SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


 

Resoconto stenografico



Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 4, mercoledì 8 ottobre 2008

Audizione del presidente dell’INAIL



Presidenza del presidente TOFANI

Interviene il presidente dell’INAIL, dottor Marco Fabio Sartori, accompagnato dal responsabile della consulenza statistico-attuariale, dottor Franco D’Amico.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l’audizione del Presidente dell’INAIL.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo e del segnale audio e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso. Se non vi sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
È presente il dottor Marco Fabio Sartori, presidente dell’INAIL, accompagnato dal responsabile della consulenza statistico-attuariale, dottor Franco D’Amico.
Ringraziandolo per la sua presenza, cedo la parola al nostro ospite.

SARTORI
Signor Presidente, la ringrazio per l’invito a questa importante occasione. Ho voluto che fosse presente il nostro responsabile del servizio statistico, il dottor D’Amico, per eventuali approfondimenti in materia che dovessero essere richiesti nell’ambito dell’audizione.
Dalle tabelle allegate alla relazione che vi è stata distribuita, potrete rendervi conto immediatamente di come la situazione degli infortuni sul lavoro in Italia si sia o meno evoluta negli ultimi anni. Nella tabella 1.1 sono riportati i valori assoluti e, più in basso, gli indici di incidenza.
I valori assoluti indicano il numero di infortuni in ogni singolo macrosettore (agricoltura, industria e servizi) e poi sul totale delle attività. Gli indici di incidenza sono relativi al personale occupato. È chiaro che il dato può cambiare – ed infatti cambia – dal punto di vista percentuale.
L’anno base, cioè l’anno di riferimento per fare i confronti, è stato individuato nel 2001. Gli anni successivi mostrano le modifiche percentuali, positive o negative, riferite all’anno base. Nell’agricoltura, per esempio, l’evoluzione del fenomeno dal 2001 al 2007 vede una diminuzione del 29 per cento del numero assoluto di incidenti. Nell’industria c’è una riduzione del 19,8 per cento. In questo caso abbiamo separato la parte relativa alle costruzioni che segna un decremento del 6,7 per cento, sempre riferito al periodo 2001-2007. I servizi, invece, registrano un aumento del 2,7 per cento, anche se in termini assoluti; se tuttavia osserviamo il dato riportato nella tabella in basso, tenendo conto che il personale impiegato nel settore dei servizi è nettamente aumentato nel periodo 2001-2007, notiamo che in termini relativi (per ogni 1.000 occupati nel settore dei servizi) il numero di infortuni è in realtà diminuito del 6,3 per cento. Questo vi dà il significato della notevole differenza di lettura: il numero è aumentato in termini assoluti, ma è diminuito in termini relativi. In totale, su tutte le attività, la variazione in termini assoluti è del –10,8 per cento; in termini relativi è del –17,1 per cento, sempre riferendosi al periodo 2001-2007.
Abbiamo anche voluto aggiungere un dato importante che riguarda gli infortuni in itinere, ovvero gli infortuni durante il percorso casa-lavoro e viceversa. Questi infortuni sono, in termini assoluti, aumentati dal 5,7 per cento del totale al 10,4 per cento dal 2001 al 2007.

D’AMICO
Per quanto riguarda la serie di infortuni in itinere, si è preferito, anziché inserire i termini di incidenza, che comunque sono facilmente comprensibili, evidenziare a quanto ammonta la quota di tali infortuni sul totale, anche per evidenziare appunto come siano cresciuti dal 5,7 per cento del 2001 al 10,4 per cento del 2007. Questo è dovuto in larga parte all’introduzione dell’articolo 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, che ha esteso e razionalizzato l’indennizzabilità degli infortuni in itinere in ambito infortunistico.

SARTORI
Passiamo alla tabella 1.2 sugli infortuni mortali. Anche in questo caso abbiamo la suddivisione in valori assoluti e in indici di incidenza, cioè in valori relativi. Come vedete, nello stesso periodo si registra una diminuzione del 38,4 per cento in agricoltura. Sto parlando del dato effettivo del 2007. C’è poi una diminuzione del 23,8 per cento nell’industria (nel comparto delle costruzioni è del 26,5) e del 21,4 nel settore dei servizi. Il totale delle attività riporta –24,3. Abbiamo di nuovo aggiunto gli infortuni in itinere che registrano una variazione sostanziale pari a zero giacché nel 2001 gli infortuni sono stati 296, proprio come nel 2007.
Tra gli indici di incidenza, invece, abbiamo –32,1 per cento in agricoltura, sempre riferito al numero totale di occupati; –28,4 nell’industria (- 38,1 nel settore delle costruzioni) e –27,3 nei servizi. Sono stati aggiunti gli incidenti mortali in itinere e la variazione percentuale sul dato del 2001 è di –14,3.
Nella tabella relativa al territorio i dati sono riportati per Regioni e aree: Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud e Isole. La variazione percentuale per ogni singola Regione di tutte le gestioni (agricoltura, industria e servizi e dipendenti del conto Stato) è esposta nell’ultima colonna a destra: – 1,3 in Piemonte; –7,9 in Valle d’Aosta; –1,6 in Lombardia; –1,4 in Liguria; 0,4 nella Provincia di Bolzano; –2,7 nella provincia di Trento; –0,9 nel Trentino Alto Adige; –3,1 in Veneto; –0,6 in Friuli; –2 in Emilia Romagna; –0,3 in Toscana; –3,3 in Umbria; –4,3 nelle Marche; 0,5 nel Lazio; –5,1 in Abruzzo; –7,9 in Molise; –6,1 in Campania; –0,7 in Puglia; – 4,9 in Basilicata; 0,4 in Calabria; 4,1 in Sicilia; –0,9 in Sardegna. In totale abbiamo una diminuzione, riferita all’intero territorio nazionale, dell’1,7 per cento. Alla fine della tabella, poi, sono riportati i dati per territorio, espressi sempre in termini percentuali: –1,6 nel Nord-Ovest; –2,2 nel Nord-Est; –1,1 nel Centro; –3,3 nel Sud e 2,4 nelle Isole.
La tabella successiva è praticamente identica alla precedente, anche se riporta esclusivamente gli eventi mortali, con le seguenti variazioni in termini percentuali: –2,8 in Piemonte; –40 in Valle d’Aosta (il che vuol dire che si è verificato un crollo degli infortuni mortali; anche se si tratta di numeri esigui essendo una piccola Regione è comunque un dato importante); –9,4 in Lombardia; –59,5 in Liguria; 41,7 nella provincia di Bolzano; –45 nella provincia di Trento; –12,5 in Trentino Alto Adige; –0,9 in Veneto; –16,7 in Friuli Venezia Giulia; –9 in Emilia Romagna; –31,3 in Toscana; –29,6 in Umbria; 6,5 nelle Marche; –14,3 nel Lazio; –39 in Abruzzo; –10 in Molise; –7,9 in Campania; –12,4 in Puglia; 18,2 in Basilicata; –17,9 in Calabria; –10,5 in Sicilia ed infine zero in Sardegna.

PRESIDENTE
Presidente Sartori, vorrei una precisazione, per capire meglio. Nella tabella sono riportati i dati riferiti al 2006, mentre per il 2007 è indicato il dato provvisorio. Cosa significa questo? Fino a quando, cioè, è stata eseguita la rilevazione e in che modo il rapporto tra i dati può ritenersi omogeneo?

