Tribunale di Torino, Sez. Lav., 27 gennaio 2011 - Orario di lavoro e mobbing


 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TORINO

Sezione Lavoro

 

VERBALE DELL'UDIENZA DI DISCUSSIONE (art. 420 c.p.c.) nella causa iscritta al R.G.L. n. 5223/09 promossa da:

 

M. L., Ass. Avv. Roberto Manfrino

- parte ricorrente -

 

CONTRO

A. S. SRL in liquidazione, Ass. Avv. Simonetta Gronchi, Paola Orlandi

- parte convenuta -

 

Oggetto: pagamento somma

 

All'udienza del 23 novembre 2009, avanti il Giudice del Lavoro Dr. Maurizio Alzetta, compaiono i procuratori delle parti, Avv.ti Marinino e Orlandi.

 

***

 

All'udienza del 27/01/2011 avanti al Giudice del Lavoro dr.ssa Lucia Mancinelli, compare l'avv. Manfrino per parte ricorrente; nessuno è presente per parte convenuta.

Il Giudice invita parte ricorrente alla discussione; l'Avv. Manfrino richiama le conclusioni in atti, anche relativamente al quantum della domanda, e deposita nota spese.

Il Giudice, udita la discussione, si ritira in camera di consiglio.

Successivamente, il Giudice pronuncia la seguente sentenza ex art. 429 c.p.c.

 

Fatto

 

- la ricorrente M.L., che a seguito dell'acquisizione della cittadinanza italiana ha riacquistato il cognome da nubile ed attualmente è generalizzata come T.L. coniugata M., ricorre contro A.S. S.r.l. in liquidazione, alle cui dipendenze ha prestato l'attività di addetta alle pulizie presso l'ipermercato C. del Centro Commerciale L.G. di Grugliasco, affermando che il proprio orario di lavoro era dalle 20 alle 24 per cinque giorni alla settimana;

- riferisce la ricorrente che dal settembre 2005 le è stato impedito verbalmente di osservare l'orario contrattuale, avendo la convenuta richiesto alla ricorrente di ridurre l'orario a 15 ore settimanali, ovvero a suddividere diversamente l'orario di 20 ore (dal lunedì al venerdì dalle 21 alle 24 oltre a due rientri settimanali); che il lavoro ugualmente prestato dalle ore 20 alle 21 non le era stato retribuito; che il comportamento intimidatorio ed offensivo della convenuta le aveva comportato gravi danni; chiede pertanto la condanna della convenuta al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti per la condotta tenuta nei suoi confronti, configurabile come fattispecie di mobbing, e la condanna al pagamento della somma netta di Euro 1.852,65 quale corrispettivo delle ore di lavoro prestate e non retribuite;

- la convenuta A.S. S.r.l. in liquidazione si costituisce contestando le allegazioni di controparte, richiamando - quanto alla legittimità della modifica dell'orario di lavoro - gli accordi sindacali del 28.4.2005 e 19.7.2005, e l'accordo individuale 7.11.2005; eccepisce la nullità del ricorso per omessa notifica dei conteggi e genericità degli stessi, e contesta la fondatezza delle domande; in via riconvenzionale chiede la condanna della ricorrente alla restituzione della somma di Euro 110,08 corrispostale in eccesso per erroneità dei conteggi;

- in replica a tale domanda riconvenzionale, la ricorrente ha depositato memoria difensiva;

- i difensori di parte convenuta hanno dismesso il mandato all'udienza del 7.10.2010, e nessuno è comparso alle successive udienze per la società A.S.;

 

 

Diritto

 

- il contratto di lavoro datato 1.3.2005 (doc. 1 ricorrente) tra la ricorrente e la società convenuta prevede espressamente la clausola di tempo parziale su 5 giorni lavorativi, 20 ore settimanali e 4 ore giornaliere; è espressamente stabilito che "in caso di necessità nell'ambito della gestione del cantiere, ai sensi dell'art. 3 commi 7, 8 e 9 del D.Lgs 61/2000, il lavoratore esprime sin da ora il proprio consenso affinché il datore di lavoro possa comunque assegnargli temporaneamente il turno di lavoro in una fascia oraria diversa da quella contrattuale per ovviare alle eventuali emergenze contingenti";

- la normativa richiamata in contratto, nella formulazione in vigore alla data di stipula dello stesso (e quindi anteriormente alle modifiche introdotte dall'art. 1 comma 44 lett. a n. 1 della L 24.12.2007 N. 247), prevedeva che le parti del contratto di lavoro a tempo parziale potessero concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione; ogni variazione, non tanto della fascia oraria della prestazione (non espressamente indicata in contratto), ma della distribuzione dell'orario durante la settimana necessitava pertanto di un espresso accordo tra le parti, che nel caso in esame non sussisteva: in difetto le parti erano tenute al rispetto della distribuzione dell'orario conformemente al programma contrattuale, ovvero per quattro ore al giorno e venti alla settimana; a diversa conclusione non conduce la presenza della clausola autorizzativa sopra richiamata, relativa all'assegnazione di diversa fascia oraria ferma però restando la quantità settimanale e giornaliera della prestazione dovuta dalla lavoratrice;

