SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni



Resoconto stenografico



Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»



Lunedì 31 gennaio 2011



Audizioni svolte presso la Prefettura di Bologna



Presidenza del presidente TOFANI

INDICE

Audizione di rappresentanti delle istituzioni locali
Audizione del procuratore e di un sostituto procuratore aggiunto della procura della Repubblica di Bologna
Audizione del vice questore vicario, del comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di finanza e del comandante provinciale dei VVFF
Audizione del direttore provinciale del lavoro, del dirigente della sede INAIL Bologna, di rappresentanti delle ASL Bologna e Imola e del direttore generale dell’ARPA
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane




Audizione di rappresentanti delle istituzioni locali

Intervengono: l’assessore alla sanità della Regione Emilia Romagna, dottor Carlo Lusenti, accompagnato dal dottor Giuseppe Monterastelli; la presidente della Provincia di Bologna, dottoressa Beatrice Draghetti; il commissario straordinario del Comune di Bologna, dottoressa Anna Maria Cancellieri; il sindaco del Comune di Bentivoglio, dottor Vladimiro Longhi; il sindaco del Comune di Calderara di Reno, dottoressa Irene Priolo; il sindaco del Comune di Granarolo Emilia, dottoressa Loretta Lambertini; il sindaco del Comune di Medicina, dottor Onelio Rambaldi; il sindaco del Comune di San Giovanni in Persiceto, dottor Renato Mazzuca.

PRESIDENTE
Rivolgo anzitutto un saluto ai nostri ospiti. La Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro e le morti bianche ritiene opportuno ascoltare una serie di soggetti istituzionali al fine di una migliore conoscenza del quadro delle attività in corso, finalizzate al contrasto del fenomeno, considerato che nel vostro territorio, in poco più di cinquanta giorni, vi sono stati ben sette incidenti mortali sul lavoro.
Vorremmo quindi avere da voi, che rappresentate le istituzioni, dati ed elementi di riflessione, in modo che la Commissione possa non solo comprendere meglio tale fenomeno, ma intraprendere quelle iniziative che dovesse ritenere opportune.
Do quindi la parola al dottor Lusenti.

LUSENTI
Signor Presidente, il mio intervento sarà piuttosto sintetico, poiché rinvio ad una memoria che ho consegnato agli uffici per una descrizione più puntuale del quadro aggiornato degli infortuni sul lavoro occorsi nella Regione Emilia Romagna, delle politiche realizzate dalla stessa e delle azioni concrete che hanno consentito – al di là dei drammatici eventi e del cluster che si è recentemente verificato – di conseguire negli anni dei risultati che disegnano un trend complessivo di consistente riduzione degli infortuni sul lavoro e della conseguenza più drammatica di tali eventi, ossia la morte dei lavoratori.
Le azioni intraprese in materia nel corso degli anni sono state armonizzate da un Comitato regionale di coordinamento della Pubblica Amministrazione, istituito ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che ha messo in relazione le iniziative adottate dalle varie istituzioni in modo da assicurare un livello di coordinamento costante e continuativo, a livello regionale e provinciale. Le azioni realizzate sono state sostenute da risorse significative: nel triennio appena trascorso, in assoluta controtendenza con il quadro nazionale, è stato incrementato, anno dopo anno, il personale delle Unità Operative dedicato alla prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, sono stati stanziati circa 8 milioni di euro a favore della formazione dei lavoratori e del personale addetto all’attività di controllo ed ispettiva. Il recentissimo Piano regionale della prevenzione, relativo al triennio 2010-2012, approvato con delibera dalla giunta quindici giorni fa, ha previsto obiettivi ambiziosi, in linea con le politiche europee, quali l’ulteriore riduzione del 15 per cento degli infortuni nel triennio considerato ed un aggiuntivo incremento dell’attività di vigilanza.
L’andamento degli infortuni sul lavoro in Emilia-Romagna, pur non consentendoci ancora dichiarazioni di soddisfazione o di poter affermare di aver raggiunto il traguardo (soprattutto in una condizione del tutto recente e drammatica come quella che si è verificata nella Provincia di Bologna), ci consegna tuttavia una situazione standardizzata, verificata in un periodo di tempo piuttosto lungo, di riduzione costante degli infortuni sul lavoro, che è stata particolarmente rilevante nel 2009, quando ha evidenziato una riduzione del 12 per cento rispetto all’anno precedente. Le azioni compiute finora andranno, comunque, rafforzate. Intendiamo continuare a dedicarci con continuità ed intensità a quello che consideriamo un elemento che concerne non solo la salute pubblica, ma che rappresenta altresì un sostegno verso una migliore qualità della vita civile.
La memoria contiene altresì molti dati analitici (Provincia per Provincia, settore per settore) che disegnano in modo assai specifico e puntiforme le iniziative portate avanti e i risultati conseguiti, con una fotografia delle azioni realizzate nella Regione Emilia-Romagna rispetto alla prevenzione delle malattie conseguenti all’attività lavorativa, degli infortuni sul lavoro ed in particolare di quelli gravi, mortali che, purtroppo, continuiamo a registrare ogni anno.

PRESIDENTE
Assessore Lusenti, la ringraziamo per averci messo a disposizione la vostra documentazione.
In aggiunta a quanto ci ha appena esposto, lei ritiene che vi siano dei punti deboli nella normativa esistente, sia pure incompleta, considerato che numerosi decreti attuativi del decreto legislativo n. 81 del 2008 debbono essere ancora definiti?

LUSENTI
Dal punto di vista normativo nazionale, con il completamento e il sostegno della legislazione regionale di merito (che in Emilia Romagna è stata adottata), non ritengo ci siano aspetti critici. Il punto debole non concerne l’impianto legislativo, ma piuttosto la necessità di una maggiore disponibilità di risorse umane, da un lato (posto che le azioni di vigilanza, controllo e formazione richiedono personale), e una più diffusa e capillare attenzione verso nuove modalità di lavoro che generano rischi concreti, dall’altro. Il lavoro è cambiato e manifesta importanti contenuti di innovazione tecnologica, ma si registrano cambiamenti anche nel ruolo dei lavoratori e nella loro possibilità di essere adeguatamente formati ed istruiti. Il rapporto di lavoro sta mutando, con fenomeni evidenti di aumento consistente di forme di precariato, di forme di lavoro senza alcuna continuità, che non consentono di realizzare in modo continuativo nei confronti del lavoratori azioni formative, che invece richiederebbero di essere maggiormente sostenute al fine di evitare il realizzarsi di eventi avversi conseguenti a rischi connessi all’attività lavorativa.
A legislazione vigente, sulla base quindi delle norme esistenti, riteniamo che l’azione che si potrebbe compiere potrebbe essere più completa ed esaustiva se ci fosse da un lato una maggiore disponibilità di risorse umane e dall’altro un mondo del lavoro più stabile, meno precario, con rapporti che permettano ai lavoratori di accrescere le proprie competenze in materia di protezione contro i rischi.

DRAGHETTI
Signor Presidente, rivolgo innanzitutto un saluto cordiale a tutti i presenti. Consegno un documento che contiene i dati statistici sugli infortuni in generale e su quelli mortali in particolare fino al 2009, con un elenco analitico dei casi mortali registrati nel 2010 e nel 2011. Allego inoltre una nota molto articolata di tutta l’attività formativa finanziata, una dimensione che sottolineiamo e sosteniamo in maniera particolare, nonché un’ultima nota concernente l’attività del nostro servizio politiche sociali e della salute per quanto riguarda l’insegnamento dell’italiano ai cittadini extracomunitari che, come può risultare di immediata evidenza, è di assoluta urgenza rispetto al tema di cui stiamo parlando.
Vorrei svolgere un breve excursus delle iniziative che abbiamo in corso. Oltre alle attività di formazione, da anni abbiamo messo in piedi il Servizio informativo per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (SIRS), che offre a costoro una assistenza ed un supporto continuativi per promuovere la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro. Tutte le attività che andrò ad elencare sono in genere promosse dalla Provincia, con una importante collaborazione e coordinamento con altre realtà sul territorio, in particolare con le ASL.
Un secondo servizio è «Articolo 19», un bollettino informativo bimestrale rivolto ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, che si pone come strumento di informazione sulle principali tematiche legate alla sicurezza.
Il gradimento verso tale strumento risulta molto evidente dal fatto che si è arrivati ad una tiratura di 2.000 copie per ogni edizione, quindi la diffusione è particolarmente significativa.
La terza iniziativa prende il nome di «Cantiere vigile», ed è l’esito di un protocollo d’intesa con le ASL, la Direzione provinciale del lavoro, l’INPS, l’INAIL e soprattutto molti Comuni del territorio (circa 40). Si tratta di un progetto che tende a sviluppare azioni congiunte per migliorare le condizioni di sicurezza e di regolarità lavorativa dei cantieri sul territorio.
Oltre al coinvolgimento di numerosi Comuni, vi è una partecipazione ai corsi di formazione di circa 130 addetti di polizia municipale.
Una quarta iniziativa che ci coinvolge da anni è il Tavolo permanente di coordinamento provinciale per la sicurezza sul lavoro nei cantieri della variante autostradale di valico. Dall’accordo e dal confronto con le diverse realtà istituzionali presenti sul territorio, si sono sviluppate diverse azioni mirate di intervento.
Abbiamo poi messo in campo un progetto sullo stress lavoro correlato, poiché in base al Testo unico sulla sicurezza le aziende devono valutare anche il rischio derivante da tale tipo di stress. Da sei anni abbiamo attivato all’interno dei cantieri edili del territorio un cartellone multilingue allo scopo di migliorare la comprensione da parte dei lavoratori stranieri delle più frequenti situazioni di rischio nei cantieri. Interessante è l’impostazione grafica, strutturata in modo da favorire l’immediata comprensione dei contenuti, anche al di là della capacità di lettura ed interpretazione.
Infine, mi pare interessante sottolineare un ultimo progetto e cioè il nostro costante patrocinio di una trasmissione televisiva dal titolo «Edilizia sicura», realizzata da un ente di formazione locale e trasmessa su emittenti del territorio.
Questi sono alcuni dei progetti su cui volevo richiamare l’attenzione.
Torno a ripetere, comunque, che mi interessa molto che tutto ciò sia accompagnato da un’importante e significativa attività di formazione mirata, quale quella che in parte già svolgiamo sul territorio. Ritengo ci sia ancora tanto da lavorare sull’approccio e sulla dimensione culturale di questi problemi e sulla relativa soluzione, posto che mi pare siamo ancora in presenza di una certa disinvoltura e approssimazione. Alzando lo sguardo e vedendo sulle impalcature operai in ciabatte infradito e senza alcuna protezione sul capo viene da pensare che siamo piuttosto indietro. Dato che la realtà non si evolve solo perché ci sono dei decreti e delle norme, credo bisognerà intervenire in maniera molto decisa affinché si formi una mentalità congrua. Ciò in particolare in tutte quelle situazioni (ad esempio, la presenza di subappalti) in cui sono impiegati molti lavoratori stranieri, rispetto ai quali la stessa relazione verbale si configura come una difficoltà significativa.

CANCELLIERI
Per quanto riguarda il Comune di Bologna, vorrei soffermarmi sull’iniziativa «Cantiere vigile» cui ha già accennato la presidente Draghetti. Il Comune di Bologna ha aderito a questa iniziativa che ha le sue origini nel 2006 e che vede in rete tutti gli organismi che in qualche modo si occupano di questo problema, con un’attività che parte proprio dai vigili di quartiere, i quali eseguono delle ispezioni ciascuno nei cantieri del quartiere di propria competenza e, se rilevano qualcosa di irregolare, inviano subito una segnalazione agli enti interessati, come per esempio l’INAIL e l’INPS.

PRESIDENTE
Dottoressa Cancellieri, poiché siamo molto interessati all’argomento e puntiamo, ormai da tempo, sul coinvolgimento delle amministrazioni locali, le chiedo se può descrivere meglio questa attività.

CANCELLIERI
Certo. I vigili muovendosi nel territorio loro assegnato (nella città di Bologna vi sono nove quartieri) effettuano ispezioni presso i cantieri che trovano sul loro cammino e di cui sono a conoscenza.
Mediamente le ispezioni che effettuano sono 150 l’anno (vi è anche il problema delle risorse da impiegare sul territorio), ma molto significative poiché rappresentano il primo impatto del cantiere con la legalità. Se il cantiere non presenta problemi si procede de plano, dandone comunicazione agli organismi interessati; se invece si riscontrano irregolarità (ad esempio, manca il registro delle corrispondenze con riferimento ai contributi) queste vengono segnalate e segue un secondo controllo molto più incisivo ed operativo. È un’iniziativa che ha dato dei buoni risultati.
Quest’anno ci siamo prefissi l’obiettivo di arrivare a 250 ispezioni, contro le 150 degli anni precedenti e per raggiungere questo risultato abbiamo impiegato il massimo delle energie possibili in questo settore. Naturalmente c’è molto da fare perché da un’attenta analisi emerge che gli infortuni sul lavoro si verificano per lo più nei cantieri edili (soprattutto in quelli non regolari), oppure nel settore agricolo e colpiscono prevalentemente i giovani (che, in quanto giovani, non hanno esperienza) o gli anziani (che, in quanto esperti, si sentono talmente sicuri del loro lavoro che il più delle volte non adottano i previsti criteri di sicurezza).
Con riguardo a tale fenomeno ci sono dunque due aspetti da curare. Il primo è quello della formazione. Occorre lavorare molto sulla formazione degli operatori, i quali devono rendersi conto (al pari di quanto accadde quando tutti noi fummo costretti ad indossare le cinture di sicurezza nelle autovetture) che mettere il casco di protezione o adoperare altri strumenti è un’azione di difesa, non un fastidio in più. È quindi necessario lavorare seriamente sulla formazione del personale. Occorre poi un’azione di vigilanza.
Personalmente ritengo che se chiedessimo alle amministrazioni di mettere in rete i dati in possesso del Comune e di tutti gli altri organismi che operano nel settore (offrendo naturalmente dei supporti per poterlo fare) verremmo a conoscenza di una serie di cantieri irregolari presenti sul territorio. Può capitare infatti che dei Comuni concedano delle autorizzazioni a svolgere determinati lavori per il ripristino di un’abitazione, o per eseguire altre opere edilizie e che la ditta abbia un solo dipendente.
Già mettendo a confronto questi dati, cosa che con i mezzi informatici è possibile fare semplicemente con un click, si avrebbe la misura del tasso di irregolarità e di lavoro nero presente nel settore, con tutto ciò che questo comporta perché sappiamo benissimo che tali situazioni sono molto diffuse e presentano innumerevoli sfaccettature. Il cantiere irregolare va colpito perché si serve, per lo più, di persone che non hanno alcuna formazione o tutela e che quindi sono spesso vittime di incidenti.
Ritengo che mettere in rete tutte le informazioni di cui l’ente locale dispone, insieme a quelle in possesso dell’INPS e dell’INAIL, per effettuare controlli incrociati sia un’idea interessante.

PRESIDENTE
Posso anticipare al riguardo che il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) sta ormai per decollare. Con i colleghi della Commissione abbiamo audito più volte i funzionari del Ministero del lavoro e lo stesso Ministro, anche perché è giusto scambiarsi informazioni, e sembra che il debutto sia davvero imminente, mi auguro questione di settimane.
In seno alla nostra Commissione è stato costituito un gruppo di lavoro dedicato proprio a questo aspetto, cioè all’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008. Tra l’altro, uno dei punti più qualificanti – oggetto di un documento votato all’unanimità dall’Aula del Senato della Repubblica qualche settimana fa – riguarda proprio questa banca dati, che ovviamente potrà poi essere tarata in riferimento alle esigenze che dovessero emergere, come lei stessa oggi ha riferito. Volevo fornire questo elemento come termine di confronto per passare dalla teoria alla pratica.

