Cassazione Penale, Sez. 4, 02 marzo 2011, n. 8267 - Postazione di lavoro di un addetto ai comandi della pista del treno e cause di infortunio


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere
Dott. MAISANO Giulio - rel. Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere
Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

 

sul ricorso proposto da:
1) V.E. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3198/2006 CORTE APPELLO di GENOVA, del 03/06/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. STABILE Carmine che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 


 
Fatto

 

Con sentenza del 3 giugno 2010 la Corte d'Appello di Genova, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Genova del 4 ottobre 2006 ha  concesso a V.E. il beneficio della sospensione condizionale della pena confermando la sua condanna alla pena di giorni venti di reclusione, pena interamente condonata, per il reato di cui all'art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3 perchè, nella sua qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante della V. Lavori Ferroviari s.p.a., cagionava per colpa a V.M. dipendente della medesima società, lesioni personali consistite in trauma da schiacciamento della mano sinistra con perdita di materiale, dalle quali è derivata una malattia guarita in oltre quaranta giorni, con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un uguale periodo di tempo e con l'indebolimento permanente dell'organo della prensione.

Colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ed in particolare per avere messo a disposizione dei lavoratori addetti alle operazioni di rimozione e sostituzione delle traversine dei binari un treno di rinnovamento munito di una postazione di lavoro per l'addetto ai comandi della pista (cioè di quella parte del treno che serve a rimuovere le vecchie traversine ed a sistemare quelle nuove lungo la linea) non idonea ai fini della sicurezza in quanto posta nelle immediate vicinanze della zona di scorrimento del portale sprovvista di protezioni o dispositivi di sicurezza atti ad evitare il contatto dell'operatore con il portale in movimento.

 

Nella specie il lavoratore V.M. addetto ai comandi della pista del treno di rinnovamento che in quel momento stava transitando nel tratto compreso tra le stazioni di (OMISSIS), si trovava nella sua postazione di lavoro costituita da una pedana rialzata rispetto al suolo di circa 70 - 80 cm. posta a lato della rotaia.

 

Il lavoratore accortosi della presenza di un ostacolo lungo la linea ferroviaria si accingeva a scendere dalla pedana verso il carro per evitare che la stessa andasse ad urtare contro l'ostacolo, quando veniva urtato alla spalla sinistra dalla gamba del portale in movimento; istintivamente saltava giù dalla pedana e, per non cadere dal portale medesimo, cercò con la mano appoggio sulla rotaia di scorrimento del portale che continuava ad avanzare, e la mano stessa rimaneva incastrata fra la ruota del portale e la rotaia con le conseguenti lesioni suddette. Il fatto è avvenuto in (OMISSIS).

La Corte territoriale ha motivato la conferma della responsabilità dell'imputato, in modo diverso dal giudice di primo grado che aveva addebitato l'incidente all'urto della spalla del lavoratore con il portale in movimento assolvendo il V. dalla colpa consistita nella mancanza di cuffie protettive "scacciamani", considerando invece che l'incidente è avvenuto in quanto la parte lesa è stata costretta a far fronte ad un improvviso pericolo costituito dalla possibilità di urto della pedana con un ostacolo lungo la linea, con conseguente necessità per il lavoratore di una manovra che lo ha esposto al pericolo di essere travolto da ben due mezzi in movimento, per cui la colpa dell'imputato è consistita nella mancanza di una sufficiente valutazione dei rischi dell'ambiente di lavoro e, in particolare, dello scorrimento delle gambe del portale, in carenza di protezioni.

 

Il V. propone ricorso avverso tale sentenza lamentando, con il primo motivo, violazione ed erronea applicazione di norme di legge ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), con particolare riferimento agli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 590 c.p., specificamente del nesso causale tra la ritenuta violazione e l'evento lesivo ed il profilo soggettivo della colpevolezza in capo all'imputato; inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) con specifico riferimento agli artt. 521 e 604 c.p.p. per mancanza di correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza.

