Cassazione Penale, Sez. 4, 01 giugno 2011, n. 22166 - Mancanza di un corretto serraggio delle ruote del semirimorchio e infortunio mortale in autostrada



 

 

Responsabilità di un gommista che, provvedendo alla sostituzione delle gomme dell'autoarticolato Scania-Adige (di proprietà della società F.P. T. di cui P. era socio), ometteva di serrare adeguatamente le ruote gemellate di sinistra del primo asse del semirimorchio, sicchè, mentre l'autoarticolato, condotto da O. A. , percorreva la A4, una ruota si staccava dallo stesso raggiungendo l'opposta corsia di marcia e colpendo nella porta anteriore l'autovettura VW Golf condotta da C. I. che riportava il maciullamento del capo, decedendo sul colpo.


La Corte territoriale premetteva che incontestatamente il distacco delle ruote gemellari del semirimorchio della ditta F.P. T. non era ascrivibile ad un cedimento meccanico istantaneo, bensì ad un progressivo allentamento e sviamento dei dadi che ebbero a determinare la fuoriuscita dei medesimi dal collegamento filettato e, quindi, dalle ruote. Parimenti, era risultato assodato, alla luce delle pressochè concordi valutazioni dei diversi consulenti incaricati dalle parti di dare una spiegazione tecnica del l'accadimento, che la perdita dei dadi di serraggio vincolanti le ruote alla struttura fissa dell'asse fu cagionata dalle sollecitazioni derivanti dal movimento del mezzo sui dadi stessi, non opportunamente serrati, secondo un procedere progressivo che iniziò nei momento in cui il mezzo si mise in movimento e terminò appunto con la fuoriuscita delle due ruote dalle colonnette alle quali esse erano assicurate (appunto attraverso i dadi).


La prospettazione accusatoria, era che il mancato corretto serraggio di quei dadi fosse da addebitarsi all'imputato il quale, sostituite le quattro gomme gemellari del primo assale del semirimorchio, nella fase di rimontaggio delle ruote non provvide, dopo una primo sommario avvitamento dei dieci dadi delle ruote gemellate sinistre, a stringere con la prescritta forza i dadi stessi.

 


Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino Presidente del 16/03/2 -

Dott. FOTI Giacomo Consigliere SENTE -

Dott. MASSAFRA Umberto rel. Consigliere N. -

Dott. VITELLI CASELLA Luca Consigliere REGISTRO GENER -

Dott. PICCIALLI Patrizia Consigliere N. 47036/2 -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso proposto da:

1) B. L., N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 657/2009 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 02/07/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/03/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fodaroni Giuseppina, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la parte civile, Avv. Zimbelli Marco del foro di Bergamo, che conclude per il rigetto del ricorso;

udito il difensore avv. Faccin Luca, del foro di Mantova, per l'imputato Bi. Lu. , il quale conclude per l'accoglimento del ricorso ai cui motivi si riporta.

 

Fatto

 


Con sentenza in data 2.7.2010 la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma di quella emessa in data 26.6.2008 dal Tribunale di Bergamo- Sede distaccata di Grumello del Monte, dichiarava l'estromissione del responsabile civile B. P. e revocava le statuizioni civili nei suoi confronti, confermando nel resto la sentenza predetta che aveva condannato B. L. alla pena condizionalmente sospesa e con il beneficio della non menzione, di mesi sei di reclusione, con circostanze attenuanti generiche oltre al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio in favore delle parti civili costituite e al versamento di una provvisionale di euro 180.000 per ciascuna di esse, essendo stato riconosciuto colpevole del reato di omicidio colposo in danno di C. I. (commesso il (Omissis)).

In particolare, al B. era contestato di aver, provvedendo quale gommista alla sostituzione delle gomme dell'autoarticolato Scania-Adige (di proprietà della società F.P. T. di cui P. era socio), omesso di serrare adeguatamente le ruote gemellate di sinistra del primo asse del semirimorchio, sicchè, mentre l'autoarticolato, condotto da O. A. , percorreva la A4, una ruota si staccava dallo stesso raggiungendo l'opposta corsia di marcia e colpendo nella porta anteriore l'autovettura VW Golf condotta da C. I. che riportava il maciullamento del capo, decedendo sul colpo.

