Tribunale di Trieste, Sez. Civ., 14 gennaio 2011 - Demansionamento e presunto mobbing 


 

  • Mobbing
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    REPUBBLICA ITALIANA 

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE
    Sezione Civile

    In persona della dott. Annalisa Multari, giudice dei lavoro, ha pronunciato la seguente
    SENTENZA

     

    Nella causa promossa con ricorso depositato in cancelleria il 2.02.09 da ...  - rappresentato e difeso dagli Avv.ti ... come da delega a margine del ricorso introduttivo con domicilio eletto presso il loro studio in ... -
    RICORRENTE

    contro
    REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA - in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall'avv. ..., Avvocatura Regionale con domicilio
    eletto, presso l'Avvocatura stessa in Trieste, Piazza dell'Unità di Italia n. 1 -
    CONVENUTA
     

     

     

    Oggetto:.dequalificazione, mobbing risarcimento del danno

     

    Conclusioni per il ricorrente:
    1) Accertare e dichiarare il diritto del ricorrente ad essere adibito a mansioni corrispondenti all'inquadramento ricevuto e pertanto condannare l'amministrazione ad assegnare al ricorrente mansioni consone al livello di appartenenza;
    2) Accertare e dichiarare che il ricorrente è stato dequalificato dal gennaio 2000 ad oggi e quindi accertarsi il diritto al risarcimento del danno consequenziale pari alle retribuzioni del periodo oltre al danno biologico e morale come da espletanda c.t.u.;
    3) Accertare e dichiarare che il ricorrente è stato oggetto di vessazioni e mobbing da parte datoriale e quindi accertare e dichiarare il suo diritto al risarcimento per danno biologico e morale; condannare al risarcimento dei danno come da espletanda c.t.u..
    Il tutto con interessi e rivalutazione e vittoria di spese legali di cui si chiede la distrazione.

     

    Conclusioni per la convenuta:
     

    dichiarare il difetto di giurisdizione spettando la giurisdizione al GO;
    respingere le domande tutte proposte nei confronti della Regione perché inammissibili ed infondate;
    in via riconvenzionale condannare il ricorrente a pagare alla Regione a titolo di risarcimento del danno subito per i fatti descritti ia narrativa l'importo di euro 2524,03 oltre interessi
    legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo;
    in via ulteriormente subordinata dichiararsi la prescrizione di ogni domanda proposta dal ricorrente;
    in ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari.
    Visto l'art, 132 c.p.c. novellato all'udienza del 1.12,2010 il giudice ha emesso il seguente

     

    DISPOSITIVO 

     

    ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando:
    a) Rigetta le domande attoree;
    b) Condanna parte attrice a risarcire all'ente convenuto, in persona del legale rappresentante prò tempore, la somma di euro 2524,03 con gli interessi legali e rivalutazione monetaria dall'8.6.09 al saldo;
    c)  Condanna parte attrice a rimborsare all'ente le spese di lite che liquida in complessivi euro 2200,00, di cui 1000,00 euro per diritti, 1200,00 euro per onorari, oltre a rimborso spese generali, IVA e CPA se dovute come per legge;
    d) Si riserva il termine di giorni 60 per il deposito della motivazione,

    Trieste li 1.12.2010

    IL GIUDICE DEL LAVORO

    Annalisa Multari

     

    Queste le ragioni di fatto e diritto a sostegno della decisione.


     

    Fatto

     


