SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 21, martedì 24 marzo 2009

Audizione delle organizzazioni sindacali del settore post-telegrafonico
Audizione del presidente e dell’amministratore delegato di Poste Italiane S.p.A.


Presidenza del presidente TOFANI

Intervengono, in rappresentanza della SLG-CGIL, la dottoressa Stefania Baschieri, Segretaria nazionale, e la dottoressa Emanuela Bizi, componente dell’organismo paritetico nazionale sulla sicurezza delle Poste; in rappresentanza della SLP-CISL, il dottor Bruno Pinto, Segretario nazionale; in rappresentanza della UILPOST-UIL, il dottor Ciro Amicone, Segretario generale, e il dottor Donato Bonomo, Segretario nazionale; in rappresentanza della FAILP-CISAL, il dottor Carlo Lima, Vice segretario generale; in rappresentanza della SAILP-CONFSAL, il dottor Pasquale Russo, Segretario nazionale; in rappresentanza della UGL-COMUNICAZIONI, il dottor Salvatore Muscarella, Segretario generale, il dottor Nazzareno Mollicone, Segretario confederale, il dottor Lino Nemesi, Segretario nazionale e il dottor Ubaldo Autenzio, Segretario regionale Lazio; in rappresentanza di Poste Italiane S.p.A., il dottor Giovanni Ialongo, Presidente, l’ingegner Massimo Sarmi, Amministratore delegato e Direttore generale, accompagnati dai dottori Claudio Picucci, Stefano Grassi, Simona Giorgetti e Armando Candido.

Audizione delle organizzazioni sindacali del settore post-telegrafonico


PRESIDENTE

L’ordine del giorno reca l’audizione delle organizzazioni sindacali del settore post-telegrafonico.
Comunico che sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico della seduta e propongo, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, di attivare l’impianto audiovisivo. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
Ringrazio i rappresentanti delle organizzazioni sindacali convenute.
Siamo venuti a conoscenza, anche per segnalazione di talune vostre sigle, di un problema concernente gli infortuni sul lavoro nel settore postale, che probabilmente non siamo riusciti a cogliere nella sua portata. Abbiamo quindi ritenuto opportuno convocarvi e, ovviamente, convocare altresì il Presidente e l’Amministratore delegato di Poste Italiane, per capire anzitutto quali misure ritenete opportuno si debbano adottare e se, sulla base delle vostre iniziative, si sia già avviato un percorso. Dalle notizie che abbiamo, gli incidenti sembrano essere essenzialmente ripetitivi e sembrano riguardare, nella stragrande maggioranza dei casi, gli stessi soggetti.
È quindi importante per questa Commissione e per la stessa amministrazione delle Poste comprendere quanto che sta accadendo ed agire affinché queste situazioni abbiano fine. Vi chiedo pertanto un contributo su questo tema.

PINTO
Signor Presidente, il fenomeno infortunistico in Poste Italiane riguarda per i tre quarti il settore del recapito. Abbiamo in circolazione circa 41.000 mezzi; di questi, 27.000 sono motomezzi; vi sono poi 10.000 auto, biciclette e una serie di furgoni. Nei primi dieci mesi dell’anno scorso – per indicare la dimensione del fenomeno – in Poste Italiane si sono verificati 9.335 infortuni sul lavoro, a fronte di 8.787 infortuni riferiti allo stesso periodo dell’anno precedente. Di questi, 2.146 con prognosi superiore ai 40 giorni. Si sono inoltre verificati 10 eventi mortali, la metà dei quali riguarda personale che conduceva il mezzo unificato che di fatto viene utilizzato oggi dall’azienda, un modello di ciclomotore della Piaggio di 125 cc di cilindrata.
Quando Poste Italiane decise di utilizzare nella maggioranza delle zone (27.000 su un totale di 40.000) questo tipo di motomezzo, noi osservammo che, in base alle norme generali sulla sicurezza attualmente vigenti in Italia, si sarebbe dovuto tenere conto delle diversità di genere e di condizioni fisiche. E difatti appena posto in essere questo motomezzo causò dei problemi (alcune donne, ad esempio, avevano le gambe troppo corte per utilizzarlo).

PRESIDENTE
Quanto tempo fa è stato introdotto?

PINTO
Circa due anni fa. Ci era stato detto che sarebbero stati utilizzati anche dei motomezzi di 50 cc di cilindrata, di dimensioni quindi più contenute, ma ciò non è avvenuto. Mi risulta che ci sarebbe l’intenzione (per la verità non ci è stato ancora comunicato nulla) di modificare le zone, aumentando il numero di quelle in cui si va a piedi o in bicicletta e diminuendo il numero di quelle in cui si utilizzano i motomezzi. Finora però non c’è stato alcun confronto su questo punto. Quando l’amministrazione si degnerà di confrontarsi con noi faremo presente che non è questo il modo per ridurre gli infortuni. Infatti, se si diminuisce il numero delle zone (ad esempio da 27.000 a 26.000) ma il numero dei chilometri da percorrere resta invariato, i percorsi che saranno tolti ai colleghi che non utilizzeranno più i motomezzi dovranno essere riversati su coloro che continueranno ad utilizzarli. In questo modo diminuiranno i rischi per alcuni, ma aumenterà statisticamente la possibilità di infortunio per altri.
Per la verità, dal momento che esiste un organismo paritetico sulla sicurezza, sia a livello nazionale che regionale, avevamo chiesto che si svolgesse in quella sede un’analisi approfondita degli infortuni per tipologia produttiva, per soggetti coinvolti (uomini, donne, anziani) e per zona (rurale o urbana). Poste Italiane non ha mai svolto tale analisi; ci sono stati detti molti «sì» ma, in concreto, nulla è stato fatto.

PRESIDENTE
Dottor Pinto, questo è avvenuto dopo i primi incidenti?
Ci può dare un riferimento temporale?

PINTO
Ancor prima che si verificassero le morti dello scorso anno (di infortuni ce ne sono sempre stati a migliaia), noi avevamo chiesto di fare questo esame, che a tutt’oggi non è ancora stato svolto. Devo ammettere, per onestà intellettuale, che in precedenza addirittura non disponevamo neanche del quadro degli infortuni, perché Poste Italiane non aveva ancora automatizzato la procedura. Adesso la procedura è stata automatizzata, quindi almeno abbiamo i dati. Ma un confronto e un dibattito sulle cause e sulle modalità del fenomeno e su quali possano essere le possibili linee di intervento non ci è ancora stato concesso.
Aggiungo a latere che vi è anche un certo numero di incidenti che riguardano gli uffici postali, nei quali finora non ci sono stati morti. Sto parlando di 439 rapine e di 125 tentate rapine, cui hanno fatto seguito circa 300 infortuni sul lavoro. Anche questo è un problema molto sentito, sul quale chiediamo maggiori interventi a Poste Italiane. Ad esempio, in alcune realtà del territorio (sto parlando soprattutto della Campania e della Sicilia) è stato addirittura eliminato il guardiano esterno sostituendolo, a fini di risparmio, con una ronda che gira per i diversi uffici postali, laddove riteniamo che sulla sicurezza bisognerebbe investire.

BASCHIERI
Presidente, ringrazio lei e la Commissione per l’invito.
Finalmente siamo riusciti a rompere il muro di invisibilità che circondava questo fenomeno: purtroppo, quando si parla degli incidenti mortali che avvengono in Poste Italiane il fatto costituisce quasi per tutti una sorpresa.
Questi incidenti passano per essere incidenti stradali e, comunque, non sono mai registrati, non se ne sente parlare, men che meno dai media. Pertanto, questa iniziativa è per noi assolutamente benvenuta perché finalmente si comincia a far emergere questo aspetto particolarmente delicato.
Per venire allo specifico, i numeri prima rappresentati dal collega Pinto fanno emergere con chiarezza la gravità del problema. L’81 per cento degli infortuni nel settore del movimento postale (il 70 per cento dei quali riguarda il recapito) costituisce un dato importante, considerando i numeri rilevanti che riguardano Poste Italiane. Al di là del dato, ci preme sottolineare il fatto che questo fenomeno nasce ancor prima degli eventi mortali ma si è concretizzato ed è aumentato soprattutto a seguito del verificarsi di due circostanze: in primis, la scelta dei motomezzi per effettuare il recapito (cioè del modello Liberty 125, per tutti) è stata compiuta da Poste Italiane in modo assolutamente unilaterale, senza un confronto con i sindacati e senza una verifica con chi questo mezzo avrebbe dovuto utilizzare sul territorio e con le strutture aziendali che dovevano poi gestire il recapito. È stata operata una scelta in maniera unilaterale, presentandola come scelta già compiuta e non modificabile. Noi abbiamo più volte fatto presente che quel motociclo non è idoneo al recapito per una serie di questioni, relative sia alle diverse situazioni sul territorio sia al fatto che uomini e donne non sono tutti uguali e, quindi, un unico mezzo non può andar bene per tutti.
Accanto a questa scelta del modello unico, che tale era e tale doveva rimanere, vi è stata una riorganizzazione aziendale della struttura del recapito che ha aggravato la situazione. Il nuovo modello organizzativo ha vanificato e reso più difficile l’individuazione delle responsabilità. In passato, infatti, i portalettere partivano da uffici dove erano presenti i direttori responsabili che verificavano il rispetto delle norme. Oggi non è più così, la struttura organizzativa è diversa e le responsabilità non sono più in capo ai direttori degli uffici postali. Non mi dilungo nella spiegazione ma, di fatto, l’attuale struttura organizzativa non consente di avere sul posto un responsabile in grado di verificare il rispetto di tutte le norme sulla sicurezza del lavoro, circostanza che ha prodotto un ulteriore allentamento su questo piano.
La legge prevede la figura del preposto ma, per come essa è stata attuata in Poste Italiane, il controllo di tutti i portalettere e di tutti gli uffici da parte del preposto è reso di fatto impossibile. Infatti, non è previsto un preposto per ogni ufficio, bensì un solo preposto che dovrebbe occuparsi di una molteplicità di uffici sparsi sul territorio. Diventa così oggettivamente impossibile controllare che tutti gli addetti al recapito rispettino le norme di sicurezza. Questa situazione è andata a sommarsi al problema dei motomezzi aziendali.

PRESIDENTE
Mi perdoni l’interruzione, dottoressa Baschieri, ma le chiedo di definire la figura del preposto.

