4. L’ATTIVITÀ DEI GRUPPI DI LAVORO

Come già accennato, la Commissione, al fine di approfondire in maniera più puntuale specifici temi della propria inchiesta, ha costituito una serie di gruppi di lavoro, ciascuno dedicato ad un particolare argomento. Dell’attività di tali gruppi e delle proposte per il prosieguo dei lavori si da conto nelle pagine che seguono.


4.1. Gruppo di lavoro sulla prevenzione e formazione (a cura della senatrice Patrizia Bugnano)
La formazione abbraccia vari ambiti e sviluppa diverse conoscenze, abilita e competenze che vanno dalla classica tassonomia di Bloom del sapere, saper fare, saper essere ad interpretazioni dottrinali più moderne come il saper diventare, il saper comprendere. La formazione è un'arte complessa che prevede l’interazione continua di due attori quali il formatore e i discenti che sono i lavoratori, i datori di lavoro, i preposti nel caso specifico di interesse del gruppo di lavoro «prevenzione e formazione» della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche». I lavoratori, i datori di lavoro, i preposti non recepiscono passivamente le indicazioni, le segnalazioni, le direttive e gli insegnamenti, ma sono attori che interagiscono continuamente con il loro formatore e che, a loro volta, dovranno diventare o esempi per gli altri o formatori loro stessi.
La formazione è continua, life-long learning, perché rappresenta uno scambio continuo di conoscenze, di competenze, di abilita, di tecniche, di stili, di gesti, di simboli. La formazione volta alla prevenzione contro gli infortuni sul lavoro rappresenta un modo di lavorare, di vivere e di comunicare la sicurezza e in sicurezza. Significa introiettare una serie di atteggiamenti sicuri che costituiranno un comportamento sicuro, un modus vivendi appreso non in modo coercitivo, ma in modo emotivamente appagante. La formazione per la sicurezza dei lavoratori mette al centro la persona nel pieno rispetto della sua soggettività, della sua personalità, della sua professionalità in modo tale che alla fine la sicurezza «si impersoni» nei lavoratori, nei datori di lavoro, nei preposti.
La normativa in materia di formazione ha vissuto evoluzioni, perché si è passati dal decreto legislativo n. 277 del 1991 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici al decreto legislativo n. 626 del 1994 sulla formazione degli addetti al primo soccorso e al servizio antincendio fino al decreto legislativo n. 81 del 2008 sulla formazione e l’informazione dei lavoratori e degli addetti alla sicurezza sul lavoro. Queste evoluzioni normative hanno permesso di trasformare la formazione da obbligo, dovere educativo per rendere edotti i lavoratori circa la concezione di sicurezza sul lavoro basata sulla fissazione degli obiettivi di apprendimento, l’individuazione delle modalità di acquisizione del bagaglio formativo e la misurazione del livello di apprendimento.
La formazione, a differenza di qualche anno fa, quando veniva considerata è percepita come una perdita di tempo, è oggi un investimento soggettivo e professionale che si ripercuote sulla sicurezza propria e su quella degli altri. Si parte da un'assunzione di responsabilità soggettive alla condivisione di buone pratiche da parte di tutti. Si stimola un meccanismo di dissonanza cognitiva alla Festinger tra vecchi comportamenti poco sicuri e nuovi comportamenti sicuri che mettono in discussione i precedenti fino a sostituirli. La conoscenza teorica informa, ma non forma in modo da generare un cambiamento. Deve emergere pertanto un processo di cambiamento degli atteggiamenti individuali che diventano virtuosi e che possono costituire un esempio per gli altri. Il cambiamento diventa a questo punto organizzativo, perché coinvolge un'intera comunità di lavoratori.
Il lavoro del gruppo «prevenzione e formazione» della Commissione ha come obiettivo quello di intercettare il cambiamento e di adeguare la normativa ad esso. La normativa non può e non deve essere lontana dalle esigenze formative, informative e sicurtarie dei lavoratori, dei preposti e dei datori di lavoro. La normativa deve essere «vivificata», interpretata e impersonata dai lavoratori, dai preposti e dai datori di lavoro.
Intendo qui citare tre casi di audizioni svoltesi rispettivamente a novembre 2009 e a luglio 2010, nelle quali sono emerse chiaramente le esigenze formative dei lavoratori, dei preposti e dei datori di lavoro.
L’audizione con l’ANMIL (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) il 25 novembre 2009 ha messo in rilievo l’importanza della formazione come strumento per la tutela psico-fisica dei lavoratori, dei preposti e dei datori di lavoro. Una delle persone audite ha raccontato come sia importante la formazione per salvaguardare la propria identità: ha spiegato, infatti, che soprattutto una donna infortunata è costretta a percepirsi in un altro modo, a vivere senza una parte di se stessa, a convivere con una diversità forzata, a mutare la propria identità in funzione di un cambiamento non voluto ed inevitabile. A questo problema ha aggiunto la difficoltà di continuare a vivere come era solita fare prima dell’infortunio e di trovare un lavoro appagante.
La seconda audizione che intendo trattare in questa sede è quella svoltasi il 6 luglio 2010 con il professor Luigi Pati, ordinario di pedagogia sociale all'Università cattolica del Sacro Cuore di Brescia, nonché coordinatore del gruppo di studio e ricerca sulla formazione alla sicurezza sul lavoro e direttore del Centro studi pedagogici sulla vita matrimoniale e familiare (Ce.S.Pe.F.), e la dottoressa Paola Zini, ricercatrice del Centro studi pedagogici sulla vita matrimoniale e familiare. Si sono volute sviluppare due riflessioni: la prima sull'interesse della pedagogia per la sicurezza sul lavoro e la seconda sull'individuazione delle caratteristiche che favoriscono la formazione alla sicurezza sul lavoro.
La prima riflessione è molto interessante, perché mette in luce che è impossibile parlare di educazione al lavoro senza educare alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Sono due concetti che vanno di pari passo. Un'analisi interessante è quella relativa al ruolo ormai «istituzionalizzato» del volontario. A quest'analisi desidero porre particolare attenzione innanzitutto perché il gruppo «prevenzione e formazione» e la Commissione tutta non hanno ancora affrontato il tema del volontario, poi perché il testo unico ha posto la questione della formazione non solo dei lavoratori, dei preposti e dei datori di lavoro, ma anche dei volontario. Il professor Pati dedica il suo ultimo libro Il rischio scelto ai volontari che scelgono deliberatamente di correre il rischio di aiutare gli altri. Diversamente da quanto si pensi, l’aiuto mette il volontario in un'ipotetica situazione di rischio. Il rischio è sicuramente diverso dal pericolo, come peraltro descritto nel testo unico, perché il primo è evitabile, mentre il secondo è una caratteristica intrinseca di un determinato fattore che può causare danni.
La formazione continua è fondamentale per arginare il rischio. L’aspetto da tenere ben presente è che la formazione deve essere «tarata» sul target in questione. Il problema dei costi è arginabile, attivando percorsi formativi in maniera consorziata, dal momento che spesso la realtà economica italiana è costituita da PMI che non hanno fondi necessari per finanziare un'adeguata formazione. Un altro elemento da non sottovalutare è l’esperienza del lavoratore sulla quale favorire processi di riflessività. L’esperienza deve divenire oggetto di riflessività, attivando un meccanismo di condivisione della cultura della sicurezza intesa come patrimonio collettivo. La formazione deve essere, come ricordato poc'anzi, calibrata in base all’età del lavoratore, alla sua esperienza, alla sua ricettività e in base al contesto di lavoro che non è mai neutro. La formazione è il momento conclusivo del processo formativo che parte dall'informazione all'addestramento fino alla formazione tout court. Quest'ultimo momento implica la condivisione di pratiche che diventano patrimonio collettivo. Si passa così dalla comunità di pratiche alla comunità di apprendimento. A queste pratiche sono legati indissolubilmente valori e simboli proprio in virtù del fatto che ogni ambiente di valore non è mai neutro. Ogni lavoratore con i suoi valori non è una monade, ma è un anello di una catena umana e valoriale. La formazione quindi non può essere calata dall'alto, ma deve essere rispondente alle persone, ai loro contesti e ai loro valori.
La formazione deve essere pensata e realizzata con le persone e per le persone, stimolando il loro empowerment, la loro autoconsapevolezza.
L’ultima audizione sulla quale desidero soffermarmi è quella del 20 luglio 2010 con il Comitato tecnico-scientifico dello STePS - Master universitario di I livello in «Scienza e tecniche della prevenzione e della sicurezza», Università Ca' Foscari di Venezia. Nell'audizione sono state presentate tre questioni: un progetto informativo e formativo realizzato per e con i bambini; l’attivazione del Master sulla formazione e sulla prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e la formazione nelle PMI.
Quanto al progetto per e con i bambini, si parte dalla considerazione che elementi fondamentali nell'applicazione delle misure di prevenzione sono l’assunzione di atteggiamenti e comportamenti corretti e l’utilizzo di un approccio alle situazioni (lavorative, scolastiche, sportive, stradali, ludiche) sicuro che si richiama appunto alla ormai tanto agognata «cultura della sicurezza».
Partendo dal concetto che per «agire in sicurezza» è necessario «pensare in sicurezza», risulta evidente che questi elementi debbano essere instillati fin dall'infanzia al fine di ottenere i risultati migliori.
Il modo nuovo di «fare sicurezza» deve necessariamente partire dai bambini ove sono presenti una grande capacità di assimilazione senza preconcetti, la voglia di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo, la possibilità di strutturare una mentalità corretta anche in questa materia. I bambini di oggi sono i futuri lavoratori, preposti, dirigenti, manager, imprenditori, politici del domani, cittadini tutti, che anche sugli aspetti della sicurezza e della salute, devono avere un atteggiamento condiviso ed un livello di attenzione al di sotto del quale non è consentito scendere. Si tratta quindi di creare una mentalità di base di natura diffusa sulla quale poi affinare studi, attività formative e professionali specifiche tarati sulle scelte di ognuno.
Con le basi ottenute tutte le attività di carattere specifico successivo (es. tutte le numerose attività di informazione, formazione ed addestramento previste dalle disposizioni legislative vigenti) potranno trovare un terreno fertile sul quale crescere e radicarsi senza particolari difficoltà, segnando un vero ed effettivo cambio di passo con la previsione di alzare sempre più l’asticella del livello delle necessarie misure di sicurezza da adottare in tutte le realtà lavorative. Per la realizzazione di un progetto di così grande rilievo ed impatto si dovrebbe prevedere il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche con misure sempre più strutturate e sempre meno occasionali e lasciate in genere alle iniziative di carattere personale.
Gli studiosi di scienze della prevenzione dell’Università Ca' Foscari hanno parlato di un progetto difficile, ma non impossibile che, comunque, dovrebbe essere preso nella massima considerazione per gli enormi vantaggi che potrà portare a livello umano, sociale ed economico in un tempo relativamente breve pari a dieci anni.
Gli studiosi di scienze della prevenzione dell’Università Ca' Foscari hanno presentato un libretto a fumetti dedicato ai bambini delle elementari e riguardante un argomento specifico quale il comportamento a scuola in caso d'incendio (allo stato attuale si tratta di una sperimentazione di quella che dovrebbe essere una collana chiamata «L’abc della sicurezza»). Lo stesso libretto viene poi accompagnato in aula da un audiovisivo e viene garantito inoltre un compendio per gli insegnanti. Trattasi del risultato di un'attività sperimentale effettuata su una classe di bambini come progetto pilota per tarare metodi e contenuti. Da un punto di vista comunicativo la metodologia adottata punta ad un forte aspetto grafico di tipo elementare (i disegni sono «fatti in casa»), colori forti su sfondi pastello ricavati da carta riciclata, buoni contrasti, frasi semplici che sottendono concetti fondamentali, linguaggio adatto ai bambini, scrittura in corsivo con carattere abbastanza grande, introduzione di alcune parole nuove per i bambini che siano di stimolo ed avanzamento nella conduzione dell’iniziativa.
Il tutto punta a due aspetti: la curiosità e la piacevolezza nello sfogliare le pagine. Il formato è simile ad un fumetto piuttosto che ad un libro di scuola. Non vi sono fotografie o disegni di bambini: come nei fumetti vi sono i personaggi che sono nella fattispecie orsetti. Si punta ad un aspetto rassicurante: gli orsi, la grafica, i colori ed i contenuti. Le frasi sono state studiate evitando parole quali «feriti», «bruciato», «morte», «abbandono» e qualsiasi vocabolo che possa generare inquietudine nel bambino. Viene trasmesso un messaggio chiaro, senza necessità di interpretazioni, atto ad infondere la convinzione che, se ci si comporta in modo corretto, non c’è nulla di cui preoccuparsi e che, quindi, è inutile spaventarsi. Il gradimento dimostrato durante l’attività ed in tutte le occasioni in cui si è distribuito il materiale ed illustrata l’iniziativa è stato altissimo, ma ogni intervento risulta poco significativo se non è accompagnato da atteggiamenti ed interventi di natura strutturale sulla materia.
Riguardo all'attivazione del Master universitario di I livello STePS in Scienza e Tecniche della Prevenzione e della Sicurezza dell’Università Ca' Foscari Venezia, realizzato in partnership con la Direzione Regionale INAIL del Veneto e con la collaborazione della Direzione Prevenzione della Regione Veneto e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, ho riscontrato che si tratta di una formazione di eccellenza necessaria per affrontare in modo adeguato la corretta applicazione del «Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro» (decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 e s.m.i.) in tutte le aziende pubbliche e private che gode del patrocinio della Regione Veneto e del Consiglio Nazionale dei Chimici.
Il Master si caratterizza per la sua originalità ed è unico nel suo genere nella Regione Veneto. Ciò che lo connota sono la specificità delle materie trattate, le modalità di intervento, la metodologia didattica, il percorso di integrazione fra discipline tecnico-scientifiche e conseguenti misure applicative nei settori della prevenzione e della sicurezza nei luoghi di lavoro. I contenuti, le modalità di accertamento della preparazione degli studenti ed i titoli accademici e professionali rilasciati (abilitazione per svolgere le funzioni di RSPP in tutti i luoghi di lavoro) rappresentano inoltre un'effettiva novità in questo particolare settore dove la formazione costituisce un elemento fondamentale di prevenzione.
Gli obiettivi e le finalità riguardano la diffusione della cultura della sicurezza tra gli studenti che intendono diventare professionisti del settore della sicurezza. Questi elementi si concretizzano nell'acquisizione delle necessarie competenze tecnico-scientifiche nel settore della sicurezza e della prevenzione e nella corretta gestione tecnica dell’impresa dal punto di vista ambientale. Le metodologie applicative necessarie alla progettazione, realizzazione ed implementazione di sistemi tecnici di gestione per la sicurezza sono un elemento fondamentale ed innovativo di caratterizzazione del Master. Rispetto ad altre iniziative risulta rafforzata la formazione di tipo più applicativo anche con il contributo di esperti del mondo professionale ed industriale. Le esercitazioni previste dal programma sono state effettuate anche con attività specifica presso i luoghi di lavoro, con interventi nel settore dell’agricoltura, della pesca (gli studenti hanno effettuato lezione a bordo di pescherecci), della metalmeccanica, delle costruzioni, dell’industria petrolchimica.
Queste attività pratiche e sperimentali sono state considerate, da parte degli studenti e del Collegio dei Docenti, fondamentali da un punto di vista dell’apprendimento, della conoscenza e dello studio dei «cicli di lavorazione». Le misure concrete che sono state affrontate, la conoscenza diretta ed applicata di macchine, impianti ed attrezzature, nonché l’analisi della conduzione delle attività rappresentano un elemento indispensabile e determinante nella formazione tecnico-scientifica di chi si occupa di questa materia. Le attività del Master sono sostenute economicamente e monitorate fattivamente dall'INAIL Direzione Regionale del Veneto. Quest'ultima condivide con il Master la necessità di elevare in modo sensibile la formazione specialistica in materia, al fine di permettere un'evoluzione ed una migliore permeazione verso tutti i settori produttivi e sociali della sempre più auspicata cultura della sicurezza.
Relativamente alle PMI, con particolare riguardo alle microimprese, durante l’audizione è emerso che la formazione dei datori di lavoro precede quella dei lavoratori, perché in questi contesti i datori di lavoro sono praticamente equiparati ai lavoratori, dal momento che vivono l’azienda insieme a loro quotidianamente.
Nelle piccole imprese e nelle microimprese l’elemento fondamentale per la realizzazione di un effettivo percorso di sicurezza prevede che il datore di lavoro comprenda appieno il valore sociale e d'impresa della prevenzione e che egli stesso diventi il volano di un meccanismo virtuoso che si concretizza anche con elementi di tipo comportamentale che dovranno essere trasferiti ai lavoratori, al fine di favorirne l’autotutela e la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. La conoscenza diretta del datore di lavoro delle norme che disciplinano la materia, l’acquisizione di una maggiore consapevolezza rispetto al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e l’effettiva comprensione del valore dell’impegno verso la sicurezza sono determinanti rispetto all'obiettivo prefissato.
Ancor prima della formazione diretta ai lavoratori, assume importanza in questi casi il coinvolgimento dei datori di lavoro che vivono quotidianamente le stesse problematiche dei propri collaboratori nelle fabbriche, nei cantieri, nei luoghi di lavoro. A tal proposito è necessario tenere conto dell’aspetto del coinvolgimento e del ruolo attivo che i datori di lavoro devono svolgere: l’essere più partecipi e responsabili nei confronti della propria e altrui salute e sicurezza da parte degli imprenditori può e deve costituire un fattore di trascinamento anche dei lavoratori. In questi casi la formazione deve essere modulare, ovvero in ogni modulo formativo si deve trattare un argomento specifico che deve essere esattamente collegato al modulo successivo.
Affinché la formazione sia davvero utile, è fondamentale che i lavoratori e i datori di lavoro acquisiscano empowerment, autoconsapevolezza, apprendano quali sono le regole di condotta, i ruoli, gli obblighi, apprendano a relazionarsi in modo sicuro, acquisiscano strumenti cognitivi per la salute propria e altrui, conoscano le procedure di sicurezza, comprendano le dinamiche dei near miss, ovvero degli incidenti che non hanno causato infortuni. La formazione a distanza non è molto efficace: si può definire in questo caso informazione, perché non ha un effetto formativo, ma conoscitivo e non riesce ad entrare nella fattispecie dei problemi che risultano l’elemento fondamentale di una corretta attività formativa.
Il Coordinamento tecnico-scientifico del Master propone aspetti premianti e di valorizzazione dell’impresa. Premesso che il deterrente sanzionatorio è già espresso per i mancati assolvimenti degli obblighi di legge, risulterebbe necessario studiare aspetti effettivamente premianti per imprese che godono di scarsa visibilità per le loro dimensioni. Ad esempio, potrebbero essere attuati riconoscimenti da parte di enti ed amministrazioni del settore pubblico della prevenzione, misure premianti nelle graduatorie per appalti pubblici anche a livello locale, la diffusione dei risultati positivi a mezzo stampa locale ed altro da identificare sulla base della specificità del contesto.
Il gruppo «prevenzione e formazione» si pone come obiettivo quello di proseguire le audizioni con le Università che hanno attivato corsi sulla formazione e la prevenzione e di prendere i contatti con associazioni, ONLUS, ONG che si occupano dello stesso tema, ma che hanno un approccio diverso da quello accademico per ampliare lo spettro conoscitivo sulla formazione. Un elemento è certo: non si può prescindere dalla SICUREZZA.