    Con ricorso depositato in cancelleria in data 2.02.09, ... premesso che essendo stato assunto nel 1979 presso la Regione FVG Ispettorato Dipartimentale Forestale come agènte zootecnico forestale con mansioni di manutenzione e cura delle piste forestali, vivai, sentieri, aveva operato dapprima presso quello di Gorizia e poi di Basovizza, promosso da agente a coadiutore tecnico nel 1986, transitava al livello C arrivando sino a quello C5 con applicazione del CCRL enti locali, che nel 1995 subiva un infortunio e quindi era applicato all'ufficio del personale della direzione forestale, che gli erano affidate mansioni di gestione amministrativa di tutto il personale delle stazioni forestali, seguiva le trasferte, annotava le malattie, stampava i dati, che non gli veniva assegnato neppure un computer, che rimaneva senza mansioni sino al 2006, che subiva una serie di vessazioni, che nel 2000 andava in ferie la collega e chiudeva l'ufficio rendendolo inaccessibile, che non aveva in tal modo più possibilità di svolgere le proprie mansioni, che si metteva a disposizione per fare altro lavoro ed allora dal 2000 svolgeva compiti di centralinista e impiegato d'ordine, dal 2001 anche mansioni di commesso, poi il centralino diveniva obsoleto e quindi non poteva svolgere neppure queste mansioni, che nel 2006 rimaneva chiuso il centralino ed era privato di ogni mansione, che pertanto dal 2006 era collocato in via Monte San Gabriele al n. 35 senza alcuna mansione, in totale inattività , che solo nel 2007 gli veniva assegnato un computer ma senza alcuna attività, che aveva presentato vari reclami, che era stato anche sottoposto a procedimento penale per denunce presentate dall'Amministrazione da cui era stato assolto, che era stato anche denunciato per aver danneggiato un fico, che effettivamente aveva danneggiato dapprima incidentalmente il fico e poi lo aveva abbattuto per motivi di sicurezza, che aveva diritto al risarcimento del danno derivante da queste vessazioni, ha convenuto in giudizio la datrice di lavoro per ottenere il risarcimento dei danni subiti. In particolare parte attrice allegava danni alla salute come documentati dal proprio psicoterapeuta, che nella dequalificazione gli era stata impedita qualsiasi formazione professionale, che aveva mutato i propri hobby, che aveva chiesto per motivi di salute il part-time.


    Parte resistente nel costituirsi in giudizio ha contestato le pretese attoree rispetto alle quali, premessa la potestà legislativa primaria della Regione in materia di organizzazione del personale, il nuovo sistema di classificazione per categoria introdotto con legge regionale n. 20/02, che il coadiutore era inserito in C2, senza modificazione delle mansioni precedenti, che nel 2004 con contratto collettivo integrativo del 7.1.04 queste mansioni erano integrate, che il CCNL invocato dall'attore non era applicabile, che gli uffici di via san Gabriele n. 35 si trovavano nella stessa palazzina ove al piano superiore abitava il ricorrente, che il medesimo nel 1987 era divenuto coadiutore tecnico e da ultimo in categoria C5, divenuto C4 profilo di assistente tecnico di cui allegava la declaratoria.
    A fronte di ciò eccepiva il difetto di giurisdizione del GO per il periodo ante luglio 1998, contestava ed eccepiva il difetto di allegazione rispetto al demansionamento azionato evidenziando che l'attore era stato sempre disponibile ad operare sia in collaborazione con altra collega nella gestione del personale, che in quelle svolte presso il centralino che erano comunque prevalenti rispetto a quelle di commesso, che comunque nella declaratoria pregressa del coadiutore tecnico applicabile ancora fino al 2004 era prevista l'assegnazione all'esercizio di impianti telefonici complessi e derivati, quale quello cui era adibito l'attore in quanto gestiva più linee telefoniche tanto che ad esso prima di lui erano stati adibiti altri coadiutori tecnici, contestava quindi l'adibizione a mansioni inferióri, lo svolgimento di attività di commesso, l'isolamento in uno stanzino buio.
    Quanto al computer evidenziava che l'assegnazione personale era avvenuta nei 2007 al pari di altri colleghi in quanto era inizialmente previsto l'uso di un computer comune, che alcune stanze erano chiuse a chiave in quanto si erano verificati dei furti, senza alcuna esclusione del ricorrente, che il centralino era sempre stato in funzione, che il ricorrente aveva compiti di centralino ed informazioni al pubblico, nonché dei lavori individuali, che la formazione era stata offerta anche al ricorrente il quale peraltro non aveva fatto domanda. Proseguiva assumendo che l'attore da gennaio 2007 al marzo 2008 era stato assente per malattia per 150 giorni lavorativi, che da luglio 2008 aveva chiesto ed ottenuto il part-time verticale per sei mesi ed era rientrato a full time nel gennaio 2009 per poi tornare a part-time dal luglio 2009, che c'erano voci di problemi di alcool del ricorrente, che il ricorrente aveva chiesto il trasferimento.
    Contestava altresì la sussistenza del mobbing, la mancanza di certificazioni idonee a provare la patologia, che i danni non erano provati, sia sotto il profilo patrimoniale che non    patrimoniale.
    Da ultimo in via riconvenzionale evidenziava che l'attore come aveva ammesso era stato condannato anche in sede penale per aver abbattuto un fico che da oltre cinquant'anni insisteva sulla proprietà regionale dove si trovavano gli uffici, che il danno stimato era pari a circa 2500,00 euro di cui chiedeva il risarcimento.

