SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico



Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 55, giovedì 1º luglio 2010

Audizione del sottosegretario di stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare Roberto Menia



Presidenza del presidente TOFANI


Interviene il Sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Roberto Menia, accompagnato dal capo segreteria, dottor Fabrizio Penna.


PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l’audizione del Sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Roberto Menia.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori. Comunico altresì che della seduta sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.
Ringrazio il sottosegretario Menia per la sua presenza, anche perché nell’odierna seduta questa Commissione intende fare una riflessione su un tema abbastanza impegnativo e complesso, quale quello riguardante il problema dell’amianto e del relativo smaltimento.
La nostra competenza specifica attiene ai temi relativi alla sicurezza e alla salute nei luoghi di lavoro e coinvolge, quindi, le problematiche degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, di cui l’amianto è storicamente una delle cause più gravi. Ci siamo attivati nel momento in cui abbiamo appreso che in una cittadina della provincia di Frosinone, esattamente a Villa Santa Lucia, la società Progetto Immobiliare s.r.l. intendeva realizzare un impianto per il trattamento di rifiuti contenenti amianto nella quantità di circa 60.000 tonnellate l’anno. Abbiamo avuto notizie secondo cui la stessa ipotesi di lavoro era già stata fatta nel dicembre 2006, in questo caso dall’ECONIAL di Correggio, che è una società comunque collegata alla Progetto Immobiliare s.r.l. Dopo una serie di approfondimenti (considerato che si intende operare con una procedura del tutto nuova, che non ha quindi precedenti da un punto di vista industriale), il progetto non ha avuto più esito per la contrarietà da parte del Comune di Correggio e della Provincia di Ferrara. La realizzazione dell’impianto è stata quindi proposta a Villa Santa Lucia, in provincia di Frosinone. Già nel 2008 è intervenuta una richiesta in tal senso con l’avvio di una serie di procedure.
Il fatto importante – e in qualche modo anche particolare, nonostante l’obbligatorietà del coinvolgimento dei cittadini sull’argomento – è che la questione è emersa soltanto nel gennaio 2010. A quel punto gli abitanti di Villa Santa Lucia (in realtà di tutto l’hinterland, tanto che vi sono una serie di delibere dei consigli comunali) hanno preso posizione contro questa iniziativa proprio per i motivi cui ho fatto prima riferimento (tra l’altro l’operazione avrebbe dovuto essere realizzata in un sito all’interno dell’area di sviluppo industriale del Sud della Provincia di Frosinone). Già nell’aprile 2010 si era tenuta una Conferenza dei servizi presso la Regione Lazio e ne era stata calendarizzata un’altra per il successivo mese di giugno.
Sembra, tuttavia, che la possibilità di quest’ultima riunione si sia rarefatta, stante il fatto che, come risulta da notizie stampa, il 17 giugno ultimo scorso si è tenuta una riunione informale presso il Consiglio regionale del Lazio, nel corso della quale la Progetto Immobiliare s.r.l. avrebbe comunicato di voler rinunciare al progetto. All’incontro erano presenti il Presidente del Consiglio regionale, il sindaco di Villa Santa Lucia, accompagnato dagli assessori, i rappresentanti del comitato «Villa No Amianto» e altri soggetti. Ad oggi, comunque, il progetto non risulta ancora ufficialmente ritirato, nonostante le indicazioni fornite dall’azienda.
Questa Commissione ha ritenuto pertanto opportuno coinvolgere anche il Ministero (pur sapendo che le competenze in materia sono essenzialmente regionali), posto che ci troviamo di fronte ad un progetto nuovo a livello nazionale e ad un problema reale, che è quello dell’amianto con le relative implicazioni per la salute dei cittadini. Ci è pertanto sembrato corretto, qualora il Ministero non ne abbia contezza, fornire gli elementi di cui siamo a conoscenza relativi a questa doppia ipotesi di realizzazione dell’impianto: l’una, definitivamente tramontata, riguardante la Provincia di Ferrara, e l’altra, che speriamo anch’essa definitivamente chiusa, riguardante il comune di Villa Santa Lucia, in Provincia di Frosinone. Il che, comunque, non significa che sia definitivamente scongiurata l’ipotesi, da parte dell’azienda, di scegliere magari un altro sito o, addirittura, di voler insistere per la localizzazione in provincia di Frosinone.
In conclusione, vorrei rivolgere alcune domande al Sottosegretario.
Qual è la situazione attuale delle attività di bonifica e smaltimento dell’amianto in Italia, in particolare per quanto riguarda la distribuzione delle discariche e dei piani di intervento nelle varie Regioni? Quali politiche il Ministero dell’ambiente sta adottando e intende adottare in futuro ai fini del trattamento e dello smaltimento dei materiali contenenti amianto in Italia?