4.2. Gruppo di lavoro sulle malattie professionali. Le malattie da lavoro in Italia (a cura del senatore Giorgio Roilo)

4.2.1. Premessa
Questa seconda relazione intermedia aggiorna i lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sugli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche» - Senato della Repubblica - XV legislatura, relativamente al fenomeno delle malattie da lavoro.
Essa riferisce principalmente delle novità presentatesi nell'anno in corso e delle audizioni svoltesi sul tema nel corrente anno. Nel corso del prosieguo dei lavori ci si propone di approfondire il tema delle possibili proposte operative volte a migliorare sia i sistemi di segnalazione e registrazione che soprattutto le attività di prevenzione. Partendo dalle proposte formulate nella precedente relazione si analizzeranno le novità introdotte dalla nuova legislazione in materia, i dati di attività del sistema pubblico di prevenzione, i piani di sviluppo delle attività di prevenzione. Si formuleranno quindi eventuali ulteriori proposte.


4.2.2. Audizioni
Per approfondire i temi relativi a:
- il miglioramento del sistema informativo nazionale
- il sistema dei controlli e il piano di prevenzione nazionale
- il risarcimento dei danni e l’azione penale
sono state proposte audizioni integrative di quelle già condotte nel corso dei lavori della precedente Commissione di inchiesta, al fine di approfondire alcuni argomenti non esaustivamente trattati nella precedente relazione e di completare il quadro dei soggetti che possono offrire un contributo alla comprensione del fenomeno, delle sue dimensioni e caratteristiche, nonché indicazioni e proposte utili per un miglioramento delle condizioni di lavoro.
Queste le audizioni proposte:
- Ministero della Salute
- Procuratore Generale di Firenze, dottor Beniamino Deidda
- Coordinamento tecnici interregionale PISLL (prevenzione, igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro)
- Patronati INCA- INAS-ACLI.
Per la conduzione delle audizioni è stato predisposto uno schema di domande quale traccia per la realizzazione delle stesse. Lo schema è stato preventivamente trasmesso ai soggetti da audire unitamente alla lettera di convocazione. Ciò al fine di facilitare il lavoro sia dei soggetti da audire che della Commissione stessa e permettere ai soggetti da audire di preparare eventuale documentazione da lasciare agli atti della Commissione.
Nel corso del 2010 si sono svolte le audizioni relative al Ministero della salute, al Procuratore Generale di Firenze, al Coordinamento delle Regioni.
I rappresentanti del Ministero della salute, auditi nella seduta del 15 giugno 2010, hanno sottolineato l’impegno del Ministero sul tema delle malattie da lavoro citando, in particolare, l’intenzione di «riassicurare il consolidamento dell’esperienza di MALPROF», il finanziamento del progetto CCM «Prevenzione dei tumori nei luoghi di lavoro - Piattaforma Web tumori professionali» che prevede l’identificazione dell’origine lavorativa di tumori a bassa frazione eziologica ed elevata diffusione nella popolazione generale, quali i tumori del polmone o della vescica, attraverso un sistema di sorveglianza epidemiologica (OC.CA.M., Occupational Cancer Monitoring). Tale sistema realizza il linkage tra i Registri Tumori di popolazione e i dati contenuti negli archivi INPS così da permettere la ricostruzione delle storie lavorative dei soggetti esaminati.
Hanno, inoltre, affermato l’impegno del Ministero della salute a dare rilievo alle tematiche delle malattie da lavoro nel Piano Nazionale della Prevenzione.
Il Procuratore generale di Firenze, dottor Beniamino Deidda, nell'audizione del 24 febbraio 2010, con una articolata trattazione, ricca di proposte, ha sottolineato come «la grande maggioranza dei medici e delle strutture di diagnosi e cura... si sottrae all'obbligo di inviare il referto medico che certifica la malattia o l’infortunio», evidenziando come questa sia una delle cause dell’insufficiente azione delle Procure dei Tribunali rispetto alle esigenze poste dall'andamento delle malattie professionali nel nostro paese. Tra le altre cause la diffusa impreparazione della magistratura requirente e giudicante, recentemente documentata dalla VII Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura (delibera 28 luglio 2009), la scarsa presenza di gruppi di magistrati specializzati per la trattazione dei reati in materia di salute e sicurezza del lavoro, la scarsa diffusione, salvo lodevoli eccezioni, di iniziative di coordinamento tra Procure e organi di vigilanza delle ASL. A proposito di formazione dei magistrati il dottor Deidda ha citato positivamente le recenti iniziative del CSM che ha varato programmi di formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, invitando alle giornate di formazione anche rappresentanti degli organi di polizia giudiziaria delle ASL e delle Direzioni Provinciali del Lavoro al fine di favorire il confronto e il coordinamento con questi organismi.
Ha, inoltre, sostenuto che l’azione di prevenzione e di repressione dei reati da parte degli organi di vigilanza delle ASL ottiene risultati anche di rilievo in alcuni territori, laddove i Servizi sono maggiormente strutturati e dotati di adeguate risorse, mentre in altri si registra una grave assenza dei servizi pubblici a causa, soprattutto, della carenza di risorse assegnate e di una adeguata formazione. A questo proposito ha lamentato l’inadeguatezza dei programmi di formazione dei corsi di laurea breve per i tecnici della prevenzione.
Infine, ma come causa principale della diffusione delle malattie da lavoro, ha lamentato la scarsa formazione dei datori di lavoro in tema di sicurezza del lavoro e la diffusa evasione delle norme in materia.
Il dottor Deidda ha formulato alcune proposte operative che brevemente riassumiamo:
in tema di referto
- rivedere la norma in materia di omissione di referto inasprendo la pena e introducendo pene accessorie
- dedicare maggiore attenzione al tema delle malattie da lavoro e agli obblighi di referto nella formazione universitaria dei medici
- favorire lo scambio di esperienze e protocolli tra medici e servizi delle ASL anche al fine di semplificare i flussi informativi;
riguardo ai Servizi di prevenzione delle ASL
- riformare i programmi dei corsi di laurea breve per i tecnici della prevenzione
- realizzare corsi di formazione per gli ufficiali di polizia giudiziaria con contenuti omogenei in tutte le regioni italiane;
riguardo alla Magistratura
- istituire in ogni Procura e presso ogni Tribunale delle città capoluogo di provincia gruppi di magistrati specializzati nella trattazione dei reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro, appositamente formati da corsi organizzati dal CSM
- rivedere il sistema di registrazione delle notizie di reato in modo da poter monitorare i procedimenti relativi a infortuni e malattie professionali trattati da Procure e Tribunali;
riguardo alle imprese
- inserire nella normativa l’obbligo per i datori di lavoro di una adeguata formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro
- introdurre e sviluppare nella normativa consistenti norme premiali per le aziende che intraprendono percorsi virtuosi di prevenzione
- incentivare nel sistema sanzionatorio le sanzioni atipiche (sospensione o interdizione dall'ufficio) e precludere i riti abbreviati in mancanza di un integrale risarcimento dei danni.
Il Coordinamento delle Regioni, nell'audizione dell’8 luglio 2010, ha illustrato le politiche delle Regioni e delle Province Autonome per la prevenzione nei luoghi di lavoro e le attività svolte dai Servizi di prevenzione delle ASL fornendone i dati relativi al biennio 2007-2008. Una particolare attenzione è stata dedicata alle iniziative intraprese con progetti e iniziative di carattere nazionale che coinvolgono una molteplicità di Regioni e Servizi di prevenzione delle ASL, di cui riferiamo più avanti. Si è quindi soffermato sui flussi informativi ad oggi messi a punto, nelle more dell’attivazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), con il contributo di Regioni, Servizi di prevenzione delle ASL, ISPESL e INAIL (gli ultimi due enti ormai riuniti in un unico organismo), sottolineando il grave fenomeno della sottonotifica dei casi di malattia da lavoro e la necessità di intrecciare i dati oggi esistenti e soprattutto di intraprendere una ricerca attiva delle malattie da lavoro. In particolare sono state riferite le esperienze di elaborazione dei dati sulla salute dei lavoratori provenienti dalle relazioni trasmesse dai medici competenti delle imprese, ai sensi dell’articolo 40 del decreto legislativo n. 81 del 2008, di cui riferiamo nel dettaglio più avanti.
Di seguito ci si sofferma su alcune novità realizzate in materia di sistemi di registrazione delle malattie da lavoro e di progetti per la prevenzione delle stesse rimandando alla relazione finale l’aggiornamento e l’analisi dei dati statistici nonché le proposte sia per il miglioramento della conoscenza del fenomeno delle malattie da lavoro che per la loro prevenzione e risarcimento.


4.2.3. I sistemi di registrazione
Occorre prima di tutto ricordare che con il decreto 11 dicembre 2009 del Ministero del lavoro, salute e politiche sociali è stato operato l’aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi dell’articolo 139 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, che porterà anche ad alcune variazioni nella lettura dei dati forniti dall'INAIL relativamente ai casi di malattie da lavoro segnalate all'istituto assicuratore. Ma di questi dati si riferirà nella relazione finale in quanto gli stessi sono ancora in parte in fase di elaborazione.
Riportiamo qui di seguito di alcune novità relative ad altri sistemi di registrazione della cui impostazione si è riferito nelle relazioni precedenti.

- Il sistema «MALPROF»

Ricordiamo che tale sistema di registrazione è basato sulle denunce che pervengono alle ASL sulla base degli obblighi di legge (testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965; Codice penale e di procedura penale). Il medico che diagnostica una malattia da lavoro, anche se solo sospetta tale, deve farne denuncia all'ASL, oltre che alla Direzione provinciale del lavoro e a INAIL.
Qualora la malattia abbia prodotto una lesione grave o gravissima il medico è tenuto, inoltre, a redigere referto che dovrà essere inviato all'Autorità Giudiziaria o all'organo di Polizia Giudiziaria. Il sistema, accanto alla registrazione passiva delle denunce, raccoglie anche i casi la cui conoscenza è conseguenza di una ricerca attiva da parte dei Servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPSAL) delle ASL. Inoltre, raccoglie anche attivamente le notizie sull'intera storia lavorativa dei lavoratori oggetto di segnalazione, ricostruendone così l’esposizione ai rischi e valutando perciò, con miglior accuratezza, il nesso di causalità con il quadro patologico, riferendosi anche a singoli periodi di lavoro.
La diffusione del registro MALPROF si sta gradatamente estendendo grazie all'impegno di ISPESL (le cui funzioni sono ora assorbite dall'INAIL), Regioni, ASL e grazie all'inserimento dello stesso tra i progetti sostenuti dal Ministero della salute. Ad oggi coinvolge 9 Regioni, 4 in modo completo (Lombardia, Toscana, Puglia, Valle d'Aosta), 5 solo per alcune ASL (Lazio, Campania, Liguria, Marche, Sicilia).
Nel corso del 2010 è stato pubblicato il quinto Rapporto riferito agli anni 2007 e 2008, nel quale vengono riportati i dati delle malattie professionali basati sulle segnalazioni che giungono ai Servizi territoriali di prevenzione delle ASL, non solo di quelli che utilizzano il registro MALPROF, ma anche di altri, per un totale di 14 Regioni (Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia).

