Categoria: Commissione parlamentare "morti bianche"
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SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 11, martedì 9 dicembre 2008

Audizione delle organizzazioni: CONFINDUSTRIA, CONFAPI, UNCI, LEGA DELLE COOPERATIVE, CONFCOOPERATIVE, AGCI, CONFARTIGIANATO, CNA, CASARTIGIANI e FEDERPESCA

Presidenza del presidente TOFANI


Intervengono per la CONFINDUSTRIA il dottor Salomone Gattegno, la dottoressa Patrizia La Monica, il dottor Pierangelo Albini, il dottor Fabio Pontrandolfi, il dottor Isidoro Marino, il dottor Zeno Tentella e la dottoressa Marianna Lorusso; per la CONFAPI l’avvocato Ugo Russo; per l’UNCI la dottoressa Sara Agostini; per la LEGA DELLE COOPERATIVE il dottor Angelo Algieri; per la CONFCOOPERATIVE la dottoressa Sabina Valentini; per l’AGCI il dottor Giuseppe Gizzi; per la CONFARTIGIANATO il dottor Giorgio Russomanno; per la CNA il dottor Sergio Gambini, il dottor Tommaso Campanile, il dottor Stefano Di Niola e il dottor Giancarlo Festa; per la CASARTIGIANI il dottor Michele Desossi; per la FEDERPESCA il dottor Corrado Peroni.


PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l’audizione di rappresentanti di organizzazioni datoriali.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso.
Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
L’impegno della nostra Commissione è quello di svolgere un approfondimento sul grave fenomeno, che purtroppo non è raro, degli infortuni, a volte mortali, sul lavoro. Stiamo svolgendo, a tale scopo, una serie di audizioni, fra cui quella odierna, nella speranza di avere da parte vostra, nello spirito di collaborazione che ha sempre contraddistinto l’attività di questa Commissione, riflessioni puntuali ed attente anche in riferimento alle nuove normative approvate dal Parlamento, tra le quali, in particolare, il decreto legislativo n. 81 del 2008 (spesso chiamato, impropriamente, Testo Unico). Il dottor Gattegno, in rappresentanza di Confindustria, ha chiesto di poter intervenire per primo a causa di impegni inderogabili. Gli cedo pertanto la parola.

GATTEGNO
Cercherò di non utilizzare per il mio intervento più del tempo necessario, per non toglierne al dibattito. Premesso che per Confindustria e per tutti i nostri imprenditori la sicurezza dei dipendenti è l’asset più importante, perché le aziende senza dipendenti non possono lavorare (sembra banale dirlo, ma visti gli attacchi che abbiamo avuto ultimamente mi preme specificarlo), abbiamo deciso con la presidenza Marcegaglia di nominare un responsabile specifico per la sicurezza sul lavoro, nella persona del sottoscritto; un atto che conferma la sensibilità del Comitato di presidenza su questo argomento.
Anche se il tema non si presta ad essere definito con mere cifre, desidero fornire alcuni dati per far capire qual è l’andamento degli infortuni mortali. Nel 2001 questi ultimi sono stati 1.546, nel 2007 sono stati 1.207.
Ciò testimonia che le aziende hanno posto in essere azioni che vanno nella giusta direzione, pur se non ancora sufficienti (stiamo quindi procedendo a dare attuazione ad una serie di iniziative che poi cercherò di illustrarvi).
Occorre tuttavia tenere presente che un numero importante di queste morti sul lavoro è rappresentato da quelle che si verificano nel percorso dall’abitazione al luogo di lavoro; numero che tra l’altro nel 2007 è addirittura cresciuto. Poiché tali infortuni avvengono sulle strade, per le imprese è difficile fare qualcosa al riguardo.
I dati che ho citato sono quelli ufficiali dell’INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), abbiamo voluto riferirci a numeri assolutamente al di sopra delle parti. Per capire come affrontare l’argomento, stiamo studiando tutte le possibilità. Da un recente studio dell’ISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro), abbiamo rilevato che l’80 per cento degli infortuni dipende da comportamenti errati, questo malgrado in Italia si faccia molto per prevenirli.
Abbiamo quindi pensato, dato che la struttura delle nostre aziende è soprattutto medio-piccola, di partire da noi stessi: vogliamo migliorare la cultura dei nostri imprenditori, affinché siano i primi ad essere sensibilizzati in tal senso; abbiamo quindi programmato un road show, che ci porterà in giro per l’Italia, per sensibilizzare sull’argomento i nostri colleghi imprenditori.
Per quanto concerne il decreto-legislativo n. 81, che lei, signor Presidente, ha citato all’inizio, noi condividiamo molti punti del provvedimento, laddove altri li riteniamo non del tutto condivisibili: c’è una parte burocratica che è estremamente pesante, così come una parte relativa a procedure e sanzioni che non sono rapportate tanto ai fatti quanto alla forma. Da questo punto di vista, riteniamo che tale normativa debba essere migliorata, anche per non produrre un effetto contrario. In particolare, ci riferiamo alle piccole e medie imprese, poiché nelle grandi aziende ci sono i sindacati, c’è una cultura della sicurezza, che invece nelle prime è meno presente. Se il piccolo imprenditore pensa che adempiendo ai soli obblighi formali abbia risolto il suo problema, non otterremo un decremento delle morti, ma la situazione attuale resterà immutata. Vorremmo allora che si desse un segnale in questa direzione per evitare che il decreto legislativo n. 81 venga interpretato in maniera sbagliata.
Mi preme poi citare la necessità di accertamenti contro la tossicodipendenza. Si tratta sicuramente di un argomento delicato; noi siamo assolutamente favorevoli a questi controlli e a queste procedure, che debbono essere il più semplici possibile, ma poiché sembra che il tutto sia demandato alle Regioni, il rischio è che un’azienda che ha sedi in più parti d’Italia debba comportarsi in maniera diversa da Regione a Regione. Tale aspetto richiede quindi un minimo di riflessione.
Per quanto concerne i finanziamenti, il decreto legislativo n. 81 recepisce per la formazione uno stanziamento di 50 milioni, disposto in un’apposita previsione inserita nella legge finanziaria per il 2008. Oggi le imprese investono in sicurezza attiva e passiva circa 12 miliardi (sono sempre dati ISTAT); l’INAIL ha finanziato programmi di prevenzione nel periodo 2001-2007 per 350 milioni, Fondimpresa, il fondo bilaterale costituito da CGIL, CISL e UIL e Confindustria, ha stanziato 12 milioni di euro nel 2008 per la formazione ed informazione in materia di salute e sicurezza. Vediamo inoltre che l’INAIL ha un avanzo pari a 1,5 miliardi annui; le aziende infatti versano 9 miliardi di premi che creano appunto questa eccedenza. Riteniamo che si tratti di un punto sul quale fare una riflessione. C’è poi un discorso di congruità delle risorse per gli infortunati: riteniamo che il nuovo sistema di indennizzo che è stato introdotto con il decreto legislativo n. 38 del 2000 sia assolutamente positivo; d’altra parte, una eventuale riduzione dei premi potrebbe essere valutata per spingere le aziende ad investire di più nella sicurezza.
Abbiamo cercato di capire – tra le varie iniziative adottate – perché in alcune aziende gli strumenti per la sicurezza non vengono utilizzati (mi riferisco al casco ed alla cintura di sicurezza); stiamo lavorando in questa direzione per realizzare un casco superleggero con microchip che permetta di verificare se il dipendente lo indossa o meno, così come per le cinture di sicurezza e per la recinzione dei cantieri, in modo da spingere sia le aziende, sia i lavoratori ad andare in questa direzione.
Ho cercato di illustrare il panorama generale e resto a disposizione per eventuali domande.

