Cassazione Penale, Sez. 4, 09 marzo 2011, n. 9371 - Collasso delle strutture di protezione e caduta


 

Responsabilità del legale rappresentante di una snc, per il reato di omicidio colposo in danno del lavoratore S.D. .
Quest'ultimo, dipendente dell'imputato,  per svolgere la propria attività era salito sul tetto dell'Hotel (Omissis) e, per la presenza di uno strato di brina, era scivolato rovinando a terra da una altezza di 12 metri, a causa del collasso delle strutture di protezione che avrebbero dovuto evitare la caduta.

Osservava la Corte che S. D. era caduto a terra in quanto le strutture di protezione avevano ceduto.

 

Ricorso in Cassazione - Rigetto

 

La Suprema Corte osserva che la Corte territoriale ha proceduto alla ricostruzione della dinamica causale del sinistro secondo un coerente percorso logico argomentativo.

 

La Corte territoriale ha infatti osservato che la corretta applicazione della tavola ferma piede avrebbe impedito che il peso del lavoratore gravasse direttamente sul montante e la presenza di un ulteriore montante fra gli interassi avrebbe costituito un elemento di rafforzamento che avrebbe potuto evitare il collasso della struttura di protezione.

 

La Corte d'appello ha considerato che, sul punto, il consulente aveva evidenziato che il piede dell'infortunato si era verosimilmente infilato nello spazio lasciato indebitamente libero tra la copertura e la tavola ferma piede, così che S. aveva gravato con il proprio peso direttamente sul montante. Oltre a ciò, la Corte ha rilevato che l'imputato non aveva altrimenti verificato l'idoneità della struttura di protezione di cui ora si è detto, vista la mancanza di ogni documentazione relativa alla progettazione del parapetto ed ai materiali utilizzati. Orbene, in tali termini la Corte di Appello ha sottolineato che i richiamati fattori causali - morfologia della struttura protettiva, errato montaggio della tavola ferma piede - erano riconducibili alle violazioni cautelari ascrivibili all'imputato.


 

 
 
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:

1) I. L. N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 276/2009 CORTE APPELLO di TRENTO, del 19/02/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

udito il P.G. in persona del Dott. FRATICELLI Mario che ha concluso per annullamento con rinvio.

 

 

FattoDiritto

 

La Corte di Appello di Trento con sentenza in data 19.2.2010 confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Trento del 5.3.2009, che all'esito di giudizio abbreviato aveva affermato la penale responsabilità di I. L., nelle qualità di legale rappresentante della società L. snc, per il reato di omicidio colposo in danno del lavoratore S.D. .

 

La Corte di Appello riferiva che la mattina dell'(Omissis) S.D., dipendente dello I., per svolgere la propria attività era salito sul tetto dell'Hotel (Omissis) e, per la presenza di uno strato di brina, scivolava rovinando a terra da una altezza di 12 metri, a causa del collasso delle strutture di protezione che avrebbero dovuto evitare la caduta.

Osservava la Corte che S. D. era caduto a terra in quanto le strutture di protezione avevano ceduto; che sul cantiere operava anche l'impresa Srl R. H. &. C. , a cui erano stati appaltati i lavori di ristrutturazione dell'Hotel (Omissis); e che alla L. era stata subappaltata la posa in opera delle guaine di isolamento del tetto. Rilevava la Corte di Appello che le barriere protettive erano state realizzate dalla R. e che, secondo l'assunto dell'appellante, I. non poteva essere chiamato a rispondere dell'incidente dato che non poteva avere consapevolezza delle irregolarità della protezione, di cui aveva constatato la presenza e la apparente validità.

 

La Corte di Appello considerava che la consulenza tecnica espletata nel corso del giudizio di primo grado aveva chiarito che la causa dell'incidente era da individuarsi nella inadeguatezza del montante di sostegno della struttura di protezione, che presentava un debole meccanismo di rottura, difetto derivante dalla cattiva progettazione del montante medesimo. La Corte di Appello evidenziava che era pure emerso, nel corso della istruttoria, che i parapetti erano stati realizzati con montanti dei quali non era nota la provenienza nè la classificazione e che perciò non esistevano informazioni specifiche sul loro utilizzo.

