Categoria: Commissione parlamentare "morti bianche"
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SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico



Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 24, martedì 28 aprile 2009



Audizione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Sacconi

Presidenza del presidente TOFANI

Interviene il ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Maurizio Sacconi, accompagnato dall’avvocato Lorenzo Fantini.


PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca il seguito dell’audizione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Sacconi, sospesa nella seduta del 21 aprile scorso.
Avverto che della seduta sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.
Propongo altresì, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, di attivare l’impianto audiovisivo. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
Colleghi, nella precedente seduta il ministro Sacconi ha riferito sul contenuto dello schema di decreto legislativo recante modificazioni ed integrazioni al decreto legislativo n. 81 del 2008 (cosiddetto Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), recentemente approvato dal Governo e attualmente al vaglio della Conferenza Stato-Regioni.
Ringrazio, a nome della Commissione, il Ministro per la sua disponibilità e per averci consentito di svolgere approfondimenti e riflessioni sul testo di tale importante provvedimento. In particolare, desidero qui sottolineare il carattere straordinario dell’attività svolta in questa occasione dalla nostra Commissione perché, senza interferire con l’iter previsto per l’esame dello schema di decreto, abbiamo avuto comunque la possibilità di confrontarci sulle misure correttive che si intendono adottare, e di sottoporre quesiti al Ministro, anche prima che la Conferenza Stato-Regioni e soprattutto le Commissioni parlamentari di merito esprimessero i relativi pareri. Peraltro, proprio in virtù di questa nostra attività, considerato il carattere specialistico di alcuni aspetti, il Parlamento ha potuto avere una prima importante informativa su un argomento che si presenta estremamente complesso.
Prima di cedere la parola al Ministro per rispondere alle domande poste da alcuni componenti della Commissione nella precedente seduta, invito i senatori che non hanno potuto prendere la parola la volta scorsa ad intervenire.

NEROZZI (PD)
Ringrazio anch’io il ministro Sacconi per la sua presenza e per averci dato la possibilità di approfondire questo importante provvedimento prima che la stessa Conferenza Stato-Regioni esprima il proprio parere.
Mi limiterò a fare solo due brevi domande, rinviando per le altre questioni ai quesiti già posti nella precedente seduta dai colleghi De Luca, Roilo e Donaggio.
Ieri vi è stato un incontro informale tra Governo e Conferenza Stato- Regioni in merito al citato schema di decreto legislativo in esame. Secondo alcune indiscrezioni, di cui le chiedo eventualmente conferma, lei avrebbe dichiarato che non ci sono margini per modificare gli articoli 2-bis e 15-bis, che il suddetto schema prevede di inserire nel decreto legislativo n. 81 del 2008.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Se è possibile, vorrei subito precisare che la mia dichiarazione dinanzi alla Conferenza Stato-Regioni si riferiva esclusivamente all’articolo 15-bis. Al riguardo, ho voluto segnalare che, essendo tale articolo volto a definire i casi nei quali può essere configurata la responsabilità penale del datore di lavoro, la materia di cui esso tratta rientra nella competenza legislativa esclusiva delle Stato e non può quindi essere oggetto di trattativa con le Regioni. È stata confermata inoltre l’intenzione da parte del Governo di procedere ad una nuova formulazione della norma.

