LETTERA CIRCOLARE

Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
Direzione generale per l’Attività ispettiva

Divisione I – Consulenza, contenzioso, formazione del personale ispettivo e affari generali

 

Ministero del lavoro e della previdenza sociale

Partenza - Roma, 22/08/2007
Prot. 25 /I/ 0010797

 




e p.c.

Alle Direzioni regionali e provinciali del Lavoro
LORO SEDI

All'INPS
Direzione Centrale Vigilanza sulle Entrate ed Economia Sommersa

All'INAIL
Direzione Centrale Rischi

Al Comando generale dell'Arma dei Carabinieri

Al Comando Carabinieri per la tutela del lavoro

All 'Agenzia delle Entrate
Direzione Centrale Accertamento

Al Comando Generale della Guardia di Finanza

Alla Provincia Autonoma di Bolzano

Alla Provincia Autonoma di Trento

All 'Ispettorato regionale del lavoro di Palermo

All 'Ispettorato regionale del lavoro di Catania

All'Associazione Nazionale Comuni Italiani

Al Coordinamento tecnico delle Regioni

LORO SEDI










Oggetto: L. 3 agosto 2007, 123 “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia” – provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale – prime istruzioni operative al personale ispettivo.

Come noto la L. n. 123/2007, oltre a dettare i principi di delega per la elaborazione di uno o più decreti legislativi “per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro”, ha introdotto alcune disposizioni di immediata attuazione, in vigore dal 25 agosto p.v., fra le quali assume un particolare rilievo quella concernente il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, già previsto dall’art. 36 bis del D.L. n. 223/2006 (conv. da L. n. 248/2006) limitatamente alle attività dell’edilizia.
Al riguardo, in attesa di più approfonditi chiarimenti sulla disciplina del nuovo istituto, integrativi o modificativi di quanto riportato di seguito, si ritiene comunque opportuno fornire alcune istruzioni operative al personale ispettivo al fine di uniformarne l’attività su tutto il territorio nazionale.

Ambito di applicazione
L’art. 5 della normativa in esame introduce dunque la possibilità, da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro nonché del personale ispettivo delle AA.SS.LL., di adottare a meri fini cautelari “provvedimenti di sospensione di un’attività imprenditoriale”, in caso di accertate violazioni in materia di legislazione sociale e prevenzionistica.
Come già accennato, detto potere è in parte analogo a quello già previsto dall’art. 36 bis del D.L. n. 223/2006 con riferimento alle attività dell’edilizia, con l’importante novità rappresentata dalla possibilità di adottare il provvedimento interdittivo anche nelle ipotesi di reiterate e gravi violazioni in materia di sicurezza e salute del lavoro.
In primo luogo va chiarito che il provvedimento in questione trova applicazione per tutte le attività imprenditoriali che esulano dunque dal campo di applicazione del citato art. 36 bis e quindi al di fuori dell’ambito dell’edilizia.
La previsione, inoltre, fa riferimento ai soli datori di lavoro imprenditori e, pertanto, non trova applicazione nei confronti dei soggetti che non esercitano attività di impresa.
Quanto alla individuazione della nozione di “attività imprenditoriale” va inoltre precisato che la stessa più propriamente è da intendersi riferita alla specifica “unità produttiva” rispetto alla quale, pertanto, vanno sia verificati i presupposti di applicazione del provvedimento che circoscritti gli effetti sospensivi dello stesso.

