SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni



Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»



Lunedi 2 febbraio 2009

Audizioni svolte presso la Prefettura di Trieste



Presidenza del presidente TOFANI

INDICE
Audizione del procuratore capo presso il tribunale di Trieste
Audizione del Presidente della Provincia, del Sindaco di Trieste e del Sindaco di Duino Aurisina
Audizione del questore di Trieste, del comandante provinciale della Guardia di finanza, del comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, del comandante provinciale dei Vigili del fuoco e del direttore marittimo del FVG
Audizione del direttore provinciale del lavoro, del direttore regionale e del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale dell’INPS, del direttore dell’ASL1 di Trieste e del responsabile SCPSAL
Audizione di rappresentanti sindacali della CGIL, della CISL, della UIL, dell’UGL e della UILM
Audizione del consigliere delegato alla sicurezza dell’Associazione industriali di Trieste, del presidente CNA
Trieste, del presidente e del segretario generale Confartigianato e presidente dell’Associazione piccole e medie imprese Trieste, del presidente dell’API Trieste, del presidente e del rappresentante dell’URES
Audizione di un rappresentante della Cartiera Burgo, dell’amministratore delegato della Compagnia portuale srl e del responsabile prevenzione e protezione della LUCCHINI spa


Audizione del procuratore capo presso il tribunale di Trieste



Interviene il dottor Michele Dalla Costa, procuratore capo presso il tribunale di Trieste.

PRESIDENTE
Do anzitutto il benvenuto al nostro ospite. Rappresentiamo una delegazione della Commissione parlamentare di inchiesta del Senato istituita in riferimento al problema degli infortuni e delle morti sul lavoro.
Sicuramente faremo riferimento anche agli ultimi gravi episodi mortali verificatisi, ma più in generale gradiremmo sapere da lei, signor procuratore capo, qual è il quadro relativo al tema della sicurezza sui luoghi di lavori, anche alla luce delle competenze e delle conoscenze che voi avete.
In considerazione delle indagini in corso sui due incidenti, il contenuto dell’audizione verrà segretato, fino a quando la magistratura comunicherà la cessazione della relativa esigenza istruttoria.

Audizione del presidente della provincia di Trieste, del sindaco di Trieste e del sindaco di Duino Aurisina



Intervengono la professoressa Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della provincia di Trieste, il grand’ufficiale Roberto Dipiazza, sindaco di Trieste, ed il cavalier Giorgio Ret, sindaco di Duino Aurisina, accompagnati dal dottor Guido Galletto.

PRESIDENTE
Ringrazio per la loro presenza i nostri ospiti. Questa Commissione parlamentare d’inchiesta si interessa delle problematiche relative agli infortuni ed alle morti bianche che si verificano nei luoghi di lavoro e svolge la propria attività effettuando anche dei sopralluoghi nei vari territori del Paese. Vorremmo, quindi, che la nostra presenza nella città di Trieste non fosse interpretata unicamente come collegata agli eventi che si sono verificati negli ultimi giorni ma considerata nel suo significato più ampio, volto a cogliere le varie problematiche e a comprendere le iniziative assunte, anche per avere contezza di quanto e come attivarsi.
In qualità di amministratori credo possiate comprendere il nostro ruolo. Ricordo, infatti, che ci troviamo in fase di attuazione della gran parte delle deleghe previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008 (cosiddetto «Testo unico» in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) ed il nostro compito è volto anche a comprendere quali particolarità, sensibilità e attenzioni esistono in materia da parte degli enti locali e fino a che punto essi dovrebbero essere coinvolti in processi di questo tipo, soprattutto in virtù delle specifiche competenze loro affidate, quali quella relativa ai lavori pubblici. Il vostro contributo può risultarci utile quale ulteriore fonte di notizie e, quindi, di conoscenza sul tema.
Ho voluto precisare che la nostra presenza – ripeto – non è unicamente dovuta agli eventi drammatici che si sono verificati nella provincia di Trieste. La nostra Commissione, infatti, cerca sempre di coniugare l’approfondita conoscenza dei fatti luttuosi con la conoscenza di ciò che gli amministratori colgono sul territorio.

BASSA POROPAT
Ringrazio, innanzitutto, la Commissione per la sua presenza nel nostro territorio, che mi offre l’opportunità di illustrare gli elementi che ho raccolto relativamente all’attività svolta dalla provincia in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Esistono sostanzialmente due filoni, quello dell’informazione e quello della formazione. Abbiamo voluto estendere l’attività informativa sull’intero territorio provinciale sensibilizzando, in particolare, il mondo imprenditoriale, mentre le iniziative di carattere formativo hanno coinvolto anche gli studenti delle scuole superiori, specialmente quelle professionali, attraverso la pubblicazione di una serie di opuscoli e la realizzazione di alcuni spot televisivi che circolano anche nelle scuole, uno dei quali realizzato dall’istituto professionale Galvani.
Nel febbraio 2008 UPI, ANCI, Federsanità, CGIL, CISL e UIL hanno sottoscritto un protocollo d’intesa finalizzato ad incrementare la sensibilizzazione su questi temi e che si è poi concretizzato nella costituzione di un forum che intende interloquire con la Regione in merito all’opportunità di varare una nuova legge regionale sul sistema degli appalti.
Alla luce di una serie di incontri, favoriti anche dal coordinamento operato dalla Prefettura di Trieste, è stato predisposto un vademecum per le vittime degli infortuni sul lavoro e per i loro familiari, in collaborazione con il nostro centro per l’impiego che rappresenta una delle competenze prioritarie della provincia di Trieste, in modo tale da riuscire a fornire una serie di informazioni utili e necessarie, anche al fine di orientare nel rapporto con gli uffici la particolare tipologia di utenza che subisce questo tipo di danno. La nostra attività si è quindi incentrata sul duplice fronte dell’informazione e della formazione.
Circa dieci giorni fa l’UPI (Unione delle Province italiane) regionale ha deliberato di avviare una serie di campagne promozionali di sensibilizzazione, la prima delle quali riguarderà proprio la sicurezza nel mondo del lavoro, in modo tale da diffondere un’informazione a tappeto attraverso media, dépliant ed opuscoli aventi l’intento di mantenere deste la tensione e l’attenzione su queste tematiche, anche alla luce degli ultimi eventi che si sono verificati sul territorio provinciale.

RET
Signor Presidente, il comune di Duino Aurisina ha 9.000 abitanti e con i suoi 45.000 chilometri quadrati di superficie è uno dei comuni più vasti della provincia di Trieste, comincia con il confine di quest’ultima e finisce con il comune di Trieste.
Abbiamo un’unica grande industria, la cartiera Burgo, delle attività agricole e delle attività edilizie private. Come lavori pubblici non gestiamo direttamente questo tipo di attività in quanto il comune non ha più, come una volta, operai; disponiamo del minimo indispensabile per la manutenzione ordinaria delle scuole. Il nostro operato, pertanto, è soprattutto di tipo istituzionale, di controllo e di affiancamento alle varie istituzioni a tal uopo istituite, in particolare nell’edilizia che comunque si occupa di ristrutturazioni e di lavori poco rilevanti. Abbiamo dato avvio a due grandi progetti: il restauro di un grande albergo sulla marina e la costruzione di un complesso turistico nella cava di Sistiana, costruzione durata moltissimi anni e su cui puntiamo per il futuro.
Sono sindaco da quasi sette anni e finora il solo incidente sul lavoro che si è verificato è stato quello di un contadino investito da un trattore per imprudenza. L’unico problema rilevante è costituito dalla cartiera Burgo. Da sette anni sono al fianco delle associazioni sindacali e ho continui incontri con la direzione della cartiera, in quanto quest’ultima da diversi anni ha grandi problemi economici e di sopravvivenza industriale.
Pensate che dieci anni fa aveva 750 dipendenti; con la ristrutturazione e l’ammodernamento siamo passati agli attuali 475. Questa espulsione di manodopera non è stata molto traumatica perché si trattava di lavoratori vicini alla pensione, che sono stati sistemati in parte attraverso il prepensionamento e in parte attraverso il ricollocamento in Fincantieri, che cinque o sei anni fa ha vissuto il momento migliore della sua attività. In questo modo siamo riusciti a superare le difficoltà. Da due anni a questa parte però siamo di nuovo in una fase di ridimensionamento: una linea sta chiudendo e ci sono numerosi cassaintegrati. Lo spauracchio della chiusura probabilmente ha creato un’atmosfera non proprio ideale per un’attività di lavoro così complessa e difficile.
L’assoluta mancanza di sicurezza rispetto al posto di lavoro mi preoccupa molto perché crea malumore e incertezza tra le persone, però il continuo dialogo – faccio spessissimo visite nella cartiera – ha fatto sì che si ponesse grande attenzione all’infortunistica. Proprio oggi c’è una riunione presso l’Assindustria perché quando queste persone vanno a lavorare non sanno se verranno riconfermate. Questa situazione crea grande instabilità; non c’è più grande voglia di fare formazione e questo è molto pericoloso.
Al di là di questo, rivolgo a tutti un appello: questa disgrazia si è verificata proprio nel settore del taglio della legna dove in cinquant’anni non c’era stato neanche il più piccolo infortunio, perché siamo sempre stati molto attenti e comunque si tratta di attività automatiche e poco pericolose. Nessuno si avvicina mai all’enorme macchina che sega i tronchi e ciò rende ancor più inspiegabile l’incidente, ma l’inchiesta è in corso e vedremo cos’è successo. In linea di massima questa è la situazione.
Nell’edilizia negli ultimi dieci anni non abbiamo registrato incidenti, se non poco gravi, perché il controllo è fortissimo. Io sono spesso in contatto con l’INAIL e l’INPS. I Carabinieri vanno a visitare i cantieri e svolgono un grande lavoro di prevenzione. Quando si apre un nuovo cantiere invio anche i tecnici dell’urbanistica e i vigili urbani e, pur non redigendo questi ultimi alcun verbale, la loro semplice presenza spinge gli operai il giorno successivo ad indossare elmetto, guanti e scarponi. È un lavoro importantissimo che cerchiamo di seguire al meglio.
L’unico problema è rappresentato da questa grande industria. Sarebbe bene, al di là delle difficoltà della cartiera (il cui dimensionamento è comune in tutto il mondo), ricreare un’atmosfera che non sia più quella del timore. A giorni avrò un incontro con la direzione sul tema, perché in una situazione in cui si teme di perdere il lavoro si cerca di fare di più per evitare che ciò avvenga.

PRESIDENTE
C’è una centrale elettrica all’interno della cartiera?

RET
Ci sono delle turbine che producono energia.

PRESIDENTE
Da quanto?

RET
Ce n’erano due obsolete. Adesso però una nuovissima è già entrata in funzione e l’altra entrerà in funzione tra poco. Sono alimentate con il ciclo dell’energia che producono i motori.

PRESIDENTE
Uno dei modi per salvarsi è l’autoproduzione e la vendita di energia per bilanciare i costi di attività ai quali lei faceva riferimento.

RET
Già adesso risparmieranno il 35 per cento semplicemente mettendo in moto una turbina.

DIPIAZZA
Signor Presidente, da noi non ci sono extracomunitari, ma transfrontalieri che vivono in Croazia e Slovenia – ovviamente abbiamo anche serbi e rumeni – e vengono a lavorare a Trieste. Questo rappresenta un problema per quanto riguarda la sicurezza perché spesso si tratta di persone che sono state assunte la mattina in nero. D’altro canto, per fortuna, c’è una certa professionalità. Parlando dell’edilizia, non c’è uno sfruttamento, come in altre parti del Paese dove arrivano persone che probabilmente non hanno idea del lavoro che devono svolgere e che vengono sfruttate. Da noi c’è professionalità, quindi, abbiamo meno incidenti. L’unico neo della città è la ferriera dove ci sono state parecchie morti, l’ultima di recente. Si tratta sempre di morti tragiche perché i macchinari sono enormi, lo stabilimento ha 100 anni ed è in fase di dismissione: entro il 2015, forse prima, sarà chiuso. E ` chiaro, quindi, che non si effettuano grandi investimenti visto che sarà riconvertito in altre attività. Naturalmente all’interno di questa fabbrica sono accaduti incidenti molto gravi, anche per disattenzione, l’ultimo con la gru. E ` evidente che se si interviene su una gru si deve disattivare l’impianto elettrico, ma questo non è successo. In un altro caso, un lavoratore è caduto all’interno del caricamento e mi sembra che si sono accorti dell’accaduto solo tre giorni dopo a causa dell’odore. Purtroppo si tratta di incidenti che si verificano in questi grandi stabilimenti obsoleti. Lo stabilimento in questione è nato durante la dominazione austriaca e, nonostante gli investimenti, sicuramente non è il domani della nostra città. Di questo è consapevole anche la Lucchini-Severstal che è anche la proprietaria dello stabilimento di Piombino. Era stato chiuso dopo la chiusura delle acciaierie di Terni, ma poi è stato riaperto.
Adesso tutti vogliono che chiuda perché è al centro della città e provoca un fortissimo inquinamento. Pensate che per quanto riguarda il benzopirene e il PM10, il cui limite europeo è di 50 mg/mc, a volte si raggiungono punte di 2.000 mg/mc che poi vengono compensate da valori più bassi nel corso della giornata. Come lei sa, in questo Paese è un po’ complicato fare qualcosa. Credo che la soluzione del problema sarà la chiusura, decisa anche con la proprietà. L’impianto sopravvive solo grazie al CIP6. C’è una centrale di cogenerazione che dovrebbe sfruttare parte dei gas di risulta della cokeria; terminati gli incentivi CIP6 però, nel 2015 verrà chiuso e riconvertito.
Per il resto, a Trieste e nella Regione si vive una realtà abbastanza buona. La città si pone sempre ai vertici in qualsiasi parametro nazionale.
Siamo ultimi solo nella voglia di lavorare e se avessimo anche quella saremmo primi in tutto! Comunque è una città in cui si vive bene. Come ho detto, abbiamo il problema dei transfrontalieri, ma sono tutti professionisti abbastanza seri che vengono dai loro Paesi per lavorare da noi. Direi, quindi, che la situazione, a parte questi due ultimi incidenti, è assolutamente tranquilla.

PRESIDENTE
Ringrazio gli ospiti per il contributo offerto.


Audizione del questore di Trieste, del comandante provinciale della Guardia di finanza, del comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri interinale, del comandante provinciale dei Vigili del fuoco e del direttore marittimo del Friuli-Venezia Giulia



Intervengono il dottor Francesco Zonno, questore di Trieste, il colonnello T.S.T. Antonio Pellegrino Mazzarotti, comandante provinciale della Guardia di finanza, il tenente colonnello Massimo Pigato, comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri interinale, l’ingegner Loris Munaro, comandante provinciale dei Vigili del fuoco e l’ammiraglio Domenico Passaro, direttore marittimo del Friuli-Venezia Giulia.

PRESIDENTE
Signori, buongiorno, grazie per essere venuti ad offrirci la vostra collaborazione.
Come già saprete, il motivo del sopralluogo a Trieste della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro è acquisire maggiori conoscenze sul territorio, anche a seguito delle drammatiche morti che si sono registrate. La Commissione è impegnata a verificare come ci si è organizzati e strutturati nelle varie zone d’Italia, dal momento che più soggetti spesso concorrono ad attività di vigilanza, di prevenzione e di ispezione. Desideriamo quindi apprendere elementi che possano esserci utili per i nostri compiti istituzionali.
Vi invito a svolgere le vostre riflessioni sul tema della sicurezza sui luoghi di lavoro di questa Provincia, oltre a fare riferimento agli ultimi due gravi incidenti mortali.