BASCHIERI
Il preposto è il responsabile del rispetto delle norme sulla sicurezza e dovrebbe essere presente sul posto di lavoro per verificare che i portalettere, quando escono per effettuare il recapito, non trasportino un peso superiore a quello previsto della legge, che indossino il casco e abbiano i motomezzi in regola (senza gomme lisce e con i freni funzionanti).
La nostra struttura aziendale è oggi organizzata per concentramento di uffici, nel senso che il recapito è concentrato in alcune grandi realtà.
Una volta ogni ufficio aveva il suo portalettere mentre oggi i portalettere sono concentrati nei cosiddetti CPD (centri primari di distribuzione) da dove partono. In ogni CPD è presente un preposto, che può effettuare verifiche su tutti i portalettere in partenza. Vi sono poi i centri secondari, sparsi sul territorio che interessa il CPD, dove è presente un numero minore di portalettere. In quegli uffici è materialmente impossibile che il preposto possa presenziare all’uscita del personale e verificare quindi il rispetto delle regole. Questa è una delle altre ragioni che, di fatto, hanno allentato la catena di controllo che dovrebbe sempre essere presente. A ciò bisogna aggiungere che, a seguito di questa riorganizzazione, la ridefinizione delle zone di recapito ha previsto un allungamento dei percorsi di raccordo per arrivare dal CPD alla zona dove il portalettere deve distribuire la corrispondenza. Questo raccordo, spesso, si svolge su strade molto pericolose, con traffico elevato, dove non vi sono piste ciclabili, e dove è più facile che avvengano incidenti stradali. Se a ciò aggiungiamo che spesso i portalettere sono costretti a compiere la cosiddetta prestazione aggiuntiva (in pratica, a sopperire alle carenze di altri colleghi e a recapitare la corrispondenza in zone di altri), chiaramente i tempi del recapito subiscono un’accelerazione ed il lavoratore viola una serie di norme di sicurezza per consegnare la posta più in fretta e per rientrare nei tempi previsti.
Questo insieme di fenomeni ha chiaramente aumentato l’incidenza degli infortuni, anche mortali.
Vorrei poi sottolineare che gli infortuni mortali si sono verificati in questi anni (soprattutto nell’ultimo anno) dal momento in cui sono stati introdotti i nuovi motomezzi e da quando l’organizzazione del lavoro si è modificata. In precedenza si verificavano certo infortuni, ma mai avevano assunto questa dimensione. La gravità della situazione risiede anche nel fatto che Poste Italiane non riesce ad affrontarla nello specifico. Vorrei evidenziare che, pur avendo noi rappresentato tale questione ai tavoli di confronto con le parti datoriali, il più delle volte il problema è stato aggirato, non si è mai voluto centrarlo; né, tanto meno, vi è mai stata la possibilità di capire, per esempio, che tipo di stanziamento economico Poste Italiane intenda fare per affrontare il fenomeno, laddove capire quali cifre vengono stanziate è uno degli aspetti fondamentali.
Vorrei poi sottolineare il fatto che gli infortuni dello scorso anno, in base a numeri forniti dalla stessa azienda, hanno comportato un costo di 12,5 milioni di euro. Proprio in questi giorni è stato presentato il bilancio di Poste Italiane da cui risulterebbe un utile netto superiore al 5 per cento.
Quindi questa è una azienda che fa utili. Allora, in considerazione di ciò e del fatto che i costi degli infortuni potrebbero e dovrebbero essere abbattuti (al di là dei costi umani che non vogliamo prendere neanche in considerazione perché non sono quantificabili), ritengo debba essere adottato quanto prima un intervento serio che punti al rinnovamento del parco automezzi e ad una diversificazione dei mezzi sul territorio, accompagnato da una riorganizzazione aziendale che tenga conto delle ricadute in termini di sicurezza sul lavoro. A noi non pare ciò avvenga ed è per questo che abbiamo denunciato tale situazione.

PRESIDENTE
Con quali iniziative l’avete denunciata? Può spiegarcelo?

BASCHIERI
Innanzitutto, l’abbiamo segnalata all’interno, all’organismo paritetico sulla sicurezza, inoltre come SLG-CGIL abbiamo promosso delle iniziative, quali, da ultimo, un convegno nazionale sulla sicurezza in cui abbiamo denunciato il fenomeno.

PRESIDENTE
Le saremo grati se potrà farci pervenire gli atti di quel convegno, dottoressa Baschieri.

BASCHIERI
Senz’altro.

AMICONE
Signor Presidente, le assicuro che non consumo un mero rituale nell’esprimere, così come ha avuto modo di fare prima di me la collega Baschieri, il ringraziamento mio e dell’organizzazione che dirigo rispetto alla sensibilità indubbia che lei e la Commissione che presiede avete dimostrato nel convocarci qui per ascoltare le nostre ragioni. Aggiungo altresì un ringraziamento per la sensibilità dimostrata nel favorire la reiezione di un emendamento presentato al disegno di legge di conversione del cosiddetto decreto legge «mille proroghe», con cui si intendeva modificare l’attuale decreto legislativo n. 81 del 2008, rispetto all’esigenza di garantire un responsabile per la sicurezza nelle aziende con meno di 15 dipendenti. Dico questo perché anche Poste Italiane, nella sua galassia di attività, nel sistema degli appalti e degli accollatari, ha aziende con un numero inferiore ai 15 dipendenti. Si tratta quindi di un elemento che va sottolineato e ascritto a vostro merito.
Dai dati ufficiali dell’INAIL risulta che, fatto 100 il numero degli infortuni, il 50 per cento di questi avviene sulla strada (al riguardo abbiamo predisposto un documento che consegneremo poi alla Commissione), con un particolare sostanziale: sulla strada si muore. Il rapporto è di uno a otto: otto morti sulla strada e uno in situazioni diverse, con un primato davvero poco invidiabile che riguarda l’Italia del Nord, soprattutto il Nord-Ovest.
Stesso ragionamento vale per Poste Italiane. Come hanno già detto i colleghi che mi hanno preceduto, esiste un problema molto, molto serio che riguarda gli infortuni sulla strada ma ancor più le morti sulla strada.
Il 40 per cento (o poco più) di queste interessa il personale addetto al recapito.
Gli infortuni sulla strada si suddividono poi in infortuni cosiddetti in itinere, quelli cioè subiti dal lavoratore nel percorrere la distanza tra la propria abitazione ed il luogo di lavoro, e infortuni che avvengono durante l’espletamento dell’attività di servizio. Come è già stato ricordato, esistono dati inconfutabili dai quali risulta che il 44 per cento degli infortuni che avvengono in Poste Italiane nel recapito sono ascrivibili a coloro che svolgono la prestazione con motomezzi, quindi su due ruote; il 17 per cento (questo dato è incredibile, ma è così) riguarda il personale a piedi a causa del randagismo; c’è poi uno 0,6 per cento che riguarda gli infortuni con la bicicletta, mentre il 4,5 per cento degli incidenti riguarda infortuni con l’auto. Questo è il dato, il campione rappresentativo. Come giustamente ha detto la dottoressa Baschieri, con questa audizione abbiamo l’opportunità di rompere un muro di invisibilità. Personalmente sono convinto che essere privati del bene superiore della vita, non abbia possibilità di confronto con null’altro.
Esiste un dato che vorrei far emergere. L’azienda generalmente fornisce degli strumenti di lavoro tra i quali c’è un motomezzo che possiede alcune caratteristiche di conformità. Sicuramente Poste Italiane in questi anni ha cercato di incrementare la produttività media del lavoro. Tutte le aziende, signor Presidente, in questa fase hanno rivisto i propri perimetri organizzativi, hanno ricercato soluzioni di efficientamento per garantire livelli adeguati di competitività: anche la nostra azienda lo ha fatto. Questo incremento di produttività potrebbe aver comportato – credo sia un dato da non sottovalutare – che i nostri portalettere in attività di servizio abbiano caricato sul motomezzo, progettato per un certo tipo di carico, più pesi del consentito tanto da comprometterne la stabilità e l’efficienza. Si ha un bel dire che un incidente può essersi verificato perché non è stato rispettato lo stop. Può anche darsi che non si sia rispettato lo stop ma questo magari è accaduto perché i freni non hanno funzionato in maniera tale da garantire un livello minimo di sicurezza.
Su questo vorremmo si riflettesse. Il nostro compito è quello di ricercare soluzioni adeguate per non esporre la nostra gente a rischi che provocano, peraltro, la perdita del bene superiore della vita. A nostro avviso, occorre ragionare su alcuni aspetti. Anzitutto, c’è bisogno di maggiore consapevolezza e conoscenza riguardo all’esposizione ai fattori di rischio; al riguardo riteniamo che l’informazione e la formazione rappresentino un elemento fondamentale per ridurre tale fenomeno. Vi è poi il problema dei controlli circa il quale ognuno di noi deve fare la propria parte.
Un altro aspetto cui tengo particolarmente – proprio perché questa è un’occasione importante, che non desidero disperdere – riguarda un dato anch’esso incontrovertibile. Le consegnerò, signor Presidente, uno studio dell’ISPESL, redatto di concerto con l’Università del Piemonte, che per certi versi è rivoluzionario e che riguarda le attività che determinano usura. È vero che si tratta di un tema diverso, però credo ci sia un collegamento diretto tra il fenomeno degli infortuni e quello dell’usura lavorativa.
Infatti è importante evitare un’eccessiva esposizione ai rischi, che possono causare anche malattie professionali. Da tale studio risulta che la categoria che ha un’aspettativa di vita minore è proprio quella dei portalettere, per effetto di questo surplus di esposizione a rischi ambientali di varia natura. Il portalettere ha il primato davvero poco invidiabile di essere collocato all’ultimo posto di questa graduatoria: vive, ad esempio, due anni di meno rispetto all’idraulico. Questi sono dati scientifici, accertati.
Riterrei, pertanto, opportuno svolgere una valutazione anche su questo aspetto, nel contesto, signor Presidente, delle prerogative sue e della Commissione che lei presiede.