LONGHI
Il Comune di Bentivoglio fa parte di un’unione cui aderiscono otto Comuni, per un totale di circa 70.000 abitanti. Anche noi, con la polizia municipale, partecipiamo al progetto «Cantiere vigile». Il Comune di Castel Maggiore, che conta 18.000 abitanti, è stato quello che ha avviato autonomamente questo progetto, a cui successivamente hanno aderito tutti gli altri Comuni. Il Comune di Castel Maggiore a tre anni dall’inizio del progetto è riuscito a controllare il 100 per cento dei cantieri edili presenti sul territorio. Il nostro obiettivo è arrivare progressivamente a controllare tutti i cantieri presenti all’interno del nostro territorio, che si estende su una superficie molto vasta. Complice anche il rallentamento dell’attività edilizia, nel prossimo futuro sarà possibile effettuare il controllo completo dei cantieri edili. Come diceva la dottoressa Cancellieri, è evidente che gli infortuni non si verificano soltanto nel settore edilizio ma anche in altri settori piuttosto delicati.
Mi sento inoltre di potermi associare a quanto affermato all’assessore Lusenti con riguardo al fatto che il raggiungimento dell’obiettivo è legato soprattutto alle risorse umane che eseguono le ispezioni. In un recente convegno sulla sicurezza ho sentito un funzionario, mi pare il direttore dell’INAIL, affermare che con le risorse attuali le aziende vengono controllate in media una volta ogni venticinque anni. Ritengo importante che tra le istituzioni vi sia un lavoro di concertazione, come c’è in questo territorio, tuttavia sono necessarie anche maggiori risorse umane per le aziende sanitarie e l’INAIL affinché i controlli possano essere eseguiti.
La cooperazione istituzionale c’è, ma mancano le risorse umane.
La mia amministrazione, così come le altre dell’unione cui aderiamo, ha focalizzato la propria attenzione sugli infortuni in itinere e si è prodigata per migliorare la sicurezza sulle strade in modo da prevenire tali infortuni. Grazie agli interventi realizzati sono stati conseguiti dei risultati positivi. Al riguardo l’Osservatorio provinciale sulla sicurezza stradale potrà fornire dati più precisi. Non ho presentato memorie ma, come dicevo, aderiamo ad un coordinamento provinciale per cui tutti i dati possono essere forniti dalla Provincia.
Il comune di Bentivoglio presenta una situazione un po’ particolare: è piccolo, ma ha bisogno di una presenza costante perché, soprattutto con riferimento agli infortuni in itinere, vi sono grandi flussi di attraversamento; ospitiamo sul territorio l’interporto di Bologna, una struttura che, per concentrazione e per tipologia di attività, presenta un’alta rischiosità: si pensi che gli ingressi di autotreni e mezzi pesanti sono circa 5.000 al giorno, con una potenzialità di 7.000-8.000 a regime, e che vi lavorano gli spedizionieri i quali, come si sa, dal punto di vista del rispetto delle norme e della tutela del lavoro rappresentano uno dei settori fortemente a rischio.

NEROZZI (PD)
In riferimento alle osservazioni della dottoressa Cancellieri e della dottoressa Draghetti e, per altro aspetto, alle sue, dottor Longhi, ricordo che, in particolare nell’anno in corso, abbiamo posto sotto osservazione la questione degli appalti per due ragioni: in primo luogo, per determinare quali effetti determinino sulla sicurezza del lavoro gli appalti con il criterio del massimo ribasso (in alcuni casi abbiamo rilevato una riduzione pari al 35-40 per cento dei costi); in secondo luogo, per monitorare il numero dei subappalti che, in alcuni casi, arrivano a cinque, sei o addirittura sette. Ci interessa capire quali effetti determina questo fenomeno che sembra riguardare l’intera Penisola e come la legislazione dovrebbe essere modificata per favorirne il contrasto.
Altra domanda riguarda i Comuni che sono qui presenti ed in particolare il mondo agricolo. Come lei giustamente diceva, gli incidenti si verificano in maniera molto rilevante nell’edilizia e in agricoltura. Poiché abbiamo spesso riscontrato che una delle cause è la fatiscenza delle macchine (trattori, macchine movimento terra, impalcature, ponteggi), ci interesserebbe approfondire meglio questo aspetto. Noi siamo riusciti, nell’ultima legge finanziaria, ad ottenere degli incentivi per la rottamazione delle macchine movimento terra e delle macchine agricole. Non sappiamo ancora l’effetto che queste risorse hanno determinato: potrebbe anche darsi che pochi le abbiano usate e quindi l’effetto atteso non ci sia stato. Ci interesserebbe verificarlo, anche perché ci pare che questa norma, in una situazione di crisi, possa favorire non solo una maggiore sicurezza ma anche, come effetto collaterale, la produzione e l’occupazione.

PRESIDENTE
Vorrei aggiungere alcune brevi considerazioni sul tema degli appalti, a cui faceva riferimento il senatore Nerozzi e che ci sta molto a cuore. È vero che esiste in materia una normativa nazionale e che dobbiamo rispettare la normativa comunitaria, però si tratta di aprire un dibattito con le stazioni appaltanti – e voi lo siete – per vedere se sia ancora il caso di perseguire la strada del massimo ribasso. È un punto importante, è una scelta politica. Su questo tema vi chiedo cortesemente di fare una riflessione, a sostegno dell’intervento del collega Nerozzi.

PRIOLO
Signor Presidente, onorevoli senatori, a questo punto il tema si è allargato ed è entrato in maniera più diffusa in quelle che sono le problematiche che affrontiamo giornalmente. Il collega Mazzuca, del Comune di San Giovanni in Persiceto, specificherà meglio quello che il mio Comune fa, nell’ambito dell’associazione intercomunale «Terra e acqua», dal punto di vista del progetto «Cantiere vigile». Sui cantieri, sull’edilizia e sugli appalti possiamo esercitare un’azione diretta. Quello che mi preoccupa di più è la realtà all’interno delle aziende, e spiego perché.
Il mio Comune conta 13.000 abitanti, ma abbiamo più di 1.000 aziende e questo tessuto produttivo, fortemente orientato sulla metalmeccanica, oggi vive grandi difficoltà dal punto di vista economico. Allora, le azioni che si devono attivare da questo punto di vista sono diverse e particolari.
Mi spiego meglio. Siamo di fronte non solo a grandi aziende, che comunque attuano processi di innovazione e di attenzione alle politiche della sicurezza (non solo perché è un obiettivo strategico ma perché investono da anni), ma anche a piccole e piccolissime aziende che in un momento come questo sono fortemente in difficoltà dal punto di vista economico e il più delle volte, quindi, non investono. Ribadisco quanto è stato detto poc’anzi: investire sulla sicurezza oggi significa sicuramente investire dal punto di vista economico ma di fronte ad una contrattura del mercato come questa le aziende si trovano in difficoltà. Quindi le risorse che a livello un po’ più ampio devono essere pensate dovrebbero andare in questa direzione.
Si parlava della precarietà: è evidente che in un contesto economico così difficile i contratti precari sono quelli più utilizzati, ma vanno a svantaggio della formazione. Questo è uno dei grandi problemi che abbiamo.
Vi porto il caso pratico di un incidente: la difficoltà di dover ripartire il lavoro in più turni, tra cui anche quelli notturni, comporta che le aziende debbano investire risorse anche sotto il profilo del personale per l’affiancamento e questo in un momento così difficile è un problema. Per motivi di sicurezza dovrebbero essere sempre presenti almeno due persone, ma molto spesso si disattende a quello che la norma prevede. Quindi sono assolutamente d’accordo con quanto diceva la presidente Draghetti: il problema non è soltanto di tipo culturale ma anche di risorse economiche; non coinvolge solo i controlli di cui parlava il collega di Bentivoglio, ma anche ciò che possono fare queste piccole imprese in un momento di grande difficoltà come l’attuale.
Per quanto riguarda gli apparati della produzione, non molti sono all’avanguardia, ma oggi investire in strumentazioni tecnologiche innovative può essere un problema per le piccole e piccolissime imprese. Questo è un aspetto che mi sento di sottolineare, per la tipicità del nostro tessuto produttivo.
Venendo alle considerazioni del senatore Nerozzi, secondo me il criterio del massimo ribasso determina due patologie. In primo luogo, instaura problemi di sicurezza sui luoghi di lavoro. Poi c’è l’aspetto delle offerte anomale, per cui si deve andare a verificare – lo sapete meglio di noi – da dove provengano. Si tratta, in sostanza, di un problema di legalità molto più ampio. Secondo me, oggi la scommessa deve essere quella di lavorare non solo sul massimo ribasso ma sulle offerte economicamente vantaggiose, su un aspetto più qualitativo che quantitativo. C’è da sottolineare che, in un momento in cui noi siamo tenuti a rispettare anche il vincolo del patto di stabilità, quello del ribasso è un elemento che viene preso strettamente in considerazione. Il mio Comune in effetti ha avuto un ribasso intorno al 35 per cento, che rispetto alle nostre zone rappresenta un’offerta piuttosto anomala, e la ditta non proveniva dal territorio bolognese.
Ritengo che a livello normativo generale si debba assumere in questo caso un orientamento molto forte, tuttavia bisogna anche considerare le conseguenze per gli enti che devono riuscire a mantenere gli obiettivi del contenimento della spesa e del rispetto del patto di stabilità.
Per quanto riguarda il mondo agricolo, anche qui bisogna vedere, rispetto alle risorse che vengono date agli imprenditori agricoli (forse la presidente Draghetti potrà dire qualcosa dal punto di vista del fondo regionale, che poi deriva dal fondo comunitario), quali possono essere gli investimenti che oggi gli agricoltori sono in grado di fare. Il nostro territorio – in realtà tutta la provincia di Bologna – ha una vocazione strettamente agricola; probabilmente anche in questo ambito investire oggi su macchinari nuovi, non obsoleti, ha un’incidenza molto elevata, avendo i macchinari agricoli costi notevoli, e questo è un problema.
Quindi con riguardo al fare sistema tutti insieme (Stato, Regione, Provincia e Comune) abbiamo un potere molto limitato, a parte quello dei controlli sui cantieri di cui si parlava. Ovviamente quando accadono certi episodi sono gli stessi consiglieri comunali che chiedono al Comune e alla giunta di attivarsi. Sul tessuto produttivo è necessario lavorare in primo luogo per un cambiamento culturale e in secondo luogo dal punto di vista degli investimenti, se si vogliono salvaguardare le imprese nell’ambito di un discorso più ampio che oggi è importante e funzionale.

LAMBERTINI
Buonasera a tutti. Consegno alla Commissione una documentazione illustrativa di un progetto che il Comune ha realizzato fin dal 2001 e che si chiama «Granarolo sicura». Anche noi facciamo parte di un’associazione intercomunale e dal 2002 facciamo parte del progetto «Cantiere vigile», che poi è stato esteso a tutta la Provincia. Ci siamo concentrati soprattutto sulla sicurezza nei cantieri, ma nel concetto di sicurezza rientra anche l’educazione stradale, la promozione dell’agio giovanile, quindi è un discorso a tutto tondo.
Per quanto riguarda nello specifico l’incidente avvenuto a Granarolo, condivido quanto è stato detto dai miei colleghi ma vorrei sottolineare la particolarità dell’evento, che si è verificato all’interno di un impianto di proprietà di una multiutility, tecnologicamente avanzatissimo e nuovissimo, in cui la formazione viene svolta regolarmente. Il lavoratore vittima dell’incidente aveva un’esperienza di oltre vent’anni all’interno dell’impianto; quindi, come diceva il commissario Cancellieri, ci sono forse situazioni dove proprio la padronanza del mestiere porta a sottovalutarne la pericolosità. Desidero sottolineare questo aspetto perché è chiaro che l’operazione di sensibilizzazione culturale e di attenzione al lavoro non deve mai venire meno.
Per quanto concerne il tema degli appalti, come unione di Comuni abbiamo costituito un ufficio unico per l’acquisizione di servizi, lavori pubblici e quant’altro e stiamo mettendo in pratica il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa anche per quanto riguarda i lavori pubblici, soprattutto là dove ci sono degli interventi di richieste progettuali che possano qualificare ulteriormente il tipo di lavoro che viene effettuato.
Certamente l’iter è più complesso e dal punto di vista economico dà risultati un po’ diversi, ma abbiamo constatato che la qualità delle imprese che partecipano a questo tipo di selezione è più robusta.
L’ultimo tema è quello dell’agricoltura, riguardo al quale devo sottolineare un problema inverso. Nelle nostre zone – Granarolo è limitrofa a Bologna – ci sono macchine molto moderne, anche innovative, ma chi le conduce spesso non è sufficientemente professionalizzato per gestirle adeguatamente.
Quindi c’è anche questo aspetto da valutare perché non tutte le zone agricole sono allo stesso livello. Nella nostra campagna è pratica costante usufruire di consorzi, di gruppi, per cui nella pratica il singolo podere viene lavorato da ditte specializzate; tuttavia può capitare che il trattorista non sia sufficientemente esperto rispetto ad una macchina con tecnologia avanzata.

RAMBALDI
Buonasera. Ho poco da aggiungere a quanto hanno detto i colleghi per quanto riguarda la mia attività come sindaco: anche il nostro Comune fa qualcosa, ma in base alle risorse di cui disponiamo. Abbiamo creato un nucleo che esegue un controllo di carattere generale sui cantieri segnalando alla ASL o alla medicina del lavoro eventuali situazioni particolari che dovesse rilevare. Anche in questo caso però giocano un ruolo fondamentale la professionalità e l’esperienza: non tutti sono in grado di capire dove ci sono delle carenze o dei punti deboli. Comunque in un anno riusciamo a coprire quasi tutti i cantieri, essendo il Comune non grandissimo.
Per quanto riguarda gli appalti con il criterio del massimo ribasso, lo dice la parola stessa: il massimo ribasso è il massimo delle economie, il massimo dei risparmi e anche il massimo della non sicurezza. Quindi credo sia una pratica da abbandonare velocemente; bisogna inserire probabilmente altri parametri, altre regole, perché il massimo ribasso è un suicidio.
Con riferimento al mondo agricolo (che conosco bene avendo lavorato per trentacinque anni, di cui gli ultimi ventidue come presidente, in una cooperativa agricola di 2.000 ettari), confermo molti aspetti che i colleghi hanno affrontato. In effetti, ho assistito ad un vero e proprio cambiamento generazionale: si è passati dagli operatori che andavano a lavorare con le ciabatte infradito agli ultimi che sono dotati di scarpe antinfortunio.
È stato un passaggio faticoso, ma si sta lavorando molto su tale versante.
Vorrei però far rilevare la differenza esistente tra un’azienda che ha dei dipendenti rispetto ad un’azienda che non ha dipendenti. Si tratta di una differenza da cui possono nascere dei pericoli: ad esempio, una macchina operatrice che non è adatta ad un’azienda agricola con dipendenti, può invece andare bene in un’azienda privata. Ciò a causa dei diversi tipi di controlli.
Un altro aspetto da verificare con attenzione è l’età degli addetti.
Normalmente, il 50 per cento degli incidenti che avvengono in collina riguarda il ribaltamento di trattori: di norma si tratta di qualche anziano pensionato che anziché stare a casa continua un’attività che, in una percentuale cospicua di casi, determina un incidente mortale, che va ad incrementare le statistiche.
Per quanto riguarda la rottamazione, a cui ha accennato il senatore Nerozzi, nella pratica si è sempre risolta in un aumento dei guadagni per i costruttori, ma mai per gli agricoltori. È infatti un dato ormai accertato che quando i costruttori stanno per ricevere i contributi, i prezzi delle macchine lievitano più o meno al livello dei contributi concessi. Occorre poi precisare che soprattutto in agricoltura non è facile fare investimenti, perché si tratta di un’attività a basso margine; se non si dispone di una grande superficie che permette di ammortizzare il costo di una macchina, difficilmente si potrà acquistarla. In Italia, il Paese europeo che ha il maggior numero di aziende di piccole dimensioni, sono poche le aziende che riescono ad ammortizzare gli investimenti per l’acquisto di determinati tipi di attrezzi. Probabilmente molti agricoltori hanno comprato le attrezzature senza aver calcolato bene la loro effettiva redditività: si sono dunque concessi un lusso che non ripagheranno mai con la vendita dei prodotti. Tale situazione è aggravata da una crisi che ha bloccato completamente gli acquisti.
Oggi possono comprare solo le grandi aziende: la mia azienda, ad esempio, ha potuto sempre acquistare in base ai suoi bisogni perché ha la disponibilità di circa 2.000 ettari.

