Cassazione Penale, Sez. 4, 04 maggio 2011, n. 17232 - Ribaltamento del container e responsabilità


 

Responsabilità dell'amministratore delegato della "Porto Industriale di Cagliari s.p.a." e del terminal manager della stessa società perchè, per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e nella violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, hanno cagionato ad un lavoratore dipendente della "Compagnia Lavoratori Portuali, Servizi Portuali Port Facilities s.r.l.",  lesioni gravi, dalle quali è residuata una invalidità permanente del 12%.
Era infatti accaduto che il lavoratore, nello svolgere l'attività di trattorista nell'area portuale, in quanto addetto alla guida di un autoarticolato per il trasporto di un container dalla banchina del piazzale al deposito, nell'effettuare la manovra di ingresso nella corsia n. (OMISSIS), era rimasto infortunato (avendo riportato lesioni al capo, ad una vertebra lombare e alla spalla destra) in conseguenza del ribaltamento del container.  
 

 

Condannati, ricorrono in Cassazione - Rigetto.

 

La Corte afferma che le considerazioni dei giudici di merito sono caratterizzate da un iter argomentativo del tutto coerente e condivisibile: in particolare afferma che i giudici del merito, "riportandosi alle considerazioni svolte dal consulente del PM, hanno ritenuto di condividerne le conclusioni, secondo le quali l'errato posizionamento sul pianale del semirimorchio (lungo più di 12 metri) del container (lungo 6 metri e dal peso quasi corrispondente alla portata massima del semirimorchio), collocato in modo da gravare sulla ralla e sul perno per il traino, cioè sulla parte agganciata al trattore, ed il mancato fissaggio dello stesso, unito al decentramento del materiale posto all'interno del container, hanno causato, nel corso della manovra di svolta intrapresa dall'autoarticolato per accedere alla corsia di pertinenza, il ribaltamento e la fuoriuscita del carico dal semirimorchio, con conseguente modifica dell'assetto del trattore che, libero dal peso del container, ha avuto un violento sussulto che ha provocato la proiezione verso l'alto del C. e la successiva ricaduta verso il basso.


Se il carico fosse stato correttamente posizionato al centro del pianale - posizione che avrebbe garantito una corretta distribuzione del peso - e se esso fosse stato adeguatamente agganciato, secondo le indicazioni contenute nel  D.Lgs. n. 272 del 1999, art. 30, l'incidente, sarebbe stato evitato, e comunque meno gravi ne sarebbero state le conseguenze se il sedile del trattore fosse stato dotato di cinture di sicurezza." 


 

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente
Dott. FOTI Giacomo - rel. Consigliere
Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere
Dott. IZZO Fausto - Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

 

sul ricorso proposto da:
1) B.D. N. IL (OMISSIS);
2) BE.AL. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 881/2009 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del 13/04/2010;
visti gli atti, la sentenza e i ricorsi;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/01/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
udito il P.G. in persona del Dott. GERACI Vincenzo che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore avv. PATRIZI in sostituzione dell'avv. SCHIRO' che ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi.
 

 

FattoDiritto

 

 

-1- Be.Al. e B.D. ricorrono, per il tramite del comune difensore, avverso la sentenza della Corte d'Appello di Cagliari, del 13 aprile 2010, che ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città, del 30 gennaio 2009, che li ha ritenuti colpevoli del delitto di lesioni colpose commesso, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di C.M. e, riconosciute ad ambedue le circostanze attenuanti generiche, li ha condannati alla pena di 300,00 Euro di multa ciascuno nonchè, in solido tra loro, al risarcimento dei danni, in favore della parte civile, da liquidarsi in separato giudizio.


Secondo l'accusa, condivisa dai giudici del merito, i due imputati, il Be., quale amministratore delegato della "Porto Industriale di Cagliari s.p.a." (CICT), il B., quale terminal manager della stessa società, per colpa - consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e nella violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro - hanno cagionato al C. - dipendente della "Compagnia Lavoratori Portuali, Servizi Portuali Port Facilities s.r.l." (CLP), che lo aveva avviato al lavoro nell'ambito dell'impegno contrattuale assunto con la CICT - lesioni gravi, dalle quali è residuata una invalidità permanente del 12%.
In fatto, il giorno dell'incidente era accaduto che il C., nello svolgere l'attività di trattorista nell'area portuale del porto di Cagliari, in quanto addetto alla guida di un autoarticolato (composto da un trattore e da un semirimorchio) per il trasporto di un container (sbarcato da una nave e direttamente caricato sul pianale del semirimorchio trainato dal trattore guidato dal C.) dalla banchina del piazzale al deposito, nell'effettuare la manovra di ingresso nella corsia n. (OMISSIS), era rimasto infortunato (avendo riportato lesioni al capo, ad una vertebra lombare e alla spalla destra) in conseguenza del ribaltamento del container. Sotto il peso dell'ingombrante carico, che nella fase di caduta era andato a gravare sul bordo anteriore sinistro del semirimorchio, le ruote anteriori del trattore si erano impennate per poi ricadere a terra.
In tale frangente, il lavoratore aveva subito un violento sobbalzo che lo aveva fatto urtare violentemente, con varie parti del corpo, dapprima, contro la parte superiore della cabina, quindi, nella ricaduta, contro altre parti dell'abitacolo.