NEROZZI (PD)
Ringrazio il Ministro per la sua precisazione sull’articolo 15-bis; tra l’altro, ho molto apprezzato il fatto che, dopo le polemiche che ci sono state, lei, Ministro, abbia precisato che la norma non è applicabile al procedimento relativo al caso Thyssen, e abbia altresì ribadito la disponibilità del Governo a modificare quella disposizione.
Da parte nostra, abbiamo fatto una serie di osservazioni al riguardo, sottolineando che la norma andava bene nella sua formulazione originaria, e che non andrebbe modificata, né per quanto attiene all’aspetto procedimentale, né sul piano dell’indebolimento delle sanzioni. Pertanto, apprezzo la risposta del ministro Sacconi.
Un altro profilo molto delicato riguarda l’articolo 2-bis, che prevede la possibilità per gli enti bilaterali e le università di rilasciare certificazioni sui modelli organizzativi e gestionali adottati dalle imprese, certificazioni che costituirebbero presunzione di conformità alle prescrizioni in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Non intendo parlare qui in generale del ruolo degli enti bilaterali, di cui condivido anche, in parte, la filosofia. Vorrei invece soffermarmi sullo specifico compito che verrebbe ad essi assegnato con l’articolo 2-bis. Non bisogna dimenticare che, oltre alla dialettica tra le parti sociali, che hanno una indubbia responsabilità, vi sono i diritti individuali delle persone.
Anche dalle due missioni che la Commissione ha svolto a Bologna e Trieste (alla prima ho partecipato, della seconda ho letto il resoconto) ci siamo resi conto che, purtroppo, una forte dialettica tra le parti sociali spesso incide sullo stesso funzionamento degli enti bilaterali, per motivi anche legittimi, quali la difesa dell’occupazione o dei salari. Ciò rischia però di andare a scapito della tutela della salute.
Come hanno già detto i senatori Roilo, De Luca e Donaggio, questo per noi è un punto importante da modificare. Per maggiore chiarezza: pur essendo assolutamente convinti che gli enti bilaterali possano assumere un ruolo importante nella formazione, diversa è invece la nostra posizione per quanto riguarda il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro.
In una logica di buonsenso, e anche dopo le polemiche che ci sono state, suggerirei quindi di non modificare quanto già previsto dalle attuali norme del Testo Unico.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Signor Presidente, ringrazio sinceramente lei e tutti i colleghi intervenuti, le senatrici Donaggio e Bugnano e i senatori De Luca, Roilo, De Angelis e Nerozzi, per le osservazioni svolte.
Mi ha fatto piacere, Presidente, poter avere questi due incontri con la Commissione, prima del confronto con le Regioni, che ci sarà domani, e prima che le stesse Commissioni parlamentari di merito esprimano il relativo parere sullo schema di decreto correttivo. Infatti, sia nel corso della precedente seduta sia in quella odierna, ho avuto modo di recepire una serie di rilievi, rispetto ai quali vorrei quanto meno cercare di spiegare gli obiettivi che il Governo si prefigge. Talora, infatti, i testi normativi predisposti possono non essere perfettamente aderenti all’obiettivo dichiarato, ed in tal caso il Governo è immediatamente interessato a riformularli; talaltra, si sono evidenziate differenti impostazioni, nell’ambito però della necessaria coerenza (ed è proprio questo l’aspetto che intendo trattare) con i principi e i criteri di delega, di cui alla legge n. 123 del 2007. Consegnerò poi alla Commissione un testo scritto, anche per offrire a quanti vorranno leggere i resoconti dei nostri lavori di poter avere una posizione quanto più meditata e puntuale sui testi.
Lo schema di decreto legislativo approvato si muove nel solco della delega concessa dal Parlamento al Governo. Va rimarcato infatti che lo stesso legislatore del 2007 – evidentemente nella piena consapevolezza che il tempo limitato di attuazione di una delega così ampia e complessa avrebbe fatalmente condotto alla predisposizione di un decreto legislativo delegato non privo di criticità – ha previsto la possibilità di intervenire sul Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, alla duplice condizione di rispettare i criteri di delega, di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 123 del 2007, e di garantire i livelli di tutela esistenti per i lavoratori e le loro rappresentanze (articolo 1, comma 3, della stessa legge).
Vorrei ricordare che il Testo Unico è stato varato a Camere sciolte, in un contesto che certo non ha consentito un approfondito lavoro parlamentare, e la sua redazione con la fine della legislatura può essere stata il risultato di una comprensibile accelerazione dei tempi ipotizzati.
Pertanto, l’intervento proposto si muove nell’ambito dei criteri di delega e senza prevedere alcun arretramento di tutele per lavoratori e rappresentanze dei medesimi per la sicurezza tendendo, innanzitutto, a risolvere le criticità emerse in sede di prima applicazione del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008; criticità talmente numerose da indurre il Governo a prevedere un numero elevato di emendamenti, la maggior parte dei quali – si ripete – trae la propria ratio nella necessità di eliminare errori sovente pericolosi per la stessa salute dei lavoratori (si consideri la confusione operata tra la valutazione del piombo nel sangue in milligrammi anziché, come si prevede nel correttivo, in nanogrammi), senza che il numero delle proposte di modifica implichi una volontà di mutare la finalità della riforma della salute e sicurezza sul lavoro iniziata nel 2007, che rimane la creazione di un corpo normativo unico, maggiormente idoneo a permettere un efficace contrasto del fenomeno infortunistico. In altre parole, lo schema in discussione tende unicamente a realizzare il perfezionamento del quadro normativo, evitando sovrapposizioni e incertezze rilevate dagli interpreti nei primi mesi di vita del Testo Unico.
Tale operazione – si ribadisce – non solo è del tutto legittima in considerazione dell’ampiezza dei criteri di delega di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 123, ma è soprattutto opportuna ove si consideri la necessità di predisporre, una volta per tutte, un corpo normativo destinato, in quanto esaustivo, comprensibile ed efficace, ad essere sicuro riferimento per ogni operatore negli anni a venire.
In relazione poi alle affermazioni del senatore Roilo e della senatrice Donaggio, per i quali il correttivo conterrebbe al suo interno diminuzioni di tutele, si ribadisce che il provvedimento non ha eliminato o attenuato alcun obbligo a carico dei soggetti obbligati, ed in particolare a carico dei datori di lavoro, che continuano ad essere i principali responsabili della tutela della salute e sicurezza nei confronti dei lavoratori pubblici e privati. Quindi, la redazione del testo delle disposizioni integrative e correttive è avvenuta nel più rigoroso rispetto dell’obbligo imposto dall’articolo 1, comma 3, della legge n. 123 del 2007.
