Responsabilità di 3 soggetti per infortunio sul lavoro:

il Mi. in qualità di direttore del reparto acciaieria colata continua a quattro linee e fosse di colata della Ab. S.p.A. munito di specifica delega agli adempimenti in materia di sicurezza e di igiene del lavoro (deliberazione c.d.a. 23/4/2003);

il Sa. in qualità di amministratore unico e legale rappresentante della Eu. S.r.l., operante all'interno dei reparti della Ab. S.p.A. (avendo la Ab. appaltato i lavori interni di manutenzione meccanica e di carpenterie varie alla Cm. s.c. a r.l. ed avendo quest'ultima a sua volta subappaltato i predetti lavori in parte alla ditta Si. ed in parte alla Eu.);

il Ci., in qualità di operaio dipendente della Ab., addetto tra l'altro alla movimentazione su binari mediante il trattore Ze. dei carri ferroviari adibiti al trasporto delle lingottiere utilizzate per ricevere le colate dell'acciaieria;

per negligenza, imprudenza, imperizia e per inosservanza di norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro cagionavano la morte del lavoratore Lo.Em., dipendente della Eu.; invero il (omissis) nel primo pomeriggio, il Lo., alla guida di un carrello elevatore, si recò nel parco rottame dello stabilimento Ab. di Pozzuolo del Friuli allo scopo di ricercare e prelevare due tubi metallici necessari ai lavori di manutenzione; presi con sé i tubi, il Lo. iniziò il percorso di ritorno al luogo dei lavori e, anziché seguire il cammino esterno allo stabilimento, intraprese la via più breve attraversando i reparti dell'acciaieria; giunto al reparto fossa, il Lo., probabilmente per raccogliere uno dei tubi scivolato a terra, fermò il carrello elevatore in corrispondenza dei binari destinati al transito dei carri ferroviari portaplacche e, sceso dal mezzo, fu investito da un carro ferroviario che sopraggiungeva sui binari stessi, spinto dal retro dall'operaio Ci.De. mediante un trattore Ze. con segnalatori acustici e luminosi non funzionanti; il Lo. rimase così schiacciato tra il carro ed il carrello elevatore e riportò gravissime ferite, che lo condussero a morte.

 

 

Condannati tutti in primo grado, propongono appello - Non accolto.

 

 

Secondo la Corte di Appello di Trieste, infatti, appare corretta l'affermazione di responsabilità degli imputati.

 

"Accertato il fatto, occorre mettere a fuoci singoli aspetti" osserva la Corte.

 

Innanzitutto "il trattore Ze. viene utilizzato per la spinta o il traino mediante un cavo di acciaio dei carri - ponte che trasportano pesanti lingotti di acciaio e si muovono su rotaie; la spinta/il traino dei carri ponti non può che essere posteriore e non certo laterale, come sostenuto dagli Appellanti";

"ora chi manovra il trattore Ze. per spinta non vede e non può vedere dalla propria postazione se vi siano ostacoli sui binari oltre il carro portaplacche (lungo a sua volta 12 - 15 metri dice Be., 6 - 7 metri dice Ci.) come ha ben specificato il teste Be. (vds. Aff. 9 - 19 verbale udienza 29 maggio 2007 - All. F): da qui la previsione, indicata nelle procedure di lavoro, che durante tali manovre vi fosse anche un operatore a terra; ma le procedure - che all'epoca secondo Bu., responsabile del reparto - comunque mancavano perché vennero redatte in seguito all'infortunio, non potevano essere sempre rispettate a causa del personale in organico effettivo al reparto - fossa, che impediva di impegnare costantemente due operatori (uno a terra e uno sul trattore) durante le manovre di spinta;".

 

Dunque "la mancanza o, rectius, il non funzionamento di cicalina e lampeggiante, la mancanza del gancio (deputato a formare un unico corpo tra motrice e carro) per controllare il movimento e l'arresto del carro stesso, si pongono perciò in evidente nesso causale con l'evento e va perciò disattesa la doglianza proposta dagli appellanti circa il difetto di sussistenza del nesso causale tra le violazioni riscontrate (art. 35 commi 1 e 2 D.Lgs. 626/1994) e l'evento".

 

A tal proposito, ritiene la Difesa di Mi. che il "malfunzionamento di cicalina e lampeggiante pur presenti, avrebbero semmai dovuto imputarsi al reparto manutenzione e non all'ing. Mi. che, per la sua posizione apicale, aveva comunque predisposto una organizzazione del lavoro adeguata a rispondere a singole carenze di singoli mezzi:
ora, se non vi è dubbio che specifici guasti avrebbero dovuto essere segnarti e risolti dal reparto di manutenzione, va tuttavia riconosciuto che le violazioni riscontrate sono soltanto specifici e multipli aspetti dell'uso di un mezzo comunque complessivamente inidoneo ai fini della sicurezza e perciò esse debbono imputarsi a chi, proprio per la posizione apicale, avrebbe dovuto provvedere alla sostituzione del mezzo stesso (avendo piena ed esclusiva autonomia di spesa) ovvero ad adeguarlo compiutamente a svolgere in sicurezza il lavoro per cui veniva usato (come, si da atto, è effettivamente avvenuto seppur dopo il sinistro);
l'ing. Mi. poi aveva avuto, dal canto proprio, piena consapevolezza della superficialità nella analisi dei guasti (vds. mail del (omissis) sub doc. 4 all C Difesa) e aveva evidenziato il rischio che si ripetano incoraggiando una mentalità fatalista; egli aveva incaricato il sig. Ma. di redigere un rapporto dettagliato per priorità dei guasti;
orbene, detta consapevolezza - coerente con il suo ruolo - rafforza (e non diminuisce) la sua responsabilità, né l'assegnazione di specifici compiti a terzi, la cui esecuzione evidentemente non poteva dirsi esaurita nel momento in cui si è verificato l'infortunio (omissis), può sollevarlo dalla responsabilità che perciò deve ritenersi debitamente contestata e accertata;"

 

Per quanto concerne la vittima, egli, secondo gli appellanti, ha seguito - nel suo terzo tragitto di ritorno - un percorso diverso da quello che gli era stato prescritto; è entrato nel reparto fossa, pur non essendovi autorizzato, ha lasciato il carrello sopra il fascio di binari, senza avvedersi e rispettare il movimento di mezzi pesanti; ha tenuto, dunque, sempre secondo gli Appellanti, una condotta a tal punto bizzarra e imprudente da integrare un atto abnorme idoneo a porsi come unica causa dell'evento mortale.

 


La Corte a tal proposito afferma che la doglianza va disattesa.

 


"E' infatti principio consolidato in giurisprudenza quello secondo il quale il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo è interrotto, ai sensi dell'articolo 41, comma secondo, cod. pen., solo nei caso in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato che abbia dato causa all'evento, dovendosi considerare "abnorme" il comportamento che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; occorre, come è stato altrimenti statuito, che il comportamento del lavoratore si ponga al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro; deve trattarsi insomma di un fatto assolutamente eccezionale, al di fuori della normale prevedibilità (in tale senso tra le molte vds. Cass. 17/2/2009, n. 15009".

Il comportamento della vittima, pur nella sua imprudenza, non poteva certo dirsi eccezionale o imprevedibile. 

 

 

Ed invero, benché al Lo. fosse stato indicato il percorso esterno per il trasporto del materiale dal parco rottame, è emerso come il diverso percorso interno attraverso lo stabilimento, e attraverso il reparto - fossa in particolare, non fosse affatto vietato in modo assoluto, anzi era, si può dire, abituale.

 

 

 

In ordine alla posizione di Ci.De. viene considerato che il Ci. era un operatore di collaudata esperienza, lavorava nella ditta da quasi trent'anni, conosceva il reparto ed era considerato affidabile nel suo lavoro: è evidente però che, nella manovra di spinta da dietro del carroponte, su cui erano collocati i lingotti di acciaio, Ci. non poteva avere alcuna visibilità oltre il carroponte stesso e, considerando che il reparto non era chiuso all'accesso di terzi, la prudenza in capo all'operatore doveva essere massima.

 

"Da qui la sussistenza della violazione contestata che, in ragione della attività svolta, ossia della manovra concretamente eseguita nello svolgimento di un compito, non può collocarsi nell'ambito del primo comma dell'art. 589, prescindendo cioè - come pretende la Difesa - dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro:
va invero ricordato che l'art.
5 D.Lgs. 626/1994 impone anche al singolo lavoratore di prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro: si tratta di una norma generale di prudenza che va tuttavia specificamente rispettata nei luoghi di lavoro."

 

 

"In ordine alla posizione di Sa.Da., legale rappresentante di Eu., l'impresa di cui il Lo. era dipendente, si osserva che l'Appellante ritiene ingiusta l'accusa di omessa valutazione dei rischi cui potevano essere esposti i propri dipendenti in quanto i rischi non solo erano stati valutati ma anche resi noti al Lo. attraverso il sig. Es., coordinatore per la sicurezza delle imprese appaltante e subappaltatrici (quali Cm., Si.; Eu.); occorre però qui rilevare, in fatto, che il piano di sicurezza Eu. (formalmente consegnato al Lo.), in parte fotocopia di quello loro trasmesso da Cm. (che a propria volta lo aveva ricevuto da Ab.), non riportava indicazioni circa il rischio specifico di interferenze con mezzi di transito su rotaia (vds. in proposito la consulenza di parte dell'ing. Ci. prodotta dai Difensori All. E): dunque è provata l'omessa valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro nei confronti del dipendente Lo."

 

"Occorre poi ribadire, in diritto, il principio già correttamente invocato dal giudice di prime cure e utile per una definitiva considerazione anche della posizione dell'ing. Mi. e dei motivi di impugnazione proposti nella specifica prospettiva dell'esame della sua posizione di garanzia - secondo il quale risponde della violazione delle nonne antinfortunistiche non soltanto il legale rappresentante della società cui siano appaltate o subappaltate specifiche attività lavorative, ma anche il titolare dei poteri gestori dell'impresa committente in virtù del generale disposto dell'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 626/94, secondo cui è datore di lavoro non soltanto il soggetto titolare del rapporto di lavoro, ma altresì colui che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità di quest'ultima ovvero della singola unità produttiva, in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Va richiamato anche il disposto dell'art. 7, D.Lgs. citato, il quale, nell'ipotesi dell'affidamento ad imprese appaltarci od a lavoratori autonomi di lavori all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, pone a carico del committente una posizione di garanzia e di controllo sui rischi per l'integrità fisica del lavoratore, con la sola eccezione dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltarci o dei singoli lavoratori autonomi, il che si verifica di norma - e diversamente dal caso in esame - quando i lavori siano del tutto avulsi dall'ordinario ciclo produttivo dell'impresa committente e non abbiano con esso alcuna interferenza: il rischio cioè della sicurezza, ben lungi, dall'essere "scaricato" in capo a singole figure, viene distribuito tra più figure di responsabili, parimenti garanti della salute del dipendente."