- in difetto di accordo delle parti, non può ritenersi idonea a influire sull'oggetto del contratto intercorrente tra le parti la sottoscrizione, da parte della sola società datrice di lavoro, di accordi sindacali (docc. 3 - 4 - 5 convenuta) destinati ad essere trasfusi in modifiche del contratto individuale non avvenute difettando la volontà di una delle parti;

- illegittima deve ritenersi pertanto la decisione unilaterale di ridurre l'orario di lavoro da 20 a 15 ore settimanali; la circostanza che la ricorrente si presentasse ugualmente al lavoro alle 20 anziché alle 21, come gli altri dipendenti che avevano accettato la modifica delle condizioni contrattuali, è stata confermata dalle concordi testimonianze assunte in giudizio all'udienza del 30.11.2010, così come confermato è risultato lo svolgimento di effettiva prestazione lavorativa della ricorrente nell'ora dalle 20 alle 21 nonostante il tentativo della convenuta di impedirle l'accesso e l'affermazione che tale ora non le sarebbe stata comunque retribuita;

- la presenza della ricorrente presso il luogo di lavoro è risultata comprovata dalla produzione dei cartellini che venivano timbrati dalla ricorrente sia in entrata che in uscita; le testi B. e I. hanno chiarito che tali cartellini venivano timbrati presso una bollatrice all'interno del magazzino di A.S., e la riconducibilità dei cartellini presenza alla società convenuta è stata confermata dal teste S., che era stato incaricato di segnare le ore che risultavano dalle cartoline rilasciate dalla timbratrice su un tabulato destinato ad essere trasmesso alla sede unitamente alle cartoline stesse;

- la società convenuta si è limitata a disconoscere valore probatorio a tali cartellini presenze, senza contestare la corrispondenza delle ore comprese nel conteggio rispetto alle risultanze dei predetti cartellini; ciò neppure dopo la produzione, a cura della ricorrente e su richiesta del giudice, di conteggi maggiormente analitici in riferimento alle ore richieste ed al parametri applicati: deve infatti convenirsi sulla genericità dei conteggi prodotti unitamente al ricorso quale doc. 7, e la domanda deve essere accolta nei limiti derivanti dal successivo e più dettagliato conteggio, ovvero per la somma complessiva di Euro 1.920,85 al lordo delle ritenute previdenziali e fiscali (somma inferiore alla somma originariamente richiesta in ricorso, pari ad Euro 1.852,65 netti);

- deve essere confermata l'ordinanza 15.2.2010 laddove rilevava l'inammissibilità delle prove offerte in relazione alla domanda di risarcimento del danno da mobbing, per difetto di necessaria allegazione, nel ricorso e nella documentazione allegata, degli effetti sulla salute della lavoratrice delle condotte intimidatorie e persecutorie ascritte alla convenuta, e degli elementi idonei a trarne il convincimento di un rapporto di causalità tra tali condotte e il bene giuridico tutelato dall'art. 2087 c.c.;

- secondo l'insegnamento della più recente giurisprudenza di legittimità costituisce mobbing la condotta del datore di lavoro, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità; necessari per la configurabilità della fattispecie sono pertanto: la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; il nesso eziologico tra a condotta del datore e il pregiudizio alla integrità psicofisica del lavoratore; la prova dell'elemento soggettivo, ovvero dell'intento persecutorio (Cass. civ. 17.2.2009 n. 3785); evidente è nel caso in esame l'insufficienza degli elementi allegati in ricorso ed emersi dall'istruttoria orale ad integrare tale complessa fattispecie, con conseguente inaccoglibilità della relativa domanda;

- la domanda riconvenzionale di parte convenuta non merita accoglimento, in quanto deve ritenersi - in accordo con quanto osservato dalla difesa della ricorrente nella memoria di replica, in assenza di contro osservazioni della convenuta - che l'asserita somma corrisposta in eccesso derivi dall'effettuazione dei conteggi in relazione all'orarlo preteso di quindici ore settimanali anziché dì venti, come risultante dal contratto vincolante per le parti;

- le spese di lite seguono la soccombenza prevalente, e sono poste a carico di parte convenuta nella misura indicata in dispositivo, calcolata in applicazione dello scaglione per cui la domanda ha trovato effettivo accoglimento;

 

P.Q.M.

 

 

ogni altra domanda, istanza, eccezione e deduzione disattesa:

- condanna A. S. S.r.l. in liquidazione al pagamento in favore della ricorrente della somma lorda di Euro 1.920,85 oltre interessi e rivalutazione come per legge;

- rigetta le ulteriori domande proposte dalla ricorrente;

- rigetta la domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta;

- condanna parte convenuta alla rifusione delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 2.000,00, oltre CPA ed IVA come per legge.

 

Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2011