PRESIDENTE
La ringrazio per il suo intervento, dottor Gattegno.
Lei ha fatto riferimento al decreto legislativo n. 81 del 2008 e, in modo molto generico, ha parlato di appesantimenti burocratici (almeno lei li ha interpretati in questa maniera), nonché di aspetti positivi che comunque emergerebbero. Le chiederei se volesse indicarci in modo più specifico, magari con una memoria scritta, a quali aspetti del testo si riferisce perché per noi l’attuazione di quanto previsto sia nella legge delega, sia nel decreto delegato rappresenta un punto importante di analisi.

GATTEGNO
Lo farò senz’altro e la ringrazio per questa opportunità.
L’argomento è molto tecnico, quindi ho evitato di entrare nei dettagli per non dilungarmi troppo. Non sempre la forma è sostanza, questo è il concetto che volevamo esprimere.

PRESIDENTE
La sua è un’osservazione molto importante, dateci degli elementi, però, per orientarci. Le Commissioni d’inchiesta come la nostra non necessitano tanto di opinioni – che pure sono importanti – quanto di contenuti e proposte, altrimenti si rischia di risultare non dico sibillini ma di certo generici.

GATTEGNO
Certamente, Presidente. Su questo argomento ci stiamo confrontando anche con il Ministero del lavoro, lo dico a titolo informativo anche se si tratta di altra cosa.

PRESIDENTE
Con tutto il rispetto per il Ministero del lavoro, noi abbiamo un ruolo diverso. Noi rappresentiamo il Parlamento, abbiamo una vocazione specifica d’inchiesta e quindi gradiremmo delle valutazioni approfondite e dettagliate su temi così importanti e cruciali. È stato profuso grande impegno per arrivare al cosiddetto Testo Unico, per questo abbiamo bisogno di aiuto per proseguire il nostro lavoro.

ROILO (PD)
Signor Presidente, oltre all’esigenza di indicare i limiti del Testo Unico sotto il profilo burocratico, andrebbe evidenziato anche il riferimento che mi pare sia stato fatto alla pesantezza o alla non congruità delle sanzioni. Sarebbe necessario che Confindustria ci segnalasse quali sono i punti che prevedono interventi sanzionatori considerati inadatti o troppo pesanti.

NEROZZI (PD)
A questo proposito, se esiste un documento di tutte le organizzazioni imprenditoriali sarebbe utile che fosse messo a nostra disposizione.

GATTEGNO
È già disponibile e possiamo allegarlo alla documentazione che abbiamo presentato.