Pertanto, trova integrale conferma la logica, peraltro imposta dalle direttive comunitarie di riferimento, per la quale la tutela dei lavoratori trae le sue mosse dalla valutazione, a carico del solo datore di lavoro, di tutti i rischi da lavoro, cui consegue la necessità di organizzare l’impresa tenendo conto delle esigenze di tutela di chi vi lavora. Tra l’altro, ricordo che abbiamo voluto segnalare particolarmente le esigenze di specifica tutela di coloro che vi lavorano in modo non continuativo (lavoratori intermittenti, tirocinanti o contrattisti a termine), apportando una innovazione in tal senso al Testo Unico.
Al riguardo, non corrisponde al vero quanto esposto dalla senatrice Donaggio in ordine alla presunta riduzione della cogenza degli obblighi a carico del datore di lavoro relativamente alla valutazione del rischio, atteso che il correttivo prevede unicamente la individuazione da parte della Commissione consultiva delle modalità in base alle quali i datori di lavoro debbono procedere alla valutazione dello stress lavoro-correlato, al fine di fornire agli imprenditori criteri per la corretta applicazione dell’obbligo di legge, al momento suscettibile delle più eterogenee interpretazioni.
Ancora, con riguardo alla valutazione del rischio, nello schema in commento si è reputato opportuno prevedere una semplificazione delle modalità tramite le quali dare prova della data del documento, in ragione della eccessiva complessità delle procedure per conferire al documento stesso il requisito della certezza della data (firma del documento innanzi al notaio, firma digitale e così via). In entrambi i casi da ultimo riportati, si fa riferimento a due proposte condivise dalle parti sociali nell’ambito dei lavori finalizzati alla predisposizione dell’avviso comune in materia di salute e sicurezza sul lavoro, mentre va, in ogni caso, rimarcato che rimane del tutto intatto il principio per il quale la valutazione deve essere completa di tutti i rischi, ivi compresi quelli cosiddetti emergenti (come, appunto, lo stress lavoro-correlato), presenti nell’ambiente di lavoro. Questo avviso comune è stato un minimo comun denominatore che comunque si è prodotto tra le parti e del quale abbiamo tenuto conto.
Relativamente alla presunta eliminazione di obblighi e sanzioni in materia di orario di lavoro, delle quali ha parlato la senatrice Donaggio, va rimarcato come il correttivo non abbia affatto inciso sulla normativa in materia, che rimane contenuta nel decreto legislativo n. 66 del 2003, e successive modifiche ed integrazioni, e che comprende l’apparato sanzionatorio correlato alla violazione delle disposizioni di legge. Al riguardo, l’unica scelta che è stata operata – non certo dalle nostre disposizioni integrative e correttive, ma dall’articolo 41 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito nella legge n. 133 del 2008 – è stata quella, ferma restando la applicazione della disciplina e delle sanzioni citate, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2003, di non applicare la sanzione aggiuntiva della chiusura dell’impresa in caso di violazione di disposizioni in materia di orario di lavoro, e ciò per le difficoltà operative della norma ed in ragione della circostanza che, in questa ipotesi, più che la chiusura dell’azienda (misura che, va ricordato, ha una ricaduta rilevante sugli stessi lavoratori incolpevoli) appare utile imporre al soggetto contravventore l’adozione di misure organizzative che tutelino i lavoratori come, ad esempio, la pianificazione di riposi compensativi.
Con riferimento al tema delle sanzioni, si ritiene opportuno richiamare quanto già esposto nella relazione relativa all’audizione resa in data 21 aprile, e va detto che non appare chiaro come sia stato effettuato il calcolo delle sanzioni legate alle violazioni per le lavorazioni in cisterna, delle quali ha parlato la senatrice Donaggio. Ciò premesso, ricordo che il relativo precetto non è stato modificato dal correttivo rispetto al decreto legislativo n. 81 del 2008, e che la sanzione dell’arresto non è stata, in tali statuizioni, eliminata, quindi, ancora, come la parte economica di ogni sanzione sia stata parametrata a quella del 1994, aumentandola in misura superiore all’aumento del costo della vita.
A questo proposito, la senatrice Bugnano ha fatto riferimento ad un caso, che però non ha descritto in modo da consentire una verifica rispetto alla sua ipotesi. La senatrice ha detto che nel caso di un certo cumulo di infortuni si sarebbe prodotta una riduzione della parte economica della sanzione pecuniaria, ma dovremmo confrontare le fattispecie per poter verificare questo. Come ho detto, noi abbiamo seguito l’incremento del 50 per cento rispetto a tutte le sanzioni del 1994.
Infine, va ricordato come nei drammatici casi citati sia del tutto pacifico che si applichino le sanzioni per omicidio colposo (talora anche doloso, come recentemente abbiamo visto) previste dal codice penale, sulla cui portata nessuna modifica è stata ovviamente ipotizzata nel correttivo.
Ancora relativamente a quanto esposto dalla senatrice Donaggio sulla ripartizione delle risorse di cui all’articolo 52, in maniera che esse vengano assegnate in misura pari almeno al 50 per cento al finanziamento degli organismi paritetici, va detto che la norma è coerente con una delle più importanti finalità del correttivo, ossia rafforzare il ruolo e le attività della bilateralità, in quanto espressione di un modello sindacale moderno e non antagonista. Tale modello produce i suoi migliori frutti, in termini di assistenza alle imprese, nella individuazione di soluzioni corrette per la gestione della sicurezza, nel settore della salute e sicurezza sul lavoro, come è emerso inequivocabilmente in alcuni settori in cui più forte è la bilateralità (si pensi, per tutti, ai cantieri e all’artigianato), attraverso la documentata riduzione degli eventi infortunistici.
Nella stessa logica di favore per l’assistenza sociale alle imprese, specie piccole e medie, da parte degli organismi paritetici, si muove l’articolo 2-bis, il quale riserva alle Commissioni di certificazione costituite presso gli organismi paritetici e presso le università (la cui competenza in termini di conoscenza non può essere messa in discussione) la possibilità di certificare il rispetto della completezza e della conformità all’articolo 30 dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza, strumenti di particolare efficacia in materia antinfortunistica che, in tal modo, vengono fortemente incentivati.
Al riguardo, sempre relativamente alle critiche mosse dalla senatrice Donaggio rispetto alla certificazione in parola, va rimarcato come le regole alle quali la senatrice si riferisce non siano applicabili al caso di specie, che costituisce una novità assoluta che il legislatore ha introdotto nella sua più totale discrezionalità, quanto al differente caso della verifica della qualità delle imprese (ad esempio, i cosiddetti standard OSHAS), che è cosa ben diversa.