D’AMICO
Premetto che il sistema di rilevazione adottato dall’INAIL prevede l’aggiornamento delle nostre banche dati con cadenza semestrale; un primo aggiornamento è stato fatto al 30 aprile 2008, il prossimo sarà effettuato il 31 ottobre prossimo, quindi tra circa un mese. I dati relativi ai casi mortali rilevati al 30 aprile 2008 e riferiti all’anno precedente – cioè al 2007 – non si possono ritenere consolidati, nel senso che non rappresentano ancora completamente l’entità del fenomeno. Ciò dipende, innanzitutto, dai criteri di rilevazione utilizzati; infatti per convenzione, adottata peraltro a livello internazionale, vengono presi in considerazione i decessi avvenuti entro 180 giorni dalla data dell’evento. Potrebbe darsi quindi il caso di un infortunio verificatosi nel dicembre 2007, che tuttavia non ci risulta ancora in quanto in relazione ad esso, al 30 aprile 2008, non si era ancora verificato il decesso: si tratterebbe pur sempre, però, di un infortunio mortale del 2007. Il criterio statistico ragiona, dunque, in termini di competenza, cioè fa riferimento al momento in cui l’infortunio avviene, perché, anche ai fini prevenzionali, interessa conoscere il momento in cui l’infortunio si è verificato e non quello in cui è stato poi definito.
Per questo il dato riportato nella seconda parte della tabella 2.1 di 1.170 casi mortali a livello nazionale, riferiti al 2007, è considerato ancora provvisorio.
Ciò risulta del resto chiaramente dalla stessa tabella 1.2 in cui, per il dato di 1.170 riferito agli infortuni mortali effettivi del 2007, si specifica in nota che si tratta di denunce pervenute all’INAIL alla data di rilevazione del 30 aprile 2008, per cui si tratta di numeri provvisori. Nella colonna accanto, poi, è riportato il dato di 1.210, quello cioè al quale, sulla base del nostro modello statistico previsionale, pensiamo si arrivi al consolidamento del fenomeno. Ovviamente quella stima può essere fatta a livello aggregato nazionale, ma non ha senso farla né a livello territoriale, né settoriale perché, come ha precisato anche il presidente Sartori, si tratta di piccoli numeri: parliamo di aumenti e decrementi del 40-50 per cento, ma ci riferiamo ad una riduzione da quattro casi a tre. Potrebbe darsi benissimo che il prossimo anno si passi a cinque casi, e allora si registrerebbe sicuramente un incremento maggiore.
Non è questo, però, l’aspetto significativo, tant’è che a fronte di questi dati assoluti a livello territoriale saranno di seguito esposti quelli che chiamiamo indicatori strutturali di rischio, cioè indici di frequenza istituzionalmente elaborati dall’INAIL e calcolati per ciascuna Regione, o Provincia (nelle tabelle che vi abbiamo consegnato, in realtà, sono riportati solo quelli a livello regionale), sulla base degli infortuni indennizzati, ad esclusione di quelli in itinere, perché riteniamo non siano strettamente correlati al rischio lavorativo. Trattandosi di indicatori di rischio, infatti, li abbiamo volutamente isolati, anche per uniformarci alle procedure EUROSTAT, che utilizzano i dati relativi agli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno quattro giorni, con esclusione di quelli in itinere. Abbiamo creato dunque questi indicatori strutturali di rischio per territorio e per settore, che consentono di misurare dove sia più alto il rischio di infortunio.

SARTORI
Era una precisazione doverosa, anche per far capire alla Commissione che l’INAIL deve predisporre tabelle ovviamente uniformi con le rilevazioni eseguite a livello europeo, al fine di evitare eventuali difficoltà nella comparazione tra i dati italiani e quelli di altri Paesi, anche se – lo sottolineo – esistono comunque problemi, perché alcune Nazioni hanno un sistema di rilevazione non uniforme al nostro.
Nella tabella successiva abbiamo diviso per Regione e tipo di conseguenza le varie incidentalità; troviamo dunque: l’inabilità temporanea, l’inabilità permanente, la morte e infine il totale. Per quanto riguarda in particolare i dati relativi ai numeri indice, riportati nell’ultima colonna, vorrei precisare – non sono uno statistico, per cui invito il dottor D’Amico a correggermi se sbaglio – che essi vengono costruiti prendendo come base 100 l’Italia intera. Vediamo che, nel complesso, la Regione Umbria è quella che ha il numero di incidentalità più alto (146,90) mentre il Lazio è quella con l’incidentalità più bassa (67,33). Possiamo poi analizzare i motivi di queste differenze perché li abbiamo approfonditi e ne possiamo quindi parlare più diffusamente.
Nella tabella successiva, che riguarda i settori di attività, sono classificati gli infortuni in generale e i casi mortali suddivisi per settore, inclusi i settori più sensibili, cioè quelli a maggior rischio percentuale. Mi riferisco, in particolare, all’industria del legno, alla metalmeccanica, all’industria delle lavorazioni dei minerali non metalliferi, al settore tessile e abbigliamento, ovviamente all’edilizia e genio civile, all’installazione dei servizi in fabbricato, ai lavori di completamento degli edifici e poi a tutti gli altri settori meno significativi dal punto di vista infortunistico. Dalla tabella si evince la variazione tra il 2006 e il 2007, accompagnata dai casi mortali in termini assoluti.
Faccio un esempio, per farvi capire il metodo: per quanto riguarda il settore agricoltura, gli infortuni in totale sono stati 63.083 nel 2006, 57.155 nel 2007; nella colonna a lato trovate la variazione, che è pari a –9,4 per cento. I casi mortali sono stati 124 su 63.083 nel 2006, e 98 – dato provvisorio, come ben spiegava prima il dottor D’Amico – su 57.155 nel 2007. Lo stesso meccanismo si applica a tutti gli altri settori.
Dalla tabella si vede molto chiaramente che ci sono stati dei settori con una forte diminuzione del numero di infortuni, come per esempio l’agricoltura, l’industria del tessile e abbigliamento nell’ambito delle industrie manifatturiere, il settore delle costruzioni, che si attesta a –7,7 per cento, dato significativo, come il –9 per cento dell’edilizia e genio civile, sempre nell’ambito delle costruzioni. Gli altri settori sono a minor rischio.
Per esempio, nel settore delle comunicazioni si registra un leggero aumento percentuale ma si tratta relativamente di pochi casi. Anche questa tabella è facilmente approfondibile.
La successiva tabella 2.2 è stata suddivisa non solo in settori ma anche secondo il tipo di conseguenza, distinguendo in inabilità temporanea, inabilità permanente, morte. Abbiamo poi il totale, mentre i numeri indice sono riferiti al totale del settore industria e servizi. Come vedete, la tabella chiarisce quali sono i settori più a rischio. Infatti, se guardate la tabella industria e servizi, l’indice è 100. Prendiamo, per esempio, il settore della lavorazione dei metalli, cioè siderurgia e metallurgia: siamo a 191,23. Ciò significa che il settore è ad alto rischio se confrontato con la media che è 100; così come del resto il settore della lavorazione dei minerali non metalliferi, che è a 181,55, il settore della lavorazione del legno, che è a 174,50, le costruzioni, che sono a 168,33, fino ad arrivare ad alberghi e ristoranti che sono a 107,02. I settori sotto il numero 100, industria e servizi, sono quelli a minore rischio, fino ad arrivare all’intermediazione finanziaria che è al 9,39 per cento di rischio rispetto alla media 100.