VALENTINI
Signor Presidente, mi permetto di agganciarmi all’intervento del collega che mi ha preceduto proprio per segnalare a questa Commissione d’inchiesta una posizione comune a tutte le organizzazioni datoriali, che risale ai primi mesi del 2008. Nel dialogo con il Governo si era pervenuti a delle intese per varare il cosiddetto Testo Unico per la salute e sicurezza sul lavoro. Quando quest’ultimo è stato approvato e reso operativo, tutte le organizzazioni datoriali (che peraltro trovate elencate in testa al documento) hanno riportato sullo stesso posizioni comuni, sia di carattere tecnico sia di carattere meno tecnico.
L’approvazione del Testo Unico per la salute e sicurezza sul lavoro aveva un caposaldo di fondo: la consapevolezza, che da sempre ci contraddistingue, che la sicurezza sul lavoro è un’interazione di responsabilità e che quindi non può prescindere da un’azione generosa di tutte le parti sociali coinvolte. Noi, come rappresentanti delle imprese, monitoriamo da molto tempo l’andamento degli incidenti sul lavoro, in particolare degli incidenti mortali e con soddisfazione abbiamo visto che tutte le azioni messe in campo – a partire dal varo del decreto legislativo n. 626 del 1994, che fu il primo gesto forte del Paese da un punto di vista legislativo per una presa di coscienza su questo tema – hanno prodotto buoni risultati.
Con grande soddisfazione, possiamo notare che tra il 2006 e il 2007 gli incidenti mortali hanno registrato una diminuzione del 10 per cento, secondo i dati dell’INAIL, che vanno costantemente monitorati e apprezzati.
Per quanto riguarda le imprese cooperative, il tasso di incidenti sul lavoro è meno elevato rispetto al comparto generale delle piccole e medie imprese. Il CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), in un’indagine conoscitiva piuttosto approfondita che conteneva confronti anche con gli altri Paesi europei, ha riportato un dato meno doloroso in questo senso. Ciononostante, la sicurezza per noi è una priorità forte, considerato anche il richiamo del ministro del lavoro Sacconi sul piano straordinario ad essa dedicato. Stiamo lavorando alacremente alle modifiche al decreto legislativo n. 81 (in questo momento è in corso un’altra riunione) per ottenere i migliori risultati possibili, perché se è vero che non sempre la forma garantisce la sostanza, siamo però anche convinti che spesso la miglior espressione della sostanza è la forma e quindi bisogna trovare un equilibrio tra queste due istanze.
Le piccole e medie imprese soffrono per gli adempimenti burocratici eccessivi, ma soffrono anche perché sono abbandonate a se stesse. La cultura e le politiche di prevenzione devono arrivare proprio alle piccole e medie imprese laddove fino ad oggi la nostra legislazione sul lavoro è stata tarata in maniera troppo forte, a nostro parere, sulla grande industria e sul grande comparto industriale. Purtroppo, gli incidenti che accadono ogni giorno sono provocati dalla scarsa formazione e informazione e non lasciano fuori gli stessi imprenditori, posto che le morti sul lavoro non coinvolgono solo i lavoratori, ma anche gli imprenditori. Nella piccola e media impresa, infatti, non esiste il datore di lavoro quale entità a sé stante rispetto al lavoratore. I nostri imprenditori sono coinvolti nel lavoro; in particolare nelle imprese cooperative, i soci siedono nel consiglio di amministrazione, rappresentano quindi la governance dell’impresa, e, allo stesso tempo, sono essi stessi lavoratori. Per questo motivo l’argomento trattato è per noi doppiamente importante. Si deve cercare di raggiungere tutte le imprese, piccole e medie, che soffrono per la scarsità di fondi e di supporti a disposizione per finanziare la politica di prevenzione.
A nostro avviso, in questo momento di crisi economica globale è necessario vigilare ancor più attentamente, perché la sicurezza sul lavoro ha un costo (che viene computato, ad esempio, nelle tabelle del Ministero del lavoro e rispetto agli aumenti contrattuali) che in alcuni casi è determinante: ad esempio, nelle gare d’appalto, dove meno sicurezza sul lavoro a volte può significare un risparmio.

PRESIDENTE
Questo è un discorso del passato; adesso c’è un regime diverso. Mi fornisca quindi dettagli nuovi al riguardo, ci spieghi questo ragionamento sulla riduzione della sicurezza nelle gare d’appalto.

VALENTINI
Può accadere che vi siano imprese che partecipano alle gare d’appalto utilizzando contratti collettivi che hanno costi inferiori e questi costi inferiori a volte vengono scaricati sulle spese per la sicurezza.
Poiché quest’ultima incide sul costo del lavoro, noi invochiamo un’attenta vigilanza affinché al riguardo non venga mai abbassata la guardia.

ROILO (PD)
Ma il decreto legislativo n. 81 prevede che l’ente aggiudicatore verifichi, tra le altre, anche queste condizioni.

VALENTINI
Infatti questo è quanto la normativa prevede e noi stiamo invocando che ciò avvenga.

NEROZZI (PD)
In caso di gare al massimo ribasso è evidente che tutto è aleatorio.

ROILO (PD)
Certo, però eludendo la legge.

VALENTINI
L’ente erogatore deve eseguire il controllo.

PRESIDENTE
Chiedo scusa, ma anche nelle gare al massimo ribasso non si incide sulle quote che riguardano la sicurezza. Bisogna che ci mettiamo d’accordo: le norme esistono, se poi si trasgrediscono è un altro discorso, che attiene a sedi diverse da questa. Ciò va detto altrimenti sembra che ci troviamo in una fase ancora preistorica su questi temi, laddove abbiamo potuto verificare – anche con un certo orgoglio – confrontandoci con colleghi di altri Paesi, che l’Italia ha una posizione di straordinaria avanguardia, anche grazie al vostro impegno e ai vostri investimenti.
Mi sembra corretto definire almeno il punto in cui siamo, poi si potrà e si dovrà fare di meglio.

ROILO (PD)
Anche perché, Presidente, è partito proprio da questa Commissione nella scorsa legislatura il contributo maggiore alla definizione della legge n. 123 del 2007 su questi aspetti.

VALENTINI
Infatti, l’avvento del decreto legislativo n. 81 del 2008 è nella direzione che noi auspichiamo.

PRESIDENTE
Sì, ma anche la legge n. 123 del 2007 prevede questo punto.

VALENTINI
La legge n. 123 ha introdotto alcuni passaggi molto importanti.
Tuttavia invocare un controllo ed una vigilanza attenti su questo tema è l’obiettivo di tutti: l’ente aggiudicatore deve controllare l’applicazione della legge. La nostra preoccupazione, Presidente, è che non vi siano misunderstanding rispetto all’applicazione della legge.
Da parte nostra, stiamo compiendo azioni mirate ad indagare meglio gli incidenti sul lavoro che riguardano le nostre aziende; recentemente abbiamo sottoscritto con l’INAIL alcuni protocolli d’intesa focalizzati ad esplorare più attentamente i dati. Infatti sappiamo bene che i nostri dati ancora non sono confrontabili a livello europeo e questo ci mette spesso in difficoltà. Stiamo valutando nuove azioni di formazione mirata ai lavoratori e alle imprese attraverso il nostro ente bilaterale per la formazione continua, la CONFCOOP. In tempi ormai lontani, abbiamo investito 2,5 miliardi di euro proprio su questi progetti formativi; abbiamo varato il budget del 2009 e abbiamo scelto una linea orizzontale: il 35 per cento di tutti i progetti finanziati dal nostro Fondo per la formazione continua sarà specificatamente dedicato alla sicurezza sul lavoro.
Apprezziamo fortemente gli impegni e i comportamenti che vanno in questa direzione, però ci uniamo a quanto detto da Confindustria nell’invocare una maggiore attenzione rispetto alle risorse disponibili: se è vero che il piano è straordinario e che rappresenta tutto ciò che è possibile mettere a disposizione di un obiettivo così importante, sarebbe comunque opportuno poterci contare davvero, soprattutto in un anno come il 2009, che non sarà semplice, con un’economia che potrebbe avere tutta una serie di ripercussioni sulle piccole e medie imprese. Pur rendendoci conto della situazione complessiva, non vorremmo che si abbassasse la guardia in questo ambito.