ZONNO
Buongiorno. Ho portato alla Commissione i dati che risultano al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica sulla problematica degli infortuni sul lavoro, che nel mese di gennaio ha assunto livelli di guardia allarmanti. La nostra competenza in materia si estende su tutta la Provincia, che comprende la città di Trieste e altri cinque Comuni, e l’abbiamo suddivisa tra diversi commissariati: due commissariati distaccati dei Comuni di Muggia e Duino e tre commissariati sezionali che agiscono sulla città di Trieste. Ad essi è demandato il compito di trattare le denunce relative agli infortuni sul lavoro. è una trattazione che comprende la verifica degli elementi formali (dalla compilazione alla ricezione delle denunce, nei termini previsti dalla legge) e sostanziali della dichiarazione sulla dinamica dell’infortunio e sulla durata della prima prognosi.
Ove si riscontrino irregolarità formali, vengono redatte le relative contestazioni amministrative.
Di tutto ciò viene poi data immediata comunicazione alla direzione provinciale del lavoro e all’autorità giudiziaria, che investe la complessa struttura di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro, dipendente dalla ASL n. 1 di Trieste, che ha le competenze tecniche per effettuare le valutazioni sugli infortuni. Se emergono elementi di reato, immediatamente si avverte il PM di turno.
Il personale che interviene in questi casi è normalmente quello deputato al controllo del territorio ed è incaricato di effettuare il primo intervento e di mettersi poi a disposizione del PM per eventuali sviluppi che richiedano un intervento immediato. Il ruolo di maggior rilievo spetta alla polizia scientifica, che interviene tempestivamente per documentare quanto è avvenuto sul sito dove si è verificato l’infortunio.

PRESIDENTE
Questa è la procedura di routine che viene attivata nel momento in cui si determinano gli infortuni, ma noi siamo più interessati alla prevenzione. Sappiamo che queste competenze fanno parte del vostro mestiere e che lo svolgete bene. Vorremmo che ci descriveste il quadro della situazione e anche le vostre sensazioni, considerata la vostra autorevole presenza sul territorio. Dal vostro osservatorio, potete offrirci elementi utili su come ritenete ci si debba muovere. Questo è il nostro obiettivo. Per il resto, siamo convinti che fate appieno e in modo egregio il vostro lavoro.

ZONNO
In materia di prevenzione, la polizia di Stato non ha competenze specifiche per attivarsi, per cui tutto è demandato alla sensibilità dei vari operatori, nel caso emergano segnali che facciano pensare ad una inosservanza di norme. Se ciò avviene, si avviano le procedure di pari passo con l’Ufficio provinciale del lavoro.
Posso fornire alcuni dati sui segnali che si sono registrati nella Provincia di Trieste, in maniera tale che la Commissione possa trarne elementi di valutazione. Nel 2007, le denunce relative a infortuni sul lavoro sono state 4.500, mentre nel 2008 sono state 4.363. Ma al di là dei numeri, penso possa interessare la precisazione che la percentuale più alta delle denunce acquisite riguarda i settori dell’edilizia, dell’industria e del commercio, nonché gli incidenti in itinere. Sono invece inferiori le denunce di infortuni sul lavoro che riguardano la scuola, la logistica e i trasporti.
Questo è il quadro emerso dagli atti della questura di Trieste che ho potuto acquisire. Ripeto, la polizia di Stato, come polizia amministrativa e sociale, non ha competenza nella prevenzione svolta a livello sistematico, nei vari ambienti di lavoro.

PRESIDENTE
Però lei fa parte, insieme ai suoi colleghi, di un tavolo permanente per la sicurezza sui luoghi di lavoro istituito presso questa Prefettura, al fine di organizzare e razionalizzare gli interventi di coloro che hanno competenze specifiche in materia. Quali osservazioni può fare, da questo punto di vista? Il meccanismo funziona o incontra dei limiti?
Stiamo cercando di capire, infatti, come è organizzata sul territorio l’attività di prevenzione, di controllo e, ovviamente, di sanzione, laddove sia necessario. Dal momento che partecipate a questo tavolo permanente, dove vengono armonizzate le varie iniziative, vorremmo sapere se avete riscontrato la necessità di organizzare diversamente l’attività di prevenzione.

ZONNO
Per quanto riguarda la nostra struttura, credo che il contributo che può dare la polizia di Stato, essendo presente sul territorio (si parla infatti di polizia inserita nell’ambiente, di polizia di prossimità e così via), sia quello di recepire i segnali che vengono da quest’ultimo e attivare immediatamente gli organi preposti alla prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro. D’altra parte, non abbiamo un ufficio che si occupi di questo tipo di problematica. Possiamo contribuire solo in termini di collaborazione, poiché non abbiamo una competenza specifica, non svolgiamo un’attività sistematica in materia.

PRESIDENTE
Non c’è questa competenza.

PIGATO
Buongiorno, sono il comandante provinciale in sede vacante dei Carabinieri di Trieste. Vorrei aggiungere qualche dato, dal momento che abbiamo a disposizione il nucleo ispettorato del lavoro.

PRESIDENTE
Avete il nucleo ispettivo?

PIGATO
Sì.

PRESIDENTE
Quanti uomini avete?

PIGATO
Tre unità situate presso la direzione provinciale del lavoro.
Grazie al supporto tecnico di questo nucleo, nel 2007 e nel 2008 è stata posta in essere una serie di attività preventive e di iniziativa, a prescindere dall’intervento effettuato all’atto dell’evento specifico.
Ho raccolto dati e statistiche, che possono essere per voi interessanti, in relazione agli interventi e alle segnalazioni che i Carabinieri hanno fatto sul territorio, in occasione di infortuni sul lavoro di una certa gravità. Infatti, i Carabinieri vengono chiamati laddove si abbia a che fare con incidenti di una certa gravità.
Posso poi fornire alcuni dati sugli interventi di iniziativa, in chiave preventiva, svolti sia nel 2007 che nel 2008. Nel 2007, abbiamo svolto 14 controlli, effettuati con una certa organicità, quindi non occasionali, bensì in collaborazione con il nucleo ispettorato del lavoro e organizzati in modo da evidenziare le mancanze nei cantieri e sui luoghi di lavoro.
Tali interventi sono stati 27 nel 2008, a dimostrazione di un incremento nei controlli.
Proseguendo l’analisi comparata di questi dati, risulta che nel 2007 ci sono state 6 denunce all’autorità giudiziaria, mentre nel 2008 sono state 19. Quindi anche in chiave repressiva, oltre che preventiva, è aumentato non di poco il livello delle segnalazioni.
Le sanzioni amministrative sono state 18 nel 2007 e 36 nel 2008: anche in questo caso, dunque, si registra un aumento significativo.
Per quanto riguarda il numero degli infortuni non mortali rilevati, come ho già detto, i Carabinieri hanno un osservatorio parziale, perché intervengono solo laddove chiamati sul posto e quindi normalmente per circostanze molto gravi. Si rileva comunque che ci sono stati 13 infortuni non mortali nel 2007 e 17 nel 2008, quindi con un leggero aumento, ma non saprei distinguerli attraverso una casistica riferita alla gravità.
Si è registrato un decesso nel 2007, mentre nel 2008 non ve ne sono stati.
Poi c’è il dato del tutto anomalo dei due decessi avvenuti nel mese di gennaio 2009. Tuttavia, preciso che questo dato, per l’esiguità del numero e anche per la breve durata del periodo cui si riferisce, non è significativo su un piano meramente statistico. A mio giudizio, ma anche oggettivamente, non si possono creare regole generali a fronte di un dato che ha tutte le caratteristiche per essere considerato estemporaneo.
Per quanto riguarda l’attività preventiva, sicuramente il trend nel mese di gennaio è in aumento, per cui risulta un maggior numero di controlli.
Tuttavia, ho evitato di fornire il dato relativo al mese di gennaio perché troppo limitato per costituire un campione statisticamente significativo.
Sono aumentati in misura assai rilevante i controlli preventivi da parte nostra, così come sono aumentate le denunce, a riprova del maggiore numero di controllo effettuati. Sotto il profilo dell’infortunistica, poi, il nostro osservatorio parziale sul territorio provinciale ha registrato un leggero aumento del numero degli infortuni non mortali. Infine, si rileva il dato del tutto anomalo – ripeto –, e quindi statisticamente molto poco significativo, relativo alle due morti sui luoghi di lavoro avvenute nel gennaio scorso.

PASSARO
Signor Presidente, onorevoli senatori, sono il direttore marittimo del Friuli Venezia Giulia, nonché comandante della capitaneria di porto di Trieste e, in quanto tale, autorità marittima locale. La mia presenza di fronte a questa Commissione è relativa agli aspetti della sicurezza sul lavoro che riguardano l’ambiente portuale ed il lavoro portuale, competenza che ci spetta ai sensi degli articoli 1235, e 81 del codice della navigazione e dell’articolo 14 della legge n. 84 del 1994 di riordino della legislazione in materia portuale. In questo settore abbiamo quindi una competenza di polizia giudiziaria in termini di intervento e valutazione di aspetti penalmente rilevanti in caso di incidente. Esercitiamo anche un’attività di prevenzione sul territorio che è stata formalizzata nel protocollo d’intesa stipulato innanzi al prefetto insieme ad altri organismi che hanno competenze analoghe e concorrenti, quali la ASL1, con la sua struttura complessa di prevenzione e sicurezza, e l’autorità portuale, cui sono affidati dalla legge compiti di monitoraggio, valutazione e controllo dello svolgimento del lavoro portuale in porto, ma soltanto in termini di polizia amministrativa, in quanto il legislatore ha voluto che le funzioni di polizia giudiziaria rimanessero in capo ad organi dello Stato. Naturalmente questo protocollo coinvolge anche le competenze dei Vigili del fuoco.
La nostra presenza sul territorio in chiave preventiva è quotidiana.
Ogni giorno ogni autorità marittima, ogni capitaneria di porto e ogni ufficio marittimo opera con un nucleo di persone (due per turno) che circola per il porto, garantendo la sua presenza laddove si svolgono operazioni portuali, al fine di verificarne il corretto andamento, il corretto esercizio, la corretta gestione. A seguito del protocollo d’intesa questa nostra attività, con uno sforzo organizzativo, è stata molto incrementata e tra l’aprile 2008 e il gennaio 2009 abbiamo effettuato negli ambiti portuali di competenza 592 controlli relativamente all’operato dei lavoratori portuali ed al modo di operare delle imprese portuali. Il controllo ha quindi avuto per oggetto sia il lavoratore che la correttezza dell’operato d’impresa. Nell’ambito di questa attività non abbiamo rilevato violazioni tali da compromettere la sicurezza dei lavoratori. I controlli vengono effettuati anche all’interno delle zone cantieristiche; ad esempio, nella zona dell’arsenale operano la Fincantieri e la Cartubi. È evidente che per ciascun intervento esiste un rapporto adeguato (ove fosse ritenuto d’interesse, posso lasciare agli atti alcuni dei rapporti redatti dal personale).
Poiché ai sensi del protocollo sottoscritto e della legge n. 84 del 1994 sul lavoro portuale la vigilanza compete all’autorità portuale, quella che noi svolgiamo è un’attività di collaborazione con quest’ultima e con la ASL. È anche previsto che all’occorrere di un incidente noi si venga informati ma questo, per la verità, non sempre accade (in realtà in quest’ultimo periodo gli incidenti non sono stati moltissimi): ad esempio, nell’ultimo caso mortale – per il quale, comunque, non c’era nulla da fare – siamo stati informati con molte ore di ritardo.
Nello svolgimento di questa attività ci preoccupiamo di garantire una sorta di presenza preventiva, dando un’impronta di ausilio agli operatori (a volte vediamo un lavoratore che per il troppo caldo si toglie il casco ed allora lo riprendiamo), ma la nostra attività è finalizzata alla comprensione dell’importanza della prevenzione in certi settori. È evidente che a fronte di mancanze e violazioni che compromettono seriamente la sicurezza si interviene in maniera anche repressiva. Ad ogni modo, nei rapporti che abbiamo ricevuto non c’è nota di comportamenti così gravi.
In merito all’incidente mortale verificatosi alla ferriera di Servola, quindi in ambito portuale – ed è questo il motivo per cui siamo stati coinvolti – abbiamo redatto un rapporto per l’autorità giudiziaria dal quale si evincono alcune anomalie relativamente alle quali possiamo anche fornire un documento. Il lavoratore deceduto era in una posizione che non siamo riusciti a chiarire: era dipendente della Lucchini spa ma lavorava per conto della Servola. Non c’è però un collegamento che giustifichi la sua presenza alle dipendenze della Servola e non c’è un documento che autorizzi la Lucchini a far intervenire proprio personale in banchina.
Non siamo riusciti a trovare questi elementi. Sono ancora in corso gli accertamenti e stiamo dialogando con l’autorità portuale per ricevere la documentazione relativa.

MAZZAROTTI
In materia di prevenzione antinfortunistica la Guardia di finanza non svolge attività specifiche, mentre è alquanto impegnata nel settore collaterale della verifica della regolarità dei rapporti di lavoro. La circolare che disciplina i controlli tributari, che per noi è un ordine, impone che in occasione di ogni singolo controllo tributario vengano svolti sempre l’identificazione fisica delle persone che si trovano nell’edificio ed il riscontro della loro regolare posizione a livello di libri, matricole, strutture del lavoro. I risultati di tale attività vengono sempre comunicati ad Ispettorato del lavoro, INPS ed INAIL.
Ciò che riscontriamo nell’ambito di detti controlli è un ricorso sempre più frequente a quello che definiamo fittizio appalto di manodopera, cioè l’esistenza di un contratto di appalto di servizi fra l’azienda che ha bisogno di personale ed altra azienda che fornisce il lavoro. La procedura è assolutamente regolare se non nei casi, talvolta riscontrati, in cui l’azienda fornitrice di manodopera di fatto non esiste ed è una mera entità cartolare, collocata per lo più in altro luogo del territorio nazionale. In questi casi l’azienda appaltatrice diventa priva di personale regolare, sottraendosi così agli obblighi connessi alla disciplina del lavoro.

PASSARO
Le parole del colonnello mi hanno fatto venire in mente un altro elemento che abbiamo riscontrato in sede di indagini sulla ferriera.
Quando la società Servola ha avanzato richiesta per ottenere dall’autorità portuale l’autorizzazione all’esercizio di operazioni portuali ex articolo 16 della legge n. 84 del 1994 ha presentato un elenco relativo all’organico del personale, atto obbligatorio per ottenere la predetta autorizzazione.
Il personale segnalato nell’elenco, però, non era della società Servola ma era stato indicato in distacco dalla Lucchini spa, atto legittimo e regolare. Nasce però un problema, ancora in fase di approfondimento.
Il gruista che si trovava sulla gru che ha causato l’incidente non era in quell’elenco, anche se compariva negli elenchi giornalieri che la Servola ha inviato all’INAIL per regolarizzare la posizione di distacco.
Questo dato, che da un punto di vista formale può anche essere legale, oltre a porre un problema circa l’applicazione dell’articolo 17 della legge n. 84 del 1994, fa sorgere nel caso specifico dubbi in merito alla continuità della formazione del personale. Il fatto che ogni giorno operi un gruista diverso, perché i distacchi sono giornalieri, rappresenta un elemento di debolezza che dobbiamo valutare. Ad ogni modo, poiché gli accertamenti non sono terminati, non vorrei entrare nello specifico.