MENIA, sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare
Ringrazio il Presidente, per la chiarezza della sua presentazione.
Anzitutto, vi anticipo di avere notizie sufficientemente positive in termini di tutela della salute pubblica, ossia di rinuncia alla realizzazione del progetto da parte della società (aspetto di cui parlerò più diffusamente nel prosieguo). Partendo da questo caso specifico, vi darò una serie di elementi di carattere generale: sulla normativa e su qual è, sotto vari profili, il quadro generale dello smaltimento dell’amianto in Italia.
Come dicevo, la questione concerne il progetto di insediamento di un impianto di trattamento e trasformazione per la vetrificazione di lastre di cemento-amianto da realizzarsi nel Comune di Villa Santa Lucia, in Provincia di Frosinone. Il tema è di grande attualità e di interesse non solo regionale, ma nazionale, per i suoi contenuti di pianificazione e di gestione dei rifiuti di amianto, che attualmente sono destinati principalmente all’estero.
Da tempo è insediata presso la Regione Lazio una Conferenza dei servizi che ha in agenda il tema di interesse e in atto la procedura di autorizzazione incardinata nell’ambito delle normative prettamente ambientali, supportata anche da un comitato tecnico-scientifico per l’ambiente, individuato con legge regionale. Tra gli enti pubblici presenti vi sono l’ARPA Lazio e, per ciò che attiene alle competenze sanitarie, l’ASL di Frosinone e il Centro regionale amianto del Lazio. L’iter autorizzativo della procedura risulta tuttora in corso di svolgimento ed è in discussione un dettagliato protocollo per l’avviamento condizionato della realizzazione su scala industriale. La questione, come è stato anticipato, ha molto preoccupato soprattutto la popolazione locale, tanto che l’11 febbraio scorso il Consiglio comunale di Villa Santa Lucia ha adottato una delibera, immediatamente eseguibile, che esprime un «no deciso e definitivo» alla realizzazione dell’impianto.
Il quadro relativo alla situazione nel Lazio mostra la completa mancanza di discariche per l’amianto, in quanto tutte, ultima quella di Pomezia, sono state, progressivamente nel tempo, sottoposte a sequestro per gestioni a vario titolo irregolari. Ad oggi, esiste un solo sito di stoccaggio provvisorio a Viterbo (quello della SIECO s.r.l.). Attualmente, pertanto, nel Lazio non si può smaltire amianto, nonostante l’individuazione di siti idonei per trattamenti o discariche per l’amianto sia un processo di interesse collettivo previsto dalla legge.
In merito alla realizzazione di impianti del tipo di quelli in parola, vantaggi e criticità potrebbero essere i seguenti. I vantaggi sono rappresentati dalla riduzione dei volumi dei rifiuti di amianto compatto e trasformazione in prodotti ceramizzati che ne consentirebbe l’uso come materia seconda per la produzione di ceramiche o di cemento, riducendo nel contempo lo scavo di nuovo materiale dalle cave di serra e carbonati. Le criticità sono, invece, rappresentate dal problema delle procedure e delle metodiche per il controllo della qualità dell’impianto.
Dall’insieme degli elementi acquisiti, sembra emergere la necessità di contemperare le legittime esigenze di favorire un’attività di smaltimento/ riconversione dell’amianto, in una Regione povera di altri siti, con l’altrettanto legittima preoccupazione della popolazione locale nei confronti di un eventuale impatto ambientale (o peggio, sulla salute) di detta attività.
Per quanto di competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela territorio e del mare, si è provato a ricostruire per questa Commissione il quadro normativo di riferimento che disciplina compiutamente la gestione dei rifiuti contenenti amianto, in coerenza con la legislazione comunitaria.
La cronologia normativa è riportata come segue. Il primo riferimento è la legge 27 marzo 1992, n. 257, che detta le norme relative alla cessazione dell’impiego dell’ amianto; vi è poi il decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248, che disciplina le attività di recupero dei prodotti e dei beni contenenti amianto; il decreto ministeriale 3 agosto 2005, che stabilisce i criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica e, infine, il decreto ministeriale 29 gennaio 2007 relativo alle linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti, per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo n. 59 del 2005.
Secondo quanto previsto dall’articolo 212, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, il cosiddetto Codice dell’ambiente, le imprese che intendono effettuare attività di bonifica dei beni contenenti amianto sono tenute ad iscriversi all’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti. Il Comitato nazionale dell’albo, con deliberazione 30 marzo 2004, n. 1, aggiornando la deliberazione 1º febbraio 2000, n. 2, e la deliberazione 14 marzo 2001, n. 4, ha stabilito i criteri ed i requisiti per l’iscrizione all’albo nella categoria 10 – Bonifica dei beni contenenti amianto.
Il decreto ministeriale n. 248 del 2004 adotta i disciplinari tecnici sulle modalità di trasporto, deposito, trattamento, imballaggio e ricopertura dei rifiuti di amianto nelle discariche. Tali disciplinari, approvati dalla Commissione per la valutazione dei problemi ambientali e dei rischi sanitari connessi all’impiego dell’amianto, di cui all’articolo 4, comma 1, della legge n. 257 del 1992, individuano i processi di gestione dei rifiuti contenenti amianto e la loro destinazione. Successivamente sono definiti i processi di ricopertura dei rifiuti stessi ed il loro trattamento, che conducono alla totale trasformazione cristallochimica dell’amianto, rendendone possibile il riutilizzo come materia prima.