MAZZUCA
Signor Presidente, vorrei evitare di dilungarmi su questioni già menzionate dai colleghi, pertanto, mi soffermerò su un solo aspetto. Farò un paragone con il settore della sanità, dove sappiamo benissimo che fare prevenzione è conveniente sia in termini di salute che economici, perché si ottengono notevoli risparmi. Non vogliamo sempre e soltanto lamentarci, ma le risorse per fare prevenzione e formazione, ed ottenere conseguentemente dei risultati a lungo termine, non ci sono. Questa è una storia tutta nostra, italiana, nel senso che non riusciamo a svincolarci dal passato e non riusciamo ad investire su formazione e prevenzione per modificare quell’atteggiamento culturale che esiste nel settore.
Questo è, a mio parere, lo snodo più importante.
Ad ogni modo, tutte le tematiche sollevate costituiscono di per sé aspetti importanti della questione. Anche il nostro Comune fa parte del progetto «Cantiere vigile» e condivido l’opinione secondo la quale fare rete è importante perché ci permette di esercitare un controllo maggiore sul territorio. Ma se non partiamo dal presupposto di prevedere le risorse necessarie per questi progetti, difficilmente riusciremo ad incidere in maniera effettiva sulla situazione esistente. Abbiamo normative adeguate e valide anche in termini di obiettivi, che a volte tuttavia si scontrano con una farraginosità che parte dalla legislazione nazionale arrivando a livello di Regione, di Provincia e di Comune e che rende difficile metterle in pratica. Non va dimenticato il tema dello snellimento burocratico, che dovrebbe consentire un più agevole avvio di un’azienda e l’apertura di un cantiere. Si crea pertanto un cortocircuito: da un lato, dobbiamo creare i presupposti per una sicurezza sempre maggiore, dall’altro occorre snellire e velocizzare. Questo costituisce uno degli elementi che contribuiscono a creare un problema non indifferente. L’esempio degli appalti è uno dei più eclatanti. Con il criterio del massimo ribasso si andrà a risparmiare quasi certamente sulla sicurezza. La formula dell’offerta economicamente più vantaggiosa permette invece di controllare la qualità dell’azienda e, di conseguenza, la qualità della sicurezza che viene messa in campo. L’abbiamo sperimentato sui nostri territori, nei singoli Comuni, e il risultato è positivo.
Quanto alla sicurezza sui luoghi di lavoro ove possono avvenire gli infortuni, per i cantieri edili abbiamo aderito al progetto menzionato e il risultato si è visto. Ad ogni modo, in certi contesti si fa più fatica a garantire controlli adeguati: come è stato detto, occorrono risorse adeguate.
Immagino che quanto sto dicendo verrà ribadito anche dai funzionari dell’ASL, che entrano all’interno delle fabbriche e svolgono i controlli.
Quelli descritti sono elementi che ove realizzati ci permetterebbero di dare maggiore incisività al nostro intervento, diversamente si fa fatica a mettere in rete i risultati.

COLLI (PdL)
Signor Presidente, qui ci troviamo in un’isola felice perché siamo nella fantastica Bologna ed abbiamo rappresentanti delle istituzioni estremamente attenti. L’attenzione al discorso dei controlli è assolutamente condivisibile, ma vorrei che non ci si limitasse a controlli di tipo burocratico: tendiamo per cultura a richiedere documenti e certificazioni dimenticando la realtà e la concretezza delle situazioni. A volte basta osservare i lavori dei vicini di casa, per notare la presenza frequente di operai privi di caschetto sulle impalcature, o privi di guanti quando lavorano agli impianti elettrici, e così via. Riuscire a creare una rete tra Comuni limitrofi può essere utile, ma vorrei che si insistesse molto su controlli concreti e reali, non legati soltanto agli aspetti burocratici.
Ritengo che si tratti anzitutto di un fatto culturale: fino qualche anno fa indossare quando si saliva in macchina le cinture di sicurezza risultava noioso per ciascuno di noi, mentre adesso è diventato un fatto automatico; lo stesso vale per il casco sulle moto. Ebbene, anche la questione della sicurezza dovremmo renderla un fatto culturale. Penso che da questo punto di vista abbiamo un’unica grande arma, la televisione: occorrerebbe organizzare una campagna massiccia, che non si limiti a pochi spot quotidiani, magari nelle ore pomeridiane, che sono le meno seguite. Una campagna del genere potrebbe rappresentare un modo per avvicinare tutti coloro che lavorano in situazioni critiche, perché troppo giovani o con poca esperienza, invitandoli ad una maggiore riflessione sulle tematiche della sicurezza.

PRESIDENTE
Nel ringraziare i nostri ospiti vorrei aggiungere qualche considerazione, affinché si realizzi uno scambio di conoscenze.
Sul piano culturale, che è stato evocato più volte, da ultimo della senatrice Colli, sta andando avanti un progetto molto importante. Noi siamo convinti che occorre partire dalle scuole elementari per creare una sorta di meccanismo automatico di reazione, in modo che i giovanissimi, che saranno i futuri lavoratori o datori di lavoro, possano avere una cultura ormai consolidata nell’approccio al lavoro. Spesso, infatti, manca proprio questo: il lavoro presenta delle insidie che frequentemente non vengono considerate. Tra le varie attività della Commissione, abbiamo avuto un incontro con il ministro Gelmini e con il ministro Sacconi; si sta predisponendo un tavolo per iniziative che non siano soltanto modulari (già la legge n. 123 del 2007 prevedeva la possibilità, sia pure nell’autonomia delle scuole, di portare avanti iniziative di carattere modulare), ma organiche.
Vi è bisogno di un insegnamento maggiormente organico, che valuti chi sono i soggetti che insegnano e come insegnano.
Un’ulteriore riflessione – mi rivolgo in particolare al dottor Lusenti – concerne le difficoltà che abbiamo avuto con le Regioni. Mi riferisco non alla mia Commissione, quanto al Parlamento ed al Governo, a prescindere dallo schieramento politico della maggioranza in un determinato momento.
Con le Regioni, e in modo particolare con l’allora assessore ed oggi presidente Rossi, che aveva la delega sul tema della sanità, non siamo riusciti (ma non per suo demerito) a creare una collaborazione fattiva.
Del resto, stiamo parlando di una legislazione concorrente: si invocano maggiori risorse ma larga parte delle competenze spetta alle Regioni, mentre altre riguardano il Ministero del lavoro ed i suoi organismi decentrati sul territorio, in particolare gli ispettori. Ricordo altresì che con il ministro Turco – mi riferisco quindi al precedente Governo – nonostante l’impegno non si riuscì a definire la quota di risorse (previste nel piano sanitario nazionale all’interno della voce «prevenzione») da destinare alla prevenzione degli infortuni. Ricordo che il ministro Turco alla fine della trattativa riuscì ad ottenere un impegno per 200.000 ispezioni in tutta Italia da parte delle Regioni, ma non si riuscì a fissare una percentuale di investimenti su questo tema. Credo, quindi, che dovremmo fare uno sforzo maggiore di collaborazione.
L’incontro tra le varie istituzioni ritengo sia l’aspetto forse più importante di questa missione, al di là delle audizioni che seguiranno, perché vi è un confronto tra soggetti impegnati in ruoli diversi ma sempre nella gestione dell’apparato centrale o periferico. Ripeto, occorre maggiore collaborazione sul tema che stiamo trattando sia da parte del livello centrale sia da parte del livello regionale, tenendo conto che Province e Comuni già compiono degli sforzi che vanno al di là delle proprie competenze.
Sono apprezzabili le iniziative che la Presidente della Provincia ci ha illustrato ed il coinvolgimento dei Comuni. Di ciò vi ringrazio, perché quella sulla sicurezza è una battaglia che la nostra Commissione sta portando avanti in modo bipartisan, a prescindere dai diversi approcci culturali e dalle diverse sensibilità che ognuno di noi ha. Tra istituzioni di livello diverso dovremmo concorrere per fare in modo che la normativa esistente venga applicata al meglio. Poi ognuno di noi al riguardo ha le proprie idee, ma non è questo il luogo in cui confrontarsi.
Mi è sembrato opportuno fare questa ultima considerazione a dei colleghi che, come noi, sono stati eletti e sono impegnati nelle istituzioni ed hanno, dunque, come obiettivo il raggiungimento di un risultato positivo.
Poiché, tra le altre cose, abbiamo rilevato che ulteriori gravi problemi sono legati alla figura dell’imprenditore edile, vi preannuncio che al riguardo si dovrebbe giungere alla definizione di una patente. In futuro non sarà più possibile improvvisarsi imprenditore edile. Come sapete, nelle gare ad evidenza pubblica, dove per partecipare bisogna rispettare delle regole, una sorta di controllo esiste, ma nel settore privato non ci sono regole: chiunque può eseguire lavori del valore di milioni di euro senza avere dipendenti, né conoscenze in materia.
Quanto poi alla conduzione delle macchine agricole cui ha fatto riferimento il sindaco Lambertini, nel corso dell’ultima audizione che abbiamo svolto circa due settimane fa in merito agli strumenti legati a lavori di costruzione, in modo particolare alle enormi gru che posizionano travi e quant’altro, abbiamo appreso con grande meraviglia che non è richiesta una patente particolare. Questo accade solo in Italia, tant’è vero che i nostri gruisti si trovano in difficoltà quando si recano all’estero dove, invece, è richiesta una patente specifica. Peraltro, ricordo che nella cabina è presente un marchingegno complesso; non si tratta dunque del semplice trattore che presenta il rischio di ribaltamento (al riguardo, il contributo serve anche a prevedere dei salvavita, mentre è evidente che un trattore vecchio di quarant’anni ne è sprovvisto).
Dico questo per darvi un’idea della vivacità e dell’impegno concreto che caratterizzano il nostro lavoro che, altrimenti, dall’esterno, potrebbe apparire distaccato e poco partecipe. Invece, no. Cerchiamo di entrare nel dettaglio, di capire come può essere interpretata la realtà. Queste e moltissime altre questioni stiamo cercando di affrontare per poterle risolvere.
Vi ringrazio per la vostra disponibilità e mi auguro che questo sia l’inizio di una collaborazione duratura, precisando che se necessario la nostra Commissione è a vostra disposizione.


Audizione del procuratore e di un sostituto procuratore aggiunto della procura della Repubblica di Bologna



Interviene il procuratore della Procura della Repubblica di Bologna, dottor Roberto Alfonso, accompagnato dal procuratore aggiunto dottor Walter Giovannini.

PRESIDENTE
L’odierna visita a Bologna della Commissione d’inchiesta del Senato che si occupa del fenomeno degli infortuni sul lavoro è volta, oltre che ad assicurare la nostra presenza sul territorio, a comprendere quale sia lo stato di attuazione e di recepimento delle normative e a capire le eventuali problematicità. È , insomma, una visita con scopi conoscitivi, oltre che di interlocuzione, come è necessario che accada tra i vari soggetti istituzionali.
Abbiamo deciso di venire a Bologna proprio per capire i motivi per cui ad un certo momento si è registrata un’impennata nel numero di infortuni mortali: in poco tempo circa 40, con sei morti cui, purtroppo, qualche giorno fa se n’è aggiunto un altro.
Vorremmo quindi conoscere, secondo le vostre competenze e conoscenze, le vostre riflessioni su questi avvenimenti.

ALFONSO
Ringrazio la Commissione e i signori senatori per l’opportunità offertaci quest’oggi. Anche noi presso il nostro ufficio abbiamo potuto osservare come nell’ultimo mese di dicembre ci sia stata un’impennata di infortuni che hanno portato alla morte diverse persone. Al di là delle singole indagini sulle quali qualcosa posso riferire, vorrei illustrare come è strutturato il mio ufficio per affrontare questo fenomeno che a noi sembra molto grave e che riguarda tutta la Provincia.
Presso l’ufficio che dirigo esiste un gruppo di magistrati che si occupa della materia, degli infortuni sul lavoro e di tutti i reati previsti dalla legislazione penale speciale, oltre che degli omicidi colposi, delle lesioni colpose e del reato di cui all’articolo 437 del codice penale, ovvero la rimozione o l’omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Il gruppo suddetto è composto da ben sei magistrati, ed è coordinato dal procuratore aggiunto dottor Giovannini il quale, per questo motivo, è qui presente oggi insieme al sottoscritto. Noi operiamo con il seguente sistema: nel momento in cui si verifica un fatto di particolare gravità, con lesioni gravi, o con il decesso di un soggetto, interviene immediatamente sul luogo il magistrato di turno, «esterno», il quale effettua subito un sopralluogo e impartisce eventuali disposizioni urgenti per mettere al sicuro gli elementi di prova. Una volta espletata questa fase di attività urgente, il P.M. intervenendo il giorno stesso o l’indomani, mette il fascicolo a disposizione del procuratore aggiunto perché questi possa assegnarlo a uno dei magistrati del gruppo. Quest’ultimo passaggio, evidentemente, è importante perché consente, all’interno del gruppo uno scambio di informazioni fra i magistrati, la loro specializzazione e quindi una migliore conoscenza da parte loro della normativa esistente nella materia; permette altresì di ottimizzare gli interventi, nel senso che garantisce uniformità nell’interpretazione delle disposizioni normative e nell’investigazione per tutti i casi che presentano elementi comuni.
Per quanto riguarda l’indagine, siamo a conoscenza della legislazione particolare e mi sento di poter affermare che siamo in grado di rispettare i termini ridotti delle indagini preliminari. Abbiamo casi in cui le indagini sono state concluse addirittura in 15 giorni ed altri in cui le indagini, con l’avviso ai sensi dell’articolo 415-bis del codice di procedura penale, sono in fase di conclusione dopo meno di due mesi dal loro inizio (è il caso dei fatti avvenuti a novembre). Questo a dimostrazione di quanto sia alta l’attenzione che l’ufficio pone nei confronti di questi fenomeni che purtroppo, nonostante ciò, continuano a verificarsi.
Inoltre, intratteniamo rapporti anche con la ASL, con la quale abbiamo instaurato una forma di collaborazione, sulla quale potrà poi riferire il dottor Giovannini.
Vorrei aggiungere un ulteriore elemento che potrebbe risultare utile.
Quando ci viene richiesto il consenso su una richiesta di patteggiamento noi controlliamo se vi sia stato anche il risarcimento delle parti offese, proprio perché vogliamo tutelare la vittima quanto più possibile.
Quanto ai dati di carattere generale che possono rivelarsi utili per il lavoro della Commissione, ricordo (è un dato comparativo quello che vi offro) che nei procedimenti iscritti per il reato di cui all’articolo 589 del codice penale, nel 2008, vi sono stati 16 casi di procedimenti di indagine contro noti ed uno contro ignoti; nel 2009, ne sono stati registrati 6 contro noti e 10 contro ignoti; nel 2010, 10 contro noti e 16 contro ignoti.
Tenete conto che quando parlo di «ignoti» mi riferisco alla prima fase del procedimento, in cui magari si sa chi è il probabile autore del reato o la persona a cui il reato può essere attribuito, ma ci si trova ancora in fase di identificazione e nel registro il soggetto viene iscritto solo dopo essere stato perfettamente identificato.

PRESIDENTE
Se ho capito bene nel 2008 i casi sono stati 17, nel 2009 16, mentre nel 2010 sono stati 26.