PRESIDENTE
Questa però è una precisazione che ci fa capire meglio il quadro.

MUNARO
Sono il comandante provinciale dei Vigili del fuoco Loris Munaro. Il nostro compito istituzionale prevede sempre un nostro intervento laddove fallisce il sistema di prevenzione. Specificamente, però, i dati statistici raccolti dai Vigili del fuoco riferiti agli infortuni nell’ambiente di lavoro non sono né omogenei né completi, in quanto generalmente nell’ambito degli infortuni sui luoghi di lavoro veniamo attivati per effettuare operazioni tecniche di soccorso e di salvataggio.
Consegno agli atti della Commissione alcune documentazioni fotografiche relative ai due incidenti che dimostrano il fallimento dell’adozione delle procedure e delle attrezzature di sicurezza, oltre che troppa confidenza con il rischio.
L’attività dei Vigili del fuoco intesa come attività di prevenzione incendi e informazione-formazione chiaramente sfugge dalla tipologia dell’infortunio che si è verificato. Sottolineo che l’attività complessiva di prevenzione incendi e quella che storicamente svolge il Corpo nazionale dalla sua costituzione fino ai nostri giorni, in virtù di un impianto legislativo ed amministrativo che si incentra su determinati aspetti quali l’esame progetto, il sopralluogo per il rilascio del Certificato di Prevenzione incendi, l’informazione e la formazione, l’addestramento del personale e degli addetti antincendio nei luoghi di lavoro, hanno consentito di raccogliere una serie di dati ufficiali, recentemente pubblicati dal Fire safety network dell’Unione europea, che mostrano l’Italia all’ultima posizione per le percentuali di infortuni e di decessi causati da incendi che si verificano non solo negli ambienti di lavoro ma anche nell’ambiente domestico. Questi dati comprendono anche il rogo della ThyssenKrupp e quello di Campello sul Clitunno, incidenti tipici collegati alla questione della prevenzione degli incendi. Abbiamo solo due decessi ogni milione di persone quando la media europea è attorno agli 11,5. Può darsi che la strada perseguita nei compiti istituzionali dei Vigili del fuoco sia percorribile allargando questo approccio anche ad altri settori di prevenzione dei rischi d’infortunio sul lavoro.
Citerò alcuni dati che riguardano Trieste. Noi abbiamo 5.584 istruttorie aperte di prevenzione incendi. Si tratta, quindi, di un’angolazione molto particolare che non corrisponde ai dati INAIL sulle attività produttive.
Di queste 5.000 istruttorie, andando a vedere le attività soggette al nostro controllo di cui al decreto ministeriale del 16 febbraio 1982, solo 148 sono riconducibili ad attività industriali. Chiaramente Trieste ha una tipologia abbastanza anomala perché è una città fortemente antropizzata con basso insediamento industriale. Abbiamo sette attività soggette alla direttiva europea Seveso di cui quattro rientrano nel dispositivo dell’articolo 8 e tre in quello dell’articolo 6. Di tutta questa attività l’anno scorso con un trend più o meno costante abbiamo esaminato 214 esami-progetto ed effettuato 212 sopralluoghi, cui vanno aggiunte istruttorie e ispezioni legate alla direttiva Seveso, coordinata dalla direzione regionale dei vigili del fuoco.
Altri numeri in termini di prevenzione. Abbiamo fatto 32 corsi per 238 discenti e abilitato 363 persone come addetti al servizio antincendio.
Scendendo nello specifico nella banca dati del Comando non risultano comparire i nominativi nel personale coinvolto negli infortuni in questione e nemmeno alcun nominativo in carico alla Compagnia portuale di Monfalcone che gestiva la tramoggia della cartiera Burgo. Dall’attività di sopralluogo sono scaturite, in parte anche a seguito degli esposti, otto procedure sanzionatorie ai termini del decreto legislativo n. 758 del 1994, con sospensione dell’attività penale e adozione di misure di prevenzione; procedure che sono state chiuse con il pagamento dell’ammenda. Sono stati, inoltre, eseguiti 31 sopralluoghi a seguito di esposto sia relative a trasmissione da parte dell’autorità giudiziaria ovvero di altre amministrazioni preposte, sia per il tramite di segnalazioni da parte dei rappresentanti dei lavoratori ovvero da semplice cittadini.
L’attività di prevenzione degli incendi svolta dai Vigili del fuoco in provincia di Trieste ha portato negli ultimi anni ad una drastica diminuzione degli incendi. Nel 2008, infatti, di 5.363 interventi effettuati, solo 596 sono stati classificati come di incendio generico, mentre negli anni 90 il loro numero era più del doppio. Tutta questa attività di prevenzione non ha però alcuna correlazione con la possibilità di prevenire gli scenari d’infortunio riscontrati in questi giorni.
Oltre agli strumenti tradizionali di insistere sulla strada della formazione, dell’informazione e dell’addestramento strutturato, nuovi strumenti finalizzati a prevenire simili infortuni possono essere adottati prendendo a prestito ed adattando le tecniche utilizzate nelle verifiche ispettive previste nella «Direttiva Seveso». All’art. 25 del decreto legislativo n. 334 del 1999, infatti, al fine di accertare l’adeguatezza della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti posta in atto dal gestore e dei relativi sistemi di gestione della sicurezza vengono in questo caso utilizzate tecniche di simulazione, verifiche in campo, interviste e liste di controllo per verificare lo scostamento del dispositivo di sicurezza sostanziale dagli atti formali e di prevenzione degli incidenti adottati. Dette verifiche ispettive potrebbero essere svolte sulla base di criteri prestabiliti e concepite in modo da consentire un esame pianificato e sistematico dei sistemi tecnici, organizzativi e di gestione applicati nello stabilimento. Adottare quindi buone pratiche di partecipazione alla definizione della politica di sicurezza in materia di sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro, magari se incentivata, potrebbe comportare una maggiore e collettiva sensibilità sul problema. Per la cartiera Burgo, per esempio, non essendo attività sottoposta alla disciplina della Seveso, ogni approccio attuale prevede solo la verifica di funzionalità degli impianti antincendio senza entrare nella verifica di affidabilità del sistema di gestione della sicurezza.
Ricordo che rimane il buco dell’applicazione dell’articolo 46 del Testo unico che prevede l’istituzione dei nuclei regionali dei Vigili del fuoco per i servizi di assistenza ai datori di lavoro. Potrebbero essere sviluppati maggiori compiti – perché la tecnologia ce lo consente –, allargandoli non solo alla prevenzione incendi. I settori dove si verificano infortuni, infatti, sono principalmente quelli della logistica e dei momenti transitori. Bisogna quindi sviluppare: tecnologie e conoscenze sulla valutazione delle condizioni di rischio riferite alle postazioni di lavoro, come si è verificato alla cartiera, disposizioni di misure tecnico-organizzative e gestionali atte a rimuovere o, almeno, a contenere il rischio del lavoratore con il controllo dell’apprendimento stesso e della sensibilità del lavoratore nei confronti del rischio (ergonomia e sensibilità su quello che va a fare), perché le metodologie e le tecniche di valutazione del rischio ce lo consentono.
Ricordando i gravi infortuni conseguenti ad un incendio avvenuti alla Umbria Olii e alla ThyssenKrupp si constata che sono sempre avvenuti in momenti transitori dell’attività; cioè durante fasi di avvio dell’impianto, di effettuazioni di operazioni di manutenzione, di avarie, di guasti che sorprendono il lavoratore al di fuori della gestione ordinaria dell’impianto o della propria postazione di lavoro.
Occorre altresì sviluppare l’effettuazione di audizioni e simulazioni all’interno dei luoghi di lavoro volte a verificare l’attuazione e l’efficacia delle misure e delle procedure adottate per la prevenzione degli infortuni e la gestione delle emergenze. Il documento fotografico che allego dà un’idea (sono immagini ovviamente molto cruente) della logistica con cui lavoravano queste persone. Esistono tecniche, che potrebbero essere incentivate dal punto di vista legislativo, di implementazione dei sistemi di gestione della sicurezza con requisiti stabiliti da standard, come possono essere la certificazione OHSAS 18001 della British Standard Institution o ISO (sistemi di qualità e sistemi di gestione della sicurezza), con indicatori di prestazione sul lavoratore e non solo sull’ambiente di lavoro.
Quanto all’introduzione di audit di sicurezza integrati nelle funzioni aziendali viene fatto poco; ciò che sfugge alla mia attività di prevenzione nelle aziende è distinguere tra sicurezza formale e sostanziale. Si produce tanta carta, ma quando si fanno audit, interviste e simulazioni si vede che la procedura e l’attrezzatura non sono sufficientemente conosciute e non ci si accorge che si è più attenti a dimostrare che non ad essere.

PIGATO
Signor Presidente, volevo semplicemente aggiungere che il nucleo ispettorato del lavoro, dislocato presso la direzione provinciale del lavoro, è composto da sole tre persone, pur se molto attive.

PRESIDENTE
Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti per il loro contributo dato ai nostri lavori.


Audizione del direttore provinciale del lavoro, del direttore regionale e del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale dell’INPS, del direttore dell’ASL1 di Trieste e del responsabile SCPSAL



Intervengono la dottoressa Giovanna Da Ronch, direttore provinciale del lavoro, la dottoressa Ines Colombo, direttore regionale dell’INAIL, la dottoressa Angela Forlani, direttore provinciale dell’INAIL, il dottor Antonino Rizzo, direttore provinciale dell’INPS, il dottor Franco Rotelli, direttore dell’ASL1 di Trieste e il dottor Valentino Patussi, responsabile SCPSAL.

PRESIDENTE
Rivolgo un saluto ai nostri ospiti. I motivi della nostra presenza vi sono noti. Vi saremmo, quindi, grati se in base alle vostre conoscenze ci poteste fare uno spaccato della situazione che interessa questa Commissione: comprendere le problematiche relative alla prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro oltre ad elementi, qualora vi fossero, legati a questi due ultimi gravi incidenti mortali.
Vorremmo avere un quadro più ampio, se ci sono le condizioni, non solo legato a questi aspetti, per capire come vanno le cose in questo territorio e averne contezza in riferimento all’attività che svolgiamo sull’intero territorio nazionale.

DA RONCH
Signor Presidente, delineerò un quadro generale presentando la nostra attività. La direzione provinciale del lavoro ha prettamente competenza per quanto riguarda le normative e i rapporti contrattuali che si instaurano tra datore di lavoro e lavoratore, compresa la fattispecie che riguarda l’orario di lavoro. In merito alla sicurezza, abbiamo una competenza specifica che ci è stata attribuita recentemente con il Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, il decreto legislativo n. 81 del 2008. All’articolo 13, infatti, si precisa che abbiamo competenze in materia di sicurezza soprattutto nei cantieri edili e in poche altre fattispecie.
Attualmente, disponiamo di 25 dipendenti compresi gli ispettori, oltre ad un nucleo di Carabinieri composto da tre unità. Svolgiamo in media due o tre sopralluoghi alla settimana, che vengono eseguiti in coppia, e ogni volta visitiamo uno o due cantieri, anche tre, a seconda delle dimensioni, oppure visitiamo ditte del settore del commercio, pubblici esercizi e così via. La nostra attività comunque si espleta anche in altre fattispecie, che sono il lavoro minorile e tutto ciò che riguarda la maternità. Svolgiamo inoltre le verifiche amministrative relative gli infortuni. Questa è la breve sintesi l’attività che eseguiamo. Cerchiamo di essere il più possibile presenti sul territorio e ultimamente stiamo preparando una campagna di informazione. Lavoriamo secondo le indicazioni del Ministero e collaboriamo con tutte le associazioni di categoria e i sindacati per fornire la massima informazione sulle norme contrattuali.
Per quanto riguarda i due infortuni mortali, uno accaduto il 12 gennaio nello stabilimento della ferriera di Servola, del gruppo Lucchini, e l’altro il 17 gennaio, nella cartiera Burgo, non siamo intervenuti in quanto dalla segnalazione che ci è arrivata da parte delle forze dell’ordine abbiamo subito capito che c’era stato un intervento del pubblico ministero e quindi della magistratura. Non avendo una competenza specifica in questo ambito, dal momento che la materia della sicurezza ci è demandata solo per i cantieri edili...

PRESIDENTE
Mi scusi se la interrompo, ma questi temi già li conosciamo.
Sappiamo quello che fate, in base non solo al decreto legislativo n. 81, ma anche alla normativa precedente, altrimenti l’Ispettorato non ci sarebbe.

DA RONCH
Certo, ho citato solo l’ultima normativa entrata in vigore.

PRESIDENTE
Vorremmo sapere in che modo vi organizzate per muovervi sul territorio con queste 26 unità, più i 3 Carabinieri. Siete in contatto con la ASL? Cercate di fare un piano comune per muovervi in modo armonico? Come selezionate gli interventi? Sappiamo benissimo che svolgete il vostro lavoro nel modo più corretto possibile, ma vorremmo analizzare l’aspetto organizzativo.
Sappiamo che è stato istituito un tavolo di coordinamento tra diversi soggetti deputati ad attività di prevenzione e di controllo, sia pure per segmenti più o meno ampi. Fate parte anche voi di questo tavolo? E, in caso affermativo, come si coordinano le parti che lo compongono?

DA RONCH
Un tavolo di confronto per noi è il CLES (Comitato per il lavoro e l’emersione del sommerso), nell’ambito del quale affrontiamo alcune problematiche. Inoltre, siamo in contatto con l’azienda sanitaria, con l’INAIL e l’INPS, per organizzare insieme le visite. In particolare, ci coordiniamo con l’azienda sanitaria: abbiamo fissato alcune giornate a settimana per andare insieme nei cantieri. Ma siamo in contatto e ci organizziamo anche con i rappresentanti di INAIL e INPS.

PRESIDENTE
Vi organizzate tramite il tavolo della Prefettura? Vorrei comprenderne il funzionamento.

DA RONCH
No, il rapporto è molto più diretto, ci sentiamo tra di noi e ci coordiniamo.

FORLANI
C’è prima un lavoro di intelligence. È il nuovo ruolo degli ispettori, in generale.

DA RONCH
Facciamo anche una verifica sul territorio per decidere dove eseguire il sopralluogo. Il responsabile dell’organizzazione degli ispettori va sul territorio per valutare dove si possono trovare situazioni di rischio o di difficoltà.
Comunque, ripeto, collaboriamo molto con l’INAIL, con l’INPS e con l’azienda sanitaria.

PRESIDENTE
Ritengo soprattutto con l’azienda sanitaria, posto che INAIL ed INPS hanno altri compiti.

DA RONCH
Lavoriamo anche con INAIL ed INPS, facendo i sopralluoghi congiuntamente.