- I COR

Come già indicato nella precedente relazione sono i registri regionali dei casi di mesotelioma (neoplasia correlata all'esposizione ad amianto) istituiti a seguito del decreto legislativo n. 277 del 1991 e curati da strutture regionali del Servizio sanitario.
Sono presenti in 18 Regioni e 1 Provincia autonoma (restano scoperti solo il Molise e la Provincia autonoma di Bolzano) e coprono il 95 per cento della popolazione.
Grazie alla loro attività sono possibili valutazioni sull'andamento del fenomeno, previsioni per i prossimi anni, e sono stati identificati settori produttivi per i quali la presenza di amianto nel processo produttivo, e conseguentemente l’esposizione dei lavoratori, non era conosciuta.
I dati raccolti dai registri regionali confluiscono in un registro nazionale (Re.Na.M.).
Nel 2010 è stato pubblicato il terzo rapporto nazionale che riporta i dati raccolti dal 1993 al 2004. Di questo interessante rapporto riprendiamo la parte relativa ai risultati, interpretazioni, commento ai dati curata dai referenti dei diversi registri regionali.

IL REGISTRO NAZIONALE DEI MESOTELIOMI: RISULTATI, INTERPRETAZIONE, COMMENTO AI DATI
Alessandro Marinaccio, Alessandra Binazzi, Davide Di Marzio, Alberto Scarselli, Marina Verardo, Dario Mirabelli, Valerio Gennaro, Carolina Mensi, Enzo Merler, Renata De Zotti, Antonio Romanelli, Elisabetta Chellini, Cristiana Pascucci, Francesco Forastiere, Luana Trafficante, Massimo Menegozzo, Domenica Cavone, Gabriella Cauzillo, Attilio Leotta, Rosario Tumino, Massimo Melis, Sergio Iavicoli e Gruppo di Lavoro ReNaM



Dimensione dell’archivio ed indicatori epidemiologici descrittivi
L’archivio del Registro Nazionale contiene a gennaio 2009 informazioni relative a 9.166 casi di mesotelioma maligno (MM) rilevati in ragione di un sistema di ricerca attiva e di analisi standardizzata delle storie professionali, residenziali e familiari dei soggetti ammalati.
La percentuale di casi con una età alla diagnosi inferiore a 55 anni è pari a poco più del 10 per cento del totale (11,7 per cento). Il 34,2 per cento dei soggetti ammalati ha un’età compresa tra 65 e 74 anni e la meta dei casi tra 61 e 76 anni. Fino a 45 anni la malattia è rarissima (solo il 2,7 per cento del totale dei casi registrati). L’età media alla diagnosi è di 68,3 anni senza differenze apprezzabili per genere (69,1 anni nelle donne e 68,3 negli uomini).
Il rapporto di genere (M/F) è pari a 2,6. Il 72,4 per cento dei 9.166 casi archiviati e di sesso maschile. La percentuale di donne passa dal 26,6 per cento per i mesoteliomi pleurici al 36 per cento e al 41 per cento rispettivamente per i casi del pericardio e del peritoneo, con una differenza significativa malgrado la limitata consistenza della casistica per i mesoteliomi pericarditi. La distribuzione per genere della casistica è costante nei dodici anni disponibili, ma variabile per territorio. In particolare risulta particolarmente bassa (sotto il 20 per cento) nelle regioni del Friuli-Venezia Giulia (14,4 per cento) e della Liguria (18,5 per cento). Il 93 per cento dei casi di mesotelioma registrati risulta a carico della pleura; sono presenti inoltre 614 casi peritoneali (6,7 per cento), 36 e 31 casi rispettivamente a carico del pericardio e della tunica vaginale del testicolo. Tale distribuzione per sede anatomica di insorgenza della malattia risulta stabile nel tempo (nei dodici anni considerati) e nello spazio (le Regioni del circuito ReNaM).
Nell'intero archivio i casi con una diagnosi di MM certo sono il 77 per cento, con una marcata variabilità territoriale (dal 68,1 per cento in Liguria ad oltre il 90 per cento in Valle d'Aosta, Veneto e Sardegna). Assente invece ogni variabilità temporale: la quota non varia significativamente nella finestra di analisi.


Misure di esposizione
Le analisi dei dati relativi alle modalità di esposizione fanno riferimento all'intero set di dati con una diagnosi dal 1993 al 2004 (9.166 casi). Le modalità di esposizione sono state approfondite per 6.640 casi (72,4 per cento), mentre sono in corso di definizione (oppure le modalità di esposizione non possono più essere indagate per condizioni oggettive) per 2.526 casi (27,6 per cento). Le modalità di ricostruzione dell’esposizione sono avvenute quasi sempre tramite un'intervista diretta al soggetto o ai familiari (o conviventi) del soggetto (rispettivamente nel 48,8 per cento e 44 per cento dei casi).
Nell'insieme dei casi con esposizione definita (6.640 soggetti ammalati), il 69,8 per cento presenta un'esposizione professionale (certa, probabile, possibile), il 4,5 per cento familiare, il 4,7 per cento ambientale, l’1,4 per cento per un'attività extralavorativa di svago o hobby. Per il 19,5 per cento dei casi l’esposizione è improbabile o ignota. La percentuale di casi di mesotelioma, quindi, per i quali l’analisi anamnestica ha rilevato un'esposizione ad amianto lavorativa, ambientale, familiare, o a causa di hobbies è, sull'intero set di dati, pari all'80,5 per cento. Questo indicatore risulta dipendente dalle modalità di rilevazione dell’esposizione, dalla sede anatomica, dal periodo di incidenza e dal sesso in misura non trascurabile; se infatti viene stimato limitatamente ai soli casi per i quali è disponibile un'intervista diretta risulta pari all'86,3 per cento (se invece misurato sui casi per i quali l’intervista è stata condotta nei confronti di un familiare del paziente risulta pari al 73,4 per cento). Se ulteriormente limitato ai casi di mesotelioma pleurico negli uomini e con incidenza negli anni più recenti (2002-2004), raggiunge il 93 per cento.
Fra i casi con esposizione «familiare», il parente esposto che ha causato la malattia è generalmente il marito, ma sono presenti anche numerosi casi in cui si è ammalato il figlio (o la figlia) di un genitore esposto per motivi professionali. Piemonte, Veneto e Liguria coprono più di due terzi della casistica con questa modalità eziologica e i settori di attività sono quelli con un'esposizione massiva (cantieri navali e industria del cemento-amianto) ma anche quello «emergente» dell’edilizia.
L’industria del cemento-amianto è responsabile di gran parte dei casi con esposizione di tipo ambientale. Le situazioni di contaminazione ambientale tristemente note di Casale Monferrato, Bari e Broni sono confermate come le più rilevanti. Più del 75 per cento dei casi «ambientali» era residente al momento della diagnosi in Piemonte, Puglia o Lombardia. L’uso di attrezzi domestici o di manufatti contenenti amianto nella propria abitazione e l’abitudine a trattarli nel tempo libero è responsabile di circa la meta dei casi con esposizione attribuita ad attività di svago o hobby.
L’anno di inizio esposizione è compreso fra il 1947 e il 1963 per la metà dei casi per i quali è disponibile (5.010 soggetti ammalati). La mediana (anno 1955) è stabilmente intorno alla seconda meta degli anni '50. L’esposizione ad amianto è iniziata nel decennio fra il 1950 e il 1959 per il 31,4 per cento dei casi; nel decennio successivo per il 26,4 per cento mentre solo il 9,7 per cento dei casi ha subito l’esposizione a partire dagli anni '70.
La latenza è stata misurata per i 5.010 casi per i quali è disponibile l’anno di inizio esposizione come differenza fra questa data e l’anno di incidenza. La mediana della latenza è di 45 anni (range: 5-89 anni) con una deviazione standard di 12 anni e una distribuzione normale intorno al valore medio. Questo valore tende con regolarità ad aumentare nella finestra di osservazione passando da 41,5 anni nel 1993 a 47 nel 2003.


Settori economici di esposizione
Considerando l’intera finestra di osservazione (1993-2004) e i soli soggetti colpiti dalla malattia per motivo professionale, i casi con esposizione professionale sono 5.510 ed i settori di attività maggiormente coinvolti sono l’edilizia (822 occasioni di esposizione, pari al 15 per cento del totale della casistica), l’industria pesante, ed in particolare la metalmeccanica (7 per cento), la metallurgia (4,1 per cento) e le attività di fabbricazione di prodotti in metallo (5,5 per cento); i cantieri navali (11,3 per cento), l’industria del cemento-amianto (263 occasioni di esposizione, pari al 4,8 per cento), l’industria tessile (6,5 per cento), dei rotabili ferroviari (4 per cento) e il settore della difesa militare (4 per cento). L’insieme di questi settori è responsabile del 60 per cento circa dei casi registrati negli archivi del Registro Nazionale.
Il restante quadro è estremamente variegato e frazionato con la presenza di numerosi ambiti produttivi nei quali l’esposizione è avvenuta per la presenza del materiale nel luogo di lavoro e non per uso diretto. In questo senso sono significative le consistenti casistiche occorse per una esposizione nei settori dei trasporti sia terrestri (3,5 per cento) che marittimi (2,4 per cento) e della movimentazione merci nei porti (2,1 per cento). La presenza di materiale di coibentazione in amianto nei luoghi di lavoro è poi responsabile dei casi di mesotelioma insorti in conseguenza di un'esposizione negli zuccherifici (1,3 per cento) e nelle altre industrie alimentari (2 per cento), nell’industria chimica e delle materie plastiche (3,4 per cento), del vetro (1,3 per cento), della carta (0,7 per cento), della gomma (1,2 per cento), nell’estrazione e nelle raffinerie di petrolio (1,3 per cento) e nella produzione di energia elettrica e gas (1,6 per cento). Un numero molto rilevante di occasioni di esposizione (217, pari a quasi il 4 per cento del totale) sono attribuite al settore della produzione, riparazione e manutenzione degli autoveicoli (e motoveicoli), dovute soprattutto all'esposizione indotta dalla presenza di amianto nei freni delle automobili di produzione precedente al bando. Infine di particolare interesse per le ricadute in termini di prevenzione primaria, a fronte di possibili ancora residue occasioni di esposizione in attualità, sono i casi di soggetti ammalati per un'esposizione avvenuta inconsapevolmente per la presenza non nota del materiale in luoghi di lavoro spesso aperti al pubblico: pubblica amministrazione (1 per cento), sanità (1,4 per cento), banche, poste e assicurazioni (0,4 per cento), istruzione (0,4 per cento), alberghi, bar e ristoranti (0,3 per cento).
La distribuzione nel tempo del quadro delle esposizioni ad amianto responsabili dell’insorgenza della malattia non è costante, ma ha subito (e sta subendo) evoluzioni rilevanti. La finestra di osservazione del ReNaM (1993-2004) è sufficientemente lunga da consentire alcune riflessioni sulla dinamica della composizione di tale quadro. Il peso dei settori tradizionali (intendendo con questo termine quelli per i quali sono disponibili le maggiori informazioni nella letteratura specializzata) tende a diminuire in maniera assai significativa. I cantieri navali erano responsabili del 15 per cento circa dei casi registrati nel triennio 1993-1995, a fronte del 9,6 per cento nel triennio 2002-2004. Ancora più evidente è la riduzione dell’importanza relativa del settore della produzione di manufatti in cemento-amianto (eternit), che passa dal 10,3 per cento nel 1993-1995 al 3.4 per cento nel 2002-2004. Analogo andamento (dal 5,2 per cento al 3.5 per cento) si rileva per le attività di manutenzione e riparazione dei rotabili ferroviari. L’insieme di questi tre settori (che rappresentano quelli per i quali la ricerca ha prodotto le maggiori evidenze di esposizione) era responsabile di più del 30 per cento dei casi nel triennio 1993-1995, mentre il dato si ferma al 16,5 per cento nel triennio 2002-2004.
A compensazione di questa tendenza deve essere registrato il fenomeno della crescita della quota di soggetti con esposizione nell'edilizia - che produce oggi il maggior numero di casi e che desta preoccupazioni anche per la possibilità di esposizioni in attualità - e la grande frantumazione dei settori con possibilità di esposizione che deve essere considerata quando si discuta di casi di mesotelioma per i quali non esistono evidenze di attività «a rischio» svolte in precedenza. L’elemento conoscitivo di maggiore interesse in senso generale (al di la degli specifici interessi di settore) deve riguardare l’amplissimo spettro di professioni coinvolte, che risulta molto articolato e che investe anche professioni meno «attese».
Sono, inoltre, attivi il Registro Nazionale del Tumori Nasali e Sinusali (ReNaTuNS) e quello relativo a neoplasie a più bassa frazione eziologica, istituiti ai sensi dell’articolo 244 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Alcune Regioni hanno pubblicato i primi rapporti relativi, mentre a livello nazionale la raccolta e l’elaborazione dei dati è in corso.


Le relazioni sanitarie dei medici competenti
L’audizione del Coordinamento delle Regioni ha ben illustrato le novità introdotte dal decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di raccolta di dati relativi allo stato di salute dei lavoratori, dati conseguenti alla sorveglianza sanitaria operata dai medici competenti nelle imprese; ha, inoltre, evidenziato le potenzialità contenute nelle relazioni sanitarie per una mappatura territoriale, regionale, nazionale delle esposizioni professionali, dei disturbi e delle patologie sofferti dai lavoratori.
Riportiamo qui di seguito il paragrafo dedicato all'argomento.
«Il decreto legislativo n. 81 del 2008 all'articolo 40 (Rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale) ha introdotto l’obbligo per il medico competente di trasmettere, per via telematica, ai Servizi territoriali di prevenzione delle ASL «le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria».
A loro volta le ASL trasmetteranno le stesse informazioni in forma aggregata alla propria Regione che a sua volta le trasmetterà all'ISPESL (ora confluito nell'INAIL).
Attualmente tale obbligo è sospeso in attesa dell’emanazione del decreto di riordino complessivo dell’articolo 40, previsto dalle recenti modifiche (decreto legislativo n. 106 del 2009) apportate al decreto legislativo n. 81 del 2008.
Il flusso generato dall'articolo 40 rappresenta indubbiamente una grande opportunità e costituisce uno strumento importante che introduce per la prima volta in Italia una rilevazione di dati di grande rilevanza sia per gli aspetti di ordine epidemiologico sia per quelli di sanità pubblica.
È uno strumento potenzialmente in grado di fornire la mappatura degli esposti a rischi professionali e la lettura del loro stato di salute, informazioni oggi di fondamentale importanza ai fini dell’orientamento - anche a livello locale - delle attività di prevenzione dei rischi e delle malattie da lavoro.
Infatti, i dati sanitari e di rischio raccolti dal medico competente nel corso dell’attività di sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti potranno offrire, se opportunamente elaborati attraverso la creazione di adeguati indicatori, informazioni particolarmente utili a tracciare un quadro completo e periodicamente aggiornato della distribuzione geografica e per comparto produttivo dei possibili determinanti di malattie professionali.
La cornice di riferimento entro cui collocare i flussi generati dall'articolo 40 è senz'altro quella del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 81 del 2008, struttura appositamente individuata per costruire i presupposti informativi a servizio dell’orientamento, programmazione e pianificazione delle attività di prevenzione delle malattie professionali, anche attraverso l’utilizzo integrato delle diverse banche dati disponibili.
Nel 2009, il Coordinamento delle Regioni ha attivato insieme all'ex ISPESL un apposito progetto di studio che ha vagliato i dati provenienti da un campione di relazioni sanitarie inviate dai medici competenti ai Servizi territoriali di prevenzione delle ASL nel periodo di vigenza dell’obbligo dell’articolo 40, prima del rinvio sancito dal decreto legislativo n. 106 del 2009, allo scopo di valutarne da subito il potenziale informativo ed individuare le criticità legate alle modalità di rilevazione e trasmissione del dato.
La tabella della pagina seguente mostra un primo quadro dell’esposizione, disaggregato per fattore di rischio e per genere, riferito ad un campione di 577.323 lavoratori appartenenti a circa 23.000 aziende, costruito utilizzando i dati forniti dai medici competenti afferenti a 18 ASL di 10 regioni diverse.