Presupposti di adozione del provvedimento
Per quanto attiene ai presupposti di adozione del provvedimento di sospensione comuni anche alle attività dell’edilizia – e cioè all’occupazione di manodopera “in nero” in percentuale superiore al 20% dei lavoratori regolarmente occupati e di reiterate violazioni in materia di riposi e superamento dell’orario massimo settimanale di lavoro – si rinvia anzitutto a quanto già chiarito con la circ. n. 29/2006 di questo Ministero. Ad integrazione di quanto già precisato con la citata circ. n. 29/2006, si sottolinea tuttavia che nel computo della percentuale di lavoratori “in nero” va ricompreso anche il personale extracomunitario clandestino, rispetto al quale trova peraltro applicazione la c.d. maxisanzione di cui al citato art. 36 bis della L. n. 223/2006 (cfr. ML nota 4 luglio 2007).
Rispetto invece al presupposto concernente la sussistenza di gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza e salute del lavoro appare necessario eliminare quanto più possibile ogni incertezza interpretativa in ordine alla loro identificazione. In tal senso si ritiene opportuno far riferimento ad un elemento di carattere oggettivo, rappresentato dalla sanzione che l’ordinamento ricollega alla violazione riscontrata a carico dei soli datori di lavoro e dei dirigenti. Le sole disposizioni sanzionatorie a carico dei responsabili aziendali punite con le pene più gravi (sia di carattere detentivo che pecuniario) costituiscono dunque le “gravi violazioni” cui fa riferimento il Legislatore e la cui commissione può comportare l’emanazione del provvedimento di sospensione . Tale presupposto non è però sufficiente in quanto va necessariamente integrato con l’ulteriore requisito della “reiterazione” dell’illecito da intendersi come “recidiva aggravata” e cioè riferita ad una violazione necessariamente della stessa indole (violazione grave in materia di sicurezza e salute del lavoro) e commessa nei cinque anni precedenti all’ultima condotta oggetto di prescrizione obbligatoria ovvero di giudicato penale.
La verifica del requisito della reiterazione impone evidentemente uno scambio di informazioni con gli altri organi di vigilanza competenti in materia ed in particolare con le Aziende Sanitarie Locali. In tal senso, almeno in sede di prima applicazione della disciplina, appare opportuno richiedere al datore di lavoro copia dei verbali redatti da personale ispettivo delle AA.SS.LL. nell’ultimo quinquennio ovvero acquisire una dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000 relativa alla assenza di provvedimenti prescrittivi o di sentenze penali passate in giudicato aventi ad oggetto le ipotesi di reato in materia.

“Discrezionalità” del provvedimento
Come nella corrispondente ipotesi di cui all’art. 36 bis del D.L. n. 223/2006, la ratio della disposizione è quella di garantire l’integrità psicofisica dei lavoratori e tale finalità deve opportunamente guidare il personale ispettivo nell’esercizio del potere discrezionale riconosciuto dalla disposizione. Si ritiene pertanto che il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale debba essere di norma adottato ogniqualvolta si riscontri la sussistenza dei presupposti di legge, salvo valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell’opportunità, di non adottare il provvedimento in questione . In particolare, come segnalato con la citata circ. n. 29/2006, un utile criterio volto ad orientare la valutazione dell’organo di vigilanza va legato alla natura del rischio dell’attività svolta dai lavoratori irregolari, tenendo conto che il provvedimento può non essere adottato nei casi in cui l’immediata interruzione dell’attività comporti a sua volta una imminente situazione di pericolo sia per i lavoratori che per i terzi. Appare opportuno altresì non adottare il provvedimento di sospensione nel caso in cui l’interruzione dell’attività di impresa comporti un irrimediabile degrado degli impianti o delle attrezzature.
Oggetto del provvedimento di sospensione è la immediata cessazione dell’attività di impresa, ad eccezione delle sole operazioni strettamente necessarie alla eliminazione delle violazioni oggetto di accertamento.

Ottemperanza del provvedimento di sospensione
Ai fini della eventuale verifica circa l’ottemperanza al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale si ritiene opportuno che lo stesso sia trasmesso al presidio territoriale dell’Arma dei Carabinieri, alla Questura ed al Comune ove è situata l’unità produttiva oggetto di interdizione.
L’eventuale inosservanza del provvedimento di sospensione dell’attività di impresa configura l’ipotesi di reato di cui all’art. 650 c.p. il quale punisce “chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene” con l’arresto sino a tre mesi o l’ammenda sino ad € 206. In tal caso, infatti, si è in presenza di un provvedimento emanato per ragioni di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori che, quale bene costituzionalmente tutelato, rientra nell’ambito della nozione di sicurezza pubblica (in tal senso Cass., sez. III, 17 novembre 1960 e Cass., sez. III, 14 febbraio 1995 n. 3375).

Prescrizione obbligatoria
Con l’adozione del provvedimento di sospensione il personale ispettivo, nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni della disciplina prevenzionistica, deve procedere alla adozione dei provvedimenti di prescrizione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 758/1994 assegnando al contravventore anche un termine per la regolarizzazione delle violazioni accertate. Ovviamente, fermo restando il temine impartito con il provvedimento di prescrizione, il datore di lavoro potrà procedere alla immediata regolarizzazione al fine di ottenere la revoca della sospensione dell’attività di impresa.

Revoca del provvedimento
L’art. 5, comma 2, della L. n. 123/2007 stabilisce che “è condizione per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo (…):
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
b) l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
c) il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva, rispetto a quelle di cui al comma 3, pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate”.