COLOMBO
Signor Presidente, sono il direttore regionale dell’INAIL per il Friuli-Venezia Giulia. Non elencherò le attività dell’INAIL, perché credo che tutti conoscano bene i compiti dell’Istituto, ma mi limiterò a precisare cosa facciamo sul territorio della Regione in materia di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Esercito la mia funzione dal 2005 e quindi posso testimoniare che, dal 2005 al 2008, in Friuli-Venezia Giulia la prevenzione ha avuto un ruolo di primario piano. L’INAIL è un ente assicurativo e previdenziale e, dal punto di vista della prevenzione e della sicurezza, la sua funzione – come stabilisce anche il Testo unico del 2008 – è finalizzata a compiti di formazione e informazione. Per quanto riguarda quest’ultima, la nostra attività è sotto gli occhi di tutti, perché organizziamo campagne a livello nazionale che poi vengono tarate sul territorio regionale. Inoltre, sul nostro sito Internet abbiamo una banca dati che è consultabile da chiunque, anche a livello regionale. Abbiamo anche una banca dati della direzione regionale, relativa alle attività che svolgiamo sul territorio. Questo è molto importante, perché divulgando le informazioni sulle nostre attività facciamo in modo che non ci siano sovrapposizioni. Siamo attenti, quindi, ad utilizzare in modo efficace ed efficiente le risorse umane – che sono assai scarse – e finanziarie. Svolgiamo la maggior parte delle nostre attività di concerto con la Regione Friuli-Venezia Giulia, con la quale abbiamo un rapporto assolutamente privilegiato, in particolare con l’assessorato al lavoro.
In ambito prevenzionale abbiamo svolto attività mirate alla specificità del territorio e queste hanno dato tangibili risultati. Ad esempio, abbiamo organizzato alcuni corsi in via sperimentale, di formazione in «sicurezza».
Del resto, nel Friuli-Venezia Giulia si fa, di fatto, riferimento come «laboratorio» per la realizzazione di progetti sperimentali in quanto la sua peculiarità territoriale si presta a percorsi di tipo innovativo facilmente monitorabili.
Come dicevo, abbiamo posto in essere una serie di attività riguardanti diversi filoni di intervento. In particolare, ricordo che abbiamo organizzato attività formative destinate agli studenti, per veicolare la cultura della sicurezza già nelle scuole. Quest’anno, in Regione è previsto un percorso formativo obbligatorio sugli studenti di n. 23 istituti tecnici secondari.

DONAGGIO (PD)
Sappiamo quale attività svolgete. Ci interessa capire invece quali criticità avete rilevato nella vostra attività, che cosa non va, perché infortuni e morti sul lavoro denunciano la presenza di elementi di vuoto e di incongruenza del sistema.
Le campagne di informazione sono sicuramente utilissime e voi fate molto bene il vostro lavoro, non ho dubbi. Il problema è che rileviamo uno scollamento tra le varie competenze e quindi vorremmo capire come si possa ricostruire l’intero arco delle competenze stesse, a partire da quelle amministrative, e fare in modo che il sistema reagisca in maniera coordinata al problema delle morti sul lavoro. Siamo quindi interessati a conoscere il vostro lavoro, ma soprattutto a capire se avete rilevato criticità nel sistema rispetto a questa situazione.

COLOMBO
Proprio partendo dai dati relativi agli infortuni, siamo arrivati ad elaborare un programma, di concerto con la Regione autonoma, che riguarda anche la formazione a tutto campo di «responsabili della sicurezza», noi ne abbiamo già sperimentato uno che ha avuto la durata di 1.000 ore, di cui 700 di stage svolti nelle aziende più importanti del Friuli-Venezia Giulia, come, ad esempio, la Lucchini spa.

PRESIDENTE
Con la durata di 1.000 ore è quasi un corso universitario!

COLOMBO
Appunto. Era diretto a giovani diplomati non occupati (o disoccupati), con una borsa di studio. Hanno partecipato a questa selezione 70 persone, tra le quali abbiamo scelto le 18 più motivate, che abbiamo sottoposto ad un corso di formazione di 1.000 ore, di cui ripeto 700 con stage nelle aziende del Friuli-Venezia Giulia. Alla fine di questo corso, a novembre dell’anno passato, alcuni stagisti selezionati dalle aziende che abbiamo coinvolto per la formazione «pratica» sono state assunti dalle aziende stesse in qualità di Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione.
Abbiamo la speranza di abbassare il numero di incidenti proprio mandando nelle aziende persone formate sulla sicurezza a tutto campo.
Questa è una delle iniziative che abbiamo adottato insieme alla Regione e realizzato con docenti appartenenti a tutti gli organismi territoriali. Ci siamo messi insieme anche per fare uno screening degli infortuni, in modo da valutare dove e come accadono. Abbiamo cercato di dare informazioni sugli aspetti più importanti, sempre con riferimento specifico al nostro territorio. Il direttore della sede di Trieste potrà fornire altre notizie per quanto riguarda il fenomeno infortunistico nella realtà provinciale.

FORLANI
Buongiorno, sono il direttore della sede provinciale INAIL di Trieste.
Condivido l’osservazione della senatrice Donaggio sull’argomento.
Approcciandosi ad un territorio non molto vasto, l’attenzione cade su questo fenomeno in quanto i numeri degli infortuni sul lavoro non sono senz’altro positivi, benché, dal rapporto annuale che il direttore regionale presenta ogni anno, risulti un decremento del fenomeno infortunistico e anche del numero di incidenti mortali. Purtroppo, abbiamo iniziato l’anno tristemente.
I due infortuni mortali che si sono verificati nel corso della settimana hanno colpito profondamente l’opinione pubblica.
Ritengo, tuttavia che il tavolo sulla sicurezza costituitosi presso la Prefettura di Trieste il 2 marzo del 2005, abbia sicuramente consentito un coordinamento fra tutte le istituzioni locali. Esiste quindi una sinergia tra gli enti, ma è chiaro che si tratta di un percorso da costruire nel tempo.
Il tavolo prefettizio ha avuto origine in seguito ad un terribile infortunio mortale: da quel momento la Prefettura ha deciso di proseguire in questo progetto: – il dirigente dell’azienda sanitaria – il dottor Patussi può ricordare la sinergia che abbiamo instaurato tra le risorse INAIL e i funzionari dell’azienda sanitaria.
Sottolineo la sinergia tra la direzione provinciale del lavoro, l’INPS e l’azienda sanitaria e i problemi riscontrati sul territorio sono dipesi soprattutto dalle scarse risorse esistenti sotto il profilo ispettivo. Ricordiamo quante poche risorse l’azienda sanitaria, la direzione provinciale del lavoro e l’INAIL riuscivano a mettere in campo nel 2005 nel settore ispettivo: inoltre, all’epoca si operava con soli quattro ispettori INAIL che svolgevano la propria funzione sul territorio di Trieste e anche nella provincia di Udine. Come si evince la regione Friuli-Venezia Giulia, pur non essendo un territorio vasto, ha le sue criticità: ad esempio la provincia di Udine, la più grande come dimensione territoriale esige la presenza degli ispettori della sede di Trieste per fronteggiare il fenomeno del lavoro sommerso.
Ritengo però che il lavoro più consistente da effettuare sia su questo versante, anche se tale problematica non riguarda gli infortuni mortali alla nostra attenzione. Se analizziamo gli infortuni avvenuti, non ineriscono al fenomeno del lavoro sommerso; i lavoratori deceduti erano regolari. Il problema del lavoro sommerso invece nella Regione esiste. È proprio in questo ambito che stiamo cercando di lavorare sempre più in sinergia con gli altri enti che operano sul territorio. In alcuni comparti, per esempio quello dell’edilizia, si sono verificati infortuni mortali e nella quotidianità registriamo infortuni gravi e molto gravi; inoltre va considerato l’indotto industriale caratterizzato dalla presenza dal polo della Fincantieri e della Lucchini. È evidente che alla luce della gravità degli infortuni accaduti in questo periodo è quanto mai opportuno creare una maggiore sinergia, che come evidenziato in precedenza ha avuto un grande impulso a partire dal 2005 con la costituzione in Prefettura del tavolo permanente sulla sicurezza. È necessario fare di più. Inoltre, come ha ben illustrato il direttore regionale dell’INAIL, stiamo diffondendo a livello regionale la cultura della prevenzione. Abbiamo avviato in tal senso una campagna prevenzionale nelle scuole, inoltre, sono stati realizzati degli spot pubblicitari e altre iniziative similari diffuse a livello locale per diffondere la cultura delle prevenzioni e tali iniziative sono state intraprese proprio presso il tavolo prefettizio e le stesse hanno avuto dei riscontri positivi.
In particolare, ritengo sia importante la riconoscibilità degli enti e il ruolo svolto da ogni istituzione nel campo della prevenzione e dell’assicurazione.

ROTELLI
Proprio ieri sul giornale locale è stato pubblicato un articolo nel quale il procuratore generale della corte d’appello di Trieste elogiava in modo assai caloroso l’attività dell’unità operativa della sicurezza sui luoghi di lavoro rappresentata dal dottor Patussi.

PRESIDENTE
Dopo i due incidenti mortali?

ROTELLI
Sì. In effetti, il lavoro svolto dall’unità operativa è stato rilevante. Credo che il dottor Patussi, che la dirige, possa illustrare i problemi che siamo chiamati ad affrontare, le attività che svolgiamo e le proposte concrete che sono state avanzate sul tema.

PRESIDENTE
Dal momento che si tratta di una vostra precisa competenza e voi siete i diretti interlocutori, vorremmo avere ulteriori dati di conoscenza e sapere, quindi, quante ispezioni avete effettuato sui luoghi in cui si sono verificati gli incidenti e quali sono gli elementi che avete rilevato.

PATUSSI
Sono il responsabile della struttura complessa prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’azienda per i servizi sanitari n. 1 Triestina. Conosciamo bene la Lucchini e la Burgo. Alla Lucchini siamo intervenuti pesantemente a partire dal 2001, anche attivando con l’azienda e i lavoratori un tavolo di lavoro che ha agito sulla base di piani triennali per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Questa attività ha ottenuto un risultato importantissimo. Il numero degli infortuni è drasticamente calato, dimezzandosi nel tempo. Resta il fatto che la Lucchini è, in ogni caso, un’azienda ad alto rischio. È una fonderia di prima fusione, costruita a fine Ottocento, che lavora con impianti, quali gli altoforni, che risalgono agli anni ’80. Ripeto, è un’azienda sulla quale ci siamo impegnati pesantemente anche nell’ambito di un progetto provinciale sotto la regia del Prefetto di Trieste. A tal proposito consegno agli atti tutti gli accordi prefettizi stipulati e l’accordo sul protocollo di attività concordata all’interno della Lucchini firmato dall’INAIL, dall’azienda sanitaria, dalla Lucchini, dalle RLS e dalle rappresentanze sindacali unitarie.

PRESIDENTE
Proprio in virtù del fatto che questa azienda è stata classificata ad alto rischio, vorremmo sapere quali attenzioni ha prestato l’azienda sanitaria con specifico riferimento al luogo in cui si è verificato l’evento luttuoso. Vorremmo sapere, cioè, se sono state rilevate condizioni tali da rappresentare in qualche modo situazioni di rischio. In particolare, vorrei sapere se disponete di elementi di conoscenza circa l’attività svolta da quel macchinario.

PATUSSI
È in corso un’attività istruttoria della magistratura; ritengo quindi che possiate ricevere queste informazioni dal sostituto procuratore dottor Lombardi che coordina le indagini.
Noi abbiamo svolto tutte le rilevazioni sull’impianto ove è avvenuto l’infortunio.

PRESIDENTE
Noi non vogliamo conoscere le azioni che state ponendo in essere in questo momento, dopo l’incidente mortale.

PATUSSI
Dal 2002 ad oggi abbiamo effettuato presso la ditta Lucchini 430 sopralluoghi, per una media di 60 sopralluoghi l’anno. Esistono delle relazioni che posso consegnarvi. Ricordo gli importanti interventi sul sistema dei nastri trasportatori, che provocano molti infortuni. Nell’ultimo anno ci siamo dedicati prevalentemente ad un’altra area dell’impianto, la cokeria, per l’importante esposizione degli addetti a idrocarburi policiclici aromatici, l’area che consideravamo a maggior rischio cancerogeno e con maggiori criticità all’interno dello stabilimento. Nell’ambito dell’attività svolta negli ultimi anni sono stati effettuati interventi anche sull’area della banchina. Sono state peraltro quasi sempre comminate sanzioni, ma all’ultimo intervento effettuato nell’area, che comunque non è recente, non era emerso quanto riscontrato dopo l’incidente.

PRESIDENTE
Quindi, non ci sono stati interventi?

PATUSSI
A prescindere dalla verifica periodica delle funi che la nostra azienda effettua tramite l’ufficio verifiche periodiche, su quella gru recentemente non erano stati fatti interventi.
Per quanto riguarda la Burgo, invece, sono stati eseguiti circa 90 interventi, sempre con la dinamica temporale di cui ho riferito. Nel giugno 2008 è stato effettuato un intervento sull’impianto che ha provocato l’infortunio. Informazioni specifiche in merito allo stesso rientrano nell’ambito dell’attività istruttoria delegata dalla magistratura. Posso comunque affermare che a giugno dell’anno scorso l’impianto sostanzialmente funzionava correttamente.

PRESIDENTE
Nel giugno 2008?

PATUSSI
Sì.

PRESIDENTE
Noi siamo una Commissione d’inchiesta. Quindi, lei può parlare liberamente.

PATUSSI
Tutti i rilievi effettuati sono documentati.

PRESIDENTE
Noi abbiamo necessità di capire. Se non riusciamo in questo intento, ci sono comunque altre istituzioni competenti. Il nostro organismo dovrebbe entrare maggiormente nel merito di taluni aspetti e far emergere i problemi.

PATUSSI
Vorrei fare una precisazione. In uno stabilimento molto grande ed estremamente complesso quale quello della Burgo non è facile svolgere attività di prevenzione. Come ha già affermato la dottoressa Forlani, abbiamo avuto sino a poco tempo fa pochissimo personale a disposizione.
Questo non per volontà aziendale bensì per l’assenza di tecnici della prevenzione diplomati, dal momento che la modificata normativa nazionale prevedeva tale nuova figura tecnica presso gli SPSAL (Servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro) delle ASL, figura non ancora disponibile in sufficiente numero sul mercato del lavoro. L’azienda ha implementato il personale da 15 operatori effettivi nel 2005 ai 22 attuali.
Soltanto quest’anno, grazie all’acquisizione di nuovi tecnici della prevenzione, laureati in Regione, siamo riusciti a raddoppiare il numero degli ufficiali di polizia giudiziaria. Nel 2005, quindi, operavano solo quattro ufficiali di polizia giudiziaria che, come lei sa, hanno facoltà di accesso e quindi possono svolgere un’azione di prevenzione e vigilanza molto più incisiva. A fronte del superamento di questa criticità è aumentato in maniera importante il numero delle aziende seguite. Ci stiamo muovendo proprio su questo aspetto.
Il tavolo di lavoro aveva anche uno scopo specifico: per massimizzare l’attività di prevenzione ed inculcare nell’azienda i principi dei sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro, attraverso un’azione di formazione congiunta avviata con l’INAIL, si è cercato di attivare le procedure corrette all’interno dell’azienda stabilendo la tracciabilità delle azioni ed interventi di coordinamento sulla base di protocolli. Questa è l’attività che, a nostro giudizio, avrebbe potuto dare i migliori risultati, indipendentemente dai sopralluoghi effettuati dall’organo di vigilanza. È noto, infatti, che per una parte gli infortuni sono collegati a problemi impiantistici, al giorno d’oggi, tuttavia, questi sono sempre più frequentemente collegati a carenze procedurali, tanto che il decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede ulteriori strumenti, quali quelli indicati nel fondamentale articolo 30.
Per dare una risposta alla domanda da lei posta precedentemente in maniera molto corretta: per quanto riguarda la dinamica dell’evento accaduto, sicuramente siamo intervenuti, anche con notevole impegno, attivando la formazione relativa all’organizzazione del lavoro ed alle responsabilità di tutti i dirigenti e i preposti nell’azienda. Tra l’altro, nell’ambito della vigilanza, nell’ultimo anno sono state applicate specifiche sanzioni agli stessi dirigenti e preposti. Lascio agli atti questo documento che, insieme agli altri prodotti al tavolo prefettizio, ha anticipato di due anni quelli che sono oggi di fatto i contenuti del decreto legislativo n. 81 del 2008, il nuovo cosiddetto Testo unico sulla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

PRESIDENTE
Voi eravate a conoscenza di come si svolgeva la manutenzione sulla gru incriminata?

