 


I motivi sulla dedotta nullità del giudizi di primo grado sono del tutto infondati, atteso che la Corte di appello, lungi dall'omettere la motivazione al riguardo, ha espressamente osservato che dall'incarto processuale emergeva che il verbale dell'udienza dell'8.07.04, contenente la modifica del capo di imputazione era stato notificato regolarmente sia al P. che allo S. in data 26.08.04 e che il verbale dell'udienza dell'11.11.04, contenente il rinvio della trattazione del processo, era stato notificato al P. in data 22.11.04 ed allo S. in data 16.11.04; si tratta di un assunto pienamente rispondente agli atti di causa (controllati dal Collegio in Camera di consiglio) che smentisce totalmente la censura proposta, avendo avuto gli imputati piena conoscenza, con due distinte notificazioni, sia della modifica del capo di imputazione che del rinvio all'udienza del 13.01.05.

Il motivo proposto riguardo alla mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è da ritenere inammissibile perchè del tutto generico, posto che il ricorrente P., nel riproporlo in questa sede non ha indicato nè la prova richiesta nè in qual modo la medesima avrebbe potuto sovvertire la decisione già presa, consistendo proprio in questo il concetto di prova decisiva.
Per prova decisiva, la cui mancata assunzione può costituire motivo di ricorso per cassazione, deve intendersi solo quella che, confrontata con le argomentazioni addotte in motivazione a sostegno della decisione, risulti "determinante" per un esito diverso del processo. Per l'effetto, tale vizio è ravvisabile solamente quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni formulate in motivazione a sostegno e illustrazione della decisione, risulti tale che, se esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia. Cassazione penale, sez. 6^, 02 aprile 2008, n. 18747.
Nè può censurarsi la sentenza per difetto di motivazione sul punto, avendo la Corte di appello motivato adeguatamente, osservando che la prova richiesta (esame degli imputati) non risultava avere il carattere della necessarietà e la Corte era in grado di decidere allo strato degli atti, sulla scorta delle dichiarazioni testimoniali acquisite in giudizio.
La rinnovazione del dibattimento nel giudizio di appello è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente quando il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti, sicchè non può essere censurata la sentenza nella quale siano indicati i motivi per i quali la riapertura dell'istruttoria dibattimentale non si reputi necessaria. Cassazione penale, sez. 3^, 27 maggio 2009, n. 26249.

I restanti motivi sollevati relativamente al merito, sono totalmente infondati perchè sostenuti da censure in ordine alla valutazione del fatto, inammissibili in questa sede di legittimità.
Invero i ricorrenti propongono interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi e delle prove, che risultano vagliate dalla Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

La Corte del merito ha motivatamente descritto le ragioni per le quali ha ritenuto raggiunta la prova in ordine alla penale responsabilità degli imputati, osservando:
- che la condotta ascritta risultava provata sulla scorta delle dichiarazioni della parte offesa C.;
- che entrambi gli imputati avevano minacciato il licenziamento se la stessa non avesse sottoscritto le buste paga indicanti somme maggiori di quelle effettivamente percepite;
- che le dichiarazioni della C. apparivano attendibili perchè dettagliate e concordanti con le emergenze processuali;

Si tratta di una motivazione che appare congrua perchè fondata su precisi dati fattuali ed immune da illogicità perchè coerente con le emergenze processuali e, come tale, incensurabile in questa sede di legittimità.
La Corte di cassazione non può fornire una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione di merito, nè può stabilire se questa propone la migliore ricostruzione delle vicende che hanno originato il giudizio, ma deve limitarsi a verificare se la giustificazione della scelta adottata in dispositivo sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. Cassazione penale, sez. 4^, 29 gennaio 2007, n. 12255.

Il ricorrente S. propone valutazioni alternative delle prove, censurando la sentenza di illogicità per non avere considerato che il suo ruolo assai modesto nell'intera vicenda, riconosciuto dalla stessa Corte con la concessione dell'attenuante ex art. 114 c.p., escludeva una sua reale partecipazione al delitto;
si tratta però di valutazioni meramente alternative della prova rispetto a quella effettuate dalla Corte di appello che, invece, ha osservato come sia emerso che anche lo S. ha prospettato il licenziamento alla C. ove non avesse firmato, e che anche una minaccia larvata era sufficiente, stanti le condizioni ambientali, ad integrare il delitto di estorsione.

Appare appena il caso di osservare che il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 114 c.p., non è affatto incompatibile con l'attribuzione del concorso nel reato ma, anzi, la presuppone e, quanto alle valutazioni della Corte di merito, qui censurate, che la Corte di cassazione, nel controllo di legittimità, non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune.
Per altro, l'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, dev'essere percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze; Cassazione penale, sez. 2^, 05 maggio 2009, n. 24847.

I principi sopra esposti, nonchè la circostanza che lo S. è stato ritenuto responsabile del delitto a titolo di concorso con il datore di lavoro P.A., giustifica appieno la condanna del medesimo, in solido con il coimputato, al risarcimento dei danni morali, esistenziali e patrimoniali in favore della parte offesa.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell'art. 606 c.p.p., lett. e), in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Ai sensi dell'art. 592 c.p.p., comma 1, e art. 616 c.p.p., il rigetto o la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione proposta dalla parte privata comportano la condanna di quest'ultima al pagamento delle spese del procedimento. Cassazione penale, sez. 6^, 03 giugno 1994.




P.Q.M.

 


Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.