2. L’INCHIESTA DELLA COMMISSIONE: IL SISTEMA DELLA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO IN ITALIA

2.1. Premessa
Nel suo secondo anno di attività la Commissione d'inchiesta ha proseguito il lavoro iniziato durante il primo anno su alcuni importanti temi e, nel contempo, si è occupata di nuovi argomenti via via venuti alla sua attenzione, sempre nell'ambito dei compiti ad essa affidati dalla delibera istitutiva. Punto di partenza di questa nuova fase dell’inchiesta sono state necessariamente le conclusioni e le proposte contenute nella già citata relazione intermedia sul primo anno di attività nonché gli indirizzi al Governo impartiti dall'Assemblea del Senato nella risoluzione approvata il 21 ottobre 2009 a esito del relativo dibattito. In questo atto di indirizzo, nel dare atto dei significativi progressi conseguiti nel contrasto agli incidenti mortali ed agli infortuni sui luoghi di lavoro, anche grazie all'adozione di un corpus organico di norme, si è posto l’accento sulla necessità di pervenire, in tempi rapidi, ad una serie di ulteriori interventi che assicurino una rapida e completa attuazione della nuova normativa di riferimento introdotta dalla legge delega 3 agosto 2007, n. 123 e dal relativo decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (detto spesso, sia pure impropriamente, «Testo unico» delle disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), come modificato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106.
Sul piano operativo l’atto d'indirizzo in parola sottolinea la necessità di intensificare le azioni di prevenzione e vigilanza, di contrasto ai fenomeni del lavoro sommerso ed irregolare, di semplificazione delle procedure e degli adempimenti di carattere amministrativo, di attivare percorsi che facilitino il coordinamento e la collaborazione fra i diversi enti istituzionali che si occupano della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, di pervenire ad iniziative legislative che tendano all'eliminazione del criterio del massimo ribasso d'asta quale parametro di selezione delle offerte nelle gare d'appalto, di completare l’introduzione, nelle scuole di ogni ordine e grado, di moduli didattici dedicati alla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Accanto al lavoro svolto su queste tematiche specifiche, quindi, anche nel suo secondo anno di attività la Commissione ha dovuto confrontarsi innanzitutto con le novità e i problemi legati all'attuazione della riforma introdotta in materia di salute e sicurezza sul lavoro dal Testo unico, come modificato dal successivo decreto legislativo n. 106 del 2009. Come si dirà meglio nel prosieguo, si tratta di un processo ancora in fase di completamento, anche se molti e importanti progressi sono stati compiuti. La Commissione ha seguito e continua a seguire con grande attenzione questo tema (al quale ha dedicato anche uno specifico gruppo di lavoro, coordinato dalla senatrice Donaggio), trattandosi di un passaggio decisivo per qualsiasi politica di prevenzione e di contrasto al fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.


2.2. Il monitoraggio sull’attuazione della nuova disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro: il completamento del «Testo unico»
Qualunque analisi dei problemi della tutela della salute e della sicurezza del lavoro in Italia deve oggi necessariamente confrontarsi con la nuova disciplina in materia recata dalla legge delega n. 123 del 2007 e, soprattutto, dal relativo decreto legislativo n. 81 del 2008 (il già citato «Testo unico») alla cui stesura, sul finire della precedente legislatura, ha peraltro significativamente contribuito la stessa Commissione d'inchiesta. Come già ricordato nella precedente relazione intermedia, con l’adozione della nuova disciplina, l’ordinamento italiano ha riunito per la prima volta in un corpus finalmente organico ed esaustivo le varie norme di una materia complessa e multiforme e definito in maniera puntuale istituti e figure prima non chiaramente riconoscibili. Ciò ha comportato notevoli esigenze di adeguamento per tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel sistema della prevenzione degli infortuni e delle malattie sul lavoro, ponendo una serie di problemi interpretativi e applicativi nonché, soprattutto da parte del mondo imprenditoriale, richieste di semplificazione di alcuni adempimenti ritenuti eccessivamente formali o burocratici e di rimodulazione dell’apparato sanzionatorio.
Il successivo decreto legislativo n. 106 del 2009 ha apportato corre-zioni ed integrazioni al Testo unico. La Commissione d'inchiesta ha seguito con attenzione l’iter di elaborazione e di approvazione del nuovo testo, fornendo anche le proprie osservazioni e valutazioni al Governo e alle Commissioni di merito.
La disciplina risultante è sicuramente esaustiva e in linea con gli standard giuridici comunitari ed internazionali, come la Commissione ha avuto modo di verificare nel corso di una missione conoscitiva compiuta nell'ottobre 2008 in Francia, Germania e Regno Unito (si veda la precedente relazione intermedia) e anche in una serie di confronti con i rappresentanti dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) delle Nazioni Unite e dell’Unita salute, sicurezza e igiene sul lavoro della Commissione europea, auditi rispettivamente il 26 gennaio e il 3 marzo 2010. Naturalmente molte questioni rimangono ancora aperte ed occorrerà verificare concretamente l’efficacia della nuova disciplina, la cui attuazione non è purtroppo ancora completa.
Proprio per la sua importanza, dunque, il monitoraggio della riforma, del suo iter di attuazione e dei relativi problemi, resta uno dei temi centrali dell’inchiesta della Commissione che, anche attraverso il già citato gruppo di lavoro coordinato dalla senatrice Donaggio, ha avviato un costante confronto con tutti i vari soggetti pubblici e privati chiamati ad elaborare ed applicare le nuove disposizioni. Nel suo secondo anno di attività, quindi, la Commissione ha verificato con attenzione questi processi di recepimento, confrontandosi con vari interlocutori, soprattutto nel corso delle numerose missioni effettuate sul territorio, sia relativamente agli aspetti della riforma già completati, sia per quanto concerne i profili ancora in corso di definizione normativa.
Il quadro che emerge è, come sempre, molto variegato: da un lato infatti si nota un concreto sforzo di adeguamento da parte delle amministrazioni pubbliche coinvolte (enti locali e istituti di controllo) e delle parti sociali (imprese e rappresentanti dei lavoratori), segno di una tangibile maturazione di quella «cultura della sicurezza» da più parti invocata ed auspicata come il più efficace strumento per la prevenzione e la riduzione di incidenti e di malattie sui luoghi di lavoro. Dall'altro lato, però, si confermano alcuni ritardi ed incertezze, legati in parte all'obiettiva complessità delle norme e dei connessi adempimenti tecnici, in parte alle differenti capacità organizzative e strutturali che si riscontrano, inevitabilmente, nelle varie parti d'Italia.
Una parte dei problemi derivano ovviamente anche dal fatto che, come già rilevato, esistono parti della riforma ad oggi non ancora attuate, soprattutto per la mancata emanazione di una serie di provvedimenti secondari ai quali il decreto legislativo n. 81 del 2008 demanda espressamente la regolazione di molti aspetti di dettaglio della materia. Al fine di approfondire ulteriormente la questione e di concorrere, nell'ambito delle sue competenze, ad individuare possibili soluzioni, la Commissione ha recepito costantemente le segnalazioni, le osservazioni e i suggerimenti sui risvolti pratici dell’applicazione della riforma provenienti dal territorio e dai principali attori istituzionali e sociali, avviando infine un'interlocuzione diretta con tutti i soggetti direttamente responsabili dell’elaborazione e dell’attuazione della normativa, in particolare il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero della salute e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.


2.3. Il ruolo delle amministrazioni centrali
La responsabilità maggiore nel processo di attuazione del Testo unico ricade, ovviamente, sugli Uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in rappresentanza del quale la Commissione, nella seduta del 9 giugno 2010, ha audito il dottor Lorenzo Fantini, responsabile per la pro-mozione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro - Divisione III, della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro. Egli ha ricordato anzitutto che i vari decreti ministeriali e regolamenti ai quali il decreto legislativo n. 81 demanda il completamento della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro sono in corso di istruttoria presso la competente Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro prevista dall'articolo 6 dello stesso Testo unico. La Commissione consultiva ha costituito allo scopo una serie di gruppi di lavoro (attualmente nove), che si stanno occupando dei vari temi.2 I gruppi svolgono quindi un'attività prodromica all'elaborazione di provvedimenti essenziali per l’attuazione del Testo unico, mediante un costante e articolato confronto con le Regioni e le parti sociali: il risultato dell’attività è poi presentato al plenum della Commissione consultiva per la stesura definitiva dei testi normativi.
Il dottor Fantini ha illustrato il quadro complessivo delle attività già completate ovvero ancora in corso di realizzazione. Tali indicazioni devono essere integrate con i successivi aggiornamenti forniti alla Commissione sia dagli Uffici del Ministero del lavoro, al fine di tenerla periodicamente informata sull'andamento del processo di attuazione del Testo unico, sia dallo stesso ministro Sacconi, nel corso delle due audizioni svolte il 21 luglio e il 13 ottobre 2010.
Tra i temi più importanti affrontati dai gruppi di lavoro della Commissione consultiva permanente sono stati richiamati la creazione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi (che include la cosiddetta «patente a punti» per l’edilizia) di cui agli articoli 6 e 27 del Testo unico, la predisposizione delle linee guida relative allo stress lavoro-correlato e quello della formazione.
Il dottor Fantini si è poi soffermato su un aspetto particolarmente delicato ed importante dell’attuazione della nuova disciplina normativa, ossia lo stanziamento dei fondi per le azioni promozionali di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Si tratta delle risorse destinate a finanziare quelle attività di formazione-informazione, considerate da sempre come uno degli strumenti essenziali per un'efficace azione di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Sebbene i vincoli di finanza pubblica degli ultimi anni abbiano, inevitabilmente, limitato l’ammontare delle risorse disponibili, ciononostante nell'ultimo triennio sono stati mobilitati fondi importanti:3 nel 2008, 50 milioni di euro, di cui 20 milioni di euro per attività di comunicazione istituzionale sulla materia della salute e sicurezza, e 30 milioni di euro per una campagna straordinaria di formazione su base regionale. Tali somme sono state regolarmente impegnate e sono a disposizione per le relative attività; a ciascuna Regione è stato chiesto da parte del Ministero del lavoro - per ottenere l’erogazione - di presentare un programma di attività formative coerenti con i contenuti dell’Accordo e si è già provveduto, sempre da parte del Ministero del lavoro, a erogare le somme alle Regioni adempienti.