LIMA
Signor Presidente, la ringrazio innanzitutto per l’invito. In questa audizione intendiamo limitare il nostro contributo alle richieste contenute nella lettera. Ci è stato chiesto di intervenire principalmente sul tema delle cosiddette morti bianche che, a partire dall’ultimo anno, hanno colpito i lavoratori addetti al recapito della corrispondenza alla guida di veicoli, in particolare di motomezzi. Le forniremo dei dati basati sui bilanci sociali, che sono pubblici e che l’azienda in questi anni ci ha consegnato. Il fenomeno non si è verificato solo nell’ultimo anno, anche se in esso il numero degli infortuni è un po’ aumentato. Prendendo in considerazione gli ultimi dieci anni, a partire dal 2000, si può constatare che nei primi mesi del 2009 gli incidenti mortali sono stati già tre, nel 2008 nove, nel 2007 sette, nel 2006 tre, nel 2005 sette, nel 2004 sette, nel 2003 sei, nel 2002 sei e nel 2001 due.
Ho voluto elencare questa progressione di numeri perché se ci dovessimo limitare all’ultimo anno non riusciremmo a capire la reale dimensione del fenomeno, che ha visto negli ultimi anni un aumento del numero degli incidenti mortali. Questo è un primo dato valutativo, che abbiamo presentato anche nel convegno svolto a Rimini, dal 16 al 18 marzo, sulla sicurezza in Poste Italiane.
Tale dato ci porta a svolgere alcune considerazioni. In primo luogo, in Poste Italiane è cambiato un modello lavorativo ed organizzativo: si usa molto il motomezzo. Noi riteniamo che questo sia un aspetto significativo.
Percorro ogni mattina la via Cristoforo Colombo: il numero di automezzi che circolano su quella strada tra le 8 e le 9 è veramente impressionante, arrivano da tutte le parti. Con questo non si vuole affermare che il problema dipende dai portalettere. Noi registriamo semplicemente questo dato: negli ultimi anni è stata utilizzata in maniera predominante una determinata tipologia di mezzo nell’attività di recapito. C’è poi un’altra questione, che riguarda la leadership di Poste Italiane (si tratta di aspetti emersi anche durante il dibattito nella commissione bilaterale sulla sicurezza).
Noi riteniamo che vada rivisto il modello organizzativo interno relativo all’assegnazione del mezzo, in modo che si tenga conto della tipologia dello stesso. Si tratta di riesaminare alcune procedure e di risolvere alcuni problemi organizzativi; noi faremo la nostra parte, negoziando con l’azienda ove ve ne sia l’opportunità.
Altra questione che vorrei sottoporre all’attenzione della Commissione è la seguente. Nel 2008, otto incidenti su nove si sono verificati a causa dello scontro con altre autovetture (la fonte di questi dati non è la FAILP-CISAL, ma altra organizzazione sindacale; preciso che si tratta, però, di dati molto attendibili). È necessario che la Commissione da lei presieduta, signor Presidente, prenda atto di questo aspetto, di cui d’altra parte si può chiedere conferma agli stessi dirigenti aziendali. Alcuni incidenti sono avvenuti quando il lavoratore si stava recando al lavoro o stava ritornando a casa dal lavoro; quindi il mezzo non era carico. Le faccio questi esempi, signor Presidente, per fornire indicazioni più dettagliate ed eterogenee, affinché la Commissione possa farsi un’idea ben definita.
Riteniamo quindi che vi sia un mix di problematiche relative al rischio. Certo, possono anche esserci delle responsabilità – lo dico con il cuore infranto – da parte di qualche portalettere, perché si lavora spesso in una condizione di stress; anche su questo aspetto sarebbe opportuno intervenire.
In conclusione, non ci si può limitare solo all’aspetto relativo al mezzo. Quest’ultimo senz’altro va migliorato e rivisto, ma il problema secondo noi va inquadrato in un contesto di mix valoriali da evidenziare e di situazioni da migliorare per far diminuire il rischio (non per eliminarlo, perché questo è impossibile).
Richiamo la sua attenzione, signor Presidente, e l’attenzione di tutta la Commissione non solo sulla progressione del numero di incidenti mortali verificatisi negli ultimi anni, ma anche sul dato complessivo relativo agli anni dal 2002 al 2009. Ritengo che l’azienda debba avviare uno screening più preciso del fenomeno infortunistico dal punto di vista qualitativo, dal momento che dispone della documentazione relativa agli incidenti che si sono verificati. Noi non siamo riusciti finora ad ottenerlo; forse ci riuscirà lei, signor Presidente. Ciò permetterebbe al sindacato di poter condurre un negoziato più preciso e consentirebbe a questa Commissione di svolgere delle valutazioni il più possibile globali.

RUSSO
Presidente, vorrei ricordare a me stesso ed anche a voi un fatto accaduto un paio di mesi fa. Su una strada trafficata della periferia di una grande città (che non nomino perché immagino che sia riconoscibile dal mio accento) fu ritrovato a terra, privo di sensi, un giovane portalettere, che morì dopo poco. Io conoscevo questo ragazzo, di soli 28 anni, perché lo avevo accompagnato a fare le pratiche per l’assunzione.
Lavorava da poco. Ebbene, questa morte, come tante altre avvenute nell’ambito del recapito di Poste Italiane, è stata derubricata a incidente stradale (tra l’altro, è ancora aperta un’indagine della magistratura per capire chi abbia investito il giovane e il suo motociclo). Quel che voglio dire è che anche in Poste Italiane si può morire a causa di incidenti sul lavoro.
Peraltro, dalle nostre parti è importante riuscire ad avere un impiego pubblico e io ricordo la felicità del padre di questo ragazzo: ebbene, mi sono sentito dire da quest’uomo che sarebbe stato meglio che il figlio fosse restato disoccupato. Mi soffermo su questa vicenda perché l’ho vissuta in prima persona e la sto ora rivivendo insieme a voi. Non abbiamo ricevuto nemmeno gli onori della cronaca. Non si è parlato di una morte bianca avvenuta in Poste Italiane ma di un incidente stradale perché, nell’immaginario collettivo, nelle Poste non si muore di morte bianca: si muore per incidente stradale o in conseguenza di eventi criminosi, ma non si muore certo per infortunio sul lavoro.
Non voglio ripetere percentuali, che sono peraltro note, pubbliche e conosciute; è stato già detto che gran parte degli incidenti che si verificano in Poste Italiane (il 69,9 per cento) avviene nel recapito a causa di questi motomezzi, che noi (sia la SAILP-CONFSAL che le altre sigle sindacali) riteniamo strumenti di lavoro ad alta criticità. Non voglio parlare di responsabilità ma questa azienda ha commesso degli errori. A mio avviso, uno di questi è stato il mancato coinvolgimento dei lavoratori e delle loro espressioni di rappresentanza sindacale nelle politiche della sicurezza. Se vi fosse stato un maggiore coinvolgimento, il fenomeno non sarebbe stato certo superato ma sicuramente attenuato. È stato già qui rappresentato e richiamato precedentemente l’excursus relativo alla modalità di scelta di questo motomezzo, scelta avvenuta in maniera unilaterale; ciò va sottolineato.
Si verificano delle morti anche negli uffici postali perché laddove si opera a contatto con il pubblico vi è un’altissima esposizione al rischio di rapina. È questo un aspetto che tutti conosciamo e non devo certo approfondirlo. Da sempre noi abbiamo ripetuto (in base anche a monitoraggi effettuati negli uffici) che c’è bisogno della vigilanza armata fuori degli uffici postali. Bisogna riuscire a far decollare il documento sui rischi negli uffici e sulle misure da assumere a seconda del grado di rischio presente nella località dove l’ufficio è ubicato (sembra tra l’altro che l’azienda abbia condiviso questo documento con il procuratore Guariniello). Chiediamo la vigilanza armata perché riteniamo che questo sia il primo deterrente contro quegli atti delinquenziali che spesso portano ad incidenti mortali.
L’ultimo di questi, verificatosi proprio nella mia Regione, non ha interessato un lavoratore delle Poste ma un funzionario delle forze dell’ordine che si trovava per caso in quell’ufficio. Questa è la dimostrazione del fatto che tali eventi non sono governabili e gestibili ma possono avere sviluppi e conseguenze cruenti. L’azienda ha adottato misure insufficienti per quanto riguarda la vigilanza degli uffici. Il modello adottato è stato definito dinamico e flessibile. In pratica, la stessa ronda di vigilanza si muove per un hinterland molto vasto. Ora, siccome la delinquenza è sempre più arguta, soprattutto laddove maggiore è la necessità, i malviventi hanno ormai imparato gli orari della ronda e si presentano negli uffici quando sanno che è già passata. Spesso non fanno grandi danni, compiono rapine anche per cifre minime, ma spesso sono proprio questi i delinquenti più pericolosi, perché non hanno il controllo delle loro azioni. Da ciò deriva la nostra richiesta di vigilanza armata, unita a tutte le altre misure conosciute di difesa passiva.
Non vi sono in azienda solo questi rischi, che ovviamente catalizzano maggiormente l’attenzione, ma c’è una serie infinita di rischi: dall’esposizione all’amianto ai carichi sospesi, alla movimentazione dei carichi. Nei CMP (centri di meccanizzazione postale), dove avviene lo smistamento della posta, si verifica circa il 14 per cento degli incidenti sul lavoro, quindi una percentuale cospicua. Questi grandi stabilimenti presentano altresì il rischio di esposizione all’amianto, anche se si sta procedendo alla bonifica.
In Poste Italiane le politiche della sicurezza devono ricevere un grandissimo sviluppo, con il coinvolgimento e la presa di coscienza da parte di tutti i soggetti e di tutti i protagonisti. Non ho nessun problema a dire che l’azienda, per un certo periodo del recente passato, ha profuso notevoli sforzi in questo settore. Non posso negare questa evidenza ma, come abbiamo fatto rilevare in più occasioni, esiste ancora un vulnus fortissimo costituito dalla distanza fra le iniziative elaborate al centro e i comportamenti attuati in periferia, questo per le ragioni già spiegate e legate al business, alla riorganizzazione, all’efficientamento e alla propensione al risultato. Ovviamente, ciò crea una forbice e anche laddove vi sono delle consapevolezze molto spesso sul territorio queste vengono trascurate, magari per ignoranza perché, ad esempio, qualche preposto alla sicurezza non sa che una persona alta meno di 1 metro e 55 non può guidare l’automezzo dal momento che il documento di valutazione dei rischi lo vieta; o che prima di applicare allo sportello una donna in stato di gravidanza deve intervenire il parere del servizio di prevenzione e protezione. Spesso queste prescrizioni sono del tutto ignorate a livello del territorio, anzi quando vengono segnalate è come se un extraterrestre comunicasse una grandissima novità nell’organizzazione del lavoro. Si tratta invece di prescrizioni scritte e di adempimenti che però, molto spesso, non vengono attuati.
Più volte abbiamo proposto di valorizzare gli organismi contrattuali, che pure sono previsti: l’OPN (l’organismo paritetico nazionale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro), gli organismi paritetici regionali, gli RLS (i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza). Se messi nella condizione di svolgere il loro mestiere, questi organismi potrebbero dare un apporto significativo alla diminuzione del fenomeno degli infortuni sul lavoro, specialmente di quelli gravi (in azienda si registra un trend di aumento della gravità degli infortuni che comportano oltre 40 giorni di ricovero). Abbiamo avanzato queste proposte, abbiamo anche apprezzato gli sforzi del passato ma, come SAILP-CONFSAL dobbiamo rilevare che negli ultimi tempi vi è stato un allentamento nelle azioni di prevenzione poste in essere dall’azienda, forse in parte motivato dalle sfavorevoli condizioni di contesto esistenti. Ritengo però – lo ribadisco sempre, a costo di sembrare ripetitivo – che ogni euro speso per la sicurezza è importante e che, in proiezione, aumenterà di dieci volte in termini di valore aggiunto, sia per quanto riguarda la prevenzione degli infortuni sia per quanto riguarda gli aspetti economici. Se infatti guardiamo le statistiche relative al costo degli infortuni per l’azienda vediamo cifre paurose; e stiamo parlando solo dei costi diretti, senza calcolare tutti quelli indiretti conseguenti.