 

  

"V'è altresì da osservare - secondo il giudice di primo grado - come dal disposto dell'art. 8, commi 3 e 10 d.lgs., 19/9/1994, n. 626 emerga che i componenti del servizio aziendale di prevenzione e protezione, essendo considerati quali ausiliari del datore di lavoro, non possano venire chiamati a rispondere direttamente delle violazioni in materia di sicurezza, in tal modo sollevando il datore di lavoro dalle proprie responsabilità, poiché essi difettano di un effettivo potere decisionale; per tale ragione i risultati delle loro elaborazioni - confluite nel caso in esame nel documento di valutazione dei rischi della Ab. - vengono fatti propri dal datore di lavoro che li ha designati e che della loro opera si è avvalso per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario".


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D'APPELLO DI TRIESTE
PRIMA SEZIONE PENALE 

 

La Corte d'Appello di Trieste, Prima Sezione penale, composta dai Magistrati:
Dott. Donatella Solinas - Presidente -
Dott. Edoardo Ciriotto - Consigliere -
Dott. Gloria Carlesso - Consigliere est. -
Udita la relazione della causa fatta alla pubblica udienza dalla dr. Gloria Carlesso, sentiti il Pubblico Ministero e i difensori degli appellanti, ha pronunciato il giorno 12 aprile 2010 la seguente
 

 

  

SENTENZA

  

  

nel procedimento penale nei confronti di
Mi.Pa., nato ***
libero presente
Sa.Da., nato ***
libero contumace
Ci.De., nato ***
libero presente

 

Imputati
del reato p. e p. dagli artt. 113, 589 commi 1 e 2 c.p. perché in cooperazione tra loro e comunque con condotte causalmente convergenti al medesimo risultato:

il Mi. in qualità di direttore del reparto acciaieria colata continua a quattro linee e fosse di colata della Ab. S.p.A. munito di specifica delega agli adempimenti in materia di sicurezza e di igiene del lavoro (deliberazione c.d.a. 23/4/2003);

il Sa. in qualità di amministratore unico e legale rappresentante della Eu. S.r.l., operante all'interno dei reparti della Ab. S.p.A. (avendo la Ab. appaltato i lavori interni di manutenzione meccanica e di carpenterie varie alla Cm. s.c. a r.l. ed avendo quest'ultima a sua volta subappaltato i predetti lavori in parte alla ditta Si. ed in parte alla Eu.);

il Ci., in qualità di operaio dipendente della Ab., addetto tra l'altro alla movimentazione su binari mediante il trattore Ze. dei carri ferroviari adibiti al trasporto delle lingottiere utilizzate per ricevere le colate dell'acciaieria;

 

per negligenza, imprudenza, imperizia e per inosservanza di norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro cagionavano la morte del lavoratore Lo.Em., dipendente della Eu.; invero il (omissis) nel primo pomeriggio, il Lo., alla guida di un carrello elevatore, si recò nel parco rottame dello stabilimento Ab. di Pozzuolo del Friuli allo scopo di ricercare e prelevare due tubi metallici necessari ai lavori di manutenzione in corso sull'impianto VD - 2 del reparto LF - 2; presi con sé i tubi, il Lo. iniziò il percorso di ritorno al luogo dei lavori e, anziché seguire il cammino esterno allo stabilimento, intraprese la via più breve attraversando i reparti dell'acciaieria; giunto al reparto fossa, il Lo., probabilmente per raccogliere uno dei tubi scivolato a terra, fermò il carrello elevatore in corrispondenza dei binari destinati al transito dei carri ferroviari portaplacche e, sceso dal mezzo, fu investito da un carro ferroviario che sopraggiungeva sui binari stessi, spinto dal retro dall'operaio Ci.De. mediante un trattore Ze. con segnalatori acustici e luminosi non funzionanti; il Lo. rimase così schiacciato tra il carro ed il carrello elevatore e riportò gravissime ferite, che lo condussero a morte.

 


L'infortunio è dipeso dalle seguenti condotte attive ed omissive imputabili al Mi., al Sa. ed al Ci.:


- avere il Mi., direttore dell'acciaieria, messo a disposizione dei lavoratori il sopraindicato trattore Ze., inidoneo ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori perché privo dei segnalatori acustici e luminosi diretti ad avvertire i terzi del sopraggiungere del mezzo (violazione dell'art. 35 comma 1, D.Lgs. n. 626/94);

- avere il Mi. consentito e comunque non impedito l'impropria prassi di lavoro consistente nella movimentazione dei carri portaplacche, anziché mediante traino anteriore, mediante spinta dal retro in assenza di dispositivi di aggancio tra la motrice ed il carro, prassi pericolosa perché da un lato la visuale dell'operatore addetto alla spinta del carro è gravemente impedita dall'ingombro del carro stesso, dall'altro perché la mancanza dei dispositivi di aggancio non garantisce il pronto arresto del carro in avanzamento (violazione dell'art. 35 commi 1 e 2, D.Lgs. n. 626/94);


- avere il Mi. inoltre omesso di stabilire e di far rispettare, in relazione all'utilizzo del trattore Ze. per la movimentazione dei portaplacche nel reparto fossa dell'acciaieria, regole di circolazione tali da garantire la sicurezza dei lavoratori in transito nel reparto, a piedi o su mezzi, in particolare per avere egli omesso di segnalare adeguatamente le zone di pericolo (quali le aree di passaggio dei carri portaplacche e le aree di movimentazione delle lingottiere), avere omesso di adottare dispositivi diretti ad impedire l'accesso da parte di lavoratori non autorizzati alle predette zone di pericolo e avere omesso di predisporre le misure organizzative idonee ad eliminare il pericolo di interferenze dei mezzi meccanici attivi nel reparto fossa con gli altri mezzi e con i pedoni in transito (violazione dell'art. 8, D.P.R. n. 547/55);

- avere il Sa., amministratore della Eu. e datore di lavoro del defunto Lo.Em., omesso di valutare i rischi di interferenze tra i mezzi condotti dai propri dipendenti all'interno della Ab. e gli altri strumenti meccanici di sollevamento e di trasporto operanti nel reparto fossa (violazione dell'art. 4 comma 1, D.Lgs. n. 626/94);


- avere di conseguenza il Sa. omesso di impartire ai propri dipendenti, tra i quali il Lo., specifiche informazioni in ordine ai rischi ai quali erano esposti durante la permanenza e il transito nei reparti Ab. e specifiche disposizioni in ordine alle vie di circolazione da percorrere all'interno ed all'esterno dei medesimi reparti (violazione dell'art. 37, D.Lgs. n. 626/94);

- avere in generale il Mi. ed il Sa. omesso di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro con particolare riferimento ai pericoli derivanti dalla movimentazione dei carri portaplacche, dalla circolazione di mezzi e di persone nei reparti Ab. e dalle possibili interferenze dei mezzi con gli altri mezzi e con le persone (violazione dell'art. 2087 c.c.);

- avere il Ci., operaio della Ab., addetto alla movimentazione dei carri portaplacche, investito l'altro lavoratore Lo.Em. guidando il trattore Ze. con condotta contraria alle norme di comune prudenza, in particolare per avere egli adoperato il trattore, privo di segnalatori acustici e luminosi, per spingere da retro il pesante carro portaplacche, avendo la visuale impedita dall'ingombro del carro e non essendo in grado, per l'assenza di dispositivi di aggancio tra il carro e la motrice, di arrestare tempestivamente il carro in avanzamento.

Appellanti: gli imputati avverso la sentenza del Tribunale di Udine in composizione monocratica dd. 23 aprile 2008 che letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiarava gli imputati Mi.Pa., Sa.Da. e Ci.De. colpevoli del reato ascritto e, riconosciute loro le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza all'aggravante contestata, li condannava alla pena di anni uno di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali in via solidale.

Sospensione condizionale della pena per Mi. e Sa. Pena estinta per indulto quanto al Ci. Confisca e distruzione del c.r. n. 3858 in giudiziale sequestro.



 

FattoDiritto

 


Con sentenza in data 23 aprile 2008 (depositata in data 1 luglio 2008) il Giudice del Tribunale di Udine, in composizione monocratica, all'esito di dibattimento, ha ritenuto Mi.Pa., Sa.Da. e Ci.De. responsabili del reato loro rispettivamente ascritto e, riconosciute le attenuanti generiche in regime di equivalenza all'aggravante contestata, li ha condannati alla pena di un anno di reclusione ciascuno oltre al pagamento delle spese processuali; ha disposto la sospensione condizionale della pena per Mi. e Sa. e ha applicato l'indulto per Ci., oltre a disporre la confisca di quanto in sequestro.


Il giudicante è pervenuto alla ricostruzione del fatto sulla base di un dibattimento articolatosi in varie udienze dibattimentali, tre specificamente dedicate alla assunzione dei testi: (omissis) (assunzione dei CT Cr.Al., che aveva eseguito l'esame tossicologico sulla vittima, del tecnico Be.Cl. dipendente dell'ASS. n. (omissis) Me., che aveva eseguito le indagini di PG per la ricostruzione della dinamica dell'infortunio, Fu.Ma. dipendente delle Ac. S.p.A. di seguito solo Ab., gruista addetto al reparto fossa, D'I.An. dipendente Ab. - che stava lavorando al reparto fossa il giorno dell'incidente; La.Br., dipendente dell'Ab., Bu.Sa., dipendente della Si., Bu.Ni., dipendente di Ab. e responsabile del reparto fossa, Gr.Ar. diretto superiore del Bu., Ma.Ma., capoturno dell'Ab. reparto acciaieria, Ma.Ag., responsabile del servizio prevenzione Ab., Mu.Fe., addetto all'ufficio sicurezza e ambiente), udienza del (omissis) (assunzione di Lu.Es. ex art. 210 c.p.p., dipendente Si. ma operante presso Ab. come carpentiere e capo cantiere e coordinatore delle imprese Cm. ed Eu., nei confronti del quale il procedimento era stato archiviato il (omissis) su richiesta del PM dd. (omissis) (perché non era datore di lavoro della vittima, perché in veste di coordinatore dei lavoratori Cm. ed Eu. non aveva alcun poteri in ordine all'attuazione delle misure antinfortunistiche, perché nell'incaricare il Lo. di prelevare i tubi metallici gli aveva ordinato di percorrere l'itinerario esterno più sicuro evitando di attraversare i reparti dell'Ab., pertanto nessun addebito di colpa si poteva muovergli), Br.Mi. dipendente Ab., Mi.Vi., presidente della Coop. Cm. subappaltatrice presso Ab., Do.Re., responsabile dell'area laminatrice); infine l'udienza dell'8/2/2008 (testi Lu.Gi. ex dipendente Ab. direttore del personale, Be.Bo. saldatore esterno presso Ab., e il consulente della Difesa ing. Ci.Al.); nel dibattimento veniva acquisita la relazione del Maresciallo Ma.Se. dd. (omissis) e relativa all'intervento effettuato nell'immediatezza il (omissis) alle 15.30 (a causa del decesso del m.llo Se. medesimo), nonché le relazioni di consulenza (medico legale che rilevavano quale causa della morte lo shock emorragico dovuto alle lesioni traumatiche riportate nell'incidente, la documentazione del Dipartimento di Prevenzione dell'ASS. n. 4 Me.; la documentazione offerta dalla Difesa relativa alla descrizione della mansioni del personale e alla organizzazione dei singoli reparti, ai corsi di formazione sulla sicurezza nonché le relazioni di sopralluogo effettuate dal (omissis) al (omissis) da Gr.Lu. addetto all'ufficio Am. (docc. 1 - 28); venivano infine acquisite per l'irreperibilità del teste le s.i.t. rese da Di.Dj.