 

Rischi lavorativi

Numero di lavoratori

%

Uomini

Donne

Tutti

Uomini

Donne

Tutti

Movimentazione carichi

124.119 44.906 169.025 33,7 21,5 29,3

Sovraccarico

43.925 20.108 64.033 11,9 9,6 11,1

Agenti chimici

77.940 23.874 101.814 21,2 11,4 17,6

Agenti cancerogeni

7.584 1.090 8.674 2,1 0,5 1,5

Agenti biologici

30.237 30.807 61.044 8,2 14,7 10,6

Videoterminali

57.123 53.084 110.207 15,5 25,4 19,1

Vibrazioni corpo

23.896 1.888 25.784 6,5 0,9 4,5

Vibrazioni mano

42.664 5.960 48.624 11,6 2,8 8,4

Rumore

108.061 16.314 124.375 29,4 7,8 21,5

Campi elettromagnetici

2.333 1.055 3.388 0,6 0,5 0,6

Radiazioni ottiche

5.397 277 5.674 1,5 0,1 1,0

Radiazioni ionizzanti

4.243 2.421 6.664 1,2 1,2 1,2

Microclima

11.693 1.530 13.223 3,2 0,7 2,3

Infrasuoni

329 97 426 0,1 0,0 0,1

Ultrasuoni

252 80 332 0,1 0,0 0,1

Iperbariche

162 26 188 0,0 0,0 0,0

Stress

4.355 4.011 8.366 1,2 1,9 1,4

Notturno

18.722 13.498 32.220 5,1 6,5 5,6

La conoscenza del peso dei singoli fattori di rischio in termini di numerosità degli esposti, ancor più se disaggregati per comparto produttivo, fornisce informazioni evidentemente importanti ai fini della definizione delle priorità di intervento nella ricerca attiva delle malattie professionali, anche in un'ottica di sviluppo di politiche di sanità pubblica sempre più basate sull'evidenza del rischio come elemento determinante ai fini della pianificazione delle attività di prevenzione.
Lo studio pilota ha rappresentato però anche l’occasione per cogliere le criticità legate alla mancanza da un lato di adeguate indicazioni sulle procedure di acquisizione e i modelli operativi di riferimento, e dall'altro di sistemi di controllo della qualità del dato fornito.
Partendo dall'analisi di tali problematiche, il gruppo tecnico sull'articolo 40 del Coordinamento delle Regioni ha attivato insieme ad ISPESL (le cui funzioni sono state poi assorbite dall'INAIL) un percorso di revisione tecnica del set di informazioni dell’allegato 3B che alimentano il flusso informativo previsto dall'articolo 40.
All'interno di tale percorso è stata prevista anche la consultazione delle associazioni dei medici competenti più rappresentative su territorio nazionale, nella convinzione dell’importanza del coinvolgimento dei professionisti interessati nella condivisione delle scelte da operare su tale tematica. Sul versante della standardizzazione delle modalità di raccolta e trasmissione telematica del dato, si è altresì avviata la costruzione di un sistema informatico su piattaforma web che fornisca le necessarie garanzie in tal senso.
Infine, tutto il lavoro svolto si è tradotto in una proposta unitaria portata in discussione all'interno del tavolo tecnico costituito presso il Ministero della salute per la stesura del decreto ministeriale che dovrà ridefinire, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e P.A., i contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni sui dati sanitari e di rischio previsti dall'articolo 40 del decreto legislativo n. 81 del 2008.
L’esperienza realizzata dal Coordinamento delle Regioni unitamente all'ex ISPESL ha confermato che il flusso informativo previsto dall'articolo 40 rappresenta un fondamentale strumento per acquisire informazioni sullo stato di salute della popolazione lavorativa in relazione ai rischi professionali, in forma precoce rispetto alla lettura tardiva dei danni (malattie da lavoro) dagli stessi provocati.
Affinché questo strumento non sia vissuto dai medici competenti come un mero obbligo aggiuntivo il Coordinamento delle Regioni suggerisce che «gli operatori dei Servizi PSAL delle ASL e i medici competenti (nel rispetto delle funzioni e delle prerogative di ciascuno) debbano ricercare tutte le occasioni per facilitare un proficuo confronto, anche individuando, ove possibile, margini di collaborazione nell'ambito di piani mirati di intervento finalizzati alla definizione di più efficaci azioni di prevenzione».


4.2.4. Il quadro nazionale: i dati statistici
A parte le indicazioni di carattere generale fornite nel paragrafo 2.8, l’aggiornamento dei dati statistici, sia di fonte INAIL che derivanti dal registro MALPROF delle Regioni e delle ASL, verrà riportato nella relazione finale in quanto i dati sono ancora in parte in fase di elaborazione.


4.2.5. Il problema del mancato riconoscimento e del mancato indennizzo da parte di INAIL
Il problema è stato affrontato sia nella relazione alla precedente Commissione d'inchiesta (XV legislatura) che nella relazione intermedia (settembre 2009) a questa Commissione.
Anche in questo caso l’aggiornamento dei dati statistici verrà riportato nella relazione finale in quanto i dati sono ancora in parte in fase di elaborazione.
Vale qui la pena di richiamare l’attenzione sulle difficolta per i lavoratori, non solo di riconoscimento ed equo risarcimento dei danni da lavoro, ma anche del reintegro al lavoro di coloro che hanno subito menomazioni, sia in conseguenza di malattie da lavoro che di infortuni.
L’emarginazione che il lavoratore malato può subire nell'impresa è un fatto reale, soprattutto in quelle di piccole dimensioni dove spesso sono ridotte le possibilità di una idonea ricollocazione ovvero di un adattamento delle condizioni di lavoro alle nuove esigenze del lavoratore che ha subito una menomazione. Fatto che a volte costituisce un freno da parte dello stesso lavoratore a far emergere i propri disturbi e ad avviare l’iter di denuncia sia all'ASL che all'istituto assicuratore.
Difficoltà ed emarginazione ben illustrate anche in due diverse recenti testimonianze, l’indagine condotta dalla Provincia di Milano su un campione di donne che hanno subito infortuni o malattie professionali (Donna, salute, lavoro - Indagine sui percorsi delle donne divenute invalide a seguito di infortuni o malattie professionali, Provincia di Milano, luglio 2009) e le storie che raccontano le vicende di lavoratori che hanno subito menomazioni, raccolte in Lombardia da Giampiero Rossi per conto del patronato INCA Lombardia (Giampiero Rossi, Il lavoro che ammala, EDIESSE, marzo 2010).
È bene ricordare che la Risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2008 sulla strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro (2007/2146(INI)), al punto 13, sottolinea l’importanza della riabilitazione e del reintegro dei lavoratori dopo una malattia o un infortunio sul lavoro.
Su questo tema occorre un maggiore impegno sia sul versante normativo, per colmare una insufficiente tutela soprattutto dei lavoratori con menomazioni che, pur non raggiungendo il grado di invalidità che da luogo ad un indennizzo, tuttavia comportano ugualmente disagi e difficoltà nella vita lavorativa, che degli enti preposti per favorire tutte quelle iniziative volte a favorire la ricollocazione dei lavoratori menomati nel posto di lavoro. Ma anche un forte impegno da parte di istituzioni e forze sociali per un cambiamento culturale che riporti al centro dell’attenzione il lavoratore come risorsa umana.


4.2.6. Le proposte avanzate da CGIL e CISL alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza del lavoro
Il 24 novembre 2009 si è svolta una seduta straordinaria della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza del lavoro, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 81 del 2008, con il seguente ordine del giorno: «SINP (Sistema informativo nazionale per la prevenzione) e Campagna di comunicazione per la diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro con particolare riferimento al tema delle malattie professionali».
In tale occasione le organizzazioni sindacali CISL e CGIL hanno presentato alla discussione alcune proposte che brevemente riassumiamo e che comunque vengono allegate alla presente relazione.
Entrambe le proposte hanno un comune punto di partenza: la sottovalutazione del problema e la necessità di promuovere iniziative per l’emersione delle «malattie perdute» e per la prevenzione dei danni da lavoro.
La proposta CISL focalizza l’attenzione sulla realizzazione di un adeguato sistema informativo attraverso lo sviluppo del SINP, dei progetti MALPROF e OCCAM e sulla diffusione dei dati esistenti sul tema.
Inoltre, propone una ampia campagna informativa indirizzata ai lavoratori per favorire la «conoscenza in tema prevenzionale e comportamentale».
Le proposte della CGIL si articolano in diversi punti:
- Sistema informativo nazionale per la prevenzione con l’integrazione dei sistemi già attivi, in particolare MALPROF, OCCAM, Registro nazionale mesoteliomi, INAIL e diffusione dei dati attraverso sito Internet dedicato all'informazione medica per il pubblico nonché attraverso un rapporto annuale secondo un modello validato dalla Conferenza Stato-Regioni
- campagna nazionale di informazione «con flussi informativi mirati verso le principali figure (medici competenti, medici di famiglia, ASL, Enti ospedalieri, ecc.)», «adozione e diffusione della Carta dei diritti dei lavoratori e dei RLS», «informazioni ai lavoratori sulle sostanze e preparati», «informazioni relative a tickets e presidi»
- campagna «Malattie professionali perdute» per favorire l’emersione e il riconoscimento assicurativo delle stesse anche attraverso la realizzazione di documenti di consenso sul nesso di causa
- campagna «Fabbriche aperte» per «pubblicizzare i programmi per il miglioramento continuo delle condizioni e della qualità del lavoro ai fini della salute e della sicurezza»
- adozione di codici etici da diffondere presso i medici
- progetti mirati di informazione e formazione, finanziati e promossi dalle Regioni, d'intesa con le parti sociali, per specifici settori produttivi con particolari e significativi rischi.
Il documento della CGIL allega:
- proposta di Carta dei diritti dei lavoratori sulla sorveglianza sanitaria
- proposta di Carta dei diritti dei RLS sulla sorveglianza sanitaria
- proposta relativa alla campagna informativa (targets e contenuti)
- proposta di criteri e contenuti del rapporto annuale.
La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza del lavoro, aderendo alle richieste delle OO.SS., ha istituito al suo interno un gruppo tecnico, costituito da Ministero del lavoro, Regioni, ISPESL e INAIL (gli ultimi due ormai riuniti in un unico ente), per la elaborazione di proposte volte a realizzare una «campagna di comunicazione in materia di malattie professionali». Il gruppo di lavoro, partendo dall’esame degli archivi delle malattie da lavoro esistenti (INAIL, MALPROF, ReNam), ha individuato le più frequenti tipologie di patologie sulle quali propone di concentrare l’impegno:
- ipoacusie da rumore
- disturbi muscoloscheletrici
- dermatiti
- broncopneumopatie, comprensive delle allergopatie respiratorie
- tumori ad alta frazione eziologica.
Le motivazioni della scelta si basano sui seguenti criteri:
- evidenza epidemiologica certa
- evidenza scientifica certa di correlazione con il lavoro
- maggior facilita di individuazione di azioni per l’emersione e per la riduzione del fenomeno
- maggior possibilità di azioni comunicative trasversali verso una pluralità di destinatari e maggior coinvolgimento dei cittadini
- maggior comprensione della comunicazione.
I destinatari della campagna informativa sono stai individuati nei seguenti soggetti:
- medici del Servizio sanitario nazionale (di base, dei servizi delle ASL, ospedalieri)
- medici competenti delle imprese
- medici dei patronati
- datori di lavoro e loro collaboratori aziendali, addetti e responsabili dei Servizi di prevenzione e protezione (ASPP e RSPP)
- lavoratrici e lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), con una particolare attenzione verso i lavoratori giovani e gli over 50
- cittadini.
Gli obbiettivi generali sono stati così indicati:
- migliorare la conoscenza delle più comuni malattie da lavoro a fini preventivi
- migliorare le azioni di tutela della salute durante il lavoro
- migliorare la conoscenza dei dispositivi di protezione individuale (DPI).
Sono stati quindi indicati obbiettivi specifici per le diverse categorie di destinatari della campagna informativa.


Medici
- Miglioramento della conoscenza degli aspetti normativi e procedurali in materia di malattie professionali
- miglioramento della conoscenza della correlazione esposizione/effetti
- maggiore contributo alla prevenzione
- sensibilizzare e migliorare la conoscenza dell’effetto sinergico di più fattori.


Datori di lavoro (coadiuvati da ASPP e RSPP)
- Miglioramento della conoscenza degli strumenti e delle procedure per la prevenzione del rischio
- miglioramento della conoscenza degli strumenti amministrativi per incentivi e agevolazioni correlati alla riduzione del fenomeno delle MP
- miglioramento della conoscenza delle procedure per il riconoscimento delle MP
- sensibilizzare e migliorare la conoscenza dell’effetto sinergico di più fattori.


Lavoratrici/Lavoratori (coadiuvati da RLS)
- Miglioramento della conoscenza delle procedure e dei dispositivi di protezione individuale per l’autotutela della salute e l’aumento della percezione del rischio
- miglioramento della conoscenza delle procedure per il riconoscimento della MP
- sensibilizzare e migliorare la conoscenza dell’effetto sinergico di più fattori.


Cittadini/committenti
- Miglioramento della consapevolezza, nella scelta di prodotti e/o servizi, che la tutela della salute dei lavoratori è parte integrante del processo di produzione
- attenzione alla responsabilità sociale d'impresa.
I materiali, diversificati in relazione ai diversi destinatari, potranno essere diffusi dal Ministero del lavoro, dalle Regioni e Province autonome, da INAIL (che ha assorbito anche le funzioni prima svolte da ISPESL), da enti e associazioni che si occupano dell’argomento, parti sociali, comitati paritetici.
La discussione di queste proposte è all'ordine del giorno delle prossime sedute della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza del lavoro che dovrà anche decidere sulle modalità di finanziamento della stessa.