ALFONSO
È stato registrato un incremento. Vi sto offrendo il dato perché possiate analizzarlo sulla base delle vostre specifiche competenze.
Per quanto riguarda il gruppo denominato LPI, e cioè il gruppo di magistrati cui ho accennato e che si occupa della prevenzione e degli infortuni sul lavoro, nell’anno giudiziario che va da luglio 2009 a giugno 2010 vi sono stati 1.186 procedimenti iscritti contro indagati noti (per un totale di 1.273 indagati), mentre 126 procedimenti sono stati iscritti contro ignoti. Rispetto agli anni precedenti vi è stato un aumento della sopravvenienza, derivato soprattutto dal fatto che si sono intensificati i controlli, anche quelli amministrativi, operati dalla ASL. Una volta riscontrate le violazioni queste vengono poi comunicate alla procura della Repubblica che instaura il relativo procedimento. Secondo una diversa classificazione del dato, nell’anno giudiziario 2009-2010 vi sono state 11 iscrizioni contro noti per il reato di omicidio colposo, ai sensi dell’articolo 589 del codice penale, e 11 contro ignoti.
Lo schema operativo d’intervento è il seguente: si parte dal controllo amministrativo; normalmente, quando viene riscontrata una violazione costituente reato si esegue, anche ad opera della stessa polizia giudiziaria, il sequestro preventivo del cantiere, ai sensi del comma 1 dell’articolo 321 del codice di procedura penale, per evitare che l’attività delittuosa possa essere portata ad ulteriori conseguenze. Successivamente, viene richiesta al gip la convalida, come di norma, e poi delegati degli accertamenti all’azienda sanitaria locale perché essa verifichi che nelle more vengano attuate tutte le misure atte ad eliminare le violazioni riscontrate e le altre misure previste dalla legge. Questo perché in generale dopo qualche tempo, normalmente non lungo, i titolari del cantiere chiedono il dissequestro dello stesso. Facciamo quindi in modo di verificare se il cantiere sia stato messo effettivamente a norma prima di disporre il dissequestro. Così facendo, raggiungiamo sostanzialmente due risultati: quello della messa a norma del cantiere, e quindi la ripresa dell’attività in condizioni di sicurezza, e quello di non prolungare eccessivamente il sequestro del cantiere per evitare ricadute economiche per l’attività dell’azienda a cui il cantiere appartiene.
Stiamo tentando, inoltre, di incrementare il più possibile gli approfondimenti per quanto riguarda la responsabilità degli enti. Un caso che ben conoscete, poiché ve ne siete già occupati, è per esempio quello dell’incendio alla Marconi Gomma di Sasso Marconi, dove è stato chiesto il rinvio a giudizio anche per le tre società del gruppo, che erano titolari dell’impresa all’interno della quale l’incidente si era verificato. Evidentemente, questa è la nuova frontiera, voi lo sapete meglio di noi, e quindi cerchiamo di attrezzarci quanto più possibile per raggiungere questo risultato.
Per quel processo, l’udienza preliminare è in corso; credo che l’ultima udienza sia prossima. Questa è un’altra iniziativa dell’ufficio.
Poi ci sono i singoli infortuni, di cui credo conosciate meglio di me la dinamica, relativamente ai quali le indagini sono in corso. Normalmente, oltre al sopralluogo, alla verifica dello stato dei luoghi e alla raccolta immediata di tutti quegli elementi che ci possono consentire di identificare gli autori del reato e di ricostruire il fatto per accertarne la responsabilità, viene affidata una consulenza tecnica medico-legale (ciò avviene normalmente, ai sensi dell’articolo 360 del codice di procedura penale, se è già noto l’autore del fatto, in modo che possa essere messo in condizione di nominare un proprio consulente e partecipare all’accertamento) e una consulenza di carattere tecnico-ingegneristico. Ovviamente, secondo i casi, viene affidata alla polizia giudiziaria una delega per accertare come si siano verificati i fatti e questo ci serve ovviamente per accertare le singole responsabilità.
Alcuni casi si sono verificati nel dicembre scorso o nel gennaio di quest’anno (l’ultimo, lo ricordava il Presidente, è del 27 gennaio, Amato Massimo è la persona deceduta), ma ve ne sono altri che si sono verificati fra il 2009 e l’inizio del 2010. Mi riferisco, ad esempio, al caso di tale Izzo Francesco, deceduto all’interno di una fabbrica di fuochi d’artificio.
Il collega che si è occupato di questa indagine ha segnalato al Ministero dell’interno, ovviamente tramite l’ufficio, la necessità che non solo il titolare della fabbrica o del laboratorio ma anche i singoli dipendenti che debbono lavorare con questo tipo di materiale siano dotati di particolare permesso e abilitazione da verificare di volta in volta. Quanto all’indagine per la morte di tale Vidini, mi piace segnalare che l’ufficio ha concluso le indagini in soli due mesi ed è già in corso l’avviso per le conclusioni delle indagini. Indichiamo tale procedimento a dimostrazione della capacità di intervenire con tempestività. Della Marconi Gomma abbiamo parlato.
Per quanto concerne la morte di tale Guais Abdellah, siamo nella fase di avviso ai sensi dell’articolo 415-bis del codice di procedura penale, ma segnalo il caso perché riguarda i subappalti, che sono eccessivamente frequenti e non sempre giustificati dalla natura dei lavori. Ovviamente quanto più si fa ricorso al subappalto tanto più in qualche modo diminuisce la capacità dell’azienda di adottare misure concretamente idonee ad evitare gli incidenti e gli infortuni sul lavoro. Un altro caso, che credo sia opportuno ricordare, concerne la morte di tale Grazioso Antonio, avvenuta il 28 ottobre 2010. Già a novembre 2010 è stato fatto l’avviso per la conclusione delle indagini.
Questo è quanto intendevo riferire in punto di fatto circa gli omicidi colposi di cui ci stiamo occupando. Gradirei che potesse intervenire il dottor Giovannini, per chiarire gli aspetti che riguardano la collaborazione tra la procura e le ASL e per parlare del protocollo tra la Regione Toscana e la Regione Emilia Romagna per la TAV e l’Alta velocità, cioè per le grandi opere.

PRESIDENTE
La ringrazio. La parola al dottor Giovannini.

GIOVANNINI
Vorrei fare innanzitutto alcune precisazioni. Il procuratore Alfonso ha fatto riferimento ad un numero di iscrizioni a modello 21, cioè al registro noti, superiore a mille: chiaramente è un numero che può colpire. Ebbene, la grande maggioranza di queste iscrizioni riguardano contravvenzioni, che seguono una procedura particolare; fortunatamente, benché da tenere nella massima considerazione, i numeri sui procedimenti importanti, che suscitano interesse e allarme, sono quelli che sono stati riferiti. Per il resto si tratta di contravvenzioni, cioè reati che seguono per la loro definizione una procedura particolare in virtù della quale, attraverso la messa a norma e il pagamento di una sanzione pecuniaria, il reato si estingue.
Un altro dato che può colpire è l’elevato numero di procedimenti contro ignoti. Occorre però tenere presente la precisazione che ha fatto il procuratore un attimo fa. Noi siamo obbligati come pubblici ministeri ad accertare per quanto possibile in tempi rapidi le responsabilità, ma quando vi è un omicidio, sia esso colposo, doloso o preterintenzionale, occorre rispettare la pietà verso i familiari delle persone decedute e quindi si cerca, passatemi la brutta espressione, di liberare la salma in tempi abbastanza rapidi. E allora questo numero di ignoti, che potrebbe apparire una contraddizione in termini in procedimenti che riguardano incidenti sul lavoro, diventa spiegabile, giustificabile. Tenuto conto della presenza di subappalti e di eventuali subappalti di subappalti abbiamo difficoltà ad individuare delle responsabilità certe nelle prime 24-36 ore – il tempo indispensabile per fare l’accertamento medico-legale per poter poi mettere la salma a disposizione della famiglia – e dunque potremmo commettere degli errori iscrivendo delle persone che non lo meritavano. Ho voluto fare questa precisazione solo per chiarire meglio i numeri, perché potrebbe rimanere impigliato nella memoria il dato di un elevato numero di procedimenti contro ignoti. Ritenevo quindi doveroso fornire questa spiegazione.
Passando ad altro punto, stiamo cercando di portare avanti il lavoro attraverso un gruppo specializzato. È chiaro che i colleghi che si occupano del gruppo LPI non si occupano solo di questo ma appartengono anche ad altri gruppi di lavoro. Vogliamo tuttavia cercare di portare avanti questa attività per coordinarci meglio tra di noi ma anche per creare una utile sinergia investigativa e conoscitiva con gli ufficiali di polizia giudiziaria che operano sul territorio. Sappiamo tutti che se ci si conosce si lavora meglio, venendo meno quel profilo di estraneità che a volte crea qualche farraginosità, almeno nella prima fase delle indagini (mi riferisco soprattutto agli aspetti pratici).
Nell’evento gravissimo o immediatamente mortale giustamente si chiamano le forze dell’ordine. A quel punto devono intervenire anche gli ufficiali di polizia giudiziaria, cioè i funzionari dei servizi PSAL (prevenzione, sicurezza, ambiente e lavoro). Ebbene, una prima problematica che ci si trova ad affrontare e che stiamo cercando di superare è quella della reperibilità. In Bologna e provincia operano due macrostrutture, la ASL di Bologna e la ASL di Imola. Presso la ASL di Imola – che è senz’altro più piccola di quella di Bologna anche se il bacino industriale e commerciale di Imola è estremamente significativo per l’Emilia Romagna – questo servizio di reperibilità funziona 24 ore su 24. Questo è fondamentale perché allorquando si verifica un evento grave i primi ad intervenire sono la polizia e i Carabinieri; in sostanza è il cittadino che quasi involontariamente determina la scelta posto che se si chiama il 112 intervengono i Carabinieri o la polizia (in Provincia interviene sempre la stazione dei Carabinieri). È pacifico che quella delle forze dell’ordine è una professionalità riconosciuta: oltretutto in questi casi occorre svolgere una serie di attività abbastanza ripetitive per quanto non routinarie. Chiaramente sarebbe bene che questa attività venisse svolta dagli ufficiali di polizia giudiziaria dei servizi di prevenzione cui facevo prima riferimento. Ebbene – lo riferisco senza violare ritengo alcun vincolo di riservatezza – abbiamo in corso dei contatti e ci dobbiamo incontrare a brevissimo termine per cercare di estendere anche su Bologna questi servizi di reperibilità. Al momento li abbiamo solo negli orari d’ufficio, quindi più o meno dalle 8,30 alle 17,30-18: rimangono scoperti il tardo pomeriggio e la notte. È vero che in tali fasce orarie le aziende sono in maggior parte chiuse, però ci sono quelle a ciclo continuo. Se riuscissimo a raggiungere questo obiettivo, non potrebbe che essere un successo e un motivo di soddisfazione per tutti quanti noi. Dico questo, perché le prime attività sono assolutamente fondamentali. C’è un alto rischio di dispersione e anche di inquinamento probatorio perché spesso...

PRESIDENTE
Si altera la scena.

GIOVANNINI
Esatto. Abbiamo un caso recentissimo dove si è verificato proprio questo.
Un altro aspetto importante è che ai sensi della normativa recente, in particolare del decreto legislativo n. 81 del 2008, sono stati introdotti tutta una serie di documenti fondamentali per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; mi riferisco in particolare al piano di valutazione dei rischi e al piano operativo di sicurezza. Non essendo però documenti a datazione certa (nel senso che non debbono essere formati davanti ad un pubblico ufficiale bensì sono formati e conservati nell’archivio dell’azienda), onde evitare una formazione o una datazione del documento contemporanea o successiva all’evento con data ovviamente antecedente, questi documenti li deve per forza di cose acquisire e valutare un ufficiale di polizia giudiziaria dei servizi di cui parlavo prima. Le forze dell’ordine – polizia, Carabinieri, normalmente sono loro ad intervenire – svolgono ottimamente altro lavoro: il sequestro dell’immobile o del cantiere, l’assunzione di testimonianze e quant’altro.
Vorrei aggiungere un’ultima considerazione. Come sapete, l’Emilia Romagna, insieme alla Toscana, da diversi anni è interessata da macrolavori come la TAV (alta velocità) e la VAV (variante di valico). La TAV è operativa per il collegamento Bologna-Firenze e in questo momento insiste a Bologna un cantiere importante presso la stazione ferroviaria; la variante di valico è in piena attività. Credo degno di nota e di attenzione il fatto che negli anni passati, quando si dovette affrontare questa realtà oggettivamente nuova per il nostro Paese, Emilia Romagna e Toscana costituirono un gruppo di lavoro interregionale (di cui hanno fatto parte anche le università di Bologna e Firenze) allo scopo di sottoscrivere delle indicazioni tecnico-operative che elevassero di molto la soglia della prevenzione e della sicurezza rispetto alla normativa vigente, poiché era la prima volta nel nostro Paese che si lavorava nelle gallerie in maniera così ampia e prolungata nel tempo.
È interessante notare come questa convenzione, che è un atto di normazione amministrativa, sia stata recepita dal punto di vista normativo. È stato previsto che le note interregionali, che hanno alzato la soglia della sicurezza, vengano recepite dai committenti (società Autostrade per l’Italia e RFI) nei documenti contrattuali, che devono rientrare nei piani operativi di sicurezza (POS). Attraverso tale passaggio, apparentemente complesso ma in realtà semplice, è stata normativizzata la disposizione di natura amministrativa.
Le autorità preposte al controllo hanno stabilito che se il livello più alto di prevenzione non viene inserito nei piani operativi di sicurezza, ossia nei documenti di cui si devono dotare le aziende, queste ultime possono essere colpite da sanzioni di natura contravvenzionale: si tratta in sostanza di una forma di coinvolgimento e di corresponsabilizzazione.
Potrebbe essere auspicabile, partendo da tale peculiare esperienza, unica nel suo genere nel nostro Paese, ragionare in prospettiva sulla possibilità di una normazione primaria.

PRESIDENTE
Sarebbe senz’altro utile per il nostro lavoro se poteste farci avere la convenzione adottata dalle due Regioni relativa ai lavori della variante di valico e dell’alta velocità.

NEROZZI (PD)
In futuro ci saranno altri lavori simili a questi, ad esempio la TAV Lione-Torino. Sono previste delle opere pubbliche con la stessa ampiezza di quelle che avete descritto, sia in Piemonte che al Brennero.
Sarei inoltre interessato ad avere da voi qualche informazione sull’incidente avvenuto a Granarolo. Siete riusciti ad individuarne la causa?

PRESIDENTE
Se lo ritenete opportuno, possiamo secretare questa parte dell’audizione.

ALFONSO
Signor Presidente, non ce n’è bisogno.
Per quanto riguarda le modalità dell’infortunio, stando a quanto ci risulta finora, l’operaio Tarabusi sarebbe caduto all’interno della tramoggia numero 21, dove si era introdotto per effettuare dei lavori di ispezione e manutenzione. Durante i lavori, l’operaio è stato colpito alla testa dal pistone della pompa idraulica che permette il movimento della griglia: almeno, questo è ciò che risulta finora. Badate bene che è in corso non solo la consulenza medico-legale, ma anche una consulenza ingegneristica per la conferma della prima ricostruzione. In un primo momento è stato aperto un procedimento contro ignoti, che poi è stato trasformato in modello 21 (quello in uso per i procedimenti contro soggetti noti): sarà uno dei primissimi processi del 2011.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per la vostra collaborazione e vi auguriamo buon lavoro.


Audizione del questore di Bologna, del comandante provinciale dei Carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di finanza e del comandante provinciale dei Vigili del fuoco



Intervengono il questore di Bologna, dottor Luigi Merolla, il comandante provinciale dei Carabinieri, dottor Alfonso Manzo, il comandante provinciale della Guardia di finanza, generale Giancarlo C. Pezzuto, e il comandante provinciale dei Vigili del fuoco, ingegner Antonio La Malfa.

PRESIDENTE
Buonasera. Questa Commissione ha deciso di svolgere una missione a Bologna perché messa in allarme dalla frequenza con cui recentemente si sono verificati incidenti mortali: in circa un mese ci sono stati sei morti sul lavoro in questo territorio. Abbiamo pertanto ritenuto opportuno cercare di capire meglio cosa sta accadendo e l’eventuale esistenza di motivazioni specifiche.
Abbiamo appena ascoltato alcuni amministratori locali e regionali, il procuratore Alfonso e il sostituto procuratore Giovannini. In particolare, è emerso un dato significativo: negli ultimi anni l’andamento registrato per gli infortuni mortali è stato più o meno identico, visto che nel 2008 e nel 2009 il numero delle vittime è stato rispettivamente di 16 e 17; nel 2010 però è salito a 26, con un incremento di circa il 60 per cento.
Vorremmo sapere se avete elementi di conoscenza o suggerimenti sulle cause che hanno determinato un simile balzo in avanti. Non ho dati specifici in proposito, ma ci troviamo di fronte a un periodo in cui le attività produttive in termini di ore lavorate per moltissime aziende sono diminuite, anche in conseguenza della crisi che stiamo vivendo.
Tali elementi dovrebbero quanto meno rallentare il trend degli incidenti, tanto è vero che a livello generale si segnala una diminuzione; tuttavia, l’impennata verificatasi nel mese di dicembre (nonché l’incidente mortale di gennaio) ci esorta ad una riflessione e a chiedervi se avete dati o informazioni che permettano di comprendere meglio le recenti circostanze.

MEROLLA
Signor Presidente, personalmente non ho molto da riferire, perché non ho una conoscenza dettagliata dei singoli incidenti. Ho con me una relazione concernente le nostre attività, che consegno alla Commissione, ma che non fa particolare riferimento agli episodi che state analizzando. In pratica, il documento esplicita le attività che la polizia di Stato, unitamente alla competenza generale dell’Arma dei carabinieri, svolge ordinariamente nel quotidiano in questo settore. Sulle situazioni specifiche però – lo ripeto – ho ben pochi elementi.

PRESIDENTE
Dottor Merolla, vorremmo cercare di capire se esistono particolari condizioni, anche di ordine pubblico. Uno dei fenomeni che in genere si riscontrano quando si verificano degli infortuni è una minore chiarezza nel rapporto di lavoro, spesso sommerso. Possono poi esservi altri fenomeni, ad esempio appalti o subappalti anomali, così come la possibile presenza o l’infiltrazione di organizzazioni malavitose sul territorio.
Questi sono i dati che vorremmo ottenere da voi, perché è evidente che informazioni di altro genere proveremo a chiederle agli organismi competenti, che svolgono un’attività diretta. Vogliamo soltanto sapere se avete elementi aggiuntivi di particolare significato o che vi abbiano messi in allarme.