Le operazioni di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e smaltimento finale dei rifiuti contenenti amianto deve avvenire quindi secondo le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006. Quanto alla destinazione, tali rifiuti, eccezion fatta per i materiali edili contenenti amianto legato in matrici cementizie o resinoidi (codice CER 17 06 05) e quelli stabilizzati con indice di rilascio inferiore a 0,6 (codice CER 19 03 06), devono essere avviati in discariche per rifiuti pericolosi.
Ai sensi del decreto ministeriale 3 agosto 2005, allegato 2, i materiali da costruzione contenenti amianto individuati dal codice dell’elenco europeo dei rifiuti 17 06 05 possono essere conferiti in discarica per rifiuti non pericolosi, dedicata o dotata di cella monodedicata, secondo le modalità e le prescrizioni operative specificate nell’allegato stesso.
Le informazioni più aggiornate in possesso dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, l’ex APAT) in materia di gestione dei rifiuti costituiti da materiali da costruzione contenenti amianto (CER 17 06 05) documentano che, nell’anno 2008, sono state complessivamente gestite circa 166.000 tonnellate di rifiuti. Di queste, circa 25.000 tonnellate vengono sottoposte ad operazioni di deposito o ricondizionamento preliminare. Tali operazioni di gestione, considerate preliminari in attesa della destinazione finale, vengono utilizzate in maniera diffusa sul territorio nazionale. L’unica forma di gestione presente sui territorio nazionale è lo smaltimento in discarica che nel 2008 ha riguardato circa 94.000 tonnellate di rifiuti identificati con il codice 17 06 05.
La maggior parte delle discariche che ricevono questa tipologia di rifiuti sono discariche per rifiuti non pericolosi, ad eccezione della discarica situata a Collegno che è un impianto per rifiuti pericolosi e di quelle di Casal Monferrato, Cameri e Cavriana, che sono discariche per rifiuti inerti con celle monodedicate per lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto.
Circa 73.000 tonnellate vengono destinate all’estero in impianti situati in Austria e Germania.
Dall’analisi della documentazione pervenuta all’ISPRA è possibile dedurre che l’intervento proposto dalla Progetto Immobiliare s.r.l. di Correggio, da realizzarsi nel Comune di Villa Santa Lucia, è destinato al trattamento termico di rifiuti pericolosi (per un totale di 60.000 tonnellate annue), classificabili come materiali da costruzione contenenti amianto, codice CER 17 06 05, e dovrebbe occupare una superficie di 2.000 metri quadrati, di cui 600 occupati dall’impianto di trattamento vero e proprio e 1.400 da aree di stoccaggio e servizio. Dal trattamento dei rifiuti dovrebbero derivare, secondo quanto dichiarato dalla società proponente, materiali solidificati/vetrificati con caratteristiche che rispettano le prescrizioni del citato decreto ministeriale n. 248 del 2004 e compatibili con un successivo recupero nei settori merceologici dei laterizi, della ceramica e nel settore edile. Dal processo, oltre ai materiali sopra citati, sarebbero prodotti rifiuti pericolosi rappresentati da materiali filtranti (CER 15 02 02, quantificati in 10 tonnellate annue) e da polveri da filtrazione fumi (CER 19 11 07 in quantità non stimata).
I parametri di funzionamento, nonché le analisi dei prodotti del trattamento termico, derivano esclusivamente da prove sperimentali effettuate nel 2007, per un periodo di un mese, su un impianto pilota sito a Prato di Correggio, in provincia di Reggio Emilia, regolarmente autorizzato e realizzato ai sensi dell’articolo 211 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Il trattamento termico dei rifiuti di amianto rientra tra le tipologie di impianti assoggettati alla disciplina dell’Intergovernamental Panel on Climate Change (IPPC) ed, in particolare, al citato decreto ministeriale del 27 gennaio 2007, che individua le migliori tecniche disponibili cui gli impianti dovranno conformarsi per ottenere l’autorizzazione integrata ambientale.
Secondo quanto disciplinato dal decreto, i trattamenti dei rifiuti contenenti amianto possono essere distinti in due gruppi principali: quelli che riducono il rilascio di fibre senza modificare la struttura cristallochimica dell’amianto, o modificandola in modo parziale, e quelli che ne modificano completamente la struttura e che, pertanto, annullano la pericolosità connessa ai minerali di amianto. I rifiuti/materiali risultanti dal processo, a seconda della tipologia di trattamento effettuata e delle loro caratteristiche, potranno essere avviati, nel rispetto delle normative vigenti, allo smaltimento in discarica oppure al riutilizzo come materie prime. Quest’ultima opzione può ovviamente essere prevista solo nel caso in cui sia completamente annullata la pericolosità connessa alla presenza dell’amianto. Deve, pertanto, essere assicurata la completa modificazione della struttura cristallochimica dell’amianto e la rispondenza del materiale ai requisiti stabiliti dalla normativa vigente in materia.
In generale, esistono diversi processi idonei al trattamento dei rifiuti contenenti amianto rientranti nelle due classi sopra accennate. Tali trattamenti, che risultano anche elencati nelle tabelle A e B dell’allegato A al decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248 si riportano in apposita Tabella (allegato 1) a disposizione di questa spettabile Commissione.