AGOSTINI
Nell’ottobre 2005 fummo chiamati davanti a questa Commissione e già allora, quando ancora non si parlava della legge n. 123, affermammo come fosse opportuno indagare su ciò che accadeva in particolare all’interno delle imprese cooperative, per verificare se effettivamente vi fosse una incidenza più bassa degli infortuni. In tal senso, la legge n. 123 ci viene in aiuto, dal momento che tale normativa si applica a tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio, tenendo conto anche delle peculiarità e specificità dei vari settori e ambiti lavorativi.
Per noi era molto importante indagare con esattezza l’incidenza degli infortuni all’interno del nostro comparto di imprese. Come ha ricordato la dottoressa Valentini, anche noi abbiamo sottoscritto una convenzione con l’INAIL (recentemente, nel novembre di quest’anno), per cominciare a verificare i dati al fine di effettuare un’analisi più dettagliata non solo per comparti, cioè agricoltura, edilizia o trasporti (i settori più caldi), ma soprattutto in linea orizzontale, cioè per tipologia di impresa. Oltre a questa convenzione, ne abbiamo stipulata un’altra con il Ministero dell’interno per lo sportello unico sull’immigrazione: so che tale ambito può non essere immediatamente riconducibile agli infortuni, ma molti incidenti interessano lavoratori irregolari. È un fenomeno sommerso di cui non si conosce esattamente il quantum, però come associazioni possiamo adoperarci aiutando le nostre imprese a regolarizzare i lavoratori, anche attraverso una convenzione con il Ministero dell’interno, affinché costoro non siano soltanto dei fantasmi, che non rilevano nelle statistiche.
Vorrei far acquisire agli atti della Commissione queste convenzioni come buone prassi, perché parliamo tanto di sanzioni mentre a nostro avviso occorre lavorare sull’apparato preventivo, che aiuta molto di più a diffondere una cultura della prevenzione.
Un settore che ci interessa particolarmente è quello dei trasporti. Un settore caldissimo sul quale, tra l’altro, si è aperto recentemente un tavolo presso il Ministero dei trasporti, voluto dal sottosegretario Giachino che insieme al ministro Matteoli si sta impegnando molto al riguardo. Abbiamo avuto occasione di incontrare esponenti sia della Motorizzazione civile che della Polstrada. Il Governo non ha inteso aumentare le risorse per quest’ultima, però con una riorganizzazione interna verranno aumentati i controlli su strada. Non solo, a partire da quest’anno, su tre Regioni pilota (Puglia, Veneto e Liguria) i controlli verranno effettuati insieme alle Direzioni provinciali del lavoro, perché quello del trasporto non è soltanto un settore nel quale l’incidentistica è coniugata all’incidente stradale, ma è anche un settore nel quale il lavoro si svolge sul mezzo; il lavoratore quindi ha un incidente non nell’impresa, ma lavorando su strada e pertanto le componenti sono variabili. I trasportatori e le imprese dell’autotrasporto chiedono più controlli, soprattutto sulle imprese estere (in particolare dei Paesi dell’Est) che lavorano in Italia e sono abituate ad un sistema di sicurezza assolutamente inferiore al nostro. Si tratta di un settore particolare che, in quanto tale, a mio parere dovrebbe essere audito a parte: le associazioni lo chiedono da tempo, il ministro Matteoli ha avviato un tavolo apposito e all’interno del Ministero se ne discute molto, potrebbe quindi essere d’ausilio per raccogliere dati più precisi oltre a quelli di carattere generale che possiamo fornire noi. Altre specifiche tecniche, sulle quali non mi sono soffermata per brevità, sono contenute nel documento che lascio alla Commissione.

PRESIDENTE
Per conoscenza sua e dei rappresentanti qui convenuti, devo segnalare che la nostra Commissione su questo tema ha già posto una particolare attenzione, al punto da costituire un gruppo di lavoro sui trasporti. E ` evidente quindi che condividiamo l’impegno su queste problematiche e speriamo di poter dare anche noi delle risposte in questo senso. In incontri come quello odierno si crea un rapporto non esaustivo, ma interlocutorio che ci auguriamo possa continuare al di là delle audizioni con scambi di informazioni e di riflessioni, perché ovviamente siamo tutti coinvolti nel raggiungimento della stessa meta.
Lascio la parola al dottor Campanile, in rappresentanza della CNA.