MEROLLA
Signor Presidente, dall’analisi dei dati riguardanti i decessi nel 2010, emerge un’anomala concentrazione nel mese di dicembre, a cui anche lei ha fatto riferimento, posto che in tale periodo contiamo ben sei incidenti gravissimi con decesso delle persone coinvolte, oltre a un settimo decesso successivo. Valutando gli interventi dell’ultimo periodo, non abbiamo riscontrato situazioni anomale, nel senso a cui lei ha accennato.
Ad ogni modo, pur considerato che sulla materia nel suo complesso abbiamo scarsa competenza, di essa ci siamo occupati a valle degli incontri e dei tavoli tecnici di lavoro istituiti nel febbraio 2007. Ci siamo incontrati in questa prefettura anche il 24 novembre 2008 e nel 2009 si è convenuto di effettuare delle ispezioni per individuare eventuali connessioni tra la criminalità organizzata e lo sfruttamento di manodopera irregolare, in relazione al più ampio fenomeno del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il presupposto che il lavoro nero o quello che si avvale di manodopera clandestina, che genera situazioni di conduzione del lavoro precarie, possa favorire un’incidentalità grave è uno stimolo per andare a ricercare e perseguire simili fenomeni. Volendo trovare una causa, che abbiamo provato a ricercare con la curiosità tipica di chi fa un lavoro come il nostro, potremmo individuarla nella scarsa professionalità, nel fatto che si tratti di operai non ben strutturati. Non a caso, negli incidenti dell’ultimo periodo gli operai coinvolti sono immigrati o meridionali.

PRESIDENTE
La sua valutazione riferita agli immigrati o ai meridionali cosa significa?

MEROLLA
Nell’ultimo incidente, ad esempio, si trattava di un operaio...

PRESIDENTE
Signor questore, l’Italia è una!

MEROLLA
Certo, anche il mondo è uno.
Mi permetto di parlare da meridionale e da napoletano quale sono; non parto dal presupposto che l’operaio meridionale o algerino o marocchino sia necessariamente impreparato professionalmente, potrebbe invece essere poco pratico di quel luogo di lavoro perché assunto da poco e quindi ...

PRESIDENTE
No, lei ha detto una cosa diversa. Ha detto «operai immigrati o meridionali». Che cosa intende? Per questo motivo le ho detto che l’Italia è una; se avesse parlato soltanto di operai meridionali si poteva intendere il Sud del mondo.

MEROLLA
Con riferimento al caso dell’operaio deceduto in un cantiere edile di Imola il 27 gennaio scorso, dalle prime notizie che abbiamo ricevuto risulta che fosse un operaio che svolgeva quell’attività da poco tempo. Quindi, sto chiarendo il concetto.
Ma, ripeto, è un’intuizione che fa riferimento ai pochi dati che posseggo perché, non essendo state delegate alla polizia di Stato queste indagini, non ho la facoltà di conoscere a quali conclusioni le stesse possano portare.

MANZO
Con riferimento alla specifica domanda che lei, signor Presidente, ha rivolto, in tutta onestà non ci sono gli elementi per poter dire che ci sia una causa specifica. Si tratta, peraltro, in tutti i casi di episodi – come ha già detto il signor questore – caratterizzati da una minore preparazione del personale coinvolto.
Tra l’altro, i sei incidenti mortali a cui faceva riferimento la Commissione, cui si aggiunge un settimo caso di cui ha parlato anche il questore, si sono verificati in situazioni molto diverse fra loro, talvolta per motivazioni che se non stessimo parlando di tragedie potremmo definire banali o leggerezze, come nel caso del freno a mano di un camion che non viene tirato e travolge l’operaio, trovato la mattina successiva dai colleghi. Tali episodi sono avvenuti in contesti diversificati, cioè non soltanto in cantieri edili, ma spesso in ditte di trasporti, ovvero in magazzini. Volendo trovare un comune denominatore, possiamo dire che è la minore attenzione a caratterizzarli, probabilmente dovuta anche ad una minore preparazione specifica.
Per il resto, nell’ambito dell’attività di coordinamento che svolgiamo nei vari tavoli e sul territorio, l’obiettivo è quello di incentivare maggiormente le forme di controllo, che rappresentano una sorta di prevenzione perché il controllo capillare aiuta a prevenire questi episodi.

LA MALFA
Signor Presidente, come lei certamente ben sa, i Vigili del fuoco svolgono un’importante azione di vigilanza nei luoghi di lavoro, un po’ meno nei cantieri dove sovente, purtroppo, capitano incidenti mortali.
La nostra attività di prevenzione incendi si esplica nelle realtà industriali, commerciali, artigianali e così via. Questa può essere avviata o su richiesta degli interessati, secondo le procedure di polizia amministrativa, per il rilascio del certificato di prevenzione incidenti, o scaturire a seguito degli interventi di soccorso: quando nel corso di un intervento notiamo che c’è qualcosa che non va il giorno dopo, o contestualmente all’intervento, inviamo un’ispezione per verificare le condizione di sicurezza. Alcune attività vengono invece avviate a seguito di esposti presentati dalla cittadinanza, altre su input ministeriale.
Per dare un’idea dell’ingente lavoro che abbiamo svolto lo scorso anno, per quanto concerne l’attività a richiesta degli interessati, abbiamo effettuato 2.280 sopralluoghi per prevenzione incendi, quindi in centrali termiche, stabilimenti industriali, alberghi, ospedali e quant’altro. Quanto invece alle attività avviate su input ministeriale, poiché l’anno scorso è stato chiesto da parte degli organi centrali a tutti i comandi provinciali dei Vigili del fuoco di effettuare ispezioni a campione su scuole, ospedali e centri commerciali, abbiamo svolto 86 sopralluoghi mirati, ad hoc, per verificare la situazione. Infine, a seguito di esposti presentati dalla cittadinanza abbiamo svolto ulteriori 208 sopralluoghi. In totale, dunque, sono stati effettuati oltre 2.600 sopralluoghi, quasi otto al giorno. L’opera che prestiamo è incentrata essenzialmente su attività di sicurezza antincendio, purtuttavia anche tale attività può essere ricondotta alla sicurezza sui luoghi di lavoro.
Svolgiamo, inoltre, attività di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, la famosa vigilanza del cui pagamento tanto si lamentano i gestori ma che da quando esiste, per fortuna, non fa più registrare incidenti mortali.
Ricorderete senz’altro l’incidente occorso nel 1985 nello stadio di Bradford a Londra, in cui durante la partita scoppiò un incendio fra le tribune in legno che provocò la morte di 90 persone: episodi del genere da noi non accadono più. È ovvio però che in questa occasione ci riferiamo ad ambienti particolarissimi.
Si consideri che nella provincia di Bologna gli interventi per incendio sono il 16,8 per cento del totale (l’anno scorso abbiamo effettuato in tutto 12.553 interventi). Sono stato comandante provinciale a Reggio Calabria fino al 2009 e lì la percentuale degli interventi per incendio si attestava al 61 per cento, la maggior parte dei quali dolosi. Il dato confortante è che gli interventi per incendio sono stati 2.113, ma solo 89 hanno riguardato incendi in attività commerciali, industriali e artigianali. Ciò significa che l’attività di prevenzione incendi funziona.
Quanto al tema odierno, si tratta di eventi accaduti in ambienti assai peculiari, dove i Vigili del fuoco non prestano alcuna opera di prevenzione.
Anzi, per la verità, qualcosa facciamo ed è questo il punto che vorrei sottolineare: facciamo formazione alle aziende ai sensi dell’ex decreto legislativo n. 626 del 1994 e dell’attuale decreto legislativo n. 81 del 2008 rilasciando, al termine del corso, attestati di idoneità tecnica. Quello di Bologna è il comando che in Italia fa più corsi. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo organizzato ben 122 corsi di formazione e rilasciato attestati di idoneità tecnica ad oltre 1.200 persone.
Voglio ora riportare un’esperienza diretta, scusandomi del preambolo, nel corso del quale ho spiegato qual è l’attività dei Vigili del fuoco, e formulare un sommesso suggerimento. A monte del verificarsi di questi incidenti, a mio giudizio, c’è la mancanza di un’adeguata formazione, ma soprattutto la mancanza di rispetto delle procedure, la scarsa sensibilità che dimostrano le persone nella percezione del pericolo. Faccio un esempio.
Circa un mese fa, all’una di notte, mi sono dovuto recare per un intervento in un’azienda che si occupa di cromatura di ingranaggi ed in cui sono presenti vasche di soda caustica. Ebbene, il capo operaio, colui che dovrebbe vigilare affinché tutti osservino le norme di sicurezza, era il primo a non farlo. Infatti è caduto in una vasca di soda caustica ed è stato poi trasportato presso il Centro grandi ustionati; si è salvato per il rotto della cuffia.
Un incidente classico. Questa, purtroppo, è la realtà.
Per migliorare le condizioni di sicurezza è necessario aumentare l’attività di vigilanza, comminare sanzioni, far vedere che la non osservanza delle regole non paga ed aumentare la sensibilità delle persone perché chi agisce in questo modo è convinto che a lui non potrà mai capitare nulla, mentre purtroppo non è così.

PRESIDENTE
Lo so e al riguardo voglio riferirle un dato. È qui presente la senatrice Colli che coordina un gruppo di lavoro sugli infortuni domestici, il cui numero è davvero eclatante: sono migliaia, quelli mortali 6.000 l’anno, ma nessuno ne parla. Quindi è una situazione che conosciamo benissimo.
Tuttavia, quello a cui ci riferiamo è altro ed è quello a cui ho già accennato precedentemente.

LA MALFA
A proposito di infortuni domestici, posso dirvi che come Corpo dei Vigili del fuoco quest’anno abbiamo avviato una campagna (è uno degli obiettivi dirigenziali) denominata «Sicuro gas», che prevede nostre visite presso case di riposo per anziani e associazioni dei consumatori per spiegare cos’è il gas e quali pericoli comporta; abbiamo poi avviato un’altra campagna: «Scuola sicura». Queste sono le iniziative informative che stiamo portando avanti.

PEZZUTO
Signor Presidente, vengo subito alla sua domanda con la quale chiedeva se abbiamo elementi per ritenere che questa impennata di decessi a seguito di infortuni sul lavoro sia dovuta ad infiltrazioni criminali o a fenomeni, comunque, di ordine e sicurezza pubblica.
Per quanto riguarda la Guardia di finanza, la risposta è negativa. Se la Commissione, comunque, desidera avere ulteriori dati relativi all’attività del Corpo sarò molto felice di fornirli.

PRESIDENTE
La ringraziamo, generale Pezzuto.

NEROZZI (PD)
Ho seguito con estrema attenzione quanto ha riferito il questore, il quale ha fatto delle affermazioni su cui, giustamente, il Presidente lo ha ripreso dal punto di vista generale. Io vorrei, invece, provare a capire meglio cosa intendeva dire. I lavoratori immigrati, oltre a scontrarsi con il problema effettivo della lingua, spesso lavorano in aziende che non sono regolari, che ricorrono al lavoro in nero. Analogamente, senza offesa, non tutte le aziende che vengono dal Sud dell’Italia, quelle che magari arrivano al quinto, sesto o settimo appalto, sono regolari. La mia riflessione allora è la seguente: i lavoratori non c’entrano, nel senso che vengono dal Sud o da altre parti del mondo perché non possono fare altro. A me interessano di più le aziende.
Negli ultimi tempi, invece, si sta notando un’infiltrazione malavitosa in Emilia abbastanza interessante – ovviamente non in senso positivo – anche dal punto di vista numerico. Quanto incide questo fenomeno rispetto al sistema degli appalti e dei subappalti e quindi alle condizioni di lavoro? Non voglio entrare nel merito delle situazioni, ci sono indagini giudiziarie in corso; ma quando si arriva al terzo, al quarto o al quinto appalto sarebbe interessante vedere l’azienda da dove arriva e così via.
Magari è tutto regolare, forse però bisognerebbe tentare di capire cosa sta succedendo nel sistema degli appalti e soprattutto nei subappalti perché, anche se sono regolari, quando la catena si allunga troppo il sistema registra un degrado. Da questo punto di vista, condivido, ribaltandole, le osservazioni che sono state fatte poco fa. È vero, ci sono aziende che non si sa da dove vengono, senza offesa per Reggio Calabria, ne arrivano da tutte le parti d’Italia e non si capisce che cosa stiano facendo; ci sono aziende che occupano extracomunitari che non sempre sono regolari.
Quando parliamo di illegalità evidentemente parliamo anche di questo.

MEROLLA
Il discorso in questi termini si fa molto più complesso.
Sicuramente c’è un dato di fatto: il mercato dell’edilizia in Emilia è oramai quasi completamente assorbito da imprese che hanno le radici nell’area calabrese, cutrese in particolare, oppure nell’area casertana, casalese in particolare. Ovviamente queste aziende, nel momento in cui si articolano su questo territorio, si mettono dei vestiti belli...

NEROZZI (PD)
Mi scusi: io ho letto alcuni atti del Ministero dell’interno di un anno fa, non ho fatto riferimento a notizie riservate o che ho inventato.

MEROLLA
Il procuratore della Repubblica di certo non vi avrà detto che viene preso sottogamba l’andamento dell’economia in questo specifico settore. Però un conto è ragionare per ipotesi e altro conto è ragionare per accertamenti. Sullo specifico della domanda che mi poneva il presidente Tofani avrei potuto rispondere tout court che non so nulla di questi fatti non disponendo dei meccanismi investigativi. Ripeto (un po’ per l’ansia di responsabile delle questioni di polizia e volendo dare comunque un contributo) resta il sospetto che nel momento in cui il comune denominatore è quello di un operaio che non appare strutturato sul territorio...

NEROZZI (PD)
Mi scusi se la interrompo: il problema non è l’operaio, il problema è l’azienda.

MEROLLA
Dipende da come la si vuole vedere, sono due facce della stessa medaglia. Però, se parliamo di un’azienda che si presume possa essere superficiale per quello che attiene i suoi rapporti interni, stia sicuro che quella stessa azienda che nel luogo di provenienza ha un certo atteggiamento qui ne ha un altro perché comunque c’è un maggiore livello di controllo da parte di tutte le articolazioni deputate a livello locale. Quell’azienda da una parte può avere una facciata che la copre meglio, dall’altra però può essere un po’ più superficiale per quello che attiene ai rapporti di formazione. Il comandante dei Vigili del fuoco accennava poco fa a scarse capacità che magari non si riscontrano in aziende maggiormente strutturate sul territorio. Quindi anche la formazione professionale dell’operaio, ancorché qualificato, può avere una sua ricaduta sull’incidentalità; penso sia facile dimostrarlo a valle dei singoli accertamenti, nel momento in cui questi dovessero portare a determinate conclusioni. Ad esempio, il caso dell’operaio meridionale cui facevo cenno mi ha impietosito umanamente: non si è messo l’imbragatura di sicurezza perché stava concludendo il lavoro; in una fase di smontaggio del ponteggio ha azzardato un atteggiamento un po’ superficiale, quantunque in un luogo, parliamo di Imola, dove dal punto di vista della sicurezza penso si sia ai massimi livelli nazionali. Questo operaio portava con se´ un vissuto che, dipendesse dall’azienda o dalla sua professionalità, comunque lo ha portato a commettere un errore. Però io parlo in via di ipotesi; ripeto, la mia funzione come polizia è solo quella del pronto intervento, nel senso che ci rechiamo sul posto, facciamo i primi accertamenti – noi o l’Arma, a seconda della competenza – e poi veniamo delegati dall’autorità giudiziaria, anche se questo finora non è accaduto perché evidentemente sono stati sempre delegati gli organi tecnici non rilevandosi elementi tali da coinvolgere la polizia di Stato e i Carabinieri.

LA MALFA
Nell’ambito dell’esperienza che, come dicevo prima, abbiamo nella formazione del personale sui luoghi di lavoro, che a mio giudizio è la misura fondamentale...

PRESIDENTE
Ingegnere, siamo tutti d’accordo su questo; lo dice a noi che da anni facciamo questo lavoro? Per noi significa l’ovvio.