PATUSSI
Non conoscevamo le procedure specifiche per quella gru, salvo che la definizione di specifiche procedure rappresentava uno degli elementi previsti al tavolo di lavoro su cui la Lucchini S.p.A. si era impegnata.

PRESIDENTE
Ringrazio gli intervenuti per il contributo apportato ai nostri lavori.


Audizione dei rappresentanti di CGIL, CISL, UIL, UGL e UILM



Intervengono il signor Adriano Sincovich, segretario provinciale CGIL, il signor Umberto Salvaneschi, RSU FIM CISL, il signor Luciano Bordin, segretario provinciale CISL, il signor Vincenzo Timeo, segretario provinciale UIL, il signor Adriano Valle, segretario provinciale UGL e il signor Franco Palman, RSU RSL UILM.

PRESIDENTE
Continuiamo i nostri lavori con l’audizione dei rappresentanti di CGIL, CISL, UIL, UGL e UILM.
Desidero anzitutto soffermarmi sulle motivazioni per le quali questa delegazione della Commissione parlamentare d’inchiesta del Senato si interessa di infortuni sul lavoro. Siamo qui a Trieste essenzialmente per due motivi. Vi è un aspetto di carattere istituzionale, nel senso che cerchiamo di cogliere nelle varie parti d’Italia, con le missioni che organizziamo, le problematicità esistenti per poter dare risposte alle stesse e un aspetto legato alla comprensione delle necessità.
Le due morti sul lavoro avvenute a Trieste nel giro di una settimana possono esprimere la necessità di conoscenze più dirette; le audizioni, quindi, riguardano intere realtà rappresentative che possono aiutarci a capire come è gestita in senso lato la sicurezza sul territorio e in modo più specifico l’evento luttuoso che si è determinato.

SINCOVICH
Signor Presidente, parto dall’ultima considerazione che lei ha fatto, poi i colleghi presenti entreranno nello specifico dei due casi mortali verificatisi nei giorni scorsi. Credo di parlare a nome di CGIL, CISL e UIL in maniera unitaria perché siamo reduci da un tavolo generale presso la Prefettura di Trieste, tenutosi venerdì scorso e istituito da qualche anno con Accordo di tutte le parti sociali ed istituzionali, che ha prodotto diversi strumenti di intervento settoriale (il protocollo sul porto, il protocollo sui lavori pubblici e la sicurezza e una serie di altre iniziative delle quali probabilmente siete stati già informati). Venerdì durante una riunione che avevamo chiesto a seguito dei due infortuni mortali, che rappresentano un campanello d’allarme, abbiamo dovuto constatare un aspetto estremamente serio: il silenzio delle associazioni datorali a fronte dei fatti e a fronte delle nostre richieste. In proposito mi permetto di esprimere alcuni giudizi, ripeto anche a nome delle altre sigle sindacali, sullo stato di applicazione della normativa.
Nella riunione di venerdì abbiamo sottolineato la necessità di un nuovo slancio nel far funzionare un sistema generale di sicurezza in questa Provincia che la norma prevede, che è una sorta di combinato disposto tra le azioni delle istituzioni pubbliche di prevenzione e vigilanza preposte alla materia, l’azione sociale che sta in capo alle rappresentanze dei datori di lavoro e dei lavoratori e che si esplica, in base alla normativa, attraverso una serie di azioni in capo anche agli enti bilaterali, costituiti anche in questa Provincia a seguito del decreto legislativo n. 626 del 1994. Abbiamo posto un problema che riguarda la situazione di impasse in cui versano tutti gli enti bilaterali (sostanzialmente mi riferisco a quelli dell’industria e dell’artigianato). Stiamo affrontando e cercando di superare la situazione di impasse del comitato bilaterale dell’edilizia.
Guardiamo con grande preoccupazione a questa situazione perché, nonostante il tavolo istituzionale che abbiamo costituito, dove sono presenti tutti i soggetti in qualche maniera coinvolti, notiamo una certa difficoltà nello slancio di azione sociale che serve per intervenire sul tema della sicurezza, un tema che non finisce il giorno o l’ora «x», ma che ha bisogno di continui interventi e – per usare un’espressione oggi di moda assolutamente condivisibile – di una cultura complessiva e specifica sui temi della sicurezza che consenta una forte azione preventiva.
Abbiamo focalizzato che c’è una questione su cui non da oggi noi, insieme con le forze datorali e le istituzioni (ci sono documenti e ripetuti interventi), abbiamo posto particolare attenzione; sto parlando della formazione dei lavoratori che, secondo noi, è in una condizione molto arretrata.
Non ci sono dati ufficiali in questa Provincia, ma dalle nostre rilevazioni risulta che moltissime aree lavorative, soprattutto della piccola impresa e del lavoro diffuso, non hanno sviluppato i processi formativi obbligatori in tema di sicurezza. Alcune iniziative, che talune associazioni datorali – penso all’artigianato – hanno sviluppato negli anni passati, oggi sono ferme. Questo corrisponde sul piano della formazione dei lavoratori ad una fase di arresto delle attività degli enti bilaterali. Si tratta di una situazione che abbiamo ribadito non più tardi di venerdì alle singole associazioni datorali e ai singoli settori chiedendo un rilancio e uno slancio.
La cosa che ci ha impensierito non poco è il silenzio delle associazioni datorali.
Ho parlato della formazione; credo che tutti i presenti siano consapevoli del fatto che il tema è assolutamente importante per l’interventistica.

DONAGGIO (PD)
Come si inseriscono gli enti bilaterali all’interno del processo di costruzione del sistema di sicurezza? Il Testo unico non prevede una funzione degli enti bilaterali. Siccome lei ha rilanciato per tre volte la questione degli enti bilaterali, quali sono i compiti che avete affidato agli enti bilaterali che, invece, sono oggi in capo ad istituzioni ben precise che hanno il compito di sovrintendere e attuare i dispositivi delle norme di sicurezza? Gli enti bilaterali sono una forma anomala che si inserisce attraverso un protocollo, tuttavia nel Testo unico non hanno nessun rilievo e nessuna funzione. Sarebbe interessante capire quali attività e compiti sono stati spostati in capo a questa vostra funzione. Ha ripetuto per tre volte che li vuole rilanciare, ma in base al Testo unico sulla sicurezza non hanno compiti e funzioni.

SINCOVICH
Dopo il Testo unico, che è molto recente, ci dovrebbe essere la revisione di tutti gli accordi interconfederali, che riguarda l’assegnazione di iniziative anche su questo tema. Noi siamo a valle delle procedure e negli ultimi due anni, ma anche prima, abbiamo tentato in particolare sul tema della formazione di vedere se queste realtà potessero mettere in campo delle strumentazioni a disposizione del sistema d’impresa per fare formazione. Su tale fronte, però, le cose sono ferme, ma ciò non esula dalla responsabilità che hanno in particolare i soggetti d’impresa rispetto al disposto di legge: la formazione obbligatoria sta in capo all’impresa.
Il decreto legislativo n. 81 del 2008 ha operato una generale revisione delle strumentazioni.
Abbiamo, inoltre, posto in questa sede il problema della situazione della rappresentanza dei lavoratori. La ricognizione che abbiamo fatto, anche attraverso il tavolo della prefettura, ha evidenziato che soprattutto in alcuni settori l’individuazione e l’elezione dei rappresentanti dei lavoratori è molto scarsa. Questo è un problema che ci riguarda come sindacato, lo abbiamo ricordato anche venerdì scorso e abbiamo proposto delle forme di collaborazione con il sistema delle imprese – che a Trieste assume in gran parte la tipologia di impresa piccola e diffusa – per ridefinire e rafforzare lo strumento della rappresentanza dei lavoratori che noi pensiamo sia fondamentale per i percorsi di cultura della sicurezza e della prevenzione. Ripeto che abbiamo riscontrato in termini generali un atteggiamento di non grande disponibilità da parte delle forze datoriali. Secondo noi, c’è il problema aperto della formazione dei lavoratori e il problema della rappresentanza degli stessi, così come previsto dalle norme.

TIMEO
Signor Presidente, intervengo anche per sottolineare la questione del coinvolgimento degli enti bilaterali in questa discussione. Vorrei chiarire che su questo territorio saremmo piuttosto avanti rispetto alle gestione della sicurezza. Ciò rende ancor più difficile dover prendere atto che, a fronte degli accadimenti, l’essere avanti spesso non serve.
Rispetto agli enti bilaterali abbiamo fatto delle proposte di collaborazione al tavolo prefettizio, considerando che anche noi facciamo parte degli enti bilaterali.

PRESIDENTE
Si potrebbero fare dei riferimenti anche su questi due gravi episodi? Ci servono per capire cosa si è mosso.

TIMEO
Anche noi abbiamo fatto degli interventi all’interno degli enti bilaterali e volevo specificare che cerchiamo di fare la nostra parte con delle proposte. Siamo veramente soddisfatti di questo tavolo prefettizio, di ciò che ha prodotto e, nel caso specifico, di alcuni protocolli.

PRESIDENTE
Il tavolo prefettizio è una cosa; gli enti bilaterali un’altra.

TIMEO
Ho fatto solo una puntualizzazione sul ragionamento del mio collega a proposito della presenza degli enti bilaterali. Anche nel tavolo prefettizio abbiamo avuto a che fare con gli enti bilaterali perché abbiamo cercato di costruire dei percorsi finalizzati a reperire gli RLS (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza) per quanto riguarda gli aspetti della sicurezza e della formazione.
Venendo agli eventi specifici, abbiamo prodotto dei risultati che sono stato presi e mutuati anche da altre realtà non solo all’interno della Regione.
La traccia di questi protocolli sul web è disponibile per tutti. Ciò nonostante abbiamo notato che eventi mortali ancora si verificano. Abbiamo suggerito nella riunione di venerdì scorso di implementare questo tavolo e di dare una nuova spinta, anche perché abbiamo rilevato, come ha specificato il collega poco fa, una certa distanza e poca attenzione anche a livello istituzionale per la firma dei protocolli. Questi ultimi non vogliono assolutamente superare il Testo unico sulla sicurezza o il decreto legislativo n. 626 del 1994, ma sono tesi ad una implementazione. Ci siamo resi conto che c’è la necessità di trovare sempre nuovi strumenti per la sicurezza. Il sindacato ha fatto la sua parte anche nelle aziende.
È stato più semplice nel settore metalmeccanico e nel caso specifico nella ferriera, dove purtroppo abbiamo dovuto prendere atto che c’è la necessità...

PRESIDENTE
Questo lo abbiamo capito, stiamo dicendo le stesse cose. Noi vorremmo avere maggiori dettagli in riferimento a questi due episodi. Stava giusto parlando della ferriera. Ebbene, vorremmo sapere se c’è stata da parte vostra, da parte delle organizzazioni interne e del rappresentante della sicurezza...

TIMEO
Volete sapere che cosa abbiamo fatto? Mezz’ora dopo l’incidente, eravamo già presenti sul posto.

PRESIDENTE
Vogliamo sapere cosa avete fatto prima.

TIMEO
Prima, come stavo dicendo, abbiamo fatto un protocollo interno, che risale a circa due anni fa. È molto importante e riguarda le procedure operative da attuare all’interno dello stabilimento; inoltre, all’interno di questo protocollo, come parte sindacale, abbiamo tenuto alcuni corsi.

PRESIDENTE
Le faccio domande più dirette, così magari ci aiutiamo a vicenda. Eravate a conoscenza del modo in cui veniva gestita la manutenzione di questa gru?

TIMEO
Sì, assolutamente. L’intervento manutentivo previsto all’ordine del giorno consisteva soltanto in una presa visione degli impianti, quindi era solo una presenza audiovisiva. Ciò era previsto dalle normali procedure vigenti nello stabilimento, che anche le forze sindacali avevano condiviso all’interno di un protocollo.
C’è poi una seconda parte dell’intervento che riguarda l’accesso agli impianti e che si effettua al momento in cui il manutentore rileva un’anomalia all’interno di un impianto; se si tratta di un impianto in movimento, l’esecuzione degli interventi presuppone generalmente il blocco delle macchine.
In questo caso specifico, è mancata la comunicazione, è mancata la possibilità di attuare la seconda parte dell’intervento; cioè il manutentore non doveva essere presente in quel punto della gru, se non dopo avere effettuato un accesso agli impianti, ovvero una procedura che prevede che sia fermata la gru e che venga avvisato colui che la manovra, per evitare qualsiasi tipo di pericolo. Non sappiamo però dove è mancata la comunicazione.

PRESIDENTE
Le indagini ci daranno elementi in questo senso.

TIMEO
Comunque risulta questo buco nella comunicazione.

PRESIDENTE
Quindi voi ritenete che sia lì il problema.

TIMEO
Noi abbiamo anche avanzato alcune proposte. Abbiamo incontrato i rappresentanti dell’azienda due volte, nello stesso giorno, poche ore dopo l’evento, e il giorno successivo, alla presenza del responsabile delle risorse umane del gruppo, nonché responsabile della sicurezza del gruppo Lucchini, al quale abbiamo fatto proposte che riguardavano in particolare due aspetti, cioè l’accesso agli impianti in movimento e le procedure operative all’interno dei reparti.

PRESIDENTE
Le altre volte che è stata svolta la manutenzione, questa si è sviluppata nello stesso modo oppure no?

PALMAN
Farei un passo indietro a proposito del tavolo in azienda.
Da un lato, dobbiamo considerare quanto si è fatto per costruire procedure di sicurezza che affrontassero veramente gli aspetti specifici e i problemi all’interno della ferriera, dall’altro, si deve tenere presente la realtà giornaliera che si vive all’interno della fabbrica. Possiamo dire che quanto viene deciso al tavolo in azienda, insieme ai vertici della direzione, con le ASL e con l’INAIL, poi non viene trasmesso alla parte produttiva, che non viene informata. Dopo l’evento, naturalmente abbiamo svolto controlli a tappeto, per conoscere in profondità i problemi che riguardano i vari reparti, proprio per appurare se venisse comunicato quello che discutevamo con l’azienda al tavolo. Ebbene, abbiamo la sensazione, anzi la certezza che su informazione, formazione e scala gerarchica delle responsabilità non vi è comunicazione. Cerco di essere più chiaro.

PRESIDENTE
Ciò che lei dice è sicuramente vero, perché indubbiamente ci sono reparti che non comunicano. Tuttavia, insieme ai miei colleghi qui presenti, vorrei capire una questione molto più semplice: precedentemente, sono state eseguite attività di manutenzione nella stessa identica maniera con cui sono state fatte il giorno in cui è successo l’infortunio mortale?

PALMAN
Pensavo di fare una panoramica...

PRESIDENTE
Ma a noi interessa particolarmente approfondire questo aspetto.