 

La ricostruzione del fatto svolta dal giudice di primo grado è la seguente:
In ora pomeridiana del (omissis) Lo.Em., di recente assunto dalla Eu. S.r.l. di Monfalcone in qualità di operaio metalmeccanico, nei prestare attività lavorativa presso lo stabilimento delle Ac. S.p.A. (in breve Ab.) in Pozzuolo del Friuli località Cargnacco, su indicazione del capo cantiere Es.Lu., (dipendente della Cm.) si poneva alla guida di un carrello elevatore Ca. ed effettuava ripetuti trasporti di materiale dal parco rottame ai reparti di produzione (la linea del percorso è evidenziata nella planimetria in atti);
nel corso del terzo tragitto di ritorno, effettuato dal Lo. all'interno dello stabilimento anziché lungo il prescritto percorso esterno, forse anche a cagione delle cattive condizioni atmosferiche, egli - presumibilmente per la caduta a terra di una parte del carico - fermava il mezzo nel reparto fossa di colata, adibito alle operazioni di colaggio dell'acciaio in lingottiere, lasciandolo in sosta sul fascio dei binari di transito dei carri portaplacche, veicoli non motorizzati di grandi dimensioni aventi la funzione di trasportare te lingottiere entro le quali avviene la colata dell'acciaio fuso;
il Lo. quindi scendeva dal carrello e, non avvedendosi che un carro portaplacche stava sopraggiungendo alle sue spalle sospinto da un trattore industriale modello Ze. condotto dal Ci., dipendente della Ab., il Lo. veniva violentemente investito e riportava, a cagione dello schiacciamento subito con ogni probabilità tra la ruota anteriore destra del carrello elevatore e l'unico respingente del carro, il secondo essendo mancante, un gravissimo politrauma a torace, addome e bacino, in conseguenza del quale decedeva nella notte tra il (omissis) ed il (omissis) nel reparto di Terapia intensiva dell'Azienda Ospedaliera Sa. di Udine.
Nessun riscontro si evidenziava, in base alla consulenza chimico - tossicologica esperita dal dott. Al.Cr., di un'eventuale assunzione di sostanze stupefacenti di tipo hashish, di cui il Lo. veniva trovato in possesso in modesta quantità; neppure si accertava la sussistenza di alcuna rilevante patologia da cui l'infortunato fosse affetto e che potesse aver concorso alla produzione dell'evento letale; non residuava dunque dubbio alcuno per il giudice di prime cure sulla ricorrenza del nesso causale tra il sinistro occorso nello stabilimento della Ab. ed il decesso della vittima;
La attribuzione dell'infortunio al ruolo svolto dagli odierni appellanti aveva luogo considerando che l'ing. Pa.Mi. era componente del consiglio di amministrazione dell'Ab. con delega a far data dal (omissis) alla sicurezza ed l igiene sul lavoro in riferimento all'attività produttiva e lavorativa esercitata nell'area e nei reparti operativi dell'acciaieria, alla colata continua a quattro linee ed alla fossa di colata; i poteri a lui attribuiti erano esercitatali in piena autonomia senza ingerenze né limiti di spesa e con facoltà di rappresentare ed impegnare la società per ogni intervento necessario all'osservanza della normativa vigente in materia di sicurezza ed igiene del lavoro;
Il Sa. ricopriva la carica di amministratore unico e legale rappresentante della Eu. ed era come tale responsabile per la sicurezza sul lavoro, non avendo rilasciato deleghe in materia; il personale della Eu. era dislocato all'interno dello stabilimento per l'esecuzione di opere di manutenzione meccanica e carpenterie varie concesse in appalto in data (omissis) dall'Ab. alla Cm. s.c. a r.l., di Campoformido e da questa in parte subappaltate in data (omissis) alla Eu. ed alla Si. di Valenzano;
Il Ci. si trovava, quale dipendente della Ab., alla guida del trattore Ze. ed era impegnato in manovre di movimentazione dei carri portaplacche; era lavoratore assunto da tempo e dotato di adeguata esperienza nelle specifiche mansioni a lui assegnate.

Secondo il primo giudice l'infortunio aveva avuto luogo per le ragioni che venivano così esposte:

- il trattore Ze. condotto dal Ci. era impegnato in manovra di spinta del carro portaplacche, la quale era peraltro sconsigliata dal piano di sicurezza aziendale in quanto il conducente era privo di adeguata visuale dello spazio antistante alla manovra a cagione del notevole sviluppo in altezza delle lingottiere; queste ultime, come chiaramente evidenziato dai rilievi fotografici in atti e dalle riprese video contenute nel CD parimenti acquisito nella documentazione dimessa dal pubblico ministero, precludevano il campo visivo anteriore, e ciò anche ad opinare che il trattore fosse posizionato in prossimità dell'estremità esterna del carro, si da assicurare quantomeno la visuale laterale;


- a quanto risulta, il transito di veicoli estranei al reparto fossa era vietato da cartelli apposti a lato di uno degli accessi; peraltro, secondo quanto concordemente riferito dai testi Fu.D'I., La., Bu., Bu., Ma., Es., Br., Mi., il passaggio di veicoli e di persone estranee al reparto era ampiamente tollerato in quanto era più agevole e consentiva di ridurre i tempi di percorrenza rispetto al prescritto itinerario esterno allo stabilimento; solamente a seguito del tragico infortunio la Ab. aveva provveduto a chiudere con una catenella munita di un cartello di divieto di accesso il passaggio utilizzato dal Lo. per accedere al reparto; successivamente gli accessi erano stati muniti di sbarra mobile;

- il Bu., quale responsabile del reparto fossa, sin dal 1999 aveva ripetutamente segnalato alla dirigenza anche per iscritto la pericolosità del transito non regolamentato di veicoli nella zona in questione ed aveva chiesto l'apposizione di un divieto assoluto di passaggio; aveva altresì richiesto con nota di data (omissis) la sostituzione del trattore Ze. in quanto obsoleto e privo dei segnalatori acustici e luminosi, sicché la problematica era conosciuta, o avrebbe dovuto esserlo in base a criteri di ordinaria diligenza, anche alla diversa amministrazione in carica al momento del sinistro, come d'altra parte si evidenzia dalla stessa documentazione dimessa dalla difesa del Mi. e dalla deposizione resa in proposito dal teste Do.Re.; alla conoscenza del problema non era peraltro seguita l'adozione in via urgente delle misure necessarie a por fine alla grave situazione di rischio;

- il trattore Ze. era privo di idoneo dispositivo luminoso lampeggiante, che la Ab., come documentato dalla Scheda macchina in atti, provvedeva a far sostituire soltanto in data (omissis) all'esito dell'infortunio; nella medesima data risulta essere stato montato sul mezzo il cicalino posteriore, evidentemente mancante o non funzionante in precedenza; il veicolo era inoltre sfornito di dispositivo di agganciamento che consentisse la fondazione di un convoglio frenato nelle manovre di spinta, le quali, pur vietate dal piano di sicurezza dell'Ab. al precipuo fine di prevenire rischi del genere di quello in esame, erano peraltro abitualmente tollerate in ragione dello spazio insufficiente alle manovre a traino; l'assenza di tale dispositivo avrebbe reso comunque rischiose anche queste ultime, eseguibili soltanto a mezzo dell'agganciamento con funi metalliche secondo modalità inidonee a garantire la possibilità di rapida ed efficace frenatura del pesante convoglio, procedente a velocità non elevata ma comunque apprezzabile, come evidenziato dalla ricostruzione della manovra contenuta nel ed in atti, dovendosi anche tenere conto dell'ingente inerzia di mezzi di tali dimensioni e peso;

- per asserite carenze di personale non si ricorreva di regola neppure al basilare accorgimento, imprescindibile in qualsiasi manovra da attuarsi in condizioni di insufficiente visibilità, di posizionare un secondo lavoratore a terra con il compito di dare indicazioni al conducente verificando l'assenza di ostacoli.

Facendo dunque richiamo ai principi che disciplinano la sicurezza in materia di lavoro il giudice di primo grado riteneva provato oltre ogni ragionevole dubbio che l'antecedente determinante del sinistro mortale fu costituito da plurime violazioni di norme cautelari - che andava quindi partitamente a elencare - nell'esercizio di attività imprenditoriale comportante elevati rischi per l'incolumità dei lavoratori, nella quale era conseguentemente richiesta la scrupolosa adozione di ogni misura necessaria ed utile a prevenirti con riferimento alla predisposizione di presidi tecnici, attrezzature e strutture adeguate, all'organizzazione del lavoro, all'apprestamento di costante vigilanza, all'idonea e frequente manutenzione di impianti e macchinari.
Sottolineava il giudice di primo grado che l'imprudenza della vittima, pur ponendosi in concorso di colpa con i soggetti tenuti a garantire il rispetto delle norme antinfortunistiche, non escludeva la responsabilità di questi ultimi che venivano pertanto dichiarati colpevoli per condotte colpose indipendenti - escludendo quindi la cooperazione di cui all'art. 113 cp.

 

2. Avverso tale sentenza hanno interposto rituale appello gli imputati Mi.Pa., Sa.Da. e Ci.De. per il tramite dei rispettivi difensori, formulando le doglianze che vengono riportate seguendo i singoli atti di impugnazione:

Per Mi.Pa. - Ci.De.