In particolare, a valere su tali fondi il Ministero del lavoro ha avviato lo scorso 23 agosto una campagna di comunicazione integrata dedicata alla salute e alla sicurezza sul lavoro. La campagna durerà diversi mesi e si svolgerà in televisione (i relativi spot sono già in visione), sui giornali e su altri mezzi di comunicazione, anche telematici e interattivi.
Per il 2009 sono stati stanziati oltre 37 milioni di euro, così ripartiti: a) 5 milioni di euro destinati a progetti di investimento in materia di salute e sicurezza per le piccole e medie imprese; b) 27 milioni di euro per il finanziamento di progetti formativi sugli stessi temi, dei quali oltre 14 da impegnare in una campagna nazionale di formazione (le cui finalità e caratteristiche vengano definite con accordo tra le parti sociali, da recepire in un bando INAIL), e 13 da impegnare su base regionale; c) 5 milioni di euro riservati al finanziamento di attività di istituti scolastici, universitari e di formazione dirette a inserire nei rispettivi programmi il tema della salute e sicurezza sul lavoro. Al riguardo, è già stato predisposto il relativo decreto interministeriale.
Per provvedere alle erogazioni, sono in preparazione i bandi INAIL per il finanziamento delle attività di cui ai precedenti punti a) e b) (nel limite di 14 milioni di euro). Per quanto riguarda il trasferimento delle somme di cui al punto c), destinate a finanziare l’inserimento della salute e sicurezza nei programmi scolastici e universitari a partire dall'anno scolastico 2010-2011, è stata predisposta una Carta d'intenti tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e INAIL e avviata un'apposita «cabina di regia» che dovrà stabilire le linee guida di tale attività.
Mentre le risorse relative al 2008 e al 2009 sono state già stanziate ed impegnate (e quelle del 2008 anche in gran parte distribuite), per il 2010 il relativo decreto di riparto è stato inviato alla Conferenza Stato-Regioni, che ha già espresso parere favorevole. In particolare, sono previsti 36 milioni di euro, di cui: a) 20 milioni di euro per il finanziamento di attività promozionali per le piccole e medie imprese, dei quali 15 relativi all'acquisto di attrezzature di lavoro (in particolare agricole) rispettose delle previsioni comunitarie di riferimento e 5 per favorire l’adozione di modelli di organizzazione e gestione della sicurezza da parte di tali imprese; b) circa 11 milioni di euro per attività formative su base regionale, in continuità con le scelte operate per il 2008 e il 2009; c) 5 milioni di euro per il finanziamento di attività di istituti scolastici, universitari e di formazione dirette a inserire nei rispettivi programmi il tema della salute e sicurezza sul lavoro.
Per quanto riguarda la messa a norma delle attrezzature di lavoro, si tratta di un tema assai rilevante, del quale anche la Commissione si è a lungo occupata. Come infatti essa ha più volte segnalato (si veda ad esempio la precedente relazione intermedia sull'attività svolta), uno dei problemi da affrontare dal punto di vista della sicurezza è quello relativo al fatto che talune attrezzature da lavoro, pur essendo marcate CE e quindi presumibilmente conformi alle normative comunitarie, in realtà hanno spesso una intrinseca pericolosa nel loro utilizzo. Per tale ragione la Commissione d'inchiesta ha proposto più volte lo stanziamento di fondi per favorire la sostituzione o la messa in sicurezza delle attrezzature non idonee, proposta formalizzata da ultimo anche nell'impegno al Governo contenuto nella già citata risoluzione del 21 ottobre 2009, approvata dall'Assemblea del Senato.
Come si dirà meglio più avanti nel paragrafo 5.2, il Governo ha dato una prima risposta concreta a questo impegno con il decreto-legge n. 40 del 2010 (convertito nella legge n. 73 del 2010), contenente alcune misure per favorire la sostituzione e la rottamazione di taluni macchinari ed attrezzature per l’agricoltura e l’edilizia. Si intende ora integrare questo intervento dedicando 15 milioni di euro dei fondi 2010 di cui all'articolo 11 del Testo unico al finanziamento della messa a norma delle attrezzature di lavoro, attraverso l’acquisto di attrezzature coerenti con l’ultima «direttiva macchine», recepita a gennaio di quest'anno; o, meglio ancora, la messa in sicurezza delle attrezzature, in particolare agricole, acquistate prima del 1996 e quindi dell’entrata in vigore della cosiddetta «direttiva macchine», moltissime delle quali sono ancora in circolazione ed intrinsecamente pericolose (in quanto la direttiva ha continuato ad ammettere l’utilizzo di attrezzature non coerenti con la marcatura CE, a patto che garantissero condizioni di sicurezza, cosa che non sempre si verifica).
Legato a tale questione è il decreto per l’individuazione delle modalità per l’effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro e dei criteri per l’abilitazione dei soggetti pubblici o privati legittimati a realizzare tali verifiche (articolo 71, comma 13, del decreto legislativo n. 81 del 2008). Secondo gli ultimi aggiornamenti forniti alla Commissione, alla fine del mese di luglio è stata predisposta la versione consolidata del testo che sarà, a breve, trasmessa alla Conferenza Stato-Regioni.
Altro aspetto della normativa in corso di definizione è quello riguardante gli accordi di formazione, di cui agli articoli 34 e 37 del Testo unico, che individuano rispettivamente le caratteristiche della formazione del datore di lavoro che intenda svolgere in proprio il servizio di prevenzione e protezione, e la formazione del lavoratore. In proposito, il dottor Fantini ha evidenziato il positivo esito dei confronti svolti con le Regioni e le parti sociali, che hanno suggerito l’opportunità di ampliare la portata originaria del provvedimento allo studio, individuando i contenuti, le modalità e gli orari (in termini di numero di ore) della formazione non più solo dei lavoratori, ma anche dei dirigenti e dei preposti, poiché costoro hanno un ruolo fondamentale in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il provvedimento dovrebbe quindi essere presto sottoposto al vaglio della Conferenza consultiva permanente, per completare l’iter di approvazione, così come un altro provvedimento in avanzata fase di elaborazione, riguardante l’attuazione dell’articolo 71 sulla verifica delle attrezzature di lavoro.
Infine, nella sua relazione il dottor Fantini ha richiamato il provvedimento per la creazione e il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Si tratta di una fondamentale banca dati, gestita dall'INAIL e destinata a riunire tutti i dati inerenti agli infortuni sul lavoro, alle malattie professionali e alle attività di prevenzione e vigilanza svolte dai vari enti competenti. Di conseguenza, oltre a consentire una più efficace rilevazione statistica del fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali, il SINP potrebbe rappresentare uno strumento decisivo ai fini del coordinamento degli interventi di prevenzione e di controllo, in quanto consentirebbe di evitare sovrapposizioni tra le attività svolte dagli Ispettorati del lavoro e dalle ASL e quindi di finalizzare meglio l’utilizzo delle risorse per la vigilanza su base territoriale, eliminando appunto quelle duplicazioni che sono state segnalate più volte anche dalla Commissione d'inchiesta.
A tal fine, sarebbe opportuno che l’avvio del nuovo sistema fosse affiancato dall'introduzione di procedure e documenti uniformi di rilevazione da parte dei vari corpi ispettivi (ad es., un modello unificato di verbale). Oltre ad evitare le duplicazioni già richiamate, Ciò consentirebbe un più facile confronto, inserimento ed elaborazione delle informazioni raccolte nella costituenda banca dati, agevolando notevolmente il lavoro. Si tratta di una proposta avanzata alla Commissione anche dai rappresentanti di taluni corpi ispettivi nel corso dei numerosi sopralluoghi effettuati sul territorio.
Purtroppo, la creazione del SINP ha richiesto più tempo del previsto, per la necessità di stabilire i necessari protocolli d'intesa fra l’INAIL (in qualità di gestore della banca dati) e le altre amministrazioni che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro, specialmente per verificare il delicato aspetto della tutela dei dati sensibili personali. In base all'ultimo aggiornamento fornito dal ministro Sacconi nell'audizione del 13 ottobre, gli Uffici del Ministero hanno, nella seconda meta del mese di luglio, licenziato il testo del provvedimento di attuazione, che sarà quindi a breve sottoposto al parere informale del Garante per la privacy e successivamente portato all'attenzione della Conferenza Stato-Regioni ai fini dell’adozione definitiva.
L’ampio quadro fornito testimonia la complessità del processo di attuazione della normativa del Testo unico, proprio a causa della scelta operata dal legislatore di rinviare la regolazione degli aspetti di dettaglio della materia all'emanazione di ulteriori provvedimenti. Si tratta da un lato di atti di legislazione secondaria (come i decreti ministeriali ed interministeriali), dall'altro di accordi sindacali (come già nel decreto legislativo n. 626 del 1994), nell'ambito di una competenza di regolamentazione «tripartita» che implica la necessità di confronti ampi ed articolati fra tre diverse serie di soggetti, ossia le Amministrazioni centrali competenti, le Regioni e le parti sociali. Tali confronti ovviamente, per la complessità e la rilevanza dei temi trattati, non possono esaurirsi in tempi brevi, anche se molto lavoro è già stato fatto e molti dei dossier ancora pendenti sono ormai in avanzato stato di definizione. Come già detto, gli Uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, su disposizione dello stesso ministro Sacconi, hanno iniziato a fornire alla Commissione d'inchiesta un aggiornamento periodico sull'andamento del lavoro della Commissione consultiva permanente, così da facilitare l’attività di monitoraggio di questo fondamentale processo.
Dopo la sua ricostituzione nel dicembre 2009, una parte delle competenze relative all'attuazione della nuova disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è passata al Ministero della salute, e precisamente alla Direzione generale della prevenzione sanitaria, i cui rappresentanti sono stati auditi dalla Commissione d'inchiesta nella seduta del 15 giugno 2010. Il direttore generale, dottor Fabrizio Oleari, ed il dottor Giancarlo Marano, dirigente dell’Ufficio II, hanno riferito anzitutto sul tema delle malattie professionali, che forma oggetto precipuo dell’attività del Ministero e per la cui trattazione si rinvia all'apposito paragrafo 4.2 di questa relazione. In merito all'attuazione del Testo unico, gli auditi hanno confermato ed integrato le informazioni già fornite dal dottor Fantini, sottolineando come il lavoro, per la parte di loro competenza, si stia concentrando sull'esigenza di rendere coerente con l’impianto normativo del decreto legislativo n. 81 del 2008 la disciplina di alcuni specifici settori, che non sono stati inseriti nel cosiddetto Testo unico in quanto regolati da leggi ad hoc.
