Responsabilità di un datore di lavoro e di un capo cantiere per infortunio mortale avvenuto in un cantiere stradale lungo una strada provinciale, finalizzato a lavori di manutenzione del manto stradale: il lavoratore M., assunto il giorno precedente, era stato addetto alle funzioni di "moviere" per la regolazione del flusso delle macchine in transito, tramite palette di segnalazione.
Durante una pausa delle lavorazioni dovuta al ritardo del camion che avrebbe dovuto caricare il materiale inerte rimosso, il conducente della macchina spazzatrice, A.M., decideva di ripassare con l'automezzo lo strato di terreno già fresato ma, avviata la manovra di retromarcia, investiva il M. che riportava lesioni letali.

 

Agli imputati viene contestato di non aver fornito informazioni relative ai rischi, di non aver assicurato al dipendente una sufficiente preparazione in materia di sicurezza, di non aver predisposto un adeguato servizio di segnalazione di manovra della macchina spazzatrice; di non aver assicurato la funzionalità del segnalatore acustico di retromarcia, di non aver attuato le disposizioni previste nel piano di sicurezza e di coordinamento.

 

Ricorrono in Cassazione - Rigetto.

 

 

"La Corte reputa, con argomentazione ampia e persuasiva, che l'evento sia stato determinato dall'interazione tra diversi fattori causali. Da un lato l'arretramento della vittima rispetto alla sua posizione originaria; dall'altro l'iniziativa del conducente della macchina spazzatrice di compiere una manovra in retromarcia. L'investimento è stato comunque senz'altro favorito, secondo i giudici di merito, dal mancato funzionamento del cicalino segnalatore della retromarcia che avrebbe potuto mettere in allarme il lavoratore e dal cono d'ombra non coperto dagli specchi retrovisori della macchina; nonché dalla mancanza di organizzazione dell'attività lavorativa in chiave di ottimizzazione della sicurezza. " 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco
Dott. ROMIS Vincenzo
Dott. D'ISA Claudio
Dott. MASSAFRA Umberto
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere
- rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:


sentenza


sul ricorso proposto da:
1) G.F., N. IL ***;
2) L.A., N. IL ***;
avverso la sentenza n. 5165/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 01/07/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/11/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Iacoviello Francesco Mauro, che ha concluso per l'inammissibilità;
Udito il difensore avv. Serchi, per L., che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

 


FattoDiritto

 


1. Il Tribunale di Lodi ha affermato la responsabilità degli imputati in epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. La pronunzia è stata confermata dalla Corte d'appello di Milano.


Il fatto è stato ricostruito dai giudici di merito nei seguenti termini.

Il sinistro è avvenuto in un cantiere stradale lungo una strada provinciale, finalizzato a lavori di manutenzione del manto stradale. Il lavoratore M., assunto il giorno precedente, era stato addetto alle funzioni di "moviere" per la regolazione del flusso delle macchine in transito, tramite palette di segnalazione.
Durante una pausa delle lavorazioni dovuta al ritardo del camion che avrebbe dovuto caricare il materiale inerte rimosso, il conducente della macchina spazzatrice, A.M., decideva di ripassare con l'automezzo lo strato di terreno già fresato ma, avviata la manovra di retromarcia, investiva il M. che riportava lesioni letali.

 L'accertamento autoptico ha evidenziato che la morte è stata determinata da shock traumatico dovuto alle multiple lesioni subite.

Il dispositivo acustico che avrebbe dovuto inserirsi automaticamente con l'attivazione della retromarcia della macchina non funzionava, con la conseguenza che il lavoratore vittima dell'incidente non poteva essere preavvisato della manovra. La vittima, inoltre, si trovava a breve distanza dalla macchina mentre avrebbe dovuto trovarsi a 20 o 3 0 metri.

In relazione a tali contingenze sono state individuate responsabilità colpose del datore di lavoro G. e del capo cantiere L..
Viene loro imputato di non aver fornito informazioni relative ai rischi, di non aver assicurato al dipendente una sufficiente preparazione in materia di sicurezza, di non aver predisposto un adeguato servizio di segnalazione di manovra della macchina spazzatrice; di non aver assicurato la funzionalità del segnalatore acustico di retromarcia, di non aver attuato le disposizioni previste nel piano di sicurezza e di coordinamento.