I) Errata ricostruzione del fatto e sua qualificazione: Il difensore si duole che il primo giudice non abbia valorizzato il fatto che il Lo. si era recato all'interno del reparto fossa in violazione alle istruzione impartitegli dal preposto (presente) né abbia messo in luce che il reparto fossa non era frequentato dai non addetti essendo al margine dell'area (teste Do.) ed esistendo cartelli che indicavano il divieto di accesso e i percorsi da seguire (teste Lu.); né il giudice di primo grado aveva sottolineato che il Lo. aveva arrestato il carrello in mezzo ai binari di corsa di un carro porta lingottiere fermo, ponendosi in mezzo tra i due, si che quando il carro è stato spostato - lateralmente - seppur di pochi metri (testi Be. e Di.) si è trovato l'ostacolo - uomo rappresentato dal Lo.; la spinta laterale, poi, avrebbe consentito di vedere il carrello del Lo. per cui non era necessario il "moviere" o secondo uomo a terra, oltre al Ci. a bordo del trattore Ze., come erroneamente ritenuto dal giudice di primo grado;

II) Omessa evidenziazione delle procedure esistenti e delle persone presenti con compiti specifici di sicurezza: il Difensore osserva che, pur operando varie imprese in appalto e in subappalto, l'Ab. aveva predisposto in ossequio all'art. 7 del D.Lgs. 626/1994 un piano di coordinamento e lo aveva comunicato alle altre imprese appaltatici e subappaltatrici; Es.Lu., dipendente Si. venne congiuntamente individuato come capo cantiere preposto per Cm. incaricato della tutela della sicurezza nella conduzione delle opere appaltate e del coordinamento del personale di Cm., Eu. e Si. per cui non è stato corretto addebitare all'ing. Mi. una violazione di prescrizioni del capo cantiere unita a una colpa generica del manovratore; ricorda il Difensore che il teste Bu. aveva accompagnato il Lo. lungo il percorso esterno al parco rottami e che l'Es. aveva dato istruzioni agli operatori e in particolare al Lo. di fare il percorso esterno e non il percorso interno, dovendo fare per forza quello; ricorda il Difensore che il Lo. osservò le istruzioni, correttamente impartite da Es. (che aveva detto anche ad altro dipendente - teste Be.Bo. - di non passare sui binari), recandosi al parco rottami per ben tre volte, e ritornando anche, secondo il percorso esterno, all'area di lavoro per due volte; ma la terza volta decise di far ritorno per la via interna ai capannoni; dunque la ditta Ab. avesse dato istruzioni alla Cm. di seguire i percorsi esterni, secondo procedure esistenti e conosciute sia dalla vittima sia dal suo coordinatore; messi entrambi a conoscenza dei rischi (secondo i testi Bu., Es., Mi., Ma. e Iu. che ha riferito delle informazioni preventive dati sui percorsi di sicurezza alle ditte esterne); la presenza effettiva del preposto (Es.) sollevava il datore di lavoro dall'obbligo di attivarsi (Cass. 29 ottobre 2003 n. 49492); c'era il divieto di entrare nei reparti e l'obbligo di usare i percorsi esterni, tutto era proceduralizzato secondo norma, e dunque ingiusto era imputare a Mi. la responsabilità della violazione delle norme da parte della vittima senza considerare che il proprio compito di valutazione dei rischi e di indicazione delle procedure per la sicurezza era stato assolto;


III) Difetto di sussistenza di colpa specifica e di nesso causale fra le violazioni di specifiche norme antinfortunistiche e l'evento: benché nella sentenza, secondo l'appellante, vengano imputate a Mi. cinque violazioni di norme antinfortunistiche, manca il nesso causale tra le pretese violazioni e l'evento considerando che la manovra che originò l'infortunio avvenne per spinta laterale, che gli agganci e il sistema di frenatura non avevano efficacia in relazione al minimo spostamento del carro, che i sistemi di segnalazione visiva che si trovavano sul trattore non sarebbero comunque stati visti dall'infortunato che si era collocato a terra fra il carrello e il carro perché schermati dal carro porta lingottiere e gli avvisi acustici sarebbero stati di scarsa efficacia in un ambiente di lavoro nel quale il rumore di fondo era comunque rilevante (teste Ma.); dunque anche se tali dispositivi fossero stati attivi l'evento si sarebbe verificato ugualmente in quelle condizioni e pertanto nessun nesso causale può rinvenirsi tra la violazione di dette norme e l'evento stesso da attribuirsi al comportamento della vittima che mettendosi a raccogliere materiale sui binari, appena dietro il carro, aveva posto in essere una situazione oggettivamente pericolosa e completamente estranea al transito nel reparto e al correlativo pericolo di interferenze con i mezzi su rotaia; pertanto il difensore dell'appellante ribadiva che di fronte a tali volontarie violazioni da parte del dipendente di ogni comando e norma, nessuna contravvenzione poteva ritenersi in efficace nesso causale con l'evento;

 

IV) In ordine alla posizione dell'ing. Mi. il Difensore evidenziava che non poteva richiedersi al garante della sicurezza la riparazione di una lampadina o del cicalino o l'impedimento dell'accesso ai reparti quando era previsto un capo aerea che aveva la responsabilità del reparto (Bu.) e un capo turno di acciarieria responsabile dell'area nelle 24 ore (vds. teste Iu. - trasc. pag. 15) e inoltre il Ci. conducente del trattore sapeva come muovere il carro e doveva accertarsi e verificare che non vi fossero ostacoli secondo la procedura chiara, nota e attuata per le manovre dell'addetto al trattore (vds. teste La. - ud. 29 maggio 2007 pag. 40); dunque l'unica omissione di cautela in nesso causale con l'evento (oltre alla condotta della vittima) poteva semmai addebitarsi al Ci.; sottolineava che l'ing. Mi. nell'organizzare al suo livello la sicurezza in Ab. si era avvalso anche del valido ufficio sicurezza e igiene lavoro (SIL) cui facevano parte Ma., Gr. e Mu. ai quali era stato dato l'input di rivedere le procedure operative scritte e le schede mansione delle singole posizioni di lavoro; tra l'aprile e il settembre 2003 neppure la SIL aveva evidenziato insufficienze o carenze nel reparto fossa, del trattore Ze., di procedure di movimentazione carri ingresso in reparti ecc.; il fatto che vi fosse il preposto Es. che coordinava, il capo turno (Bu.) che sovraintendeva, Ma. col servizio SIL che sorvegliava e un servizio di manutenzione - con organizzazione indipendente - con 50 addetti alle dipendenze dell'ing. Sa. doveva consentire all'ing. Mi. di ritenere svolto il proprio ruolo e assolte le responsabilità del proprio livello; ricordava il Difensore che da luglio (omissis) a ottobre (omissis) si era svolto un corso di gestione delle risorse umane per Ca., era stato richiesta una analisi dei rischi ai reparti e richiesti interventi al S.I.L. sia per i dipendenti sia per le ditte esterne: pertanto all'ing. Mi., che doveva garantire una adeguata organizzazione d'impresa e una vigilanza sulle norme, e non una costante presenza fisica, non poteva essere rimproverato nulla, neppure alla luce della rigida giurisprudenza in materia; evidenziava piuttosto che il Bu. con le sue dichiarazioni aveva tentato di coprire proprie responsabilità nel senso che il ruolo di garante del reparto era suo.

 

V) Sulla posizione di Ci.De.: l'appellante sottolineava che la violazione delle norme di comune prudenza integrava una colpa generica, senza alcuna aggravante derivante dalla violazione di norme antinfortunistiche (pena base mesi sei); lamentava che il Giudice immotivatamente aveva escluso che il Ci. avesse fatto legittimo affidamento sull'osservanza da parte di altri delle regole senza tenere in debito conto il fatto che il posizionamento del carrello davanti al carro fermo era anomalo e quindi imprevedibile e ancor più imprevedibile il fatto che un uomo potesse collocarsi tra il carro e il carrello; chiedeva per Ci. comunque la commisurazione della pena alla luce dell'errore in cui era incorso il primo giudice; sottolineava comunque il Difensore che il comportamento della vittima doveva considerarsi assolutamente anomalo e bizzarro, che non poteva essere sottovalutato l'uso dell'hashish anche in ragione del fatto che i prelievi del sangue non erano significativi dello stato del Lo. al momento dell'incidente a causa delle trasfusioni operate immediatamente dopo il sinistro;


VI) La presenza del garante della sicurezza sig. Es.Lu.: l'appellante evidenziava che il sig. Es. aveva esattamente rispettato i compiti di coordinamento e le istruzioni impartite e quale delegato al controllo concreto avevano prescritto ai dipendenti, al Lo. in particolare, di seguire il percorso esterno facendolo affiancare da altri lavoratori esperti (Bu.); dunque neppure la presenza fisica dell'ing. Mi. in reparto avrebbe potuto meglio svolgere il ruolo concretamente svolto dall'Es. (per il quale infatti la posizione processuale di indagato è stata oggetto di archiviazione);


VII) Omessa valutazione della condotta della vittima e del contributo causale dei coimputati: Il difensore si duole che il primo giudice, pur riconoscendo la concorrente condotta colposa della vittima non abbia escluso la responsabilità datoriale, errando nella distribuzione causale delle responsabilità stesse che, se imputabili alla vittima e alla imprudenza del Ci. (per violazione di consegne il primo, per violazione di procedure il secondo), non avrebbero potuto integrare alcuna colpa in capo all'ing. Mi.;

VIII) In ordine alla aggravante e alla pena per Ci.: secondo il Difensore il primo giudice ha errato nel considerare l'aggravante nella determinazione della pena mentre al dipendente poteva al più addebitarsi la violazione di una normale regola di prudenza. Chiedeva dunque il difensore di Mi.Pa. e Ci.De. che la Corte voglia in riforma dell'impugnata sentenza, mandare assolti con la formula "per non aver commesso il fatto" Mi.Pa. e Ci.De. perché il fatto non costituisce reato, in subordine per quest'ultimo previa esclusione dell'aggravante, colle attenuanti generiche comunque prevalenti, prendere a base il minimo della pena edittale concedersi il massimo della diminuzione con conversione della pena pecuniaria ex art. 53 legge 689/1981 (in tale caso, solo, senza sospensione condizionale).