In proposito, insisto nel dire che l’ipotesi è quella della certificazione riferita ai modelli organizzativi, alle buone pratiche in termini di buona organizzazione, tale, ragionevolmente, da rendere effettive le disposizioni. Penso di avere con ciò risposto anche al senatore Nerozzi, che poco fa mi è sembrato preoccupato per l’attribuzione di questa funzione di certificazione agli organismi bilaterali e alle università. In questo caso parliamo di una funzione di certificazione – insisto su questo – che non è sovrapponibile a nessun’altra attività di certificazione oggi prevista e che non costituisce, inoltre, alcuna forma di presunzione. Quindi – lo ripeto – non solo tale certificazione non è sostitutiva di nessuna di quelle oggi previste, ma costituisce un quid novi rivolto ai modelli organizzativi, e non ha alcuna funzione di deterrenza formale né rispetto alle attività ispettive, né tanto meno all’eventuale attività del magistrato. Si tratta infatti di una certificazione che è volta più a diffondere buone pratiche e a stimolare comportamenti positivi che non ad assolvere ad una funzione formale o formalisticamente definita. Tale certificazione, quindi, non è alternativa né si sovrappone a nessun altra attività, anche se certamente si iscrive nella logica di favore verso la bilateralità o la pariteticità, con riferimento a tutte quelle forme di collaborazione tra parti ritenute di per sé tendenzialmente virtuose.
Vorrei anche ricordare che la parte relativa alla bilateralità è anche quella maggiormente apprezzata da alcune organizzazioni sindacali come CISL, UIL e UGL, nonché da alcune organizzazioni rappresentative del lavoro autonomo (soprattutto quelle dell’artigianato, del commercio e dell’agricoltura) che il Governo difende, non solo per convinzione propria, ma anche attraverso il recepimento, che qui si è realizzato, di proposte provenienti da questi attori sociali, quali partner non secondari di un tavolo di confronto più ampio.
Quanto alle perplessità manifestate dalla senatrice Donaggio rispetto all’incentivazione delle norme tecniche e delle buone prassi, tramite la presunzione di conformità alle norme in materia, nel ricordare come sia proprio la legge n. 123 del 2007 a riservare uno specifico criterio di delega alla valorizzazione di tali strumenti dinamici di gestione della sicurezza in azienda, va ricordato che si tratta di una presunzione cosiddetta semplice, certamente non vincolante per il giudice, che consegue ad una scelta volontaria delle aziende di non utilizzare parametri di legge spesso obsoleti (si pensi, ad esempio, a molte delle previsioni contenute negli Allegati al decreto legislativo n. 81, tratte dai decreti del Presidente della Repubblica degli anni Cinquanta), quanto standard moderni di riferimento, con la caratteristica di essere costantemente rivisti, tenendo conto delle più avanzate regole e procedure di sicurezza.
Ancora, le modifiche relative alla sorveglianza sanitaria – lungi dall’essere tali da incidere sulla sostanza della disciplina – sono state limitate a profili operativi per i quali si sono riscontrate criticità in sede di prima applicazione: si pensi, per tutte, alla necessità per l’organo di vigilanza di visionare, in sede di accesso in azienda, le cartelle sanitarie. Ciò ha spinto a prevedere che, a differenza di quanto disposto dal Testo Unico, il luogo di custodia sia la sede di lavoro e, per altro verso, ad eliminare il divieto di visita medica preassuntiva, che corrisponde alla necessità di consentire all’azienda di valutare lo stato di salute del lavoratore, prima che allo stesso sia richiesto lo svolgimento di un’attività che, come sovente accade, richiede una specifica idoneità, risolvendosi dunque in una misura di maggior tutela per il soggetto da assumere.
Quanto alle modifiche delle norme in materia di appalti, ritenute poco chiare dalla senatrice Donaggio, si sottolinea, anche in questo caso, che la necessità di rivedere i meccanismi attraverso i quali operino gli importanti strumenti del documento di valutazione dei rischi da interferenza delle lavorazioni e l’indicazione degli stessi costi della sicurezza – misure disciplinate entrambe dall’articolo 26 del Testo Unico – è stata avanzata dalle parti sociali nell’ambito dei lavori, di cui si è detto, per «l’avviso comune». Si è dunque unicamente proceduto a chiarire le condizioni per la corretta applicazione di tali disposizioni.
Ancora, con riferimento agli appalti, si condividono le osservazioni del senatore De Luca in ordine alla necessità di contrastare il fenomeno infortunistico nell’ambito degli appalti, segnalando al riguardo come, nelle disposizioni integrative e correttive, sia stato introdotto – nella logica del contrasto agli ingiustificati risparmi sui costi della sicurezza – il principio per il quale i costi della sicurezza non sono soggetti ad alcun ribasso. Il Ministero del lavoro, peraltro, è direttamente impegnato, tramite i propri organi di vigilanza, a controllare il rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza nei cantieri, come evidenziato nella relazione già resa nella precedente seduta.
Per quanto attiene alle osservazioni del senatore De Angelis in ordine alle scuole, anch’esse condivisibili, si rimarca unicamente come il Testo Unico in materia di salute e sicurezza e le disposizioni correttive considerino a tutti gli effetti le scuole di ogni ordine e grado come luoghi di lavoro, ai quali si applica tutta la normativa sulla salute e sicurezza, per quanto tenendosi conto delle particolari esigenze connaturate alle attività di istruzione.
In ordine poi alle affermazioni delle senatrici Donaggio e Bugnano e del senatore Roilo relative al presunto indebolimento dell’apparato sanzionatorio in materia di salute e sicurezza, si rinvia a quanto già esposto sul punto nella relazione del 21 aprile scorso, ribadendo come la rivisitazione della sola parte economica delle sanzioni sia operazione necessaria per garantire la proporzionalità della sanzione rispetto all’infrazione, nel rispetto di un criterio univoco e certo, applicabile a tutte le sanzioni ed inesistente nel decreto legislativo n. 81. In tal modo si garantisce la piena attuazione del criterio di delega, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera f), della legge 3 agosto 2007, n. 123, il quale richiede, tra l’altro, «la modulazione delle sanzioni in funzione del rischio».
Sempre per completare l’attuazione di tale criterio di delega, si giustifica quindi l’estensione del meccanismo di «ravvedimento operoso», di cui al decreto legislativo n. 758 del 1994 – che il criterio di delega chiede esplicitamente di valorizzare – all’ammenda, la quale non costituisce certo, come prospettato dal senatore Roilo, una modalità di estinzione agevolata della violazione, quanto una soluzione diretta a consentire innanzitutto la regolarizzazione delle condizioni di legalità negli ambienti di lavoro.
Come ho potuto constatare anche nell’ambito dei vari incontri e convegni ai quali ho avuto l’occasione di partecipare in questi giorni, vorrei ricordare in proposito – e non necessariamente per chiamata a corresponsabilità – che le posizioni qui espresse corrispondono a quelle di un vasto arco di forze sociali.