MUSCARELLA
Innanzitutto, signor Presidente, le rivolgo un ringraziamento per averci concesso la possibilità di entrare nel merito di alcune situazioni che si verificano in Poste Italiane, un mondo che appare quasi blindato e dal quale sembra non possa mai trapelare nulla di ciò che accade.
Vorrei riportare alcuni dati forniti dalla stessa azienda e relativi sia agli infortuni gravi, sia agli incidenti mortali. L’incidenza maggiore di infortuni gravi (cioè, quelli con prognosi superiori ai 40 giorni) riguarda soprattutto il settore della corrispondenza, i portalettere, ed ammonta a circa il 39 per cento, mentre gli eventi mortali risultano essere 14. Il primo decesso è avvenuto nel 1998, ma da allora si è fatto poco o quasi nulla per eliminare gli infortuni sul lavoro.
Ricordo che un collega è morto nel CMP di Venezia, schiacciato da un muletto perché mancava la segnaletica. Da allora ad oggi la situazione nei CMP è cambiata di poco: nessuno si preoccupa della segnaletica, di dotare il personale del giusto equipaggiamento, di fornire dispositivi di protezione individuali come giubbotti, casco per i portalettere, guanti e scarpe antinfortunistiche per chi lavora all’interno dei centri. A nostro avviso, anche la formazione è carente sia per quanto riguarda i portalettere, sia per ciò che concerne l’uso del motomezzo. Il personale possiede caratteristiche fisiche diverse (ci sono persone esili e altre più robuste, alcuni sono alti, altri lo sono meno) e non tutti riescono a stare in equilibrio su questi motomezzi o a poggiare i piedi a terra. Peraltro, il veicolo oggi utilizzato da Poste Italiane è frutto di una scelta unilaterale, posto che non si è avuta neanche l’accortezza di consultare i sindacati per accertare se ritenevano quel mezzo efficiente e confacente alla funzionalità del portalettere.
Attualmente il motomezzo può essere caricato in tre parti diverse: davanti, dove può contenere un certo peso di corrispondenza; all’interno, dove vi è una specie di sacchetto in cui possono trovare alloggiamento gli oggetti «a firma» fino a cinque chili; dietro, dove vi è un bauletto che contiene dai 20 ai 30 chili. A volte il motomezzo, non tenendo l’equilibrio, si alza anteriormente facendo cadere il portalettere. Ulteriore problema è rappresentato, soprattutto nella città di Milano, dalle rotaie dei tram. Un altro tipo di infortunio, di cui nessuno parla, è quello delle aggressioni che i nostri portalettere subiscono da parte dei cani randagi, che incidono per il 2 per cento circa. Poiché con la nuova riorganizzazione del recapito le attività sono state in gran parte dirottate verso i CPD e i centri secondari non è nell’interesse dell’azienda trovare una soluzione ai problemi denunciati.
Vi sono poi altri problemi legati alla prevenzione. Ad Avellino, ad esempio, l’azienda intendeva spostare la sede di un CPD e poiché ritenevamo che il nuovo sito non rispettasse gli standard di sicurezza abbiamo inviato all’azienda una lettera in cui si denunciava la situazione. A seguito di ciò, tuttavia, non è stato assunto alcun impegno. Ebbene, dopo neanche 30 giorni sono caduti 60 pannelli del peso di tre chili e mezzo ciascuno.
La fortuna ha voluto che nessun portalettere fosse presente in quel momento. Abbiamo denunciato l’accaduto ed è intervenuta la magistratura.
Ciò sicuramente ha costituito una pubblicità negativa nei confronti dell’azienda. Per quale motivo non si è tentato di prevenire il verificarsi di una situazione già denunciata dalle organizzazioni sindacali? E ` stato il nostro sindacato a sollevare la questione, ma avrebbe potuto farlo qualunque altra sigla sindacale. Il problema è che la prevenzione non viene curata come si dovrebbe. Lo stesso dicasi per i CMP, per non parlare dell’estrema polverosità degli ambienti. A nostro parere, l’azienda non investe come dovrebbe, pur avendo chiuso per anni il bilancio in attivo. E questo è un elemento molto negativo. Ci auguriamo, quindi, che di qui a poco Poste Italiane intervenga per risolvere le criticità che abbiamo denunciato affinché i lavoratori possano godere di una qualità di vita eccellente e non minima.
Infine, un’ultima segnalazione. A livello confederale l’organizzazione UGL ha scritto una petizione sugli infortuni sul lavoro, raccogliendo le firme attraverso la nostra segretaria generale. Oltre a ciò, come preannunciato dal dottor Amicone, abbiamo presentato alla ASL 5 di Collegno uno studio per verificare se vi siano le condizioni per considerare il lavoro del portalettere come attività usurante. Stiamo quindi portando avanti delle iniziative per migliorare la qualità della vita lavorativa dei dipendenti.

PRESIDENTE
Ringrazio tutti gli auditi per il prezioso contributo apportato ai nostri lavori e per averci dato la possibilità di conoscere meglio uno spaccato sul quale non avevamo molte notizie.
Attraverso questo incontro abbiamo acquisito una serie di dati; se avete ulteriori elementi o riflessioni da comunicarci potrete farlo successivamente perché ciò ci aiuterà in un percorso che conduce ad un unico ed identico obiettivo. Ci auguriamo di ottenere ulteriori elementi anche attraverso le prossime audizioni, ma soprattutto ci auguriamo che sia prestata al problema una giusta attenzione, tesa a correggere gli errori oggi esistenti.
Mi sembra infatti di aver colto in gran parte degli interventi notazioni sul fatto che l’attenzione dedicata è stata scarsa, che sono stati commessi degli errori, che vi è stata troppa marginalità; quindi bisogna ristabilire il focus su un tema che probabilmente o non lo ha avuto mai o lo ha avuto in misura troppo esigua.

Audizione del Presidente e dell’Amministratore delegato di Poste Italiane S.p.a.

PRESIDENTE
Proseguiamo i nostri lavori.
Sono oggi presenti in rappresentanza dei vertici di Poste Italiane S.p.a. il dottor Giovanni Ialongo, presidente, l’ingegner Massimo Sarmi, amministratore delegato e direttore generale, accompagnati dai dottori Claudio Picucci, Stefano Grassi, Simona Giorgetti e Armando Candido, che ringraziamo per la disponibilità dimostrata accogliendo il nostro invito.
Il tema sul quale desideriamo ricevere informazioni è quello che vi è stato esposto nella lettera. Tuttavia, quella di oggi rappresenta un’occasione di riflessione più ampia, in cui potranno essere esaminate anche altre questioni. Disponiamo già di dati relativi agli infortuni che si verificano all’interno di Poste Italiane, all’entità degli stessi, alle percentuali ed al loro incremento. Insomma, esiste un quadro che ha mosso la Commissione ad approfondire tali aspetti, considerato che nell’ultimo anno si è registrato un numero di morti maggiore rispetto agli anni precedenti; addirittura, nel mese di gennaio nel giro di pochi giorni sono morti due dipendenti.
Quindi nel periodo che va da marzo 2008 a gennaio 2009 ci sono stati 12 morti (vado a memoria). Si tratta di un quadro che obbliga ad un’attenzione da parte di tutti.
Abbiamo già ascoltato, come sapete, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, che hanno svolto le loro riflessioni ed hanno fornito dati ed elementi sui quali riflettere. Del resto, tutto ciò che stiamo dicendo viene resocontato; l’audizione inoltre è trasmessa attraverso il circuito audiovisivo, in quanto non sono emersi ancora elementi tali da indurre a svolgere i lavori in seduta segreta.
Vi chiedo quindi la cortesia di focalizzare il tema, al di là della tecnologia che ci vorrete proporre con le slide che vedo avete predisposto. Il problema non è tanto di tecnologia (che noi comunque apprezziamo) quanto di dare risposta a tematiche molto semplici, schematiche e dirette.
Sembrerebbe infatti, dalle informazioni che stiamo raccogliendo, che siano ben definite alcune importanti problematicità che stanno alla base di questi infortuni, alcuni dei quali – troppi – mortali. Non so se riusciremo ad esaurire l’argomento in questa audizione o se avremo bisogno di altri incontri.
Vorremmo tuttavia che la risposta fosse mirata ad alcuni punti essenziali, che riguardano la sicurezza e l’organizzazione del lavoro, con particolare riferimento ai soggetti più esposti. Vorremmo sapere quali iniziative avete adottato da quando si sono determinati gli incidenti e cosa state facendo, considerato che c’è stata una crescita del numero degli infortuni.
Vorremmo sapere, inoltre, che rapporti ci sono con le forze sociali, in quanto ci sono stati indicati rapporti deboli su questo tema ed una scarsa attenzione alla sicurezza in senso più generale.
Vi dico questo in quanto il nostro obiettivo è quello di risolvere i problemi. Quindi siamo ben felici di comunicarvi gli elementi che abbiamo acquisito, di grande problematicità, sui quali ci auguriamo di avere da voi delle risposte, oggi o nei giorni a venire. Ci auguriamo di poter creare un sistema che non solo susciti attenzione su quanto si sta determinando, ma che individui altresì un percorso di risoluzione e di contrasto effettivo, per quelli che sono i nostri scopi, come Commissione di inchiesta, e per quella che è la vostra vocazione, come massimi dirigenti di una grandissima ed importantissima azienda italiana, qual è Poste Italiane.
Questi sono i nostri sentimenti ed i nostri obiettivi, essenzialmente collaborativi.
Cerchiamo di andare al cuore del problema; questa, in estrema sintesi, la mia richiesta. Se avete bisogno delle slide, utilizzatele pure; se ci vorrete fornire dei documenti elettronici, fatelo pure. Noi avremmo tuttavia bisogno di inquadrare i temi che mi sono permesso di riassumere; altrimenti rischieremo di avere una visione ampia (che pure è sempre importante), ma non focalizzata esattamente su quello che oggi ci interessa sapere da voi.