    Parte attrice contestava la domanda riconvenzionale eccependo l'incompetenza del giudice adito e comunque l'inesistenza dei danno.

    Il giudice assunte le prove offerte dalle parti all'udienza-odierna ha deciso la causa come segue.

     


    Diritto

     

    Le domande dì parte attrice debbono essere rigettate in quanto infondate.

    In via preliminare in merito all'eccepita carenza di giurisdizione la stessa va rigettata in ragione della precisazione svolta in prima udienza dal ricorrente che ha limitato la domanda al periodo successivo al 2000 e quindi periodo di competenza della scrivente. Parimenti va rigettata l'eccezione di incompetenza del giudice adito rispetto alia domanda riconvenzionale azionata alla luce della natura sinallagmatica del rapporto e del principio di compensazione tecnica e atecnica che risulta comunque applicabile in caso di crediti reciproci.
    In   ordine  poi   all'asserito  demansionamento  e  mobbing  subito  dal  ricorrente,  come documentato dalla datrice di lavoro, il ricorrente dal 22,06.09 è stato trasferito presso la
    Direzione  Centrale  patrimonio  e  servizi  generali;  sistemazione  che  allo  stato  risulta soddisfacente (cfr. dichiarazioni in udienza del 17.11.09).
    Pertanto la situazione lamentata appare circoscritta e cristallizzata al periodo temporale dal 2000 al 21.06.09.
    A fronte di ciò la domanda di parte attrice di assegnazione a mansioni dequalificanti e negli ultimi anni di totale inattività va rigettata siccome infondata; parte attrice peraltro in sede
    introduttiva invoca previsioni e declaratorie contrattuali non applicabili al caso di specie ritenuto che il CCNL richiamato riguarda il personale di area non dirigenziale degli enti locali del Friuli Venezia Giulia (province, comuni, comunità montane ed altri enti locali, cfr. doc. 1 parte attrice) ma non il personale regionale.
    Infatti la Regione nella materia del personale dispone di potestà legislativa primaria ed esclusiva (cft. Statuto autonomia della Regione) ed in forza di questa potestà i dipendenti sono stati suddivisi in livelli in ragione delle mansioni svolte ex lege regionale 1981 n. 53 (cfr. doc. 5 parte convenuta).
    Indi sono intervenute alcune riforme normative tra cui la legge regionale n. 18/1996 che ha modificato la disciplina previgénte demandando alla contrattazione integrativa di ente la
    definizione delle mansioni e ciò fino alla legge regionale n. 20/02 che ha modificato il sistema di classificazione con una tabella di equiparazione dei livelli precedenti, cosicché il livello
    rivestito dall'attore corrispondeva formalmente a quello di C2 (cfr. doc. 2 e 3 parte resistente), anche se i lavoratori già in forza potevano continuare a svolgere le mansioni precedenti con la previsione a far data dal 2004 di percorsi di professionalizzazione cui era invitato anche il ricorrente il quale peraltro non vi aveva partecipato per propria scelta, come confermato dal direttore del servizio.

    A fronte dì ciò ne consegue che parte attrice ha erroneamente invocato declaratorie diverse da quelle applicabili al fine di dimostrare il proprio demansionamento; elemento sufficiente già di per sé a far ritenere infondata in punto fatto e diritto la domanda attorea attesi gli oneri probatori incombenti sulla parte che propone questo tipo di controversie.
    Comunque anche a voler ritenere acquisita al giudizio la corretta normativa in forza della produzione di parte resistente, va comunque osservato che all'esito del giudizio la domanda
    non risulta fondata; l'attore assunto come agente tecnico nel 1983, dal 1987 era divenuto coadiutore tecnico nella cui declaratoria ancora vigente all'epoca dei fatti in forza della contrattazione integrativa applicabile è inserito anche il personale che "cura gli adempimenti relativi ad impianti telefonici complessi e derivati.." (cfr. doc. 5 parte convenuta) cui corrisponde l'attuale Categoria C profilo professionale assistente tecnico (cfr. doc. 6 convenuta) che indubbiamente presuppone una maggiore professionalità specifica, che secondo gli intendimenti delle parti avrebbe dovuto essere acquisita attraverso percorsi di formazione cui l'attore sì è sottratto volontariamente e non per volontà del datore di lavoro (cfr. dichiarazioni ... e prove testimoniali assunte].