4.2.7. Alcune iniziative delle Regioni
Nella documentazione che il Coordinamento delle Regioni ha illustrato e consegnato nel corso della audizione dell’8 luglio 2010 sono indicati alcuni impegni assunti dalle Regioni in materia di prevenzione. Ne riassumiamo qui i punti più salienti limitandoci alle iniziative più recenti relative ai fattori di rischio possibile causa di malattie da lavoro.
- Realizzazione e diffusione di una guida operativa per la valutazione e gestione del rischio da agenti chimici
- realizzazione, insieme all'ex ISPESL, e diffusione di una guida operativa per la «valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato»
- realizzazione, insieme all’ex ISPESL, e diffusione di una guida operativa per la «prevenzione e protezione dai rischi dovuti all'esposizione ad agenti fisici nei luoghi di lavoro», comprensiva dei rischi rumore, vibrazioni, microclima, aerazione, illuminazione, radiazioni ottiche artificiali
- indirizzi operativi per la verifica della sorveglianza sanitaria nel settore dell’edilizia nell'ambito del Piano nazionale edilizia
- indirizzi operativi per la verifica della sorveglianza sanitaria nel settore dell’agricoltura e selvicoltura, controlli relativi all'esposizione a fitofarmaci nell'ambito del Piano nazionale di prevenzione in agricoltura e selvicoltura
- proposte di indirizzi operativi per la sorveglianza sanitaria degli esposti ed ex esposti ad amianto
- studio e controlli per l’adeguamento ergonomico delle cabine di guida dei convogli ferroviari
- definizione delle modalità applicative del regolamento di cui al D.M. 388/2003 (pronto soccorso in ambito ferroviario)
- predisposizione di indicazioni operative per la gestione dei lavoratori con problemi alcol correlati o che fanno uso di sostanze stupefacenti o psicotrope (in preparazione)
- partecipazione al Network italiano silice (N.I.S.) di cui riferiamo più sotto.
È, inoltre, in fase di avvio lo studio di un piano per la prevenzione delle esposizioni professionali a cancerogeni.


Network italiano silice
Nel 2002 il Coordinamento tecnico delle Regioni e Province autonome, unitamente a INAIL, ISPESL e ISS nonché a diverse ASL e centri di ricerca scientifica ha dato vita al Network italiano silice con la finalità di combattere il rischio di esposizione a silice cristallina, recentemente classificata dallo IARC (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeno per l’uomo (classe 1). Il N.I.S. si propone, inoltre, di contribuire alla eradicazione della silicosi in Italia secondo le indicazioni della Organizzazione mondiale della sanita.
Il N.I.S. ha lo scopo di confrontare metodi di lavoro, omogeneizzare criteri di intervento al fine di realizzare repertori di rischio nei principali comparti produttivi, censire gli esposti a silice, formulare linee guida condivise in tema di sorveglianza sanitaria, metodiche di campionamento ed analisi, misure di prevenzione e protezione ed intraprendere iniziative di studio e valutazione del rischio sulla base di indagini epidemiologiche.
Il N.I.S., articolatosi in 5 gruppi di lavoro (Gruppo normativa -Gruppo epidemiologia - Gruppo igiene industriale - Gruppo repertorio rischio silice nei comparti - Gruppo sorveglianza sanitaria) ha già prodotto documenti di buone prassi per i settori individuati come quelli a maggior rischio di esposizione a silice:
- ceramiche - piastrelle
- ceramiche - sanitari
- fonderie
- edilizia
- lavori in gallerie
- lapidei
e linee guida relative alle attività di igiene industriale per le valutazioni delle esposizioni e alla sorveglianza sanitaria per i lavoratori esposti. I lavori del N.I.S. sono attualmente impegnati nel monitoraggio:
- delle misure di prevenzione primaria a partire dai 6 comparti considerati a maggior rischio
- delle esposizioni, prima e dopo gli interventi di prevenzione
- degli effetti sulla salute degli esposti e conseguente ricerca attiva delle malattie silico correlate.
I risultati del N.I.S. sono portati a conoscenza delle forze sociali e discussi con le stesse.
Alla luce di quanto emerso nelle audizioni e dell’esame di altra documentazione raccolta, nella relazione finale verrà aggiornato il quadro relativo alla diffusione delle malattie da lavoro, alla capacità di riconoscerle dei diversi sistemi di registrazione, ai problemi della sottonotifica, del risarcimento e del reintegro lavorativo, agli interventi messi in campo per l’emersione dei casi non segnalati e soprattutto per la prevenzione dei danni da lavoro.
Verrà, inoltre, puntualizzato lo stato di attuazione delle proposte formulate nella precedente relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche» - Senato della Repubblica - XV legislatura, integrando con eventuali ulteriori proposte sia per il miglioramento della conoscenza del fenomeno delle malattie da lavoro che per la loro prevenzione e risarcimento.


4.3. Gruppo di lavoro sugli infortuni domestici (a cura della senatrice Ombretta Colli)
La Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro si è occupata sin dall'inizio della XVI Legislatura di incidenti in ambito domestico istituendo un apposito gruppo di lavoro, acquisendo i dati necessari alla comprensione della reale situazione ed ascoltando i pareri e le analisi di tutti i soggetti coinvolti nella prevenzione e nella cura dell’infortunio in casa.
Il fenomeno è uno dei più diffusi nell'ambito della casistica per gli infortuni sul lavoro, ed è anche uno di quelli che passa maggiormente inosservato. Vuoi perché avviene nel focolare domestico, al riparo da occhi indiscreti o indagatori, vuoi perché, per un difetto di cultura, si è sempre ritenuto il lavoro domestico - in questo caso, quello delle casalinghe -come un lavoro minore, non all'altezza - come considerazione - degli altri.
Le cose però negli ultimi dieci anni sono cambiate. La legge n. 493 del 1999 ha equiparato, almeno in linea di principio, il lavoro domestico a qualsiasi altra attività lavorativa, riconoscendo dunque pari dignità al lavoro di oltre 5 milioni di casalinghe. La legge ha poi istituito un Sistema informativo nazionale sugli incidenti in ambiente di civile abitazione (SINIACA) presso l’Istituto superiore di sanità, che ha come scopo principale quello di monitorare gli incidenti domestici, ai fini della formulazione dei programmi di prevenzione. Il sistema è nato dall'esigenza di ottenere un'informazione completa sull'incidente, sulle lesioni da esso determinate e sulle correlate necessità assistenziali.
Il sistema è strutturato su 3 livelli di gravità dei traumi osservati:
1) eventi rilevati al pronto soccorso;
2) eventi relativi al ricovero ospedaliero;
3) decessi.
I dati raccolti permettono di caratterizzare l’incidente domestico in base a numerose variabili di tipo ambientale e sanitario, dal luogo dell’incidente alla sua dinamica, e con riferimento al fattore che ha causato l’incidente stesso (ad esempio apparecchi domestici, tipi di sostanze, ecc.), al tipo di trauma determinato e alla gravità dell’evento. Tali dati vengono trasmessi periodicamente al Sistema da diverse unita territoriali locali come le Aziende ospedaliere, gli Ospedali a gestione diretta, gli Osservatori epidemiologici regionali, e dagli organi centrali come l’ISTAT e il Ministero della salute. Compiti di questi soggetti e poi di rielaborarli e comunicare le opportune osservazioni.
La legge ha inoltre stabilito l’obbligo di assicurazione per la tutela del rischio infortunistico per invalidità permanente da lavoro svolto in ambito domestico dando all'INAIL, ai Ministeri competenti e alle associazioni di categoria la responsabilità di gestire un fondo autonomo speciale che ha il compito di raccogliere i premi e pagare le rendite.
A oltre dieci anni dall'entrata in vigore della legge è stato necessario tracciare un bilancio: la legge n. 433 del 1999 non ha ridotto gli infortuni in ambito domestico e l’assicurazione obbligatoria vive una situazione di stallo preoccupante. Risultati positivi sono riscontrabili solo nella raccolta dati e nell'analisi del fenomeno. In altre parole adesso abbiamo un quadro più chiaro sugli infortuni domestici. Inoltre i progressi tecnologici e le scoperte in campo scientifico hanno reso più sicure le cucine - dove avvengono il 58 per cento degli incidenti che coinvolgono donne e il 31 per cento di quelli che riguardano gli uomini -, gli impianti di riscaldamento e gli elettrodomestici, ma non hanno ridimensionato significativamente il numero di infortuni. Purtroppo, una scarsa conoscenza di questa legge da parte dei soggetti interessati ha spesso vanificato il lavoro di associazioni come il MOICA - Movimento italiano delle casalinghe, attivo dal 1982 - per sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo a questo fenomeno e quella che si può definire una vera e propria categoria sociale, quella delle casalinghe. Lo stesso si può di altre associazioni operanti in questo settore, come quello delle Donne Europee Federcasalinghe.
Il numero dei morti a seguito di incidente in ambito domestico è ancora molto elevato. Il dato non è uniforme né oggettivo in quanto ogni istituto di ricerca utilizza metodologie differenti di classificazione: secondo l’Istituto superiore di sanità i decessi sarebbero 5.500, secondo l’ISTAT appena 2.000, secondo l’ex ISPESL (ora confluito nell'INAIL) 7.500. L’80 per cento delle vittime sono donne ultrasettantenni, le donne tra i 18 e i 65 anni che muoiono ogni anno a seguito di incidenti in casa sono 450, mentre 900 circa restano invalide in modo permanente. Gli infortuni, di ogni entità, sono ben 3,2 milioni l’anno. Le principali cause di incidente sono: cadute (40 per cento), tagli e punture (15 per cento), urti e schiacciamenti (13 per cento) seguono le ustioni, i soffocamenti e gli avvelenamenti. L’80 per cento dei casi di soffocamento riguarda le donne, i casi di folgorazione riguardano donne per il 70 per cento, e i casi di ustione riguardano donne per il 60 per cento. Esiste dunque una condizione di rischio assimilabile al rischio professionale presente in un'industria o in una fabbrica. L’esposizione a sostanze tossiche, così come l’utilizzo di apparecchi domestici è un problema serio che espone la casalinga ad un rischio di breve termine legato soprattutto all'uso di sostanze caustiche, ma anche ad un rischio a lungo termine ancora poco studiato. Il numero di decessi e infortuni in casa è dunque estremamente preoccupante nonostante il livello di allarme sociale sia molto basso. La percezione di casa come luogo sicuro aumenta inoltre il rischio di infortunio se si considera che le principali cause di incidente sono la distrazione e l’inappropriatezza dei comportamenti più che il mal funzionamento degli elettrodomestici o degli impianti a gas.
Dai dati presentati emerge la necessità di concentrare gli sforzi del legislatore sulla prevenzione. Alcune Regioni, così come previsto dalla legge del 1999, hanno avviato programmi di prevenzione nelle scuole dell’obbligo, idonei a ridimensionare il 18 per cento di incidenti che colpiscono i minori di 15 anni. Ma si tratta di esperimenti pilota e limitati a determinate aree del Nord. Inoltre il 54 per cento degli infortunati ha tra i 18 e i 64 anni ed il 28 per cento ha più di 65 anni. Per le donne in età lavorativa è stata studiata la possibilità di inserire nei corsi preparto alcuni incontri di formazione sugli infortuni domestici, mentre per la fascia di età più elevata gli strumenti predisposti appaiono scarsamente efficaci. In particolare opuscoli informativi (spesso complicati) o pubblicazioni scientifiche online pur se facilmente reperibili vengono de facto consultate solo dagli addetti ai lavori. Per questa fascia di età bisogna passare attraverso i centri anziani presenti sul territorio e soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione tradizionali come la televisione nazionale e locale, che è in grado di veicolare il messaggio anche presso le persone che vivono in condizione di emarginazione e solitudine. In questo senso risulta incoraggiante, anche se ancora insufficiente, la mini fiction sulla famiglia Sbadatelli, nata dalla collaborazione tra la RAI e l’ex ISPESL all’interno della trasmissione Unomattina, dove si spiega quali sono i comportamenti da evitare in casa. Questo è un fatto importante, perché mette in campo una forma di intrattenimento educativa e che può raggiungere un target di persone molto vasto.
Le risorse per incrementare l’attività di prevenzione non mancano. Il fondo speciale per gli infortuni in ambito domestico istituito presso l’INAIL dalla legge finanziaria 2007 aveva, nel 2008, un avanzo patrimoniale di 93.693.168 euro ed un avanzo economico di 9.209.863. Tale dato non può essere considerato meramente come positivo. L’erogazione di rendite si é infatti praticamente bloccata e le casalinghe continuano a pagare i premi assicurativi senza di fatto ricevere né il risarcimento in caso di infortunio né un'adeguata attività di prevenzione. Dal 1° marzo 2001 al 31 dicembre 2009 sono state presentate 12.736 domande di rendite, a fronte di 581 rendite effettivamente erogate. In termini percentuali appena il 4,5 per cento. L’assicurazione obbligatoria riguarda le persone in età compresa tra i 18 e i 65 anni che svolgono attività in ambito domestico per la cura del nucleo familiare e dell’abitazione e che non siano impegnate in altra attività lavorativa. Secondo l’INAIL sono 5.243.000 le persone che rientrano in questa categoria, ma al 31 dicembre 2009 risultavano iscritti solo 2.033.932 soggetti, dei quali 194.365 hanno un reddito complessivo lordo ai fini IRPEF inferiore a 4.648,11 euro (per i quali dunque l’iscrizione sarebbe gratuita). Naturalmente le differenze variano a seconda delle dimensioni e della ricchezza delle Regioni, per cui abbiamo la Lombardia con oltre 327 mila iscritti con versamento e 4.300 iscritti a carico dello Stato con un rapporto di 1 iscritto a titolo gratuito ogni 13 con versamento. Margini che si riducono notevolmente in Regioni come la Puglia, la Campania e la Sicilia dove il rapporto tra iscritti con versamento e iscritti a titolo gratuito è molto meno ampio. In Sicilia addirittura ogni 2 iscritti con versamento (126.827) c’è più di un iscritto a spese dello Stato (67.246)
Essendo inoltre il premio già particolarmente basso (12,91 euro), i motivi per i quali la meta delle casalinghe non si assicura possono essere solo la scarsa conoscenza della norma o la scarsa fiducia nei confronti dell’INAIL che rigetta l’87 per cento delle richieste di risarcimento o tiene da diversi anni ben 927 casi in istruttoria. A seguito delle audizioni dei rappresentanti di INAIL, ex ISPESL e ISS nella Commissione d'inchiesta è emerso il dato che il 65 per cento delle domande vengono rigettate in quanto l’invalidità cagionata da incidente domestico è al di sotto della soglia fissata per legge. L’abbassamento del grado minimo di indennizzabilità dal 33 al 27 per cento disposto dalla finanziaria del 2007 non è stato sufficiente ad aumentare considerevolmente il numero delle rendite pagate: solo 44 infortuni in più sono stati riconosciuti dall'INAIL nella soglia di danno compresa tra il 27 e il 33 per cento. Vale la pena rimarcare come nella casistica di infortuni con casistica di invalidità al 27 per cento sono compresi la perdita di un pollice, l’anchilosi dell’anca, l’ustione delle dita delle mani e persino la perdita di un occhio. Anche le rendite mensili in caso di infortunio sono minime. Con una invalidità al 27 per cento si ricevono solo 166 euro, con il 33 per cento 183 euro, con il 45 per cento 300 euro, con il 70 per cento 721, con l’85 per cento 875 euro e solo con un'invalidità totale del 100 per cento si supera la soglia psicologica di 1.000 euro arrivando a 1.158,23 euro. È chiaro che il sistema necessita di alcune modifiche legislative che tengano maggiormente conto dell’ottica di genere nella somministrazione delle somme.
Appare dunque evidente che l’assicurazione contro gli infortuni domestici è, ad oggi, un esperimento parzialmente fallito, e che l’unico modo per convincere le casalinghe a versare il premio ed obbligare l’INAIL a pagare le rendite e abbassare la soglia dell’indennizzo al 13 per cento equiparandola a quella degli altri lavoratori. Un eventuale aumento del pagamento delle rendite non porterebbe automaticamente alla diminuzione dell’avanzo di 9.209.863 euro in quanto ad oggi solo il 50 per cento delle casalinghe paga il premio assicurativo. Rendendo il sistema più trasparente ed efficiente l’aumento dei versamenti da parte delle casalinghe potrebbe compensare l’aumento del pagamento delle rendite, rendendo ancora disponibili sufficienti risorse per un programma di prevenzione nazionale concentrato sulle televisioni nazionali e locali.