 


Per Mi.Pa. venivano presentati i seguenti distinti motivi di appello da parte del codifensore:

a) erronea valutazione delle risultanze processuali e falsa applicazione dell'art. 40 comma 2 c.p. e dell'art. 43 comma primo, primo cpv. c.p. in ordine alla ritenuta responsabilità del Mi. per il reato di omicidio colposo: lamentava il Difensore che la sentenza in ordine alla valutazione delle violazioni contestate, in parte anche ridondanti, si esprimesse in termini apodittici limitandosi a costatare il ruolo di amministratore delegato ricoperto dall'ing. Mi. e senza verificare la struttura organizzativa e la ripartizione delle funzioni in una realtà aziendale estremamente complessa e articolata come quella dell'Ab., contestando che dalla responsabilità di posizione il giudice di primo grado avesse fatto derivare una responsabilità personale; osservava innanzitutto il Difensore che i dispositivi visivo e acustico erano presenti nel trattore ma non funzionanti (fatto semmai addebitabile a una carenza del reparto di manutenzione) e comunque anche fossero stati funzionanti non avrebbero impedito l'evento poiché la manovra di spinta si è svolta in un tratto estremamente breve per cui la vittima per la posizione in cui si trovava non lo avrebbe visto e il segnalatore acustico - ove avvertito (data la rumorosità del reparto pari a circa 80 decibel) - non avrebbe comunque consentito la reazione della vittima; concludeva dunque il Difensore che il guasto del cicalino e del lampeggiante non implicavano l'attività dell'amministratore delegato e l'inosservanza si è realizzata nel il contesto di una struttura organizzativa adeguata a prevenirla, già suddivisa in settori rami e servizi cui erano preposti soggetti qualificati; contestava inoltre il Difensore che potesse essere rimproverato il difetto del dispositivo di aggancio, idoneo a rendere solidale il convoglio costituito dal trattore Ze. ed il carro, in quanto nel processo di determinazione dell'evento non si era affatto inserita la necessità di frenare o tirare il carro, manovre per le quali il difetto di un dispositivo di agganciamento avrebbe potuto dirsi rilevante; osservava il difensore che il carro avrebbe potuto solo essere spinto e che tale operazione avrebbe richiesto un altro operatore a terra oltre al manovratore del trattore (come ricordano i testi La., Gr., Ma.); la corretta esecuzione dell'operazione spettava al responsabile del reparto Bu.Ni. sentito solo quale teste e risultato secondo il Difensore in parte reticente e in parte ambiguo, senza che la sentenza impugnata avesse adeguatamente considerato la centralità del suo ruolo; il Difensore dell'appellante riconosceva infine causalmente rilevanti le violazioni connesse alla circolazione di mezzi all'interno del reparto, ma sottolineava che erano state predisposte adeguate procedure, erano stato individuato un responsabile e coordinatore della sicurezza, presente (Es. e che spettava al responsabile del reparto fossa (Bu.) far rispettare il divieto di accesso nel proprio reparto per cui nessun addebito poteva muoversi all'ing. Mi. che non solo aveva dettato precise disposizioni organizzative ma assicurato la presenza dei preposti ai singoli servizi e reparti;

b) eccessività del trattamento sanzionatorio. Lamentava l'appellante comunque in via subordinata, che la concessione di attenuanti generiche solo equivalenti alla contestata aggravante non fosse equa in relazione al grado della colpa concretamente rilevato senza poi adeguatamente considerare l'elevato concorso di colpa della vittima nella produzione dell'evento. Formulava dunque le seguenti conclusioni: Voglia la Corte, in riforma dell'impugnata sentenza, assolvere Mi.Pa. dall'accusa contestatagli per non aver commesso il fatto o con altra formula ritenuta di giustizia; in via di mero subordine, ritenute prevalenti le circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante, applicare la pena detentiva nella misura minima lealmente consentita sostituendola con la pena pecuniaria della spese corrispondente a norma dell'art. 53 L. 689/1981.

 

Per Sa.Da. il difensore presentava i seguenti motivi di appello:

A) l'illogicità della motivazione laddove, da un lato, riconosce che al Lo. furono impartite precise disposizioni da parte del capo cantiere Es. e, dall'altro, perviene apoditticamente alla condanna del Sa. ritenendo che lo stesso abbia omesso di valutare adeguatamente i rischi cui erano esposti i propri dipendenti dimenticando che non solo il Sa. aveva valutato i rischi, ma addirittura attraverso, il sig. Es. li aveva resi noti al Lo. che aveva ricevuto dal primo precise direttive sul percorso da seguire come era emerso univocamente dalle testimonianze; per cui solo il Lo., che aveva trasgredito ordini e direttive, poteva ritenersi causa dell'infortunio di cui era stato vittima; pertanto la condotta del dipendente Lo., imprevedibile e non evitabile, interrompeva il nesso di causalità tra l'evento e le responsabilità del datore di lavoro che doveva essere mandato assolto per che il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato, mancando l'elemento psicologico della colpa;

B) Si doleva inoltre il Difensore che la sentenza di primo grado non avesse tenuto conto del fatto che gli obblighi informativi specifici posti in capo al datore di lavoro possono essere assolti da terze persone purché competenti e affidabili che nel caso in esame erano anche presenti;

C) In linea subordinata si doleva il Difensore del fatto che il Giudice, pur avendo riconosciuto la concorrente responsabilità della persona offesa non avesse ritenuto prevalenti le circostanze attenuanti generiche.


In conclusione quindi chiedeva in totale riforma dell'impugnata sentenza, mandare assolto l'appellante Sa.Da. dal reato per cui è stato condannato per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato per carenza dell'elemento psicologico della colpa ex art. 530 comma 1 e 2 c.p. o del nesso di causalità; in ogni caso, in subordine, previa dichiarazione di prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante contestata irrogarsi il minimo della pena con la sospensione condizionale;

 


3. All'udienza del 12 aprile 2010, procedutosi nella contumacia dell'imputato Sa., presenti gli imputati Mi. e Ci., effettuata la relazione, il Procuratore Generale ha concluso chiedendo la conferma dell'impugnata sentenza per Mi.Pa. e, previa conferma della responsabilità penale, la riduzione della pena per Sa. e Ci. nei limiti edittali;
I Difensori hanno illustrato oralmente i motivi d'appello chiedendone l'accoglimento.
La Corte ha pronunciato sentenza dando lettura del dispositivo.

 

 

4. Ritiene la Corte che l'appello non possa essere accolto.

 

Invero appare corretta l'affermazione di responsabilità degli imputati, operata dal primo Giudice a seguito di una puntuale ricostruzione dei fatti e di una corretta applicazione dei principi giuridici, sicché a quella decisione la Corte può fare rinvio per tutte le parti appresso non specificatamente trattate.
La dinamica del sinistro è ben descritta dal giudice di prime cure ed è coerente non solo con le testimonianze assunte, ma anche con gli immediati accertamenti di PG sul luogo del sinistro (vds. ad esempio le riprese video nel CD allegato sub 9 ter dalla ASL - Dipartimento di prevenzione dd. (omissis) che riprendono l'ambiente di lavoro all'interno e all'esterno, il reparto fossa in particolare e i mezzi coinvolti, nonché gli accertamenti successivi del (omissis) e quindi del novembre dell'anno 2004, ove risultano evidenziati gli adempimenti prescritti dall'ASL stessa per la sicurezza dell'ambiente di lavoro).

 

Viene tuttavia di seguito sinteticamente ripercorsa la dinamica del sinistro in ragione delle specifiche doglianze degli Appellanti:
L'infortunio mortale sul lavoro si verifica nel cd reparto colata in fossa o più brevemente "reparto fossa" dell'Ab. (Ac. S.p.A.): la Società, che vede quale direttore di stabilimento, con specifica delega di poteri in materia di sicurezza e igiene del lavoro, l'ing. Mi.Pa. (vds. organigramma all. 5 e vds. CCIAA all. 3 della produzione del PM), impegna altre imprese in rapporto di appalto e subappalto per lavori collaterali quali la Si., la Cm. scarl e (in rapporto di subappalto con quest'ultima) la Eu.;
il sig. Es.Lu. - dipendente della Si. - svolge funzioni di capo cantiere e coordinatore per la sicurezza sia per la Si. sia per le imprese in subappalto (vds. sub all. 6);
nel pomeriggio del (omisiss) Lo.Em., assunto dalla Eu. S.r.l. di Monfalcone in qualità di operaio metalmeccanico da poco più di due mesi (vds All. 1), il quale risulta avere formalmente ricevuto un piano di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro dalla propria impresa (vds. sub all. 19 la ricevuta), su indicazione del capo cantiere Es.Lu. si pone alla guida di un carrello elevatore Ca. (c.d. muletto) ed effettua ripetuti trasporti di materiale dal parco rottame ai reparti di produzione secondo la linea del percorso esterna allo stabilimento evidenziata in giallo nella planimetria sub all. 9; detta linea di percorso era stata specificamente indicata dall'Es. al Lo., informato del divieto di accedere all'interno dello stabilimento perché pericoloso (l'indicazione verbale è rafforzata dai cartelli posti all'ingresso del reparto con divieto di accesso al personale non autorizzato); lo stesso teste Bu. - dipendente Cm. - accompagna una prima volta il Lo. per insegnargli il percorso (vds. verbale ud. (omissis) Es. disse al Lo. di prelevare dei tubi dai parco rottame. In un primo momento siamo andati insieme. Dopo il Lo. è tornato una seconda volta al parco rottame. E' tornato con pezzi lunghi.

A richiesta dell'Es. è ritornato al parco rottami per prendere dei pezzi più corti. Per il terzo viaggio ha effettuato un tragitto diverso); il teste, pur riferendo che l'area del reparto fossa non era vietata, che non erano state date informazioni specifiche sulla pericolosità, su domanda dei Difensori, poi precisa che l'Es. aveva raccomandato ai lavoratori di fare il percorso esterno perché all'interno non si poteva passare perché era pericoloso, che erano stati fatti dei corsi, e che il Lo. non disse ai colleghi che avrebbe fatto un altro tragitto per il terzo ritorno (l'ha fatto tutto di testa sua - pag. 45 ud. 29/5/2007);
il terzo tragitto di ritorno dal parco rottami al luogo di lavorazione della Eu., viene dunque effettuato dal Lo. all'interno dello stabilimento anziché lungo il prescritto percorso esterno;
la via seguita dal Lo. - evidenziato in colore arancione nella planimetria sub all. 9 - suggerita forse anche dalle condizioni atmosferiche (quel pomeriggio pioveva, lo ricorda il teste Be. e si nota anche dalle riprese video effettuate nell'immediatezza del sinistro) passa attraverso il reparto fossa:
si tratta di un reparto dell'Ab. dove viene eseguita la colata dell'acciaio (l'acciaio fuso viene immesso in casseforme che lo trasformano in giganteschi e pesanti lingotti, trasportati su carri ed porta placche, mezzi non motorizzati, che si spostano lungo binari grazie alla spinta o al traino mediante una fune d'acciaio collegata a un trattore con una velocità di 2 - 3 km/s. stando alle valutazioni del c.t. di parte ing. Ci. - vds. verbale ud. 8 febbraio 2008 - ALL. H).
Il Lo., che sta guidando un carrello o muletto dotato di forche esterne per il trasporto di materiale, presumibilmente per la caduta a terra di una parte del carico, ferma il mezzo nel reparto fossa di colata, lasciandolo in sosta proprio sul fascio dei binari di transito dei carri porta placche; quindi scende dal carrello e, non avvedendosi che un carro portaplacche stava sopraggiungendo alle sue spalle sospinto da un trattore industriale modello Ze. condotto dal Ci., dipendente della Ab., viene violentemente investito e riporta, a cagione dello schiacciamento subito con ogni probabilità tra la ruota anteriore destra del carrello elevatore e l'unico respingente del carro, il secondo essendo mancante, un gravissimo politrauma a torace, addome e bacino, in conseguenza del quale muore nella notte tra il (omissis) ed il (omissis) nel reparto di Terapia intensiva I dell'Azienda Ospedaliera Sa. di Udine; nell'immediatezza dell'evento il carro viene rispostato indietro (vds. teste Fu. e D'I.) e quindi i mezzi non vengono trovati nella posizione originaria dall'ispettore dell'ASL giunto sui luoghi (vds. teste Be.).