    A fronte di ciò dall'istruttoria svolta risulta provato che l'attore prima di essere spostato al centralino (fonte a suo avviso del demansionamento) operava presso l'ufficio personale con mansioni di tipo amministrativo; va valorizzata in merito la deposizione resa dalla testimone ... la quale aveva operato in ufficio con lui fino allo spostamento avvenuto per richiesta dello stesso attore.
    In particolare nella sua deposizione si legge che:"... sono inquadrata come coadiutore, attualmente faccio il vice-consegnatario presso l'ispettorato dipartimentale delle foreste di Trieste, in precedenza ho operato presso l'ufficio del personale e ciò dal 1992 dicembre al 2002; ho lavorato con il ricorrente per alcuni anni per quanto ricordo dal 1997 al 2000 circa. Il ricorrente gestiva la parte dei forestali io la parte più amministrativa e dell'ispettorato; usava il computer per immettere i dati di presenza dei forestali. Il ricorrente era un tecnico non brillava in questo lavoro, mio ricordo che ogni giorno aveva problemi con i forestali per gli errori che commetteva e diceva che sarebbe andato via e che aveva chiesto lo spostamento magari al centralino. E poi alla fine ... ha accettato e l'ha messo al centralino anche perché ormai la situazione era insostenibile.....".
    Circostanze confermate anche dal testimone ... il quale in merito ha dichiarato che:"... Il ricorrente è stato adibito al centralino dopo aver lavorato con l'addetta al personale ossia nel senso che faceva inserimento a computer delle schede presenze del personale forestale e poi è stato adibito a fine 99, al centralino perché erano andate via più persone e ne era rimasta una sola e quindi c'era la necessità di coprire tale vacanza. Aveva soltanto compiti di centralino; l'ispettorato aveva all'epoca tre linee ed un apparato radio che funzionava all'epoca e che funziona ancora oggi perché in caso di emergenza e per gli incendi boschivi si usa ancora questo apparecchio.
    Il ricorrente o faceva chiamate per conto degli interni che per chiamare in interurbana dovevano servirsi del centralino oppure riceveva le chiamate esterne. Il lavoro è stato puntualizzato e definito nel 2007 con gli obiettivi, prima c'erano compiti verbali e tra i suoi compiti essendo un ufficio aperto al pubblico tre volte la settimana ed essendo collocato all'ingresso dell'ispettorato il pubblico che entrava trovava come prima persona il ricorrente che poteva fornire le informazioni necessarie; infatti l'ufficio è strutturato in questo modo con una vetrata ed un bancone. All'epoca, non aveva il computer che è arrivato all'ispettorato per la gestione del personale e comunque i computer sono arrivati per ultimi nella nostra direzione rispetto agli altri uffici regionali io ad esempio ho avuto il mio nel 2002. Tra i compiti del ricorrente poteva rientrare anche fare fotocopie e portare documenti anche se la mansione principale era quella di centralinista. Il ricorrente aveva chiesto personalmente di andare al centralino dopo l'esperienza del personale che evidentemente non era stata positiva per lui perché il lavoro era impegnativo ed avendo a che fare con l'inserimento di dati che incide sulle retribuzioni non era possibile sbagliare senza creare questioni con il personale. Il ricorrente commetteva infatti errori; ed il ricorrente aveva delle difficoltà in quanto un po' beveva e ciò mi è stato riferito dai colleghi con cui operava quando era all'ufficio del personale che si trovava nella palazzina al cui piano terra c'era l'appartamento della madre del ricorrente.
    Io comunque non l'ho mai visto bere e quando lo vedevo deambulare normalmente. I corsi di formazione sono stati avviati in modo organico in epoca recente (2008) perché il contratto prevedeva oltre agli obiettivi anche formazione, prima erano organizzati quando era necessario e io ricordo che nel tempo sono state fatte delle sostituzioni degli apparecchi del centralino per consentire il collegamento con quello centrale della regione e quando si è arrivati alla versione definitiva del centralino siamo stati collegati ma le linee autonome e sono rimaste ancora un paio di anni per consentire alla gerite di dismettere gradatamente. Il collegamento al centralino della regione consentiva a chi conosceva il numero diretto dell'interno di chiamare direttamente l'ufficio o se non lo conosceva di servirsi del centralino unico. Prima del collegamento con il centralone il ricorrente aveva fatto domanda di trasferimento per andare nell'ufficio dove è ora ed io ho dato parere favorevole con sostituzione nel senso che fino a che funzionava il centralino non potevo privarmi dell'unico addetto e quindi in previsione di una sua ricollocazione in altre mansioni era stato inviato a Omissis per un corso di apprendimento sull'uso della motosega perché come ufficio abbiamo delle persone che devono fare lavori diretti in caso di schianti o cedimenti. Successivamente a questo corso che credo sia avvenuto nel 2005 circa e poi quando il centralino funzionava è avvenuta la questione del fico che mi ha quindi indotto a pensare che non fosse opportuno che il ricorrente lavorasse in bosco con attrezzi potendo essere pericoloso per se stesso e per gli altri in quanto persona che per quanto riferitomi beveva. Allora mi sono rivolto alla direzione del personale, ho ricordato loro che il centralino ormai era collegato e che nulla ostava più al trasferimento del ... ho fatto anche presente più volte che secondo me fosse opportuno che un dipendente lavorasse in un ufficio diverso da quello dove lavorava; ciò in quanto il ricorrente praticamente abitava con la mamma ... ".