4.4. Gruppo di lavoro sul lavoro minorile e sul lavoro sommerso (a cura della senatrice Angela Maraventano)
Come tutti sappiamo il fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile non è, purtroppo, prerogativa dei Paesi in via di sviluppo. Il gruppo di lavoro da me coordinato ha la finalità di valutare in ambito lavorativo «l’entità della presenza dei minori con particolare riguardo ai minori provenienti dall'estero e alla loro protezione ed esposizione a rischio», così come stabilito al punto b) dell’articolo 3, comma 1, della deliberazione del 24 giugno 2008 istitutiva della Commissione d'inchiesta.
Nell'impossibilità di poter contare su un dato certo a causa della disparità dei dati forniti dai vari soggetti che si occupano del fenomeno, nell'ottobre dello scorso anno si è dato avvio ad un'indagine mirata sul lavoro minorile e sul lavoro sommerso iniziando dalla Sicilia, attraverso uno schema predisposto dal mio ufficio e inviato alle Prefetture delle Province della Regione con una comunicazione del Presidente Tofani.
Lo scopo era quello di ottenere dei dati certi, pur se parziali, dalle autorità ispettive quali le DPL, la Guardia di finanza, le ASL e gli altri soggetti preposti. Ma «l’acquisizione degli elementi informativi» - così come segnalato da diverse Prefetture - «è risultata alquanto difficoltosa atteso che tra gli enti istituzionalmente preposti all'attività di vigilanza e prevenzione dei fenomeni, non sussiste uno strutturato sistema di interconnessione, finalizzato all'integrata elaborazione dei dati condivisi e certi».
Questo potrebbe spiegare le diverse incongruenze e incompatibilità nei dati ricevuti dal mio ufficio. E la necessità di rafforzare in maniera incisiva il coordinamento e la collaborazione fra tutti gli enti istituzionali, così come previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e successivamente dal decreto legislativo n. 106 del 2009, è stata ben rilevata dal presidente Tofani nella risoluzione da lui presentata lo scorso anno ed approvata dall'Assemblea del Senato.
Agli stessi atti legislativi ha fatto seguito il piano straordinario del ministro del lavoro Sacconi che prevede controlli mirati in 20 mila aziende del Sud per stanare il lavoro nero, a cui ha dato il via il Consiglio dei ministri del 28 gennaio scorso. Quattro le Regioni sotto osservazione: Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, dove una task force di 550 ispettori controllerà le imprese agricole ed edili. È evidente l’intenzione del Ministro di intervenire in quegli ambiti dove sono più probabili i collegamenti delle realtà economiche con le organizzazioni criminose.
Analoga preoccupazione, relativamente al problema del lavoro minorile, è stata espressa dall'Ufficio scolastico regionale (U.S.R.) della Sicilia che, nel dossier fatto pervenire a questa Commissione, si dice preoccupato per «le fenomenologie dell’abbandono e di evasione, connesse a situazione di rischio socio-ambientale e legati a fattori extrascolastici», tra i quali il lavoro nero e la criminalità minorile.
Orbene, quanto fin qui affermato dimostra la difficoltà nella raccolta di dati omogenei, in quanto i dati forniti dall'U.S.R. della Sicilia confliggono con quelli pervenuti dalle Prefetture della Regione, da un'analisi dei quali sembrerebbe potersi rilevare una quasi totale assenza del fenomeno del lavoro minorile in Sicilia. Invece, ciò è sicuramente in contrasto non solo con quanto affermato dall'U.S.R. Sicilia, ma anche da istituzioni religiose e del volontariato, che ci indicano nel degrado sociale in cui versa tutta la Regione la causa del continuo aumento dei tassi di dispersione scolastica, di microcriminalità e di sfruttamento, appunto, del lavoro minorile.
A mero titolo di esempio, mi sembra utile riportare quanto ho avuto modo di relazionare lo scorso mese di aprile.
Secondo l’U.S.R. Sicilia, nella provincia di Palermo «nel corso dell’anno scolastico 2008/2009 risultano essere state presentate 215 denunce per inosservanza degli obblighi scolastici; per 65 di esse è stato accertato che la causa dell’abbandono sarebbe riconducibile all'esigenza che il minore collaborasse all'attività lavorativa condotta dai genitori».
È evidente che il dato è incongruente rispetto a quello segnalatoci dalla stessa Prefettura, riportato nello schema successivo, dove risultano soli 7 casi di minori occupati irregolarmente/in nero.

Provincia Irregolari In nero

Caltanissetta

0 3

Catania

18 12

Enna

0 3

Messina

0 5

Palermo

2 5

Ragusa

0 4

Siracusa

1 0

Trapani

16 17

Un altro elemento di considerazione ci perviene dalla provincia di Ragusa, territorio in cui - come si legge nella comunicazione della Prefettura - «i settori produttivi ove si concentra la maggior presenza di mano d'opera giovanile sono quelli che si caratterizzano nella elevata stagionalità (pubblici esercizi, strutture turistico-alberghiere, ristorazione), in ragione dei ridotti costi retributivi, nonché dalla maggiore disponibile di forza lavoro in funzione delle pause delle attività scolastiche». Ma anche questo dato sembra stridere con quello segnalatoci dalla Prefettura e riportato nella precedente tabella.
Detto questo, ritengo quindi utile sottolineare come il problema del lavoro minorile sia intrinsecamente legato a quello dell’economia familiare. E questo, come già nella mia precedente relazione, ci introduce al problema più generale del lavoro sommerso, per cui al frequente utilizzo di mano d'opera «in nero» da parte delle aziende, si aggiunge - come anche riportato ultimamente dalla stampa - la scelta individuale del lavoratore che, sfruttando la contingenza economica che sta interessando il tessuto imprenditoriale, continua a godere dei meccanismi di solidarietà, quali CIG, assegni di maternità e/o benefici derivanti dall'iscrizione nelle liste di disoccupazione.
In alcuni casi è emerso il ricorso a forme di occultamento dei rapporti di lavoro subordinato a tempo pieno mediante l’utilizzo degli istituti contrattuali atipici quali l’occupazione a tempo parziale, il lavoro a progetto, l’associazione in partecipazione. Il tutto a danno sia dell’Erario, sia delle imprese più virtuose, che subiscono la concorrenza sleale di quelle aziende che non mettono in regola i propri dipendenti.
Quanto lamentato dai vari enti competenti in tema di prevenzione e vigilanza - stante anche la correlazione tra lavoro sommerso e/o in nero e gli infortuni sul lavoro - rende indispensabile la creazione di una banca dati nazionale che permetta un monitoraggio continuo sia degli incidenti sul lavoro, sia dei fittizi rapporti di lavoro e di elusione contributiva che si nascondono dietro il dato dei lavoratori irregolari.
Poiché i dati ufficiali sono risultati incongruenti e non esaustivi, appare necessario svolgere ulteriori approfondimenti con i soggetti che operano direttamente sul territorio. Ritengo, quindi, utile audire i prefetti delle Province della Regione Sicilia, nonché l’U.S.R. e i rappresentanti delle maggiori associazioni del volontariato, con i quali è indispensabile individuare percorsi investigativi più idonei. È necessaria una collaborazione più stretta tra politica e tessuto sociale per mantenere alta l’attenzione sulle problematiche del lavoro minorile che, nonostante il generale sviluppo economico e politico dell’attuale sistema sociale, continua ancora a persistere nella realtà odierna.


4.5. Gruppo di lavoro sul personale della pubblica amministrazione e sui controlli pubblici antinfortunistici (a cura del senatore Candido De Angelis)

4.5.1. Premessa. Personale della pubblica amministrazione (PA)
Per quanto riguarda la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore pubblico, l’applicazione prima del decreto legislativo n. 626 del 1994 e successivamente del decreto legislativo n. 81 del 2008 ha posto diversi problemi alla Pubblica Amministrazione (PA),13 in considerazione anche della complessità del settore di lavoro tanto ampio e articolato, che comprende i Ministeri, gli istituti e scuole di ogni genere e grado, le Regioni , le Province, i Comuni, le ASL, gli ospedali, gli enti a monopolio di Stato, ecc.
Inoltre, come già richiamato anche nella prima relazione intermedia (paragrafi 2.5 e 2.8), va evidenziato che la maggioranza degli edifici dove opera il personale della PA risultano obsoleti e con gravi carenze per la sicurezza.
L’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008 (campo di applicazione) recita: «Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio», stabilendo il principio che non esistono «sconti», neanche per la PA, anche se poi il successivo comma 2 identifica le «peculiari esigenze» connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative di determinati settori di attività, tra cui per esempio gli istituti scolastici, le Università i musei. ma anche il dipartimento dei Vigili del Fuoco, le forze armate di Polizia ecc. La norma per questi settori ha infatti previsto l’emanazione di specifici decreti di attuazione.
Per la PA il legislatore del Testo unico ha inoltre previsto uno «statuto differenziato sulla valutazione dei rischi» disciplinato dall'articolo 18, comma 3, per cui: «Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l’obbligo giuridico».
Lo statuto differenziato trova applicazione limitatamente agli interventi strutturali e di manutenzione per assicurare la sicurezza degli edifici, ma non esonera i datori di lavoro delle PA riguardo gli aspetti di organizzazione del lavoro e di elaborazione delle procedure di sicurezza.
I datori di lavoro comunque, nel caso in cui ravvisino gravi ed immediati pregiudizi per la sicurezza e la salute dei lavoratori e degli utenti, dovranno adottare ogni misura idonea a contenere o eliminare lo stato di pregiudizio, informandone contemporaneamente l’amministrazione competente. Resta fermo il principio in base al quale nel settore pubblico la delega di datore di lavoro assume valore solo qualora il soggetto delegato abbia la titolarità effettiva del potere gestionale, con attribuzione di autonomi poteri di spesa.
L’obbligo di redigere i documenti di valutazione di «tutti i rischi» e di predisporre il piano delle misure di miglioramento impone alle PA di definire, in sede di programmazione economica, il programma di intervento per l’adeguamento e messa a norma degli edifici - luoghi di lavoro.
Tutto questo, in un periodo di ben nota crisi economica e di tagli considerevoli agli Enti locali, determina pesanti e spesso insostenibili aggravi per le casse della stessa PA.


4.5.2. Modalità operative del gruppo di lavoro
Come metodo di lavoro per l’approfondimento delle tematiche prima richiamate, allo scopo di ottimizzare il ricorso alle audizioni e di recepire informazioni organiche agli obiettivi della Commissione, il gruppo di lavoro sul personale della pubblica amministrazione e sui controlli pubblici antinfortunistici individua i soggetti da audire e, dove questo è possibile, i medesimi vengono ascoltati preventivamente in sede informale.
Contestualmente alla successiva convocazione verranno fatte pervenire, ai soggetti da audire, anche domande scritte legate agli argomenti in discussione, per consentire ai medesimi di predisporre una documentazione mirata da lasciare agli atti della Commissione e alla stessa di ottimizzare il proprio rendimento.
In seguito alle audizioni potranno essere elaborati e monitorati, per ulteriori aggiornamenti e sviluppi, tutti i dati e le informazioni raccolte.


4.5.3. Istituti e scuole di ogni genere e grado
Per le ragioni espresse nella premessa, relative alla complessità del comparto della pubblica amministrazione e tenendo conto di quelle che vengono definite «peculiari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative», il gruppo di lavoro da me coordinato ha delimitato il campo di indagine in macrosettori, partendo dal comparto della pubblica istruzione.
I dati che competono a questo settore sono rilevanti. Nelle scuole statali (10.761 dislocate in 42.007 edifici) studiano e lavorano oltre 9 milioni di persone. Lo stato dell’edilizia scolastica presenta gravissime carenze strutturali tali da rendere gli edifici vulnerabili in caso di incidenti causati da calamità naturali o altro, quali crolli ecc. (circa il 40 per cento dell’edilizia scolastica è esposta ad elevato rischio sismico e il 7 per cento ad elevato rischio idrogeologico). Per gli interventi più urgenti sarebbero necessari subito, secondo stime della Protezione civile, 13 miliardi di euro.
Gli infortuni sono la cartina tornasole di questo stato precario degli edifici: nel 2007 sono stati registrati 90.478 infortuni censiti agli alunni e 12.912 agli insegnanti, di questi alcuni sono risultati gravi e hanno determinato invalidità permanenti e altri sono stati addirittura mortali.14
Partendo da questi dati ho focalizzato la mia attenzione e quella del gruppo di lavoro, utilizzando gli strumenti di cui dispongo, sulle tematiche attinenti alla scuola. Al riguardo si rilevano due aspetti fondamentali: da un lato il tema della cultura della sicurezza e della formazione, dall'altro quello dell’emergenza edilizia scolastica.
Il tema della cultura della sicurezza e della formazione risulta a mio avviso centrale ed è infatti all'attenzione di tutti i gruppi di lavoro e della stessa Commissione d'inchiesta: esso è stato ampiamente trattato anche dal Ministro del lavoro e da quello dell’istruzione (si veda il successivo paragrafo 5.3, La cultura della sicurezza del lavoro nelle scuole).
Come gruppo di lavoro, su queste tematiche abbiamo in programma l’audizione dei dirigenti del Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca responsabili dei progetti della diffusione della cultura della sicurezza nelle scuole.
Oltre al processo avviato dai Ministeri del lavoro e dell’istruzione in attuazione dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 81 del 2008, per quanto concerne l’attivazione di specifici percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza, ritengo anche che si debbano indirizzare delle risorse organizzative ed economiche per avviare un piano di informazione e formazione integrato, in grado di dare in maniera esaustiva assistenza e supporto ai dirigenti scolastici per quanto concerne l’assolvimento dei propri obblighi organizzativi in materia di salute e sicurezza.
Mi riferisco ai corsi di formazione per i responsabili dei lavoratori per la sicurezza (gli RLS), per i dirigenti, per i preposti, per gli addetti ai servizi di prevenzione e protezione (gli ASPP), per gli addetti ai servizi antincendio e di primo soccorso, ma anche alla informazione, formazione e addestramento del personale dipendente (docenti ed ATA) sui rischi lavorativi specifici (disturbi da stress correlato, uso di videoterminale ecc.).
Il personale ATA andrebbe anche addestrato, in collaborazione con gli uffici tecnici preposti degli enti locali, in merito alle procedure operative da adottare in caso di emergenza (interventi sui comandi di emergenza degli impianti elettrici, antincendio, centrali termiche ecc.).
Tutto il «pacchetto della formazione» potrà avvalersi del supporto organizzativo delle «reti scolastiche» previste sia dall'autonomia scolastica che dal regolamento di cui al decreto ministeriale 29 settembre 1998, n. 382. Tali iniziative potranno essere effettuate d'intesa con gli enti istituzionalmente preposti alla tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Infine vorrei segnalare un altro aspetto, che potremmo dire che appartiene alla sfera dell’informazione e che riguarda l’applicazione della sorveglianza sanitaria nelle scuole.
Il Ministero dell’istruzione dovrebbe emanare un chiarimento esaustivo in merito agli obblighi di applicazione della medicina del lavoro (nomina del medico competente, sorveglianza sanitaria) nelle scuole di ogni ordine e grado. Ancora oggi i dirigenti scolastici brancolano nel buio su questo argomento, anche perché nel caso in cui si dovesse applicare la medicina del lavoro il costo derivato graverebbe sul bilancio di funzionamento della scuola.
Si potrebbero ipotizzare, nei casi in cui si dovessero verificare le condizioni per l’applicazione della sorveglianza sanitaria, convenzioni e/o azioni coordinate con il servizio sanitario pubblico.
Per quanto concerne l’emergenza edilizia scolastica, come ho avuto modo di esporre personalmente nei vari interventi nella Commissione ed in Assemblea,15 ritengo che questo debba essere considerato un argomento su cui concentrare l’attenzione di tutte le forze politiche e della società civile e su cui promuovere tutte le iniziative economiche, tecniche e organizzative necessarie per avviare un programma di azioni che consentano di stabilire le condizioni di sicurezza all'interno di tutti gli edifici scolastici.


