Cassazione Penale, Sez. 4, 27 gennaio 2011, n. 2816 - Responsabile operativo di uno stabilimento e infortunio


 

Responsabilità del responsabile operativo dello stabilimento di una s.p.a. per infortunio sul lavoro in danno del dipendente O. C.. Quest'ultimo, mentre era intento alla manutenzione dei contatti di alimentazione della linea 6 del reparto bagni galvanici, era stato colpito alla mano destra dalla barra del nichel, posizionata a 20 cm dal supporto della vasca, subendo la sub amputazione apice del terzo dito, con postumi invalidanti.

 

Condannato, ricorre in Cassazione - Inammissibile. 

 

"La responsabilità dell'imputato, nella qualità di responsabile dello stabilimento della s.p.a. Galvaniche R. di (OMISSIS) istituito con atto notarile, procuratore con potere di iniziativa e di spesa in materia di sicurezza del lavoro - per conto della quale lavorava l'operaio infortunatosi, è stata correttamente ricondotta dai giudici di merito, valorizzando gli elementi probatori in atti, ai seguenti comportamenti omissivi rimasti incontestati: l'omesso rispetto dell'orario di riposo previsto per il lavoratore; l'omessa formazione dell'operaio messo a lavorare per quell'impianto; l'omessa predisposizione di un servizio di coordinamento dell'attività su linee diverse dell'impianto, che aveva reso possibile l'incidente, consentendo che il pulsante manuale fosse azionato senza la previa verifica dell'esaurimento dell'attività di manutenzione."

 

E ancora: "Questa conclusione è coerente con il ruolo del responsabile operativo dello stabilimento, con potere di iniziativa e di spesa in materia di sicurezza del lavoro, equiparabile, quanto agli obblighi di sicurezza nei confronti dei lavoratori, alla posizione di garanzia del datore di lavoro, gravando sullo stesso i medesimi obblighi di protezione dai rischi specifici inerenti l'attività lavorativa svolta, con il conseguente obbligo di impedire l'evento lesivo.
La decisione è in linea, in punto di diritto, con la giurisprudenza costante di questa Corte secondo la quale è principio non controverso quello secondo cui ai fini della configurabilità della responsabilità del responsabile dello stabilimento è sufficiente l'inadempimento agli obblighi riconducibili, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell'art. 2087 c.c. e (ora, anche)
D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e), in forza dei quali il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto sono comunque costituiti garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove gli stessi non ottemperino all'obbligo di tutela, l'evento lesivo correttamente viene loro imputato in forza del meccanismo previsto dall'art. 40 c.p., comma 2".

"Ne consegue che i soggetti ivi indicati devono sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa: l'inadempimento a tale obbligo è sufficiente a fondare la colpa."


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere
Dott. IZZO Fausto - Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 


sul ricorso proposto da:
1) M.M., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 6749/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 19/05/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
udito il Procuratore Generale in persona del Dr. D'Ambrosio Vito, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avv. Rocchi Fabrizio del Foro di Sesto S. Giovanni, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto

 

La Corte di appello di Milano confermava il giudizio di responsabilità per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica, commesso in data (OMISSIS) da M.M., in qualità di responsabile operativo dello stabilimento di (OMISSIS) della s.p.a G. R., in danno del lavoratore dipendente O. C.. Quest'ultimo, mentre era intento alla manutenzione dei contatti di alimentazione della linea 6 del reparto bagni galvanici, era stato colpito alla mano destra dalla barra del nichel, posizionata a 20 cm dal supporto della vasca, subendo la sub amputazione apice del terzo dito, con postumi invalidanti.

 

Il M. propone ricorso per Cassazione avverso la citata sentenza articolando tre motivi.

 

Con il primo deduce la nullità assoluta della sentenza sul rilievo della erronea indicazione della data di comparizione nel decreto di citazione per il giudizio di appello, indicata come 19/5/2005 anzichè 19/5/2009, giorno in cui si era effettivamente svolta l'udienza.
Con il secondo lamenta la manifesta illogicità della motivazione con riferimento al ritenuto nesso causale tra le presente omissioni e l'evento.
Con il terzo motivo lamenta la carenza di motivazione con riferimento alla doglianza sul mancato recupero dello sconto di pena per il patteggiamento proposto dall'imputato, per il quale il PM non aveva prestato il consenso; reitera altresì la doglianza relativa alla incongruità della pena detentiva irrogata invece di quella pecuniaria prevista in alternativa.