D’AMICO
Signor Presidente, vorrei aggiungere un approfondimento che riguarda gli indici di frequenza settoriali. Come ha detto giustamente il presidente Sartori, la graduatoria è stata ordinata secondo l’indice di frequenza totale degli incidenti che dà il valore più alto in assoluto alla lavorazione dei metalli, cioè alla metallurgia e siderurgia per poi scendere.
Però, se si vuole, si può anche fare una graduatoria in relazione al diverso impatto dell’infortunio, quindi, ad esempio, con riferimento all’inabilità temporanea, anche se, trattandosi della stragrande maggioranza dei casi, è molto simile a quella totale.
Diversa dalla graduatoria totale è quella degli incidenti con conseguenze più gravi. Infatti, se prendiamo, ad esempio, le inabilità permanenti, al primo posto, in questo caso, sale il settore delle costruzioni con un indice di 4,63 rispetto all’indice medio di 1,69, quindi siamo quasi a tre volte il rischio medio nazionale. Al secondo posto si trova il settore della lavorazione del legno che, proprio per quanto riguarda l’inabilità permanente...

SARTORI
Per la precisione, al secondo posto c’è il settore dell’estrazione di minerali e marmo, al terzo posto quello della lavorazione del legno.

D’AMICO
Sì, anche se i dati sono molto vicini. Dunque al secondo posto troviamo il settore dell’estrazione di minerali, della lavorazione di materiali per l’edilizia come ghiaia e sabbia, e delle lavorazioni funzionali all’attività delle costruzioni. Poi, come dicevo, troviamo il settore del legno che ha un’alta frequenza di infortuni con inabilità permanenti che sono legate principalmente alla mano, naturalmente, che è l’arto più soggetto ad essere colpito.

PRESIDENTE
Vi chiedo scusa dell’interruzione ma vi chiederei di lasciare queste informazioni ad eventuali approfondimenti. Per ora è sufficiente una illustrazione generale della questione in modo da permettere ai colleghi di intervenire.

SARTORI
Certamente, Presidente. Nell’ultima parte della tabella che stavamo analizzando, abbiamo inserito, come riferimento, anche l’agricoltura, per darvi un termine di paragone rispetto ai dati nel settore agricolo che, come vedete si colloca, come numero indice totale, a 170,46, cioè si tratta di un settore ad alto rischio, come si capisce immediatamente, con l’incidenza di inabilità temporanea e permanente, della morte e il totale di questi tre tipi di infortunio.
Passando ai dati sugli infortuni dei lavoratori stranieri rispetto agli italiani, la tabella 2.3 è stata costruita indicando, prima di tutto, gli anni dal 2003 al 2007. Abbiamo poi indicato i lavoratori italiani e i lavoratori stranieri, cioè provenienti da Paesi esteri. Come vedete, su un totale di infortuni nel 2003, che è il primo anno di riferimento, di 977.194, l’87,7 per cento degli incidenti ha riguardato i lavoratori italiani e il 12,3 lavoratori stranieri. Se prendiamo come riferimento il 2007 – le valutazioni conseguenti le potrete fare autonomamente – il numero totale degli infortuni è 912.615, quindi in calo rispetto a quelli verificatisi nel 2003, suddivisi in 772.036, equivalente all’84,6 per cento per i lavoratori italiani, contro il 15,4 per cento per i lavoratori stranieri. Quindi, in sostanza, sono diminuiti i lavoratori italiani che si sono infortunati e sono aumentati gli stranieri.

PRESIDENTE
A questo proposito, però, dovremmo avere un dato di riferimento relativo al totale dei lavoratori italiani e dei lavoratori stranieri, perché senza questo dato non riusciamo ad interpretare adeguatamente la tabella.

D’AMICO
Diciamo che non è stato riportato per un problema di sintesi, per dare una schematicità. Comunque, posso dirvi, se può bastare, che la frequenza infortunistica relativa ai lavoratori stranieri è di circa il 20 per cento superiore a quella dei lavoratori italiani; ciò è dovuto al fatto che i lavoratori stranieri hanno tempi di esposizioni al rischio inferiori: alcuni lavorano part time o sono stagionali. Operare un semplice rapporto tra infortuni e teste occupate avrebbe avuto forse un carattere un po’ distorsivo.
Allo stato attuale, comunque, i lavoratori stranieri assicurati all’INAIL sono circa 3 milioni. Proprio per il fatto che ci sono lavoratori part time, lavoratori stagionali e lavoratori che hanno lavorato almeno un giorno, non si può fare un paragone con chi è impiegato stabilmente; c’è bisogno di elaborazioni particolari.

SARTORI
La tabella successiva riporta i casi mortali. Potrete notare le differenze tra i casi mortali verificatisi tra i lavoratori italiani e quelli avvenuti tra i lavoratori provenienti da Paesi stranieri e l’evoluzione del fenomeno nel corso degli anni. Come vedete, c’è una diminuzione del numero dei lavoratori morti: da 1.445 incidenti mortali nel 2003 (con un’incidenza rispettivamente dell’87,5 per i lavoratori italiani e del 12,5 per quelli stranieri) si scende a 1.170, con un’incidenza dell’85,1 per cento per i lavoratori italiani e del 14,9 per i lavoratori provenienti da Paesi stranieri.
Nella relazione è poi contenuta la tabella con la suddivisione dei lavoratori stranieri infortunati o morti nei vari settori di riferimento. I lavoratori stranieri che hanno subito un infortunio lo hanno quindi subito secondo la ripartizione che è indicata nella tabella successiva «I settori di attività economica – Anno 2007». Abbiamo suddiviso i lavoratori stranieri in base alla loro provenienza. Da questa classificazione potrete vedere che a livello infortunistico il Paese più segnato da questi infortuni è il Marocco, seguito dalla Romania e dall’Albania; dopo c’è una netta caduta del tasso percentuale. Credo, però, si tratti di dati assoluti e non relativi, nel senso che essendo molti di più rispetto agli altri i lavoratori marocchini, rumeni o albanesi che lavorano in Italia è chiaro che gli infortuni che li riguardano sono numericamente più significativi. I casi mortali sono riportati nella tabella accanto. In questi ultimi, per i quali molto dipende dal settore di impiego, i lavoratori rumeni purtroppo fanno la parte del leone balzando al primo posto con un’alta percentuale. Ciò probabilmente è dovuto al fatto che molto spesso sono impiegati in edilizia.
Analizziamo adesso gli infortuni facendo riferimento alle tipologie contrattuali (tabella 2.4). Abbiamo di nuovo diviso tra infortuni, permanenti e non, e casi mortali. Tra il 2006 e il 2007 per quanto concerne gli apprendisti c’è stata una diminuzione del 2,7 per cento degli infortuni; i casi mortali erano 31 nel 2006 e 26, che è un dato provvisorio, nel 2007.
C’è, quindi, stata una diminuzione sia del numero assoluto degli infortuni che del numero dei casi mortali. Per gli autonomi il dato è –8,6 per cento.
Quanto ai dipendenti c’è una diminuzione in generale dello 0,7 per cento, ma tra gli interinali c’è un aumento del 13,6 dei numeri assoluti. Ciò significa che molti lavoratori sono passati attraverso il lavoro interinale e numericamente questo ha inciso sul numero degli infortuni. Anche tra i parasubordinati, altra forma di lavoro atipico, c’è un aumento del 5,7 per cento del numero degli infortuni.
Abbiamo riportato anche le stime sul primo semestre 2008 (tabella 2.5), che ovviamente risentono di un certo margine di errore, relativamente sia agli infortuni, che vedono una diminuzione tendenziale del 4,1 per cento, sia ai casi mortali che rispetto al 2007 registrano una diminuzione del 5,3 per cento. Ovviamente si tratta di dati provvisori, fatti secondo stime e proiezioni, ovviamente su modelli statistici molto sofisticati.