SARMI
Signor Presidente, sono l’Amministratore delegato di Poste Italiane. Lei ha svolto un’introduzione molto chiara. La presentazione che abbiamo predisposto si pone la finalità di fornire informazioni di natura statistica, di commentare e di rispondere, da parte dell’azienda, ad eventuali domande di merito sugli aspetti numerici e quindi di mettere in evidenza le iniziative che l’azienda ha in corso per ridurre il più possibile questo fenomeno.
La statistica è quella che lei, signor Presidente, ha rappresentato. La prima slide mette in evidenza l’andamento degli infortuni negli anni 2007- 2008; in particolare, nel primo riquadro, mette in evidenza la triste rappresentazione degli infortuni mortali. All’interno di questa rappresentazione, che comunque denota un incremento forte da un anno all’altro, per migliore e più puntuale lettura va rappresentato che nell’anno 2008, su un totale di dieci infortuni mortali, cinque sono avvenuti in fase di recapito mentre, restanti cinque, sono stati provocati da incidenti stradali avvenuti per attività di lavoro (escluso il recapito) che prevedevano l’uso di un autoveicolo. Per quanto riguarda gli incidenti avvenuti in fase di recapito, va osservato che tale attività si svolge normalmente, ma non sempre, per il tramite di un motomezzo (è la frequenza maggiore). Negli altri casi si è trattato di incidenti stradali o, in due casi, di eventi mortali avvenuti sul posto di lavoro a causa di un malore (quindi morte naturale), classificati come infortuni sul lavoro soltanto a fini statistici. Dico questo anche perché, in assenza di una lettura più puntuale, la statistica vedrebbe nell’anno 2008 quasi un raddoppio della casistica di infortuni mortali. In buona sintesi, su un totale di dieci infortuni mortali, cinque sono avvenuti in fase di recapito, due sono avvenuti a causa di malore sul posto di lavoro e due per l’uso di un autoveicolo al di fuori dell’attività di recapito. Uno, in particolare, è stato provocato, come accertato dalle forze dell’ordine e dagli eventi successivi, da un colpo di sonno del conducente in autostrada.
Nella slide successiva viene effettuata una ripartizione più generale degli infortuni in funzione delle lavorazioni svolte. Da questa si evince – come era prevedibile – che la maggior parte di tali incidenti riguarda l’impiego del motociclo nello svolgimento dell’attività di recapito; non sfugge come il recapito a piedi generi il 17 per cento dell’intera sequenza degli infortuni e come le altre casistiche di infortunio seguano poi in via decrescente. Se consideriamo l’incidenza delle cause di infortunio nell’attività di recapito e le modalità con cui queste si verificano, constatiamo che gli infortuni che avvengono nell’ambito del recapito hanno come causa prevalente proprio l’incidente con motomezzo aziendale.

PRESIDENTE
Ingegner Sarmi, poiché il riferimento a questo motomezzo è ricorrente anche nella sua relazione, le chiedo di illustrarci cosa è stato fatto quando avete compreso che il motomezzo può essere uno dei punti deboli della situazione.

SARMI
Presidente, le rispondo anticipando quel concetto che trova poi esplicitazione numerica nelle schede successive. In buona sintesi, noi stiamo riducendo il numero dei motomezzi complessivi nella flotta di Poste Italiane con modalità diverse che, se utile, andrò poi a dettagliare.
Quindi, sia in questo momento (cioè in quest’anno di esercizio dell’attività) che negli anni a venire attueremo una riduzione complessiva del numero dei motomezzi aziendali dell’ordine di alcune migliaia sul totale di quelli utilizzati per recapitare la corrispondenza. Da un lato, infatti, stiamo ampliando il numero degli autoveicoli a quattro ruote: siano essi autoveicoli veri e propri o quadricicli, questi mezzi di trasporto, anche in combinazione con effetti di natura ecologica e di rispetto dell’ambiente, rappresentano uno sviluppo da noi realizzato con delle iniziative apprezzate a livello internazionale. Dall’altro lato – e con modalità diverse di effettuazione del recapito – stiamo aumentando la possibilità di consegna della posta a piedi. Devo dire, come commento personale, che l’uso del motomezzo non è nuovo in Poste Italiane perché risale ad anni per noi oggi considerati remoti.
Oggettivamente, i dati del 2008 rispetto al 2007 hanno messo in evidenza una crescita del numero degli incidenti. Quindi, oltre alla riduzione di questo tipo di mezzo di trasporto, anticipo l’organizzazione di corsi di formazione da parte dell’azienda, corsi di formazione che si avvalgono delle strutture preposte e della Direzione generale del Ministero dei trasporti (che ha ruolo in questo senso) e la predisposizione di altre modalità di comunicazione aziendale. La formazione e la comunicazione aziendali saranno intensificate proprio perché riteniamo che non possa completamente escludersi, anche in un futuro di medio termine, l’impiego di questi strumenti di lavoro per la consegna della posta. Tale attività, specialmente nelle zone urbane, presenta una sua tipicità, che richiede un mezzo di spostamento flessibile, considerate anche le caratteristiche della tempistica che Poste Italiane deve rispettare per la consegna della corrispondenza.

PRESIDENTE
Ingegner Sarmi, la mia richiesta era un’altra. Noi vorremmo essere informati esattamente (e ritengo che voi possiate fornire questo dato) circa gli incontri da voi avuti con le forze sociali su questo tema; vorremmo sapere come si è arrivati alla scelta di un motomezzo uguale per tutti, a prescindere delle caratteristiche sia di genere che fisiche; infine, vorremmo sapere se è vero che i sindacati, così come affermano, hanno più volte richiesto un incontro su questo tema che però non è avvenuto.
Il quadro che abbiamo messo insieme, almeno in base ad alcune informazioni (e ripeto che sto citando dalla fonte), è quello di un atteggiamento non adeguato agli incidenti determinatisi (quelli mortali ma anche quelli non mortali, ritenuti gravi con riferimento ai 40 giorni di prognosi).
La questione non è di sapere come si orienterà Poste Italiane ma di capire, dato il modo in cui si sono verificati gli eventi, cosa è stato fatto. Ci è stato riferito, ad esempio, che non è stato fatto quanto si chiedeva relativamente alla possibilità di avere un confronto per la scelta di questi mezzi, i quali presentano forse elementi che mettono a rischio in modo serio la sicurezza delle persone (atteso, ad esempio, che trasportano carichi davanti, sull’asse e anche posteriormente). Non siamo più in una fase di programmazione degli interventi e questo è un punto centrale, perché il verificarsi dell’incidente non è più una singola casualità. Se il motomezzo può essere la causa dell’infortunio – e potrebbe esserlo – perché non è stato eliminato? Perché non è stato adeguato alle caratteristiche fisiche e di genere di chi deve guidarlo? Fino a che punto creano dei problemi il peso ed i volumi che questi motomezzi debbono sopportare? Magari il problema non si crea per una persona alta 1 metro e 70 centimetri laddove una persona alta 1 metro e 55 centimetri può magari avere dei problemi.
Questo è il nodo centrale e mi auguro – se ancora non si è intervenuti in tal senso – che, a partire da domani, si attui un’azione di verifica e di blocco di questi motomezzi e si organizzi immediatamente un incontro con i rappresentanti delle forze sociali per stabilire una transizione in tempi brevi. I quesiti emersi sono inquietanti: come posso essere obbligato a guidare un motomezzo se questo non è adatto alle mie caratteristiche fisiche? Se non frena allo stop o se il carico produce effetti diversi? Perché l’unico motomezzo impiegato nel recapito è il modello Liberty 125 e non sono previsti modelli diversi, più leggeri, più sobri, che tengano in considerazione il genere del guidatore?
Sicuramente ciò non è dovuto a una valutazione di tipo scientifico, né vi è una volontà che ha determinato il fenomeno ma, di fronte a tanti infortuni e a un tasso di mortalità più che raddoppiato, ingegner Sarmi, il problema esula dalla sua specificazione circa l’eventualità che questi infortuni avvengano in itinere o non in itinere. Tra l’altro, non ho capito bene se l’espressione in itinere indichi il percorso da casa al posto di lavoro e viceversa, come riteniamo tutti, oppure se significhi che i portalettere hanno terminato la consegna e stanno rientrando in orario di lavoro.
Quindi il quadro va approfondito, va compreso. Questo è il motivo per cui noi siamo particolarmente attenti a questa vicenda. Come potrete leggere dai resoconti, che sono pubblici e on line, non una sola associazione sindacale ha dichiarato che Poste Italiane ha mostrato attenzione per la sicurezza, per la salute dei suoi dipendenti; semmai, i sindacati hanno aggiunto un altro grave rischio al quale i dipendenti sono sottoposti, quello delle rapine (è un altro elemento emerso nel corso dell’audizione, dunque è un rischio legato a quel tipo di lavoro, che si verifica in quel luogo di lavoro). Vorrei sapere se corrisponda al vero che nei vostri uffici sono state allentate le protezioni armate, tanto da non poter garantire la sicurezza dei dipendenti. Sarebbe paradossale che per uffici che ormai prestano servizi analoghi a quelli bancari siano previsti sistemi di protezione diversi.
Questo è il quadro che vorremmo definire. La prego cortesemente di fornire delle risposte, in questa sede o successivamente con una nota scritta (questo lo decida lei). Noi auspichiamo che da questo incontro vengano risposte secche, nette. Questo è il mio auspicio. Non importa che l’Europa ci guardi con interesse perché utilizziamo un quadriciclo ecologico, dobbiamo evitare che una donna sia costretta a portare un motorino caricato con 30, 40 chili di corrispondenza. Se poi riusciremo a farlo attraverso i nuovi sistemi che la tecnologia ci metterà a disposizione ben venga.
Queste sono le domande alle quale vorrei lei rispondesse per dare un senso all’incontro di oggi.