ROILO (PD)
Prevalentemente padronali, verrebbe da aggiungere!

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Se lei considera CISL, UIL e UGL padronali, non lo so; io certamente no!

ROILO (PD)
Sull’UGL non posso dire, ma quanto a CISL e UIL non mi risulta che abbiano espresso la posizione da lei indicata.
Lei ha fatto riferimento all’esistenza di un «avviso comune», che nella relazione di accompagnamento è ripetutamente citato, e che invece in realtà non c’è.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Preciso che, pur non potendosi parlare di un «avviso comune» formalizzato tra le parti sociali, c’è stato tuttavia un minimo comun denominatore tra le varie posizioni, del quale si è tenuto conto nella redazione del testo del decreto correttivo, un avviso non formalizzato, ripeto, ma condiviso ed esplicitato dagli attori.
Forse, quando ho parlato di «avviso comune», ho utilizzato un’espressione impropria, ma il riferimento voleva essere proprio all’esistenza di un’opinione comune di tutti gli attori sui punti che abbiamo citato (inclusa la CGIL, come potrà confermare anche l’avvocato Fantini, che ha partecipato agli incontri), che non si è registrata invece su altri temi, sui quali invece le posizioni sono rimaste distanti. Sottolineo che su molti di questi temi, in particolare proprio su quelli che sono stati oggetto di maggior contestazione, c’è stato un consenso verificato con tutti gli attori, tranne che con la CGIL.
Vorrei inoltre ricordare qui che, anche per quanto riguarda i datori di lavoro, in occasione dell’assemblea della Lega delle Cooperative alla quale qualche giorno fa ho partecipato – e nella quale ho avuto la possibilità, a margine, di parlare di alcuni di questi temi – mi sono state ribadite le convinzioni espresse dalla stessa Lega delle Cooperative, così come da Confcooperative e, più in generale, da tutte le organizzazioni del lavoro autonomo, quindi dal complesso delle organizzazioni dei datori di lavoro, spesso costituite anche da lavoratori indipendenti.
Concludo con alcune riflessioni sull’articolo 10-bis dello schema. In relazione alle varie argomentazioni addotte al riguardo, vorrei fornire alcune brevi indicazioni relativamente alla ratio del correttivo introdotto, con il quale si propone di inserire nel Testo Unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro un nuovo articolo 15-bis, intitolato «obbligo di impedimento», il cui scopo è unicamente di esplicare i principi di imputazione della colpa dei soggetti obbligati in caso di violazione di norme relative alla salute e sicurezza sul lavoro.
Come noto, i precetti in materia antinfortunistica sono, nella quasi totalità dei casi, assistiti da sanzione penale (generalmente nella forma della alternativa tra arresto ed ammenda), la quale si applica, secondo i principi generali vigenti, in presenza dell’accertamento della colpa del soggetto obbligato (datore di lavoro, dirigente, preposto, lavoratore, medico competente e così via). In altre parole, per configurare una responsabilità per violazione di una norma in materia di salute e sicurezza sul lavoro è necessario verificare un profilo di colpa del soggetto obbligato, colpa che si esprime in termini di condotta attiva, ove il soggetto obbligato abbia fatto qualcosa di vietato dalla norma, o anche di condotta omissiva, ove il soggetto obbligato abbia omesso di fare qualcosa che avrebbe dovuto fare per tutelare il bene giuridico protetto.
Al riguardo, il decreto legislativo n. 81 del 2008 identifica con molta chiarezza gli obblighi degli attori della sicurezza, a partire da quelli del datore di lavoro, individuati negli articoli 17 (per quanto concerne gli obblighi che il datore di lavoro non può delegare ad altri, che sono la valutazione del rischio e la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione) e 18, con riferimento agli obblighi delegabili ad altri soggetti. In particolare, nel Testo Unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, da un lato, viene evidenziato che la delega di funzioni ad altro soggetto non libera il soggetto delegante dall’obbligo di vigilare sulla condotta (come detto, anche solo omissiva) del soggetto delegato (articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del 2008) e, dall’altro, esprime il principio, sinora solo giurisprudenziale, per il quale le responsabilità vengono rispettivamente attribuite ai soggetti obbligati sulla base dei poteri concretamente riferibili ai medesimi e non certo con riferimento al dato formale del conferimento di una delega o di un incarico (articolo 299, cosiddetto esercizio di fatto di poteri direttivi).
In sede di predisposizione del correttivo al decreto legislativo n. 81 del 2008, si è ritenuto opportuno ipotizzare il completamento del quadro giuridico definitorio delle responsabilità dei soggetti obbligati identificando, innanzitutto per ragioni di chiarezza del dato normativo, le condizioni in presenza delle quali i principi sin qui ricordati debbano operare.
Di fatto, quindi, l’articolo 15-bis ha natura ricognitiva di principi già formalizzati nell’ambito dello stesso Testo Unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Tale ricognizione, tuttavia, si è ritenuta opportuna per limitare la tendenza di una parte della giurisprudenza penalistica a ritenere responsabile il datore di lavoro indipendentemente dall’accertamento dei profili di colpa sopra indicati, relativi alla violazione di disposizioni antinfortunistiche, per il solo fatto che vi sia stata una violazione di disposizioni in materia di salute e sicurezza nell’ambito dell’azienda, anche quando tale violazione non sia riferibile, appunto a titolo di colpa, al datore di lavoro. In tal modo, questo orientamento pone a carico del datore di lavoro anche la condotta di altri, che sono obbligati ex lege (come, ad esempio, i dirigenti), condotta che il datore di lavoro non conosce, né potrebbe conoscere, imponendo al medesimo una sorta di responsabilità oggettiva per una non meglio precisata colpa d’impresa, contraria ai principi generali della tassatività della norma penale e della sua imputabilità al soggetto specificamente obbligato.
Dunque, l’articolo 15-bis vuole delineare unicamente le condizioni in presenza delle quali il datore di lavoro – che rimane, come previsto espressamente dallo stesso articolo 15-bis, qui oggetto di rilievo, obbligato a vigilare sui componenti della compagine aziendale ai fini della sicurezza (innanzitutto dirigenti e preposti) e risponde dell’affidamento di compiti nell’azienda (ex articolo 299 del decreto legislativo n. 81) – sia ritenuto esente da colpa quando altro soggetto obbligato ai fini della sicurezza abbia realizzato in concreto una condotta idonea da sola, senza il concorso della colpa del datore di lavoro, a violare la norma prevenzionistica. In tal modo, quindi, non si vuole limitare l’operatività del principio penalistico del concorso di colpa tra diversi soggetti a vario titolo obbligati, quanto impedire possibili interpretazioni giudiziali che addossino al datore di lavoro, senza procedere alla previa verifica dell’esistenza di una colpa (anche solo in termini di omesso controllo o vigilanza sull’operato di altri soggetti che operano in azienda) del medesimo, una responsabilità sostanzialmente oggettiva per la violazione del precetto.
Tutto ciò premesso, ribadisco quel che il Governo ha sin dall’inizio dichiarato: dato il fine ricognitivo di quanto già disposto nell’ambito del Testo Unico, riformuleremo questo testo, perché non vogliamo in alcun modo che esso possa essere male interpretato, innanzitutto politicamente, e poi da coloro che sono preposti ad applicare la legge nel caso di violazioni.
Mi auguro che l’esigenza e l’obiettivo di definire con certezza l’ambito del concorso di colpa sia condivisa da tutti, a meno che qualcuno non dica di volere l’affermazione di una responsabilità penale oggettiva, che sarebbe una notevole innovazione nel nostro ordinamento, anche costituzionale.
Se così non è, se la responsabilità non è mai oggettiva, per quanto estesa sia quella del datore di lavoro, il tema dei termini certi in cui si definisce il concorso di colpa nel caso di violazioni prevalentemente, ma non esclusivamente, imputabili ad uno della filiera dei sottoposti, credo debba essere declinato, e mi auguro con il concorso di tutti ed il più ampio consenso.
Ribadisco che questo tema, in base a quanto conosciamo e agli atti che abbiamo verificato, non ha a che fare con la vicenda ThyssenKrupp, perché in quel caso non saremmo in presenza di una fattispecie borderline come quella che qui si vuole disciplinare in modo certo.

ROILO (PD)
Perché lo sappiamo? No.

SPADONI URBANI (PdL)
Può deciderlo lei, senatore Roilo? Lo stabiliranno i giudici.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Se nel caso ThyssenKrupp si arriva addirittura all’ipotesi dell’omicidio doloso è perché il quadro accusatorio sembra robusto. Il magistrato ha operato con molto rigore e arriva all’ipotesi dell’omicidio doloso proprio perché la responsabilità diretta del datore di lavoro sarebbe talmente evidente da condurre ad una imputazione di questo tipo, fondata, presumo, sul dolo eventuale.
Ben altro caso, quindi, da questa ipotesi, nella quale è prevalente invece la responsabilità dei sottoposti e si vuole con certezza definire il concorso di colpa.
Abbiamo comunicato alle Regioni che siamo intenzionati a questa riformulazione e che ci avvarremo delle indicazioni parlamentari. Abbiamo solo evidenziato – e rispondo così al senatore Nerozzi – che una formulazione puntuale in sede di Conferenza Stato-Regioni non è congrua, sia perché vogliamo esercitarci soprattutto nel confronto parlamentare, sia perché, come ho già detto, la materia penale non è competenza delle Regioni, anche se recepiamo il loro invito a riformulare la norma.