Mentre in alcuni casi, ad esempio nel settore dei lavoratori marittimi e portuali (decreti legislativi nn. 271 e 272 del 1999) e in quello ferroviario (legge n. 191 del 1974), il lavoro di adeguamento normativo si è rivelato più complesso del previsto e ha richiesto un allungamento dei tempi, sono ormai in dirittura di arrivo i decreti di attuazione riguardanti altri settori, come il Ministero della giustizia ed il Ministero dell’istruzione, non-che il decreto sulle ferrovie in materia di primo soccorso. Ugualmente a buon punto risulta la stesura del decreto per la modifica dell’allegato 3B dell’articolo 40 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Questo è di estrema importanza per le segnalazioni sanitarie da parte dei medici competenti e anche per la revisione di cartelle sanitarie e di rischio.
Un aspetto molto importante riguarda poi l’avvio delle attività del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 81.4 Al Comitato spetta infatti dare gli indirizzi per quanto riguarda le politiche nazionali del settore e il coordinamento a livello nazionale della vigilanza. Strumento indispensabile per l’espletamento di questa funzione è però il già citato Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), che riveste quindi un ruolo veramente strategico e alla cui implementazione (che dovrebbe avvenire in tempi ravvicinati) anche il Ministero della salute sta dando il suo contributo. I rappresentanti del Ministero hanno sottolineato in particolare l’importanza del SINP per la rilevazione e l’emersione delle malattie professionali, fenomeno complesso e ancora in parte sottostimato.


2.4. Il ruolo delle Regioni e delle Province autonome
Un ruolo decisivo nel processo di attuazione del Testo unico spetta alle Regioni, e sembra opportuno al riguardo richiamare alcuni aspetti di carattere ordinamentale. In primo luogo, l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione definisce la tutela e la sicurezza del lavoro, così come quella della salute, materie di «legislazione concorrente» tra Stato e Regioni. Inoltre, l’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede espressamente che le disposizioni del decreto stesso concernenti ambiti di competenza delle Regioni e delle Province autonome siano applicate «nell'esercizio del potere sostitutivo dello Stato e con carattere di cedevolezza», ovvero fino all'eventuale approvazione di una normativa propria da parte delle Regioni e delle Province autonome.
D'altra parte, l’eventuale emanazione di norme regionali o provinciali trova un limite preciso nel comma 1 del medesimo articolo 1 del Testo unico, secondo il quale le disposizioni in materia di salute sicurezza nei luoghi di lavoro devono in ogni caso garantire «l’uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere, di età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati».
La Commissione d'inchiesta, nel corso della sua attività, si è sempre posta con grande attenzione il problema di garantire un'applicazione uni-forme della normativa su tutto il territorio nazionale, proprio per evitare che, a fronte della suddetta competenza legislativa concorrente, potessero un giorno determinarsi pericolose asimmetrie normative tra una Regione e l’altra in una materia cosi delicata come la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Dal punto di vista strettamente giuridico-formale, la possibilità esiste perché, in base alla clausola di cedevolezza prima richiamata, se una Regione volesse emanare una normativa in deroga alle previsioni del Testo unico potrebbe farlo, a meno che non vada ad incidere sui livelli essenziali delle prestazioni. In proposito, tuttavia, i dirigenti dei Ministeri e gli stessi Ministri della salute e del lavoro e delle politiche sociali, nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione, hanno confermato che tutte le Regioni e le Province autonome hanno finora avuto un atteggiamento molto collaborativo e responsabile, poiché esse stesse si rendono conto che una normativa differenziata sul territorio nazionale rappresenterebbe un problema per tutti.
Anche per verificare tali aspetti, la Commissione ha audito, nella seduta dell’8 luglio 2010, i rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. (Essi si sono soffermati anche sulla questione delle malattie professionali, della quale si dirà meglio nel successivo paragrafo 4.2.) Per quanto riguarda l’attuazione della disciplina del Testo unico, gli auditi hanno evidenziato come le Regioni siano attivamente impegnate in tale processo, attraverso tre livelli di interventi: quello della partecipazione all'elaborazione della normativa statale, quello dell’integrazione delle leggi statali mediante la normativa regionale e, infine, quello della programmazione e del coordinamento, attraverso gli appositi comitati, degli interventi nei singoli territori. Il primo livello è quello della partecipazione all'elaborazione normativa, nell'ambito del principio di «leale collaborazione» con lo Stato che trova nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome la sua sede di svolgimento istituzionale. Attraverso il supporto di uno specifico Coordinamento tecnico, articolato in gruppi di lavoro tematici interregionali, le Regioni e le Province autonome contribuiscono alla stesura degli atti normativi statali, compresi quelli di attuazione del Testo unico predisposti nell'ambito della Commissione consultiva permanente. Tra i provvedimenti già completati sono senz'altro da citare, perché investono direttamente la competenza regionale, quelli riguardanti l’articolo 7 (comitati regionali di coordinamento), dell’articolo 11 (piani formativi regionali) e dell’articolo 13 (utilizzo delle sanzioni amministrative). Per quanto riguarda i dossier ancora in corso di elaborazione, sono state sostanzialmente confermate le indicazioni già acquisite dalla Commissione nelle audizioni con i funzionari dei competenti Uffici ministeriali, anche riguardo ai tempi di emanazione degli atti definitivi.
La collaborazione tra Stato e Regioni per l’attuazione della nuova disciplina della sicurezza sul lavoro sembra dunque aver dato, finora, risultati abbastanza incoraggianti. Dopo alcune innegabili difficoltà iniziali, i meccanismi di coordinamento tra amministrazioni centrali e territoriali cominciano infatti a funzionare in maniera positiva, sia sul fronte dell’elaborazione dei testi normativi che su quello delle azioni concrete per la prevenzione ed il contrasto agli incidenti e alle malattie del lavoro. Pur rivendicando il rispetto dell’autonomia legislativa e operativa garantita loro dalla Costituzione e pur tenendo conto della diversa valutazione talora intervenuta su singole tematiche, Regioni e Province autonome hanno lavorato in modo concertato con le competenti amministrazioni statali per la produzione dei vari provvedimenti attuativi del Testo unico che stanno finalmente giungendo al termine del loro iter. Anche se si sono accumulati ritardi a volte pesanti, il metodo di lavoro pare ormai consolidato e lascia ben sperare per il futuro.
Lo stesso metodo si è affermato nel secondo livello d'intervento delle Regioni, ossia nell'adattamento delle leggi dello Stato al contesto economico e produttivo territoriale mediante la legislazione regionale, con particolare riguardo agli aspetti della cultura della prevenzione attraverso gli interventi di formazione ed informazione dei lavoratori e di sensibilizzazione delle imprese con la previsione di un sistema premiale delle cosiddette imprese virtuose. Tali interventi sono finanziati con i fondi delle azioni promozionali di cui all'articolo 11 del Testo unico, già richiamati in precedenza e, che come si è detto, sono stati in parte distribuiti solo per il 2008, in quanto è l’unico anno per il quale le Regioni abbiano già presentato i relativi progetti da finanziare (per il 2009 le risorse sono comunque impegnate e disponibili, mentre per il 2010 si è in attesa di formalizzare l’apposito decreto interministeriale di riparto). Sulla base di quanto comunicato dagli auditi, a luglio 2010 l’erogazione dei finanziamenti si era avuta in circa la meta delle Regioni e delle Province autonome, mentre per altre la procedura era stata avviata solo recentemente. Le Regioni che hanno ricevuto i finanziamenti hanno in gran parte già attuato (o comunque approvato e messo a regime) i bandi per la realizzazione dei progetti di formazione.
Per quanto riguarda il terzo livello di intervento, ossia quello relativo alla programmazione e al coordinamento sul territorio delle varie attività in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, questo si esplica attraverso i citati comitati regionali di coordinamento, già introdotti dall'articolo 27 del decreto legislativo n. 626 del 1994 e ribaditi dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Secondo tale disposizione, essi hanno il fine specifico di realizzare una programmazione coordinata di interventi, nonché l’uniformità degli stessi ed il necessario raccordo con il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro e con la Commissione consultiva permanente. Come spesso segnalato anche dalla Commissione d'inchiesta, infatti, l’eccessiva frammentazione e mancanza di coordinamento tra i diversi livelli territoriali e tra le varie amministrazioni competenti è da sempre uno degli aspetti maggiormente critici del sistema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro in Italia.
I comitati regionali di coordinamento, secondo quanto riferito in audizione dai rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, sono ormai attivi in tutte le Regioni e si stanno dimostrando un'esperienza molto positiva, posto che nell'ambito di tali comitati e risultato possibile pianificare l’attività di prevenzione e di vigilanza, anche in maniera integrata tra le ASL, l’INAIL, l’INPS e le Direzioni provinciali del lavoro, creando tra le organizzazioni delle interrelazioni positive ed evitando sovrapposizioni e duplicazioni. Ad esempio, è stato sottolineato - a livello regionale - il rafforzamento della cooperazione tra Direzioni regionali del lavoro e Direzioni regionali dell’INAIL, e soprattutto - a livello di territorio - tra ASL e Direzioni provinciali del lavoro. Sono molte ad esempio le esperienze di condivisione di sistemi informativi tra i due tipi di amministrazione, così come gli interventi congiunti nell'ambito del controllo della regolarità e della sicurezza del lavoro in edilizia (posto che i due aspetti non sono scindibili).
I comitati regionali di coordinamento dovrebbero quindi essere anche lo strumento privilegiato per la concreta attuazione degli impegni assunti da Regioni, Province autonome e Ministeri con il «Patto per tutela della salute e la prevenzione nei luoghi di lavoro»5 siglato il 1° agosto 2007 in sede di Conferenza Stato-Regioni e che, integrando il «Patto per la salute» approvato dal Ministero della salute con le Regioni e le Province autonome, costituisce ancora oggi un fondamentale documento di riferimento per lo svolgimento delle azioni a tutela della salute e della sicurezza del «cittadino che lavora», nel rispetto di criteri e vincoli omogenei su tutto il territorio nazionale.