SARMI
Non so se riuscirò a rispondere in dettaglio a tutti i giusti quesiti che lei ha posto, signor Presidente. Proverò ad andare per ordine, confidando anche nell’ausilio dei colleghi che potranno integrare quanto dirò per gli aspetti di loro conoscenza; potremo inoltre avvalerci dell’elenco dei dati numerici che abbiamo predisposto.
Ci è stato chiesto perché sia stato scelto questo tipo di veicolo. Lo abbiamo scelto anni fa in quanto migliorativo di un precedente veicolo in dotazione all’azienda ed è stato scelto a valle di una gara internazionale.
Naturalmente, stiamo parlando di un veicolo che dovendo essere utilizzato per attività lavorativa possiede caratteristiche speciali ed è stato certificato e omologato; quindi un veicolo che ha tutte le caratteristiche di sicurezza riconosciute dagli enti preposti. Quanto alla considerazione che lei ha fatto circa l’idoneità dei soggetti all’uso del motomezzo con riguardo alle caratteristiche fisiche di ciascuno, sinceramente al momento, considerando il gran numero di persone che utilizzano questo mezzo, non sono in condizione di dirle se si siano verificati o meno casi in cui questa correlazione fra caratteristiche fisiche e motomezzo non sia stata di completa idoneità. È pur certo che stiamo parlando di circa 40.000 persone, di cui oltre 20.000 utilizzano il motomezzo. Quindi il nostro scrupolo e la nostra attenzione in questo senso potranno valere per il futuro poiché, per coscienza, non ho certezza su questo tipo di valutazione, mentre gli elementi cui ho fatto riferimento prima sono oggettivi. Numerosi motoveicoli sono utilizzati per trasporto promiscuo e seguono una particolare procedura di omologazione; l’azienda ha poi sviluppato delle caratteristiche tecniche che, confrontate con quelle della precedente generazione, risultavano migliorative. Il collega responsabile del settore potrà caratterizzare meglio i passaggi relativi alle relazioni industriali che sempre intervengono quando si introduce un mezzo o uno strumento di lavoro nuovo e di natura diversa. Questo è un tema tipico che viene trattato, affrontato, convenuto insieme, delle volte oggetto di accordi complessivi che portano, oltre all’introduzione del nuovo strumento, anche condizioni di lavoro diverse e percorsi di formazione che potranno essere dettagliati in questa o in altra sede.
Naturalmente ciò non esclude che possano esserci delle eccezioni alle quali la gestione è chiamata a rispondere perché i sistemi devono funzionare al 100 per cento anche su grandi dimensioni. Se dovessi fare un confronto con quello che avviene nel mondo degli altri operatori postali, gli strumenti di lavoro sono pressoché gli stessi, i carichi di lavoro sono assolutamente confrontabili, i rapporti di relazioni industriali sono simili, per non dire uguali. Quindi, secondo me, non ci troviamo in una situazione diversa da quella che in questo tipo di attività, in questo tipo di settore, caratterizza anche altri soggetti che operano sul mercato. Non dimentichiamo poi che vediamo circolare varie e diverse forme di trasporto rapido, che possono essere destinate al mondo del corriere espresso o delle consegne in generale, che possiedono caratteristiche di gran lunga più modeste di quelle dei mezzi di cui stiamo parlando. Come dicevo, ci sono i numeri che attestano quanto affermo. Si tratta di iniziative che sono illustrate nella relazione consegnata agli atti della Commissione. Nel documento è indicato il percorso che intendiamo compiere.
Oggettivamente vedrei difficile dall’oggi al domani cambiare 20.000 motomezzi; con cosa poi? Peraltro, pur essendo personalmente costernato e colpito dal numero di incidenti (che comunque sta avendo tutta l’attenzione dell’azienda e per il quale dovremo fare senz’altro di più), è pur vero che questo è un modo di lavorare tipico di Poste Italiane. Considerando che la nostra popolazione di dipendenti fa di tali mezzi un uso di gran lunga superiore a quello di persone che li utilizzano per altre funzionalità (per recarsi al lavoro o per motivi personali), il livello di incidenti registrato in Poste Italiane mostra ordini di grandezza inferiori a quello registrato mediamente in Italia. Purtroppo – e di ciò andiamo anche orgogliosi – siamo un’azienda di grandi numeri. Ma è pur vero che le statistiche vanno lette anche in termini percentuali. È evidente infatti che quando si ha a che fare con un numero di persone, di attività, di chilometri percorsi tutti i giorni sulle strade di un certo rilievo, i paragoni devono essere fatti o con settori simili o con tutte le fonti e i riferimenti generali che trattano questo tipo di grandezze.
A proposito poi delle relazioni industriali, francamente mi meraviglio perché citare casi singoli, che non escludo si siano verificati o possano verificarsi, non deve far perdere di vista, in primo luogo, la natura del rapporto che Poste Italiane ha sempre intrattenuto a livello industriale. Trasformare una casistica in una generalizzazione è, a mio avviso, sempre imprudente.
Pertanto, rispetto a quanto espresso dai rappresentanti dei sindacati le chiedo, qualora la Commissione lo ritenga opportuno, di poter argomentare le varie questioni in maniera dialettica, attraverso un confronto, ripercorrendo i passaggi delle relazioni industriali, gli accordi, insomma quanto ho intuito dal suo intervento è stato rappresentato; l’essere presenti in momenti separati è sicuramente un metodo di lavoro, ma alle volte essere messi a confronto può dare di più il senso e l’immediatezza dei rapporti tra le parti.

PRESIDENTE
Ingegner Sarmi, si tratta di procedure che la Commissione decide di adottare di volta in volta, stabilendo ciò che ritiene più opportuno al fine di acquisire elementi e conoscenze. Valuterò sicuramente, insieme ai colleghi della Commissione, il suo consiglio di effettuare un confronto tra le parti. Noi ne saremmo ben felici; credo che nessuna delle parti abbia problemi a ripetere le cose che ha affermato.
Quando le dicevo che dovreste operare da oggi o da ieri, non intendevo che può disarcionare 20.000 dipendenti da un momento all’altro, ma un’altra cosa. Le ho chiesto se si intende iniziare, da oggi o da ieri, una verifica di compatibilità del mezzo con le persone e con il genere. Da quanto hanno detto le organizzazioni sindacali, non mi risulta che questo sia stato fatto. Io non ho fatto un discorso generalistico, non ho detto che manca all’azienda sensibilità nelle relazioni industriali; assolutamente no.
Non lo so e non mi permetterei di dirlo. Le mie riflessioni vertono su questo punto: da quanto ci è stato detto, non c’è stata una consultazione tale da far emergere le problematiche di cui in questo momento stiamo dibattendo.
Nell’aprire un dialogo con l’azienda ho bisogno anche di sottoporle i dati che ho acquisito e che lei potrà leggere quando vuole, perché rimangono agli atti. Le dicevo quindi che lei deve affrontare questo aspetto. Le chiedo se sia vero o meno che l’organizzazione per la sicurezza presenta dei vulnus, che potrebbero essere legati proprio a questo settore. Accade infatti che il preposto, operando in realtà più ampie, non abbia la possibilità di essere su realtà più piccole e quindi di controllare ciò che accade.
Questo ci è stato detto e questi sono gli aspetti da considerare, qualora risultassero veri.
Siamo in una fase dialogica, in cui io mi avvalgo di alcuni argomenti.
Non le sto dicendo che sono queste le conclusioni, altrimenti non ci saremmo neanche incontrati. Forse è necessario rivedere l’organizzazione relativa alle attività di prevenzione. Sembra poi che l’attività di formazione sia bassissima. Ovviamente, bisogna anche specificare di quale formazione si sta parlando. Io mi riferisco a questo aspetto; se ce ne sono altri, ne prenderemo atto con piacere. Il nostro obiettivo non è meravigliare, ma evitare che altri si meraviglino delle istituzioni. Tutti infatti rappresentiamo le istituzioni; del resto anche la vostra struttura ha un collegamento con le istituzioni, almeno per quanto riguarda la dirigenza e i massimi vertici. Questo è il nostro obiettivo. Io credo che probabilmente un confronto specifico su questi temi potrebbe portare dei vantaggi, avendolo chiesto le stesse organizzazioni sindacali.
Le chiedo inoltre se è vero che il sistema di protezione degli uffici postali avrebbe subito un indebolimento, atteso che sarebbe attualmente affidato ad una struttura che effettua dei percorsi di vigilanza e che pertanto è verosimile che chi delinque osserva il primo passaggio e valuta in che tempi avviene il secondo. Non c’è bisogno di richiamare uno dei più grandi comici nazionali: è la somma che fa il totale.
Ci farebbe molto piacere – lo dico a lei, al presidente Ialongo e agli altri funzionari che sono presenti – se vorreste accogliere, in questo processo, il nostro aiuto. Però l’aiuto ha senso se rimaniamo concentrati sul tema che ci interessa; se invece perdiamo di vista il focus è chiaro che la situazione cambia. Ritengo che sarebbe un messaggio forte riorganizzare la sicurezza, quindi i soggetti e gli ambienti; sono emersi infatti anche elementi relativi alla scarsa salubrità di taluni siti. Non so se ciò sia vero o meno, perché non li ho visitati, ma questo è quanto affermano le organizzazioni sindacali ed immagino che abbia un fondo di verità. Se riusciremo a fare tutto questo, probabilmente avremo dato una risposta. Io non le chiedo il miracolo.