     

    Vi è più dalla deposizione resa dal testimone ..., di pari livello del ricorrente, risulta provato che il centralino in uso fosse complesso- ossia con una molteplicità di linee- e compatibile con l'inquadramento del ricorrente atteso che lo stesso testimone aveva operato in passato nel medesimo posto.
    Residua la valutazione del periodo tra la fine del 2006 ed inizi del 2007 nel quale il centralino sarebbe stato chiuso o comunque in forza di modificazioni tecniche introdotte a livello centrale sarebbe stato progressivamente dismesso e durante il quale l'attore sarebbe stato adibito a mansioni di informazioni al pubblico, accudienza delle linee tecniche ancora in uso ed altri compiti via via assegnati dal dirigente (cfr. dichiarazioni Omissis). A fronte della genericità del ricorso e delle dichiarazioni del tutto imprecise del testimone ... non può invero ritenersi provata da parte del ricorrente una condotta intenzionalmente lesiva e mobbizzante nei termini richiesti in ricorso.


    In via generale va quindi ricordato che cosa si intende per mobbing: trattasi come è noto di un termine che la sociologia ha mutuato da una branca dell'etologia per indicare un fenomeno complesso che consiste in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte di componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all'obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo.
    Le forme in cui si può concretare tale fenomeno possono essere diverse ed in particolare: "a) pressioni o molestie psicologiche; b) calunnie sistematiche; e) maltrattamenti verbali ed offese personali; d) minacce od atteggiamenti miranti ad intimorire ingiustamente od avvilire anche in forma velata ed indiretta; e) critiche immotivate ed atteggiamenti ostili; f) delegittimazione dell'immagine anche di fronte a colleghi ed a soggetti estranei all'impresa ente od amministrazione; g) esclusione od immotivata marginalizzazione dall'attività lavorativa ovvero svuotamento delle mansioni; h) attribuzione dì compiti esorbitanti od eccessivi e comunque idonei a provocare seri disagi in relazione alle condizioni fisiche e psicologiche del lavoratore; i) attribuzione di compiti dequalificanti in relazione al profilo professionale posseduto; 1) impedimento sistematico ed immotivato all'accesso a notizie ed informazioni inerenti l'ordinaria attività di lavoro; m) marginalizzazione immotivata del lavoratore rispetto ad iniziative formative di riqualificazione e di aggiornamento professionale; n) esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo nei confronti del lavoratore, idonee a produrre danni o seri disagi; o) atti vessatori correlati alla sfera privata del lavoratore consistenti in discriminazione..".