2. Ricorrono per Cassazione gli imputati.

2.1 L. deduce i seguenti motivi.


2.1.1 Violazione di legge per essere stata inserita nel fascicolo per il dibattimento ed utilizzata ai fini del giudizio una informativa di polizia, sebbene non si rinvenga alcun atto che ne abbia consentito l'acquisizione al processo. La Corte d'appello ha erroneamente tratto argomento dalla presunta irripetibilità dell'atto, mentre è comunque indispensabile ai fini dell'utilizzazione che un provvedimento formale abbia disposto l'acquisizione. L'informativa in questione, riportante le dichiarazioni di persone presenti sul posto, è stata indebitamente utilizzata per attribuire all'imputato la veste di capo cantiere.

2.1.2 Violazione di legge per essere stato acquisito al giudizio il verbale delle dichiarazioni rese dalla teste A. al P.M., utilizzato dal pubblico ministero ai fini delle contestazioni.
L'acquisizione è avvenuta arbitrariamente ai sensi dell'art. 507 c.p.p., mentre l'art. 500 c.p.p. prevede che atti di tale genere possono essere acquisiti solo sull'accordo delle parti che nella specie è mancato. La Corte d'appello ha erroneamente ritenuto non rilevante la questione in quanto il Tribunale ha comunque utilizzato solo il verbale dibattimentale. Il ricorrente ritiene che invece la procedura di acquisizione vada comunque osservata a prescindere dal successivo vaglio sull'effettivo utilizzo risultante dalla motivazione della sentenza.

2.1.3 Vizio della motivazione per ciò che attiene all'attribuzione all'imputato del ruolo di direttore del cantiere teatro dell'infortunio. Si era dedotto in appello che nessun elemento di prova dimostrava che l'imputato avesse in concreto svolto tale ruolo.
La Corte ha erroneamente confutato l'assunto difensivo utilizzando indebitamente l'informativa di polizia già indicata; e traendo argomento dal piano operativo di sicurezza nel quale l'imputato viene indicato come direttore tecnico del cantiere. Tale ultima formale indicazione apposta su un documento cartaceo non dimostra in alcun modo la effettiva assunzione del ruolo in questione. In ogni caso si è trascurato che il piano di sicurezza reca l'individuazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione che implica una delega in materia di sicurezza. Pertanto nei confronti di tale figura avrebbe dovuto essere indirizzata l'azione penale.

2.1.4 Assenza della motivazione in ordine all'individuazione delle condotte omissive attribuibili al ricorrente. Si era dedotto in appello che tali doveri gravavano su altri soggetti; e la Corte d'appello ha ritenuto di ovviare alla censura attribuendo all'imputato ulteriori specifici profili di responsabilità in precedenza mai evidenziati: il fatto che gli non era presente sul posto al momento dell'incidente nonostante i pericoli dipendenti dalle macchine in movimento; ed il fatto di essere addetto all'organizzazione ed al controllo della lavorazione con compiti di coordinamento. Tale valutazione resta tuttavia completamente astratta e generica e non individua comportamenti concretamente rilevanti. La Corte territoriale ha pure trascurato che il decesso del dipendente si è verificato nel momento in cui le cautele potevano essere trascurate, considerato che si era in un momento di legittima sospensione dell'attività lavorativa.

2.2 L'imputato G. propone con unico motivo diverse doglianze.

Lamenta di non essere stato posto in condizione di dimostrare la propria estraneità all'evento letale, determinato in realtà da un malore dell'imputato che veniva schiacciato dalla macchina operatrice quando già si trovava incosciente in terra. Tale alternativa ricostruzione degli accadimenti svuota di peso il mancato funzionamento del cicalino di retromarcia della macchina in questione. La dimostrazione di tale assunto avrebbe potuto aver luogo solo attraverso la partecipazione all'autopsia e lo svolgimento di una perizia cinematica. All'imputato, invece, non è stato dato avviso dello svolgimento dell'indagine autoptico. La Corte d'appello liquida la questione con un ragionamento formalistico traendo argomento dal fatto che in quel momento il ricorrente non era indagato. La Corte ha mostrato analoga disinvoltura quando consente l'utilizzazione di documenti non acquisiti al giudizio: questione già dedotta dal coimputato e che viene fatta propria. La Corte medesima, d'altra parte, non ha adottato alcun provvedimento sulla richiesta di ammissione della perizia che avrebbe avuto indiscutibile rilievo ai fini dell'accertamento dei fatti.
Il ricorrente censura altresì la valutazione inerente alla mancanza di corsi di formazione. Si è trascurato che il lavoratore M. svolgeva mansioni nel settore da svariati anni ed era quindi perfettamente capace di svolgere il lavoro, che era di natura elementare.