 

Accertato il fatto, occorre metterne a fuoco singoli aspetti:

1) il trattore Ze. viene utilizzato per la spinta o il traino mediante un cavo di acciaio dei carri - ponte che trasportano pesanti lingotti di acciaio e si muovono su rotaie; la spinta/il traino dei carri ponti non può che essere posteriore e non certo laterale, come sostenuto dagli Appellanti (vds. punto I dell'atto di appello per Mi. e Ci.): va invero precisato che le risposte date da Be. alle domande del Difensore si riferiscono a una ipotesi teorica più che alla movimentazione effettuata in concreto (vds. Pag. 21 e ss. trascr. Verbale udienza 29 maggio 2007) e assolutamente privo di riscontro rispetto alle deposizioni di tutti i testi rimane il parere del consulente di parte ing. Ci., circa la spinta laterale che sarebbe stata data al carro; non va poi taciuto che la posizione dello Ze. accanto al carro porta placche, dove viene fotografato al momento del sopralluogo dell'ispettore del lavoro (Be.), non è quella dell'originaria movimentazione, ma quella in cui il trattore risulta spontaneamente spostato dal Ci. prima di scendere e vedere cosa fosse accaduto (come ricorda bene anche il teste Fu." - vds. Pag. 29 trascr. ud. 29 maggio 2007; e come ricorda anche il teste D'I.Ma. subito accorso dopo l'incidente lo Ze. dietro il carro - pag. 33); la manovra di spinta o di traino con il trattore Ze. avviene necessariamente con il trattore collocato dietro il carro come riferiscono i testi D'I., La.Br. (la cui testimonianza va considerata particolarmente rilevante in quanto anche lui, come il Ci., è operatore del trattore Ze.):
ora chi manovra il trattore Ze. per spinta non vede e non può vedere dalla propria postazione se vi siano ostacoli sui binari oltre il carro portaplacche (lungo a sua volta 12 - 15 metri dice Be., 6 - 7 metri dice Ci.) come ha ben specificato il teste Be. (vds. Aff. 9 - 19 verbale udienza 29 maggio 2007 - All. F): da qui la previsione, indicata nelle procedure di lavoro, che durante tali manovre vi fosse anche un operatore a terra; ma le procedure - che all'epoca secondo Bu., responsabile del reparto - comunque mancavano perché vennero redatte in seguito all'infortunio, non potevano essere sempre rispettate a causa del personale in organico effettivo al reparto - fossa, che impediva di impegnare costantemente due operatori (uno a terra e uno sul trattore) durante le manovre di spinta;
la manovra di spinta/traino poi veniva effettuata senza alcun gancio che potesse ancorare stabilmente il trattore al carro ponte (perché il trattore ne era sprovvisto), e quindi non era possibile controllare fino in fondo il movimento del carroponte che, una volta ricevuta la spinta procede, necessariamente e almeno per un tratto per forza di inerzia propria seppure lentamente (le riprese video sulla ricostruzione del sinistro sono particolarmente eloquenti sul punto);
nel trattore poi non funzionano né la cicalina di allarme, né il lampeggiatore; la cicalina e il lampeggiante avrebbero avuto e hanno la specifica funzione di allertare che il mezzo è in movimento e avrebbero potuto essere percepiti al di là e al di sopra sia del rumore del trattore (che, oltre a collocarsi comunque al di là del carro è confuso, se non addirittura coperto dal rumore di fondo del reparto, neppure lieve in determinate fasi della lavorazione (es. la colata, che si svolge vicino al luogo del sinistro); anche il teste Bu. ricorda che pur esistendo un rumore di fondo nel reparto fossa (valutato dall'ing. Ci. in circa 80 dB - vds. relazione All. E e le dichiarazioni sub All. H trasc. verbale ud. 8/2/2008), la rumorosità è variabile a seconda delle lavorazioni in atto (nel reparto fossa il livello della rumorosità è elevato ma è discontinuo a seconda delle lavorazioni; c'è un rumore di fondo);
dunque la cicalina (segnalatore acustico del mezzo in movimento) e il lampeggiante avrebbero potuto e dovuto segnalare il concreto pericolo rappresentato dal mezzo in movimento e attirare l'attenzione di eventuali persone poste nelle vicinanze (ma quasi nessuno dei testi escussi ricorda che avessero mai funzionato);
il trattore era comunque obsoleto per la funzione cui doveva adempiere e ne era stata richiesta espressamente la sostituzione dal responsabile del reparto, già da tempo;
la mancanza o, rectius, il non funzionamento di cicalina e lampeggiante, la mancanza del gancio (deputato a formare un unico corpo tra motrice e carro) per controllare il movimento e l'arresto del carro stesso, si pongono perciò in evidente nesso causale con l'evento e va perciò disattesa la doglianza proposta dagli appellanti circa il difetto di sussistenza del nesso causale tra le violazioni riscontrate (art. 35 commi 1 e 2 D.Lgs. 626/1994) e l'evento (vds. punto I, III e IV atto di appello Mi. - Ci. e punto a) atto di appello per il solo Mi.) e disattesa la osservazione del consulente di parte circa il fatto che comunque il Lo. non avrebbe comunque visto la luce perché chino a raccogliere i pezzi e non avrebbe sentito il cicalino a causa del rumore di fondo nel reparto, perché non è stato affatto considerato il momento del suo approssimarsi alla zona, si che se i segnali avessero funzionato per allertare circa il movimento dei mezzi (movimento che, si ricorda, è stato plurimo: infatti che il Ci. ebbe a spostare uno dopo l'altro due carri diversi - vds. consulenza Ci. pag. 4), quei segnali avrebbero ben potuto essere percepiti e considerati;
ritiene poi la Difesa di Mi. che il malfunzionamento di cicalina e lampeggiante pur presenti, avrebbero semmai dovuto imputarsi al reparto manutenzione e non all'ing. Mi. che, per la sua posizione apicale, aveva comunque predisposto una organizzazione del lavoro adeguata a rispondere a singole carenze di singoli mezzi:
ora, se non vi è dubbio che specifici guasti avrebbero dovuto essere segnarti e risolti dal reparto di manutenzione, va tuttavia riconosciuto che le violazioni riscontrate sono soltanto specifici e multipli aspetti dell'uso di un mezzo comunque complessivamente inidoneo ai fini della sicurezza e perciò esse debbono imputarsi a chi, proprio per la posizione apicale, avrebbe dovuto provvedere alla sostituzione del mezzo stesso (avendo piena ed esclusiva autonomia di spesa) ovvero ad adeguarlo compiutamente a svolgere in sicurezza il lavoro per cui veniva usato (come, si da atto, è effettivamente avvenuto seppur dopo il sinistro);
l'ing. Mi. poi aveva avuto, dal canto proprio, piena consapevolezza della superficialità nella analisi dei guasti (vds. mail del (omissis) sub doc. 4 all C Difesa) e aveva evidenziato il rischio che si ripetano incoraggiando una mentalità fatalista; egli aveva incaricato il sig. Ma. di redigere un rapporto dettagliato per priorità dei guasti;
orbene, detta consapevolezza - coerente con il suo ruolo - rafforza (e non diminuisce) la sua responsabilità, né l'assegnazione di specifici compiti a terzi, la cui esecuzione evidentemente non poteva dirsi esaurita nel momento in cui si è verificato l'infortunio (omissis), può sollevarlo dalla responsabilità che perciò deve ritenersi debitamente contestata e accertata;
e non si ritiene imputabile al responsabile del reparto, il Bu., la colpa di non aver adibito un operatore a terra per la manovra del carro portaplacche: al riguardo infatti occorre ricordare che il Bu., sentito come teste, ha sottolineato che - al di là delle procedure - non era possibile con il personale in organico impiegare materialmente sempre due persone per la manovra dei carriponte (un operatore a terra e un operatore sullo Ze.); la mancanza del personale è stata confermata dal teste Gr.Ar., all'epoca diretto superiore del Bu. (vd. pag. 58 trasc. verbale ud. 29/5/2007) e che, dunque, l'unica soluzione per la sicurezza avrebbe dovuto essere segregare il reparto, ossia renderlo effettivamente non accessibile ai non addetti, come è stato reso seppur dopo l'infortunio;
né sorprende che il teste Ma.Ag., responsabile del servizio prevenzione e protezione (che aveva inviato proprio il giorno prima dell'infortunio la comunicazione "ai capi" di un corso sull'organizzazione della sicurezza, allo scopo di diminuire gli infortuni - vds. doc. 7 in All. C) si sia limitato a citare le procedure scritte o anche solo verbali le quali prevedevano la presenza di un operatore a terra durante la manovra, non accennando alla concreta impossibilità di adibire il personale effettivamente in dotazione a tale doppio controllo né, soprattutto alla effettiva osservanza delle procedure, ove si ammetta che esse fossero già formalmente scritte e non piuttosto in fase di (accurata) elaborazione.

 

2) Il Lo. ha seguito - nel suo terzo tragitto di ritorno - un percorso diverso da quello che gli era stato prescritto; è entrato nel reparto fossa, pur non essendovi autorizzato, ha lasciato il carrello sopra il fascio di binari, senza avvedersi e rispettare il movimento di mezzi pesanti; ha tenuto, dunque, secondo gli Appellanti, una condotta a tal punto bizzarra e imprudente da integrare un atto abnorme idoneo a porsi come unica causa dell'evento mortale.

 


La doglianza - esplicitata in particolare nei motivi sub I e VII atto di appello Mi. - Ci., a) atto di appello Mi., A) Sa.) - va disattesa.

 


E' infatti principio consolidato in giurisprudenza quello secondo il quale il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo è interrotto, ai sensi dell'articolo 41, comma secondo, cod. pen., solo nei caso in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato che abbia dato causa all'evento, dovendosi considerare "abnorme" il comportamento che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; occorre, come è stato altrimenti statuito, che il comportamento del lavoratore si ponga al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro; deve trattarsi insomma di un fatto assolutamente eccezionale, al di fuori della normale prevedibilità (in tale senso tra le molte vds. Cass. 17/2/2009, n. 15009, Li.; Cass. 23 maggio 2007, n. 25532; Cass. 26/10/2006, n. 2614; Cass. 3 giugno 1999, n. 12115; Cass. 19/2/1990, n. 6504; Cass. 16/12/1983, n. 2719).