SARMI
Signor Presidente, nel tentativo di dare concretezza di risposta all’incontro, le posso dire che il nostro progetto per l’anno 2009 è di ridurre di circa il 20 per cento le zone servite dai portalettere che precedentemente utilizzavano il motomezzo. Faccio una premessa. Il territorio nazionale è diviso in zone di recapito; ogni portalettere ha una competenza territoriale. Questa organizzazione traguarda poco meno di 35.000- 36.000 zone. Quelle servite da motomezzo erano, all’inizio dell’anno, 24.000. Alla fine dell’anno, sulla base di un percorso che già si sta sviluppando, saranno 4.000 in meno, il che mi sembra una risposta concreta in termini di riconoscimento del fatto che tale mezzo di trasporto è evidentemente più soggetto a rischi rispetto ad altre modalità, come l’andare a piedi o utilizzare un autoveicolo. Questo è un primo elemento.
Quanto alla formazione, per ogni anno del biennio 2007-2008 sono stati formati 9.000 dipendenti nel settore del recapito (senza voler risalire ad anni più lontani, in cui la formazione è sempre stata fatta). Tutto dipende dal modo in cui le cose vengono fatte e dalla gestione. È anche possibile, come lei ha detto, che in questo momento ci sfugga quello che avviene in un punto specifico del territorio nazionale. L’azienda comunque è organizzata per i controlli (è qui presente il responsabile della sicurezza), secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 626 del 1994 e ora dal cosiddetto «Testo Unico» del decreto legislativo n. 81 del 2008; l’azienda ha inoltre un’organizzazione di delega sul territorio. Noi riteniamo che gli strumenti ci siano e vengano messi in pratica. Sono ovviamente disponibile a confrontarmi su di essi o sulla possibilità di miglioramenti, nonché sul fatto che queste iniziative vengano gestite nel modo migliore.
Sul tema della sicurezza legata alle rapine mi riservo di risponderle, in quanto si tratta di un aspetto che non ero preparato ad affrontare. Tuttavia, citando soltanto i titoli e paragonandoci con il settore bancario (perché queste sono le statistiche confrontabili), Poste Italiane ha un comportamento assolutamente confrontabile. Non dimentichiamo che Poste Italiane opera in questo settore non tanto e non solo con livelli di sicurezza fisica, ma anche con livelli di sicurezza logica. Cito e l’esistenza del dipartimento della Polizia Postale. Non sfugge a nessuno come questo corpo di Polizia sia squisitamente dedicato anche all’attività di Poste Italiane. Un sistema deve essere valutato nel suo complesso, non tanto e non solo per la presenza di una struttura o di un’infrastruttura, che magari può servire ai fini della sicurezza, ma che certo non aiuta il confronto con una clientela che, di fronte a barriere ergonomiche, avrebbe a ragione di che lamentarsi nella fruizione normale del servizio. Mi riservo quindi di fornirle informazioni sulle condizioni generali della sicurezza legate ad eventi quali le rapine, considerando, come le anticipavo, che il sistema di Poste Italiane è un sistema che opera anche al di fuori dell’azienda, perché l’attività di sicurezza è svolta dalla Polizia Postale e da altre forze dell’ordine (ad esempio, dai Carabinieri).

DE ANGELIS (PdL)
Presidente, ho ascoltato attentamente, e anche con molta curiosità, l’intervento delle associazioni sindacali perché quando si affronta il tema degli infortuni sul lavoro vi è sempre grande rispetto. Pensiamo al caso che il dottor Russo della SAILP-CONFSAL ci ha descritto, del ragazzo napoletano appena assunto travolto con il suo motorino: è chiaro che una morte sul lavoro rappresenta una disgrazia.
Leggendo bene i numeri, però, si rientra nella fredda statistica. Fermo restando che i dati da voi forniti sono certi, chiedo di sapere se disponete solo di quelli relativi al 2008 o se è possibile un confronto con quelli antecedenti.
In secondo luogo, quando pensiamo che nel settore lavorano più di 44.000 operatori, con 28.000 motocicli, 12.000 autovetture, 320 autoarticolati, se facciamo un discorso in termini di statistiche nazionali (e se, in aggiunta, penso alle persone di mia conoscenza che hanno avuto incidenti stradali), allora il ragionamento si inquadra in un contesto diverso.
Infatti, un conto è l’esistenza del problema un altro conto è la sua urgenza.
Avrei voluto chiedere alle organizzazioni sindacali cosa comporti la sostituzione dei motocicli e cosa significhi che quelli ora in uso presentano problematiche, ma non ve n’è stato il tempo.
Fermo restando che sicuramente voi fate formazione per i nuovi assunti, con quale criterio scegliete i motocicli? L’autovettura è un modello Panda mentre il motociclo è un modello della Piaggio, il Liberty 125.
Forse questo tipo di motociclo è troppo grande per alcune donne alle quali sarebbe meglio far guidare mezzi di minore cilindrata. Sto ponendo questa serie di domande ai fini di una migliore comprensione del fenomeno, perché per il 2008 l’indice di mortalità per incidenti stradali in Poste Italiane è dello 0,1 per cento rispetto allo stesso indice a livello nazionale che è del 2,5 per cento. Volevo dunque comprendere i criteri attraverso i quali si è arrivati a questa scelta, fermo restando che il mio parere personale è che anche modificando la cilindrata del motociclo gli incidenti continueranno dal momento che la maggior parte di essi è dovuta a casualità. Questa è la convinzione che ho maturato nel corso della mia esperienza professionale di imprenditore. Ho viaggiato molto in automobile ma avevo anche camion con autisti e spesso si verificavano degli incidenti.
Nel campo della sicurezza, specialmente nelle zone a rischio, non ritenete che ci sia bisogno di una guardiania fissa fuori dagli uffici postali?
Voi conoscete sicuramente le zone a più alto rischio di criminalità e le zone dove si verificano più spesso rapine negli uffici postali. Dovete quindi analizzare la questione perché lì sarebbe opportuno aumentare la guardiania, laddove in zone più calme a livello delinquenziale, dove le statistiche mostrano che non vi è mai stata una rapina, è forse inutile insistere con questo servizio.

ROILO (PD)
Presidente, anch’io ritengo che questo sia un punto che valga la pena approfondire, non nella seduta di oggi ma successivamente, previa verifica e approfondimento con i sindacati che in precedenza abbiamo avuto modo di ascoltare. Il problema che merita di essere approfondito ed eventualmente ripreso in sede di Commissione riguarda il rapporto esistente tra il numero degli incidenti mortali (per il momento mi limito a questi) e il mezzo di lavoro utilizzato, sulla base di una lettura dell’andamento dei dati e dell’incidenza degli infortuni mortali, cercando di capire l’eventuale rapporto con le cause di infortunio.
Come sottolineava il Presidente, il motomezzo impiegato può essere non perfettamente idoneo al tipo di attività ai fini, ovviamente, di garantire la sicurezza dei lavoratori. Oppure, è possibile che il motomezzo sia utilizzato senza la formazione e l’informazione dovuta. Francamente, io non dispongo di elementi per esprimere un giudizio né mi sembrerebbe onesto farlo in questo momento. La problematica indicata dal Presidente merita di essere considerata dovutamente per cercare di contenere, se non di eliminare, soprattutto gli incidenti mortali e per evitare che non solo il lavoratore ma la stessa azienda paghi conseguenze di natura economica oltre che sociale.

IALONGO
Presidente, onorevoli commissari, innanzitutto vogliamo ringraziarvi per questa audizione. In base a quanto abbiamo appreso e anche grazie ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, da voi già auditi, ho colto lo spirito della Commissione, tendente ad ottenere un approfondimento complessivo di una materia così delicata. Ciò consente a tutti noi, alla Commissione come anche alle organizzazioni, di lavorare per un miglioramento (perché sicuramente ci saranno aspetti da migliorare).
Prima di entrare nella concretezza delle domande poste, che poi rappresentano la ragione della convocazione dell’azienda a questa audizione, vorrei richiamare i punti evidenziati dal nostro amministratore delegato, che mi vedono perfettamente d’accordo. La maggior parte degli incidenti mortali registrati all’interno dell’azienda si verifica lungo il tragitto tra casa e lavoro e viceversa. Questo è il primo elemento. In secondo luogo, l’incidenza è alta – il 45,64 per cento – per il recapito e non per gli altri servizi che l’azienda offre (il confronto è stato richiamato anche da uno degli ultimi commissari intervenuti). Per quanto riguarda poi l’indice di mortalità, il dato nazionale è pari al 2,5 per cento, quello relativo a Poste Italiane allo 0,1 per cento.
L’amministratore delegato ha già comunicato alla Commissione che è in fase di avvio un progetto di rinnovo della flotta aziendale (che sarà denominata free duck), non perché – e sto per arrivare, Presidente, alla sua domanda – i motoveicoli esistenti sono causa d’incidenti, bensì per una politica aziendale di rinnovamento del parco motomezzi. Infine, l’azienda ha investito ingenti somme per la formazione dei propri dipendenti che attestano quanto teniamo a tutelare la loro sicurezza.
Abbiamo ricevuto la sua lettera, signor Presidente, e vi è un punto preciso sul quale ci siamo documentati per rispondere, visto che il nodo gira intorno ad una domanda. Nella lettera si legge: «È stata recentemente informata la Commissione in merito ad una serie di infortuni sul lavoro, alcuni dei quali mortali, che a partire dall’ultimo anno hanno colpito i lavoratori del settore postelegrafonico addetto al recapito della corrispondenza e che sarebbero dipesi, almeno in parte, dalle caratteristiche dei veicoli in dotazione ai portalettere, specificatamente dei ciclomotori. Vi invito quali responsabili dell’azienda in audizione per chiarire questo punto».
Insieme abbiamo cercato di documentarci ed ecco la risposta: l’azienda non ritiene assolutamente che le morti che sfortunatamente si sono verificate derivino da carenze strutturali del motoveicolo. Non lo credo.

PRESIDENTE
Non abbiamo detto questo.

IALONGO
Questo dice la lettera: «e che sarebbero dipesi, almeno in parte, dalle caratteristiche dei veicoli in dotazione ...».

PRESIDENTE
Si soffermi sulle parole. C’è scritto: «almeno in parte».
Oggi è emerso un dato a cui, a mio parere, non si vuole dare l’importanza dovuta – mi auguro di sbagliare – e che non riguarda la qualità del motomezzo; mi riferisco al rapporto tra soggetto e motomezzo e al fatto che nella scelta, per lo meno stando a quanto emerso finora, non siano stati adottati dei criteri che tengano conto di tale rapporto. Questo è il problema.
Siamo convinti che il motoveicolo messo in circolazione possegga le caratteristiche idonee all’utilizzo che se ne fa (ciò è palese, peraltro la scelta è frutto di una pubblica gara ed il mezzo ha l’omologazione necessaria per svolgere quel lavoro). Il problema è un altro. Si tratta di capire se i dati siano stati incrociati rispetto ai volumi e al peso che il mezzo deve portare, in modo da ridurre gli incidenti nell’utilizzo quotidiano. Questo è il punto sul quale vorremmo richiamare la vostra attenzione.
Le pongo poi un’altra questione rispetto al progetto di ridurre il numero dei chilometri che il personale deve percorrere. In proposito il parere dei sindacati è diverso. Temono infatti che alcune persone possano essere gravate, so ho ben capito, del lavoro che oggi viene svolto da altre. Ma sono aspetti che discuterete con i sindacati, a me corre l’obbligo di sottoporveli.