CAMPANILE
Signor Presidente, nel ringraziare, a nome del nostro Presidente, lei e la Commissione per questo invito, esprimendo preliminarmente il nostro favore verso l’iniziativa che ha assunto il Senato dando vita a questo ciclo di audizioni, ci è gradita l’occasione per sviluppare alcune considerazioni in merito alle attività che abbiamo svolto e che intendiamo svolgere per contrastare il fenomeno degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali. Abbiamo già consegnato un documento che riguarda le nostre proposte di modifica legislativa al Testo Unico per la sicurezza, proposte che hanno un solo obiettivo: rendere più applicabile la legislazione e quindi dare maggiore forza alle iniziative che il Testo Unico prevede per contrastare gli incidenti. La CNA in questi anni si è molto adoperata per far compiere un salto di qualità, trovando le soluzioni adatte, alla gestione della sicurezza nelle piccole e microimprese, con risultati in termini di riduzione degli infortuni sul lavoro che – devo dire – sono in linea con i risultati degli altri Paesi europei. Nel settore dell’artigianato, di fatto, abbiamo registrato una diminuzione costante degli incidenti, anche dei più gravi, ancorché tutto ciò sia avvenuto in un contesto che è profondamente mutato. La microimpresa, infatti, oggi è ben più presente rispetto al passato, ma ha cambiato, per così dire, i propri connotati: l’impiego massiccio di lavoratori immigrati, la costituzione di imprese formate da datori di lavoro e lavoratori che provengono da Paesi extracomunitari, la delocalizzazione di molte attività hanno cambiato il profilo anche dell’impresa artigiana. Nonostante queste difficoltà e la crescita di fenomeni quali l’abusivismo e il lavoro nero, la lotta agli incidenti sul lavoro ha avuto dei risultati a nostro avviso apprezzabili. Riteniamo che questo, ovviamente, non sia sufficiente, soprattutto per motivi etici e politici e non sarà ovviamente sufficiente sul piano economico e sociale. La nostra Confederazione, insieme ad altre, ha immaginato di condurre un’azione straordinaria, proponendo alle istituzioni, in particolare al Ministero del Welfare, non solo di modificare la legge (chiamata Testo Unico anche se non lo è in senso proprio), ma anche di collaborare con iniziative importanti nel settore della piccola e microimpresa, dove sappiamo peraltro che gli incidenti sul lavoro accadono nella stessa misura ai dipendenti e ai datori di lavoro.
Queste iniziative straordinarie dovrebbero portare ad una campagna straordinaria di formazione e informazione che riteniamo sia fondamentale, così come lo è portare avanti una politica di sostegno alla piccola e alla microimpresa, al pari di quanto è avvenuto negli anni novanta in altri Paesi europei, nei quali è stato profuso un impegno veramente notevole e lodevole da parte delle istituzioni per supportare le piccole e le microimprese nell’adozione di sistemi e procedure di lavoro più moderni.
Questo ritardo ormai decennale del nostro Paese andrebbe quindi recuperato.
Non serve che lo Stato metta a disposizione ulteriori risorse, basterebbe assegnare alle politiche di sostegno le risorse che già oggi le imprese versano per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e che risultano sul bilancio attivo dell’INAIL (si tratta di circa 800-900 milioni l’anno solo per il settore dell’artigianato). Si tratta di risorse che non ritornano all’attività di prevenzione e sicurezza come dovrebbero; utilizzando tali risorse potremmo svolgere un programma di iniziative e di sostegno che porterebbe sicuramente dei benefici ai sistemi di lavoro, ai lavoratori e agli stessi piccoli imprenditori.
Infine, abbiamo chiesto al Governo e al Parlamento di riconsiderare il decreto legislativo n. 81, in particolare con riguardo a due punti che riteniamo importanti: la semplificazione delle norme e delle procedure, perché molte di esse non sono gestibili dalla piccola e dalla microimpresa, e la riconsiderazione delle sanzioni previste, che non sono proporzionate alla realtà delle imprese di piccole dimensioni. Voglio fare un solo esempio: il decreto legislativo n. 81 prevede l’estensione della responsabilità delle società (vale a dire l’estensione dei contenuti del decreto legislativo n. 231 del 2007) senza limiti di dimensione: anche una s.n.c. composta da due soci può incorrere nei rigori di quella normativa, ovviamente rischiando che l’impresa chiuda non potendo sopportare la sanzione prevista.
Questi due punti, a nostro avviso, sono fondamentali per rilanciare un’iniziativa sulla sicurezza e per dare un taglio drastico agli incidenti, anche ai più gravi. Abbiamo letto dai dati forniti annualmente dall’INAIL per l’ultimo anno che la riduzione degli incidenti, anche quelli gravi e mortali, è stata abbastanza significativa. Noi abbiamo registrato un tasso in diminuzione attorno al 6,7 per cento l’anno e questo trend va avanti da oltre un decennio.
In conclusione, vorrei aggiungere che le iniziative che si stanno perseguendo sono assolutamente positive, ma vanno adattate alle diverse realtà d’impresa, commisurando l’impegno e la responsabilità di ogni datore di lavoro rispetto ai rischi presenti nel proprio ambito lavorativo.

PRESIDENTE
Dottor Campanile, la ringrazio per il suo intervento.
Come ci ha riferito, i punti particolari del decreto legislativo n. 81 che lei ha voluto sottolineare sono stati già indicati sia al Governo che al Parlamento.
Le chiedo, comunque, di farci pervenire un documento scritto sull’argomento.

CAMPANILE
Si tratta di aspetti che abbiamo portato all’attenzione della Commissione lavoro del Senato nel corso della discussione sul decreto legislativo n. 81 e che sono rimasti gli stessi dal momento che il Testo Unico non li ha recepiti.

NEROZZI (PD)
Sono gli stessi punti presenti nel documento unitario che avete sottoscritto con le altre imprese?

CAMPANILE
Sono inseriti anche in quel documento. Ovviamente, essendo quello un documento comune, che ha avuto il consenso di tutti i settori produttivi, abbiamo dovuto sfumarli.