PRESIDENTE
Dovremmo avere i riferimenti numerici precisi, altrimenti non riusciamo a leggere le tabelle. Mi spiego meglio. Quando, per esempio, leggiamo nella tabella 2.4 che tra gli apprendisti nel 2006 si sono verificati 26.879 casi, a fronte di 26.150 casi nel 2007, ci chiediamo quanti erano gli apprendisti nell’un anno e nell’altro. In mancanza di questi dati, sorge la solita polemica con l’INAIL sulle statistiche, di cui mi assumo tutte le responsabilità. Chiaramente il presidente Sartori non c’entra nulla, ma noi abbiamo bisogno dei dati per comprendere il fenomeno.
In questo modo invece non riusciamo a capire cos’è successo; quindi, pregherei di farci avere dati di riferimento precisi, diversamente non ci può essere nemmeno una scientificità dell’analisi.

SARTORI
Ovviamente siamo qui per ascoltare le esigenze della Commissione. Siamo assolutamente disponibili ad aggiungere tabelle che eventualmente avessimo mancato di inserire nel fascicolo che vi abbiamo consegnato; tuttavia nelle prime pagine è contenuta una parte importantissima di dati, divisi, come dicevo, tra assoluti e relativi. Quindi la Commissione, secondo il mio punto di vista, può avere un quadro generale della tendenza, pur se non completamente esaustivo perché mancano delle tabelle, che naturalmente produrremo al più presto. Ciò non toglie che sarà nostra premura produrre in brevissimo tempo i dati richiesti.

PARAVIA (PdL)
Signor Presidente, mi unisco alla sua richiesta in quanto ritengo sia indispensabile avere dei riferimenti precisi, diversamente il dato non è leggibile. È evidente che se viene riportato che in agricoltura nel 2001 ci sono stati 80.532 infortuni e 57.155 nel 2007, quindi con una diminuzione percentuale del 29 per cento, perché tale dato abbia un senso va verificato confrontandolo con il numero di occupati in agricoltura nel 2001 e nel 2007.

SARTORI
In basso alla pagina che lei sta leggendo c’è la tabella degli indici di incidenza con gli infortuni denunciati per 1.000 occupati.

PARAVIA (PdL)
Questo dato va riprodotto per tutte le tabelle. Infatti è giusta la considerazione che ha fatto il dottor D’Amico quando ha ricordato che tra i lavoratori stranieri ci sono gli stagionali. L’INAIL, ricevendo il pagamento di un premio, ha anche la denuncia, di tre mesi, di due mesi o di un giorno, ed è quindi in grado di elaborare questi dati, che d’altronde sono stati già chiesti in altre occasioni. Tale questione fu sollevata in precedenza proprio dal sottoscritto.
Le faccio, comunque, un «in bocca al lupo» per il duro lavoro che l’attende, confidando che lei riesca a portare con il suo pragmatismo qualche ulteriore innovazione.
Va riconosciuto che l’INAIL in questi anni ha fatto passi da gigante. Sono imprenditore da trentaquattro anni, quindi da trentaquattro anni conosco l’Istituto, e posso affermare che quanto si è realizzato nell’ultimo quinquennio non è stato fatto nei sei precedenti. Tuttavia, presidente Sartori, lei troverà numerosissime incrostazioni, a cominciare dal modo in cui si muove il servizio ispettivo: controllando sempre le solite aziende ed i soliti noti e disinteressandosi, invece, dei territori a rischio (anche quelli a rischio criminalità che, essendo io campano, le potrei elencare), il servizio dimostra una certa pigrizia, non garantendo di fatto corrette regole di concorrenza, perché c’è chi non conosce affatto l’INAIL e chi al contrario la conosce fin troppo.
Così come troverà senz’altro altre incrostazioni da eliminare quando esaminerà, ad esempio, gli elenchi dei legali dell’Istituto e di quelli convenzionati: vedrà quante scorie radioattive ci sono all’interno dei rapporti tra gli uffici legali dell’INAIL e quelli dei patronati; ma questo è un altro problema, che non tocca a questa Commissione affrontare.
Il mio, presidente Sartori (conoscendola e sapendo in che modo si sta già impegnando), vuole essere soltanto un invito a guardare dappertutto, sia pure con una priorità, che oggi non può che essere quella degli infortuni mortali, così come sollecitato dal Capo dello Stato e da numerose altre istituzioni, compresa questa Commissione, che del resto esiste proprio per tentare di svolgere un ruolo attivo e propositivo in materia.
Concludo il mio intervento riportandole un’esperienza diretta che abbiamo realizzato nell’ambito del nostro associazionismo di categoria. Da dieci anni svolgiamo una specifica attività in materia di infortuni con tutte le aziende associate del nostro settore merceologico ed abbiamo ottenuto un risultato molto positivo: oltre la metà delle aziende iscritte alla nostra associazione di categoria nell’ultimo quinquennio ha registrato, per diverse annualità, zero eventi infortunistici. Il dato, che riguarda comunque aziende con diverse centinaia o in alcuni casi addirittura migliaia di dipendenti, fa riferimento non solo agli infortuni mortali o a quelli che possono dare luogo ad invalidità permanente o temporanea, ma anche agli infortuni guaribili in meno di tre giorni, quelli che non vengono denunciati.
A questo risultato siamo arrivati scambiandoci le informazioni relative agli infortuni, da quelli più lievi a quelli più gravi; abbiamo redatto addirittura un opuscolo, in formato sia cartaceo che su DVD, e lo abbiamo diffuso attraverso quell’attività di formazione di cui ogni singola azienda si occupa in totale autonomia, sia pure con il supporto dell’associazione.
In questo modo abbiamo predisposto una serie di avvertimenti, perché l’insegnamento migliore per il lavoratore è quello che può derivargli dalle drammatiche esperienze altrui: è un insegnamento gratuito, ma è forse quello che serve di più.
Mi scuso per essermi dilungato a parlare del mio settore, che tra l’altro risulta un po’ mortificato dalla vostra statistica (anche se si sa che quando la statistica afferma che in Italia si mangiano 50 polli a testa può darsi che io ne mangi 50 e il Presidente nessuno!). Detto settore, confluito in quello dei trasporti, è uno di quelli maggiormente penalizzati. Ci troviamo, ad esempio, a pagare premi sproporzionati rispetto ai nostri colleghi europei perché ci occupiamo di trasporto verticale, orizzontale e obliquo (mi riferisco in particolare ad ascensori, scale e marciapiedi mobili, non per fare marketing, ma semplicemente per fornire un elemento di valutazione). Risultiamo quindi tra i peggiori per quanto riguarda gli infortuni, pur essendo il nostro, all’interno del settore dei trasporti, il miglior settore in assoluto. La pregherei pertanto, presidente Sartori, di tener conto di questo aspetto, quando ne avrà tempo, perché non sempre i dati statistici corrispondono effettivamente alla realtà, ma dipendono, per esempio, da come sono impostati i raggruppamenti che, a volte, possono essere anche ingannevoli.
La domanda che le pongo – e che sto ponendo da vent’anni al suo Istituto senza avere risposta – riguarda la questione relativa all’attività informativa.
L’INAIL ha da poco avviato un’intensa attività di formazione, in collaborazione con il mondo dell’associazionismo e con le organizzazioni sindacali. Tuttavia, proprio dal punto di vista dell’informazione, si potrebbe fare una cosa banalissima, che da tempo propongo senza esito: raccogliere i dati sugli infortuni di un certo settore merceologico, in particolar modo di quelli mortali, per il quali è previsto l’intervento della magistratura.
Proprio in questi casi, infatti, vi è la tendenza a non parlare fino a quando non si conosce l’esito definitivo dell’evento, che a volte coincide con l’esito di un giudizio penale che può durare anche dieci anni. Sarebbe allora il caso di fare quello che noi come associazione già facciamo: raccogliere informazioni precise dai vostri servizi ispettivi, confrontarle con quelle della ASL competente e trasmetterle alle aziende di quel dato settore merceologico (se volete, per ragioni di economia di costi, anche attraverso il vostro sito), in modo da portare a conoscenza del mondo sindacale e dell’associazionismo categoriale la dinamica di quegli incidenti.
Venerdì scorso a Roma è morto il lavoratore di un’impresa che stava montando un ascensore (e non mi sto smentendo rispetto a quanto ho detto prima, perché i dati riferiti al nostro settore restano comunque ottimali, anche se esistono piccole imprese che si muovono in totale libertà). Ebbene, stiamo facendo una fatica incredibile per capire cosa sia successo, posto che dalle notizie riportate dai giornali e dai telegiornali non si comprende nulla e che l’informazione è a volte così approssimativa da confondere le idee. Tutto è top secret, mentre a noi quelle informazioni servono perché potrebbe esserci sfuggito qualche particolare, che si potrebbe magari immediatamente introdurre, andando così a completare i piani di sicurezza tecnici.
Bisognerebbe dunque fare in modo che queste morti perlomeno non siano state inutili, laddove su questo argomento mi trovo da vent’anni di fronte al muro di gomma dell’INAIL. Nulla è stato fatto finora e mi auguro che con lei tutto ciò cambierà.