NEROZZI (PD)
Ribadisco che sarebbe preferibile che il Governo ritornasse alla formulazione originaria della norma. Tuttavia, ove si decida di cambiarla, sarebbe utile che la norma fosse riformulata prima della trasmissione alle Commissioni parlamentari competenti.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Non lo escludo, ma sicuramente non accadrà domani, cioè in occasione dell’incontro con le Regioni.

PRESIDENTE
Credo che la Commissione possa ritenersi abbastanza soddisfatta per il lavoro svolto, fermo restando che ciò non comporta necessariamente una coincidenza di posizioni fra i colleghi. La soddisfazione che esprimo riguarda il ruolo svolto dalla nostra Commissione, cioè l’aver creato un’occasione per riflettere, nel corso dei due incontri che abbiamo avuto con il Ministro, su un tema molto delicato come quello della sicurezza sul lavoro.
Certamente rimarranno da parte di alcuni delle riserve su quanto detto dal Ministro, e chi lo ritiene opportuno potrà fare le proprie valutazioni politiche al riguardo. Resta però il fatto che la nostra Commissione ha avuto la possibilità – di qui la mia soddisfazione – di approfondire alcune tematiche importanti e di avere risposte dal Governo, in una situazione che definirei istituzionalmente privilegiata. In particolare, rispetto ad alcuni temi, c’è una specifica attenzione – come lo stesso Ministro ha detto – alla necessità di definire meglio nel decreto correttivo e integrativo taluni aspetti sui quali si potrebbero ingenerare equivoci interpretativi e che, soprattutto, potrebbero non essere ben chiari per gli organi istituzionalmente preposti ad applicare e a far rispettare le leggi.
Non conosciamo ancora, com’è ovvio, l’esatta riformulazione del testo, quindi è difficile immaginare di poter fare qui un processo alle intenzioni: dobbiamo limitarci a prendere atto che c’è una volontà di modificare la normativa nel modo esplicitato chiaramente dal Ministro.
Ringrazio nuovamente il Ministro per l’opportunità che ha voluto darci e nello stesso tempo mi auguro che, ove dovessero esservi elementi di contrapposizione, essi vengano il più possibile decantati. In particolare, auspico che, nel caso in cui sia necessario un ulteriore sforzo perché si arrivi alla massima o alla totale condivisione – e questo penso di poterlo dire a nome dell’intera Commissione – il Governo, e il Ministro soprattutto, come titolare di quest’importante delega, possano dare una risposta.
Mi sembra comunque che emerga chiaramente la mancanza di elementi di contrasto; anzi, mi pare piuttosto che, nell’esercizio della delega, si sia tentato di chiarire alcuni punti che era necessario precisare, su taluni dei quali il Ministro ha riferito in modo specifico.

DE LUCA (PD)
Ritengo che sia stato assolutamente utile il confronto sul nuovo schema di decreto. In particolare, poiché vi sarà una nuova stesura del testo dell’articolo 15-bis, vorrei chiedere al Ministro se ci sarà la possibilità di un ulteriore confronto in questa Commissione, prima dell’esame nelle Commissioni parlamentari di merito, visto lo spirito positivo del dibattito tra maggioranza e opposizione.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Non ho problemi in questo senso, anche se è mia intenzione, per la riformulazione definitiva della norma, attendere il parere che sarà espresso dalle Commissioni parlamentari di merito, perché altrimenti si rischia di avviare un percorso di continua modificazione.
Ho sicuramente recepito alcune indicazioni, e soprattutto, vorrei dire, le preoccupazioni che qui sono emerse, e non ho sentito nessuno contestare in questa sede l’esigenza di dare certezza al concorso di colpa del datore di lavoro; non so poi se c’è qualcuno che la pensa diversamente.

ROILO (PD)
Signor Ministro, mi scusi, ma vorrei far osservare che il datore non è considerato colpevole «a prescindere» per qualsiasi incidente sul lavoro: infatti – e lei lo sa meglio di me – quando l’incidente è imputabile ad eventi non prevedibili, il datore di lavoro non è considerato colpevole, per cui non esiste quella responsabilità oggettiva che lei dice invece esserci.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Ho detto che il problema non nasce dalle norme, ma dalla giurisprudenza.

ROILO (PD)
Allora parli con i giudici!

NEROZZI (PD)
Signor Ministro, vorrei precisare che la mia richiesta di conoscere in anticipo la nuova formulazione dell’articolo 15-bis, prima cioè dell’esame da parte delle Commissioni di merito, non vuol essere in alcun modo una mancanza di rispetto per il ruolo delle stesse, né un tentativo di interferire rispetto all’iter ordinario.
La mia richiesta nasce da una considerazione legata non già al metodo, che considero di norma corretto, ma alla delicatezza dell’argomento e dell’interpretazione di un processo in corso e allo stesso intervento del Presidente della Repubblica. Suggerirei quindi, a fin di bene, un’asseverazione sul punto in questione. Fin quando non ci sarà una formulazione adeguata, la polemica sul punto sarà destinata a rimanere alta (e, sia ben chiaro, l’opposizione non ha alcun problema a portarla avanti). La mia richiesta – lo ripeto – mirava solo a sottolineare questa esigenza.

ROILO (PD)
Signor Ministro, prima mi sono permesso di interromperla perché, dopo che ciascuno di noi ha espresso in questa sede le proprie valutazioni rispetto al decreto correttivo, ciò che non dovrebbe farsi – parlo per me, prima ancora che per gli altri – è attribuire a tutta la Commissione un certo giudizio, una certa valutazione, magari su argomenti importanti come quelli oggi affrontati.

PRESIDENTE
Colleghi, come ho già sottolineato all’inizio della seduta, la nostra Commissione ha avuto, nel caso in esame, un ruolo per certi versi atipico, collocandosi a latere del procedimento legislativo previsto per lo schema di decreto, il cui esame in Parlamento è di competenza esclusiva delle Commissioni di merito, le quali esprimono un parere che peraltro non ha carattere vincolante per il Governo.
La nostra Commissione – ripeto – ha svolto un importante lavoro, di cui credo il Ministro ci abbia dato atto. Si chiede ora un ulteriore passaggio (mi riferisco in particolare alla richiesta avanzata dal senatore De Luca), cioè che prima di trasmettere il testo definitivo alle Commissioni per i pareri, si possa avere un incontro con il Ministro.

SACCONI, ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Non mi sottraggo mai ad un confronto con la Commissioni.