RUSSOMANO
Signor Presidente, vorrei mettere in evidenza alcuni elementi positivi delle politiche attive nel settore dell’artigianato, perché si capisca bene qual è l’impegno che abbiamo profuso soprattutto nell’ambito della prevenzione. Le richieste, che sono state illustrate dal dottor Campanile prima di me, originano dalla consapevolezza di portare avanti azioni positive di un certo successo, che volevo richiamare.
In primo luogo, a proposito della questione della formazione, noi riteniamo che l’enfasi che è stata posta sul decreto legislativo n. 81 riguardo alle sanzioni e agli adempimenti dovrebbe essere superata a favore della diffusione della cultura della sicurezza, elemento imprescindibile per fare prevenzione, in particolare nell’ambito della formazione. A questo proposito, il Fondo interprofessionale per l’artigianato ha stanziato per il 2009, all’interno di un bando specificamente destinato alla sicurezza, 3,7 milioni di euro. Ciò significa che le risorse che le imprese versano per la formazione professionale sono quest’anno particolarmente dedicate alla sicurezza sul lavoro. La cifra di 3,7 milioni di euro è un’importante risorsa per diffondere la sicurezza nelle piccole imprese e quindi un ulteriore aiuto ad incidere positivamente sui tassi infortunistici.
Il secondo elemento che desidero sottolineare è di tipo negoziale.
Come comparto dell’artigianato stiamo riprendendo in considerazione l’accordo interconfederale che fu siglato nel 1996 dopo l’emanazione del decreto legislativo n. 626 e facciamo nostre le ipotesi odierne di attuazione del decreto legislativo n. 81. Lo sforzo è molteplice, perché per il nostro comparto non si tratta solo di giungere ad un accordo interconfederale per quanto riguarda la sicurezza, ma si fa anche riferimento alla emanazione di linee guida sul nuovo modello contrattuale, che contiene elementi importanti per la sicurezza del lavoro. Siamo dunque attivi dal punto di vista della negoziazione e del confronto sindacale per mettere ulteriori risorse in questo ambito e definire meglio le procedure di regolazione degli organismi paritetici, ad esempio delle funzioni e dei compiti dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Il terzo elemento importante che stiamo attenzionando è di carattere più tecnico e riguarda le procedure standardizzate per la valutazione del rischio nelle piccole imprese. Senza la nostra componente conoscitiva, infatti, questi elementi potrebbero risultare errati, prendendo in considerazione procedure che non si attagliano alla dimensione della piccola impresa.
L’attività sulla formazione e gli stanziamenti del Fondo interprofessionale, l’attività negoziale pattizia per gli accordi interconfederali, in particolare per la questione della sicurezza, ed azioni attive per quanto concerne il sistema di valutazione del rischio, sono elementi operativi nei quali crediamo e per i quali ci aspettiamo un risultato positivo anche in termini di future tendenze della legislazione antinfortunistica. Questa attività dovrebbe essere seguita e accompagnata da elementi legislativi di favore, in particolare da semplificazioni, come si è detto, e da una riconsiderazione delle sanzioni.

ALGIERI
Ringrazio per questa audizione, anche a nome del presidente Poletti. In merito al tema della sicurezza sul lavoro credo che il mondo imprenditoriale, così come quello del lavoro, non saranno mai soddisfatti da un trend infortunistico pur in ribasso: il problema resterà vivo fin quando vi saranno infortuni e morti sul lavoro, perché dietro ad ogni incidente e ad ogni morte vi è il dramma delle famiglie, della società e del Paese. Un Paese è tanto più civile quanto più riesce ad eliminare la mancanza di sicurezza sul lavoro. Questa considerazione sembra banale, ma credo vada ripetuta nel momento in cui questa Commissione, così come le istituzioni in generale e il mondo dei media, stanno finalmente dando maggiore risalto al tema della salute e della sicurezza sul lavoro, con un impegno comune.
Siamo soddisfatti dai dati che rilevano una diminuzione delle morti e degli infortuni sul lavoro e questo deve esserci di sprone per lavorare e migliorare ulteriormente la situazione. Le organizzazioni imprenditoriali riconoscono il valore del decreto legislativo n. 81. Se il documento riferito al Testo Unico viene letto nella sua interezza si evince una valutazione positiva della norma. Si rappresenta altresì la necessità di modificarne alcune parti critiche, dovute anche alla frettolosità con cui si è addivenuti alla stesura del provvedimento. Invito tutti a leggere nel suo complesso la nota presentata al Ministero del lavoro da parte delle organizzazioni imprenditoriali, proprio per la positività riconosciuta al decreto legislativo n. 81.
Quanto a ciò che ognuno di noi può fare, desidero evidenziare alcune azioni che come Lega delle cooperative abbiamo avviato e portiamo avanti, proprio nella logica di contribuire ad un miglioramento delle condizioni della sicurezza sul lavoro. Nel giugno 2008 abbiamo sottoscritto un accordo con l’INAIL, successivamente replicato dalle altre tre centrali cooperative, perché il mondo della cooperazione non ha rilievo statistico per l’INAIL e quindi non è possibile determinare quanti incidenti e morti sul lavoro possono ricondursi al nostro settore, trattandosi di dati aggregati ad altri. Finalmente la settimana scorsa si è riunito per la prima volta un tavolo di lavoro in merito. L’accordo che faticosamente siamo riusciti a porre in essere era stato richiesto all’INAIL in occasione della seconda Conferenza nazionale sulla sicurezza sul lavoro, svoltasi a Napoli nel 2006, e la prima istanza era proprio valutare i dati dell’andamento infortunistico nelle imprese cooperative. Ciò consentirà di vedere quale sia il trend e quali siano i settori di maggiore sofferenza, in modo da poter intervenire. Sembra che l’INAIL si sia messa in condizioni di operare in tal senso. Con questa richiesta all’INAIL il nostro comparto ha in un certo senso anticipato il decreto legislativo n. 81, che appunto prevede l’istituzione di un osservatorio.
Desidero ricordare, inoltre, che il Fondo interprofessionale per la cooperazione è stato il primo fondo a prevedere 2,5 milioni di euro – con bandi già espletati e attività di formazione già eseguite – per la sicurezza sul lavoro; a replica di questa prima iniziativa del 2006-2007, nel 2009 è previsto che il 10 per cento di tutta l’attività formativa del fondo venga dedicato alla sicurezza sul lavoro.
Infine, voglio citare un ultimo fatto significativo (nella nota che lascerò agli atti della Commissione ne sono evidenziati anche altri) è cioè che la Lega delle cooperative nel 2007 ha deciso una serie di progetti, tra i quali rientra quello sulla qualità del lavoro cooperativo, che si propone di analizzare le caratteristiche peculiari dello svolgimento del lavoro nell’impresa cooperativa e come esso viene vissuto dai lavoratori e dai soci lavoratori, nonché di valutare come viene vissuta e attuata la sicurezza sul lavoro nelle imprese cooperative di LEGACOOP. All’interno di questo progetto è stato sottoposto ad oltre 2.000 lavoratori e soci lavoratori di imprese cooperative di LEGACOOP un questionario di cui nel 2009 avremo gli esiti.
Mi sembra che questo sia il modo attraverso il quale le associazioni imprenditoriali e le imprese possono contribuire al riguardo. In tema di sicurezza sul lavoro c’era già normativa, anche abbastanza valida; il problema vero è quello che poi fa ciascuna associazione e quante risorse possono essere destinate al miglioramento della sicurezza. Al riguardo, voglio richiamare quanto detto da altri colleghi relativamente alle risorse: sarebbe veramente importante che una parte delle risorse che le imprese pagano all’INAIL per il sistema assicurativo e infortunistico potesse tornare all’impresa in termini di prevenzione e sicurezza sul lavoro. Questo era previsto nella formulazione originaria del Testo Unico ma successivamente è stato cancellato. Sarebbe quindi importante che il Parlamento e le istituzioni riuscissero a fare in modo che molte di queste risorse anziché andare al Tesoro tornino all’impresa e ai lavoratori in termini di sicurezza sul lavoro.