DONAGGIO (PD)
Ringrazio il commissario dell’INAIL, che spero quanto prima diventerà Presidente: infatti, non essendo stati ancora nominati alcuni organi credo manchi un passaggio importante per la gestione degli Istituti: mi riferisco, soprattutto, al Consiglio di indirizzo e vigilanza (CIV), che mi sembra fondamentale per impostare bene la gestione dell’ente.
Ritengo che un primo elemento da sottolineare riguardi proprio il fatto che un ente così strategico e fondamentale per le questioni legate alla sicurezza come l’INAIL sia quanto prima nella pienezza dei suoi organi.
In tal modo sarà possibile anche per questa Commissione disporre del programma di lavoro e, soprattutto, avere il programma definito dal Consiglio di indirizzo e vigilanza, che raggruppa le parti sociali e quindi i soggetti che, più di altri, possono svolgere un ruolo di propulsione per quanto concerne l’ulteriore miglioramento della condizione degli infortuni e delle morti sul lavoro. Mi permetto quindi di insistere su questo aspetto, perché credo che sia propedeutico al discorso che farò.
Lei, presidente Sartori, prende in carico il nuovo Testo unico sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, uno strumento importante di cui i suoi predecessori, tra cui il presidente Mungari, non disponevano. Esso giunge a compimento dopo anni di lavoro e di approfondimenti e detta anche alcune regole sulla modernizzazione del sistema di rilevazione. Anche questa credo vada rilevata come una delle opportunità che l’Istituto ha per riuscire a svolgere il proprio ruolo.
Inoltre non tutti gli infortuni sul lavoro sono ricondotti all’INAIL. Mi riferisco, per esempio, all’IPSEMA (Istituto di previdenza per il settore marittimo) che è l’istituto che si occupa dell’assicurazione dei lavoratori marittimi e sul quale, evidentemente, si dovrebbe discutere approfonditamente.
Ritengo sarebbe importante sentire ascoltare i rappresentanti dell’IPSEMA a proposito di questo particolare settore, che ha problemi piuttosto consistenti per quanto riguarda i lavoratori occupati. Ricordo poi che l’IPSEMA è riuscito, con una gestione molto oculata del proprio funzionamento, ad abbassare i premi. Infatti la competitività del nostro sistema produttivo è data anche dall’abbassamento, non delle tutele ma, per quanto è possibile, intervenendo con dei miglioramenti, del costo del lavoro, un elemento che ci sta molto a cuore.
Comunque, oltre ai dati sugli infortuni, sarebbe importante avere un indicatore delle malattie professionali, molto utile per capire, nella proiezione, che cosa ci si aspetta da un ente assicurativo. Per esempio, circa la questione amianto abbiamo riproposto una serie di norme. I decessi causati dall’amianto non avvengono entro i 180 giorni dall’incidente, ma si tratta di situazioni che si portano avanti per anni e che giungono poi al concentrarsi di morti sul lavoro e di morti per malattie professionali che fanno muovere gli indicatori non in termini di prevedibilità, quindi anche di allarme. Dunque vorrei chiedervi di inserire nelle tabelle e nei dati che ci vengono messi a disposizione anche le malattie professionali.
Credo, inoltre, che sia stato importante che alla Camera il Governo abbia ritirato l’emendamento al Testo unico concernente il giorno in cui il lavoratore deve essere iscritto all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni. Si era tentato di tornare alla normativa precedente che prevedeva la registrazione entro i cinque giorni successivi e il fatto che si sia mantenuto, invece, l’obbligo dell’iscrizione il giorno prima dell’assunzione evita che i lavoratori vengano iscritti e dunque assunti, guarda caso, il giorno in cui avviene l’incidente. Questa abitudine era sotto gli occhi di tutti e io credo sia importante e vada apprezzato che la norma del Testo unico non sia stata alterata.
Infine, mi permetto di chiedere all’INAIL di mettere in pratica le disposizioni che già esistono, volute dal precedente Governo, come quella che prevede le statistiche di genere. Non sono più disponibile ad accettare dati e numeri dove le persone sono neutre e asessuate. Ormai la presenza di donne nel mondo del lavoro, in tutte le attività, è per fortuna un elemento di qualità del nostro Paese; dunque chiederei che le statistiche, come già previsto da una legge dello Stato, siano fornite dall’INAIL in base al genere, in modo tale da poter capire se, in particolari tipi di attività, le tutele si abbassano. Infatti potremmo essere in presenza di un trend generale in discesa, tuttavia con uno scambio di genere per quanto concerne le malattie professionali o le morti sul lavoro.
Infine, vorrei aggiungere un particolare, dato che lei, Presidente, prima si rallegrava di come in Valle d’Aosta gli incidenti mortali fossero notevolmente diminuiti. In realtà il dato coincide con il fatto che sono stati ultimati i lavori per la riapertura del traforo del Monte Bianco. Se domani mattina, in una qualsiasi Regione, si mettessero in opera lavori per un altro traforo, vi sarebbe di nuovo un picco, giacché siamo in presenza di un’attività che, di per sé stessa, ha un’elevata pericolosità.