LA MALFA
La proposta che volevo fare era la seguente: noi notiamo che il personale che lavora all’interno dell’azienda è conscio dei pericoli ai quali è sottoposto, però è succube e ha paura del datore di lavoro, in quanto pensa che un suo qualunque intervento possa mettere in gioco il famoso posto di lavoro. Allora come si potrebbe agire? Aumentando all’interno dei luoghi di lavoro il numero dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, ovvero di quel personale che dà a noi, organi di vigilanza, coscienza e conoscenza di queste situazioni. Molte volte veniamo a sapere di situazioni di pericolo solo a seguito di questi esposti, altrimenti tutto sembrerebbe andare bene. Se aumentiamo il numero di persone che sono, diciamo così, immuni perché sono coperte dalla legge, potremmo aumentare la probabilità che situazioni latenti di pericolo vengano messe a conoscenza degli organi di vigilanza in via preventiva e non solo quando andiamo a contare i morti. Questa è la mia proposta, su cui mi permetto di lasciare alla Commissione un appunto.

PRESIDENTE
Grazie.

MANZO
Signor Presidente, desidero solo aggiungere qualche parola in ordine alla specifica richiesta del senatore Nerozzi. Lo spaccato fatto dal signor questore è sicuramente chiarissimo per quanto riguarda il livello di infiltrazione che esiste anche in questa Provincia; mi soffermerei soprattutto, però, sull’attività di controllo, capillare e preventivo, su cui bisogna insistere. Torno ai sei incidenti oggetto di questa seduta: si tratta in tutti i casi di ditte locali, in cui ovviamente non c’è nessun tipo di infiltrazione, almeno allo stato attuale delle indagini. Si tratta di mera superficialità o ahimè di leggerezza, dovuta ai motivi che ha spiegato anche il comandante provinciale dei Vigili del fuoco. È su questo che bisogna investire, a mio modesto avviso. Per quanto riguarda la polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di finanza, le indagini per contrastare le infiltrazioni criminali ci sono e ce ne saranno ancora di più nel prossimo futuro, essendovi un’attenzione particolare, ma l’attività preventiva è quella che noi riteniamo possa dare un concreto vantaggio e un concreto risultato su questo settore. Volevo dire questo, altrimenti sembra che tutto poi dipenda...

NEROZZI (PD)
Tutto no, però nell’edilizia abbastanza e anche nel mondo dei trasporti. Non è che le aziende siano tutte pulite.

MANZO
Non sto dicendo questo. Noi come forze di polizia, soprattutto noi Carabinieri, che abbiamo la nostra forza nella capillarità della organizzazione, ovviamente puntiamo su questo oltre che sulle indagini.

NEROZZI (PD)
Perché quanto ha detto il responsabile dei Vigili del fuoco, se vale in assoluto, vale a maggior ragione nelle aziende di un certo tipo o comunque determinate da una catena in cui si arriva al quinto, sesto, settimo subappalto. Io non faccio l’investigatore, non è il mio mestiere, però anche in questi sei infortuni si dovrebbe guardare bene.

PEZZUTO
Signor Presidente, condivido pienamente le osservazioni e le preoccupazioni del senatore Nerozzi: occorre essere molto attenti a questi fenomeni e osservarli con crescente consapevolezza e interesse. È quello che accade sicuramente anche qui a Bologna, come penso abbiano poco fa confermato il procuratore capo della Repubblica e il procuratore aggiunto dottor Giovannini. Solo per citare alcuni dati: nel 2010 la Guardia di finanza ha effettuato alcuni sequestri, a seguito di indagini su infiltrazioni tra Bologna e Modena, di beni facenti capo al clan dei Casalesi. I nostri controlli anche in materia di lavoratori in nero o irregolari sono in costante aumento: nel 2010 abbiamo trovato circa il doppio di lavoratori in nero rispetto all’anno precedente. Ma nonostante questo crescente impegno, sul quale certamente posso confermare il nostro interesse istituzionale ai massimi livelli, non abbiamo evidenze di connessioni tra questi fenomeni e gli incidenti sul lavoro che hanno indotto la Commissione a questa missione.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per la collaborazione e anche per gli approfondimenti e la vivacità del dibattito. Grazie.


Audizione del direttore provinciale del lavoro, del dirigente della sede INAIL Bologna, di rappresentanti delle ASL Bologna e Imola e del direttore generale dell’ARPA



Intervengono: il direttore provinciale della DPL, dottoressa Emanuela Cigala; il dirigente della sede INAIL di Bologna, dottoressa Maria Celeste Piracci; il direttore generale della ASL Bologna, dottor Francesco Ripa di Meana, accompagnato dal direttore del dipartimento sanità pubblica, dottor Fausto Francia e dal responsabile PSAL, dottor Villiam Alberghini; il direttore del dipartimento sanità pubblica della ASL Imola, dottor Guido Laffi, accompagnato dal direttore generale, dottoressa Maria Lazzarato; il direttore generale dell’ARPA, dottor Stefano Tibaldi, accompagnato dal direttore della sezione provinciale di Bologna, dottoressa Adelaide Corvaglia e dalla dottoressa Raffaella Raffaelli.

PRESIDENTE
Buonasera, vi ringraziamo innanzitutto per aver aderito al nostro invito. La nostra presenza a Bologna è essenzialmente legata, oltre al fatto che periodicamente come Commissione svolgiamo delle missioni sul territorio nazionale, alla necessità di capire i fatti contingenti che si sono determinati. In quest’ultimo mese di dicembre ci sono stati sei morti e questo in qualche modo ha ancora di più sollecitato la Commissione nello svolgere l’odierna missione.
Vi chiederemmo cortesemente di intervenire, in riferimento ai soggetti che rappresentate, prima di tutto su questo tema: vorremmo sapere se secondo voi vi siano dei vuoti da colmare dal punto di vista della vostra specifica attività oppure se vi siano dei rilievi da fare dal punto di vista delle attuali normative, in modo da fornirci degli elementi che ci consentano, dopo aver ascoltato i vari soggetti, di avere un quadro più chiaro della situazione. Si tenga altresì presente un elemento di cui abbiamo avuto notizia ed anche conferma, ossia che il trend dei morti sul lavoro è aumentato in modo significativo rispetto al 2008 e al 2009, quando gli incidenti mortali sul lavoro sono stati rispettivamente 16 e 17: nel 2010 ci sono stati 26 morti, con un aumento quindi del 60 per cento.
Dal vostro punto di vista, ritenete che ci siano degli elementi su cui intervenire? Ci sono delle precarietà particolari ed emergenti e lacune che andrebbero colmate?

CIGALA
Signor Presidente, gli ispettori del Ministero del lavoro sono intervenuti nel corso del 2010 in occasione di 12 incidenti mortali tra quelli cui lei ha fatto cenno. Le circolari del nostro Ministero ci impongono l’intervento al fine di verificare gli aspetti legati alla regolarità del contratto. Rispetto agli eventi su cui siamo intervenuti nel 2010, tre incidenti mortali si sono verificati in edilizia, tre nell’industria, quattro nella logistica e due in agricoltura.
Il decreto legislativo n. 81 del 2008, all’articolo 14, riserva infatti alla Direzione provinciale del lavoro il potere di sospendere le attività lavorative qualora si riscontri una percentuale di lavoratori in nero superiore al 20 per cento (tale disposizione è stata introdotta dapprima solo in edilizia e poi estesa a tutti i settori). In realtà noi non abbiamo mai adottato provvedimenti a questo titolo. Esiste altresì la possibilità di sospensione per reiterate violazioni in materia di sicurezza, che compete anche alla ASL.
I provvedimenti di sospensione delle attività previsti dal legislatore al fine di prevenire gli incidenti sul lavoro, oltre che per combattere il lavoro nero e sommerso, sono stati 133 nel 2010, con un aumento considerevole rispetto al 2009, quando abbiamo sospeso le attività solo in 52 casi. Vorrei precisare che le sospensioni in edilizia sono state molto ridotte: solo il 9 per cento, mentre il 18 per cento ha riguardato il terziario (logistica, autotrasporto e quant’altro). Abbiamo quindi notato come l’utilizzo di tale strumento sia stato più diffuso in altri settori (il 50 per cento, ad esempio, nel commercio), nei quali nel 2010 non si sono invece verificati incidenti rilevanti.
Un altro elemento significativo, che spiega il numero esiguo di sospensioni delle attività in edilizia, credo vada ricondotto alla modifica normativa introdotta nel corso del 2009 dal decreto legislativo n. 106, allorché ha limitato la possibilità di sospendere l’attività alle microimprese.
Abbiamo riscontrato nelle nostre ispezioni un elevato numero di piccole e piccolissime imprese, quindi il fatto che il numero dei provvedimenti di sospensione nel 2010 sia rimasto invariato (13 provvedimenti) rispetto al 2009, a fronte di un incremento rilevante della nostra attività (nel 2010 abbiamo ispezionato 187 cantieri: circa il 37 per cento in più di quelli ispezionati l’anno precedente) è da ricondurre sostanzialmente a questa tipologia di aziende che troviamo presente sui cantieri.
Per quanto riguarda invece le criticità rilevate, credo sia importante sottolineare che, a nostro parere, la sicurezza dei lavoratori viene tanto più messa a rischio quanto più è complessa la catena dei subappalti e quanto più le esternalizzazioni fanno affidamento su imprese che si innestano su altre imprese, come una sorta di scatole cinesi. In una simile catena, l’individuazione della regia è spesso difficile.
Signor Presidente, quanto esposto finora rappresenta un inizio di discussione, ma siamo disponibili ad entrare maggiormente nel dettaglio.

PIRACCI
Signor Presidente, debbo precisare in premessa che l’INAIL ha come mission la tutela integrata del lavoratore, che parte dalla prevenzione e giunge fino alla riabilitazione e al reinserimento del lavoratore nella vita sociale e lavorativa. La funzione prevalente dell’Istituto ha carattere assicurativo: l’INAIL eroga prestazioni economiche, sanitarie ed integrative a coloro che, nel corso della vita lavorativa, subiscono un infortunio.
Quanto alla prevenzione, l’Istituto è impegnato in attività di formazione, informazione e ricerca. Siamo convinti che la prevenzione parta dalla diffusione di una cultura in tal senso e quindi le nostre attività al riguardo si rivolgono, soprattutto negli ultimi anni, alle scuole: la maggiore parte dei progetti di prevenzione che abbiamo elaborato nel 2010 nella Provincia di Bologna sono rivolti agli studenti, ossia ai futuri lavoratori.
Quanto agli incidenti mortali registrati nel 2010, devo premettere che i dati dell’Istituto sono ufficiosi e provvisori. Ne spiego la ragione. Può accadere – è accaduto proprio in questi giorni – che un infortunio grave occorso nel dicembre scorso si sia trasformato in infortunio mortale perché la persona è successivamente deceduta. Pertanto, i dati relativi agli infortuni in genere, e nel caso specifico a quelli mortali, che sono 21, non sono ancora definitivi: potrebbe accadere, ad esempio, che tra un mese uno degli infortuni accaduti nell’ultima parte del 2010 diventi mortale, mentre al momento non lo è. I nostri dati ci dicono che dei 21 infortuni ad oggi rilevati tre sono accaduti in agricoltura e 18 in industria; di questi 18, sei hanno riguardato il settore delle costruzioni. Molti degli infortuni mortali occorsi nel 2010 si sono verificati sulla strada. Anche per questa ragione sono abbastanza diffusi sul territorio di Bologna progetti rivolti a quelle categorie che, per motivi di lavoro, si trovano sulla strada di frequente.

PRESIDENTE
Lei fa riferimento agli incidenti in itinere o a quelli che accadono perché il tipo di lavoro obbliga tali soggetti a stare sulla strada?

PIRACCI
Nel 2010 ne sono stati rilevati sia in itinere sia nello svolgimento del lavoro, ad esempio in categorie come quella degli autotrasportatori.

PRESIDENTE
So che l’INAIL è molto attenta e precisa. Abbiamo una collaborazione costante e continua a livello nazionale, con un utile scambio di dati, informazioni, approfondimenti e conoscenze molto dettagliate, non di semplice statistica. Ciò ci permette di comprendere meglio i fenomeni. Vorrei soffermarmi sulle cifre citate. A noi risulta un dato di 26 morti, posto che ci risulta che vi sono 26 provvedimenti giudiziari.

PIRACCI
Signor Presidente, colgo l’occasione per fare una precisazione: per noi la rilevazione non avviene in base al luogo dove si verifica l’evento, ma in ragione del luogo in cui risiede l’infortunato e questo può creare una discrepanza. Non solo. A noi risultano 21 eventi per i quali è stato riconosciuto l’infortunio mortale, poiché c’è una differenza fra gli infortuni denunciati e quelli indennizzati.

PRESIDENTE
Certo. Ho ricordato tale cifra come aggiornamento, perché vi sono 26 procedimenti penali in corso in riferimento a 26 lavoratori morti nel 2010 nella provincia di Bologna. So benissimo che avete procedure diverse; non a caso, fornite i dati nel luglio dell’anno successivo.

PIRACCI
Esatto.

RIPA DI MEANA
Signor presidente, come sapete, noi interveniamo sia d’ufficio che su richiesta dell’autorità giudiziaria, per l’istruttoria di molti degli infortuni. Con riguardo ai nove infortuni dell’ultimo trimestre dell’anno che abbiamo messo sotto osservazione, possiamo specificare che si tratta di eventi verificatisi in grande prevalenza all’aperto, non tutti sulla strada. Tale fenomeno è legato prevalentemente ad attività di manutenzione effettuate da soggetti interni o esterni, oppure ha a che fare (in quattro casi su nove) con lavoratori autonomi che fanno parte della proprietà stessa dell’impresa. Tre casi su nove riguardano stranieri. Gli infortuni mortali da noi registrati sono stati circa 50 negli ultimi cinque anni. Gli infortuni che coinvolgono immigrati sono solo il 10 per cento del totale, ma nel caso di infortuni mortali la percentuale sale al 30 per cento.
Può risultare utile collocare questi eventi in una visione di breve periodo, cioè negli ultimi mesi, in cui con il Piano sanitario nazionale prima e regionale poi ci è stato chiesto di compiere un grande sforzo teso all’aumento del nostro intervento di vigilanza, da prestare soprattutto nei cantieri registrati nella nostra Provincia. Tale attività è passata quindi dal 4,5 per cento al 9 per cento, registrando un aumento reale pari a circa il 30 per cento dal 2008 in avanti. L’aumento dell’attività di vigilanza, prevalentemente concentrata sui cantieri, non ha però prodotto una crescita così significativa dei provvedimenti di disposizione e delle notizie di reato che hanno registrato un aumento di circa il 10 per cento. Dunque, l’incremento della nostra attività, tesa al controllo del maggior numero possibile di situazioni di lavoro, con prevalenza dei cantieri, non ha trovato una qualità del lavoro così negativa come ci si sarebbe potuto aspettare se vi fosse stato un aumento dei dati relativi alle notizie di reato e ai provvedimenti di disposizione. A noi, in quanto organismo deputato a vigilare altresì su richiesta, sembra che l’incremento complessivo di infrazioni registrato anche ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 2008 sia da ascrivere a fenomeni legati ad alcune parti del ciclo lavorativo, ad esempio alla manutenzione (è una novità che tali infortuni si collochino in questa fase del ciclo lavorativo), e abbia a che fare con lavoratori che hanno rapporti di dipendenza diversi.
Infine, alla luce dei positivi risultati conseguiti nei 13 anni di cantiere dell’alta velocità sotto gli Appennini (dove si è verificato un solo infortunio mortale) e nei sei, sette anni di attività legata alla realizzazione della variante di valico (nel corso dei quali sono stati registrati tre infortuni) abbiamo cercato di costituire una serie di alleanze per incrementare quanto più possibile la nostra capacità di vigilanza. Innanzitutto ci siamo avvalsi dell’opera dei vigili urbani, prestata nel corso dell’espletamento della loro attività di valutazione igienico-sanitaria o di accertamento dei requisiti di legalità del cantiere, per dare notizia ai nostri servizi di eventuali anomalie e infrazioni. Ciò ha consentito di effettuare controlli su ulteriori 250 cantieri, oltre i 1.000 da noi visitati, e di dare un forte sostegno ai rappresentanti della sicurezza, cui abbiamo fornito 1.500 consulenze e l’assistenza tecnica che generalmente diamo sia alle aziende che ai sindacati su richiesta, in presenza di specifiche condizioni lavorative.
La nostra attività, principalmente rivolta alle grandi opere presenti nella nostra città, ha portato all’elaborazione e alla fissazione a livello interregionale di una serie di standard sulla sicurezza per la realizzazione delle grandi opere che rappresentano un eventuale ed interessante contributo per l’approfondimento e il miglioramento delle norme tecniche associate alle norme generali.
Questo è l’aspetto contestuale che l’ASL intende rappresentare. Se ci sono ulteriori domande siamo naturalmente a disposizione. Depositiamo, infine, la nostra documentazione agli atti sperando di aver fatto un lavoro utile.