La Corte territoriale premetteva che incontestatamente il distacco delle ruote gemellari del semirimorchio della ditta F.P. T. della quale il P. era socio non era ascrivibile ad un cedimento meccanico istantaneo, bensì ad un progressivo allentamento e sviamento dei dadi che ebbero a determinare la fuoriuscita dei medesimi dal collegamento filettato e, quindi, dalle ruote. Pari menti, era risultato assodato, alla luce delle pressochè concordi valutazioni dei diversi consulenti incaricati dalle parti di dare una spiegazione tecnica del l'accadimento, che la perdita dei dadi di serraggio vincolanti le ruote alla struttura fissa dell'asse fu cagionata dalle sollecitazioni derivanti dal movimento del mezzo sui dadi stessi, non opportunamente serrati, secondo un procedere progressivo che iniziò nei momento in cui il mezzo si mise in movimento e terminò appunto con la fuoriuscita delle due ruote dalle colonnette alle quali esse erano assicurate (appunto attraverso i dadi).

La prospettazione accusatoria, recepita nella sentenza di primo grado sulla scorta, da un lato, degli accertamenti e dalle valutazioni tecniche dei consulenti e, principalmente, di quelle dell'ing. P. , consulente del Pubblico Ministero e, dall'altro, delle emergenze testimoniali, era che il mancato corretto serraggio di quei dadi fosse da addebitarsi al B. il quale, sostituite le quattro gomme gemellari del primo assale del semirimorchio, nella fase di rimontaggio delle ruote non provvide, dopo una primo sommario avvitamento dei dieci dadi delle ruote gemellate sinistre, a stringere con la prescritta forza i dadi stessi.

Ciò premesso, la sentenza predetta respingeva con varie argomentazioni le tesi difensive prospettate con i motivi d'appello che sollevavano due questioni: la prima, che non vi sarebbe prova del fatto che il semirimorchio della società del P. sul quale, indiscutibilmente, il sabato (Omissis) B. eseguì  le operazioni di smontaggio e rimontaggio delle ruote gemellar del primo assale fosse quello che, poi, il lunedì 13 perse le due ruote sinistre con le note e tragiche conseguenze; la seconda, che, in ogni caso, il nesso causale tra il colpevole comportamento di B. nei termini appena sopra segnalati e il distacco delle ruote (e quindi la morte dell'automobilista) sarebbe stato reciso da una causa sopravvenuta, precisamente consistente nella condotta del conducente dell'autoarticolato che non avrebbe provveduto, come prescritto dalla buona tecnica, a controllare, percorso un certo numero di chilometri, lo stato del serraggio dei bulloni.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione B. L. , deducendo il vizio motivazionale laddove erano state respinte le due questioni sopra riportate sollevate con i motivi d'appello e l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla dedotta interruzione del nesso causale tra la condotta del B. e l'evento mortale determinata dalla condotta tenuta dall'autista O. che aveva omesso di controllare, come prescritto da tutti i principali manuali di manutenzione delle case costruttrici di semirimorchi, lo stato di serraggio dei bulloni dopo una cinquantina di chilometri di percorrenza.

 

 

Diritto



Il ricorso è infondato onde se ne impone il rigetto.



Va rilevata, anzitutto, la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale, al punto da ritrascrivere ben 9 pagine dell'atto d'appello, e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, esente da vizi ed assolutamente plausibile, nonchè munita di argomentazioni logiche di assoluta linearità e profondamente meditate, peraltro non meno di quelle attente ed analitiche svolte dalla sentenza di primo grado, con specifico riferimento all'identità del autocarro indicato in fattura con quello che causò  il sinistro e all'esclusione dell'intento calunniatorio del P. in danno del B., con la cui motivazione quella della sentenza oggi impugnata si fonde in un unicum inscindibile. Peraltro, non è inutile ricordare che il nuovo testo dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), come modificato dalla Legge 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto "travisamento della prova", finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all'interno della decisione (Cass. pen. Sez. 4, 19.6.2006, n. 38424).