    A livello normativo va ricordato che di molestie sul lavoro si parla nella disciplina di rango legislativo e di derivazione comunitaria antidiscriminatoria; infatti la nozione comunitaria di discriminazione recepita in Italia nei decreti legislativi n. 215 e 216 del 2003 include le molestie e l'ordine di discriminazione a causa dei motivi tipizzati disponendo espressamente che: "le molestie sono da considerarsi una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato ed avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo..". La legge regionale dei Friuli Venezia Giulia emanata in materia (legge dell'8.4.05 n. 7) con finalità di monitoraggio e sostegno alle situazioni conclamate di mobbing contempla le fattispecie delle molestie sessuali e delle violenze psico- fìsiche e morali subite nel luogo di lavoro.
    Aggressioni che, secondo quanto emerso in psicologia, si possono concretare in un conflitto quotidiano e sistematico che va oltre la normalità, che crea una situazione di disagio nel lavoratore il quale comincia a lavorare meno ed ad assentarsi per malattia tanto da divenire inviso a chi gestisce le risorse umane in azienda; fattispecie che culmina nell'isolamento e l'espulsione volontaria o forzata della parte dal ciclo lavorativo.
    A fronte di ciò costituisce opinione comune diffusa, ma sostenuta anche dalla prevalente dottrina giuslavoristica, che non esista un diritto del lavoratore alia felicità, né sussista l'obbligo da parte del datore di lavoro di creare un ambiente sereno del tutto avulso dalla conflittualità che è insita in qualsiasi tipo di convivenza; tuttavia è pur vero che a fronte del principio generale della buona fede e correttezza che presiede all'esecuzione di ogni tipo di rapporto obbligatorio, il datore di lavoro non può tollerare né può realizzare forme di "abuso" del tutto gratuite, non giustificate, senza che peraltro ciò equivalga a considerare illecite condotte avvertite come lesive dal solo lavoratore nell'ambiente di lavoro, ovvero considerate tali dal lavoratore a causa della sua fragilità soggettiva nei rapporti personali, non potendo l'ambiente di lavoro, divenire una sorta di "casa di Cura" per lavoratori delicati e fragili come i cristalli,
    Pertanto si condivide l'opinione di chi ritiene che possano essere stigmatizzate come condòtte di mobbing soltanto le fattispecie più gravi e non i meri episodi di inurbanità, scortesia o addirittura maleducazione; inoltre concorda la scrivente con la dottrina che nel ritenere necessaria la prova della finalità illecita (analogamente a quanto previsto nell'art, 15 Statuto lavoratori e art. 1345 cod. civ.), tuttavia ritiene che tale indagine non coincida con la ricerca dell'intento persecutorio personale del mobber, né con l'esame dell'aspetto soggettivo della condotta (dolo o colpa), ma piuttosto che la finalità illecita possa essere apprezzata dal giudice in relazione all'idoneità lesiva dei beni della persona ed all'intrinseca ratio discriminatoria, che può essere accertata con le circostanze di fatto e le caratteristiche oggettive della condotta (monodirezionalità, connotazione emulativa o abusiva, pretestuosità), oltre alla permanenza nel tempo della condotta.

    Nel caso di specie le condotte persecutorie lamentate non sono state provate: è provato che l'ufficio fosse congruo e dotato degli arredi necessari (cfr. doc. 7 parte convenuta), ritenuto che il computer è stato installato in ritardo a tutti gli addetti senza alcuna discriminazione a danno del ricorrente [ cfr. dep. ttn^.
    Anche la circostanza del mancato accesso all'ufficio in quanto chiuso va ridimensionata alla luce di quanto emerso in sede di istruttoria orale, tutti gli uffici erano dotati di chiavi con possibilità di chiuderli e comunque la possibilità di chiusura era dipesa da esigenze di sicurezza e non era stata discriminatoria rispetto al ricorrente ( cfr. dep. ...)