La corte territoriale, definite le posizioni di altri due imputati (assolto l'uno, deceduto l'altro nelle more del giudizio) e respinta la richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento, ha quindi ribadito la penale responsabilità dei due imputati avendo ritenuto - disattendendo, come il primo giudice, le conclusioni rassegnate dal perito, ing. M., che aveva ricondotto l'incidente alla esclusiva responsabilità del C., che aveva tenuto una disattenta condotta di guida, e dal consulente degli imputati, ing. R. - che specifici profili di colpa, alla stregua delle considerazioni svolte dal consulente del PM, ing. Ma., e di quello della parte civile, ing. F., dovessero individuarsi a carico dei due imputati.
In particolare, la corte territoriale ha sostenuto che la responsabilità dell'incidente non poteva essere attribuita alla condotta di guida del conducente del pesante automezzo, essendo frutto di mera congettura la tesi del perito secondo la quale il C. aveva imboccato la corsia assegnatagli in ritardo rispetto alla traiettoria ideale -tanto da essere stato costretto a compiere un altro giro per immettersi nello spazio destinato allo scarico del container - ed aveva poi affrontato la curva a destra, per immettersi in detta corsia, a velocità non adeguata, di circa 24 km orari, a fronte di quella prudenziale di 15 km.


A giudizio della stessa corte, invero, altre sono state le cause del ribaltamento del container e del successivo sobbalzo del trattore che aveva determinato l'infortunio. Cause rinvenute dal giudice del gravame:

1) nella non corretta collocazione del container (lungo circa sei metri) sul pianale del semirimorchio (che aveva una lunghezza di oltre dodici metri), cioè sull'estremità anteriore dello stesso invece che in posizione centrale, che avrebbe consentito una migliore distribuzione del peso, in contrasto con la regola di prudenza descritta nel D.P.R. n. 547 del 1955, art. 169;

2) nel mancato fissaggio del container al pianale mediante il serraggio dei rispettivi twist-locks, in violazione del D.Lgs. n. 272 del 1999, art. 30, lett. b). Se il carico fosse stato correttamente posizionato e convenientemente assicurato al pianale, ha sostenuto il giudice del gravame, lo stesso non si sarebbe ribaltato e l'infortunio sarebbe stato evitato. Ulteriore violazione delle norme prevenzionali è stata rilevata nell'assenza di cinture di sicurezza, la cui presenza ed il cui utilizzo avrebbero, secondo lo stesso giudice, quantomeno reso meno gravi le conseguenze dell'incidente.

 

2- Avverso tale decisione ricorrono, dunque, i due imputati che congiuntamente deducono:
A) Mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata. Sostengono i ricorrenti che, diversamente da quanto sostenuto dai giudici del gravame, le conclusioni alle quali è pervenuto il perito, ing. M., non sono frutto di mere congetture, bensì di una minuziosa ricostruzione dei fatti e si fondano su precisi dati oggettivi, correttamente rilevati, primo tra tutti il raggio di curvatura, correttamente indicato in misura pari a m. 12,60, non di m. 6,30. come erroneamente ha sostenuto il primo giudice. Sul punto, la corte territoriale avrebbe omesso di motivare. Si sostiene, ancora, nel ricorso, che non il posizionamento del container, ma l'inadeguata condotta di guida del veicolo da parte del C. avrebbe causato l'incidente, nel quale avrebbe avuto un ruolo determinante l'eccessiva velocità con la quale è stata affrontata la curva per immettere il veicolo nella corsia di sosta.
Negano, quindi, i ricorrenti che vi sarebbe stata una violazione del D.Lgs.  n. 272 del 1999, art. 30 poichè il serraggio dei twist-locks è previsto solo nel caso in cui il pianale sia sfornito di guide laterali e d'angolo di invito e di contenimento; guide delle quali il pianale del semirimorchio oggetto d'esame era certamente fornito. Non sarebbe, inoltre applicabile al trasporto in questione il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 169.