Riteniamo che il programma di azioni da intraprendere debba prevedere i seguenti capisaldi:
1. programmazione immediata degli interventi per la messa in sicurezza degli edifici scolastici;
2. attivazione della normativa inerente il «fascicolo del fabbricato» per gli edifici scolastici e costituzione della banca dati delle certificazioni dei medesimi edifici;
3. definizione di un protocollo tecnico per realizzare piani organici per le manutenzioni degli edifici scolastici (criteri e metodologie per la programmazione e la gestione delle priorità degli interventi);
4. verifica della ricettività degli edifici scolastici e razionalizzazione dei processi funzionali - organizzativi e degli spazi disponibili;
5. coordinamento dei flussi di informazioni tra i diversi Osservatori (Ministeri, enti locali, ecc.);
6. rilanciare incisive iniziative di raccordo, coordinamento e cooperazione tra le Istituzioni scolastiche e gli Enti locali, finalizzate alla programmazione e gestione degli interventi di cui ai punti precedenti;
7. promuovere i protocolli di gestione e relative assunzioni di reciproche responsabilità tra gli enti locali proprietari degli edifici scolastici (Comuni e Provincie) e le istituzioni scolastiche.
Queste proposte, insieme alle altre sostenute da parte di tutti i soggetti interessati, dovranno essere confrontate con il testo, in corso di elaborazione da parte della Commissione consultiva permanente, del decreto di attuazione (regolamento recante norme per l’individuazione delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative), la cui emanazione è stata prorogata al 15 maggio 2011.
Un altro tema che sarà utile approfondire, con audizioni mirate ai Ministeri competenti (economia, infrastrutture e istruzione), riguarda le informazioni circolate recentemente a mezzo stampa (si veda ad esempio Il Sole 24 Ore del 10 ottobre 2010) in merito ad una proposta legislativa allo studio del Governo, per la creazione di una società per azioni cui conferire la proprietà degli edifici scolastici e la competenza per la loro manutenzione e messa in sicurezza.
In proposito, una prima risposta è stata fornita dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nel corso della recente audizione del 3 novembre 2010 dinanzi alla Commissione d'inchiesta. Il Ministro ha confermato che il progetto è effettivamente allo studio dei Ministeri competenti, anche se si tratta ancora di una semplice proposta, volta ad individuare formule alternative per reperire risorse finanziarie da destinare all'edilizia scolastica. È però un tema di grande rilevanza, sul quale il gruppo di lavoro intende condurre ulteriori approfondimenti con tutti i soggetti competenti.
Ad esempio, il quesito è stato posto il 10 novembre 2010, durante l’audizione dei rappresentanti dell’Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), i quali, pur riservandosi di fornire in altra occasione elementi specifici, hanno però confermato la loro attenzione in merito, offrendo la propria disponibile a collaborare con la Commissione anche su questo tema.


4.5.4. Audizioni proposte
Per la prosecuzione dell’attività d'indagine, il gruppo di lavoro si propone di svolgere le seguenti audizioni.
• Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca:
- Edilizia scolastica e sicurezza nelle scuole
- Progetti della diffusione della cultura della sicurezza nelle scuole
• Parti sociali:
- ANP - Associazione nazionale presidi (dirigenti e alte professionalità delle scuole)
- Principali sindacati della scuola
• INAIL/ISPESL
• INPDAP
• Conferenza Stato-Regioni
• ANCI
• UPI
• Enti tecnici:
- Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei ministri
- Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
- Vigili del Fuoco
- Consiglio Nazionale Ingegneri
• ANCE.

Al riguardo, segnalo che sono già stati effettuati, in via informale (secondo il metodo operativo prima indicato), incontri preliminari con il dottor Mario Di Costanzo, dirigente del MIUR per l’edilizia scolastica, in data 8 ottobre 2010 e con il dottor Giorgio Rembado, presidente dell’ANP, in data 28 ottobre 2010.


4.5.5. Principali argomenti in discussione
I principali argomenti da approfondire nel prosieguo dell’attività del gruppo di lavoro sono i seguenti:
- verifica dello stato di attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 nel comparto della scuola;
- verifica delle proposte in discussione presso la Commissione consultiva permanente per il decreto di attuazione (articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008);
- anagrafe nazionale edilizia scolastica è stato delle valutazioni strutturali e non strutturali degli edifici scolastici;
- piano economico per la programmazione degli interventi (legge 23/96, finanziamenti destinati dal CIPE all'edilizia scolastica, ecc.);
- interventi con la partecipazione dei privati (proposta avanzata dai rappresentanti dell’ANCE);
- attività della «cabina di regia» per l’inserimento della salute e sicurezza nei programmi scolastici e universitari. Finanziamenti per le attività formative nella scuola;
- progetto del Governo per una società per azioni cui conferire la proprietà degli edifici scolastici e la competenza per la manutenzione e messa in sicurezza.16


4.5.6. Controlli pubblici antinfortunistici
L’altro filone di indagine del gruppo di lavoro è quello dei controlli pubblici in materia antinfortunistica, le cui competenze sono affidate ad una pluralità di organismi.
In proposito, la Commissione ha avuto modo di verificare nel corso della sua inchiesta l’esigenza di rafforzare in maniera sempre più incisiva il coordinamento e la collaborazione fra tutti gli enti istituzionali che si occupano, a vario titolo, della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, sia a livello centrale che locale, secondo quanto espressamente previsto dal Testo unico. In taluni casi, infatti, in questo campo si rileva ancora una sovrapposizione e duplicazione di competenze (ad esempio nella fase ispettiva e di controllo), che certamente non aiuta l’efficacia e la speditezza dell’azione amministrativa.
Il tema è ampiamente trattato nei successivi paragrafi 5.1.1 (Il problema dei controlli) e 5.5 (Il controllo sul territorio. Il ruolo delle prefetture e delle forze dell’ordine) della presente relazione.
Considerando che l’attuale crisi economica non consente di ampliare l’organico del personale addetto alla vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, riteniamo che un intervento di ottimizzazione delle procedure potrebbe essere auspicabile: è in questo senso allora che proponiamo l’elaborazione di procedure standardizzate finalizzate alla redazione del verbale unico ispettivo utilizzabile dagli organi preposti al fine di promuovere l’uniformità dell’applicazione della normativa vigente. Oggi, lo ricordo, gli organi ispettivi di vigilanza dispongono di modelli «in bianco» da compilare in maniera «discrezionale» nell'ambito delle ispezioni nei luoghi di lavoro.
Il ruolo (quello cioè di elaborare le procedure standardizzate di cui sopra) dovrebbe essere affidato alla Commissione Consultiva di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni, di concerto con il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 81 del 2008.
La pianificazione dei modelli standardizzati per la stesura dei verbali unici ispettivi, adottabili dagli organi competenti, garantirebbe anche una migliore efficacia nell'ambito del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro previsto dall'articolo 8 del Testo unico.


4.6. Gruppo di lavoro sui trasporti e gli infortuni in itinere (a cura del senatore Carmelo Morra)17

4.6.1. Premessa
Il presente elaborato si raccorda e si rapporta in linea con gli obiettivi che l’attuale Governo sta perseguendo attraverso una continua e costante azione volta al progressivo miglioramento della tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
La tematica qui affrontata interessa il fenomeno infortunistico nel settore dei trasporti, già individuato quale situazione di particolare importanza nell'ambito delle misure di prevenzione e protezione da attuare per elevare il livello di salute e sicurezza della comunità lavorativa/occupazionale presente nel paese.
Si è così data continuità al progetto, già in atto, che si è posto come obiettivi non solo la rilevazione della dimensione reale del problema, ma anche l’individuazione di azioni, indirizzi e strumenti di contenimento e abbattimento di tale fenomeno.


4.6.2. Decreti attuativi in fase di emanazione
Come già ricordato nel paragrafo 2.2, in seguito all'emanazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, è emersa dalle parti interessate (quali associazioni imprenditoriali di categoria, associazioni sindacali e componenti sociali la necessità di una rivisitazione del citato decreto, al fine di razionalizzare le linee guida applicative che interessino aspetti procedurali, tecnici e sanzionatori.
Le modifiche ed integrazioni introdotte dal decreto legislativo n. 106 del 2009 rappresentano una prima risposta in tal senso, in quanto è stata disposta l’elaborazione di successivi decreti di attuazione, aventi per scopo quello di delineare procedure standardizzate, necessarie a dare completa esecuzione ai dettami normativi di recente introduzione.
Dei vari provvedimenti si è parlato diffusamente nei paragrafi 2.32.7. In particolare, ai fini del tema che qui interessa, tra i provvedimenti già messi in atto si citano:
l’elaborazione di indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, la cui valutazione è stata prorogata al 31 dicembre 2010;
il decreto attuativo relativo alle ROA (radiazione ottiche artificiali) delineate all'interno della norma di cui al Capo V del Titolo VIII del Testo unico, con termine di scadenza in data 26 aprile 2010.
Altre disposizioni ancora in fase di attuazione:
- l’elaborazione, entro il 31 dicembre 2010, di procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi, tenendo conto dei profili di rischio e degli indici infortunistici di settore;
- l’elaborazione di criteri finalizzati alla definizione del sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi;
- l’estensione e la regolamentazione del campo di applicazione del decreto in capo alle associazioni di volontariato e/o all'amministrazione del servizio civile;
- l’elaborazione di uno specifico strumento guida valutativo del rischio, che possa sostituire in modo efficace l’autocertificazione prevista in carico ai datori di lavoro di cui all'articolo 29, comma 5, del decreto legislativo n. 81 del 2008;
- la definizione di modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese;
- l’elaborazione di criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza sul lavoro;
- la formalizzazione degli strumenti informativi e formativi utilizzati per prevenire e combattere la diffusione dei rischio derivante dall’uso di alcolici e sostanze stupefacenti;
- la regolamentazione dei monitoraggi relativi ai rischi fisici, con particolare riferimento alle vibrazioni trasmesse a corpo intero, mano e braccio;
- emanazione di particolari misure per la tutela delle lavoratrici gestanti che svolgono mansioni connesse all'utilizzo e alla guida di automezzi di tipo ordinario e di tipo speciale.
Di particolare importanza per il tema dei trasporti e degli infortuni in itinere, sono infine le disposizioni che prevedevano, entro dodici mesi dalla entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2008, con decreto dei ministeri e degli organismi di settore interessati, l’emanazione di un regolamento per l’individuazione delle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgano in presenza di traffico veicolare.
Appare evidente che i sopracitati decreti interessano il settore dei trasporti su gomma, che rispetto alle altre tipologie di trasporto su rotaia, per via acquea ed aerea presenta rilevanti rischi di eventi infortunistici e patologie lavorative. In particolare gli elementi relativi ad una maggior definizione delle condizioni di prevenzione applicabile al comparto trasporti su gomma risultano essere:
- approfondimento dei parametri applicabili agli autotrasportatori autonomi in fase di valutazione del rischio ed in funzione delle conseguenti azioni di miglioramento;
- implementazione del processo di informazione e formazione, per una continua azione volta alla prevenzione della diffusione dei rischio derivante dall'uso di alcolici e sostanze stupefacenti;
- utilizzo di svariate emittenti di comunicazione locale, zonali e territoriali atte a pubblicizzare in maniera capillare ma non ridondante la politica della tutela dell’integrità psicofisica personale, anche per le notevoli ricadute su quella della collettiva;
- implementazione delle misure procedurali che definiscano le istruzioni operative obbligatorie di gestione degli interventi manutentivi dei veicoli, della loro regolarizzazione, certificazione e tracciabilità e quindi anche della qualificazione degli operatori del settore;
- incentivazione delle policy aziendali relative alla programmazione e pubblicizzazione di eventi formativi tecnici strettamente correlati al trasporto ed allo spostamento su gomma (es. corsi di guida sicura, ecc.).


4.6.3. Incorporazione e soppressione dell’ISPESL
Al fine di garantire una più efficace azione amministrativa migliorando l’erogazione dei servizi agli utenti privati e alle categorie professionali e di assicurare, a regime, la riduzione dell’attuale spesa, è stata emanata la direttiva in merito alle prime linee attuative in materia di soppressione e incorporazione degli enti e istituti vigilati, come previsto dall'articolo 7 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sulla manovra finanziaria. Come richiamato nel paragrafo 2.7, infatti, il citato articolo 7 prevede, significativi interventi di razionalizzazione e integrazione di funzioni omogenee in campo previdenziale, assistenziale e assicurativo, attraverso la soppressione di enti pubblici e istituti di dimensioni minori e la loro incorporazione in enti con dimensione e struttura organizzativa più articolate, secondo criteri di concentrazione, uniformità di azione e maggiore efficienza nell'utilizzo delle risorse umane e strumentali. In particolare, le disposizioni richiamate prevedono la soppressione dell’IPSEMA dell’ISPESL e la loro contestuale incorporazione nell'INAIL.
Ribadendo le valutazioni già espresse dalla Commissione, diventa pertanto importante trasferire le professionalità esistenti nel sistema prevenzionistico all'interno del nuovo «contenitore», al fine di valorizzarle e di rilanciare un nuovo quadro operativo e interventistico che unisca e condivida gli interventi preventivi con quelli risarcitivi ed assicurativi. Si potrà in tal modo realizzare un concreto contributo alla armonizzazione degli interventi degli organi di vigilanza e controllo che produrrà sicuramente un miglioramento della qualità del sistema del servizio e un considerevole recupero di risorse.