PALMAN
Essendo anche un operaio che opera all’interno della banchina, posso assicurarle che quello che si faceva all’interno del reparto era molto chiaro. È mancata probabilmente l’informazione di base, perché la procedura era molto chiara. Ci sono due reparti, quello che riguarda la banchina e quello che riguarda la manutenzione. La manutenzione doveva avvertire...

PRESIDENTE
Le sto facendo una domanda semplice.

PALMAN
Non riesco a capire, allora.

SALVANESCHI
Le rispondo io, Presidente. Faccio parte della FIM della ferriera. La risposta dell’azienda alla domanda che lei ha appena formulato è stata che non erano mai state eseguite manovre di quel genere in banchina, con un impianto in movimento.

PRESIDENTE
Desidero conoscere la vostra risposta.

SALVANESCHI
Non so se avete posto la stessa domanda anche all’azienda...

DONAGGIO (PD)
Lo faremo più tardi.

SALVANESCHI
Non possiamo smentire che purtroppo vi sono ancora alcune defezioni e che la regola non viene applicata sempre al cento per cento. Alcune cattive abitudini, chiamiamole così, purtroppo ancora ci sono e le stiamo combattendo con tutte le informazioni e formazioni che sono state citate.
Come hanno già detto i miei colleghi, manca ancora una formazione e informazione dettagliata fino agli ultimi livelli. Abbiamo osservato che manca una specifica comprensione dell’accesso impianti, che tale aspetto non è conosciuto come dovrebbe esserlo. A livello di ferriera manca, inoltre, un dialogo più preciso tra l’ente di esercizio e l’ente di manutenzione.
Abbiamo osservato che ci sono queste carenze, che probabilmente sono in parte una delle cause dell’incidente. Tuttavia, non spetta a me o a noi fare questo discorso, sarà la magistratura ad affrontarlo. Possiamo dire però che noi abbiamo osservato questi problemi.

PRESIDENTE
Questo è chiaro e d’altronde è emerso anche dagli interventi precedenti. Tuttavia, per noi è importante sapere se in altre situazioni era stata fatta la manutenzione con le stesse procedure.

SALVANESCHI
In termini generali, purtroppo succede che abitudini non siglate, non confermate vengano attuate a causa di carenze nella formazione e informazione.

PRESIDENTE
Io le definisco in modo più diretto, lei fa un discorso più edulcorato. Ma bisogna essere chiari, per capire bene queste vicende e per poi prevenirle. Se noi permettiamo che l’azienda svolga attività di manutenzione in una maniera che non è prevista dai protocolli, come voi ci avete detto, che la mano sinistra non sappia ciò che fa la mano destra, significa che c’è stata una pericolosità in itinere. E solo venti giorni fa circa si è determinato il dramma. Quindi, era in uso una cattiva procedura, pericolosa.
Questo è ciò che volevamo sapere.

TIMEO
Le organizzazioni sindacali hanno svolto un lavoro – insieme alla ASL e all’INAIL, oltre che all’azienda stessa – per stabilire procedure che, laddove applicate, non avrebbero dato luogo a questo incidente.

PRESIDENTE
A noi però interessa sapere dove queste procedure non sono applicate.

TIMEO
Noi riteniamo di aver individuato qual è il problema, cioè la mancanza di comunicazione tra i livelli intermedi.

PRESIDENTE
Io le faccio un altro discorso.

TIMEO
Rispetto alle responsabilità...

PRESIDENTE
No, mi scusi, voi non potete fare un ragionamento scantonando. Quello che dite è chiaro, è palese, è conclamato, è tutto giusto, l’abbiamo capito dalla prima relazione che ha fatto il segretario provinciale della CGIL. Quello che stiamo cercando di capire, e che mi sembra sia emerso, è se queste procedure anomale, che non rispettavano i vari accordi, le intese, si siano determinate altre volte e non solo in quel giorno in cui c’è stata la drammatica fatalità. È vero?

TIMEO
Sì.

SALVANESCHI
È vero.

PRESIDENTE
È questo che volevamo sapere, per cominciare a ricostruire il quadro.

VALLE
Buongiorno, sono il segretario provinciale dell’UGL, nonché dipendente della cartiera Burgo, dove è avvenuto l’incidente mortale. Purtroppo, a Duino non è la prima volta che succede una disgrazia così grande, ci sono stati altri morti negli anni passati. Quello che devo denunciare è sicuramente la mancanza della formazione, come hanno già sottolineato i miei colleghi.
È vero, la legge impone la formazione, ma purtroppo poi questa norma non è applicata, specialmente per i ragazzi che sono gli ultimi arrivati.
Infatti, i ragazzi assunti con contratto a termine vengono adibiti ad attività secondo me molto pericolose, senza alcuna formazione. Ad esempio, a Duino, per prima cosa a questi lavoratori viene affidato un carroponte.
Sembra un compito molto semplice, perché è come giocare con il joystick, ma in realtà con questa macchina si spostano bobine anche di 40 tonnellate. Potete quindi immaginare la pericolosità di questo lavoro.
Invece, secondo l’azienda, è il lavoro meno rischioso, di livello più basso, perché si tratta di fare avanti e indietro tutto il giorno guidando questa macchina. Ma quando si spostano pesi di quel tipo è immaginabile cosa può comportare una manovra errata, soprattutto se non si conoscono gli impianti.
È prevista una serie di passaggi, quando si opera la manutenzione, quando si fanno dei sezionamenti. Esiste una regola pro forma, ma non sempre viene rispettata a causa della riduzione degli organici in azienda.
Per effettuare un sezionamento occorrono anche diverse ore e allora, purtroppo, si opera con l’impianto solo parzialmente sezionato, oppure addirittura succede che vadano a sezionarlo persone non competenti. Si fa questo per risparmiare.
Alla Burgo stiamo passando un brutto momento di crisi, per cui l’azienda cerca di risparmiare eliminando, ad esempio, un elettricista; di solito, invece, sono due per ogni turno, dal momento che queste persone entrano in cabine elettriche con voltaggi elevatissimi, fino a 30.000 volt.
Questo è inammissibile.
Voglio solo farvi riflettere su un aspetto. Negli ultimi tre episodi mortali che si sono verificati nella Regione (ce n’è anche un altro, un signore rimasto soffocato nel camion) si trattava sempre di persone che lavoravano da sole. Sarà una fatalità, però sicuramente va riconosciuto che, in caso di emergenza, nessun dispositivo garantisce la sicurezza che può dare un collega. Quel dispositivo può funzionare mille volte, ma è sufficiente che non funzioni una sola volta. Questo è accaduto per esempio nel tragico infortunio mortale che ha colpito la nostra ditta.
Quindi, le misure di sicurezza ci sono. Non so se si è trattato di un malore o di un altro motivo che ha causato questa disgrazia, però se al fianco di quel lavoratore ci fosse stato un collega questi sarebbe potuto intervenire in modo diverso.
In azienda, come credo anche in altre realtà, ci sono molti settori in cui si opera per otto ore da soli. Si è dotati di un sistema «uomo a terra», ma questo non risolve molto, perché quando si finisce sulla sega il dispositivo serve a poco o a nulla.
Ritengo che il problema sia da considerare seriamente. Bisogna verificare se in certe realtà ed in certe condizioni è possibile lasciare una persona a lavorare da sola. Capisco che intervenire su questo aspetto comporta dei costi ulteriori per l’azienda, ma la vita umana non ha prezzo.

PRESIDENTE
Su questo siamo d’accordo.
Lei lavora all’interno dello stabilimento?

VALLE
Sì.

PRESIDENTE
È in grado di ricostruire il fatto? Secondo voi, quali sono stati gli elementi che lo hanno caratterizzato, a prescindere dal fatto che la presenza di un altro collega probabilmente avrebbe potuto essere determinante? Avete pensato alla ricostruzione dell’evento? Erano sorte precedentemente problematiche relative alla sicurezza su quella postazione di lavoro?

VALLE
Sono un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e quindi seguo insieme alla ASL le varie problematiche che in questo ambito si presentano in tutta l’azienda. Quel reparto è stato esternalizzato circa due anni fa ad una ditta esterna, la Compagnia portuale, alla quale, quindi, sono state affidate anche la manutenzione dei macchinari e le procedure di messa in sicurezza.
Onestamente non saprei dire quali fossero le condizioni di sicurezza di quel reparto. Di certo erano presenti tutti i sistemi prescritti. Posso confermarlo perché svolgendo la funzione di manutentore ho ampia visuale dell’intero stabilimento. Può essere solo uno il punto in cui è caduto il collega, dove c’è un’altezza di un passamano. L’operaio lavora su una pedana e se su questa viene a mancare il peso l’impianto si blocca attraverso un fermo meccanico (logicamente elettrico). Mille possono essere i motivi per i quali questo fermo non si è attivato. Vorrei però precisare che l’operaio non è caduto direttamente sulla sega perché tra questa e la pedana c’è uno spazio abbastanza ampio. Conoscendo l’impianto, posso ipotizzare alcune cause: o il collega ha avuto un malore nel tentativo di raddrizzare i tondelli di legno e si è quindi esposto con una parte del corpo all’interno del nastro, oppure è stato agganciato dal legno mentre cercava di togliere l’uncino che permette di raddrizzare il tondello. La logica vuole che in questo caso si molli la presa, ma è possibile che abbia perso l’equilibrio e, quindi, abbia avuto un malore perché cadendo all’interno del nastro ha perso conoscenza. Sicuramente se fosse stata presente una seconda persona questa avrebbe potuto intervenire, anche tirandolo fuori personalmente.

PRESIDENTE
La macchina, però, avrebbe dovuto fermarsi, perché non c’era più il peso sulla pedana.

VALLE
Certo, però si tratta di un fermo meccanico. Ad ogni modo, la macchina ora è sotto sequestro.

DONAGGIO (PD)
Vorrei porre una domanda proprio ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Come sono stati giudicati i documenti di valutazione del rischio? Tali documenti, infatti, rappresentano uno degli atti fondamentali sia del ruolo degli RLS sia dell’attività di prevenzione. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è chiamato ad esprimersi sull’idoneità o meno di quel documento. Pertanto, credo sia da chiarire se certe condizioni di rischio, a fronte di macchinari così complessi e a prescindere dalle procedure di manutenzione, erano evidenziate nei documenti di valutazione del rischio. Vorrei sapere come in tali documenti le protezioni previste nel macchinario possano essere state ritenute congrue con il livello di sicurezza.
A mio avviso, bisognerebbe riflettere anche sulla certificazione di questi documenti che rappresentano atti fondamentali dell’intero sistema di sicurezza nei luoghi di lavoro. Avete riflettuto su questo aspetto? Esistono questi documenti? E in caso affermativo, il livello di protezione prospettato dall’azienda è stato ritenuto soddisfacente da parte dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza?

SALVANESCHI
Vorrei fornire un dato relativo all’incidente accaduto alla ferriera di cui non so se siete a conoscenza. Sono intervenuti tutti gli organi di competenza, quindi anche la ASL, che il giorno successivo ha fatto una prescrizione con la quale si richiedeva di installare un cancelletto di sbarramento all’impianto. Fino al giorno dell’incidente questo cancelletto non esisteva.

PRESIDENTE
Su macchine simili, identiche?

SALVANESCHI
Sulla stessa macchina, sull’impianto, che – ricordo – non è stato sequestrato. Le persone competenti intervenute sull’impianto hanno ritenuto che non fosse da sequestrare. Ho fatto questa precisazione per dovizia di informazione.

PRESIDENTE
Non ho ben capito.

PALMAN
L’accesso alla gru avviene tramite delle scalette ed è libero.
Vi accede ovviamente solo la persona chiamata ad operare sull’impianto.
Dopo un paio di giorni – il tempo sufficiente per l’intervento – è stato installato un cancellato per impedire l’accesso all’area della gru.

PRESIDENTE
Due giorni dopo l’incidente?

PALMAN
Sì.

PRESIDENTE
Il cancelletto è stato installato dopo l’incidente?

PALMAN
Sì. Vorrei precisare che stiamo parlando di una gru particolare, che non è il classico carroponte ma è una gru che si muove in contemporanea con il braccio in rotazione.

DONAGGIO (PD)
Ci è stata già descritta e nel documento di valutazione del rischio è stata certificata la sua non pericolosità.

PALMAN
Vorrei descrivervi la normale procedura di manutenzione dell’impianto. La manutenzione chiama il capo turno della banchina che è responsabile dei gruisti e di tutto ciò che riguarda la parte marittima della banchina; preciso che la manutenzione è responsabile dei manutentori da inviare nell’area che è sotto la responsabilità del capo turno della banchina. L’operazione prevede l’accesso impianti per certe situazioni, ma può esserci qualche dubbio che ciò sia possibile in una situazione di routine. Il capo turno informa il gruista il quale, trovandosi a 25 metri di altezza, non è in grado di vedere ciò che avviene sotto la gru. Quando i manutentori si trovano sotto la gru informano il gruista del loro arrivo sulla rampa di accesso alla piattaforma alla base della gru. A quel punto il gruista si mette in posizione di sicurezza, si ferma ed esegue qualsiasi operazione la squadra di manutenzione richieda. Questa è la procedura normale che si è sempre seguita.
Ovviamente l’operaio che doveva eseguire l’operazione di ingrassaggio della gru era l’unico ispezionatore ma non avrebbe dovuto essere solo.
Faccio poi presente che l’attività del gruista prevede orari specifici: quando si lavora in quattro spettano due ore a testa; quando si lavora in tre – e quel giorno, purtroppo, eravamo in tre – il turno del gruista dura quattro ore, ad esempio dalle otto a mezzogiorno. Probabilmente l’ispezionatore – si tratta sempre di ipotesi che abbiamo fatto tra di noi – ha pensato che si stesse trattando del momento di cambio del gruista e, quindi, che la macchina si sarebbe fermata per dieci minuti. È mancata l’informazione di base.

PRESIDENTE
Noi però abbiamo acquisito un altro dato. Questa che lei ci ha descritto è una delle ipotesi fatte. Giustamente voi siete colleghi della vittima e vivete anche più direttamente il dramma. L’evento come è stato da lei proposto appare essere un’eccezione. Mi sembra, però, conclamato il dato che anche in altre circostanze la manutenzione veniva eseguita nelle stesse condizioni in cui è stata eseguita in questa circostanza nella quale si è verificato l’infortunio. Questo è un aspetto centrale. Mi sembra sia stato già detto.

PALMAN
Parlando tra colleghi...

PRESIDENTE
Lasci perdere i colleghi. Noi dobbiamo arrivare alla sintesi. Abbiamo acquisito un dato. Capisco certamente la vostra emotività ma se ritenete che abbiamo capito male correggeteci, altrimenti possiamo dare questo dato per acquisito.

BORDIN
Non ho notizie specifiche circa i due infortuni di Trieste ma devo rappresentare il fatto che questi due incidenti si sono verificati in due grandi aziende in cui comunque esistono le figure previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008. Evidentemente avete ragione voi: qualcosa non ha funzionato.

PRESIDENTE
Qui non ha ragione nessuno.

BORDIN
Di certo, però, qualcosa non ha funzionato.

DONAGGIO (PD)
Io ho posto una domanda sul documento della valutazione del rischio ma nessuno ha ancora risposto.

BORDIN
Buona parte del territorio risponde in tal senso, dalle piccole alle grandi aziende. C’è un serio problema di valutazione che, se va fatta, deve essere fatta bene. Ricordo però che la valutazione eseguita all’interno della ferriera di Servola – conosco un po’ meno la situazione della cartiera, ma credo sia analoga – sia stata congegnata assieme agli organismi che in qualche modo hanno dato una mano. Questo è l’aspetto che ci preoccupa di più.