Oltre ai più conosciuti processi di vetrificazione, ceramizzazione, vetroceramizzazione, devono essere considerati i trattamenti di litificazione e di litificazione pirolitica. Il primo prevede una fase di fusione compresa tra i 1.300 ed i 1.450º C ed una fase di parziale cristallizzazione ottenuta per lento raffreddamento (in genere all’aria). Con il termine di litificazione pirolitica si indica, invece, la conversione di un qualunque prodotto, che subisce un processo pirolitico, in presenza di un materiale inorganico, in genere argilla.
In base a quanto esposto, l’impianto proposto, pur in assenza di informazioni esaustive, potrebbe configurarsi come impianto di vetrificazione o ceramizzazione. Tale ipotesi si basa sulle informazioni fornite in materia di temperatura di esercizio (temperatura di inertizzazione di 1.150º C), che rientra nell’intervallo di temperatura previsto per gli impianti di vetrificazione (con temperature di esercizio comprese tra i 1.000º e i 1.300º C) e di ceramizzazione (con temperature di esercizio comprese tra gli 800° e i 1.000º C). In entrambe le condizioni operative il prodotto finale è rappresentato da un materiale con presenza di fasi amorfe e cristalline, scarsamente lisciviabile, contenente soprattutto ossidi di silicio, alluminio e calcio, insieme ad ossidi di metalli alcalini. Il materiale così ottenuto può essere avviato ad un circuito di recupero nell’ambito dell’industria dei laterizi, della ceramica e, più in generale, per l’utilizzo come materia prima seconda nell’ambito dei materiali per il settore edilizio. Il recupero dei rifiuti inertizzati derivati dal trattamento termico può comunque avvenire solo nel rispetto delle prescrizioni del decreto ministeriale n. 248 del 2004.
Relativamente agli aspetti autorizzativi e alle procedure previste dalla normativa sulla VIA (valutazione di impatto ambientale) e dall’IPPC (il riferimento è alle migliori pratiche disponibili), si sintetizzano di seguito i profili più rilevanti emersi dai verbali della Conferenza dei servizi per la concessione dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) e dalla pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, rilasciata in questo caso dalla competente struttura della Regione Lazio in data 16 giugno 2009.
In particolare, l’analisi dei verbali delle riunioni della Conferenza dei servizi evidenzia una serie di problematiche relative alla valutazione dell’idoneità dell’impianto proposto sotto l’aspetto tecnico e, più specificatamente, della rispondenza del materiale in uscita da avviare ad un circuito di recupero come materia prima. Nella seduta della Conferenza dei servizi del 14 dicembre 2009, dall’esame della documentazione presentata dalla Progetto Immobiliare s.r.l., sono stati rilevati numerosi elementi di criticità.
I principali rilievi in merito al processo produttivo proposto riguardano, tra gli altri, i seguenti punti: in primo luogo, la necessità di approfondire il processo tecnologico in ragione dei risultati delle analisi dei campioni, che non in tutti i casi hanno dato esito negativo (si tratta dei campioni 7c, 9c, l0c); in secondo luogo, la descrizione non esaustiva del ciclo di produzione relativamente al materiale in uscita ed alla relativa codifica CER (mi riferisco, in particolare, al codice CER 17 06 05, di cui ho parlato); infine, la mancata descrizione della destinazione del materiale in uscita dal processo.
Inoltre, viene richiesto alla società proponente di provvedere ad alcune integrazioni della documentazione presentata ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. In particolare, appare importante la richiesta di definire il «prodotto» che deriva dal trattamento dei rifiuti e la definizione, in accordo con le prescrizioni del decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248, della categoria di trattamento, ai sensi di quanto previsto nell’allegato A del citato decreto. Nella stessa seduta viene anche richiesto che la società proponente, prima della realizzazione dell’impianto su scala industriale, debba proseguire ed approfondire, per almeno un anno, la fase sperimentale sull’impianto pilota, in accordo con le prescrizioni stabilite dall’ARPA Lazio.
A conclusione della seduta, si prende atto che le integrazioni dei documenti progettuali, richieste in data 8 settembre 2009 dal Comitato tecnico- scientifico per l’ambiente (previsto dall’articolo 13 della legge regionale del Lazio n. 74 del 1991), sono state effettuate e depositate dalla società proponente in data 3 settembre 2009. Tali documenti non sono stati resi disponibili all’Istituto.
Dall’esame della documentazione resa, invece, a disposizione dell’ISPRA, appare evidente che la sperimentazione finora realizzata sull’impianto pilota non consente di avere sufficienti informazioni tecniche sul funzionamento di un impianto su scala industriale. Tanto premesso, non essendo in possesso di ulteriori documenti tecnici, si può condividere la richiesta della Regione Lazio, formulata in sede di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, in merito alla necessità di proseguire la sperimentazione per almeno un anno. A detta dell’ISPRA, inoltre, è opportuno che la sperimentazione stessa interessi maggiori quantità di rifiuti, al fine di acquisire elementi tecnico-conoscitivi per valutare, in primo luogo, la conformità della tecnologia proposta a quanto prescritto dal decreto ministeriale del 29 gennaio 2007 sulle migliori tecnologie disponibili, e la conformità dei materiali in uscita ai requisiti previsti dal decreto ministeriale n. 248 del 2004.