Le emergenze istruttorie hanno consentito di accertare che il comportamento del Lo., pur nella sua imprudenza e violazione delle prescrizioni imposte, non poteva affatto dirsi eccezionale né tanto meno imprevedibile.

Ed invero, benché al Lo. fosse stato indicato il percorso esterno per il trasporto del materiale dal parco rottame, è emerso come il diverso percorso interno attraverso lo stabilimento, e attraverso il reparto - fossa in particolare, non fosse affatto vietato in modo assoluto, anzi era, si può dire, abituale:

a) si consideri innanzitutto che nella "comunicazione rischi specifici" da Ab. a Cm. (impresa sub - appaltante di Eu.) dd. 2/1/2002 (vds. sub all 15) tenendo conto delle possibili interferenze dei lavori tra Ab. e ditte esterne, viene descritto come rischio "il transito dei mezzi su rotaia, a spinta, a traino", con l'indicazione di "dare precedenza ai mezzi su rotaia, prima di accedere in queste aree verificare che non ci siano mezzi in movimento, moderare particolarmente la velocità"; viene prescritto di usare i percorsi stabiliti esterni ai reparti; entrare in reparto in prossimità dei luoghi di intervento, pulpiti, uffici, spogliatoio cercando di evitare il più possibile la viabilità interna; dunque, come correttamente nota il teste Be., ispettore ASL, il transito non poteva affatto dirsi vietato, ma era previsto, era possibile, seppur da effettuare con prudenza;

b) si consideri, poi, che il passaggio attraverso il reparto - fossa era persino ampiamente tollerato secondo una prassi la cui pericolosità era stata oggetto di specifica segnalazione scritta da parte del responsabile del reparto fossa, il sig. Bu.Ni.; questi ha spiegato che il reparto era pericoloso e che al di là della attenzione che si poteva richiedere al singolo operatore del trattore di prestare secondo la comune diligenza e buon senso (l'operatore del trattore poteva sporgersi per guardare se vi potevano essere persone o mezzi in transito prima di movimentare il mezzo), e al di là dei cartelli che pure aveva richiesto fosse dotato il reparto (cartelli non forniti), l'unico mezzo per garantire la sicurezza del lavoro all'interno del reparto fossa era quello di segregare il reparto, aumentare le segnalazioni acustiche dei mezzi in movimento; riferisce il Bu. come fosse addirittura a tutti evidente un transito addirittura di muletti e di mezzi, ed egli, sensibile alla sicurezza che a suo dire costituiva un suo pallino, si era preoccupato di allertare nei confronti dei superiori tale rischio, arrivando a puntuali segnalazioni scritte e così ha specificamente riferito: mi ero premurato di sollecitare più volte l'interdizione al passaggio di personale, di mezzi e di quello che fosse nell'area dove si è verificato l'incidente e in quella limitrofa che ritenevo ancora più pericolosa.

 

Ricordo chiaramente una discussione col responsabile della sicurezza Ag.Ma. di avergli sottoposto il fatto di interdire il passaggio e mi ha risposto che io dovevo limitarmi a fare quello che era il mio dovere perché non dovevo guardare solo il mio orticello .. doveva essere una azione globale dello stabilimento e che la mia segnalazione sarebbe stata presa in considerazione quando veniva fatto il layout generale dello stabilimento perla viabilità (Vds. pag. 49 trascr. ud. 29/5/2007); il Bu. riferisce di aver scritto nel novembre 1999 chiedendo la fornitura di cartelli idonei a vietare il transito, quindi il (omissis) con nota diretta a Ju. per segnalare negli spogliatoi che nel reparto fossa era meglio non passare (avvisi che vennero messi ma senza alcun effetto concreto), e infine il (omissis) con nota in cui segnalava la necessità di sostituire il trattore Ze. trattandosi di macchina obsoleta, ma la spesa non era in quel momento sostenibile per Ab.; il Bu. ha poi sottolineato - come già sopra evidenziato che - al di là delle procedure - non era possibile con il personale in organico materialmente impiegare sempre due persone per la manovra dei carriponte (un operatore a terra e un operatore sullo Ze.), ripetendo che l'unica soluzione per la sicurezza avrebbe dovuto essere rendere il reparto effettivamente non accessibile ai non addetti;
lo stesso Ma.Ag. responsabile del servizio prevenzione e protezione, ha ammesso che non essendo il reparto fossa un zona segregata era prevedibile il passaggio fisico di personale non specificamente addetto al reparto; dunque il divieto di entrare nei reparti (divieto tanto tassativo quanto costantemente eluso) e l'obbligo di usare i percorsi esterni era rimasto a livello di procedura teorica della cui effettiva osservanza nessuno concretamente si occupava;
e significative sono al riguardo le dichiarazioni dei testi:

- il teste Be. (ispettore ASL) riferisce: abbiamo rilevato che era un percorso usualmente utilizzato sia dal personale della ditta Ab. che dal personale che operano in appalto per la manutenzione per il rifornimento di materiali, veniva utilizzato un po' da tutti. Mi riferisco soprattutto al transito sui binari .... la zona dove è successo l'infortunio non era una zona di viabilità principale, e però di fatto era diventata una viabilità perché veniva utilizzata da tutti (pag. 19 ud. 29/5/2007 All. F) e ribadisce il rilievo anche rispondendo alle domande della Difesa degli imputati "sto parlando di transito di fatto. Di là passavano tutti e non c'era nessuno, né persona fisica, né cartellonistica, né impianto che mi impedisse di passare";

- il teste Bu. riferisce altre volte ero passato anch'io per il luogo dell'incidente, all'epoca quell'area non era vietata, non c'erano cartelli, non ho ricevuto informazioni;

- il teste D'I.Ma. (dipendente di Ab.) non c'era un divieto di passaggio o di transito (pag. 33 ud. 29/5/2007);

- il teste La.Br. (dipendente Ab. che lavora nel reparto fossa) riferisce a puntuale contestazione del PM: non mi risulta che sia vietato l'accesso ai camelli elevatori nel mio reparto ... è una scorciatoia. Cioè non è vietato, si passa per risparmiare tempo (pag. 38 ud. 27/5/2007);

- il sig. Es., già indagato per il medesimo fatto e la cui posizione era stata oggetto di archiviazione (vds. All. D), riferisce che pur avendo egli dato indicazione al Lo. di passare all'esterno, anche lui passava per il reparto - fossa poiché non vi era stata alcuna controindicazione da parte di Ab. o da parte di altri soggetti deputati alla sicurezza; e vi passava a piedi, coi muletti, con qualsiasi mezzo; non vi erano cartelli che lo vietassero, e si passava anche durante le normali attività di lavorazione, non vi erano segnali acustici né luminosi, era rimesso al singolo l'attenzione e la prudenza nel passaggio; tuttavia. egli aveva dato al Lo. di passare all'esterno perché l'interno era più pericoloso (vds. trasc. ud. 30 novembre 2007 All. G);

- il teste Br.Mi. (gruista nel reparto fossa) riferisce che anche le persone che non c'entravano con il reparto vi transitavano a piedi, col muletto, con la bici e che questo poteva succedere a qualunque ora del giorno, e anche quando erano in movimento i carri (vds. trasc. ud. 30 novembre 2007 All. G pagg. 23 - 24);

- il teste Mi., legale rappresentante della Cm. scarl società subappaltatrice rispetto ad Ab. per lavori di costruzione e manutenzione e subappaltante di Si. e Eu. riferisce che non vi erano cartelli o altri dispositivi che vietassero l'accesso al reparto fossa, che si passava senza che nessuno lo impedisse in un normale transito e, a specifica domanda del difensore, non ricorda che vi fosse stato a gennaio del medesimo anno un incontro con il responsabile Ma. di Ab. circa il divieto assoluto di passaggio nei reparti e nel reparto fossa in particolare (vds. trasc. ud. 30 novembre 2007 All. G pagg. 34 e ss.);
stride dunque con detta testimonianza quella del teste Ju., responsabile del personale, che assicura invece non solo dell'esistenza di procedure di sicurezza, ma anche del fatto che le ditte esterne erano rese edotte dei rischi che avrebbero potuto correre e dei percorsi di sicurezza che dovevano fare per raggiungere i rispettivi posti di lavoro e gli spogliatoi (vds. verbale ud. 8 febbraio 2008 - All. H)
alla luce delle predette testimonianze appare allora assai debole quella del teste Do.Re., responsabile dell'area laminazione e finiture dell'Ab., che dal suo pulpito (come lui stesso lo definisce pag. 56) ossia dal suo punto di osservazione ha una visione parziale del reparto fossa e perciò assai limitata è la prospettiva che lo conduce a ritenere che non vi fosse motivo di attraversarlo in quanto "reparto a margine" (vds. trasc. ud. 30 novembre 2007 All. G pag. 57) e certamente limitato è il complessivo contributo dato dal teste che neppure ricorda se vi fossero dispositivi acustici o luminosi idonei a segnale il movimento dei mezzi e che comunque riferisce di non poter vedere dalla sua postazione l'area in cui avvenne l'infortunio (era nella parte al di fuori del mio controllo visivo vds. pag. 66);

c) né va sottovalutato il fatto che già all'indomani dell'infortunio viene interdetto il passaggio - come riferito dal teste Be. (pag. 16 - trascrizione verbale ud. 29 maggio 2007): ancor prima dei nostri suggerimenti prescrittivi, già l'azienda si era mossa da subito nel senso che il giorno dopo avevano interdetto il passaggio posizionando degli elementi metallici che interdivano di fatto il passaggio in quell'area ai non addetti ai lavori del reparto con altri mezzi;

d) ancor di più va evidenziato che il problema delle interferenze nel reparto - fossa era ben presente tanto da indurre a programmare sin dal (omissis) l'applicazione di sbarre che vietassero l'accesso all'area, azionate elettricamente dai soli addetti al reparto fossa (vds. la mail di Mu.Fe. doc. 23 All. C Difesa): occorre qui sottolineare che la conoscenza del rischio, connesso alla nota viabilità interna al reparto - fossa anche da parte di personale non addetto, ancora una volta rafforza la responsabilità penale dell'ing. Mi., responsabile della sicurezza poiché alla valutazione, che è stata corretta, del rischio doveva seguire l'adozione immediata di efficaci misure di sicurezza idonee a prevenirne le conseguenze; si può ben dare atto che dal momento in cui l'ing. Mi. assunse formalmente l'incarico di responsabile della sicurezza avviò una revisione delle procedure sia per specificare le singole mansioni nei vari reparti, sia per delineare gli obiettivi di produzione (vds. doc. in All. C prodotto dalla Difesa e vds. teste Do. pagg. 45 e ss. Verbale (omissis)); ma parimenti si deve constatare che tale revisione era in corso e che le carenze sotto il profilo della sicurezza di singoli reparti, il reparto fossa in particolare, non erano state affatto superate nel momento in cui si verifica l'infortunio.


e) Infine degno di rilievo è pure il dato della condotta successiva dell'Ab., che elabora e attua un piano di viabilità dell'area tale da recintare completamente il reparto - fossa impedendone l'accesso in modo effettivo e radicale durante le lavorazioni al personale non addetto (vds. il manuale elaborato nell'ottobre (omissis) ossia circa un anno dopo l'infortunio, recante norme per la pratica operativa standard di accesso al reparto fossa tra le quali viene evidenziato l'accesso solo attraverso le apposite sbarre, l'accesso a personale e mezzi autorizzati, il divieto assoluto di transitare sulla placca di trasferimento dei vagoni con il muletto e/o a piedi, la movimentazione dei carri porta placche effettuata mediante il Pa.Ze., mezzo dotato di sistema oleodinamico per l'aggancio/sgancio al carro, di segnalatori acustici che entrano in funzione in caso di movimento e di lampeggiante per aumentare la sua visibilità, con personale definito in elenco di autorizzati vds. sub all 21): la situazione ambientale del reparto registrata nel video del novembre (omissis) è all'evidenza più sicura di quella che risulta nel video del (omissis) (vds. sub all. 9 ter).