Infine, anche i rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome hanno ribadito alla Commissione d'inchiesta l’importanza fondamentale dell’avvio del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), anche per consentire la messa in comune delle numerose risorse informative già presenti sul territorio presso le varie amministrazioni, confermando nel contempo il loro impegno alla realizzazione del progetto nell'ambito dei lavori coordinati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
In definitiva, alla luce delle informazioni acquisite dalla Commissione d'inchiesta, si può senz'altro affermare che le Regioni e le Province autonome, nell'ambito delle loro competenze, stiano portando avanti l’attuazione della nuova disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro in maniera sempre più convinta, in stretto raccordo con lo Stato centrale. Ciononostante, esistono tuttora una serie di difficoltà: a parte la inevitabile dialettica che, anche in questo campo, informa talvolta i rapporti tra istituzioni centrali e periferiche, richiedendo una non facile opera di mediazione, l’aspetto più problematico è il recepimento ancora troppo disomogeneo e squilibrato del nuovo quadro normativo e istituzionale da una Regione all'altra. Si tratta di un fenomeno segnalato esplicitamente dai rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nell'audizione dell’8 luglio e che la stessa Commissione d'inchiesta ha potuto più volte riscontrare direttamente nel corso delle varie missioni conoscitive sul territorio. L’esempio più significativo è quello del coordinamento: se infatti l’esperienza dei comitati regionali è certamente positiva, è però vero che questi non funzionano ancora con la stessa efficacia in tutte le parti d'Italia e che in taluni contesti il dialogo tra i vari soggetti istituzionali è ancora faticoso, ostacolato da logiche burocratiche e da reciproche diffidenze. Naturalmente, su questi aspetti incide molto anche il grado di sviluppo del tessuto economico-produttivo e delle relazioni sindacali dei singoli territori, che è inevitabilmente diverso nelle varie zone del Paese.
Un contributo decisivo può venire allora dal rafforzamento progressivo dell’attività negli organismi di programmazione e di coordinamento nazionali (Commissione consultiva permanente e Comitato per l’indirizzo e la valutazione) e locali (comitati regionali), che sono infatti le sedi istituzionali di confronto e di valutazione alle quali la nuova disciplina ha affidato l’elaborazione, il coordinamento e il controllo delle politiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Purtroppo, come si è visto in precedenza, anche l’avvio di questi organismi (a livello centrale e, soprattutto, locale) ha subito una serie di ritardi e questo fatto, proprio in conseguenza del ruolo strategico che gli enti in questione rivestono, ha inevitabilmente condizionato anche molti degli altri passaggi necessari al completamento dell’attuazione del Testo unico. Per raggiungere finalmente questo obiettivo e realizzare così un efficace sistema di prevenzione e di contrasto al fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali, dunque, appare essenziale assicurare il pieno funzionamento degli organismi di programmazione e di coordinamento, centrali e periferici, per stimolare, indirizzare e controllare l’attività dei soggetti pubblici e privati coinvolti, a vario titolo, in questo complesso settore.
Legato a questo discorso è poi un altro tema, sottoposto spesso all'attenzione della Commissione proprio dai rappresentanti delle Regioni incontrati nel corso dei vari sopralluoghi sul territorio. Si tratta di un problema tecnico che incide fortemente sull'attività di vigilanza e, quindi, di prevenzione, vale a dire il fatto che i metodi di rilevazione e di controllo applicati nei luoghi di lavoro siano spesso molto (troppo) differenti a seconda delle strutture di vigilanza che li attuano e degli indirizzi regionali, il che spiegherebbe anche le notevoli disparita dell’attività di ispezione dichiarata da Regione a Regione e da ufficio ad ufficio.
Al riguardo, sarebbe dunque necessario uniformare il più possibile tali prassi, anche mediante l’adozione di schede o modelli di rilevazione comuni nei quali trasferire i dati raccolti. Come già accennato nel paragrafo 2.3, tale aspetto assume particolare interesse anche alla luce dell’istituendo Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), che dovrebbe tra l’altro raccogliere tutte le informazioni sulle attività di vigilanza effettuate per consentire analisi e programmare i futuri interventi in modo più integrato. Oltre a favorire la raccolta, l’elaborazione e il confronto dei dati, l’adozione di procedure e modelli di rilevazione comuni, aiuterebbe ad evitare disomogenea nella rappresentazione dei risultati dell’attività ispettiva e quindi degli stessi fenomeni osservati.


2.5. Il ruolo delle parti sociali
Un ruolo decisivo nell'attuazione della nuova disciplina spetta, per espresso dettato normativo, anche alle parti sociali (imprese e lavoratori), i cui rappresentanti siedono negli organismi di programmazione e di coordinamento nazionali (Commissione consultiva permanente e Comitato per l’indirizzo e la valutazione) e locali (comitati regionali) e sono impegnati, al pari dei rappresentanti delle amministrazioni centrali e regionali, per il conseguimento di tale obiettivo. Occorre, però , anche in tal caso, uno sforzo maggiore, per superare le innegabili difficoltà e lacune che ancora rimangono e che la Commissione ha potuto verificare durante la sua inchiesta.
Nel corso delle numerose missioni sul territorio, infatti, la Commissione ha incontrato e ascoltato i rappresentanti delle imprese e dei lavoratori di tutti i settori produttivi e di varie parti d'Italia, che hanno fornito un quadro conoscitivo ampio e variegato dei progressi, ma anche delle difficoltà che, dal loro punto di vista, registrano ogni giorno nell'applicazione concreta della nuova disciplina. Ovviamente, come già detto esistono talora forti differenze tra settori e territori, dovuti al differente livello di sviluppo economico e delle relazioni industriali, ma è comunque possibile individuare alcune tendenze generali.
Anzitutto, si deve segnalare una crescente presa di coscienza generale dei problemi della sicurezza e la realizzazione concreta di azioni per rafforzare la tutela dei lavoratori, in uno sforzo finalmente sinergico con le istituzioni locali, in particolare con le Regioni e i Comuni. Fino a qualche tempo fa, si tendeva inevitabilmente a concentrarsi sugli aspetti più formali e burocratici del rispetto delle normative, lasciando l’adozione di misure più concrete e strutturali all'iniziativa di singole associazioni imprenditoriali o sindacali più attive ed organizzate (si pensi al settore dell’artigianato, che ha una lunga e meritoria tradizione in tal senso) che si concentravano, d'altra parte, spesso nelle zone del Paese dotate di maggiore dinamismo economico e sociale. Negli ultimi anni, fortunatamente, si è cominciato a rivolgere una maggiore attenzione all'aspetto sostanziale della sicurezza sul lavoro, insistendo molto sul concetto di prevenzione e di formazione/informazione di lavoratori e imprese.
Si tratta di un innegabile processo di crescita culturale che ha favorito la stessa emanazione della legge n. 123 del 2007 e del connesso decreto legislativo n. 81 del 2008. Tuttavia, il processo è ancora lontano dal dirsi completato: sia nel mondo imprenditoriale che, per aspetti diversi, in quello sindacale, permangono tuttora una serie di resistenze o difficoltà rispetto all'adozione di taluni aspetti della nuova disciplina, che impone necessariamente alcuni cambiamenti di mentalità e di organizzazione, nella direzione della sinergia e del coordinamento tra soggetti che perseguono finalità diverse e hanno spesso anche un diverso modo di operare. Si tratta di fenomeni noti e che vengono segnalati in questa sede solo per ribadire l’importanza di continuare a lavorare per favorire sempre di più un cambiamento culturale che non è facile, ma che risulta essenziale. D'altra parte, sia le organizzazioni datoriali che sindacali, pur con le differenze tra settori e territori delle quali si è fatto cenno, hanno dimostrato una concreta volontà di procedere in tal senso, consapevoli dell’importanza di prevenire e contrastare realmente gli infortuni e le malattie professionali nell'interesse dei loro rappresentati e della società in generale.
Nella logica del nuovo sistema delineato dal Testo unico, le istituzioni si pongono in una funzione di accompagnamento a tale processo, contribuendo ad una chiara definizione e applicazione delle norme e fornendo un supporto informativo e consultivo a imprese e sindacati. Uno strumento importante a tal fine, richiamato anche dai rappresentanti del Governo auditi dalla Commissione d'inchiesta, è quello delle intese di settore che coinvolgono sia le istituzioni che le parti sociali è che stanno dando buona prova in varie parti del Paese (ad esempio nel settore edilizio, uno dei più funestati dalla piaga degli infortuni sul lavoro). Tali intese si possono utilmente avvalere anche del contributo degli organismi paritetici previsti dall'articolo 51 del Testo unico, già esistenti o in via di formazione in vari comparti produttivi. Tali organismi, ai sensi della norma citata, possono svolgere importanti attività di formazione e consulenza alle imprese e ai lavoratori, fermo restando che la fissazione delle regole e delle procedure sulla sicurezza, così come la necessaria vigilanza sulla loro applicazione, non può che essere affidata a soggetti terzi di natura istituzionale.
Appare però essenziale potenziare al massimo il ruolo dei già citati organismi di programmazione e di coordinamento nazionali e locali, che sono appunto - per una ben precisa ed opportuna scelta del legislatore - destinati a diventare le sedi istituzionali di confronto e di raccordo tra soggetti portatori di istanze e di competenze diverse, in vista del raggiungimento del comune obiettivo di innalzare sempre più il livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.


2.6. Le politiche del governo: il Ministero della salute
Al fine di completare il quadro conoscitivo acquisito nelle audizioni tenute presso il Senato e nel corso dei vari sopralluoghi svolti sul territorio, la Commissione ha infine audito i Ministri dei due dicasteri competenti, ossia quello del lavoro e delle politiche sociali e quello della salute. L’obiettivo di tali incontri era non solo di fare il punto sulle attività legislative e amministrative in corso ai fini del completamento dell’attuazione del Testo unico integrando le informazioni già fornite dai funzionari dei rispettivi Ministeri, ma anche quello di conoscere, più in generale, le linee guida della politica del Governo in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il ministro della salute Ferruccio Fazio è stato audito dalla Commissione d'inchiesta nella seduta del 13 luglio 2010. Il Ministro ha sottolineato che la questione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro riveste una significativa rilevanza per il Ministero della salute, sia perché rientra tra le sue funzioni istituzionali, sia perché le conseguenze invalidanti degli infortuni e delle malattie professionali comportano ogni anno ingenti costi per il servizio sanitario nazionale.