B) Mancata assunzione di prova decisiva, in relazione alla mancata audizione del perito, dalle cui conclusioni i giudici hanno ritenuto di discostarsi ovvero al mancato espletamento di perizia tecnica diretta ad accertare le cause dell'incidente, chiesto in via subordinata.

 

-2- I ricorsi sono infondati.

 

Deve, in proposito, osservarsi che questa Corte ha costantemente affermato che il vizio della mancanza o manifesta illogicità della motivazione, valutabile in sede di legittimità, sussiste allorchè il provvedimento giurisdizionale manchi del tutto della parte motiva ovvero la medesima, pur esistendo graficamente, sia tale da non evidenziare l'iter argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata. Il vizio è altresì presente nell'ipotesi in cui dal testo della motivazione emergano illogicità o contraddizioni di tale evidenza da rivelare una totale estraneità tra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale prescelta.
Orbene, nel caso di specie le censure mosse dai ricorrenti, che in parte ripropongono questioni già poste all'attenzione dei giudici del merito, si rivelano del tutto infondate, inesistenti essendo, in realtà, i pretesi vizi motivazionali della sentenza impugnata che, viceversa, presenta una struttura argomentativa adeguata e coerente sotto il profilo logico.
Riprendendo le linee argomentative tracciate dal primo giudice a sostegno della propria decisione, i giudici del gravame hanno ampiamente esaminato ogni questione sottoposta al loro giudizio e, dopo avere ricostruito i fatti, hanno adeguatamente motivato le ragioni del proprio dissenso rispetto alle argomentazioni ed osservazioni difensive.

Essi hanno dunque ribadito la responsabilità dei due imputati, radicata su un'organica e corretta valutazione degli elementi probatori acquisiti, in relazione ai quali le osservazioni dei ricorrenti si presentano prive di fondamento, alla stregua delle considerazioni tecniche svolte dal consulente del PM e della parte civile, legittimamente ritenute condivisibili e più convincenti rispetto a quelle svolte dal perito e dal consulente dell'imputato. Nell'analisi e nella ricostruzione dei fatti, la corte territoriale, così come il giudice di primo grado, dopo avere messo a confronto le diverse tesi rassegnate dai tecnici intervenuti, ha legittimamente ritenuto che quelle proposte dai consulenti del PM e della parte civile dovessero ritenersi più affidabili e convincenti, argomentando le ragioni della decisione adottata in termini di assoluta coerenza logica.

In particolare, gli stessi giudici hanno ritenuto di disattendere le valutazioni e le conclusioni cui sono pervenuti il perito ed i consulenti degli imputati, rilevando come esse si fondassero su premesse frutto di mere congetture, cioè che l'autoarticolato condotto dal C. avesse affrontato in ritardo la curva per immettersi sulla corsia n. (OMISSIS) del piazzale e ad una velocità non adeguata (24 km orari, a fronte di quella prudenziale di 15 km orari). Premesse che, in quanto non accompagnate da idonea giustificazione tecnica nè da concreti riscontri, sono state considerate quali manifestazioni di un semplice giudizio personale del perito, e quindi prive di valore in termini di corretta ricostruzione dell'incidente. Proprio l'arbitrarietà di tali premesse ha indotto i giudici del merito a ritenere inattendibili le conseguenti conclusioni rassegnate dal perito.
Più coerenti e tecnicamente più corrette sono state invece giudicate le valutazioni del consulente del PM, alla cui stregua i giudici territoriali hanno individuato le cause dell'incidente, anzitutto, nella collocazione del container all'estremità anteriore del pianale del semirimorchio, cioè in posizione errata in quanto più soggetta ai sobbalzi necessariamente provocati dallo spostamento del pesante automezzo, ed inoltre nel mancato fissaggio del container (pieno di ferramenta), che ne ha accentuato l'instabilità dovuta anche al decentramento del materiale che si trovava all'interno del container.
In proposito, i giudici del merito, riportandosi alle considerazioni svolte dal consulente del PM, hanno ritenuto di condividerne le conclusioni, secondo le quali l'errato posizionamento sul pianale del semirimorchio (lungo più di 12 metri) del container (lungo 6 metri e dal peso quasi corrispondente alla portata massima del semirimorchio), collocato in modo da gravare sulla ralla e sul perno per il traino, cioè sulla parte agganciata al trattore, ed il mancato fissaggio dello stesso, unito al decentramento del materiale posto all'interno del container, hanno causato, nel corso della manovra di svolta intrapresa dall'autoarticolato per accedere alla corsia di pertinenza, il ribaltamento e la fuoriuscita del carico dal semirimorchio, con conseguente modifica dell'assetto del trattore che, libero dal peso del container, ha avuto un violento sussulto che ha provocato la proiezione verso l'alto del C. e la successiva ricaduta verso il basso.