Resta ferma la necessità di prescrivere alla società proponente, in sede di rilascio dell’AIA, anche l’applicazione delle seguenti tecniche gestionali previste dal citato decreto ministeriale: piano di gestione operativa; programma di sorveglianza e controllo; piano di ripristino ambientale per la fruibilità del sito a chiusura dell’impianto secondo la destinazione urbanistica dell’area; strumenti di gestione ambientale; programma di comunicazione e consapevolezza pubblica.
In ordine al progetto di cui trattasi, anche l’ARPA Lazio ha fatto conoscere le criticità riscontrate dai servizi della sezione provinciale di Frosinone nella relazione presentata alla Regione Lazio. In particolare, vanno evidenziati alcuni punti. Innanzitutto il sistema è stato valutato esclusivamente in via sperimentale e non esiste una casistica di trattamenti similari a regime, mentre la sperimentazione appare insufficiente a definire compiutamente i parametri di processo e le caratteristiche emissive (peraltro, non esistono altri impianti del genere in Italia). In secondo luogo, sono utilizzati quantitativi di combustibile elevati rispetto ai quali non è stato predisposto alcun modello previsionale di dispersione in atmosfera che tenga conto del piano di risanamento della qualità dell’aria della Regione Lazio, approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 66 del 10 dicembre 2009, a cui debbono far riferimento tutti gli impianti di nuova costruzione che producono emissioni in atmosfera, secondo le disposizioni contenute negli articoli 6 e 10 delle norme di attuazione del piano. Non viene data, inoltre, alcuna indicazione su un’eventuale metodologia di recupero delle fibre presenti nell’ambiente, sia all’interno che all’esterno dell’impianto, per effetto delle necessarie opere di pulizia dei piazzali e delle zone lavorative dove vengono trattate le lastre. Non viene neppure indicato nel progetto se la tipologia di materiale è riferita alle sole lastre di materiale compatto tipo eternit, oppure se vengono trattati anche altri prodotti in massa contenenti amianto (quali tubazioni, raccordi, giunture e così via), ne´ viene data alcuna indicazione sulle modalità di eliminazione dei materiali usati per l’imbustamento dei manufatti in arrivo che, per la natura stessa ed i pericoli derivanti dal suo trasporto, debbono necessariamente essere isolati, nonché delle eventuali misure di sicurezza adottate.
Appare altresì necessario effettuare una campagna di misure del valore di fondo delle fibre di amianto più ampia, per garantire un valore attendibile ed il più sicuro possibile, mentre non sono state indicate nella programmazione dei campionamenti in atmosfera verifiche all’esterno ed al confine della proprietà, ne´ è indicata la presenza di un’alimentazione elettrica di emergenza in relazione a qualsiasi ipotesi di interruzione dei macchinari, al fine di mantenere comunque in depressione le aree di trattamento dei materiali ed evitare una possibile dispersione all’esterno.
Non risulta poi completa la caratterizzazione di tutti i possibili prodotti di risulta dal processo di trattamento, compresi gli eventuali macchinari da sostituire ed il loro eventuale smaltimento, ne´ viene indicata alcuna opera precauzionale per i materiali in sosta sui piazzali prima del trattamento, dove comunque avviene un’intensa movimentazione di materiali in entrata e in uscita dall’impianto.
Appare inoltre illogico e tecnicamente non corretto che sia utilizzato un unico condotto di espulsione degli inquinanti presenti all’interno dell’area di trattamento, mentre è necessario dotare il sistema di trattamento dell’aria all’interno dei luoghi di lavoro confinati di almeno due condotti separati, di cui uno da utilizzare per i prodotti di emissione dovuti al trattamento delle lastre e l’altro per il mantenimento in depressione e ricambio dell’aria delle aree adiacenti e di servizio, anche ai fini di un’eventuale emergenza.
In relazione poi all’inquinamento acustico prodotto dall’impianto, va evidenziato con una relazione tecnica anche il rumore prodotto dalla movimentazione dei mezzi sui piazzali e dai muletti diesel in riferimento al possibile disturbo a residenze esterne o ad aree di quiete presenti intorno allo stabilimento, tenendo conto della classificazione acustica comunale.
Non viene fatto inoltre alcun riferimento alla ricerca delle fibre di amianto nei reflui di raccolta dello stabilimento prima del loro conferimento all’esterno e non esiste uno studio relativo ad un’eventuale presenza di contaminanti all’esterno in relazione ai trattamenti che vengono operati sui materiali e sui prodotti utilizzati per stabilizzare le fibre prima del trattamento. Infine, la sperimentazione non è stata completata e, come si diceva, deve proseguire per almeno un anno, nel rispetto di quanto stabilito dal decreto legislativo n. 152 del 2006.
A chiusura di tutto ciò, desidero fornirvi una notizia che ritengo molto interessante. Proprio ieri la Regione Lazio ci ha trasmesso la notizia secondo cui, in una riunione tenutasi lo scorso 17 giugno alla presenza del sindaco del Comune di Villa Santa Lucia e dei componenti dei vari comitati (tra cui il comitato civico «Villa No Amianto»), i rappresentanti della società Progetto Immobiliare s.r.l. avrebbero comunicato, anche se in via informale, l’intendimento di rinunciare all’installazione dell’impianto di trattamento dell’amianto.