In particolare il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe violato il giudicato implicito relativo alla presenza delle protezioni scacciamani all'estremità inferiore delle gambe del portale che il giudice di primo grado aveva ritenuto che fossero state già predisposte prima dell'infortunio in questione, addebitando all'imputato un fatto del tutto diverso costituito dall'avere procurato, a causa di una colpevole carenza nella valutazione dei rischi dell'ambiente di lavoro, l'urto tra la spalla del lavoratore ed il portale in traslazione con conseguente necessità di appoggio con la mano e successivo schiacciamento dell'arto. Pertanto vi sarebbe una discrasia tra le due sentenze di merito in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato, in quanto la prima sentenza aveva escluso la colpevolezza in capo all'imputato per la mancata adeguata protezione delle ruote, mentre la sentenza di appello sembrerebbe ravvisare elementi di responsabilità su un punto già coperto da parziale giudicato.

Con il secondo motivo si deduce insufficienza ed apoditticità della motivazione, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), con specifico riferimento al mancato contenimento della pena alla sola sanzione pecuniaria.

Col terzo motivo si chiede la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, essendo maturato il relativo termine all'11 giugno 2010, e quindi in epoca precedente al deposito della motivazione della sentenza di appello.

 

Diritto

 

Il ricorso non è fondato.

 


Quanto al primo motivo va considerato che l'impugnazione diretta a contestare la sussistenza del fatto o la sua valutazione critica, investe il giudice di appello della cognizione piena di tutto il procedimento svoltosi in primo grado e lo legittima ad una nuova valutazione del merito e ad una nuova ricostruzione del fatto e delle sue componenti oggettive e soggettive.

Pertanto il ricorrente non può dolersi per una diversa considerazione del profilo di colpa da parte della Corte d'appello rispetto a quanto considerato dal giudice di primo grado, pervenendo comunque alla conferma della dichiarazione di responsabilità.

Nè può affermarsi che il giudice del gravame avrebbe affermato la responsabilità per un profilo già escluso in primo grado e sul quale si sarebbe formato un giudicato implicito. La nozione "punti della decisione" di cui all'art. 597 c.p.p., comma 1, va collegata al momento dispositivo della sentenza appellata e deve riferirsi alla decisione del giudice, sicchè la preclusione derivante dall'effetto devolutivo dell'appello, concernente i punti della decisione che non sono stati oggetto dei motivi di gravame e che acquistano autorità di giudicato, non riguarda gli argomenti logici.

Ne deriva che nel procedimento per reato colposo, quando la sentenza venga impugnata in ordine alla sussistenza della responsabilità, il giudice di appello ha il potere-dovere di indagare su tutti gli elementi di colpa contestati al prevenuto, compresi quelli sui quali il precedente giudizio era stato a lui favorevole, dovendo considerarsi gli accertamenti relativi ai detti elementi, attinenti ai profili particolari della condotta dell'agente, come argomentazione logica, e non già quali punti della decisione (Cass. 25 ottobre 2007 n. 47158). In conseguenza, la proposizione di appello sul tema della colpa ha devoluto alla Corte d'appello tutte le articolazione di tale profilo dell'imputazione, e il giudice del gravame non è vincolato dalla motivazione della sentenza di primo grado che, si ripete, non costituisce "punto della decisione", ma solo delle statuizioni non impugnate contenute nel dispositivo.

Il secondo motivo attinente al trattamento sanzionatorio è pure infondato in quanto la Corte territoriale ha adeguatamente motivato la tipologia e l'entità della pena inflitta con la gravità della colpa e con le conseguenze del reato, valutazioni non censurabili in sede di legittimità se, come nel caso in questione, legittimamente motivate.

Il terzo motivo è pure infondato in quanto all'epoca della emissione della sentenza di appello il reato contestato non era prescritto, mentre non ha rilievo, a tali fini, la data del deposito della motivazione.

 

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione, sezione quarta penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.