In particolare, il Ministero della salute è attivamente impegnato nella prevenzione e nel contrasto al fenomeno delle malattie professionali, i cui dati sono però (come si avrà modo di segnalare anche nell'apposito paragrafo 4.2) ancora molto sottostimati rispetto alla reale incidenza delle patologie da lavoro o lavoro-correlate. La causa fondamentale è il numero ancora troppo basso di denunce di malattia presentate all'INAIL, sebbene negli ultimi tempi vi sia stato un certo aumento: tale denuncia, infatti, oltre a garantire il lavoratore dal punto di vista assicurativo, costituisce un importante dato epidemiologico per individuare condizioni di rischio e quindi per programmare le opportune misure di prevenzione.
In relazione al completamento dell’attuazione della nuova disciplina, il ministro Fazio ha quindi ricordato i vari provvedimenti attuativi di competenza del suo Dicastero. I provvedimenti già attuati, con avvenuta pubblicazione in Gazzetta ufficiale, sono: il decreto ministeriale di istituzione dell’elenco nazionale dei medici competenti; il decreto ministeriale di istituzione del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza ex articolo 5 del Testo unico. I provvedimenti in fase di avanzato perfezionamento, completati sui tavoli tecnici, in via di approvazione in sede di Conferenza Stato-Regioni e in altre sedi, sono: il decreto di istituzione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro; il decreto ministeriale per l’individuazione di appositi percorsi formativi universitari per lo svolgimento dell’attività di medico competente da parte di specialisti in igiene e medicina del lavoro; la bozza del decreto ministeriale per la definizione dei contenuti degli allegati 3A e 3B, riferiti rispettivamente alla cartella sanitaria e di rischio e alle modalità di trasmissione delle informazioni relative ai dati aggregati sanitari. A questi provvedimenti si deve aggiungere il decreto interministeriale per la regolamentazione del primo soccorso in ambito ferroviario (ai sensi del decreto ministeriale n. 388 del 2003 e dell’articolo 45, comma 3, del Testo unico), che ha acquisito il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni in data 8 luglio. Questi provvedimenti sono quindi in fase di avanzata elaborazione e, secondo le indicazioni fornite dal Ministro, potrebbero essere completati già entro la fine dell’anno.
Gli altri provvedimenti da emanare nell'ambito della competenza del Ministero della salute, come previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008, che si trovano in una fase meno avanzata, sono: l’aggiornamento dei modelli e delle modalità di tenuta del registro di esposizione ad agenti cancerogeni e delle cartelle sanitarie; la determinazione dei contenuti e delle modalità di tenuta, raccolta e trasmissione delle informazioni di realizzazione complessiva dei sistemi di monitoraggio del registro nazionale dei casi di neoplasia; la definizione dei modelli e delle modalità di tenuta del registro degli esposti ad agenti biologici e delle cartelle; la determinazione del modello e delle modalità di tenuta del registro dei casi di malattia e di decesso; l’emanazione di decreti ministeriali in merito alle caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso e ai requisiti del personale addetto; la definizione entro due anni di linee guida per l’applicazione del capo IV del Testo unico nello specifico settore dell’utilizzo in ambito sanitario delle attrezzature di risonanza magnetica.
Il Ministro della salute si è poi a lungo soffermato sul già citato Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), di cui all'articolo 8 del Testo unico, definito essenziale per il completamento dell’attuazione di tale disciplina. In particolare, si ritiene che il nuovo sistema potrà dare un contributo decisivo alla risoluzione del fenomeno delle sottodenunce delle malattie professionali, una volta adottato il relativo decreto di attuazione, che lo stesso ministro Fazio ha definito il «punctum dolens», posto che proprio sull'emanazione di tale provvedimento si è registrato il ritardo maggiore. Come già indicato nel paragrafo 2.3, il testo del decreto, già licenziato dagli uffici legislativi dei Ministeri coinvolti, dovrà superare la fase successiva e finale, rappresentata dal parere del Garante per i dati personali e da quello della Conferenza Stato-Regioni e potrebbe quindi essere emanato entro la fine dell’anno.
Come si è visto in precedenza, il nuovo sistema informativo identifica l’INAIL quale gestore tecnico ed informatico del SINP e fissa le regole tecniche per il funzionamento, nonché le regole per il trattamento dei dati personali. Il ministro Fazio ha evidenziato come questo sistema possa tra l’altro rappresentare un forte stimolo per la valorizzazione del ruolo del medico competente, un'altra importante novità introdotta dal decreto legislativo n. 81 del 2008. Secondo la nuova disciplina, infatti, il medico competente diventa il punto di riferimento per le informazioni sui risultati della sorveglianza sanitaria, concepita secondo le nuove funzioni, i nuovi compiti e responsabilità che gli sono state attribuiti. In questo modo, l’intento è quello di superare il modello di prevenzione legato solo al miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute, per sostituirlo con un concetto di promozione della salute sul posto di lavoro, proprio nell'ottica della strategia europea, basata su un approccio globale del benessere sul luogo di lavoro.
Come già i funzionari del Ministero della salute auditi il 15 giugno 2010, il ministro Fazio ha sottolineato il ruolo centrale che in questa strategia rivestono non solo i servizi specialistici, ma tutti i medici operanti nel Servizio sanitario nazionale, a cominciare da quelli di medicina generale. Ciò si iscrive in una tendenza di fondo dell’assistenza medico-sanitaria: il Ministro ha infatti ricordato come i costi crescenti connessi al vigente sistema sanitario universalistico e le azioni condotte per controllarli (ad esempio le riqualificazioni delle reti ospedaliere legate all'invecchiamento progressivo della popolazione e all'aumento dell’aspettativa di vita) inducano a fare in modo che il baricentro delle cure si sposti progressivamente dall'ospedale al territorio.
Tale aspetto assume particolare rilevanza ai fini della prevenzione delle malattie professionali, che implica necessariamente un'attenta opera di formazione per tutti i medici del Servizio sanitario nazionale. Come ribadito dal ministro Fazio, l’obiettivo è quello di far sì che cultura e conoscenze specifiche non siano esclusivo appannaggio dei servizi specialistici, ma siano il più possibile diffuse nel sistema, anche presso i cosiddetti medici generici o di base, ai quali il lavoratore, come qualsiasi persona, si rivolge più frequentemente. Anche questi medici, infatti, devono essere integrati in quella rete di servizi che hanno un significato preventivo e che dovrebbero occuparsi proprio della valutazione del rischio, consentendo di fare uno screening delle persone e di individuare quelle potenzialmente più esposte, per poter in qualche modo anticipare i tempi di risposta dinanzi all'insorgere delle patologie professionali.
Nel nuovo sistema, un ruolo determinante sarà svolto dal Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale di questa materia, previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 81, recentemente insediatosi. Come già ricordato, tale Comitato, attuando la collaborazione tra Stato e Regioni, riceve i dati e le informazioni dal SINP, che si pone di nuovo come elemento centrale, e stabilisce le linee comuni delle politiche nazionali in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Nel prendere positivamente atto del notevole impegno profuso dal Ministero della salute e dalle altre amministrazioni coinvolte nel processo di completamento e di applicazione della nuova disciplina, la Commissione d'inchiesta ha tuttavia chiesto al Ministro se, proprio per il coinvolgimento di numerose amministrazioni, centrali e periferiche, non si fossero determinate o potessero determinarsi sovrapposizioni o conflitti di competenze tra i vari soggetti, sia fra i diversi Ministeri che fra questi e le Regioni. Il ministro Fazio ha escluso tale eventualità, richiamando i vari profili della nuova normativa per la cui attuazione il Ministero della salute sta procedendo di concerto con altri Dicasteri e precisando che vi è stata finora la pili ampia collaborazione da parte di tutti, in particolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attivamente impegnato su tale fronte. Analogamente, su altre tematiche il Ministero sta collaborando con le Regioni, attraverso la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, e anche in tal caso non si sono avuti problemi legati a conflitti o rivendicazioni di competenza, essendo tutte le amministrazioni tese a raggiungere il comune obiettivo della rapida applicazione della nuova disciplina.


2.7. Le politiche del governo: il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
A completamento del ciclo di audizioni conoscitive volte a fare il punto sul processo di attuazione della disciplina recata dalla legge n. 123 del 2007 e dal connesso decreto legislativo n. 81 del 2008, la Commissione d'inchiesta ha infine ascoltato, nelle sedute del 21 luglio e del 13 ottobre 2010, il ministro del lavoro e delle politiche sociali Maurizio Sacconi, il quale, nell'ambito di un proficuo rapporto di collaborazione ormai instauratosi con la Commissione, ha riferito in entrambe le occasioni sullo stato del processo di attuazione e sui prevedibili tempi di completamento, soffermandosi poi sulle politiche generali che il Governo intende attuare sul tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il Ministro ha ricordato come una parte significativa delle attività per l’attuazione delle disposizioni del Testo unico si svolge nell'ambito della Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 81 del 2008, composta in maniera paritaria e tripartita dai rappresentanti delle amministrazioni centrali competenti, delle Regioni e delle parti sociali e articolata in nove gruppi di lavoro. Nell'aggiornare le informazioni già fornite alla Commissione d'inchiesta nell'audizione del dottor Fantini sullo stato di elaborazione dei vari provvedimenti attuativi, nell'incontro del 21 luglio il Ministro si è soffermato in particolare sull'elaborazione delle indicazioni metodologiche per la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo n. 81 del 2010, segnalando che l’oggettiva complessità della materia ha imposto l’esigenza di ulteriori approfondimenti e lo spostamento del termine di emanazione del relativo decreto dal 1° agosto al 31 dicembre 2010, sia per le pubbliche amministrazioni che per le imprese private, ai sensi dell’articolo 8, comma 12, del decreto-legge n. 78 del 2010 (convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010).
La valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, prevista dagli articoli 28 e 29 del Testo unico, è uno degli aspetti più innovativi della nuova disciplina e anche uno dei più complessi da realizzare, per il quale non a caso si sono registrati alcuni dei maggiori problemi e ritardi. Al riguardo, secondo gli ultimi aggiornamenti forniti dal Ministro nell'audizione del 13 ottobre, il competente comitato della Commissione consultiva permanente sta lavorando per poter licenziare una bozza di documento condivisa tra Ministero del lavoro e Regioni entro il mese di ottobre, ai fini della possibile approvazione da parte della Commissione consultiva nel mese successivo. L’auspicio è quindi che il tempo aggiuntivo concesso dal legislatore possa consentire l’emanazione delle relative indicazioni metodologiche entro la fine dell’anno, anche per dare la possibilità alle amministrazioni pubbliche e ai datori di lavoro privati di effettuare i necessari adeguamenti organizzativi.
Altri documenti in fase avanzata di stesura sono le bozze di accordo in Conferenza Stato-Regioni sui contenuti e le modalità della formazione del datore di lavoro che intenda svolgere «in proprio» i compiti del Servizio di prevenzione e protezione e dei contenuti e delle modalità della formazione dei dirigenti, preposti e lavoratori (articolo 37 del Testo unico). Si prevede di addivenire rapidamente al testo definitivo, una volta verificata la coerenza con le linee guida sulla formazione professionale definite a livello nazionale tra Governo, Regioni e parti sociali il 17 febbraio 2010. Come già indicato in precedenza, il Ministro ha poi confermato i tempi brevi previsti per l’adozione del decreto interministeriale per la costituzione del già citato Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), che unificherà le informazioni sugli infortuni e sulle malattie professionali, anche ai fini delle attività di prevenzione e controllo.
Altri aggiornamenti, oltre a quelli già indicati nelle pagine precedenti, hanno riguardato la prosecuzione dei confronti, formali e informali, su alcuni dei decreti (ex articolo 3 del Testo unico) diretti a identificare le «peculiari esigenze» di determinati settori e attività, ai quali il Ministero del lavoro partecipa ai fini del necessario concerto. Tra questi sono in corso di predisposizione il decreto per la regolamentazione della disciplina di salute e sicurezza per alcune categorie di volontari (ad es., quelli della protezione civile o della Croce rossa), per il quale si prevede una rapida approvazione, e il decreto interministeriale dedicato alla segnaletica stradale per i cantieri in presenza di traffico veicolare, per il quale si è deciso di costituire un apposito gruppo tecnico per predisporre un primo testo.
Sono state poi completate le attività preparatorie del decreto per l’individuazione delle modalità per la effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro e dei criteri per l’abilitazione dei soggetti pubblici o privati legittimati a realizzare tali verifiche (articolo 71, comma 13, del decreto legislativo n. 81 del 2008). Il testo verrà sottoposto a breve alla Conferenza Stato-Regioni. È stata altresì predisposta la bozza di decreto relativo alle autorizzazioni per i lavori sotto tensione, ex articolo 82, comma 2, del Testo unico. Infine, il Ministro ha riferito dei progressi delle riunioni preparatorie per una importante campagna nazionale per la prevenzione in edilizia, da realizzarsi con coinvolgimento delle parti sociali, del Ministero della salute, delle Regioni e dei vari organi di controllo.
Nella riunione del 21 luglio, il ministro Sacconi ha richiamato anche il trasferimento all'interno dell’INAIL delle funzioni svolte finora dall'IPSEMA (Istituto di previdenza per il settore marittimo) e dall'ISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) e la contestuale soppressione di tali enti, come disposto dall'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010. Tale riforma è stata oggetto di grande attenzione, anche sui mezzi di comunicazione, in quanto va ad incidere su aspetti fondamentali dell’organizzazione del sistema della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro delineato dal Testo unico. Da più parti, si è espresso il timore che questa riorganizzazione potesse rendere più difficile o addirittura compromettere il corretto espletamento delle funzioni da trasferire, soprattutto nel caso dell’ISPESL, mentre minori problemi dovrebbero venire dalla soppressione dell’IPSEMA.
Questo è infatti un ente previdenziale e assicurativo e, per quest'ultima parte, svolge un'attività del tutto analoga a quella dell’INAIL, sia pure con riferimento allo specifico settore marittimo; del resto, i rapporti di collaborazione tra i due istituti sono sempre stati elevati, malgrado alcune difficoltà e sovrapposizioni. La Commissione aveva avuto modo di verificare direttamente tali profili già prima dell’emanazione del decreto-legge n. 78 del 2010, mediante apposite audizioni con i vertici dell’IPSEMA e dell’INAIL (rispettivamente il 19 gennaio e il 12 febbraio 2010), nell'ambito degli approfondimenti dell’inchiesta sui problemi della sicurezza nel settore marittimo e portuale (si veda il relativo paragrafo 3.4). Proprio in quella sede, la Commissione aveva suggerito un più stretto coordinamento tra i due enti, soprattutto per quanto concerne lo svolgimento delle attività di prevenzione e di formazione/informazione ai lavoratori, suggerimento che i rispettivi vertici avevano pienamente condiviso. Indipendentemente da altre valutazioni, l’accorpamento dell’IPSEMA all'interno dell’INAIL può dunque costituire l’occasione per superare finalmente tali problemi, tenendo anche conto della sostanziale omogeneità di funzioni assicurative tra i due istituti e dei vantaggi che potranno derivare da tale sinergia.
Più complesso è certamente il trasferimento di funzioni dall'ISPESL all'INAIL, sul qual non a caso si è a lungo soffermato il Ministro del lavoro nel corso dell’audizione del 21 luglio. L’ISPESL è infatti un ente di ricerca, che si pone, a norma dell’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 419 del 1999, quale «centro di riferimento nazionale di informazione, documentazione, ricerca, sperimentazione, controllo e formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza e benessere nei luoghi di lavoro». In quanto tale, esso collabora in vari progetti di prevenzione e vigilanza con numerosi enti istituzionali, centrali e periferici, nonché con varie organizzazioni sindacali e datoriali, ed è altresì referente nazionale delle istituzioni comunitarie, in particolare dell’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro, per tutti i progetti in tale settore, per i quali riceve importanti finanziamenti.
Viceversa, l’INAIL è un ente con finalità precipuamente assicurative, il che potrebbe comportare la necessità di adeguamenti anche importanti sul piano organizzativo e normativo. Tali considerazioni avevano suggerito la presentazione di un ordine del giorno, sottoscritto da gran parte dei componenti della Commissione d'inchiesta, nel quale, senza entrare nel merito delle concrete scelte organizzative, si chiedeva comunque al Governo di garantire, nel nuovo assetto, la prosecuzione delle attività di ricerca finora affidate all'ISPESL, con la salvaguardia delle importanti professionalità esistenti e dei relativi finanziamenti nazionali ed esteri.6
Il ministro Sacconi ha condiviso lo spirito di tale iniziativa, assicurando la volontà del Governo di procedere in tale direzione, in un'ottica di rafforzamento e di integrazione delle funzioni, soprattutto di carattere prevenzionale, esperite dai vari enti che si occupano di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Nella successiva audizione del 13 ottobre 2010, egli ha confermato il positivo avanzamento del processo di unificazione, che dovrebbe essere completato in tempi brevi, consentendo anche all’Italia, al pari di altri Paesi, di disporre finalmente di un unico ente «esperto» in materia di salute e sicurezza del lavoro.
Nelle intenzioni del Governo, però, la messa in opera di un'efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento - mediante la normazione di rango secondario - del quadro giuridico di riferimento, quanto anche mediante varie azioni volte a migliorare la prevenzione e la tutela del lavoro, attraverso una serie di accordi e sinergie con soggetti pubblici e privati. In particolare sono stati richiamati i fondi, distribuiti nel triennio 2008-2010, di cui all'articolo 11 del Testo unico, destinati alle attività promozionali e dei quali si è già parlato diffusamente nel paragrafo 2.3: campagne di comunicazione, progetti di formazione su base regionale, insegnamento della salute e sicurezza sul lavoro nei programmi scolastici ed universitari, rinnovo delle attrezzature da lavoro e adozione di modelli organizzativi e gestionali della sicurezza nelle piccole e medie imprese.
Per il futuro il Governo intende impartire linee guida uniformi sul territorio nazionale per le attività di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, attraverso l’azione della Commissione consultiva permanente e del Comitato di valutazione, di cui rispettivamente all'articolo 6 e all'articolo 5 del decreto legislativo n. 81. Un altro capitolo fondamentale d'intervento sarà la razionalizzazione degli interventi ispettivi sul territorio, indirizzandoli in modo mirato e intensificando la cooperazione ed il raccordo tra i vari soggetti, soprattutto potenziando e monitorando l’opera dei comitati regionali di coordinamento previsti dall'articolo 7 del Testo unico.
Un contributo importante in questo delicato settore potrà certamente venire da nuove forme di collaborazione in via di attivazione con l’Arma dei Carabinieri e con la Guardia di Finanza, soprattutto per la lotta al lavoro sommerso e irregolare, a cominciare dalle Regioni del Mezzogiorno a rischio della criminalità organizzata e dai settori produttivi più esposti (edilizia e agricoltura).7 Al riguardo, la Commissione ha suggerito di coinvolgere per quanto possibile in questo tipo di controlli anche la polizia municipale, che ha una presenza molto diffusa sul territorio ed è composta in gran parte di agenti di pubblica sicurezza dotati dei necessari mezzi di supporto.
Come già accennato, si vuole poi costruire un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, ai sensi dell’articolo 27 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che tenga conto dell’esperienza o delle competenze e conoscenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro, acquisite attraverso percorsi formativi mirati, anche come requisito per accedere a finanziamenti pubblici, istituendo una sorta di «patente a punti» per imprese e professionisti, a partire dal settore edile e dagli appalti.
Il Ministro del lavoro si è poi soffermato a lungo sulle linee guida e sui risultati dell’attività ispettiva svolta dai servizi del Ministero. La scelta operata dal Governo è stata quella di individuare priorità precise, concentrando i controlli su determinati settori e attività e distinguendo tra violazioni sostanziali e formali. L’obiettivo è quello di ottimizzare l’utilizzo delle forze ispettive, di per se limitate, senza ridurre l’efficacia dell’azione di vigilanza, ma anzi elevandone la qualità. Un mezzo importante sarà il potenziamento dell’attività di intelligence, attraverso l’incrocio delle banche dati esistenti (ad esempio è già in corso una specifica collaborazione tra INPS ed Agenzia delle entrate) e l’opera di corpi specializzati quali la Guardia di Finanza.