PRESIDENTE
Sicuramente, lo avete fatto e di questo vi ringrazio.
Ho ascoltato con molta attenzione la sua relazione. Lei ci ha fornito però un quadro che non si concilia con gli eventi luttuosi che si sono verificati.
Quanto da lei riferito è un’attenta rappresentazione delle attività che si svolgono nella ASL di Bologna, però il dato noto relativo agli incidenti ci impone una riflessione. Stante il numero dei decessi forse sarebbe opportuno effettuare degli approfondimenti per comprenderne meglio le cause. Se non fossero stati registrati dei decessi, alla luce delle attività che meritoriamente svolgete probabilmente oggi non ci saremmo neanche incontrati.
Gradiremmo conoscere elementi più specifici, se ve ne sono, che possano qualificare il trend in controtendenza rispetto al dato nazionale per quanto riguarda le morti sul lavoro. Spero che questo «anno orribile» 2010 rimanga un fenomeno isolato – ce lo auguriamo tutti –, tuttavia sarebbe forse opportuno effettuare degli approfondimenti. Quindi, se avrete la possibilità di fornirci ulteriori riflessioni ve ne saremo grati.

RIPA DI MEANA
All’interno dei dati e delle osservazioni sul ciclo lavorativo già erano contenuti degli approfondimenti, ma possiamo fornirvene senz’altro di ulteriori. Per questo cedo la parola al dottor Alberghini, responsabile PSaL dell’ASL di Bologna.

ALBERGHINI
Mi riallaccio a quanto detto dal direttore generale, dottor Ripa di Meana, per riprendere e sottolineare un aspetto importante (fra l’altro mi rifaccio a dati che abbiamo inserito nella carpetta depositata).
È vero, il 2010 è stato un «anno orribile». Su questo non ci sono dubbi e siamo davvero rimasti scioccati dal mese di dicembre che è stato terrificante, come pure lo è stato il primo periodo di gennaio poiché si è registrata una sorta di continuità. Tuttavia, al di là dell’esame dei singoli eventi, abbiamo voluto avere uno sguardo più ampio, perché è vero che vi è stata un’alta concentrazione di incidenti in un periodo molto breve, però i fenomeni possono essere letti su periodi più lunghi e numeri più ampi. Il direttore generale ricordava che vi sono stati circa 50 decessi (per la precisione 49) su quelli che noi abbiamo seguito che non corrispondono ai dati dell’INAIL per le ragioni anticipate dalla dottoressa Piracci.

PRESIDENTE
Presto sarà in funzione il sistema informativo nazionale in cui tutti questi dati verranno incrociati. Sappiamo che ci sono questi problemi.

ALBERGHINI
Con riferimento ai 49 casi di infortuni mortali, faccio notare che da un’analisi basata su un periodo di sei anni risulta che le morti nel settore edilizio sono pari al 44 per cento ed al 16 per cento nel settore agricolo; che il 38 per cento delle dinamiche degli infortuni sono riconducibili a cadute dall’alto, il 24 per cento a schiacciamento e il 16 per cento ad investimento. Se analizziamo poi il rapporto di lavoro, risulta che il 68 per cento dei lavoratori è dipendente. A tal riguardo, sono assolutamente d’accordo con quanto affermato in premessa dalla dottoressa Cigala, nel senso che non basta qualificare costoro come lavoratori dipendenti, ma bisogna anche comprendere quale sia il rapporto che lega la ditta del lavoratore dipendente con le altre poiché normalmente ci troviamo di fronte a catene di appalti infinite e questo è un fattore di rischio in quanto tale.
Accanto ai lavoratori dipendenti però vi è anche un 14 per cento di lavoratori autonomi, ai quali si aggiunge l’8 per cento di titolari soci di aziende, che lavorano, molto spesso, nelle catene di appalti e dunque sono equiparabili a dei lavoratori dipendenti. Infine, quanto al dato relativo alla nazionalità dei lavoratori, cui era già stato accennato, risulta che il 28 per cento sono stranieri su un totale di stranieri inseriti nel mondo del lavoro sul nostro territorio pari al 10-12 per cento.
I conti sembrerebbero tornare. Nonostante infatti la forte pressione da noi esercitata nel settore edilizio, riscontriamo che il maggior numero di violazioni riguarda il rischio di caduta dall’alto, dunque le carenze che favoriscono questo fatto. Quindi, in sostanza, è possibile dare una lettura di insieme del fenomeno che da una parte è dovuto a carenze nell’organizzazione del sistema produttivo, dall’altra a fattori di rischio...

NEROZZI (PD)
Mi scusi, però gli ultimi sette incidenti mortali – come mi sembra abbia già ribadito il dottor Ripa di Meana – si sono verificati in un settore nuovo rispetto al solito, ovvero nel settore della commercializzazione, dei trasporti, dei servizi, questo è l’elemento di novità. Bisognerebbe comprenderne il motivo.
Quando poi lei parla di soci delle cooperative...

ALBERGHINI
No, non mi riferivo ai soci delle cooperative, che abbiamo equiparato ai lavoratori dipendenti. I soci delle famigerate cooperative di facchinaggio li consideriamo dipendenti a tutti gli effetti perché sono dei finti soci.

NEROZZI (PD)
La novità è questa.

ALBERGHINI
Certo, lo è. Però se esaminiamo gli infortuni uno per uno ce ne sono alcuni assolutamente incomprensibili. Almeno riguardo a due o tre stiamo facendo fatica ad individuare delle violazioni.
Come esempio porto il caso del lavoratore che viene investito dal trattore dal quale è sceso dimenticando di tirare il freno a mano: il trattore comincia a muoversi nella leggera pendenza e va a schiacciare il lavoratore (che nel frattempo tentava di risalire sul mezzo) contro una parete fissa; oppure il caso del lavoratore che investe il suo compagno di lavoro in un piazzale dove apparentemente non c’era nulla da fare di particolare con quel mezzo. Ci sono alcuni eventi che ci lasciano assolutamente perplessi.
Crediamo che ci siano comunque degli elementi connessi a questo tipo di organizzazione del sistema di lavoro che possono essere dei determinanti a monte. Il lavoratore che è stato schiacciato dal trattore lavorava da solo, di notte, in un piazzale, non sappiamo da quante ore, o meglio, ancora non lo sappiamo; scopriremo quante ore di lavoro aveva già fatto, se si sentisse particolarmente pressato e quindi nella fretta abbia dimenticato di tirare il freno a mano.
Ci sono questi fenomeni che determinano gli eventi, anche là dove apparentemente il pericolo, così come viene definito dalla normativa, non è alto, e che portano al verificarsi dell’evento stesso. Certamente questo è un periodo nero, drammatico, che richiama l’attenzione sul fatto che esistono altre realtà, rispetto a quelle che teniamo regolarmente sotto controllo, nelle quali ci possono essere dei pericoli; si tratta però di realtà in cui i fattori di rischio sono più difficilmente identificabili come carenze di carattere tecnico. Se andiamo in un cantiere è facile vedere se manca il parapetto; ma se fossimo andati in quel piazzale a vedere come lavorava quel lavoratore che è rimasto schiacciato dal trattore probabilmente non avremmo trovato nulla di anomalo, una volta accertato che il trattore era perfettamente in regola, perché abbiamo fatto anche queste prove; è un quadro davvero molto particolare quello che si è verificato.

LAFFI
Signor Presidente, onorevoli senatori, ritengo di poter aggiungere qualche elemento di novità perché evidentemente con i colleghi di Bologna lavoriamo in sincronia, facciamo piani di intervento congiunti e via dicendo. Vorrei quindi fornire alcuni elementi che possono essere utili all’analisi: ad Imola, che è una realtà più compatta, abbiamo un’osservazione epidemiologica degli infortuni sul lavoro vecchissima, che risale al 1982, pertanto possiamo fare alcune valutazioni su un territorio più piccolo ma in uno spazio temporale più esteso. I morti sul lavoro dal 1985 a oggi sono stati 68, di cui 26 in edilizia, 26 in agricoltura, 9 nell’artigianato e 7 nel terziario: dunque edilizia e agricoltura, in un territorio meno cittadino di Bologna, competono in questo triste primato. Queste sono morti senza l’uso dell’automezzo (non ci sono camionisti, per intenderci); si tratta di morti nel lavoro.
L’ultimo quinquennio – compreso il 2010 – ha visto nel territorio imolese sei infortuni mortali (depositeremo poi una cartella contenente questa documentazione), che sono evidentemente un numero elevato negli ultimi cinque anni, ma non paragonabile al numero di morti del quinquennio precedente 1985-1990, che sono stati 23, e a quello degli altri quinquenni che sono stati rispettivamente 15, 14 e 16.
A fronte di questo, in un territorio di 130.000 abitanti, se nel 1990 si erano registrati 5.600 infortuni nel 2009 ce ne sono stati 2.300; nel primo semestre 2010 anche meno.

PRESIDENTE
Mi scusi se la interrompo: sarebbe opportuno che questi dati potessero essere legati alle ore lavorate e non al numero di abitanti, perché nel 1990 eravamo ancora in una società operaistica.

LAFFI
È esatto. È una notazione che mi fa piacere perché mi permette di dire che i dati sulle ore lavorate li riceviamo con un po’ di ritardo dati dagli altri enti, e mi rivolgo anche ai gentili colleghi dell’INAIL.
Quindi quando andiamo a recuperare il dato delle ore lavorate, questo è un po’ più vecchio; però ci permette di dire, ovviamente facendo epidemiologia storica e rapportando le ore lavorate alla popolazione lavorativa del territorio, che se nel 2000 c’erano 10,4 infortuni ogni cento lavoratori nel 2008 – è l’ultimo dato disponibile – ce ne sono stati 6,3.
È evidente, allora, che dobbiamo fare uso di questi dati in qualsiasi sede non per dire che siamo bravi, ma per osservare che in una gestione territoriale in cui si è lavorato insieme al territorio, in cui si è operato, in cui si è fatta prevenzione e vigilanza in maniera coordinata, in cui si sono insomma usati tutti gli strumenti, un certo governo di questi infortuni c’è stato e c’è. Speriamo che la ripresa appena iniziata non porti con se´ una recrudescenza che, ahimè, sembra già esserci: nel 2010, cioè l’anno scorso, si è verificato un solo infortunio mortale, alla fine dell’anno, di cui forse avete avuto notizia (un operaio che è poi deceduto nei primi giorni del 2011); ci sono poi stati due morti nel mese di gennaio. Eventi che ci hanno veramente colpiti. Sono morti nell’edilizia, ma sono morti anche per cause particolari: in un caso la persona – un extracomunitario – ha acceso un fuoco perché faceva freddo e per alimentarlo ci ha buttato dentro del diluente; in un altro caso, quello di Medicina, la persona operava con un getto di calcestruzzo sulla platea di una casa e la proboscide dell’alimentatore è impazzita perché uno dei bracci stabilizzatori della botte è sceso. Si tratta, quindi, di eventi poco governabili.
La strada che noi vediamo è quella di un concorso straordinario di tutte le energie, comprese quelle rivolte all’informazione e alla formazione, perché se non siamo continuamente a formare e informare i nostri addetti non otterremo risultati. Per questo ci attiviamo anche con iniziative pubbliche: in novembre abbiamo fatto una iniziativa per lanciare un «campo prove per la sicurezza» in cui fare l’addestramento all’uso di mezzi e di impianti, in particolare dell’edilizia e dell’agricoltura. Approfittando della comunità abbastanza coesa che è attorno ad Imola cerchiamo di parlare di sicurezza molto spesso. Esiste nel territorio – su questo nella cartella troverete un breve documento – un’associazione privata che si chiamava «Tavolo 494», dal nome della vecchia legge, e che oggi si chiama «Tavolo 81», che opera per fare formazione e a cui partecipano molte associazioni di impresa e sindacati. Noi facciamo parte del comitato scientifico. Ci sono poi i nostri interventi: come azienda sanitaria abbiamo una decina di persone che operano in queste attività. L’anno scorso siamo andati in 500 imprese di cui 219 nell’edilizia e abbiamo fatto numerosissime prescrizioni e disposizioni; nel 70-80 per cento dei cantieri troviamo almeno una irregolarità da disporre o da prescrivere, a seconda del caso.
Tutto ciò a dire che i problemi ci sono. Con i colleghi di Bologna e della Provincia, ci rechiamo nei cantieri seguendo uno standard di gravità rilevata nell’infortunistica rispetto al passato, ma anche in relazione a quanto si vede dalla strada. I cantieri edili, voi lo sapete, hanno un impatto visivo notevole: se il cantiere è disordinato, se è a rischio, si vede già passando dalla strada, per cui insieme ai collaboratori, andiamo a visitare i cantieri «brutti». In uno di questi infortuni mortali la catena degli appalti e dei subappalti, come è stato detto, era elevatissima; ve ne daremo notizia.

TIBALDI
Sarò particolarmente sintetico poiché l’ARPA non ha specifiche competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro, escluse naturalmente quelle che ha in qualità di datore di lavoro di circa 1.100 persone.
Richiamo soltanto il fatto che fra le attività ricollegabili alle problematiche di salute e sicurezza sul lavoro l’ARPA si occupa di vigilanza e controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con la presenza negli stabilimenti di determinate sostanze pericolose: sono i cosiddetti stabilimenti a rischio di incidente rilevante, soggetti a legislazione o nazionale o regionale. Tale attività è regolamentata dal decreto legislativo n. 334 del 1999 che divide le aziende in due principali categorie: le cosiddette ex articolo 8, nazionali, e le cosiddette ex articolo 6, regionali. In particolare, la legge regionale dell’Emilia Romagna affida all’ARPA Emilia Romagna la presidenza del comitato di valutazione dei rischi, che ha il compito di valutare le schede tecniche presentate dai gestori delle aziende.
Questa particolare attività istruttoria è tipica soltanto della legge regionale dell’Emilia Romagna. L’unica cosa che posso dire è che «curiosamente» nell’ultima decina d’anni non ci sono stati incidenti nelle aziende a rischio di incidente rilevante salvo uno, l’esplosione alla Baschieri & Pellagri vicino a Budrio, un incidente clamoroso (dovuto comunque a residui di esplosivi bellici), in cui però non ci furono morti, ma solo feriti.
Negli ultimi 3-4 anni non c’è stato alcun infortunio nelle aziende a rischio di incidente rilevante rispetto alle quali c’è questa competenza, pur laterale, di ARPA. Posso solo osservare, ma è un’osservazione che faccio en passant, che per tutte le aziende a rischio di incidente rilevante c’è l’obbligo di avere un sistema di gestione della sicurezza previsto da norma, assimilabile alle OmS45 18001. Per così dire in qualità. Non so se questo possa essere un aiuto per mantenere le problematiche della sicurezza sotto osservazione particolare nel caso di aziende a rischio di incidente rilevante; un’attenzione che, per ragioni ovvie, che è inutile stare qui a commentare, è minore in un’azienda che non è classificata a rischio di incidente rilevante e quindi non ha l’obbligo di mantenere il sistema di gestione della sicurezza certificato. Questa potrebbe essere una considerazione sulla quale riflettere.
ARPA svolge anche attività congiunte in affiancamento alle attività della ASL nei grandi cantieri, però curando solo gli aspetti ambientali e non sanitari e di sicurezza del lavoro. Sono qui con la dottoressa Raffaelli, che è il direttore sicurezza, qualità ed ecomanagement di ARPA, e con il direttore della sezione provinciale di Bologna, dottoressa Corvaglia, che per qualsiasi domanda o chiarimento sono ovviamente a disposizione.

NEROZZI (PD)
Il gruppo Hera rientrava nelle vostre competenze?

TIBALDI
No, perché il termovalorizzatore del Frullo non è un’azienda a rischio di incidente rilevante.

RAFFAELLI
Non ha quantitativi di sostanze pericolose tali da far scattare i disposti di norma della «direttiva Seveso» (decreto legislativo n. 334 del 1999).

RIPA DI MEANA
Anche quell’infortunio è avvenuto in una fase di manutenzione completamente straordinaria, extra ciclo produttivo organizzato.
Questa è un po’ la caratteristica che ci preoccupa, il fatto che si modifica il ciclo produttivo e la fase di manutenzione non ha lo stesso peso forse anche nei comportamenti individuali nell’analisi del rischio.

NEROZZI (PD)
È vero che in quel caso di infortunio per fare la manutenzione bisognava essere in due mentre al momento c’era una sola persona.

ALBERGHINI
Abbiamo in corso un’inchiesta. Se può esservi utile, possiamo consegnarvi una relazione preliminare riguardo all’infortunio del termovalorizzatore del gruppo Hera.