Ciò, però, vale nell'ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell'ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l'ipotesi in cui il giudice d'appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice. Alla stregua di quanto sopra deve riconoscersi l'infondatezza dei motivi di ricorso articolati, dal momento che la verifica dell'apparato argomentativo della sentenza impugnata deve ritenersi nel caso di specie senz'altro positiva, essendo la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito del tutto coerente con le acquisizioni probatorie esistenti in atti, di talchè nessuna censura, e tanto meno nessuna diversa ricostruzione fattuale, può essere in questa sede di legittimità prospettata.

Del resto, non ogni possibile incongruenza logica nell'apparato motivazione della sentenza di merito, è deducibile come vizio di motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) e, conseguentemente, censurabile in sede di legittimità: deve trattarsi di incongruenze logiche macroscopiche, assolutamente evidenti dalla lettura del provvedimento gravato, che rendano la conclusione raggiunta, per come giustificata, intrinsecamente contraddittoria e/o gravemente insufficiente, se non addirittura apodittica.

Ma nulla di tutto ciò è ravvisabile nel caso in esame, nel quale il ricorrente fa addirittura richiamo alle nozioni di "comune esperienza" per individuare i tempi necessari (a suo dire 15 minuti) alla sostituzione di 4 pneumatici per contrastare l'ineccepibile ragionamento logico seguito dalla Corte territoriale, nel rispondere ad un motivo d'appello, per inferire che la sostituzione dei 9 dadi l'8 ottobre s'impose in luogo della più complessa operazione di sostituzione dei pneumatici in una giornata lavorativa con aggravio economico per l'attività imprenditoriale. Non meno inconsistenti e comunque tese a sovrapporre una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella alla quale è pervenuto il giudice di merito, come tali non consentita in questa sede, si appalesano le argomentazioni addotte per svalutare le dichiarazioni testimoniali dell'autista O. a conferma e riscontro di quanto emerso dal documento fiscale, la fattura n. (Omissis) emessa da Be. Go. l'(Omissis) nella quale il compilatore descrive l'operazione della sostituzione di quattro gomme usate sul mezzo tg (Omissis), cioè quello da cui il successivo 13 ottobre si staccarono le due ruote.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in relazione alle deduzioni opposte ai ragionamenti seguiti dalla Corte in ordine al colore del telone del rimorchio presente in officina il sabato (blu, secondo il B. e il C. ) rispetto a quello del rimorchio da cui si staccarono le ruote (rosso, secondo i due testi predetti): le argomentazioni svolte al riguardo dal ricorrente vengono prospettate come logiche, ma in realtà si traducono in mere opinioni soggettive dello scrivente con pretesa di superiore valenza, e ciò a fronte anche della lunga ed approfondita dissertazione svolta dalla sentenza di primo grado (pagg. 6-11) per sorreggere la riconducibilità della sostituzione e serraggio dei dadi proprio al rimorchio da cui poi si staccarono le due ruote e all'opera del B. nonchè ad escludere l'attendibilità del teste C. , tacciato di falsità (come tale rimesso all'attenzione della Procura della Repubblica).

Altrettanto vale laddove si ripropone (ancora una volta) la tesi della causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento e come tale idonea ad elidere il nesso causale tra la condotta del B. e l'evento nella pretesa omissione da parte dell' O. del controllo del serraggio dei bulloni, evenienza che il giudice d'appello (pag. 15 sent.) ha correttamente e motivatamente escluso, alla luce dei consolidati orientamenti di questa S.C. sul punto (con richiamo, al riguardo, della sentenza n. 32303 del 2009, Rv. 244865 di questa Sezione), precisando che, quand'anche provata, la detta condotta omissiva dell' O., varrebbe ad assurgere, al massimo, a ruolo di concausa ma non già ad elidere in radice il collegamento causale dell'evento lesivo con la condotta dell'odierno ricorrente. Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione, in favore delle parti civili costituite, delle spese dalle medesime sostenute nel presente giudizio di Cassazione, liquidate, complessivamente, come in dispositivo.

 

P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento delle spese sostenute per questo giudizio di Cassazione che liquida in favore delle parti civili in euro 2.500,00 oltre accessori di legge.