PRESIDENTE
Il Ministro ha riconfermato la sua disponibilità a tornare in Commissione per fornire informazioni sulla riformulazione delle disposizioni in esame. Ovviamente, ove il testo non fosse ancora pronto, non avrebbe senso richiedere una nuova audizione.
La nostra Commissione potrà, nell’ambito del proprio mandato, esprimere valutazioni sulle novità apportate dallo schema e presentare eventualmente una relazione al Parlamento. In nessun caso, però, questo potrà tradursi in un’interferenza con le attribuzioni delle Commissioni competenti per materia.
Ritengo che a questo punto possiamo congedare, ringraziandolo ancora per la sua disponibilità, il ministro Sacconi.
L’audizione odierna è così conclusa.


SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE

NEROZZI (PD)
Signor Presidente, credo sia utile che questa Commissione discuta lo schema di decreto correttivo del decreto legislativo n. 81 del 2008.

PRESIDENTE
Senatore Nerozzi, ho già sottolineato più volte che la procedura prevista non è questa.

NEROZZI (PD)
Non sto affermando che dobbiamo parlarne con il Ministro, ma al nostro interno.

PRESIDENTE
Ne discuteremo certamente, però una volta che la norma sia stata definita. La procedura – mi sembra utile ripeterlo – è la seguente: alle Commissioni parlamentari viene sottoposto lo schema di decreto sul quale esse esprimono un parere, tra l’altro non vincolante. Non abbiamo altre vie da percorrere: possiamo solo chiedere, qualora il decreto fosse ulteriormente riformulato, di prenderne visione prima che sia sottoposto alle Commissioni di merito.

ROILO (PD)
La nostra Commissione si potrebbe riunire, discutere dello schema di decreto e trasmettere alle Commissioni competenti le proprie osservazioni.

PRESIDENTE
Senatore Roilo, abbiamo chiesto che, in caso di riformulazioni, prima di sottoporre lo schema di decreto alle Commissioni di merito di Camera e Senato, vi sia un incontro con il Ministro in questa sede. Questo è il senso anche della richiesta del senatore De Luca. Tuttavia, potrebbe anche avvenire che non vi siano riformulazioni: una volta ricevuto il parere dalle Commissioni di merito, non vi sarà più margine d’intervento. Del resto, le stesse Commissioni di merito – ripeto – non hanno poteri emendativi, dato che stiamo parlando di una delega: possono solo esprimere un parere in cui avanzare eventuali richieste.

DONAGGIO (PD)
Signor Presidente, abbiamo parlato essenzialmente dell’articolo 15-bis, ma vi sono 14 articoli prima e dopo ve n’è un’altra ottantina. Il Ministro, al quale abbiamo posto una serie di quesiti, ha messo mano all’intero impianto normativo disarticolandolo e cambiandone, a mio avviso, radicalmente l’impostazione.

PRESIDENTE
Senatrice Donaggio, questa – ripeto – non è una sede politica, non siamo la Commissione lavoro, alla quale non possiamo in alcun modo sovrapporci.

DONAGGIO (PD)
Di fronte al profondo rimaneggiamento della norma e all’abbassamento delle soglie di tutela che è stato operato, questa Commissione ha un obbligo istituzionale in termini di vigilanza e di stimolo, perché le morti e il numero degli infortuni sul lavoro si riducano in questo Paese.
Riterrei utile che questa Commissione svolgesse al proprio interno una discussione sui contenuti di questa audizione e sulle preoccupazioni che sono state espresse per fornire al Governo indicazioni che non riguardino solo l’articolo 15-bis, ma la normativa sulla sicurezza del lavoro nel suo complesso.

PRESIDENTE
Senatrice Donaggio, ripeto ancora una volta che la nostra Commissione, forzando anche un po’ le procedure, ha rivestito in questa vicenda un ruolo importante. Deve essere però chiaro che ciò non può in alcun modo tradursi nell’invadere competenze che sono e restano proprie delle Commissioni lavoro dei due rami del Parlamento.
Se riteniamo, possiamo formulare eventuali considerazioni che trovino spazio nelle relazioni che la Commissione è chiamata a trasmettere al Parlamento. Ciò che non possiamo fare è sovrapporci alla Commissione lavoro.
Lo scopo dell’audizione era quello di consentire ai componenti della Commissione di fornire delle indicazioni al Ministro, e credo che questo obiettivo sia stato raggiunto. Ferme restando le diverse convinzioni politiche di ciascuno, questa Commissione non può diventare un’arena di scontro politico su un profilo che, peraltro, non ci compete. I compiti ed i limiti della Commissione in questo ambito sono fissati chiaramente dall’articolo 3, comma 1, lettera g), della delibera istitutiva, secondo il quale la Commissione accerta «quali nuovi strumenti legislativi e amministrativi siano da proporre al fine della prevenzione e della repressione degli infortuni sul lavoro». Non è quindi ipotizzabile alcun percorso o intervento diverso da questo.

DE ANGELIS (PdL)
Sono d’accordo con il Presidente quando dice che questa non è la Commissione lavoro, alla quale è invece specificamente demandato l’esame dello schema di decreto.
Vorrei però ricordare che la nostra Commissione ha svolto fino ad oggi decine e decine di audizioni, ha svolto missioni in Italia e all’estero, per approfondire il tema scottante della sicurezza sul lavoro: di questo va dato atto al presidente Tofani.
Ritengo però che, nel momento in cui il Governo interviene apportando modifiche alla disciplina vigente, la nostra Commissione sia legittimata ad esprimere opinioni ed osservazioni su tali modifiche, eventualmente con una relazione da presentare al Parlamento onde evitare che ciascuno presenti in Aula le proprie proposte emendative in ordine sparso.
A mio avviso, quindi, la nostra Commissione ha il dovere di pronunciarsi sulle modifiche proposte dal Governo al decreto legislativo n. 81, proprio in ragione del lavoro svolto finora.

PRESIDENTE
Ma questo, senatore De Angelis, lo abbiamo fatto.
Abbiamo dedicato due sedute all’argomento, nel corso delle quali abbiamo espresso le nostre valutazioni sullo schema di decreto, per ascoltare oggi le risposte del Governo. La Commissione ha quindi svolto l’attività che le compete.
Ciò che si chiede ora non rientra invece nella nostra competenza, ma – lo ripeto – in quella della Commissione lavoro. Pertanto, fermo restando che chiunque voglia prendere iniziative certamente può farlo, non possiamo istituzionalizzare in questa Commissione d’inchiesta un dibattito che appartiene invece alla sede politica.
Abbiamo sottoposto al Ministro le nostre riflessioni e le nostre proposte migliorative, e ciò rientra sicuramente nella nostra competenza. Al riguardo, ho richiamato già l’articolo 3, comma 1, lettera g) della nostra delibera istitutiva. Di fatto, abbiamo operato una parziale forzatura su questo punto, perché in effetti il nostro lavoro non ha riguardato nuovi strumenti legislativi da noi proposti, sostanziandosi invece in un’analisi approfondita su un provvedimento in itinere, nonostante ciò non sia previsto – lo ripeto – nella nostra delibera istitutiva. Oltre a questo, colleghi, non possiamo andare: non si tratta di volontà, e spero che su questo siamo tutti d’accordo.

