Tribunale di Bari, Sez. 2 Civ., 06 aprile 2011 - Risarcimento danni da responsabilità professionale


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI BARI

SECONDA SEZIONE CIVILE

 

Il Tribunale di Bari, seconda Sez. Civile, in composizione monocratica in persona del Giudice Dott. Rosanna Angarano ha emesso la seguente

SENTENZA

 

 

 

nella causa civile iscritta al n. R.G. affari contenziosi 5470/2004

Tra

P.G. rappresentato e difeso dall'avv. M.R. ed elettivamente domiciliato in Bari presso lo studio del medesimo

Attore

E

Ospedale Policlinico Consorziale di Bari - azienda ospedaliera n persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. L.D. presso il cui studio in Bari è elettivamente domiciliata

Convenuto

A. in persona del rappresentante generale per l'Italia rappresentato e difeso dall'Avv. L.D. presso il cui studio in Bari è elettivamente domiciliato

Interventore volontario

All'udienza dell'01.12.2010 la causa veniva riservata per la decisione sulle conclusioni ivi rassegnate dalle parti che devono intendersi qui integralmente trascritte.

 

 

Oggetto: risarcimento danni da responsabilità professionale.

 

FattoDiritto

 

Il giudizio ha ad oggetto la domanda spiegata da P.G., nella qualità di dipendente dell'Ospedale policlinico Consorziale di Bari, nei confronti di quest'ultimo per il risarcimento del danno conseguito alle lesioni da arma da taglio e alla rottura di un orologio e di un bracciale subiti in data 12 luglio 2003 a seguito della aggressione perpetrata nei suoi confronti, mentre prestava servizio nel reparto di chirurgia di urgenza, da un paziente, pervenuto dal locale pronto soccorso in stato di forte agitazione.

Alla pretesa resisteva sia l'Ospedale convenuto che "A.", che intervenivano volontariamente in qualità di assicuratori per la responsabilità civile, contestando il fatto storico, negando la responsabilità per l'evento - attribuito esclusivamente alla condotta illecita di un terzo - e, comunque contestando il quantum. In via subordinata chiedevano entrambi la condanna diretta dell'assicuratore.

 

La domanda non è fondata.

 

Il riferimento contenuto in citazione al rapporto di lavoro subordinato tra il P. e l'azienda convenuta impone di valutare la domanda alla luce della responsabilità del datore di lavoro in ragione gli obblighi di salvaguardia al medesimo imposti dall'art. 2087 c.c. Appare, invece, non conferente il richiamo all'art. 2051 c.c. di cui alla memoria conclusionale non risultando allegati fatti costitutivi astrattamente riconducibili alla fattispecie della responsabilità delle cose in custodia, certamente non applicabile con riferimento al fatto illecito di un terzo.

Ciò posto, ai sensi dell'art. 2087 cod. civ., norma di chiusura del sistema antinfortunistico, estensibile a situazioni ed ipotesi non ancora espressamente considerate, l'obbligo dell'imprenditore di tutelare l'integrità fisiopsichica dei dipendenti impone l'adozione - ed il mantenimento - non solo di misure di tipo igienico - sanitario o antinfortunistico, ma anche di misure atte, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione di detta integrità nell'ambiente od in costanza di lavoro in relazione ad attività anche non collegate direttamente allo stesso come le aggressioni conseguenti all'attività criminosa di terzi.

Quanto all'onere della prova, al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, incombe l'onere di provare l'esistenza di tale danno, la condotta omissiva del datore del lavoro nel predisporre le idonee cautele, ovvero la pericolosità della situazione lavorativa nella quale si è verificato l'evento, gravando invece sul datore di lavoro, solo una volta che il lavoratore abbia provato le suddette circostanze, l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e, tra queste, di aver vigilato.

Ciò posto, nel caso di specie, il fatto storico, delle lesioni subite, pure negato dai convenuti, ha trovato conferma nella deposizione del teste D. il quale ha confermato che l'attore riportò una ferita - refertata dal Pronto Soccorso come ferita "da taglio superficiale avambraccio sn" - nel tentativo di bloccare un paziente che stava assistendo e che versava in condizione di forte agitazione. Detta deposizione trova conferma nel rapporto redatto da agenti della Questura di Bari nel quale si dava atto sia dell'accompagnamento di tale L.E. presso il Pronto Soccorso in evidente stato di agitazione sia della successiva chiamata da parte del dott. D. che riferiva loro quanto accaduto presso il reparto di chirurgia.

La parte, tuttavia, nella esposizione in fatto contenuta in citazione, non ha in alcun modo descritto come si sia procurato questa ferita. Il P., inoltre, in sede di interrogatorio formale ha testualmente dichiarato: "Non so dire come mi sono ferito. Presumibilmente nel tentativo di bloccare il paziente che fra l'altro minacciava di gettarsi dalla finestra oltre ad essere in stato di evidente agitazione, ma ad un certo punto in tale circostanza mi sono soltanto reso conto di essere sporco di sangue". Da tale dichiarazione non è, pertanto, nemmeno dato desumere per opera di quale arnese, e manovrato da chi, l'attore sia stato leso. A tal proposito va aggiunto che il consulente ha confermato la natura della lesione precisando che la medesima era conseguenza della azione di un "oggetto tagliente" ma imprecisato, sicché non è nemmeno dato comprendere se quest'ultimo fosse in possesso del paziente aggressore o facesse parte del corredo sanitario presente in sala.

L'assoluta mancanza di descrizione della specifica dinamica del sinistro non consente, pertanto, di ritenere provato che l'evento sia stata conseguenza della omissione di valide misure di sicurezza da parte del datore di lavoro. Infatti, non essendo nemmeno allegata la causa prossima della ferita, non può nemmeno sostenersi che il medesimo si sarebbe potuto evitare adottando le idonee cautele. Per altro è evidente che queste ultime non possono spingersi oltre la soglia della esigibilità in ragione della prevedibilità dell'accaduto. La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso. Nel caso di specie, le incertezze sulla dinamica non consentono affatto di affermare che detti elementi siano stati provati.

La qualità delle parti è giusto motivo di compensazione delle spese di lite.

Vanno poste a carico dell'attore le spese di ctu.

 

 

 

P.Q.M.

 

Definitivamente decidendo sulla domanda spiegata da P.G. nei confronti dell'Ospedale Policlinico Consorziale di Bari - azienda ospedaliera con atto di citazione notificato il 06 maggio 2004 così provvede:

- rigetta la domanda

- dichiara compensate le spese di lite

- Pone definitivamente e carico dell'attore le spese di ctu come già liquidate.

Così deciso in Bari il 31 marzo 2011.

Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2011.