Cassazione Penale, Sez. 4, 11 marzo 2011, n. 9929 - Inesistente o inidonea manutenzione della barriera delimitante il canale fognario


 

Responsabilità del capo Unità del D.P.I. Servizio fognature 9A U.O. Pianura Soccavo del Comune di (OMISSIS) perchè non aveva disposto un'adeguata manutenzione della recinzione metallica posta a protezione di un canale fognario sito in Pianura; a seguito di ciò la persona offesa, mentre stata camminando lungo la cancellata, aveva urtato contro una staffa metallica, che fuoriusciva dalla medesima cancellata, riportando lesioni al braccio sinistro.

 

Ricorso in Cassazione - Rigetto.

 

La Corte per quanto riguarda la posizione di garanzia in capo all'imputato afferma che egli contesta l'esistenza di questa posizione di garanzia ma "le sentenze di merito hanno accertato un elemento di fatto (neppure contestato dal ricorrente) che è dotato di una valenza indiscutibile per i fini che interessano. Non solo infatti gli accertamenti effettuati, anche ad opera della polizia giudiziaria (che aveva ricevuto una risposta scritta firmata dall'imputato alla richiesta di indicazione della ditta incaricata della manutenzione) avevano confermato che la persona preposta al servizio era l'odierno imputato, ma altresì che questi, dopo l'infortunio, era intervenuto per mettere in sicurezza la barriera metallica per l'eliminazione dell'insidia.
Queste argomentazioni, non contestate ed esenti da alcuna illogicità, sono idonee a dimostrare che A. rivestiva una posizione di garanzia anche per la prevenzione di infortuni derivanti dalla inesistente o inidonea manutenzione della barriera delimitante il canale fognario e quindi correttamente sono state dai giudici di merito poste a fondamento dell'affermazione che A. era competente per questi interventi e quindi che rivestiva la contestata posizione di garanzia."


 

 

 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 SEZIONE QUARTA PENALE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 Dott. MARZANO Francesco - Presidente -
 Dott. BRUSCO Carlo G. - rel. Consigliere -
 Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -
 Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere -
 Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere -
 ha pronunciato la seguente:
 sentenza 

 

  

 

 sul ricorso proposto da:
 1) A.G. N. IL (OMISSIS);
 avverso la sentenza n. 42/2009 TRIBUNALE di NAPOLI, del 13/04/2010;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/02/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO GIUSEPPE BRUSCO;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Geraci Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 udito per il ricorrente l'avv. Ducci Domenico il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
 La Corte: 
 

 

 

 

 FattoDiritto

 

 

 

 

 

1) A.G. ha proposto ricorso avverso la sentenza 13 aprile 2010 del Tribunale di Napoli che ha rigettato l'appello proposto contro la sentenza 30 giugno 2009 del Giudice di pace di Napoli che l'aveva condannato alla pena di Euro 1.000,00 per il delitto di lesioni colpose (malattia guarita in giorni tredici) in danno di Z.S.; reato commesso in (OMISSIS).
I giudici di merito hanno ritenuto che l'imputato dovesse essere ritenuto responsabile del reato indicato perchè - "quale Capo Unità del D.P.I. Servizio fognature 9A U.O. Pianura Soccavo del Comune di (OMISSIS)" - non aveva disposto un'adeguata manutenzione della recinzione metallica posta a protezione di un canale fognario sito in Pianura; a seguito di ciò la persona offesa, mentre stata camminando lungo la cancellata, aveva urtato contro una staffa metallica, che fuoriusciva dalla medesima cancellata, riportando lesioni al braccio sinistro.

2) A fondamento del ricorso si deduce, con il primo motivo, la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d ed e perchè i giudici di merito avrebbero illegittimamente respinto la richiesta di acquisizione di documenti idonei a dimostrare che, in capo all'imputato, non esisteva alcuna posizione di garanzia riferibile all'epoca in cui l'incidente era avvenuto; egli si era occupato dell'alveo fognario di (OMISSIS) solo in occasione dell'evento alluvionale del settembre 2001 e la documentazione di cui si chiedeva l'acquisizione era idonea a dimostrare questa circostanza.
 

Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di motivazione con riferimento alla circostanza che il Tribunale, invece di esaminare le censure proposte con l'appello, si è limitato ad un rinvio alla sentenza di primo grado omettendo quindi di motivare sui punti censurati ed in particolare sull'esistenza del rapporto di causalità tra condotta ed evento e sull'individuazione della regola cautelare violata.
In particolare, secondo il ricorrente, il giudice di appello, benchè sollecitato con i motivi di impugnazione, non avrebbe neppure esaminato le censure che si riferivano alle gravi contraddizioni nelle quali era caduta la persona offesa nel descrivere il fatto e all'attendibilità dei testimoni S.A. e D.M. S..
 

