Cassazione Penale, Sez. 4, 09 marzo 2011, n. 9370 - Postazione inidonea e infortunio


 

 

  • Datore di Lavoro
  • Responsabilità di un datore di lavoro per infortunio ad una lavoratrice: l'addebito mosso all'imputato era di aver messo a disposizione della lavoratrice una postazione non idonea con la conseguenza che costei, nell'infilare la mano sotto il sedile, riportava l'amputazione dell'apice del terzo dito della mano sinistra.

    Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Inammissibile.

    "Il ricorso è manifestamente infondato. Esso, infatti si limita a proporre censure assolutamente generiche che tentano di sollecitare impropriamente questa Corte suprema alla riconsiderazione del merito. La pronunzia, d'altra parte, reca approfondita valutazione immune da vizi logico-giuridici, nella quale si evidenzia che le sedie assegnate al personale erano quasi tutte in pessimo stato di manutenzione e che tutto lo stabilimento era in una situazione di degrado; che inoltre la lavoratrice, nel sedersi e nel portare le mani sotto la sedia per spostarla in avanti, subiva lo schiacciamento del dito tra il legno della sedia ed una piastra d'acciaio di sostegno; che non è emersa alcuna prova in ordine all'esistenza di una piena delega nei confronti di alcuno; che, infine, atteso il pessimo stato di manutenzione degli apparati, il comportamento della lavoratrice non può essere in alcun modo ritenuto abnorme. Tutte tali ponderazioni sono conformi a principi consolidati ed adeguatamente argomentate in fatto."


     



    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

    SEZIONE QUARTA PENALE

    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

    Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente

    Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

    Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

    Dott. BLAIOTTA Rocco Marc - rel. Consigliere

    Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere

    ha pronunciato la seguente:

    SENTENZA

     

    sul ricorso proposto da:

    1) S. O. N. IL (OMESSO);

    avverso la sentenza n. 388/2007 CORTE APPELLO di CAMPOBASSO, del 11/03/2010;

    visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

    udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA;

    udito il P.G. in persona del Dott. FRATICELLI Mario che ha concluso per l'inammissibilita'.

     

     

    FattoDiritto

     

    1. Il Tribunale di Larino ha affermato la responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine al reato di lesioni personali colpose commesse con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno di D. S. E. . La pronuncia è stata confermata dalla Corte d'appello di Campobasso.

     

    All'imputato è stato mosso l'addebito di aver messo a disposizione della lavoratrice una postazione non idonea con la conseguenza che costei, nell'infilare la mano sotto il sedile, riportava l'amputazione dell'apice del terzo dito della mano sinistra.

     

    2. Ricorre per cassazione l'imputato deducendo vizio della motivazione. Si afferma che la lavoratrice disponeva di sedile idoneo e che, ciò nonostante, si è avvalsa di un apparato fuori uso; che inoltre i lavoratori erano stati invitati a non utilizzare le sedie danneggiate, sicchè il comportamento della vittima si rivela abnorme.

     

    3. Il ricorso è manifestamente infondato. Esso, infatti si limita a proporre censure assolutamente generiche che tentano di sollecitare impropriamente questa Corte suprema alla riconsiderazione del merito. La pronunzia, d'altra parte, reca approfondita valutazione immune da vizi logico-giuridici, nella quale si evidenzia che le sedie assegnate al personale erano quasi tutte in pessimo stato di manutenzione e che tutto lo stabilimento era in una situazione di degrado; che inoltre la lavoratrice, nel sedersi e nel portare le mani sotto la sedia per spostarla in avanti, subiva lo schiacciamento del dito tra il legno della sedia ed una piastra d'acciaio di sostegno; che non è emersa alcuna prova in ordine all'esistenza di una piena delega nei confronti di alcuno; che, infine, atteso il pessimo stato di manutenzione degli apparati, il comportamento della lavoratrice non può essere in alcun modo ritenuto abnorme. Tutte tali ponderazioni sono conformi a principi consolidati ed adeguatamente argomentate in fatto.

     

    Il gravame è quindi inammissibile. Segue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000 a titolo di sanzione pecuniaria, non emergendo ragioni di esonero.

     

    P.Q.M.

     

    Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.