ROILO (PD)
Signor Presidente, ho notato il trend positivo che appare dal confronto dei dati sugli infortuni del 2006 e del 2007, sia nel numero totale che in quello degli infortuni mortali: se non ricordo male, siamo a –10 per cento circa sul totale degli infortuni e a –24 per cento di infortuni mortali.

SARTORI
Per la precisione, il dato è –21,7 per cento di infortuni mortali in tutte le attività nel periodo tra il 2001 e il 2007.

ROILO (PD)
Si tratta di una riduzione significativa, e mi riferisco sempre agli infortuni mortali. Infatti, se guardiamo i dati degli anni precedenti, anche quando ci sono state variazioni in diminuzione non si trovano riscontri percentuali di questa entità.
Dunque, per prima cosa vorrei sapere come, secondo lei, si spiega, una diminuzione così significativa. Potrei pensare che nel 2007 ci sia stato un impulso particolare da parte del legislatore, grazie anche alle sollecitazioni del Presidente della Repubblica che ricordava il presidente Tofani.
Un impulso che certamente va ascritto al merito di tutti e che ha portato alla definizione, prima del Testo unico, della legge n. 123 del 2007 che conteneva delle norme immediatamente precettive, alcune delle quali (lo dico anche per rendere onore all’impegno che la precedente Commissione d’inchiesta ha profuso) sono state segnalate alla Commissione lavoro e all’Assemblea direttamente dalla Commissione infortuni sul lavoro, presieduta dal presidente Tofani, nella scorsa legislatura.
Si tratta comunque di un dato sicuramente positivo che andrebbe valorizzato nelle indicazioni dell’intervento sostenuto, anche perché guardando i dati relativi al primo semestre 2008, a fronte di un –20 per cento circa del 2007 sul 2006, abbiamo un –4 per cento circa.

SARTORI
Mi scusi, senatore Roilo, vorrei precisarle che quello da lei citato è il dato riferito al periodo 2001-2007, non è la variazione annua.

ROILO (PD)
Allora qual è il dato sulla variazione dal 2007 al 2006?

SARTORI
Considerando la tabella degli infortuni mortali, la 1.2, e considerando tutte la attività, lei può vedere che la variazione è frutto della differenza tra –24,3 per cento, che è il dato 2007 riferito al 2001, e –13,3 per cento che è il dato dell’anno precedente: quindi, –11 per cento. È una diminuzione – non voglio fare una valutazione politica – abbastanza significativa.

ROILO (PD)
La seconda domanda riguarda le malattie professionali, argomento sollevato dalla collega Donaggio. Nel luglio scorso in Commissione lavoro, in sede di Ufficio di Presidenza allargato ai rappresentanti dei Gruppi, abbiamo audito il direttore dell’INAIL che ci ha consegnato il Rapporto 2007. Il problema, guardando i numeri, è il seguente: mentre si registra un calo degli infortuni mortali, dal 2006 al 2007, c’è stato un aumento di 2.000 unità dei casi di malattie professionali. Mentre nel quinquennio precedente – questo è quanto risulta dal rapporto – c’era stata una sostanziale stabilizzazione, nell’ultimo anno si è registrato un incremento significativo di cui vorrei conoscere le cause. Dipende da una sottostima percentuale precedente – lo dico perché abbiamo lavorato su questo argomento serissimo anche nella precedente Commissione – oppure c’è davvero un incremento delle malattie professionali? Se l’ultima ipotesi fosse quella esatta, vorrei conoscerne le ragioni.

DE ANGELIS (PdL)
Ringrazio il Presidente dell’INAIL e il dottor D’Amico per l’interessantissimo dossier che ci hanno fornito e per la loro presenza. Passando al merito dell’intervento, vorrei capire la filosofia operativa della Commissione in questo tipo di ragionamento. I numeri vanno letti in maniera opportuna e, come giustamente osservava la senatrice Donaggio, è chiaro che se in Valle d’Aosta si inizia un lavoro con 5.000 operai le percentuali di infortuni aumentano, così come se nel Lazio c’è un boom delle costruzioni si avrà un aumento degli infortuni in quel settore. Al di là delle perfettibilità delle condizioni di sicurezza all’interno dei cantieri, ci saranno, comunque, delle percentuali più alte di infortuni; quindi, i numeri vanno letti nella statistica dei movimenti lavorativi, delle situazioni e dell’andamento dell’economia. Secondo me, il problema degli infortuni in Italia verte su due aspetti che vanno implementati: innanzitutto c’è il discorso ispettivo; poi c’è l’importantissima questione della formazione degli operai da attuarsi in azienda tramite sistemi di valutazione.
Vorrei sapere cosa pensa l’INAIL al riguardo.
A proposito della formazione c’è un fenomeno di cui sia ieri che oggi ho sentito parlare. Mi riferisco alla rivoluzione copernicana che deve avvenire circa il concetto della sicurezza. L’80 per cento delle scuole italiane non sono a norma sia come certificato statico che come prevenzione incendi e impianto elettrico (non ho le statistiche, ma immagino che la stessa percentuale valga per tutti gli edifici pubblici). Capite bene l’input educativo negativo che diamo ai bambini. C’è una mentalità radicata che necessita di una rivoluzione che deve partire dall’interno dello Stato a livello educativo per poi essere portata nelle aziende.
Vorrei, inoltre, sapere dall’INAIL – che, tra l’altro, è un ente che non ha problemi economici, almeno così ho saputo – quali sono i suoi investimenti in questo settore. Ho appena letto nel dossier, con riferimento agli oltre 40 decreti attuativi contenuti nel decreto legislativo n. 81 del 2008, che state portando avanti con il Ministero del lavoro un discorso informativo su questi due settori che, secondo me, sono trainanti per la materia che trattiamo.

NEROZZI (PD)
Presidente Sartori, tengo a dire che negli ultimi anni la produzione di dati e l’efficienza dell’Istituto è molto migliorata. La conosco da quindici anni e sia la presentazione che ha svolto sia i documenti consegnati sono molto precisi.
Oltre ad avere i dati richiesti dal presidente Tofani e dalla senatrice Donaggio, sarebbe utile avere i dati raggruppati per Province. In proposito le pongo due domande. La prima concerne la possibilità di approfondire la questione dell’impegno dell’INAIL nell’ambito della formazione e dell’ispezione, così come ha ricordato il senatore De Angelis.
Le ho chiesto i dati per Provincia perché quelli oggi prodotti sono su base regionale. È indubbio che c’è un problema relativo alla realizzazione di opere come il traforo in Valle d’Aosta e in generale ai lavori in corso, come ricordava la collega Donaggio, però, mi pare che nelle Regioni, e soprattutto nelle Province, in cui c’è più lavoro nero ci siano meno infortuni.
È impensabile, infatti, che Province come quelle di Vicenza, Padova, Bologna, Bergamo e Modena abbiano dati molto superiori a quelli di altre Province dove c’è meno lavoro regolare e più lavoro nero. Il confronto ci serve anche per combattere questa piaga. Non so cosa possa fare l’Istituto, è certo però che dobbiamo individuare le competenze; salta all’occhio – e sarebbe meglio fare un’analisi più attenta altrimenti la situazione risulterà ancor più strana – che c’è qualcosa che non quadra: il lavoro nero. Vorrei sapere cos’è possibile fare in merito.