La Corte di Appello si soffermava specificamente sul motivo di doglianza sollevato dall'appellante I. , con il quale la parte aveva eccepito la non percepibilità delle carenze strutturali del parapetto. La Corte evidenziava, sul punto, che le anomalie relative allo scorretto montaggio della tavola fermapiede ed alla eccessiva distanza tra i montanti erano di immediata percezione. Oltre a ciò, la Corte rilevava che l'imputato non aveva verificato l'idoneità della struttura di protezione, vista la mancanza di documentazione relativa alla progettazione del parapetto ed ai materiali utilizzati.

 

Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione I. L. per mezzo del difensore. La parte osserva che la sentenza di secondo grado ha affermato la penale responsabilità dell'appellante ritenendo sussistente un profilo di colpa escluso dal giudice di primo grado, in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero; rileva inoltre l'illogicità della motivazione.

La parte richiama il contenuto della contestazione specificamente elevata allo I., che concerne la mancata installazione di un adeguato parapetto contro la caduta dall'alto. Il ricorrente ribadisce non aver potuto avvedersi della inadeguatezza della struttura, peraltro accertata solo a seguito di complessa consulenza tecnica. Osserva, inoltre, che il primo giudice aveva affermato la penale responsabilità dell'appellante sulla base di un profilo di colpa generica, consistito nell'aver costretto i dipendenti a recarsi sul tetto, nonostante la presenza di uno strato di brina.

Il ricorrente assume che la Corte di Appello non si sia soffermata sui motivi di doglianza sollevati dall'appellante, circa la mancanza di correlazione tra la sentenza ed il capo di imputazione; e che il giudice di secondo grado abbia affermato la penale responsabilità del prevenuto in relazione ad un diverso aspetto, concernente l'inidoneità strutturale del parapetto, ritenuto dal giudice di primo grado non riferibile all'odierno ricorrente. La parte deduce la violazione dell'articolo 597 cod. proc. pen., avendo la Corte di Appello riformato un punto della decisione di primo grado non investito da alcun motivo di gravame.

 

Con il secondo motivo, la parte ribadisce che I. non aveva la possibilità di verificare l'inadeguatezza progettuale del parapetto, che appariva idoneo e correttamente montato. Il ricorrente rileva, inoltre, che la Corte ha fondato la responsabilità su di una valutazione di mera probabilità, in ordine alla idoneità della condotta omessa ad evitare l'evento; e che irrilevante, rispetto alla dinamica della caduta, risulta il posizionamento della tavola fermapiede.

 

Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.

 

Con il primo motivo la parte assume che la sentenza di secondo grado abbia affermato la penale responsabilità dell'imputato, ritenendo sussistente un profilo di colpa escluso dal giudice di primo grado.

Il rilievo non ha pregio.

Invero, occorre in primo luogo evidenziare che il Tribunale di Trento, del tutto legittimamente rispetto al tenore del capo di imputazione, che richiama anche profili di colpa generica, ebbe ad affermare la responsabilità dell'imputato, con specifico riferimento al difetto di informazione sulle norme di sicurezza da adottare nella esecuzione della prestazione; ciò in quanto S. era salito sul tetto senza attendere lo scioglimento dello strato di ghiaccio che si era formato.

La Corte di Appello, sul punto, ha conferentemente rilevato che la valorizzazione ad opera del primo giudice del richiamato profilo di colpa generica non aveva determinato la dedotta mancanza di correlazione tra la sentenza ed il capo di imputazione, atteso che la contestazione concerneva anche il richiamo alla colpa generica. La Corte di Appello, non di meno, ha escluso la rilevanza del predetto profilo di colpa. La Corte di Appello di Trento, infatti, ha considerato che la consulenza tecnica espletata nel corso del giudizio di primo grado aveva chiarito che la causa dell'incidente era da individuarsi nella inadeguatezza del montante di sostegno della struttura di protezione, che presentava un debole meccanismo di rottura, difetto derivante dalla cattiva progettazione del montante medesimo.