Se il carico fosse stato correttamente posizionato al centro del pianale - posizione che avrebbe garantito una corretta distribuzione del peso - e se esso fosse stato adeguatamente agganciato, secondo le indicazioni contenute nel D.Lgs. n. 272 del 1999, art. 30, l'incidente, sarebbe stato evitato, e comunque meno gravi ne sarebbero state le conseguenze se il sedile del trattore fosse stato dotato di cinture di sicurezza.
Valutazioni e considerazioni caratterizzate da un iter argomentativo del tutto coerente sotto il profilo logico e condivisibile da un punto di vista tecnico, per nulla contraddette dalle considerazioni svolte nei motivi di ricorso, che richiamano presunte erronee valutazioni del consulente del PM circa il calcolo del raggio di curvatura, giustamente trascurate dalla corte territoriale, essendo apparse, ove anche esistenti, non rilevanti ai fini di una corretta ricostruzione dell'incidente. Mentre il mancato aggancio del container al pianale attraverso il serraggio dei twist-locks (previsto dall'art. 30 del richiamato D.Lgs.) è stato giustamente ritenuto dalla stessa corte necessario in considerazione della inidoneità delle guide laterali esistenti sul pianale ad assicurare la stabilità del carico in considerazione della loro limitata altezza (cm. 10, a fronte dei m. 2,5 del container).
In opposizione a tali valutazioni, saldamente ancorate ai giudizi espressi dal consulente del PM, i ricorrenti si limitano a riproporre argomentazioni correttamente già ritenute irrilevanti dai giudici del gravame, i quali hanno correttamente osservato che l'inidoneità di dette guide è stata, in realtà, concretamente acclarata proprio dal ribaltamento del container.
Quanto al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 169, la cui violazione, affermata dai giudici del merito in relazione alla mancanza di stabilità del carico, è ritenuta dai ricorrenti non riferibile al caso di specie (in ragione del fatto che la norma richiama i "mezzi di sollevamento e di trasporto", quali gru ed altri apparecchi che sollevano e trasportano il carico, tra i quali non si potrebbe annoverare l'autoarticolato guidato dal C.), deduce la Corte l'inconsistenza del rilievo.
In realtà, deve osservarsi, da un lato, che, a prescindere dall'applicabilità di detta norma al caso in esame, comunque avrebbe dovuto esser curata la stabilità del carico sul pianale attraverso il corretto posizionamento ed aggancio dello stesso, dall'altro, che il trasporto del container nell'area di sosta del piazzale non è intervento a sè stante, bensì parte di una più sosta del piazzale non è intervento a sè stante, bensì parte di una più complessa operazione che inizia con lo scarico del container dalla nave, prosegue con il caricamento dello stesso sull'autoarticolato e con il trasporto sul piazzale e termina con 1' ulteriore scarico e posizionamento in terra. Se così è, deve rilevarsi che questa Corte, già con sentenza n. 14429/1990, ha affermato, con riferimento al disposto dell'art. 182, richiamato D.P.R. (inserito nel titolo 5 del citato D.P.R., riguardante i mezzi di sollevamento e di trasporto), che tale norma si riferisce anche ai "mezzi di trasporto", non soltanto ai "mezzi ed apparecchi di sollevamento e di trasporto" in quanto la congiunzione "e" di tale espressione "non denota necessaria duplicità della funzione del singolo mezzo o apparecchio, ma ha funzione puramente aggiuntiva"; la fattispecie in quella sede esaminata riguardava la costruzione di gallerie, con l'utilizzazione a tal fine di autocarri per il trasporto dei detriti rimossi, del tutto simile alla fattispecie oggetto d'esame, in cui il trasporto è avvenuto all'interno dell'area di carico e scarico delle merci).

Significativa, comunque, in punto di responsabilità, e non contestata, resta l'assenza sul sedile del trattore della cintura di sicurezza.
Insindacabile, infine, deve ritenersi la decisione della corte territoriale di non procedere ad ulteriori accertamenti peritali, avendo la stessa legittimamente ritenuto di essere nelle condizioni di decidere alla stregua degli atti e delle emergenze probatorie in atti.

I ricorsi devono essere, dunque, rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.