PRESIDENTE
Chi intende per «organismi»?

BORDIN
L’azienda sanitaria.

PRESIDENTE
Ho bisogno di chiarezza. Lei sta dicendo che la valutazione del rischio è stata organizzata anche insieme agli ispettori?

BORDIN
Forse i rappresentanti degli enti amministrativi non le hanno detto che nell’ambito della fase di consulenza da parte dell’azienda sanitaria sulla questione ferriera esisteva un protocollo tra organizzazioni sindacali e azienda, assieme alla ASL, relativo alle modalità di gestione della sicurezza nello stabilimento.

PRESIDENTE
E questo è un altro aspetto.

BORDIN
Si prevedeva anche la possibilità di una valutazione del rischio assieme agli RLS. Ripeto, la valutazione del rischio è scritta. Ciò che manca, ed è stato dimostrato, è il controllo delle procedure all’interno dell’azienda, il controllo su chi ha la responsabilità della gestione della sicurezza all’interno dell’azienda. Bisogna confrontarsi con realtà in cui non si sono verificati infortuni per capire dove risiede la prassi scorretta nell’ambito della gestione della sicurezza in quell’azienda, come nell’altra, che è fortemente a rischio. Su questo non vi sono dubbi. Quindi, giustamente le RLS e le organizzazioni sindacali interne rappresentano quelle situazioni in cui non si risponde alle procedure adottate affinché gli infortuni non si verifichino.
Per questo motivo la nostra attenzione è fortemente incentrata innanzitutto sulla formazione degli RLS. Non dimentichiamo, peraltro, che gli RLS sono dei lavoratori, mentre dall’altra parte ci sono tecnici e ingegneri.
È evidente che noi troviamo grandi difficoltà nella valutazione del rischio che spetta comunque al datore di lavoro. È lui che deve risponderne, i suoi preposti e la sua organizzazione, così come è previsto nei decreti legislativi nn. 626 e 81. Crediamo che in queste due grandi aziende si sia interrotto questo passaggio. Non dimentichiamo, peraltro, che per quanto riguarda la sicurezza in cartiera esiste il grande problema del coordinamento tra aziende diverse.

PRESIDENTE
Ce ne rendiamo conto e lo abbiamo fatto presente.

BORDIN
Qual è la funzione degli RLS in cartiera rispetto alle procedure della Compagnia portuale che opera all’interno di quello stabilimento?
Quali sono le azioni che gli RLS possono porre in essere per verificare se in quell’area si rispettavano le norme? Credo ci sia un problema, che abbiamo rimarcato ripetutamente, circa il ruolo degli RLS.
Se, infatti, il decreto legislativo n. 81 del 2008 ha potenziato i loro compiti, di fatto le libertà, la tutela, la formazione sono rimaste ancora molto marginali. Credo che dobbiamo puntare su questo.
Quando accadono infortuni del genere credo sia importante considerare in primis l’elemento della valutazione del rischio che il lavoratore fa del proprio posto di lavoro. Poi sarà la magistratura a verificare cos’è successo effettivamente perché le nostre sono solo sensazioni, anche se importanti.

PRESIDENTE
La senatrice Donaggio ha posto un tema centrale.

BORDIN
E quindi la formazione e l’informazione all’interno delle procedure.

SALVANESCHI
Noi riteniamo che la siderurgia abbia delle peculiarità di rischio sicuramente superiori a tanti altri settori e riteniamo che 70 ore per gli RLS siano insufficienti per la formazione e informazione in tema di sicurezza.
A proposito della ferriera, visto che siamo tutti a conoscenza della volontà di dismissione, vorremo che ci fosse una forte attenzione perché se si arriverà a una dismissione e ad una riconversione è necessario che il processo sia seguito seriamente sul fronte della sicurezza in modo da evitare altre disgrazie.

VALLE
Signor Presidente, volevo segnalare che abbiamo grossissime difficoltà a lavorare all’interno di questa azienda, anche perché purtroppo nella cartiera Burgo da parecchio tempo – è brutto dirlo – ci sono minacce su tutti i fronti, anche verso i lavoratori. Abbiamo casi in cui se il dipendente si faceva male l’infortunio veniva gestito come malattia; infatti registravamo il più alto tasso di infortuni della Regione: 145 infortuni all’anno, il numero si è ridotto solamente perché hanno usato un metodo diverso, ovvero portare la persona direttamente all’ospedale facendole durante il percorso un bel lavaggio del cervello. Se il lavoratore era assunto con un contratto di formazione veniva meno il rinnovo. Questa è la realtà; rischierò il mio posto di lavoro, ma la realtà è questa. Credo quindi che sia necessario avere una particolare attenzione nei confronti di queste aziende che purtroppo fanno a modo loro.

PRESIDENTE
Ringrazio gli ospiti per il loro contributo.


Audizione del consigliere delegato alla sicurezza dell’Associazione industriali di Trieste, del presidente della CNA Trieste, del presidente e del segretario generale di Confartigianato e presidente dell’Associazione piccole e medie imprese Trieste, del presidente dell’API Trieste, del presidente e del rappresentante dell’URES



Intervengono il dottor Felice Bragoni, consigliere delegato alla sicurezza dell’Associazione industriali di Trieste, la signora Franca Fabian, presidente della CNA Trieste, il dottor Dario Bruni presidente Confartigianato e il dottor Enrico Eva, segretario generale Confartigianato e presidente dell’Associazione piccole e medie imprese Trieste, la dottoressa Sandra Pesle, presidente dell’API Trieste, il signor Tenze Niko, presidente dell’URES, ed il dottor Andrej Šik, rappresentante dell’URES

PRESIDENTE
Signore e signori, buongiorno e benvenuti. Come già sapete la nostra Commissione intende conoscere meglio le problematiche di questo territorio relative alla sicurezza sul posto di lavoro e, in modo più specifico, vorrebbe avere notizie sui due incidenti mortali dello scorso mese. Siamo, inoltre, interessati alle vostre proposte e indicazioni in modo da avere un quadro il più possibile chiaro per poterne usufruire per le attività istituzionali della Commissione stessa.

BRUNI
Signor Presidente, l’argomento è di un’importanza estrema perché gli incidenti che si sono verificati lasciano l’amaro in bocca a tutti.
Rappresentiamo 2.000 aziende. Sono nostre associate anche le piccole e medie imprese non artigiane; un terzo di queste sono a conduzione familiare e quindi l’imprenditore e sovente tutta la sua famiglia sono impegnati nell’azienda.
La riforma attuata dal Testo unico ha inasprito le sanzioni e ha aumentato la burocrazia, laddove riteniamo che non siano i pacchi di carta prodotti a garantire la salute dei lavoratori in azienda, bensì un processo di formazione e informazione continuo. All’interno della nostra realtà c’è un contatto stretto con le aziende per progetti di formazione e di informazione.
A dimostrazione di ciò ho portato un progetto, siglato con l’INAIL due settimane fa, che coinvolge le imprese artigiane e gli enti di formazione. Questo processo, di tipo non punitivo, secondo noi può produrre qualcosa. C’è stato un inasprimento delle sanzioni e delle pene, che sono già pesanti, per gli inadempimenti ma non sempre ciò che viene previsto sulla carta si traduce in una riduzione degli infortuni. Se può essere utile, posso lasciare il progetto che è stato sottoscritto con l’INAIL dall’ente bilaterale che, essendo un ente paritetico, raggruppa sia le parti datoriali che quelle sociali.

BRAGONI
Signor Presidente, condivido in parte quanto ha detto il collega sull’educazione e la formazione contro gli infortuni. Il decreto legislativo n. 81 infatti, come diceva il collega, aumenta la burocrazia, inasprisce le pene anche per mancanze di piccola entità e, secondo noi, non va nella direzione di creare la cultura della sicurezza che sta alla base di un processo di miglioramento. Noi riteniamo che si tratti soprattutto di un problema culturale di entrambe le parti, datoriali e dei lavoratori. Ci dovrebbe essere una comunità di intenti culturale per capire qual è la strada da intraprendere.
Nonostante le ultime tragedie che hanno colpito l’area del Friuli-Venezia Giulia, su scala regionale il dato che si evidenzia è che comunque c’è una riduzione degli infortuni: si è passati da circa 30.900 infortuni del 2003 a 28.000 nel 2007, che è l’ultimo dato che l’INAIL ci ha fornito, e, a livello nazionale, da 977.000 a 912.000. Anche i casi mortali in Regione sono diminuiti di oltre il 30 per cento. Con ciò non si vuole ridimensionare la gravità di quello che è successo, però il trend dimostra che il fenomeno in qualche maniera è governabile. C’è anche da rilevare che oltre il 50 per cento degli infortuni è avvenuto in itinere o all’esterno dei luoghi di lavoro. Pure questo credo rappresenti un dato significativo perché evidentemente è un discorso più allargato. Bisognerebbe entrare maggiormente nel merito dei numeri e dati per poter capire come si muove il fenomeno.
A livello di associazione industriale noi stiamo seguendo le aziende da vicino con un ufficio dedicato alla sicurezza sul lavoro e fornendo consulenza di tipo tecnico. Facciamo continui corsi di formazione, sia per gli addetti alla sicurezza che per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, corsi per apprendisti e per nuovi assunti. L’Associazione industriali, quindi, avverte e segue molto da vicino questo fenomeno.
Bisognerebbe però intervenire a livello culturale, sulla formazione, ma per far questo occorrono le risorse. Sappiamo che l’INAIL ha un avanzo di gestione notevolissimo, che potrebbe essere utilizzato a questo scopo, per incentivare l’incontro tra aziende e lavoratori e prevedere una formazione, una crescita culturale in materia di sicurezza. Ripeto, la convinzione principale è che non è con le sanzioni o con le formule rigide che si riesce a fronteggiare un fenomeno di questo genere.

PRESIDENTE
Dottor Bragoni, lei è il delegato alla sicurezza, vero?

BRAGONI
Sì, sono delegato alle relazioni sindacali, nel cui ambito è compresa anche la sicurezza.

PRESIDENTE
Ma queste due aziende sono vostre associate?

BRAGONI
Sì.

PRESIDENTE
Mi permetto di rilevare che in entrambi i casi, come risulta dalle notizie che stiamo assumendo, si tratta di aziende che sono in crisi. La ferriera dovrebbe terminare il suo ciclo e magari riconvertirsi nei prossimi anni, entro il 2015; la Burgo vive una situazione di difficoltà non recente.
Ebbene, in casi come questi, ritengo che si debba alzare doppiamente la guardia. Ci preoccupa molto tale situazione e per questo ne parliamo anche a voi, che rappresentate i datori di lavoro. Infatti, quando l’azienda entra in una fase di predismissione o di dismissione, aumentano i rischi di infortuni. Del resto, chi ha vissuto il dramma della ThyssenKrupp di Torino capisce bene che cosa comporta la chiusura di un’azienda, quali rischi si corrono, proprio perché cadono le attenzioni, diminuiscono i servizi di tutela e di conseguenza possono accadere disgrazie come quelle che conosciamo.
La invito pertanto a fare il punto della situazione. D’altra parte, è un problema di carattere generale, che non riguarda solo Trieste. Queste due grandi aziende si trovano appunto nella situazione che ho descritto, per cui credo che sia un atto di responsabilità da parte nostra, delle istituzioni e di tutti soggetti competenti alzare la guardia. Anche lei ovviamente è chiamato ad avere una particolare attenzione, per il ruolo delicato che svolge all’interno della sua associazione, della quale fanno parte anche queste due aziende. Ripeto, se sono confermate le notizie che ci sono state date, la Lucchini nei prossimi sei anni dovrebbe chiudere o trasformarsi.
Ci è stato detto stamattina, ma lei dovrebbe saperlo.

BRAGONI
In realtà è un discorso che va avanti da alcuni anni. Prima si parlava del 2011, poi del 2015.

PRESIDENTE
La invito comunque in modo pressante a valutare con particolare attenzione ciò che abbiamo detto. Lo ripeteremo anche agli altri soggetti competenti, affinché non cadano i livelli di attenzione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. È un problema estremamente serio, che purtroppo non riguarda solo queste due aziende. Ce ne sono molte, in Italia, che si trovano in una situazione critica.

BRAGONI
Sia la Lucchini che la Burgo sono due grandi gruppi che applicano le norme antinfortunistiche. Si pensi che l’azienda sanitaria locale ha fatto in questo ultimo anno 400 visite presso la ferriera e circa 90 presso la Burgo. Quindi quei luoghi di lavoro sono sotto continuo monitoraggio.

PRESIDENTE
Dottor Bragoni, affrontiamo le questioni che ci riguardano.
Con i rappresentanti della ASL abbiamo già parlato: si possono anche eseguire numerosissimi sopralluoghi, ma bisogna capire esattamente che cosa è stato fatto in riferimento al piano, tenuto conto che la ferriera è un’azienda ad alto rischio. Questi aspetti saranno poi valutati dal magistrato inquirente.
Io le ho fatto un altro discorso, di assunzione di responsabilità. Poi ogni soggetto competente dovrà svolgere il suo ruolo nell’attenzionare il fenomeno, come ci auguriamo. Questo è un problema serissimo, come ripetiamo tutte le volte che affrontiamo questo argomento. Se già queste società erano in crisi negli anni passati, è ovvio che la situazione diventa molto più grave nel clima generale che stiamo vivendo, senza volere esasperare i toni.
Un’associazione importante come quella che lei rappresenta, cioè quella dei datori di lavoro, ritengo debba stimolare particolarmente l’attenzione proprio su queste aziende che sono in fase di dismissione o a rischio di chiusura, poiché in tali casi c’è un forte abbassamento dell’attenzione e quindi un rischio maggiore di infortuni. La mia è una raccomandazione.

BRAGONI
Sì, ho compreso.

FABIAN
Sono la presidente della CNA di Trieste, una piccola associazione di artigiani di Trieste. Non ripeterò ciò che ha detto il presidente della Confartigianato, ma preferisco soffermarmi sul discorso che ha fatto lei, Presidente, circa la situazione di crisi che la grande industria sta vivendo, su cui sono perfettamente d’accordo.

PRESIDENTE
Anche la piccola industria è in crisi!

FABIAN
È vero, sicuramente queste considerazioni valgono anche per la piccola industria. Io rappresento il settore degli artigiani, dove – come diceva il dottor Bruni – si lavora in famiglia, fianco a fianco con i dipendenti e si affronta insieme questo momento di crisi economica, che è senz’altro presente e molto sentito.
Se mi è consentito, vorrei fare un piccolo appunto sotto il profilo culturale. Spesso si prendono decisioni, ad esempio in materia di sicurezza, come è successo per le norme del Testo unico, che ci complicano moltissimo la vita dal punto di vista burocratico e conseguentemente economico, perché comportano dei costi. Ciò nonostante gli artigiani non sono protagonisti della trattativa che porta a varare quella normativa. Ritengo pertanto che quel famoso tavolo a cui siedono il Governo, i sindacati e Confindustria dovrebbe allargarsi anche alla piccola impresa.

DONAGGIO
Mi sembra che sia già così.

FABIAN
Questo servirebbe ad affrontare in maniera culturale i problemi che viviamo nel momento attuale.