Preme, al riguardo, sottolineare da un lato che il profilo di colpa specifica conseguentemente individuato dalla Corte territoriale non involge elementi esclusi dal primo giudice, come sopra già evidenziato; dall'altro, che questa Suprema Corte ha chiarito che la nozione di "punti della decisione" di cui all'articolo 597 c.p.p., comma 1, va collegata al momento dispositivo della sentenza appellata e deve riferirsi alla decisione del giudice, sicchè la preclusione derivante dall'effetto devolutivo dell'appello, concernente i punti della decisione che non sono stati oggetto dei motivi di gravame e che acquistano autorità di giudicato, non riguarda gli argomenti logici. Ne deriva che nel procedimento per reato colposo - come nel caso di specie - quando la sentenza venga impugnata in ordine alla sussistenza della responsabilità, "il giudice di appello ha il potere-dovere di indagare su tutti gli elementi di colpa contestati al prevenuto, compresi quelli sui quali il precedente giudizio era stato a lui favorevole, dovendo considerarsi gli accertamenti relativi ai detti elementi, attinenti ai profili particolari della condotta dell'agente, come argomentazione logica, e non già quali punti della decisione" (Cass. Sez. 4, sentenza n. 47158 del 25.10.2007, Rv. 238353).

 

Venendo ora ad esaminare il secondo motivo di ricorso, si osserva che la Corte territoriale ha proceduto alla ricostruzione della dinamica causale del sinistro secondo un coerente percorso logico argomentativo, immune da ogni censura apprezzabile in sede di legittimità.

La Corte ha sottolineato che il consulente aveva rilevato specifiche incongruenze del sistema di protezione, costituite: dal montaggio della tavola ferma piede a circa 20/25 cm. dalla estremità della copertura; e dalla lunghezza dell'interasse tra i montanti, dato che il parapetto presentava una unica campata di 2,25 metri. La Corte territoriale ha osservato che entrambe le riferite circostanze, secondo il consulente tecnico, avevano influito nella causazione del sinistro: la corretta applicazione della tavola ferma piede, infatti, avrebbe impedito che il peso del lavoratore gravasse direttamente sul montante; e la presenza di un ulteriore montante fra gli interassi avrebbe costituito un elemento di rafforzamento che avrebbe potuto evitare il collasso della struttura di protezione.

La Corte di Appello ha considerato che, sul punto, il consulente aveva evidenziato che il piede dell'infortunato si era verosimilmente infilato nello spazio lasciato indebitamente libero tra la copertura e la tavola ferma piede, così che S. aveva gravato con il proprio peso direttamente sul montante. Oltre a ciò, la Corte ha rilevato che l'imputato non aveva altrimenti verificato l'idoneità della struttura di protezione di cui ora si è detto, vista la mancanza di ogni documentazione relativa alla progettazione del parapetto ed ai materiali utilizzati. Orbene, in tali termini la Corte di Appello ha sottolineato che i richiamati fattori causali - morfologia della struttura protettiva; errato montaggio della tavola ferma piede - erano riconducibili alle violazioni cautelari ascrivibili all'imputato; e mediante tali argomentazioni, la Corte territoriale ha offerto, in termini di tranquillante certezza, la spiegazione causale dell'evento in concreto verificatosi. Si osserva che il coerente ragionamento risulta conforme rispetto all'orientamento espresso dalla Corte regolatrice in tema di causalità addizionale. Ed invero, questa Suprema Corte regolatrice in tema di condizionamento "deve ritenersi provato non solo quando venga accertato compiutamente il meccanismo causale che ha dato luogo all'evento ma, altresì, in tutti quei casi nei quali, pur non essendo compiutamente descritto o accertato il complessivo succedersi della concatenazione causale, l'evento sia comunque riconducibile alla condotta colposa dell'agente sia pure con condotte alternative e purchè sia possibile escludere l'efficienza causale di diversi meccanismi eziologico" (Cass. Sez. 4, sentenza n. 14358/2002).

 

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.