Quanto al primo presupposto occorre chiarire che per la regolarizzazione dei lavoratori “in nero”, oltre alla registrazione degli stessi sui libri obbligatori ed all’eventuale versamento dei relativi contributi previdenziali ed assicurativi (ove sia scaduto il periodo di paga), è necessaria anche l’ottemperanza agli obblighi più immediati di natura prevenzionistica di cui al D.Lgs. n. 626/1994, con specifico riferimento almeno alla sorveglianza sanitaria (ove ne sussistano i presupposti) e alla formazione ed informazione sui pericoli legati all’attività svolta nonché alla fornitura degli eventuali dispositivi di protezione individuale.
A tal proposito, si coglie l’occasione per ricordare al personale ispettivo – come già indicato dalla circ. n. 29/2006 – che ogniqualvolta venga accertata la presenza di manodopera “in nero” e sussistano obblighi di natura prevenzionistica in relazione all’attività svolta, si configurano nella quasi totalità dei casi violazioni punite penalmente (ad es. con riferimento all’omessa sorveglianza sanitaria e alla mancata formazione ed informazione), in relazione alle quali il predetto personale ispettivo dovrà impartire la relativa prescrizione obbligatoria e verificarne successivamente l’ottemperanza.
Per quanto invece concerne il “ripristino delle regolari condizioni di lavoro” nelle ipotesi di violazioni in materia di tempi di lavoro e di riposi, considerata le finalità di tutela della integrità psicofisica dei lavoratori presidiata da tali istituti, si ritiene che detta regolarizzazione – anche in riferimento alla sospensione dei lavori nell’ambito dei cantieri edili – presupponga la fruizione di eventuali riposi compensativi o, almeno, nei casi in cui non sia immediatamente possibile tale fruizione, la programmazione degli stessi entro un arco temporale congruo; detta programmazione dovrà essere trasmessa unitamente all’istanza di revoca del provvedimento di sospensione alla Direzione provinciale del lavoro competente.
In ambedue i casi indicati la revoca del provvedimento è altresì subordinata al pagamento di una sanzione amministrativa “aggiuntiva” rispetto alle sanzioni complessivamente irrogate (non soltanto riferite all’occupazione di lavoratori “in nero” o alle violazioni in materia di tempi di lavoro). Al riguardo va chiarito che la quantificazione dell’importo sanzionatorio dovrà avvenire con riferimento alle sole sanzioni immediatamente accertate.
Dal punto di vista operativo, pertanto, il personale ispettivo dovrà quantificare l’importo totale delle sanzioni in misura ridotta (art. 16 L. n. 689/1981) accertate e quindi indicare nel provvedimento di sospensione la somma di un quinto di tale importo da versare al Fondo per l’occupazione così come stabilito dal comma 4 della disposizione in esame (codice tributo 698T).
Ai fini della revoca del provvedimento di sospensione, pertanto, non risulta necessario l’immediato pagamento delle restanti sanzioni amministrative e civili che seguiranno l’ordinario iter procedimentale.
Ove il provvedimento di sospensione sia intervenuto per la violazione della normativa prevenzionistica, inoltre, la revoca dello stesso può aversi con la verifica della regolarizzazione delle violazioni accertate, senza necessariamente attendere anche il pagamento dell’importo della somma dovuta a seguito di prescrizione obbligatoria ai sensi della L. n. 758/1994 in quanto ciò che rileva è la mera reintegrazione dell’ordine giuridico violato.
È appena il caso di ricordare che il pagamento della sanzione aggiuntiva costituisce condizione imprescindibile per la revoca del provvedimento di sospensione anche nelle ipotesi in cui lo stesso sia adottato nell’ambito delle attività dell’edilizia, considerata la modifica apportata al comma 2 dell’art. 36 bis del D.L. n. 223/2006 da parte della comma 5 della normativa in esame.

Impugnazione del provvedimento di sospensione
Un’ultima osservazione attiene alla possibilità di impugnare il provvedimento cautelare in sede amministrativa. Al riguardo, come già chiarito con la più volte citata circ. n. 29/2006, sembra potersi ammettere un ricorso di natura gerarchica alle Direzioni regionali del lavoro territorialmente competenti, secondo quanto stabilito in via generale dal D.P.R. n. 1199 del 1971. Resta comunque inalterata la possibilità della Direzione provinciale del lavoro, di revocare il provvedimento di sospensione in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. n. 241/1990.

IL DIRIGENTE
(Dott. Paolo Pennesi)


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