 

Il ricorso è manifestamente infondato.

 

Manifestamente infondato è il primo motivo di carattere processuale.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (v. Sezione 2, 6 dicembre 2005, Biondolillo ed altri, rv. 232930), l'errore intervenuto nell'indicazione della data di udienza non è causa di nullità assoluta del decreto che dispone il giudizio allorchè lo stesso sia, per la sua evidenza e macroscopicità, agevolmente riconoscibile e inidoneo a ingenerare equivoco sull'identificazione della data effettivamente fissata per la comparizione. Il principio è stata correttamente applicato dalla Corte di merito nel caso in esame, in cui era stata indicata nel decreto, per errore, la data di udienza, ormai decorsa, corrispondente allo stesso giorno e mese dell'anno 2005 anzichè dell'anno 2009, errore evidentemente inidoneo a creare confusione tanto che il difensore aveva partecipato all'udienza.

Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, risolvendosi la doglianza afferente il ritenuto nesso causale tra le omissioni contestate e l'evento in una censura di merito afferente la valutazione dei mezzi di prova che sfugge al sindacato di legittimità, in quanto la motivazione in proposito fornita dal giudice di merito appare logica e congruamente articolata.

La responsabilità dell'imputato, nella qualità di responsabile dello stabilimento della s.p.a. Galvaniche R. di (OMISSIS) istituito con atto notarile procuratore con potere di iniziativa e di spesa in materia di sicurezza del lavoro - per conto della quale lavorava l'operaio infortunatosi, è stata correttamente ricondotta dai giudici di merito, valorizzando gli elementi probatori in atti, ai seguenti comportamenti omissivi rimasti incontestati:
l'omesso rispetto dell'orario di riposo previsto per il lavoratore; l'omessa formazione dell'operaio messo a lavorare per quell'impianto;
l'omessa predisposizione di un servizio di coordinamento dell'attività su linee diverse dell'impianto, che aveva reso possibile l'incidente, consentendo che il pulsante manuale fosse azionato senza la previa verifica dell'esaurimento dell'attività di manutenzione.

Questa conclusione è coerente con il ruolo del responsabile operativo dello stabilimento, con potere di iniziativa e di spesa in materia di sicurezza del lavoro, equiparabile, quanto agli obblighi di sicurezza nei confronti dei lavoratori, alla posizione di garanzia del datore di lavoro, gravando sullo stesso i medesimi obblighi di protezione dai rischi specifici inerenti l'attività lavorativa svolta, con il conseguente obbligo di impedire l'evento lesivo.
La decisione è in linea, in punto di diritto, con la giurisprudenza costante di questa Corte secondo la quale è principio non controverso quello secondo cui ai fini della configurabilità della responsabilità del responsabile dello stabilimento è sufficiente l'inadempimento agli obblighi riconducibili, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell'art. 2087 c.c. e (ora, anche) D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e), in forza dei quali il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto sono comunque costituiti garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove gli stessi non ottemperino all'obbligo di tutela, l'evento lesivo correttamente viene loro imputato in forza del meccanismo previsto dall'art. 40 c.p., comma 2, (v., tra le tante Sez. 3, 15 dicembre 2007, Magnani e, più di recente, Sezione 4, 8 luglio 2009, Fontanella).
Ne consegue che i soggetti ivi indicati devono sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa: l'inadempimento a tale obbligo è sufficiente a fondare la colpa.

Anche il terzo motivo è manifestamente infondato.

Il mancato recupero dello sconto di pena per il patteggiamento proposto dall'imputato è stato logicamente e correttamente motivato, oltre che con il livello di gravità delle lesioni riportate dal lavoratore, con la rilevante intensità della colpa del responsabile dello stabilimento, tenuto conto della massima disattenzione nella considerazione delle condizioni oggettive e soggettive del lavoro dei dipendenti.
Analoghe considerazioni valgono per la richiesta applicazione della sanzione alternativa della multa, disattesa dal giudice di merito, con la motivazione sopra indicata, che,in quanto congrua e adeguata, rende la relativa valutazione incensurabile in questa sede di legittimità.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000, (mille), a titolo di sanzione pecuniaria, in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

 

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.