Alla luce di dette specifiche emergenze istruttorie non può affatto fondatamente sostenersi né l'erronea ricostruzione del fatto, né la violazione del principio di causalità tra le omissioni degli imputati e l'evento a causa della condotta della vittima: il comportamento del Lo. non solo non può definirsi abnorme, ma viene a inquadrarsi nell'ambito delle mansioni a lui affidate (il trasporto di materiale con il muletto), e nella prassi di svolgimento delle mansioni stesse (data dalla possibilità di passare nel reparto fossa per accorciare i tempi di consegna) in un reparto in cui sia per l'uso di mezzi non idonei sia per la mancanza di efficaci divieti di transito, corre un rischio per la propria sicurezza e salute, rischio ben noto ai responsabili della sicurezza stessa, a tutti i livelli.


Né, infine, può accogliersi la tesi secondo la quale dovrebbe concentrarsi ogni responsabilità in ordine alla "viabilità" del reparto fossa in capo al responsabile del reparto, il sig. Bu., che, secondo l'appellante, avrebbe dovuto vietare l'accesso al proprio reparto da parte di terzi non addetti; questi, invero aveva debitamente segnalato un problema (quella della evidente ed effettiva viabilità in reparto) di cui doveva farsi carico il responsabile della sicurezza, come correttamente era stato inquadrato dal teste Ma., e come correttamente è stato riconosciuto nella contestazione del reato addebitato all'ing. Mi. (vds. punto terzo del capo di imputazione).
Vengono dunque disattesi i relativi motivi di impugnazione proposti dai Difensori dell'ing. Mi.


In ordine alla posizione di Ci.De. viene considerato che il Ci. era un operatore di collaudata esperienza, lavorava in Ab. da quasi trent'anni (vds. teste Bu.), conosceva il reparto ed era considerato affidabile nel suo lavoro, aduso a rispettare le elementari norme di prudenza che potevano richiedere, secondo il buon senso, prima ancora che secondo rigide procedure scritte (così ha specificato lo stesso capo reparto), di movimentare i mezzi (in particolare il pesante carroponte) dopo essersi accertato che l'area fosse sgombra: è evidente però che, nella manovra di spinta da dietro del carroponte, su cui erano collocati i lingotti di acciaio, Ci. non poteva avere alcuna visibilità oltre il carroponte stesso e, considerando che il reparto non era chiuso all'accesso di terzi, la prudenza in capo all'operatore doveva essere massima (e certamente doveva essere unita alla dotazione di un mezzo perfettamente idoneo e tale non lo era, come si è visto, il trattore Ze.): lo spostamento a spinta del carroponte, indipendentemente dalla potenza della spinta e dalla velocità (che si può dare atto potesse essere minima - poco più veloce di un passo d'uomo - attesa la pesantezza del mezzo), è comunque avvenuta ai buio ossia senza che l'operatore fosse sicuro se l'area antistante fosse libera.

Da qui la sussistenza della violazione contestata che, in ragione della attività svolta, ossia della manovra concretamente eseguita nello svolgimento di un compito, non può collocarsi nell'ambito del primo comma dell'art. 589, prescindendo cioè - come pretende la Difesa - dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro:
va invero ricordato che l'art. 5 D.Lgs. 626/1994 impone anche al singolo lavoratore di prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro: si tratta di una norma generale di prudenza che va tuttavia specificamente rispettata nei luoghi di lavoro.

Vanno dunque disattesi anche i motivi sub V e VIII dell'impugnazione.

 

 

In ordine alla posizione di Sa.Da., legale rappresentante di Eu., l'impresa di cui il Lo. era dipendente, si osserva che l'Appellante ritiene ingiusta l'accusa di omessa valutazione dei rischi cui potevano essere esposti i propri dipendenti in quanto i rischi non solo erano stati valutati ma anche resi noti al Lo. attraverso il sig. Es., coordinatore per la sicurezza delle imprese appaltante e subappaltatrici (quali Cm., Si.; Eu.) occorre però qui rilevare, in fatto, che il piano di sicurezza Eu. (formalmente consegnato al Lo.), in parte fotocopia di quello loro trasmesso da Cm. (che a propria volta lo aveva ricevuto da Ab.), non riportava indicazioni circa il rischio specifico di interferenze con mezzi di transito su rotaia (vds. in proposito la consulenza di parte dell'ing. Ci. prodotta dai Difensori All. E): dunque è provata l'omessa valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro nei confronti del dipendente Lo.

 

Occorre poi ribadire, in diritto, il principio già correttamente invocato dal giudice di prime cure e utile per una definitiva considerazione anche della posizione dell'ing. Mi. e dei motivi di impugnazione proposti nella specifica prospettiva dell'esame della sua posizione di garanzia - secondo il quale risponde della violazione delle norme antinfortunistiche non soltanto il legale rappresentante della società cui siano appaltate o subappaltate specifiche attività lavorative, ma anche il titolare dei poteri gestori dell'impresa committente in virtù del generale disposto dell'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 626/94, secondo cui è datore di lavoro non soltanto il soggetto titolare del rapporto di lavoro, ma altresì colui che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità di quest'ultima ovvero della singola unità produttiva, in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa.

Va richiamato anche il disposto dell'art. 7, D.Lgs. citato, il quale, nell'ipotesi dell'affidamento ad imprese appaltarci od a lavoratori autonomi di lavori all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, pone a carico del committente una posizione di garanzia e di controllo sui rischi per l'integrità fisica del lavoratore, con la sola eccezione dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltarci o dei singoli lavoratori autonomi, il che si verifica di norma - e diversamente dal caso in esame - quando i lavori siano del tutto avulsi dall'ordinario ciclo produttivo dell'impresa committente e non abbiano con esso alcuna interferenza: il rischio cioè della sicurezza, ben lungi, dall'essere "scaricato" in capo a singole figure, viene distribuito tra più figure di responsabili, parimenti garanti della salute del dipendente (in argomento Cass. sez. IV, 15/12/2005, n. 5977; Cass., sez. IV, 22/11/2004, n. 45068 e vds. anche Cass. 24 giugno 2008 n. 37079, An.; Cass. 9 luglio 2008 n. 38002, Ab., ove si sottolinea che in materia di sicurezza sul lavoro il coordinatore (nel nostro caso Es.) è titolare di una autonoma posizione di garanzia (che è stata infatti oggetto di debita considerazione essendo stato egli a propria volta indagato per il medesimo fatto) che, nei limiti degli obblighi specificamente individuati dall'art. 5 del D.Lgs. 494 del 1996 si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari delle norme antinfortunistiche; vds. inoltre Cass. 1 aprile 2004, n. 24055 secondo la quale l'esistenza in cantiere di un "preposto" non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità che incombono sul datore di lavoro che rimane garante della incolumità fisica dei prestatori di lavoro; vds. Cass. 9 marzo 2009, n. 19752, Ma. e altri, che statuisce il principio di corresponsabilità tra datore di lavoro e gli altri responsabili della sicurezza dell'impresa in ragione della necessaria cooperazione nell'attuare le misure di prevenzione e protezione soprattutto nel caso in cui i responsabili per così dire di secondo grado non abbiano segnalato (a differenza di quanto però è avvenuto nel caso in esame) i rischi a colui che è destinatario di poteri e responsabilità ai fini della sicurezza nel luogo di lavoro (ossia l'ing. Mi. formalmente investito di questo ruolo dal datore di lavoro).

 

V'è altresì da osservare - secondo il giudice di primo grado - come dal disposto dell'art. 8, commi 3 e 10 d.lgs., 19/9/1994, n. 626 emerga che i componenti del servizio aziendale di prevenzione e protezione, essendo considerati quali ausiliari del datore di lavoro, non possano venire chiamati a rispondere direttamente delle violazioni in materia di sicurezza, in tal modo sollevando il datore di lavoro dalle proprie responsabilità, poiché essi difettano di un effettivo potere decisionale; per tale ragione i risultati delle loro elaborazioni - confluite nel caso in esame nel documento di valutazione dei rischi della Ab. - vengono fatti propri dal datore di lavoro che li ha designati e che della loro opera si è avvalso per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario (Cass. sez. IV, 6/12/2007, n. 6277; Cass. sez. IV, 20/4/2005, n. 11351).

 

Deve in conclusione ritenersi correttamente accertata la responsabilità penale anche di tutti gli imputati.

 


In ordine al trattamento sanzionatorio gli Appellanti si dolgono della eccessività della pena e del giudizio di equivalenza anziché prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante nonché della necessità di graduare la pena stessa in relazione al ruolo diverso degli imputati:
questa Corte ritiene adeguata la pena inflitta considerando, per Ci., il peso del precedente penale specifico avendo egli subito una condanna per omicidio colposo, e per gli imputati Mi. e Sa., le rispettive posizioni di garanzia rispetto all'infortunato ...

 

 


P.Q.M.

  

 

La Corte d'Appello di Trieste
Prima Sezione penale
visti gli artt. 592 e 605 c.p.p.,
conferma
la sentenza del Tribunale di Udine dd. 23 aprile 2008 appellata da Mi.Pa., Sa.Da. e Ci.De., che
condanna
al pagamento delle spese processuali di questo grado.
Così deciso in Trieste il 12 aprile 2010.
Depositata in Cancelleria il 18 maggio 2010.