PRESIDENTE
Presidente Sartori, comprendo che alcuni argomenti sono di ampia portata e che, essendosi lei insediato da poco, le sue risposte non potranno che essere parziali. Voglio aggiungere che vi chiederemo un nuovo incontro perché credo che questa Commissione debba creare un contatto privilegiato con l’Istituto per poter lavorare e capire insieme una serie di fatti.

SARTORI
Da parte dell’INAIL c’è – e questo l’ho detto fin dal primo giorno al Presidente – la massima intenzione di collaborare con tutte le strutture e di fornire tutte le informazioni di cui disponiamo. Lo dico non solo per il rispetto che nutro nei confronti di questa istituzione, ma anche perché troppe volte i dati sono stati mistificati in maniera, direi, strumentale e tutti noi abbiamo bisogno di recuperare una serenità sul dato statistico che riguarda argomenti delicati come gli infortuni e le morti in ambienti di lavoro e in itinere, per essere precisi da un punto di vista tecnico.
Vi preannuncio, quindi, che uno dei punti più importanti di questo commissariamento/presidenza sarà quello di garantire una serie di dati statistici, anche aggiuntivi rispetto a quelli che oggi elaboriamo, per dare la massima leggibilità all’andamento di un settore così delicato.
Da parte nostra, pertanto, c’è la massima disponibilità a fornirvi tali dati nella maniera più chiara e leggibile possibile; anzi, aggiungo che chiederò la collaborazione della vostra Commissione per completare la definizione della situazione con dati che magari noi in questo momento vediamo in maniera sfumata e che voi, invece, avete presenti nel quadro di un’analisi più generale. Mi rendo conto che spesso nella lettura delle tabelle si possono incontrare difficoltà, nelle quali io stesso a volte mi imbatto perché, pur avendo sostenuto un esame di statistica economica, non sono uno statistico, e interpretare i numeri non è facile, specialmente per i non addetti al settore.
Entrando nel merito delle varie questioni che mi sono state poste, innanzitutto ringrazio i senatori per i loro interventi, dai quali si evince un approccio agli argomenti che tiene conto di una visione globale di questo delicato settore. Cercherò di procedere per ordine, anche se molti temi sono tra loro correlati.
Per quanto riguarda la questione posta dal senatore Paravia sull’attività informativa, condivido le opinioni espresse. In particolare, sarà importante non tanto e non solo l’analisi del dato statistico di cui disponiamo e che possiamo esaminare ed approfondire, ma sarà fondamentale fare la mappa preventiva del rischio. Proprio in questa direzione è mia intenzione potenziare l’attività svolta dal nostro ufficio di statistica, diretto dal dottor D’Amico, che pur è molto efficiente, ma è chiaramente impegnato in tutta una serie di incombenze statistiche ed attuariali.
La prevenzione, infatti – che poi significa risparmio non solo sotto il profilo infortunistico, ma anche sotto il profilo economico – deve essere attuata anche tramite un’accurata mappa del rischio potenziale, quello cioè che non si è ancora verificato ma che, sulla base dei dati statistici, si presume possa accadere. In tal modo, attraverso un’opportuna informazione, si procederà ad avvertire le associazioni di categoria, e più in generale chi è presente sui luoghi di lavoro, che determinati fatti, accaduti in passato, si possono ripetere in determinate ore, ambienti e situazioni: tutto questo può essere fatto mediante l’analisi mirata del dato statistico.
Con riferimento a quanto chiedeva il senatore Nerozzi, possiamo sicuramente fornire alla Commissione i dati a livello provinciale (addirittura saremmo in grado di fornire quelli a livello comunale o per ASL). Naturalmente sulla base di questi dati si potranno poi sviluppare tutti i ragionamenti che sono stati anticipati dal senatore Nerozzi, che rientrano in una fase successiva, ma che in ogni caso qui è possibile richiamare, anche per avere qualche indicazione da parte vostra.
Ad esempio, analizzando i dati per Provincia, si possono intuire certi fenomeni di lavoro nero. Al riguardo vorrei precisare che i dati di cui disponiamo si riferiscono agli infortuni verificatisi, denunciati e poi indennizzati.
Pertanto, l’infortunio che coinvolge il lavoratore in nero, che non viene denunciato e per il quale tanto meno viene pagato il premio assicurativo, esce ovviamente dalle nostre statistiche. Ciò è nella logica dei fatti e rientra in un ragionamento più generale che tutti comprendete.

DE ANGELIS (PdL)
In questo caso, però, non entra in gioco il discorso della logica ispettiva?

SARTORI
Come sapete, la logica del commissariamento, cui sono stato chiamato, risponde ad una duplice esigenza. Innanzitutto, occorre provvedere nell’immediato, entro il 30 novembre, alla riorganizzazione degli enti sotto il profilo delle piante organiche, cosa che stiamo già facendo (magari avrete anche letto qualche notizia di stampa apparsa in questi giorni). Entro la fine del marzo 2009, invece, dovremo presentare i piani relativi alla governance e alle sinergie tra gli Istituti. In particolare, sotto questo profilo, una delle sinergie ipotizzate in maniera molto decisa riguarda proprio i servizi ispettivi. Da questo punto di vista, infatti, non solo è necessario un coordinamento – che tra l’altro già esiste – ma occorre compiere un ulteriore salto di qualità.
Ci si potrebbe richiamare al testo del decreto legislativo n. 81 del 2008 che, essendo estremamente recente (peraltro costruito anche sulla base di indicazioni provenienti dalla stessa INAIL), il sistema deve ancora introitare, metabolizzare, digerire ed applicare. A tal riguardo, il prossimo 23 ottobre sarò a Giardini Naxos per un convegno sulla medicina del lavoro, settore in cui INAIL è ovviamente protagonista; tra gli appuntamenti previsti in calendario, si terrà una tavola rotonda sui problemi applicativi del decreto legislativo n. 81. Questo per dirvi come l’INAIL e tutti gli attori che si muovono in tale particolare ambito siano impegnati ad assimilare tecnicamente le norme contenute in quel decreto (peraltro molto esaustive, complesse e minuziose, come si può ben vedere esaminandone il testo) per dare risposte significative e rapide ad un input molto forte che viene dagli organi istituzionali e legislativi, Governo e Parlamento in primis.
Consentitemi poi una battuta sul CIV: le nomine dipenderanno ovviamente dal Governo, per cui il Presidente-commissario INAIL non si può chiaramente sbilanciare al riguardo.
Quanto all’IPSEMA, va senz’altro sviluppato un ragionamento ad hoc, se consideriamo, ad esempio, che l’Istituto assicura i naviganti marittimi, ma non quelli del settore aereo, gli aeronaviganti, per così dire.

DONAGGIO (PD)
Neanche i lavoratori del settore della pesca!