BUGNANO (IdV)
Ritengo che dei tre temi che avete toccato nel corso di questa audizione, e che avete evidenziato come criticità rispetto al testo legislativo oggi vigente, quello della formazione-informazione sia fondamentale. Faccio parte anche della Commissione attività produttive, presso la quale abbiamo audito nelle scorse settimane, in relazione allo Small Business Act, alcuni vostri colleghi. Anche loro hanno evidenziato come nelle piccole e medie imprese, che sono spesso a carattere familiare, vi sia la necessita di creare una cultura dell’antinfortunistica, anche perché, com’è stato detto correttamente, spesso in tali imprese l’infortunio coinvolge proprio il datore di lavoro, quindi non è originato dall’indifferenza, ma dalla difficoltà nell’apprendere e nell’essere sensibilizzati circa l’importanza del rispetto della normativa antinfortunistica.
L’aspetto relativo al regime sanzionatorio è certamente perfettibile.
Comprendo che vi sono delle sanzioni eccessive che vanno rimodulate rispetto alla tipologia di attività, anche se personalmente sono favorevole al fatto che delle sanzioni ci siano perché senza queste ultime nessuna legislazione è efficace. Tuttavia sono anche consapevole, e spero che il lavoro della nostra Commissione d’inchiesta possa soffermarsi su questo aspetto, che nel vostro settore è importantissimo fare investimenti perché si crei una cultura più forte proprio sul rispetto della normativa antinfortunistica.

NEROZZI (PD)
Se non siamo d’accordo sulle sanzioni, se non siamo d’accordo sulle procedure, se pensiamo che l’individuazione dei rischi la si debba affidare alle parti sociali, penso sarebbe più serio dire che bisogna modificare completamente il decreto legislativo n. 81, giacché quelli che ho citato sono i punti cardine del decreto stesso. Il documento congiunto presentato dalle organizzazioni imprenditoriali è molto mediato, ma si capisce bene che vi è contrarietà sui punti fondamentali della normativa, il che naturalmente è legittimo. Bisogna però che le cose vengano dette chiaramente, perché l’argomento di cui ci stiamo occupando riguarda la vita delle persone ed ognuno deve prendersi le proprie responsabilità.
Credo sia anche più giusto nei confronti dell’opinione pubblica. Sulle procedure forse si sarebbe potuto lavorare, ma le sanzioni e l’individuazione dei rischi rappresentano la nervatura del decreto ed anche l’elemento che ci rende diversi da tanti Paesi europei e uguali all’unico Paese, l’Inghilterra, dove il numero dei morti è molto basso.

CAMPANILE
Riteniamo che le proposte di modifica al decreto legislativo n. 81 siano importanti e fondamentali, in alcuni punti addirittura ai fini dell’applicabilità stessa di tutta la normativa. Non abbiamo chiesto la riscrittura del decreto, cioè una nuova versione, anche perché lo stesso Governo ha ritenuto che ciò non fosse necessario, dal momento che alcune parti di esso, che peraltro riprendono quanto già nel decreto legislativo n. 626, hanno già trovato attuazione e quindi ci si è in qualche modo assuefatti.
Su altre parti, come quella relativa alle sanzioni, purtroppo il peso e la sproporzione delle stesse deriva dalla legge di delega, quindi a mio avviso si sarebbe dovuto fare una nuova legge delega per avere un nuovo decreto. Il decreto legislativo n. 81 non ha fatto altro che recepire quanto contenuto nella legge delega: nasce da lì il problema. Riteniamo che anche le procedure per la verifica e per la valutazione dei rischi siano un atto fondamentale di responsabilità del datore di lavoro, però si deve tenere conto delle condizioni in cui il lavoro si svolge, delle dimensioni dell’impresa, della sua territorialità, quindi non della soggettività dell’imprenditore, ma del contesto in cui si svolge il lavoro, cosa che non si evince dal testo del decreto legislativo n. 81.