DONAGGIO (PD)
Mi scusi se la interrompo, ma non vorrei che scivolassimo – mi sembra che fosse questo il significato del richiamo che ha fatto il Presidente – nell’idea che le morti sul lavoro sono una fatalità, visto che, quando si muove la magistratura inquirente, vengono sempre accertate responsabilità che sono riconducibili a comportamenti ben precisi.
Nel nostro Paese, ogni giorno ci sono più morti sul lavoro che in Iraq o in Afghanistan. È una triste sequenza che ha portato a richiamare ciascuno alle proprie responsabilità, come ha fatto prima di tutti il Presidente della Repubblica. Del resto, questa Commissione d’inchiesta è stata insediata al Senato non certo sull’onda dell’emotività o per un motivo culturale. Abbiamo deciso di istituirla, con voto unanime del Senato, proprio perché riteniamo che questa sia un’emergenza del Paese, considerati i tanti episodi che l’hanno determinata.
Penso che soffermarsi solo sulla parte sanzionatoria significhi affrontare questo tema dalla coda e non dalla premessa. La premessa è che il nostro Paese ha varato una robusta legislazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, a partire dallo Statuto dei lavoratori, per passare al decreto legislativo n. 626 del 1994, con tutta una serie di interventi di aggiornamento, per finire con la sistematizzazione della materia operata nel Testo unico. Credo che in particolare questo Testo unico debba essere apprezzato unanimemente, perché ha messo ordine in un impianto legislativo che invece, essendo disperso in tanti rivoli, creava contraddizioni e difficoltà di interpretazione.
Noi siamo impegnati nel monitorare l’attuazione di queste norme.
Fino ad ora, abbiamo ricevuto solo richieste di prorogare l’entrata in vigore di alcuni provvedimenti.
Ritengo che invece dobbiamo concentrarci sugli elementi di criticità del nostro sistema, perché non è sufficiente prevedere le sanzioni. Conoscere le difficoltà nell’applicazione di alcune norme ci aiuterebbe nel proporre eventuali soluzioni. Su questo punto, abbiamo sollecitato anche le organizzazioni sindacali, audite stamattina. Ho sempre considerato fuorviante l’idea che il diritto alla sicurezza è un diritto a geometria variabile, che muta a seconda della dimensione dell’impresa. Le imprese vanno aiutate, in base alla loro dimensione, a far fronte alle esigenze di una tutela compiuta della salute e della sicurezza, che però deve essere un diritto universale che ogni lavoratore acquisisce, ovunque sia dislocata l’impresa.
Oggi siamo alle prese con due imprese in crisi, dove – come abbiamo appreso – si è creato un conflitto rispetto ad alcune norme, il cui contenuto è stato adattato in base alla situazione locale, in un determinato momento.
Ci sono criticità che invece vanno affrontate. Ad esempio, il Testo unico ha introdotto un fondo (che a questo punto dovrebbe essere finanziato), grazie al quale si possono stanziare risorse per aiutare le imprese ad adeguarsi, mettendosi in condizione non solo di rispondere a questioni formative o di cultura della sicurezza, ma anche di far fronte a situazioni specifiche, in riferimento ad un certo tipo di lavoro, in base al livello di rischio a cui si è esposti in una determinata attività.
Pertanto, per noi sarebbe utile capire quali sono le criticità che eventualmente le imprese ritengono opportuno sottolineare, perché se queste non vengono rimosse è difficile che vengano rispettate compiutamente le leggi che il Parlamento ha varato.

FABIAN
Volevo solo precisare che, quando parlo di cultura, lo faccio proprio per evitare il fatalismo. Ritengo che le piccole imprese abbiano bisogno di norme forse maggiormente calibrate sulle loro dimensioni.

DONAGGIO (PD)
Su questo possiamo registrare che non siamo d’accordo.

BRUNI
Sono d’accordo con lei su alcuni aspetti, ma se l’obiettivo è quello di ridurre il numero degli infortuni sul lavoro, soprattutto quelli gravi quali le morti bianche, bisogna anche capire perché gli incidenti si verificano. Infatti, paradossalmente, se andiamo a vedere gli atti che vengono prodotti sulla base del quadro legislativo attuale e se scopriamo che tutto è in regola sotto l’aspetto formale, e non sostanziale, le posso garantire che il colpevole non emerge, né viene imputato. Bisogna quindi andare più a fondo. Ecco perché va fatta una distinzione.

PRESIDENTE
Questo è l’aspetto importante e dirimente. Non è un giallo che non si conclude. Le responsabilità sono comunque del datore di lavoro.

BRUNI
Non voglio assolutamente contraddirla.

PRESIDENTE
Questa è la legge.

BRAGONI
Questa è una criticità della legge.

DONAGGIO (PD)
È una responsabilità giuridica stabilita in questo Paese.

BRUNI
Certo, però vengono individuate alcune responsabilità in capo al datore di lavoro il quale deve provvedere a predisporre atti, processi informativi e formativi, documenti e altro ancora. Al datore di lavoro adempiente nei confronti di tutte le disposizioni di legge non vengono imputate altre responsabilità. Non voglio fare il difensore di nessuno e tanto meno delle aziende in cui si sono verificati gli incidenti, ma il datore di lavoro e il responsabile per la sicurezza non possono essere presenti in tutto il ciclo produttivo. Devono disporre.
A questo punto, mi ricollego alle parole della signora Fabian: a fronte di determinate dimensioni dell’impresa alcune norme diventano inapplicabili.
Per realizzare, ad esempio, un piccolo intervento di ripristino murario è necessaria la presentazione di un POS, piano operativo per la sicurezza, comprensivo di allegati, il che non garantisce maggiore sicurezza, bensì aumenta semplicemente i costi di produzione, fermo restando che non si tutela nemmeno la salute del lavoratore.

PRESIDENTE
Come è noto, il decreto legislativo n. 81 del 2008 è ancora in corso d’opera; bisogna ancora emanare i decreti attuativi. Questi incontri rappresentano per noi delle occasioni per avere delle specifiche memorie che non devono però genericamente incentrarsi sull’aspetto sanzionatorio, come credo intendesse dire la collega Donaggio. L’aspetto sanzionatorio, infatti, qualora dovesse essere posto in essere, è l’ultima fase di un percorso che noi dobbiamo affrontare dal principio. Non si può guidare una macchina prestando attenzione solo alla eventuale sanzione che si può ricevere; bisogna partire dal rispetto delle regole. Noi quindi siamo disponibili ad accogliere eventuali proposte migliorative e a tal proposito abbiamo anche costituito un gruppo di lavoro presieduto dalla senatrice Donaggio che ha proprio il compito di monitorare l’attuazione del Testo unico. Ben vengano, quindi, le vostre indicazioni. Non c’è pregiudizio da parte nostra. Questo ve lo possiamo garantire.

BRUNI
Non trovo un senso logico mirato alla tutela della salute del lavoratore nella previsione della presenza in tutte le imprese di un rappresentante per la sicurezza. È difficile inserire una simile figura nell’attività di un orafo che lavora con un apprendista.

DONAGGIO (PD)
Non è un principio applicato in tutte le imprese. Ci sono differenze territoriali.

BRUNI
Da noi è così.

DONAGGIO (PD)
Dalla discussione con i rappresentanti territoriali dei lavoratori per la sicurezza è emerso che l’applicazione di questo principio è legato ad una determinata soglia.

BRUNI
Non è questa la sede per illustrare quanto stiamo discutendo con le parti sociali e con i sindacati.

PRESIDENTE
So che è un decreto di difficile lettura. Lo è per tutti, anche per noi che abbiamo contribuito alla sua stesura. È però un testo che dobbiamo leggere e capire. Spesso accade che si riferiscano argomenti detti da altri. In tal modo si innesca una specie di catena di sant’Antonio in cui non si capisce chi ha letto il decreto e chi ha proposto per primo un’argomentazione che poi viene ripetuta come uno slogan.
Noi siamo disponibili a ricevere tutte le indicazioni che voi riteniate utili. La nostra presenza sul territorio ha anche questa funzione e non vuole opporre pregiudizi. L’obiettivo comune, infatti, è quello di ridurre il numero degli incidenti e, possibilmente, di azzerarlo. In tal senso, ogni tipo di collaborazione verrà accolta. Questo è il sentimento che ci ispira e che ci spinge nel nostro lavoro.

ŠIK
Sono Andrej Šik, rappresentante dell’Unione regionale economica slovena (URES), associazione operante a livello locale che riunisce la minoranza slovena in Italia.
Non voglio ripetere le parole dei miei colleghi, che peraltro condivido.
In merito, però, alla specificità delle piccole imprese, vorrei aggiungere un elemento relativo a questo territorio. Ci troviamo ad operare in un ambito frontaliero e ad affrontare il problema sempre più crescente di imprese che si muovono oltre confine. Tutti i soggetti oggi presenti intorno a questo tavolo sono partner del programma «Interreg» di iniziativa comunitaria, promosso nel quadro dell’Obiettivo 3, volto a promuovere il lavoro transfrontaliero delle piccole e medie imprese. Nell’ambito di questo programma stiamo lavorando ad un progetto che si propone di migliorare la sicurezza nel lavoro transfrontaliero al quale vorrei partecipassero tutti i soggetti oggi presenti. Ogni settimana ricevo molte telefonate dalla ASL triestina che individua nei cantieri la presenza di imprese slovene ma che non è in grado di verificare se la documentazione che tali imprese presentano sia valida ed accettabile, nonostante faccia riferimento alle stesse direttive europee.

PRESIDENTE
Le direttive europee sono altra cosa. Qui stiamo parlando della legislazione italiana.

ŠIK
Certo, ma la legislazione nazionale fa sempre riferimento a quella comunitaria.

PRESIDENTE
Noi siamo andati oltre. Il decreto legislativo n. 626 del 1994 aveva questa logica. Il decreto legislativo n. 81 del 2008 è andato oltre.

ŠIK
Ne prendo atto. Ogni giorno si impara sempre qualcosa e questo è l’aspetto positivo di questi incontri.
Ad ogni modo, la nostra idea è quella di presentare un progetto coinvolgendo gli organi di controllo italiani, quindi ASL ed Ispettorato del lavoro, e gli omologhi sloveni, cioè l’Ispettorato del lavoro della Repubblica slovena, affinché tutti insieme verifichino la corrispondenza della documentazione e la necessità di eventuali integrazioni della stessa affinché le imprese, sia quelle italiane che operano in territorio sloveno, sia quelle slovene che operano in Italia, possano essere in regola. Mi aspetto che un simile progetto riceva anche il supporto politico che credo meriti, proprio perché bisogna agire partendo, come lei ha detto Presidente, non dal principio sanzionatorio ma da quello della prevenzione.

PRESIDENTE
Sarebbe anche opportuno verificare gli accordi che regolano i rapporti tra Italia e Slovenia. Non sfugge, infatti, che questo problema non può essere ridotto alla ASL locale o all’omologo organismo oltre confine. È una questione molto importante perché in una realtà transfrontaliera certe problematiche devono essere risolte. Credo che le colleghe Bla’ina e Donaggio se ne faranno carico per poter dare sostegno all’individuazione di una soluzione.

ŠIK
Vi ringrazio.

PESLE
Sono Sandra Pesle, presidente dell’Associazione piccole medie imprese di Trieste.
Il problema degli infortuni è gravissimo. Vorrei però rilevare che il numero degli incidenti nell’ambito delle piccole imprese è statisticamente basso. Le piccole imprese si sono adeguate con una certa rapidità alle normative relative all’adozione di sistemi di controllo anche sulle apparecchiature produttive. L’hanno fatto, nonostante le difficoltà, già a seguito dell’emanazione del decreto n. 626. Peraltro, faccio presente che il datore di lavoro di una piccola impresa è molto presente sul posto di lavoro, anche attivamente, nel senso che partecipa al processo produttivo. Per questo motivo è importante che il datore di lavoro, o la persona da lui delegata, possa assicurare la sua presenza senza essere costretto a perdere del tempo con una burocrazia estremamente farraginosa, sempre con il timore di commettere degli errori negli adempimenti legislativi e di incorrere poi in sanzioni.

PRESIDENTE
Dottoressa Pesle, è comprensibile ciò che sta dicendo.
Mi permetta però di essere chiaro per farle comprendere quello che voglio dire. Noi abbiamo visto morire piccoli imprenditori, quelli a cui lei si riferisce, e dobbiamo tutelare anche loro, la loro salute. Ricordo l’incidente che è accaduto a Molfetta, dove diversi uomini sono morti asfissiati dai gas di una cisterna, o l’esplosione all’oleificio di Campello sul Clitunno dove il primo a morire è stato proprio il datore di lavoro che stava svolgendo delle operazioni di saldatura sui silos.

PESLE
Ma non è detto che il datore di lavoro personalmente non segua le disposizioni sulla sicurezza.

PRESIDENTE
Al di là delle problematiche da lei citate, che sicuramente esistono e che è giusto illustrare in queste sedi per stimolare anche la nostra funzione di proposta – ed è questo il motivo per cui abbiamo detto di aprire un’interlocuzione –, bisogna tenere presente che è nostro dovere tutelare anche i datori di lavoro. Sono stati già troppi i casi in cui piccoli imprenditori sono morti insieme ai loro operai. Il ruolo fondamentale dello Stato è proprio quello di avere una visione generale e non riduttiva della problematica. Se poi vengono lamentate problematicità burocratiche, allora bisognerà provvedere affinché siano snellite.

BRUNI
Consegneremo una memoria scritta.

PRESIDENTE
L’obiettivo è quello di tutelare tutti e, soprattutto, i piccoli imprenditori che spesso assumono lavori in subappalto e devono pertanto risparmiare su tutto. Molte volte è proprio l’artigiano, il piccolo imprenditore che lavora in prima linea e paga con la vita. Noi ci stiamo ponendo anche questo problema. La sicurezza sul lavoro deve essere una questione di carattere generale. Laddove si evidenziano dei problemi è possibile intervenire. Il Testo unico andava fatto; occorre ora emanare numerosi decreti delegati; in quella sede sarà possibile correggere determinati aspetti. Il Parlamento, nella sua diversa composizione politica, non svolge un ruolo contro qualcuno o qualcosa, ma è disponibile a riesaminare certe decisioni e ad aprire un dialogo. Questi incontri, quindi, rappresentano occasioni per dialogare, per affrontare insieme i problemi e per correggere qualcosa che non funziona.
Vi ringrazio per il contributo che ci avete offerto.


Audizione di un rappresentante della Cartiera Burgo, dell’amministratore delegato della Compagnia portuale srl e del responsabile prevenzione e protezione della LUCCHINI spa



Intervengono l’ingegner Alberto Sorge della Cartiera Burgo, accompagnato dal dottor Vito Rizzo, coordinatore sicurezza Burgo Group e dal dottor Marco Dal Zotto, responsabile del personale, il dottor Scaramelli, amministratore delegato della Compagnia portuale srl, accompagnato dal capitano Fabio Salvini, consulente esterno per la sicurezza, e l’ingegner Domenico Demontis, responsabile prevenzione e protezione della Lucchini spa, accompagnato dal dottor Francesco Rosato, direttore dello stabilimento di Trieste e dal dottor Francesco Semino, direttore delle relazioni esterne.

PRESIDENTE
I motivi della nostra presenza sono noti: siamo interessati ad un discorso generale riferito ai livelli di tutela e di sicurezza della salute sui luoghi di lavoro e ai fatti drammatici che si sono determinati a Trieste.
Comunichiamo ufficialmente che tutto quello che direte verrà segretato, dato che c’è un’indagine in corso.

PRESIDENTE
Vi ringrazio della collaborazione.
Dichiaro conclusa l’audizione.
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Fonte: Senato della Repubblica