Con il terzo motivo si deduce ancora il vizio di motivazione con riferimento all'esistenza di una posizione di garanzia in capo al ricorrente. Nel ricorso si riporta la dichiarazione del teste S., superiore diretto del ricorrente, secondo cui al servizio fognature cui era preposto l'imputato competeva il convogliamento delle acque mentre gli alvei fognari "sono appartenenti al Genio Civile" ed egli era intervenuto successivamente all'incidente come ogni volta in cui si crea un problema; ma ciò non può valere a creare una posizione di garanzia senza che venga individuata la fonte e sulla base di un accertamento di polizia giudiziaria privo di alcuna conferma. Nè può trarsi, l'esistenza di questa posizione, dalla circostanza che A. era stato nominato direttore dei lavori dì ripristino a seguito degli eventi alluvionali del 2001.
 

 

2) Va premesso che il reato contestato all'imputato non è ad oggi ancora estinto per prescrizione. All'ordinario termine di prescrizione, che scadrebbe il 24 marzo 2010, vanno infatti aggiunti i seguenti periodi di sospensione:
 - dal 16.3 al 13.4.2010 (richiesta rinvio per studio questione);
 - dal 29.10.2008 al 9.1.2009; dal 28.6 al 20.9.2007; dal 14.12.2006 al 5.4.2007; dal 20.5 al 22.6.2004: tutti per astensione dalle udienze da parte degli avvocati;
 - dal 21.4 al 20.5.2004 per impedimento dell'imputato.
 I periodi di sospensione sono dunque pari a mesi undici e giorni 25 che vanno aggiunti al termine del 24 marzo 2010 e fanno ritenere che ad oggi il termine massimo di prescrizione non sia ad oggi ancora decorso.
 

3) Ciò premesso deve rilevarsi che il ricorso, per alcuni aspetti inammissibile laddove richiede al giudice di legittimità una diversa valutazione dei fatti, è comunque infondato e deve conseguentemente essere rigettato.


Per ragioni di ordine logico è opportuno esaminare preliminarmente le censure, contenute soprattutto nel secondo motivo, che si riferiscono alle modalità dell'incidente. Questo esame non può che concludersi con la dichiarazione di inammissibilità del motivo perchè le censure proposte mirano ad una ricostruzione del fatto diversa da quella dei giudici di merito laddove hanno accertato che la persona offesa, mentre camminava lungo la cancellata già descritta, urtava contro la staffa metallica lunga circa 20 cm. che sporgeva dalla cancellata, cadeva al suolo e si procurava le lesioni già descritte.
A questa conclusione i giudici sono pervenuti sulla base delle dichiarazioni della persona offesa e di testimoni (uno dei quali aveva provveduto al soccorso dell'imputato) oltre che delle fotografie scattate subito dopo il fatto che confermano la presenza dell'insidia.
Le censure sul punto contenute nel ricorso sono inammissibili perchè dirette ad una rivalutazione delle prove assunte in giudizio ed in particolare delle deposizioni testimoniali in merito alle quali la sentenza impugnata ha formulato una incensurabile valutazione di attendibilità.
Consegue anche, a queste conclusioni, l'infondatezza delle censure che si riferiscono alla mancata individuazione della regola cautelare violata (costituita, in tutta evidenza, dalla mancata eliminazione di un'insidia) e all'efficienza causale di questa violazione sull'evento (le lesioni sono la conseguenza dell'urto del pedone contro la staffa metallica sporgente).
 

 

4) Infondate sono anche le censure che si riferiscono all'esistenza di una posizione di garanzia in capo all'imputato.
Il ricorrente contesta l'esistenza di questa posizione di garanzia che forma anche oggetto della richiesta, respinta, di riapertura dell'istruzione dell'istruzione dibattimentale formulata nel giudizio di appello.
Ma le sentenze di merito hanno accertato un elemento di fatto (neppure contestato dal ricorrente) che è dotato di una valenza indiscutibile per i fini che interessano. Non solo infatti gli accertamenti effettuati, anche ad opera della polizia giudiziaria (che aveva ricevuto una risposta scritta firmata dall'imputato alla richiesta di indicazione della ditta incaricata della manutenzione) avevano confermato che la persona preposta al servizio era l'odierno imputato, ma altresì che questi, dopo l'infortunio, era intervenuto per mettere in sicurezza la barriera metallica per l'eliminazione dell'insidia.
Queste argomentazioni, non contestate ed esenti da alcuna illogicità, sono idonee a dimostrare che A. rivestiva una posizione di garanzia anche per la prevenzione di infortuni derivanti dalla inesistente o inidonea manutenzione della barriera delimitante il canale fognario e quindi correttamente sono state dai giudici di merito poste a fondamento dell'affermazione che A. era competente per questi interventi e quindi che rivestiva la contestata posizione di garanzia.
Da ciò deriva altresì l'incensurabilità, nel giudizio di legittimità, della valutazione di irrilevanza della documentazione della quale si è chiesta l'acquisizione nel giudizio di appello avendo, i giudici di merito, accertato in modo inequivoco che all'imputato competevano gli interventi di prevenzione, poi peraltro da lui effettuati dopo l'incidente.

 

5) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

 P.Q.M.

 

  la Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2011.
 Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2011