PRESIDENTE
Questo è indubbiamente un tema affascinante che mi auguro possa essere oggetto di maggiori e migliori approfondimenti. L’approccio sarà teso a migliorare il testo. Come addetti ai lavori comprendiamo benissimo come una sua più corretta lettura e un suo approfondimento siano utili a tutti. Si aprirà un dibattito su questo tema, cui la Commissione sta dedicando particolare impegno ed interesse e domani avvieremo un gruppo di lavoro che riguarda appunto l’attuazione del decreto.
Credo che l’obiettivo, al di là delle singole interpretazioni emerse, forse anche distanti fra loro, sia identico per tutti noi e che non ve ne possano essere altri. Dico questo anche per testimoniare che le vostre preoccupazioni e le vostre osservazioni sono utili al percorso proprio di questa Commissione e nello stesso tempo ci arricchiscono, in quanto ci fornite elementi di riflessione continua.
L’orientamento però deve essere in questo senso. Sarebbe molto spiacevole se dovessimo immaginare che qualcuno attraverso questo dibattito pensa di porre limiti anziché favorire soluzioni. Lo dico naturalmente per letteratura giacché mi sembra che né oggi né negli altri incontri che vi sono stati sia emerso un simile atteggiamento.
Volevo rivolgermi, infine, al rappresentante della Lega delle Cooperative, dottor Algieri, che ha fatto un rilievo positivo sull’INAIL (anche perché, non essendo presenti rappresentanti dell’INAIL, non sarebbe possibile farne di altro tipo). In effetti, noi dovremmo conoscere meglio i dati che l’Istituto può fornire e difatti ci siamo impegnati a mantenere un confronto con l’INAIL per avere anche i dati disaggregati, diversamente è difficile comprendere i fenomeni. Anche voi, però, come associazioni dovreste in qualche modo avere contezza di quanto accade nell’ambito dei vostri singoli associati. Non è possibile che nelle organizzazioni che rappresentano i datori di lavoro non ci sia attenzione su un argomento così importante, al quale tutti stiamo dando straordinaria evidenza. Anche voi, quindi, dovreste sapere se accadono infortuni, quanti e come, in modo da fare un confronto con i dati forniti dall’INAIL. Diversamente avremo una voce unica, ancorché affidabile. Bisogna sviluppare altresì una certa capacità di interpretazione di tali dati, tenendo conto che esiste una fascia grigia che riguarda il sommerso, un mondo che non conosciamo e nel quale non sappiamo quanti infortuni si verificano e con quali modalità. Ritengo che voi, come associazioni, potreste darci un aiuto in questo senso.

ALGIERI
Nella prima riunione che abbiamo tenuto con l’INAIL, l’Istituto non sapeva nemmeno quante sono le imprese cooperative in Italia; ha parlato di 160.000, un dato vecchio dal momento che attualmente sono 75.000. Quindi per prima cosa bisogna parlarsi per conoscersi. In secondo luogo, abbiamo già messo a disposizione dell’INAIL i nostri rilevamenti.

PRESIDENTE
L’auspicio era questo. Lei ci ha fornito un elemento significativo, posto che i dati reali sono circa la metà di quelli ipotizzati.

ROILO (PD)
Signor Presidente, ovviamente, come si diceva da parte di tutti gli intervenuti, tale discussione dovrà avere un seguito. Inoltre è bene, secondo me, che si mantenga la massima franchezza, come veniva sollecitato anche dal senatore Nerozzi. Penso che avremo la possibilità di tornare su questi argomenti, voglio tuttavia fare una breve considerazione sulle sanzioni, aspetto di cui avevamo già parlato nella precedente legislatura, durante il dibattito per l’introduzione della nuova normativa, sia in sede di Commissione d’inchiesta, sia in 11ª Commissione in sede referente (che ha portato, a mio modo di vedere, dei contributi importanti alla legge delega). In quelle occasioni si è molto discusso, anche sulla scorta di una serie di contributi pervenuti dalle rappresentanze delle parti sociali. L’idea che le sanzioni debbano essere legate alla dimensione aziendale francamente non mi convince. La sanzione deve essere commisurata alla gravità dell’inadempienza. Mi rendo conto, anche leggendo il documento che ci è stato consegnato, che le disponibilità finanziarie di una piccola o microimpresa non sono le stesse di una grande impresa, però mi lascia perplesso il fatto che ad eguale inadempienza corrisponda un intervento sanzionatorio differenziato in relazione alle disponibilità finanziarie dell’azienda, per non parlare delle differenze territoriali.
Volevo lasciare agli atti questa semplice considerazione, con la disponibilità a riprendere il confronto successivamente.

DE ANGELIS (PdL)
Signor Presidente, innanzitutto mi scuso con lei, con i colleghi senatori e con i nostri ospiti per essere arrivato in ritardo.
Ho ascoltato attentamente la relazione della CNA e gli interventi dei colleghi. Ritengo che aver formato un gruppo di lavoro che verifichi l’attuazione della legge sia molto utile. Il senatore Nerozzi e il senatore Roilo non sono del tutto d’accordo su alcune parti della relazione. Io suggerisco di approfondire tale aspetto, come giustamente ha detto il Presidente, perché chiaramente, al di là del fatto che una piccola azienda non potrà mai avere le stesse problematiche di una grande azienda, è chiaro che una determinata sanzione per una piccola o microimpresa può comportare problemi gravi (d’altronde fatti del genere si sono verificati).
Nel corso della recente missione all’estero abbiamo constatato come la Germania, la Francia e la stessa Inghilterra abbiano un sistema di controlli e di leggi molto più snello del nostro. Abbiamo visto che i morti sul lavoro in Inghilterra e in Francia sono poco più della metà dei nostri e questo ci deve indurre ad una riflessione. Sono assolutamente d’accordo con l’idea di un coinvolgimento maggiore dell’INAIL in termini di formazione e informazione, ne abbiamo già parlato e questo dovrebbe essere un importante momento di riflessione.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti per il contributo fornito e mi auguro che ci siano numerose altre occasioni di incontro in futuro.
Dichiaro conclusa l’audizione odierna.
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Fonte: Senato della Repubblica