SARTORI
Tutto il ragionamento farà parte – almeno lo speriamo – del discorso sulla riorganizzazione che stiamo affrontando. Stamattina il commissario straordinario dell’IPSEMA, Antonio Parlato, sottolineava che una parte dei lavoratori viene assicurata dall’INAIL, una parte dall’IPSEMA e una parte, addirittura, da assicurazioni private (mi riferisco agli aeronaviganti), quindi capite che anche a questo proposito ci sarebbe un ragionamento globale da fare.
Per quanto riguarda l’iscrizione all’INAIL il giorno prima dell’assunzione, non competono a me valutazioni politiche perché sono qui in veste di rappresentante dell’Istituto, però il presidente Tofani ricorderà, visto che faceva parte della Commissione lavoro della Camera quando io ne ero Presidente, che la questione si era posta già allora e l’orientamento, in effetti, era questo. Poi, per motivi che non starò a sottolineare perché non voglio addentrarmi in ragionamenti politici, non si fece, ma abbiamo ben presente l’argomento e sappiamo che si tratta di un aspetto particolarmente importante proprio sotto il profilo infortunistico.
Per quanto riguarda le statistiche di genere, il dottor D’Amico può aggiungere alcune considerazioni in risposta alla precisa domanda della senatrice Donaggio.

D’AMICO
La questione delle statistiche di genere va contestualizzata in un quadro più generale. Noi abbiamo elaborato una serie di schede che abbiamo cercato di rendere il più possibile leggibili e schematiche.
Questo, naturalmente, è un po’ in contrasto con l’esigenza di un’informazione completa, articolata e dettagliata quale quella che siamo in grado di fornire. Poco fa il senatore Roilo trovava difficoltà, giustamente, nell’individuare la variazione dell’anno 2007 rispetto al 2006. Questo perché nel Rapporto annuale sono riportate la variazione congiunturale e la variazione tendenziale, vale a dire ciascuna variazione rispetto all’anno precedente e la variazione rispetto ad un anno ritenuto alla base del periodo di osservazione. Noi abbiamo fatto una selezione dei dati per evitare difficoltà di lettura e per dare seguito alle richieste indicate che erano molto schematiche. Veniva richiesto un quadro aggiornato in ordine alla situazione e all’evoluzione del fenomeno degli infortuni sul lavoro distinti, per quanto possibile, secondo il territorio, i settori produttivi, le tipologie contrattuali e l’incidenza tra lavoratori italiani e stranieri. La senatrice Donaggio ha chiesto una divisione per genere ma io aggiungerei anche una divisione per classi di età.

SARTORI
Ciò non toglie che eventualmente possiamo aggiungere questi dati. Questo discorso rientra nel ragionamento comune più generale che faremo io e il presidente Tofani per raggiungere un punto di incontro sui dati in modo tale da potervi dare uno storico uniforme.

NEROZZI (PD)
Sono dati che ci servono perché, insieme a quelli delle ASL, diventano interessanti per vedere chi fa prevenzione e chi non la fa. A chi deve fare ragionamenti di tipo politico, servono anche questi dati.

D’AMICO
Infine, vorrei aggiungere che il Rapporto annuale – quello che stava leggendo appunto il senatore Roilo – riporta, oltre la parte dove sono indicate le malattie professionali, altre 500 tabelle. Nella nostra banca dati statistica, abbiamo tre milioni e mezzo di tabelle per settori di attività, per Provincia e quant’altro. Le tavole che il mio collaboratore aveva preparato erano suddivise per Provincia. Sono stato io a chiedergli di farle per Regione, perché ritenevo che una lettura per Provincia fosse troppo dispersiva.
Infine, per quanto riguarda la divisione di genere, vi assicuro che i 3 milioni e mezzo di tavole che lei troverà nel nostro sito (www.inail.it) alla sezione statistiche, hanno tutte, indistintamente, le tre colonne: maschi, femmine e totale.

PRESIDENTE
Mi scusi, dottor D’Amico: c’è stata una richiesta precisa della senatrice Donaggio e lei non ci può rimandare al vostro sito Internet.
Atteniamoci ai dati che vengono richiesti e che, possibilmente, come ci ha detto già il Presidente, ci verranno forniti. Cerchiamo di creare un rapporto di questo tipo, altrimenti per noi diventa molto difficile perché dobbiamo svolgere anche un’altra serie di funzioni.

SARTORI
È stato chiarissimo, Presidente. Volevo rispondere alla acuta osservazione del senatore Roilo, il quale ha notato una diminuzione netta dei dati infortunistici dal 2006 al 2007 e poi una diminuzione ulteriore, ma non altrettanto netta, dal 2007 ai dati tendenziali del 2008. C’è una spiegazione. Per motivi che andrebbero definiti e approfonditi, se voi guardate le tabelle che vi abbiamo fornito, per esempio la 1.2 sugli infortuni mortali, vi accorgete immediatamente come nel 2006, rispetto al 2005, c’è stato un aumento inspiegabile degli infortuni mortali.
È stato un anno particolarmente pesante nel trend positivo che dal 2001 ha, fortunatamente, imboccato il dato sugli infortuni mortali. Nel 2006, improvvisamente, il numero è risalito mentre nel 2007 ha recuperato la tendenza nettamente al ribasso. Infatti voi vedete che questo –11 per cento, che è un dato estremamente buono, nel 2008 diminuisce come intensità anche perché riprende un trend costante e in discesa, pur se meno marcato rispetto a quello che si è verificato nell’anno precedente e che era riferito al 2006, anno particolarmente pesante. È un’anomalia del dato.
Un’ultima osservazione che vorrei fare riguarda la questione della formazione e del fattore culturale. Dobbiamo dare atto al sistema Italia, alla stampa e alle istituzioni, in primis al Capo dello Stato, di aver sensibilizzato moltissimo l’opinione pubblica in questi ultimi dieci anni, particolarmente negli ultimi cinque, sui dati infortunistici, soprattutto quelli mortali. Oggi l’infortunio mortale viene vissuto in maniera assai più significativa che non una volta. Precedentemente l’infortunio mortale era sicuramente notato dall’opinione pubblica molto meno rispetto ad oggi.
Inoltre voglio aggiungere che alcuni operatori, spesso e volentieri – i motivi non li voglio approfondire perché non è il mio ruolo – enfatizzano i dati, cercano di far uscire la notizia pesante, qualche volta anche strumentalizzandola.
Tuttavia se guardiamo i dati europei possiamo notare, io non anticipo nessuna valutazione, qual è la posizione italiana rispetto a quella degli altri Paesi. Sotto questo profilo invito tutti a verificare e poi a trarre le dovute conseguenze.
Per quanto riguarda, infine, le attività stabilite in applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 lasceremo una relazione alla Commissione.

PRESIDENTE
Ringraziamo il presidente Sartori per la sua presenza e anche perché, al di là dei dati che ci ha fornito, ci ha garantito anche un elemento particolare: la sua totale disponibilità. Cercheremo quindi di instaurare una collaborazione che sicuramente porterà buoni frutti. Ringrazio altresì gli uffici dell’INAIL per l’attività che svolgono. Considero comunque l’audizione odierna solo introduttiva perché sono tante le domande da fare in riferimento all’attività dell’Istituto e non si possono certo esaurire in una seduta.
Dichiaro conclusa l’audizione odierna.
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Fonte: Senato della Repubblica