T.A.R. Emilia Romagna, Sez. 1, 01 luglio 2011, n. 560 - Vigile del fuoco e decesso: nesso di causalità


 

 

N. 00560/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01111/2009 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 1111 del 2009, proposto da:
Emanuela Z., -OMISSIS-, rappresentate e difese dall'avv. Elisa Salerno, con domicilio eletto presso Segreteria Tar in Bologna, Strada Maggiore 53;


contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Bologna, via Guido Reni 4;


per il risarcimento dei danni da infortunio sul lavoro.




Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2011 il dott. Sergio Fina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FattoDiritto

 



E’ azionata dalla ricorrente la pretesa al risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale subito in dipendenza di decesso del coniuge verificatosi nello svolgimento del servizio ordinario di vigile del fuoco.

Rileva in sintesi, la ricorrente, che il coniuge, già affetto da cardiopatia ischemica, veniva colpito da infarto acuto del miocardio nel corso di un intervento di soccorso caratterizzato da un elevato grado di stress e di sforzo fisico e da condizioni climatiche avverse.

Tali situazioni lavorative, secondo l’interessata, non potevano essere adeguatamente sostenute da una persona sofferente delle indicate infermità, sicché a suo avviso sussiste il nesso di causalità tra l’evento dannoso e la prestazione di lavoro.

Ne deriva sempre per la ricorrente un danno biologico permanente per la perdita del congiunto e altresì un danno morale ed esistenziale conseguente al fatto luttuoso anche nei confronti della figlia di quest’ultimo, danni che devono essere, ai sensi dell’art. 2087 del c.c., risarciti dal datore di lavoro.

Al riguardo si osserva che la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. ha natura contrattuale e costituisce una norma di chiusura del sistema infortunistico che obbliga il medesimo datore di lavoro a tutelare l’integrità psico – fisica dei propri dipendenti imponendogli l’adozione di tutte le cautele necessarie a preservare il bene della salute nell’ambiente ed in costanza di lavoro.

Occorre anche rilevare che la natura contrattuale dell’obbligo in esame esige che il riparto degli oneri probatori nella domanda risarcitoria da infortunio sul lavoro si ponga sullo stesso piano di quello previsto dall’art. 1218 c.c. in ordine all’adempimento delle obbligazioni.

Pertanto il lavoratore che agisce per il risarcimento del danno deve allegare e provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, l’esistenza del danno e il nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile, ossia da caso fortuito o da forza maggiore e di avere adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza apprestando tutte le misure per evitare il danno.

Ora nel caso che ne occupa non risulta dai fatti e neppure viene allegato e comprovato dalle argomentazioni di parte ricorrente alcun nesso di causalità tra l’evento verificatosi, cioè il decesso del dipendente e la prestazione lavorativa svolta da quest’ultimo in quello sfortunato frangente, né questo collegamento, come correttamente osserva l’Avvocatura dello Stato, può essere stabilito in termini presuntivi o ipotetici perché una tale ricostruzione non integrerebbe il requisito richiesto dalla legge

Si trattava peraltro nel caso specifico di prestazioni – taglio di rami – rientranti ordinariamente nel novero delle attività svolte dai Vigili del Fuoco e il dipendente, per il quale non si era registrato dopo l’insorgere della malattia alcun nuovo episodio, non aveva mai rappresentato all’amministrazione l’esigenza, documentata da attestazioni mediche, di essere assegnato ad altre mansioni.

Il medesimo dipendente era stato sottoposto a periodiche visite di controllo che non avevano manifestato situazioni patologiche o invalidanti della sua condizione di salute, sicché l’infermità “infarto acuto del miocardio” da cui è derivato il decesso doveva ritenersi del tutto imprevedibile.

Per tutte le ragioni sopra indicate il ricorso è infondato e dunque deve essere respinto.

Le spese, attesa la natura delle questioni rappresentate, possono compensarsi tra le parti.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Emilia Romagna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:



Giuseppe Calvo, Presidente

Grazia Brini, Consigliere

Sergio Fina, Consigliere, Estensore



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/07/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)