4.6.4. Analisi degli incidenti accaduti nel settore trasporti
Secondo quanto segnalato nel Rapporto annuale INAIL 2009, lo scorso anno su 790.000 infortuni complessivi sul lavoro verificatisi in Italia sono stati 696.863 quelli in occasione di lavoro e 93.137 quelli in itinere (ovvero durante il tragitto casa/lavoro e lavoro/casa).
Nell'ambito dei 696.863 infortuni in occasione di lavoro sono state 50.168 le denunce che hanno riguardato la circolazione stradale (ovvero che hanno interessato categorie professionali che svolgono il loro lavoro sulla strada: autotrasportatori di merci e persone, commessi viaggiatori, addetti alla manutenzione stradale).
Nel 2008 - a fronte di un complesso di 875.144 incidenti totali - gli incidenti in occasione di lavoro erano stati 775.927, mentre quelli in itinere 99.217. Nell'ambito dei 775.927 infortuni in occasione di lavoro nel 2008 le denunce relative alla circolazione stradale erano state 51.357. Tra gli infortuni in occasione di lavoro, pertanto, quelli che hanno interessato la circolazione stradale tra il 2008 e il 2009 hanno registrato una flessione del 2,3 per cento.
Per quanto riguarda la voce specifica dei casi mortali nell'ambito degli incidenti da circolazione stradale (ovvero che hanno interessato categorie professionali che svolgono il loro lavoro sulla strada: autotrasportatori di merci e persone, commessi viaggiatori, addetti alla manutenzione stradale), nel 2009 questi sono stati 303 (su un totale di 1.050 denunce all'INAIL). Nel 2008, invece, erano stati 338 (su un totale di 1.120 casi), per una flessione del 10,4 per cento.
Per quanto riguarda gli infortuni mortali in itinere (tragitto casa/lavoro e lavoro/casa), invece, questi nel 2009 sono stati 283 a fronte di 291 casi del 2008 (per una flessione del 2,7 per cento).
In particolare, occorre sottolineare che nei primi quattro mesi del 2010, l’Osservatorio infortuni sul lavoro di una società di consulenza italiana ha registrato 141 casi di decessi avvenuti in ambito lavorativo. La regione con il maggior numero di casi di morte è la Lombardia, con il 17,7 per cento, seguono la Puglia e il Veneto. A titolo di confronto, si consideri che la caduta di persone dall'alto è la principale causa di morte sul lavoro, seguita dal ribaltamento del veicolo/mezzo in movimento, dalla caduta dall’alto di gravi, dall’investimento da mezzo semovente e dal contatto con oggetti/mezzi in movimento, mentre i settori economici più colpiti sono l’agricoltura e le costruzioni.
Risulta evidente dai dati sopra riportati che la posizione di preminenza che rivestono gli infortuni che vedono coinvolti mezzi di trasporto e macchine operatrici, in quelle zone, aree, territori ove il trasporto su gomma è maggiormente radicato.
Questi aspetti si legano notoriamente al tema più generale della sicurezza stradale, un settore centrale e delicato che presenta un particolare livello di rischio e necessita di un anamnesi approfondita dei vari elementi che concorrono a determinare le criticità del fenomeno, gli incidenti stradali hanno rappresentato in questi anni spesso più del 50 per cento del totale delle morti sul lavoro in Italia, e in questo ambito il trasporto di merci su strada ha rappresentato una componente vulnerabile, anche in relazione ad alcune caratteristiche spesso presenti: lavori in appalto, turn-over delle ditte, presenza di molti lavoratori autonomi, lavoro contemporaneo di più ditte.
Dato interessante, secondo i professionisti della sicurezza, è che sono i cantieri edili le aree più a rischio per chi lavora sulle strade: gli automobilisti, nonostante i cartelli «Lavori in corso - Men at work», continuano a sfrecciare a velocità folli sulle corsie, spesso ridotte in numero e ristrette in larghezza a causa dei lavori in corso. Non succede raramente, dal momento che solo sulle autostrade vengono attivati ogni anno 40.000 cantieri, che impiegano mediamente oltre 30 persone al giorno.
La viabilità modificata, la segnaletica provvisoria, unite alla velocità e alla scarsa visibilità dei cantieri nelle ore notturne, sono le cause principali degli infortuni stradali. Un argomento su cui INAIL ha avviato un progetto con Assosegnaletica, associazione che riunisce i produttori 20 di segnaletica stradale in Italia.18


4.6.5. Articolazione operativa per macro-aree

1. Audizioni programmate

Al fine di provvedere ad un monitoraggio reale delle possibili cause ed effetti connessi a tale fenomeno incidentale e infortunistico, si ritiene necessario programmare una serie di audizioni con i Presidenti e con i responsabili di enti pubblici, associazioni sindacali e/o di categoria, altri soggetti pubblici e/o privati di settore anche per recepire osservazioni e/ o proposte utili al raggiungimento degli obiettivi di riduzione e controllo del fenomeno infortunistico in itinere.
Si riportano i principali soggetti di riferimento per le audizioni:
- INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro)
- associazioni di categoria, sindacati ed Enasarco
- enti e società autostradali, enti e società trasporto ferroviario
- enti e società trasporto marittimo
- enti e società trasporto aereo
- rappresentante Agenzia della Sicurezza di Bilbao
- Regioni e Province
- Comuni di grandi dimensioni ed aree metropolitane
- ASL/Direzione Provinciale del Lavoro
- assicurazioni per le responsabilità civile automobilistica (RCA).


2. Formazione su guida sicura
Erogazione corsi di guida sicura a tutti quei lavoratori addetti ai trasporti, con particolare riferimento a quelli su strada.


3. Proposta di incentivazione in sinergia con le assicurazioni
Con specifico riferimento al punto precedente, proporre accordi con le assicurazioni per il conducente in merito a sgravi dei premi assicurativi se il soggetto ha conseguito attestati di guida sicura.


4. Servizio emergenza trasporti (SET) e Centro nazionale di informazione tossicologica (CNIT)
Implementazione del Servizio emergenze trasporti (SET). Tale Servizio è un programma volontario a cui aderiscono imprese associate a Federchimica e a cui partecipano altre imprese e associazioni interessate a cooperare con le Autorità pubbliche, al fine di assisterle negli eventuali incidenti derivanti dal trasporto su strada e su ferrovia di sostanze e preparati chimici. Federchimica, che ha la missione di tutelare la competitività delle imprese associate, persegue la strategia di mettere a punto, diffondere e migliorare i sistemi di prevenzione degli incidenti e, attraverso il SET, di supportare il piano di azioni delle Autorità Pubbliche.
In particolare, il SET fornisce agli aderenti un servizio che prevede:
- l’utilizzo del Centro di Risposta di Porto Marghera, noto a tutte le Autorità interessate in base al Protocollo d'Intesa sottoscritto da Federchimica;
- il pronto intervento in base alle necessità:
livello 1: informazione sui prodotti chimici coinvolti
livello 2: mobilitazione di un tecnico qualificato sul luogo dell’incidente
livello 3: mobilitazione di una squadra di emergenza aziendale sul luogo dell’incidente.
La struttura operativa per gli eventuali incidenti stradali è costituita da un «Centro di risposta nazionale» e da 34 «Punti di contatto aziendali» delle imprese aderenti al SET. Per incidenti su ferrovia il SET agisce attraverso la sala operativa Trenitalia di Milano e altre 13 sale operative nel Paese.
Il SET viene attivato esclusivamente digitando un numero riservato alle Prefetture, ai comandi provinciali dei Vigili del fuoco e a Trenitalia, assicurando la sua assistenza 24 ore su 24 tutti i giorni.
Federchimica ha stipulato inoltre una Convenzione con la Fondazione Maugeri di Pavia per la messa a disposizione del CNIT (Centro nazionale per l’informazione tossicologica) quale punto di contatto per le imprese aderenti al SET, nei casi di intervento di livello 1 (dati e informazioni su sostanze preparati chimici).
Il CNIT ed il CAV (Centro antiveleni laboratorio di tossicologia), operativi presso la Fondazione Maugeri, che è stata individuata quale «centro di competenza», offrono un supporto tecnico scientifico alle istituzioni pubbliche e private e al dipartimento per i settori di tossicologia medica e della tossico-vigilanza anche nella gestione tossicologica di incidenti chimici. Tali attività sono volte all’individuazione di:
- procedure efficaci per l’attivazione e per l’intervento specialistico del centro antiveleni nella cogestione sanitaria dell’emergenza conseguente ad un incidente rilevante, a supporto degli operatori sanitari presenti sul luogo dell’evento, al fine di integrare, di volta in volta, l’impiego delle procedure generali di base con quello di procedure specifiche dipendenti dalle caratteristiche del singolo evento che coinvolge una o più sostanze pericolose definite dal decreto legislativo n. 334 del 1999;
- procedure operative standard di base applicabili al sistema di soccorso territoriale 118 per ridurre il rischio di contaminazione del personale stesso durante le fasi di soccorso (ivi compresa la fase di decontaminazione degli esposti), basate su:
a) miglioramento dell’informazione sui rischi da sostanze chimiche (effetti irritanti, caustici/corrosivi, tossici sistemici, reazione delle sostanze chimiche);
b) adozione di adeguati mezzi di protezione personale e programmazione dell’addestramento al loro impiego;
c) impiego di procedure di base per la decontaminazione dei soggetti esposti.

Dal canto loro le aziende s'impegnano a fornire al CNIT (su dischetto in formato Word) tutte le informazioni tecniche (su una scheda composta da 16 punti) relativamente ai prodotti trattati ed al loro regolare aggiornamento.
Quale strumento di supporto la Federchimica mette a disposizione sul suo sito, www.federchimica.it, la Banca dati incidenti nel trasporto, disponibile con assegnazione di una password, con i dati relativi ad interventi del SET ed altri incidenti registrati da fonti nazionali e internazionali.
È importante inoltre evidenziare l’integrazione del SET nel Programma ICE., basato su 15 Centri di risposta nazionali oltre che sul REMPEC, Regional Marine Pollution Emergency Response Centre for the Mediterranean Coastal States, a Malta.
L’integrazione nel Programma ICE assicura per incidenti transnazionali:
- il trasferimento di dati ed informazioni immediati, costituenti l’intervento di livello 1, attraverso la rete dei Centri di Risposta Nazionale;
- la transazione di altri dati e informazioni tramite la Banca dati incidenti nel trasporto di Federchimica;
- lo scambio di competenze ed esperienze europee, mediante riunioni di aggiornamento e simulazioni di eventi incidentali.

Oltre a garantire un servizio che soddisfi le esigenze di sicurezza nei trasporti, l’adesione a S.E.T. comporta ulteriori vantaggi:
- costi di partecipazione molto più convenienti rispetto a quelli richiesti da altre organizzazioni private per servizi, peraltro, di minor livello;
- costi d'intervento dimezzati rispetto alle tariffe normali;
- soddisfacimento ottimale delle aspettative delle Autorità e delle case madri estere;
- vantaggi sui premi assicurativi;
- copertura estesa anche all'estero;
- opportunità di utilizzo del CNIT anche per altri servizi a condizioni convenzionate;
- miglioramento dell’immagine dell’azienda, dell’associazione e della chimica in generale.


5. Campagna di comunicazione relativa al divieto di uso di alcool e droghe
Tale comunicazione dovrebbe essere indirizzata con particolare riferimento alle aziende con personale viaggiante (automezzi, autoveicoli, treni, ecc.).


6. Formazione antincendio e aspetti ambientali per Forze dell’ordine che operano su strada
Si ritiene necessario promuovere iniziative nel campo della formazione ed addestramento antincendio e di primo pronto soccorso per il personale addetto alla forza pubblica, che spesse volte presta il primo intervento e soccorso in caso di incidenti stradali anche gravi con il coinvolgimento di mezzi che trasportano merci pericolose a rischio di incendio, scoppio ed esplosione e/o lo sversamento di sostanze che possono comportare inquinamento ambientale aria, acqua e suolo.


7. Proposta di un'Agenzia unica della sicurezza nazionale
Proposta di predisposizione di un'Agenzia unica della sicurezza nazionale, con finalità di armonizzazione e centralizzazione del flusso informativo, relativo agli eventi infortunistici e/o incidentali che possono interessare il settore lavorativo e sociale.
In ultima analisi, l’obiettivo dei lavori della Commissione in questo settore potrà essere realizzato costituendo un unico modello informativo di organizzazione e gestione delle iniziative prevenzionistiche nel campo dell’ infortunistica stradale da lavoro, che non può e non deve essere trattata separatamente da quella comunemente stradale. Quindi integrazione e armonizzazione delle norme, ma soprattutto educazione alla sicurezza stradale a tutti i livelli a partire dalla scuola dell’obbligo, tematiche e punti di forza che non possono prescindere da una interazione continua e sostanziale con il medico competente ed il medico di base per realizzare una efficace prevenzione sul lavoro.


4.7. Gruppo di lavoro sull'edilizia, le costruzioni e gli appalti (a cura del senatore Enzo De Luca)
Per gli approfondimenti specifici sulle questioni connesse al gruppo di lavoro sull'edilizia, le costruzioni e gli appalti, si rinvia a quanto evidenziato nei paragrafi 5.1, 5.1.1 e 5.1.2 della presente relazione intermedia, nonché in quella dello scorso anno. In questo paragrafo si intende soprattutto illustrare una serie di proposte concrete rivolte al settore delle attività edili. Sulla base delle esperienze acquisite al termine delle audizioni, delle indagini effettuate e dei riscontri rilevati, la Commissione ha concentrato l’attenzione, in particolare, sulle misure di incentivazione alla sicurezza sui cantieri edili. Per favorire tale cultura si ritiene utile sostenere, mediante incentivi concreti, le imprese che agiscono in modo virtuoso su questo fronte.
A partire dal premio di sicurezza - calcolabile, ad esempio, in una percentuale pari allo 0,50 per cento dell’importo totale dei lavori - da corrispondere, previe specifiche verifiche del responsabile del procedimento, alle ditte aggiudicatarie degli appalti che abbiano applicato tutti gli obblighi previsti dalla vigente normativa in tema di sicurezza.
Ancora, nel caso in cui dagli accertamenti risulti che le imprese abbiano adottato nel proprio sistema organizzativo adeguate politiche di tutela della incolumità e della salute dei propri lavoratori - a partire dalla formazione specifica per il montaggio delle strutture del cantiere, dalla valutazione dello stress correlato ai lavori da effettuare, dall'elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza - si considera plausibile pensare ad una riduzione della cauzione definitiva.
Si ritiene altresì fondamentale, sempre ai fini di incentivare la cultura della sicurezza attraverso un miglioramento continuo delle condizioni dei luoghi di lavoro, istituire, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un apposito fondo per la sicurezza e la salute dei lavoratori denominato «Fondo per la vita».
Ad esso potranno accedere le imprese edili per la copertura delle spese anticipate per incrementare sui propri cantieri l’attuazione delle iniziative a tutela dei propri lavoratori.
Considerato quanto emerso dalle indagini svolte dalla Commissione, si ritiene che il miglioramento delle condizioni di sicurezza nel cantiere in cui dovranno essere eseguiti i lavori oggetto degli appalti debba essere inserito tra i criteri di valutazione delle offerte presentate per aggiudicarsi l’appalto della gara.
Il punteggio da assegnare a tale criterio non potrà essere inferiore a quello, considerato tra i più importanti ai fini dell’aggiudicazione delle gare, assegnato ai tempi di esecuzione dei lavori.
Si tratta di proposte che mirano al conseguimento dello stesso obiettivo, ma sono animate anche dal medesimo principio ispiratore che è quello di una maggiore assunzione di responsabilità, da parte delle imprese, rispetto alla necessità di procedere con atti concreti al potenziamento della sicurezza sui luoghi di lavoro.
In tal modo, in un'ottica di sempre più stretta collaborazione tra istituzioni ed imprese, la Commissione intende agire con iniziative concrete per sbarrare il passo alla criminalità organizzata - purtroppo molto presente, attraverso ditte collegate o espressione diretta dei clan - che vince presentando offerte solo apparentemente vantaggiose, per poi lucrare sulla pelle dei lavoratori.
Pratiche inaccettabili in un Paese che voglia dirsi civile, che non può tollerare oltre le continue morti sui cantieri.