SARMI
Signor Presidente, si tratta di una serie di affermazioni che non solo mi permetto di non condividere, ma che hanno anche oggettiva documentazione e storia vissuta nei rapporti di relazioni industriali in azienda; ritengo sarebbe davvero utile poter confrontare queste affermazioni insieme. Anche quello che lei riferiva al Presidente Ialongo non mi trova d’accordo in quanto lei sa bene che quando un veicolo viene omologato e quando viene assegnata una patente per un certo veicolo questo avviene secondo leggi dello Stato, non secondo criteri stabiliti da Poste Italiane, a meno che Poste Italiane non ne faccia un uso improprio. Ho inoltre dichiarato la mia disponibilità personale a verificare, proprio per dare esito alla sua domanda, se nella gestione ci siano casi particolari, speciali, di accoppiamento fra veicolo omologato e persona che ha titolo per guidarlo, con una correlazione impropria fra struttura fisica e dimensione del mezzo. Questo glielo posso dire, ma non posso sentire affermazioni secondo cui tutto quello che è a monte non sarebbe stato fatto dall’azienda nel rispetto delle leggi che regolano la sicurezza sul lavoro e il funzionamento di questi strumenti per qualsiasi cittadino che operi sul territorio nazionale.

PRESIDENTE
Do per scontato che non ci sia né colpa grave, né dolo. Saranno poi altri ambiti che provvederanno a verificarlo, non è questo il luogo.
Ho cercato di sollecitare il vertice di Poste Italiane sul fatto che la stragrande maggioranza degli infortuni, non solo quelli mortali ma anche il 40 per cento degli infortuni in generale, avvengono in un determinato settore. Mi sembra che al riguardo sia opportuno accendere ulteriori riflettori.
Questo è il discorso. Al riguardo mi sono permesso di far riferimento anche ad alcuni elementi emersi dai documenti che ci sono stati inviati e dal dibattito. Se ciò che ci è stato riferito è stato mal interpretato o mal detto non si può certo parlare di lesa maestà, atteso che siamo in una Repubblica; c’è solamente il dispiacere per non aver compreso bene e, dunque, il problema non esiste.

DE ANGELIS (PdL)
Signor Presidente, credo sia giusto e utile prevedere un confronto fra le parti perché, in effetti, alla luce dei dati illustrati può essere utile porre qualche domanda anche ai sindacati.

PRESIDENTE
Ne sono convinto. Ma i sindacati sono stati già auditi e si poteva chiederglielo. La parola non è stata negata a nessuno.

DE ANGELIS (PdL)
Non c’è stato tempo.

PRESIDENTE
Il tempo c’era perché nessuno ha chiuso anticipatamente la seduta. Il tempo c’era, quindi se si volevano porre domande lo si poteva fare. Sottolineo questo perché mi preme resti agli atti.

IALONGO
Le confermo che concordiamo tutti, il sottoscritto, l’amministratore delegato e i dirigenti, sulla necessità di fare luce su un segmento delicato come questo, nella maniera più assoluta. Vorrei però chiarire un aspetto che ha rappresentato la sua domanda precisa e corretta, ribadita anche all’amministratore delegato. Se da parte di una o più organizzazioni sindacali è pervenuta qualche segnalazione in merito al fatto che l’incidente mortale sarebbe imputabile a caratteristiche del motoveicolo ci dica a cosa ci si riferisce.

PRESIDENTE
Non lo ha scritto nessuno questo.

IALONGO
Ma nella lettera leggo: «recentemente informata»...

PRESIDENTE
Lei deve leggere tutto perché se esclude il secondo capoverso è difficile cogliere il senso di ciò che volevo intendere. Si legge: «allo scopo di verificare la fondatezza di tale segnalazione...»

IALONGO
Perciò la segnalazione è pervenuta.

PRESIDENTE
Lasci stare. Alla Commissione possono arrivare segnalazioni di ogni tipo, poi se ne deve verificare la fondatezza. Non a caso noi abbiamo adoperato termini di massimo rispetto nei vostri confronti.
Vi abbiamo comunicato ciò che ci è stato riferito; ora dobbiamo verificarne la fondatezza.

IALONGO
Infatti stiamo verificando questo.

PRESIDENTE
Però il problema che è emerso e che probabilmente si voleva comunicare non riguarda tanto l’idoneità del mezzo a circolare (che credo nessuno abbia pensato di mettere in discussione), quanto piuttosto il rapporto tra mezzo e conducente. Il fatto che un soggetto abbia conseguito la patente per poter guidare i ciclomotori non significa che sia automaticamente in grado di guidare questo determinato ciclomotore, con queste caratteristiche particolari (le dimensioni del baule anteriore e posteriore e un terzo contenitore che, se ho ben capito, è posto sull’asse). Qui non si sta incolpando nessuno, si sta cercando di capire come mai in dieci mesi (dal marzo 2008 al gennaio 2009) siano morte dodici persone, alcune delle quali sono morte in itinere. Non possiamo neanche rifarci alle statistiche delle grandi aziende, perché una cosa sono le acciaierie e un’altra cosa è Poste Italiane, che è un’azienda di servizi. Dovremmo forse riferirci alle banche; ma neanche questo è giusto, perché le banche non erogano gli stessi servizi delle poste. Il discorso che noi vorremmo cercare di portare avanti, grazie anche alla vostra disponibilità, è proprio questo: se il 40 per cento degli infortuni che superano una certa rilevanza accade in quel settore, se la maggior parte degli infortuni mortali si verifica in quel settore oppure si verifica in itinere (in quest’ultimo caso può esservi anche un discorso di stress; la situazione può essere molto complessa)...

SARMI
Mi scusi, signor Presidente. Nell’infortunio in itinere si utilizza generalmente un altro mezzo, non il mezzo dell’azienda. Non vorrei che ci fosse confusione.

PRESIDENTE
Conosciamo la lingua italiana, ingegner Sarmi. Io le sto parlando di una situazione di stress.

SARMI
Però, signor Presidente, se si verifica un incidente mentre si utilizza un mezzo proprio o si utilizzano i mezzi pubblici per recarsi sul luogo di lavoro e viceversa, questo non c’entra nulla con il contesto. Io vorrei invitarla a considerare, se lo ritiene opportuno, il numero di casistiche relative al fenomeno.

PRESIDENTE
Senta, ingegner Sarmi, io questo lo so benissimo poiché mi occupo del fenomeno da moltissimo tempo. Lei non mi ha dato il tempo di concludere. Intendevo dire che c’è anche un problema di stress, nel momento in cui, terminato il lavoro, ci si mette sul proprio mezzo o su un altro mezzo. So benissimo che non si tratta più del mezzo aziendale, perché è terminato l’orario di lavoro. Gli incidenti in itinere sono caratterizzati proprio da questo aspetto: non avvengono utilizzando i mezzi dell’azienda nell’orario di lavoro, ma durante il tragitto per andare in azienda o per tornare a casa. Questo è il discorso che sto cercando di portare avanti e mi dispiace che non venga colto nel suo senso più profondo.
In questi dieci mesi, sulla base dei dati di cui disponiamo, sono aumentati gli infortuni nel settore come lei stesso, ingegner Sarmi, con grande correttezza ha evidenziato. Pertanto, se si sono verificati questi fenomeni, se sono aumentati gli infortuni, anche mortali (pur tenendo conto del distinguo che lei ha fatto e che mi è chiarissimo), noi abbiamo l’esigenza di richiamare una maggiore attenzione sulla vicenda. Tutto ciò può essere capito o frainteso; purtroppo fin dall’inizio questo incontro non è nato bene.
Ma, una volta che ci si è chiariti, cerchiamo di essere il più possibile adeguati.
Purtroppo devo avviare a conclusione l’audizione, a causa dell’imminente inizio dei lavori dell’Assemblea. Sicuramente ci incontreremo di nuovo. A noi farebbe piacere valutare se non sia il caso che l’azienda fin da oggi, o da domani, si soffermi sull’opportunità di rivedere l’organizzazione, la prevenzione e i dettagli di tutta questa vicenda. Mi sembra la cosa più logica; non avremmo dovuto neanche suggerirla noi.

SARMI
Signor Presidente, dal momento che, soprattutto relativamente al tema degli infortuni, noi abbiamo una gestione che riteniamo possa essere resa evidente in tutta trasparenza, vorremmo invitare lei e la Commissione, se lo riterrete opportuno, a prenderne conoscenza, onorandoci della vostra visita presso la nostra sede centrale, in modo da farvi vedere (con maggiori particolari e dettagli che potrete verificare direttamente su vostra richiesta) come viene gestita questa fenomenologia e quali ne sono le caratteristiche. Mi rendo conto infatti che possono sorgere molti interrogativi e che non si può disporre di un’adeguata visione d’insieme in un tempo necessariamente così contenuto. Noi saremmo onorati di poter illustrare come viene gestito il fenomeno degli infortuni, ferma restando, naturalmente, la nostra disponibilità ad ogni ulteriore affinamento.
Lo stesso discorso vale per il fenomeno delle rapine, che – le dico incidentalmente – sono diminuite del 12 per cento rispetto allo scorso anno. Tutto questo permetterà, sulla base dei dati aziendali visibili e interrogabili al momento, di risponderle in maniera più compiuta e, naturalmente, di ascoltare le sue sollecitazioni per fare sempre meglio.

PRESIDENTE
Sicuramente ci incontreremo di nuovo in questa sede, ingegner Sarmi, e non presso la sede centrale dell’azienda. Forse stabiliremo di andare a visitare un CMP; ovviamente vi comunicheremo come e quando.
Spero, in conclusione, di aver dato dei segnali precisi; almeno me lo auguro. Di fronte a questi episodi, che si sono verificati in modo esponenziale nell’ultimo anno, è interessante sapere cosa ha fatto l’azienda, non solo ciò che intende fare.
Dichiaro concluse le audizioni odierne.
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Fonte: Senato della Repubblica