PRESIDENTE
Signor Sottosegretario, la ringrazio.
L’ultima notizia che ci ha fornito è quella di maggior rilievo, almeno per quanto riguarda le aspettative dei cittadini. Al di là degli aspetti tecnici, che lasciano una serie di problematicità a cui lei ha fatto riferimento con dovizia di particolari, vorremmo sapere qualcosa di più su questo annuncio da parte della società. Infatti, l’annuncio fatto è sicuramente da prendere in considerazione, ma rimane pur sempre – ripeto – un semplice annuncio. Vorrei sapere se il Ministero che in questo momento lei rappresenta non ritenga di dover indagare ulteriormente per capire se la rinuncia da parte dell’azienda sarà o meno effettiva.

MENIA, sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare
Ciò mi pare evidente. Ho fatto presente una serie di elementi – tutti di ordine negativo – che sono stati fatti presenti rispetto al progetto tanto da ARPA Lazio, quanto dalla Regione Lazio e dal Ministero stesso, e che hanno indotto l’azienda a quello che, al momento, per noi rimane un annuncio. Nulla cambia in termini formali e ufficiali. La procedura che abbiamo in opera è quella di cui ho dato descrizione e rispetto alla quale, come noto, si è richiesto di mettere in regola una quindicina di parametri per ottenere un eventuale parere positivo, oltre ad una sperimentazione da protrarsi per un anno.
Questo è lo stato della procedura che – sic stantibus rebus – conduce ad un «no», come è del tutto evidente. Non so se questa serie di prescrizioni e notazioni abbiano indotto la società ad annunciare al sindaco (ma formalmente non ancora alla Regione Lazio e, sotto altro profilo, al Ministero) la decisione che vi ho riportato. Vi ho reso noti i dati di cui ad oggi dispongo. Sarà comunque nostra cura farvi conoscere le successive comunicazioni, nel momento in cui l’annuncio formale (che al momento è stato espresso comunque in una situazione pubblica, di fronte ad una autorità pubblica quale il sindaco del Comune interessato) raggiungerà la Regione Lazio e il Ministero.