NEROZZI (PD)
Signor Presidente, la nostra richiesta non mirava a forzare i regolamenti adottati, quanto piuttosto ad avviare una discussione all’interno di questa Commissione, quando ci sarà il testo definitivo del decreto, anche perché ci potranno essere pareri più o meno convergenti.

PRESIDENTE
Ma questo è un altro discorso, senatore Nerozzi, perché il dibattito potrà svolgersi solo quando si approderà a un testo definitivo.
Al momento non conosciamo le modifiche che saranno apportate.

NEROZZI (PD)
Tuttavia, Presidente, c’è il testo attuale, per cui credo che sarebbe utile avviare quanto prima il dibattito.
Non so poi se, come diceva il senatore De Angelis, possiamo fornire delle indicazioni al Governo, perché questo esorbita dalle nostre competenze.
Ritengo però che un confronto in questa Commissione vada fatto, perché alcune delle correzioni ed integrazioni proposte al testo del decreto legislativo n. 81 mettono in discussione tutta una serie di principi consolidati.
La nostra Commissione non può di fronte a questo restare indifferente: occorrerebbe in tal caso ripensare alla sua stessa ragion d’essere.

PRESIDENTE
Senatore Nerozzi, a questo punto possiamo anche decidere lo scioglimento di questa Commissione. La nostra è una Commissione d’inchiesta: se pensiamo che possa diventare un’arena per scopi politici, ne snaturiamo – in questo caso, sì – le finalità. Di certo, non si può ritenere che l’esistenza stessa della Commissione possa dipendere dal ruolo che essa assumerà in questa vicenda.
Come lei sa bene, senatore Nerozzi, non può certo essere questa la sede per instaurare il dibattito che lei auspicherebbe ma che rientra nella competenza della Commissione lavoro. Sia chiaro: non permetterò che questa Commissione diventi una sede di scontro politico, essendo stata istituita con ben altre finalità.
Se ci sono problemi politici e sindacali – e li conosciamo tutti – ebbene, non possono essere scaricati su questa Commissione, che sta facendo tutto ciò che rientra nelle sue specifiche competenze.

IZZO (PdL)
Condivido le considerazioni espresse dal Presidente. In ogni caso, nel tentativo di rasserenare un po’ gli animi, vorrei sottolineare che, alla luce della nostra delibera istitutiva – così come ci ha ricordato il Presidente –, la Commissione non può certamente assumere iniziative di natura politica e legislativa, perché questo va ben al di là dei suoi compiti.
Diverso è invece il caso che si apra la discussione sul testo definitivo del provvedimento che il Ministro vorrà sottoporci, sempre restando però all’interno della cornice istituzionale delle funzioni che ci competono.
Pertanto, se ci sono state incomprensioni, che ben vengano i chiarimenti, ma credo che abbia ragione il Presidente nel dire che una discussione di tipo politico dovrebbe farsi oggi non già all’interno di questa Commissione d’inchiesta, ma nella competente Commissione lavoro.
Per concludere, credo che, una volta chiarito questo punto, sarebbe comunque ozioso continuare a disquisire sulla questione.

ROILO (PD)
Penso di conoscere bene quali siano i compiti di questa Commissione d’inchiesta, avendone fatto parte anche nella precedente legislatura, e quelli della Commissione lavoro. Per quanto mi riguarda, è evidente che il parere sullo schema di decreto correttivo compete alla Commissione lavoro, parere peraltro, come tutti sappiamo, non vincolante.
L’elemento che volevo sottoporle, Presidente, rimettendomi alle sue decisioni, è il seguente: nella passata legislatura – lo dico senza alcun atteggiamento rivendicativo –, in occasione della definizione della legge n. 123 del 2007, la nostra Commissione aveva fornito alla 11ª Commissione alcuni suggerimenti, anche se non ricordo più in che forma.
Non dobbiamo decidere oggi, ma le chiedo di riflettere se, a parte i testi che redigerà o meno il Ministro, rispetto ad alcuni punti del decreto correttivo – penso in particolare agli articoli 2-bis e 15-bis – la Commissione possa fornire una propria opinione (ripeto: una semplice opinione) alla 11ª Commissione. Questo è quello che le chiedevo di considerare, fermo restando che le prerogative di questa Commissione rispetto alla Commissione lavoro sono chiare a me, e penso a tutti i colleghi.

PRESIDENTE
Senatore Roilo, nella passata legislatura abbiamo dato un contributo alla Commissione lavoro tramite singoli componenti della nostra Commissione, perché la maggior parte di noi faceva parte allo stesso tempo di questa Commissione e della Commissione lavoro.

ROILO (PD)
Avevamo questo vantaggio.

PRESIDENTE
Lo chiarisco ai colleghi che non erano presenti nella scorsa legislatura: in riferimento alla legge n. 123, poiché nella scorsa legislatura eravamo per la maggior parte membri sia della Commissione lavoro sia di questa Commissione, abbiamo potuto in quella sede fornire le nostre valutazioni, come ha ricordato poc’anzi il senatore Roilo.
Ciò nonostante, se dovessimo ritenere opportuno esprimere un nostro parere sugli articoli 2-bis e 15-bis, sono d’accordo. Non concordo invece con la senatrice Donaggio e il senatore De Angelis, che hanno chiesto di elaborare una relazione sull’intero provvedimento, perché (lo ribadisco per l’ennesima volta) non è nostra competenza.
Ognuno di noi potrà eventualmente in Commissione lavoro dare il proprio contributo; non possiamo invece predisporre un documento in riferimento sullo schema di decreto che deve essere assegnato alle Commissioni di merito. Fra l’altro, abbiamo creato un gruppo di lavoro coordinato dalla senatrice Donaggio che può procedere nei limiti testé indicati.
Fatte queste doverose precisazioni, auspico che il dibattito su questa e su altre materie all’interno della Commissione possa farci arrivare all’espressione di una posizione comune, sempre nei limiti delle competenze fissate dalla delibera istitutiva.
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Fonte: Senato della Repubblica