In merito ai dati dell’attività ispettiva, nel 2009 le ipotesi di reato in materia di sicurezza sul lavoro rilevate sono state 23.218, a fronte delle 14.815 del 2008 (+56 per cento); ottimi risultati sono stati raggiunti anche in relazione al lavoro nero (40.108 maxi-sanzioni nel 2009 a fronte di 24.781 violazioni riscontrate nel 2008; +61 per cento); e alle violazioni in materia di appalti e somministrazione: 6.649 ipotesi di reato rilevate nel 2009 contro le 1.782 del 2008 (+273 per cento). Inoltre, nel corso dello stesso anno, sono stati adottati, nel solo settore dell’edilizia, 1.771 provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale.
Delle violazioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, oltre la meta di quelle riscontrate dagli ispettori del lavoro sono legate al rischio di «caduta dall'alto» e il 15 per cento al rischio di «seppellimento e investimento». Il personale ispettivo in forza al Ministero è costituito complessivamente da 3.859 unita, di cui 370 ispettori tecnici, 3.479 ispettori amministrativi e 380 Carabinieri. Peraltro, tra questi, un centinaio di nuovi ispettori sono stati assunti recentemente con l’ultimo concorso.
Secondo il Ministro, tali dati smentiscono le critiche rivolte al Governo di aver voluto ridurre i controlli alle imprese in considerazione delle difficoltà legate alla crisi economica, dimostrando invece un rafforzamento dell’attività ispettiva. In ogni caso, si è intesa confermare la volontà del Governo di dare piena attuazione al decreto legislativo n. 81 del 2008, completando il quadro normativo e accompagnandolo con politiche e azioni ad hoc, che intervengano sui singoli settori e attività, ciascuno dei quali ha una dinamica particolare, della quale occorre tenere conto.
Nella seduta del 13 ottobre 2010, il Ministro si è soffermato sul problema della sicurezza del lavoro nelle attività lavorative che avvengono in ambienti confinati, spesso teatro di tragici incidenti, come quello avvenuto recentemente presso la DSM di Capua, costato la vita a tre operai. Proprio al fine di prevenire il ripetersi di tali drammi, il ministro Sacconi ha preannunciato una serie di misure volte a rafforzare la formazione delle imprese affidatarie dei lavori e dei loro dipendenti e la corresponsabilizzazione dell’impresa committente. Di tale argomento si parlerà diffusamente nel paragrafo 3.9.
Nella stessa seduta il rappresentante del Governo ha analizzato il problema della sicurezza del lavoro nel settore degli appalti, con riferimento ai possibili effetti negativi del ricorso al criterio del massimo ribasso, più volte segnalati dalla Commissione d'inchiesta anche nella precedente relazione intermedia. In molti appalti pubblici e privati, infatti, alcune ditte appaltatrici e subappaltatrici (spesso imprese di piccole o piccolissime dimensioni) finiscono per praticare, nell'intento di vincere le gare, ribassi d'asta assolutamente eccessivi e fuori mercato. Il rischio è che in tali casi i risparmi si traducano nel taglio delle spese per la sicurezza (dotazioni, procedure, controlli) e in una drastica riduzione delle garanzie per i lavoratori. Si tratta di situazioni purtroppo non infrequenti, com'e stato spesso segnalato alla Commissione nel corso dei numerosi sopralluoghi sul territorio. Per tale ragione, nella risoluzione approvata il 21 ottobre 2009 dall'Assemblea del Senato ad esito del dibattito sulla prima relazione intermedia sull'attività della Commissione, vi era un esplicito impegno al Governo per disporre l’abolizione o quanto meno l’attenuazione del ricorso al massimo ribasso quale criterio per l’aggiudicazione di appalti e subappalti.
Sul punto, ferma restando la specifica competenza del Ministero delle infrastrutture, il ministro Sacconi ha sottolineato che non si tratta tanto di un problema normativo, in quanto esistono già norme specifiche, sia nel settore pubblico che in quello privato, che garantiscono l’incomprimibilità dei costi per la sicurezza nelle offerte di gara, che non possono essere soggetti a ribasso. È quindi piuttosto un problema di controlli e di responsabilizzazione dei committenti, che dovrebbero verificare l’effettivo rispetto delle norme. Al riguardo, il Ministero intende emanare una circolare ad hoc tesa a rafforzare i controlli e l’osservanza delle disposizioni. Si tratta comunque di una questione assai complessa e tuttora aperta, che sarà ripresa in dettaglio nel successivo paragrafo 5.1, al quale pertanto si rinvia.
Come rilevato in premessa, l’ampio quadro conoscitivo acquisito dalla Commissione nella sua inchiesta e che si è appena delineato, dimostra il concreto impegno dei vari enti istituzionali, centrali e periferici, nonché delle parti sociali, per completare l’attuazione della nuova disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Resta però il fatto che, ad oltre due anni dall'adozione del Testo unico, questa materia non ha ancora trovato un assetto definitivo in tutti i suoi aspetti, il che rappresenta un elemento di criticità del sistema, soprattutto per le incertezze che la fase di transizione può determinare fra gli stessi soggetti sociali ed istituzionali, chiamati a misurarsi con norme e procedure non ancora compiutamente definite.
La Commissione ha ormai avviato su questi temi un importante rapporto di interlocuzione e di collaborazione con il Governo e con gli altri soggetti istituzionali. Nell'ambito delle competenze ad essa affidate dal suo mandato istitutivo, essa intende quindi continuare a monitorare l’andamento del processo, contribuendo, per quanto possibile, ad individuare percorsi semplificati per una rapida adozione dei rimanenti atti di regolamentazione e strumenti capaci di garantire un'interpretazione delle norme chiara ed uniforme su tutto il territorio nazionale. Accanto a questo aspetto, appare inoltre importante cercare di semplificare i vari adempimenti amministrativi per le imprese, anche realizzando strumenti informativi ad hoc di facile consultazione e reperibile (vademecum, siti Internet ed altro).


2.8. Il quadro statistico degli infortuni e delle malattie professionali
Secondo gli ultimi dati ufficiali dell’INAIL presentati nel luglio 2010, nel 2009 si sono registrati 790.000 infortuni sul lavoro, di cui 1.050 mortali, in calo rispettivamente del 9,7 per cento e del 6,3 per cento rispetto al 2008. Si conferma quindi il trend positivo degli ultimi anni, con una progressiva riduzione del numero degli incidenti: quello del 2009 è un dato ancora più importante, ove si consideri che era dal 1993 che non si registrava un calo infortunistico di tale livello. Altrettanto importante è il fatto che la flessione abbia riguardato soprattutto gli infortuni avvenuti nell'effettivo esercizio dell’attività lavorativa, che sono scesi da 775.927 a 696.863 (-10,2 per cento), mentre quelli in itinere sono passati da 99.217 a 93.137 (-6,1 per cento). Per quanto riguarda i casi mortali, la riduzione è stata, in proporzione, più contenuta: quelli in occasione di lavoro sono passati dagli 829 del 2008 ai 767 del 2009 (-7,5 per cento), mentre i decessi in itinere sono scesi da 291 a 283 (-2,7 per cento). Sempre nell'ambito degli infortuni mortali in occasione di lavoro, di particolare importanza è il numero di quelli occorsi sulla strada a lavoratori che operano in questo specifico ambito (autotrasportatori di merci o di persone, rappresentanti di commercio, addetti alla manutenzione stradale, ecc.), scesi comunque dai 338 casi del 2008 ai 303 del 2009 (-10,4 per cento).
Naturalmente, anche se la tendenza alla riduzione degli infortuni sembra ormai consolidata, i numeri assoluti restano allarmanti, sia per quanto riguarda gli incidenti in generale che per quelli mortali in particolare. D'altra parte, lo stesso INAIL avverte che il consistente calo registrato nel 2009 è da correlare in parte anche agli effetti della grave crisi economica che ha colpito il Paese in tale anno, con pesanti ricadute sul piano produttivo e occupazionale. Complessivamente, a fronte di un calo del numero di occupati pari all'1,6 per cento (dati ISTAT), si stima intorno al 3 per cento la quantità di lavoro (e quindi di esposizione al rischio di infortunio) perduta, a vario titolo, a causa della crisi, con una forte variabilità al livello territoriale, settoriale e di dimensione aziendale. Su queste basi, la riduzione reale, misurata in termini di incidenza al netto della componente «perdita di lavoro», si attesterebbe al 7 per cento per gli infortuni in generale e al 3,4 per cento per quelli mortali.
Si tratta di valori in linea con il trend storico degli ultimi anni: nel periodo 2002-2009, infatti, gli infortuni sono scesi del 20,4 per cento a livello complessivo e del 29 per cento per quanto riguarda i decessi. Sembra quindi potersi affermare che l’effetto della crisi sulla riduzione degli infortuni, pur essendovi certamente stato, ha però influito solo in parte. La maggior parte del calo degli incidenti è dovuta all'effettivo miglioramento delle condizioni di sicurezza dei lavoratori, dimostrando così la possibilità di incidere concretamente sul fenomeno infortunistico, attraverso politiche adeguate e l’impegno costante di istituzioni e parti sociali. Al tempo stesso, occorre non sottovalutare il fatto che l’andamento degli incidenti assume caratteri differenti per le varie tipologie di lavoratori, di settori produttivi e di territori, postulando quindi la necessità di interventi mirati sulle specifiche situazioni.
Ad esempio, l’analisi dell’andamento infortunistico del 2009 condotta in ottica di genere evidenzia come la flessione degli incidenti non sia stata uniforme, ma molto più accentuata per gli uomini (-12,6 per cento) rispetto alle donne (-2,5 per cento). Viceversa, per i casi mortali, si è registrata una riduzione del 14 per cento per la componente femminile (74 lavoratrici decedute rispetto alle 86 del 2008), a fronte del 5,6 per cento relativo agli uomini (dai 1.034 morti del 2008 ai 976 del 2009). Occorre segnalare, tuttavia, che per le donne il 60 per cento delle morti si è verificato in itinere.