3. I ricorsi sono infondati.

 


3.1.1 Per ciò che attiene all'informativa di polizia, la Corte d'appello rileva che, pur facendo riferimento l'elenco redatto ex art. 431 c.p.p. solo alle fotografie, l'eccezione è infondata in quanto si tratta di atto irripetibile relativo alla descrizione dello stato dei luoghi. Peraltro il verbale in questione non contiene alcuna valutazione ma si limita ad illustrare quanto già emergente dalle fotografie. L'imputato non confuta l'assunto secondo cui si era in presenza di atto non valutativo, ma afferma apoditticamente il contrario; e si è dunque in presenza di censura che difetta della necessaria correlazione con il tenore dell'atto impugnato".


3.1.2 Quanto alle dichiarazioni rese al P.M. La Corte d'appello rileva che il verbale relativo è stato acquisito solo perché utilizzato per le contestazioni peraltro senza alcuna opposizione da parte della difesa. Ma soprattutto rileva che il giudice ha preso in considerazione per la sua decisione solo il verbale della deposizione raccolta in udienza. Dunque, non si configura la dedotta nullità.


3.1.3 Il ruolo del ricorrente è d'altra parte sufficientemente lumeggiato dalla Corte.

Infatti, si evidenzia che la veste di capo cantiere emerge, indipendentemente dalle informazioni assunte nell'immediatezza dagli agenti della polizia giudiziaria, anche da dati ufficiali come il piano operativo di sicurezza relativo alle lavorazioni in questione, nel quale si attribuisce all'imputato il ruolo di direttore tecnico di cantiere con il compito di organizzare il lavoro e dare direttive nel contesto della struttura operante.
Egli era pertanto responsabile insieme al datore di lavoro del coordinamento delle attività dei prestatori d'opera e del rispetto delle cautele per evitare il verificarsi di infortuni in attuazione del piano di sicurezza. Né questa Suprema Corte scorge alcuna incongruenza logica nel desumere la veste di un dipendente dai documenti sulla sicurezza redatti proprio dall'azienda.

3.1.4 Quanto alla colpa, non si configura affatto la dedotta carenza di motivazione, avendo il giudice di merito evidenziato che sarebbe bastato assicurare che il meccanismo sonoro di allarme del funzionamento in retromarcia fosse attivato per evitare il drammatico evento; e tale apprezzamento risulta del tutto immune da vizi logico- giuridici.

3.2.1 In riferimento alle censure di G., la Corte rileva che, ai sensi degli artt. 359 e 360 c.p.p. che disciplinano gli atti tecnici non ripetibili, nessun avviso del conferimento dell'incarico era dovuto agli appellanti, non avendo gli stessi ancora assunto la qualità di indagati. Verosimilmente è stato proprio l'esito dell'atto autoptico che ha indotto ad elevare imputazione nei confronti degli ricorrenti.

D'altra parte, trattandosi di atto irripetibile, esso è stato correttamente inserito nel fascicolo per il dibattimento. Inoltre, le conclusioni della relazione peritale non sono state contestate nel merito dagli imputati.

Infine, non risulta che il M. fosse affetto da patologie che potessero spiegare un malore improvviso, né egli aveva denunziato prima dell'incidente alcun malessere. Risultanza anzi che la vittima aveva fino a quel momento agito correttamente nel regolare il flusso delle macchine in transito.
Il decesso deve essere quindi attribuito alle plurime lesioni dovute allo schiacciamento sotto la ruota della macchina spazzatrice.
L'ipotesi del malore è anche esclusa per il fatto che la vittima era in collegamento radio con altri lavoratori.

La Corte reputa, con argomentazione ampia e persuasiva, che l'evento sia stato determinato dall'interazione tra diversi fattori causali. Da un lato l'arretramento della vittima rispetto alla sua posizione originaria; dall'altro l'iniziativa del conducente della macchina spazzatrice di compiere una manovra in retromarcia. L'investimento è stato comunque senz'altro favorito, secondo i giudici di merito, dal mancato funzionamento del cicalino segnalatore della retromarcia che avrebbe potuto mettere in allarme il lavoratore e dal cono d'ombra non coperto dagli specchi retrovisori della macchina; nonché dalla mancanza di organizzazione dell'attività lavorativa in chiave di ottimizzazione della sicurezza.
L'imputato è investito da piena responsabilità nella veste di datore di lavoro e non avendo esercitato alcuna delega nei confronti di altri. Egli era dunque direttamente tenuto all'attuazione del piano di sicurezza con predisposizione delle cautele dovute.
Tale apprezzamento, assolutamente convincente e fondato su significative acquisizioni probatorie, è immune da censure logico- giuridiche. E dunque pure il ricorso in esame è privo di pregio.

I gravami devono essere quindi rigettati.

Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

 

 

P.Q.M.

 

 

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.