NEROZZI (PD)
Signor Sottosegretario, vorrei sapere se il Ministero è a conoscenza di altri casi simili. Ci possono essere casi analoghi in altre parti d’Italia?

MENIA, sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare
Come dicevo, non esistono casi analoghi in Italia, né ipotesi di realizzazione di impianti simili a quello che era stato prospettato, che però – ripeto – presenta tutta una serie di negatività a fronte delle quali – sic stantibus rebus – riceverà senza dubbio un parere negativo.

PRESIDENTE
Signor Sottosegretario, le rivolgo un’ultima domanda.
Da quanto mi è parso di capire, si deve ritenere che pur avendo l’azienda espresso questa volontà in una sede ufficiale – ovvero alla presenza del Presidente del Consiglio regionale del Lazio e dei soggetti cui abbiamo fatto prima riferimento – non c’è stata alcuna formalizzazione dell’annuncio.

MENIA, sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare
A noi l’ha comunicato la Regione Lazio.

PRESIDENTE
Le procedure quindi stanno andando avanti. Si potrebbe arrivare al paradosso per cui la ditta annuncia che ha intenzione di rinunciare ma, non ufficializzando la rinuncia, le procedure autorizzative continuano il loro iter. È corretta questa interpretazione?

MENIA, sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare
La procedura, per quanto di nostra competenza, si è svolta correttamente fino a questo momento e quindi abbiamo dato una serie di prescrizioni. A seguito dell’emissione di queste prescrizioni ci è giunta la notizia in oggetto, data però verbalmente, in una riunione appositamente convocata e tenutasi presso la Regione Lazio, alla presenza del sindaco di Villa Santa Lucia. In questo momento, oltre alle prescrizioni che sono già state date, non abbiamo altri passi da compiere. Se riceveremo la comunicazione di rinuncia al progetto, la vicenda si chiuderà così. Se, a seguito di quello che è stato un annuncio, dato comunque di fronte ad organi istituzionali (la Regione Lazio, che ha in capo il procedimento, e il sindaco del Comune interessato), la società dovesse cambiare idea, dovrebbe riprendere la procedura dal punto in cui questa è arrivata, risolvendo, tra l’altro, tutti quegli elementi di criticità che sono stati evidenziati e che porterebbero oggi ad una pronuncia negativa.

PRESIDENTE
Ringrazio ancora il sottosegretario Menia.
Dichiaro conclusa l’audizione.
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Fonte: Senato della Repubblica