Com'è logico aspettarsi, dal punto di vista settoriale e territoriale la significativa riduzione degli infortuni verificatasi nel 2009 dall'INAIL risente direttamente degli effetti della crisi economica, in quanto sono risultati maggiormente penalizzati i settori industriali e, di conseguenza, le aree geografiche del Nord Italia a più alta densità occupazionale e produttiva in tale ambito. A livello settoriale, infatti, l’industria ha registrato una flessione molto maggiore (-18,8 per cento) rispetto a quella dei servizi (3,4 per cento) o dell’agricoltura (-1,4 per cento). Il calo più significativo è avvenuto nel comparto manifatturiero (-24,1 per cento) più di altri colpito dalla crisi economica - con una riduzione degli occupati rilevata dall'ISTAT pari al 4,3 per cento, nettamente superiore a quello medio generale (-1,6 per cento) - e delle costruzioni (-16,2 per cento). Per quanto riguarda i servizi, apprezzabili riduzioni si registrano nei trasporti (-12,5 per cento) e nel commercio (-9,1 per cento). Per i casi mortali nel 2009 si è avuta una riduzione sensibile nell'industria (-7,9 per cento) e nei servizi (-6 per cento), mentre in agricoltura si registra una sostanziale stabilita. Nelle costruzioni, settore che da sempre è al centro dell’attenzione dal punto di vista infortunistico, la riduzione delle morti sul lavoro e stata molto contenuta (-1,4 per cento). Infine, occorre segnalare anche la diminuzione del 16,7 per cento dei decessi nei trasporti.
L’analisi territoriale rivela che la riduzione degli infortuni (-9,7 per cento a livello nazionale) ha riguardato tutte le grandi aree geografiche del Paese, ma in particolar modo il Nord, che ha fatto registrare una riduzione dell’11,2 per cento (precisamente -9,3 per cento nel Nord-Ovest e -12,3 per cento nel Nord-Est), a fronte del -8,2 per cento del Centro e del -6,8 per cento del Mezzogiorno. Anche per le morti sul lavoro il calo più accentuato si è registrato nel Nord-Est (62 decessi in meno, pari al -21,9 per cento) e nel Nord-Ovest (-6,2 per cento). In controtendenza, invece, il Centro che registra un aumento del 7,9 per cento degli eventi mortali dovuto principalmente ad un incremento dei decessi nel Lazio.
Un altro dato molto importante riguarda i lavoratori stranieri, che, per la prima volta, hanno visto scendere i loro infortuni, dagli oltre 143.000 casi del 2008 ai 119.000 del 2009 (-17 per cento). Anche qui la flessione ha riguardato prevalentemente la componente maschile (-20,3 per cento), rispetto a quella femminile (-4,9 per cento). I casi mortali sono diminuiti di 39 unita passando da 189 a 150 (-20,6 per cento).
Il calo si è verificato maggiormente nell'industria, in particolare nei settori del manifatturiero notoriamente ad alta presenza di lavoratori stranieri, nei quali - come già detto - la crisi produttiva e occupazionale è stata più acuta.
Rumeni, marocchini e albanesi sono, nell'ordine, le comunità che ogni anno denunciano il maggior numero di incidenti, totalizzandone ben il 40 per cento. Se si considerano poi i casi mortali, la percentuale supera il 50 per cento: in altri termini un deceduto di origine straniera su due, in Italia, proviene da una delle tre comunità.
Un discorso a parte occorre fare per quanto riguarda le malattie professionali, per le quali il 2009 è stato un anno record. Le denunce complessive sono state 34.646: il valore più alto degli ultimi 15 anni, per un aumento del 15,7 per cento rispetto ai 30.000 casi del 2008 e di circa il 30 per cento in 5 anni (8.000 denunce in più rispetto alle quasi 27.000 del 2005).
A livello settoriale, l’agricoltura è il comparto più interessato: le segnalazioni pervenute all'INAIL sono più che raddoppiate in un solo anno (da 1.834 del 2008 a 3.914 del 2009, +113,4 per cento) e triplicate nell'ultimo quinquennio. In confronto, nel 2009 nel comparto industria e servizi si è avuta una crescita delle denunce del 9,4 per cento rispetto al 2008 e del 20,7 per cento rispetto al 2005, mentre nel settore pubblico (dipendenti conto Stato) l’aumento è stato, rispettivamente, del 6 per cento e del 14,9 per cento.
Le malattie dell’apparato muscolo-scheletrico (tendiniti, affezioni dei dischi intervertebrali, sindrome del tunnel carpale, ecc.) dovute a sovraccarico biomeccanico sono cresciute in modo esponenziale: con quasi 18.000 casi denunciati - +36 per cento rispetto al 2008 e il doppio rispetto al 2005, quando erano poco meno di 9.000 - si sono rivelate la forma più frequente di tecnopatia.
Secondo l’INAIL, piuttosto che a un peggioramento delle condizioni di salubrità negli ambienti di lavoro, questa impennata è dovuta a serie di fattori che, da alcuni anni ormai, stanno contribuendo all'emersione di quelle che gli esperti definiscono «malattie nascoste» o «perdute» (cioè non denunciate). Come già accennato e come si dirà meglio più avanti, infatti, il fenomeno delle malattie professionali è da tempo sottostimato, in parte per la insufficiente cultura di molti lavoratori, non sempre al corrente dei propri diritti, in parte per le carenze del sistema di rilevazione, che non riesce a produrre un congruo numero di referti o segnalazioni, per la mancanza di personale o anche per la preparazione inadeguata dello stesso.
L’aumento delle denunce deriva quindi sicuramente da una maggiore consapevolezza dei lavoratori e degli operatori preposti rispetto al problema delle malattie professionali, maturata negli anni grazie all'impegno delle istituzioni e delle parti sociali. A tutto Ciò si aggiunge l’entrata a regime delle nuove tabelle, in base al decreto ministeriale del 9 aprile 2008, che ha incluso come «tabellate» - cioè riconosciute direttamente - alcune malattie che prima non lo erano (a esempio quelle da sovraccarico biomeccanico e da vibrazioni meccaniche), le cui denunce sono infatti considerevolmente aumentate. Inoltre, per effetto del ridisegno delle tabelle, elencate ora per specifica patologia anziché per agente patogeno, sono salite anche le denunce «plurime» (più tipi di malattia denunciati contemporaneamente dalla stessa persona) che, nel 2009, sono state pari al 20 per cento del 2009.
Infine, nel raffronto con l’Europa, sulla base dei tassi d'incidenza standardizzati Eurostat l’Italia registra per il 2007 (ultimo anno reso disponibile da EUROSTAT) un indice infortunistico pari a 2.674 infortuni per 100.000 occupati: più favorevole, dunque, rispetto a quello medio riscontrato nelle due aree dell’Unione europea (3.279 per l’area euro e 2.859 per l’Unione europea a 15). Nelle statistiche armonizzate l’Italia risulta in posizione migliore rispetto a Paesi come Spagna (4.691), Francia (3.975) e Germania (3.125).
Per quanto riguarda gli infortuni mortali, nel 2007 si è registrata per l’intera UE, rispetto all'anno precedente, una diminuzione dei tassi d'incidenza da 2,4 a 2,1 decessi (sempre per 100.000 occupati), anche se tale valore è ancora provvisorio, poiché alcuni Paesi non hanno comunicato a EUROSTAT i dati riguardanti l’anno 2007. Anche l’indice dell’Italia ha registrato nel 2007 un calo da 2,9 a 2,5 decessi per 100.000 occupati, mantenendosi ancora al di sopra del valore medio UE.
Le statistiche dell’INAIL sono divenute negli anni sempre più accurate e precise: tuttavia, come già segnalato nella precedente relazione sull'attività svolta, esistono alcuni limiti oggettivi, legati al fatto di registrare solo i casi di infortunio e malattia riguardanti i lavoratori iscritti all'assicurazione obbligatoria e da questi denunciati. Restano fuori, quindi, i casi non denunciati perché coinvolgono lavoratori non iscritti (essenzialmente quelli autonomi) o addirittura irregolari, ovvero i casi che, per altri motivi, non rientrano nella definizione di incidente o malattia ai fini assicurativi.
Un contributo a migliorare la situazione dovrebbe venire, nelle attese di molti operatori e dello stesso INAIL, dalla messa a regime del più volte richiamato Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), previsto dall'articolo 8 del Testo unico. L’integrazione delle varie banche dati in materia di infortuni e malattie sul lavoro, sia a fini statistici che di coordinamento delle azioni di prevenzione e di vigilanza, infatti, si presenta come un passo essenziale anche per una corretta valutazione delle dimensioni e delle caratteristiche del fenomeno, che è alla base della scelta delle politiche più appropriate.
Anche quando il SINP fosse a regime, però, resterebbe il problema di come censire i casi di infortuni e malattia che colpiscono i lavoratori non iscritti all'INAIL o, nel settore marittimo, all'ex IPSEMA (ora peraltro assorbito dallo stesso INAIL): si tratta dei lavoratori autonomi (il cosiddetto «popolo delle partite IVA») o dei lavoratori che, per vari motivi, hanno un rapporto di consulenza con un'azienda. Il problema è stato segnalato più volte alla Commissione, recentemente nel anche dai rappresentanti della Consulta interassociativa italiana per la prevenzione (CIIP), auditi il 28 aprile 2010.
In quell'occasione, i rappresentanti della Consulta hanno quantificato in cinque milioni di lavoratori quelli interessati da tale problema, proponendo, come possibile soluzione, di prevedere l’estensione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni anche per loro, sul modello di quanto previsto ad esempio per le casalinghe, mediante tariffe specifiche, uniformi su tutto il territorio nazionale. Questo tra l’altro avrebbe il vantaggio di avvenire a condizioni calmierate, perché l’assicurazione sarebbe obbligatoria a livello collettivo e nazionale, non semplicemente individuale.
La CIIP ha poi richiamato il problema di circa 3 milioni di lavoratori sommersi, non solo in nero o irregolari, che sfuggono anch'essi. I dati INAIL sono inoltre incompleti anche a causa dei cosiddetti infortuni in franchigia, cioè quelli al di sotto di un certo numero di giorni (tre oltre quello dell’infortunio), che in parte non sono censiti perché c’è chi li comunica e chi non lo fa.
Si tratta, evidentemente, di temi complessi, che richiedono adeguati approfondimenti e modifiche normative. Tuttavia è innegabile che tali problemi esistano e che debbano essere prima o poi affrontati in modo organico, sia per garantire anche a questi lavoratori una adeguata forma di tutela, al pari di tutti gli altri, sia per migliorare le condizioni generali di efficienza del sistema.