    Vi è più non risultano nel periodo lamentele da parte del ricorrente nei confronti del dirigente o di colleghi, ma soltanto una richiesta al difensore civico nel 2004 e 2005 (cfr. doc. 2-3 parte attrice)  per mancato adempimento della domanda di trasferimento, allacciamento delcentralino e non per mobbing.
    Inoltre come provato dalla resistente, il ricorrente è stato oggetto di valutazione e corresponsione dei premi produttività al pari degli altri colleghi e non appena vi è stato il benestare di altra direzione è stato trasferito nella struttura che aveva richiesto.
    Anche le sanzioni disciplinari relative all'episodio dell'assenza hanno tratto scaturigine da un'attività ispettiva che ha riguardato l'intero personale (cfr. doc. 9 parte convenuta) e non
    sono sufficienti per dimostrare una volontà lesiva da parte del dirigente della salute del ricorrente.
    Tanto più che sono documentate assenze per malattia da gennaio 2007 a marzo 2008 per 150 giorni, mentre da luglio 2008 a gennaio 2009 l'attore ha chiesto l'assegnazione di un part-time verticale di sei mesi (cfr. doc. 8 parte resistente), rientrando a tempo pieno a gennaio 2009 per poi riprendere il part-time dall'estate 2009; anche ai fini del danno alla professionalità ne consegue che a fronte dei prolungati periodi di assenza non è provata l'esistenza di alcun danno neppure sotto il profilo presuntivo, fermo restando che pure la prova rispetto all'inadempimento contrattuale derivante dalle norme contrattuali inerenti l'adibizione a mansioni consone all'inquadramento rivestito risulta del tutto carente.
     
    Pertanto  la  domanda  va  rigettata  per  mancata  prova  della  condotta  mobizzante  e demansionante da parte della resistente.
    Dal punto di vista medico legale poi va osservato che il parere di parte non risulta sufficiente a comprovare l'esistenza di un danno risarcibile; trattasi di giudizio condotto soltanto sulla base di quanto dichiarato dal ricorrente che - secondo quanto emerso in sede testimoniale - è persona che alle volte è stato riscontrato non essere lucida a causa dell'utilizzo di sostanze alcoliche e comunque non supportato da test ovvero accertamenti diagnostici atti a comprovare l'esistenza di un danno alla salute, limitandosi il consulente di parte ad appropriarsi delle posizioni attoree senza alcuna valutazione critica dei fatti.

    Pertanto la domanda va rigettata siccome infondata.

     

    Residua l'esame della domanda riconvenzionale: nei fatti la Regione ha chiesto al dipendente il risarcimento del danno derivante dall'abbattimento di un albero di fico avente una notevole anzianità ( più di 50 anni), nel mese di dicembre 2006, insistente nel piazzale antistante gli uffici della Regione ove operava il ricorrente (via Monte San Gabriele n. 35-37) ed ove altresì abitava la mamma del ricorrente ... a far data dal 20.10.05 (cfr. doc. 1 dimesso da parte attrice a seguito di domanda riconvenzionale).
    Condotta che parte attrice non ha escluso di aver realizzato limitandosi a contestare la competenza del giudice adito alla domanda riconvenzionale ed eccependo lo stato di necessità a fronte della sporgenza dell'albero e della mancanza di intenzionalità lesiva da parte dell'attore trattandosi di albero collocato nella parte comune del palazzo e comunque tagliato in orario diverso da quello di ufficio.

    Parte attrice è stata infatti condannata in sede penale per tale condotta con sentenza di patteggiamento del Tribunale di Trieste n. 29/08 ( cfr. doc. 13 parte-convenuta).
    A fronte di ciò dall'istruttoria orale condotta risulta provato che il danneggiamento del fico è avvenuto per iniziativa del ricorrente, verosimilmente al di fuori dell'orario di lavoro; tuttavia trattandosi di albero di proprietà regionale ( cfr. dep. ...) comunque era onere del ricorrente, in ragione del dovere di diligenza che grava su ogni dipendente, rispettare la
    pianta e non danneggiarla.
    Né è provato che l'abbattimento dell'albero sia avvenuto per motivi di sicurezza e per tutelare l'incolumità dei colleghi.
    La circostanza che alcuni rami ed arbusti siano allo stato ricresciuti non è sufficiente ad eliminare il danno subito, attesa da un lato la lentezza della ricrescita di un albero così vecchio
    e dall'altro la circostanza che trattavasi di un albero grande con pregio anche ornamentale.

     
    Pertanto ritenuti corretti i criteri risarcitori suggeriti dalla parte convenuta ed in particolare la media calcolata dal consulente di parte sub. Doc. 16 di parte convenuta, ritenute le contestazioni di parte attrice del tutto generiche ed inconferenti, parte attrice va condannata a corrispondere alla Regione la somma di euro 2504,03 con gli ulteriori interessi dalla data della domanda riconvenzionale al saldo.
    Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono il criterio della soccombenza ex lege.

     

    Trieste li 1.12.2010
    Depositato il 14 gennaio 2011