NEROZZI (PD)
La responsabilità può essere di un lavoratore o dell’altro lavoratore. Si tratta di circostanze che spetta al magistrato chiarire.
Ad ogni modo, sembra evidente che in quel caso avrebbero dovuto essere in due.


Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali



Intervengono: il segretario generale della CGIL, dottor Danilo Gruppi, accompagnato dai membri della segreteria centrale, dottor Maurizio Lunghi e dottoressa Nadia Tolomelli; il segretario generale della CISL, dottor Alessandro Alberani; il segretario regionale e provinciale della UIL, dottor Riccardo Galasso; e il segretario provinciale della UGL, dottor Pierpaolo Govoni.

PRESIDENTE
Vi ringrazio per la vostra presenza. Il motivo per il quale la nostra Commissione è venuta a Bologna è essenzialmente legato, oltre alla volontà di avere un quadro generale sul tema della sicurezza, alla recente impennata di incidenti mortali sul lavoro che si è registrata in questo territorio. Da voi, che consideriamo soggetti particolarmente attivi sul tema dei diritti e delle tutele della salute dei lavoratori, vorremmo avere una valutazione per cercare di capire che cosa sta accadendo: se l’anno passato sia stato un’eccezione, un «anno orribile» come l’ho definito prima, oppure se si siano verificati dei cedimenti sul versante della sicurezza o dei problemi che vorremmo conoscere e, soprattutto, concorrere a risolvere.

ALBERANI
Signor Presidente, sulla base dei dati a nostra disposizione sui recenti infortuni abbiamo ricavato una prima valutazione: un incremento così rilevante, soprattutto degli infortuni mortali, non si verificava da molti anni. Una peculiarità da sottolineare è che si è trattato di infortuni accaduti in diversi settori, in particolare nell’edilizia. I dati INAIL degli ultimi quattro o cinque anni mostrano un decremento complessivo degli incidenti mortali. Negli ultimi mesi del 2010 e all’inizio del 2011, invece, il numero degli infortuni ha registrato un’impennata rispetto agli anni precedenti: molti incidenti sono da caduta, in particolare nel settore edile, ma molti si sono verificati anche nei settori legati al trasporto.
È difficile stabilire se tali eventi siano collegati a un cambiamento dell’organizzazione del lavoro e della sicurezza, oppure se siano da attribuire a circostanze più episodiche e casuali. Non possiamo permetterci di considerare quest’ultima ipotesi, per cui dobbiamo cercare di capire le ragioni per cui si siano verificati simili eventi.
È certamente vero che la crisi economica rappresenta un fattore che nel nostro territorio ha avuto nell’ultimo anno e mezzo un forte aumento: nel territorio di Bologna non eravamo abituati a registrare dati sulla crisi così evidenti in tutti i settori. Si tratta di un fenomeno estremamente trasversale che sembra modificare in alcune occasioni l’organizzazione del mercato del lavoro e l’organizzazione delle aziende. Non possiamo fare altro che sottolineare che occorrerà valutare l’applicazione in tali imprese delle normative contrattuali e delle normative legislative, sia per quanto riguarda l’aspetto della prevenzione che quello dei carichi di lavoro. Occorre verificare se questi ultimi e i ritmi di lavoro che in alcune aziende sono aumentati, soprattutto in quelle che hanno ricevuto lavori in subappalto (perché molti degli episodi a cui stiamo facendo riferimento avvengono non tanto nelle grandi aziende, dove esiste un confronto sindacale, una nostra verifica e una concertazione sull’applicazione del Testo unico e dei contratti, quanto nelle piccole aziende), abbiano una correlazione con il verificarsi degli incidenti, e se il ricorso ai subappalti possa determinare una minore ottemperanza alle norme del Testo unico ed alle norme di prevenzione.
Il Comune di Bologna e le imprese hanno stipulato, in questa stessa sala, un protocollo sugli appalti per predisporre degli strumenti che garantissero una maggiore attenzione alla prevenzione. Esiste altresì il problema di dare la possibilità agli enti preposti, come ad esempio le ASL, di assicurare formazione ed informazione ai lavoratori.
Abbiamo poi notato come sul versante dell’immigrazione si ponga un problema di comprensione linguistica delle leggi e del Testo unico, sia per quanto riguarda i diritti che i doveri. Il diritto alla formazione dei lavoratori e l’attenzione al tema dei subappalti sono, secondo il nostro parere, gli elementi principali su cui occorre focalizzare l’attenzione. Consideriamo inoltre che nel settore edile vi è una forte esperienza di bilateralità che permette di avere la possibilità di costruire dei percorsi di prevenzione assai più efficaci.
Non nascondo che la nostra preoccupazione è molto forte. Se da un lato possiamo marcare un decremento complessivo degli infortuni sia in Emilia Romagna che nel territorio specifico di Bologna, gli ultimi infortuni mortali ci hanno particolarmente preoccupato. Siamo pertanto particolarmente grati alla Commissione per la sua attenzione al fenomeno, perché ritengo che tutti dobbiamo interrogarci su ciò che successo. Non è facile dare risposte e non è facile indicare soluzioni, ma bisogna sicuramente condurre analisi attente, anche avvalendosi di strumenti come gli Osservatori per evitare che determinati eventi si ripetano.

GRUPPI
Signor Presidente, desidero ringraziare la Commissione per la sua attenzione, perché coglie un momento particolarissimo della vita di questo territorio. Noi non intendiamo attribuire una valenza particolare agli episodi degli ultimi due mesi, anche se credo che nel passato non si sia mai verificato un addensamento così significativo di eventi in cui dei lavoratori abbiano perso la vita. L’ultimo degli infortuni mortali è accaduto nei giorni scorsi.
Vorrei proporre alcuni elementi di possibile spiegazione del fenomeno.
Intanto la situazione va guardata anche nella sua contraddittorietà.
Uno degli infortuni, ad esempio, è accaduto presso l’inceneritore del gruppo Hera, in un contesto di radicamento del sindacato, di capacità contrattuale del sindacato e di attenzione verso le norme di sicurezza; pertanto, il verificarsi di un simile evento ci stupisce. Un primo elemento di riflessione è che il ciclo di lavoro ha assunto determinate caratteristiche, di cui in parte si rintracciano le evidenze nei fenomeni accaduti: lo spezzettamento e la frammentazione dei cicli di lavoro si manifesta con una concatenazione quasi infinita di appalti su appalti, fino al punto che si fatica a rintracciarne l’origine. Ciò sta producendo molti problemi e sicuramente un allentamento degli aspetti più legati alla sicurezza. Fra l’altro, nella filiera degli appalti continua a risultare largamente prevalente il fenomeno delle gare con il criterio del massimo ribasso, che produce quasi inesorabilmente un intervento non positivo sulle condizioni dei lavoratori dal punto di vista contrattuale e delle retribuzioni, ma soprattutto un allentamento evidente delle norme sulla sicurezza.
Abbiamo tantissime evidenze di tale fenomeno, che si intreccia con un ulteriore aspetto, che immagino vi sarà già stato esposto dalle figure istituzionali nelle precedenti audizioni: mi riferisco al fatto che in cima alle graduatorie dei fenomeni infortunistici degli ultimi sette o otto anni vi sono i lavoratori stranieri e precari (ossia coloro che hanno un rapporto di lavoro non a tempo indeterminato). Vi segnalo che a Bologna, da tre anni, l’87 per cento delle assunzioni è a tempo non indeterminato; siamo pertanto di fronte a un’autentica devastazione del mercato del lavoro, che passa attraverso un ricorso abnorme a rapporti di lavoro a termine: moltissime persone saltellano da un luogo di lavoro all’altro per tempi estremamente brevi, talmente brevi da non consentire loro di acquisire gli elementi minimi di conoscenza delle misure di sicurezza. Non è infatti un caso che ci siano i precari e gli stranieri in cima alle classifiche dell’infortunistica.
Gli stranieri – purtroppo molto ben presenti negli incidenti mortali degli ultimi 65 giorni a Bologna – sono in diversi casi lavoratori che hanno grande difficoltà nell’acquisire dimestichezza con le misure di sicurezza.
Non intendo poi sottrarmi ad evidenziare un altro aspetto, che forse potrà risultare non particolarmente gradito a molti. C’è un segnale politico- culturale che ha viaggiato molto negli ultimi anni. Un po’ per la crisi, un po’ perché le imprese sono oberate da tanti impegni di natura procedurale e formale, si è lanciato un segnale volto a sveltire le procedure e forse a ridimensionare l’attenzione verso il tema della sicurezza. Tale situazione sta producendo danni, ancor di più in una realtà come Bologna dove abbiamo più di 90.000 imprese, il 90 per cento delle quali ha meno di dieci dipendenti. Credo sia il caso di ricordare che qualche tempo fa è stata formulata una statistica di medicina del lavoro secondo la quale un’impresa deve attendere veramente a lungo prima di ricevere dei controlli. Con le forze attualmente previste, che si tratti dell’INAIL, della DPL, o dell’INPS, è quasi impossibile che vengano eseguiti dei controlli ispettivi, in ragione del grado di addensamento che il sistema economico produttivo ha in questo territorio. Questo, a mio parere, è il punto essenziale.
L’altra evidenza che vorrei sottoporre alla vostra attenzione riguarda il fatto che nel periodo che va dal 2008 al 2010 abbiamo registrato una riduzione del fenomeno infortunistico, alla quale però fa da contraltare una crescita del fenomeno delle malattie professionali, in aumento nell’ultimo triennio. Il decremento del numero complessivo degli infortuni tuttavia non tiene adeguatamente conto del fatto che vi è stato un ricorso a dir poco impressionante agli ammortizzatori, standard o in deroga. Questo è uno dei territori che più ha utilizzato gli ammortizzatori in deroga e la ragione è da ricondurre alla presenza di una platea di imprese prevalentemente medio-piccole, o piccolissime, escluse quindi dall’utilizzo degli strumenti standard di ammortizzazione in caso di crisi. È dunque questo il motivo per cui il numero di ore lavorate nell’ultimo triennio ha subìto una precipitazione quasi verticale.
Alla luce di ciò l’elemento che balza agli occhi è che, nonostante la diminuzione verticale delle ore lavorate, il fenomeno infortunistico rimane significativo. Dai riscontri effettuati risulta che quando si torna al lavoro dopo lunghi periodi di assenza (anche dopo due o tre anni di cassa integrazione) si registra un allentamento della tensione, in parte accentuato dal fatto che sono magari intervenute delle riorganizzazioni e spesso i lavoratori vengono adibiti a mansioni diverse da quelle che svolgevano prima; quindi vi è una sovraesposizione ai fattori di rischio piuttosto pronunciata.

GALASSO
È da qualche anno che assistiamo ad una riduzione del fenomeno in termini generali. C’è però da dire che nel 2006 fummo ricevuti dall’allora presidente della Camera dei deputati, onorevole Bertinotti, per lo stato particolare in cui versava il territorio bolognese in rapporto al settore delle costruzioni e, quindi, agli infortuni sul lavoro, per i quali in quegli anni si registrò un incremento particolare. I due settori più critici, tanto da meritare un’attenzione dedicata, sono il settore dell’edilizia e quello dell’agricoltura, in cui si verificano spesso incidenti per schiacciamento.
Probabilmente l’alto numero di incidenti in questi due settori è correlato alla formazione del mercato del lavoro legato a tali comparti, dato che sia i lavori prestati in edilizia che in agricoltura sono pressoché stagionali, temporanei. È insito nel relativo mercato interno prestare attività «a tempo», per cui c’è fretta di conseguire gli obiettivi produttivi, nel caso delle costruzioni, o di finire la stagione per quanto concerne l’agricoltura. Sono questi i due elementi di maggiore criticità.
A Bologna, nel settore edilizio, nel corso dell’anno 2010 si sono verificati nove infortuni, se si considera anche quello occorso nel gennaio 2011, di cui cinque mortali, per schiacciamento e caduta dall’alto. Ma su questo territorio è stato fatto tanto: dagli anni Novanta abbiamo ereditato un Osservatorio dell’edilizia che insieme agli altri organi ispettivi, quali INPS, INAIL ed ASL, svolge azioni di monitoraggio e di controllo, purtroppo ancora insufficienti, anche se nel rapporto annuale risulta che sono state effettuate complessivamente ben 1.000 visite. In realtà, sono i singoli uffici a presentare criticità. Ricordo, ad esempio, che negli ultimi anni la Direzione provinciale del lavoro si è trovata in difficoltà in quanto non riusciva a spostarsi sul territorio con mezzi propri.
Vi sono poi una serie di incoerenze dovute alla mancanza di dialogo tra i soggetti istituzionali. Faccio un esempio banale: l’ASL a volte non riesce ad accedere alla zona a traffico limitato perché non ha i permessi. Vi sono dunque delle incongruenze che a nostro avviso andrebbero limate per poter affrontare problemi che non si riescono a risolvere per delle banalità.
C’è poi un problema d’ordine strutturale. Circa due anni fa sono stati immessi nei ruoli del personale della Regione 86 ispettori, ma quanti di loro sono operativi? Il fatto che non vi siano certezze rispetto al turn over determina conseguentemente anche un rallentamento del turn over del personale amministrativo, per cui il personale ispettivo non è sempre in pianta stabile. Quindi, anche il settore controlli presenta alcune criticità.
Vi sono poi criticità legate al fatto che il settore edilizio è un settore di transito, frammentato, con catene di subappalti, massimo ribasso e via dicendo. Però in Regione è stata di recente approvata la legge n. 11 che inverte la tendenza prevedendo maggiore trasparenza, legalità e la possibilità di premiare le imprese virtuose. È stato inoltre avviato un meccanismo al quale i sindacati guardano con particolare attenzione. Tra l’altro, per la prima volta, le organizzazioni sindacali sono presenti all’interno di una consulta che è stata voluta dal legislatore regionale e grazie alla quale è possibile contribuire dando indicazioni. In particolare, a livello nazionale sono state date indicazioni su quelli che abbiamo definito «indici di congruità»: alla realizzazione di un edificio o ad una certa lavorazione deve corrispondere una certa percentuale di manodopera; ove tale percentuale non venga rispettata scatta il meccanismo della non regolarità e quindi la possibilità di intervenire e di bloccare i lavori. Di certo vi è un elemento critico, rappresentato dalla crisi che sta incombendo nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia (che, come ho già detto, sono a mio avviso quelli che presentano maggiori criticità), la quale sta trasformando il mercato. La trasformazione del lavoro nero in lavoro grigio ha, tra le altre cose, determinato il sopraggiungere di fenomeni quali la partecipazione ai lavori nel settore delle costruzioni dei collaboratori familiari (un’anomalia assoluta), oltre al lavoro a chiamata.
Il mercato, dunque, si sta trasformando: dal lavoro nero si è passati al lavoro grigio. Ma oggi la contrazione e tutto ciò che deriva dal fatto che le amministrazioni non possono investire determinando una contrazione diretta (si pensi al Patto di stabilità e a tutte le sue conseguenze) sta innescando un meccanismo che determina un arretramento del mercato e la riapertura di sacche di lavoro nero su cui è difficile intervenire e che presentano problemi anche in termini di sicurezza.
Il nostro territorio vanta l’esperienza di enti bilaterali che operano dal 1947 per infondere la cultura della sicurezza. Sicuramente la legislazione nazionale (prima il decreto legislativo n. 626 del 1994, poi il decreto legislativo n. 494 del 1996 ed i successivi provvedimenti) ha indicato l’inizio di un percorso sul quale oggi stiamo ancora lavorando. Occorre però tenere anche conto del fatto che gli obiettivi di produzione rappresentano l’anello debole della catena, poiché dettano i tempi a discapito della sicurezza dei lavoratori che, talvolta, viene considerata un elemento di rallentamento dell’attività.

GOVONI
I colleghi che mi hanno preceduto hanno esposto questioni su cui certamente concordo. Vorrei sottolineare però alcuni punti per fare chiarezza e perché la Commissione ne prenda nota poiché li riteniamo abbastanza importanti.
Ovviamente, l’alta concentrazione di infortuni in poco tempo è un segnale d’allarme che sicuramente va colto. È difficile dire se è un segnale che si strutturerà nel tempo – speriamo di no – o se invece è causato da una concentrazione abbastanza casuale di infortuni gravi. In ogni caso, la crisi economica che restringe la liquidità delle aziende, la possibilità di spendere e di investire, è certamente un fenomeno, che speriamo di superare presto, ma che crea problemi anche in ordine ai temi della sicurezza.
Un accenno particolare merita il sistema dei subappalti, un sistema che abbatte i costi, ma anche le tutele. Alla luce poi della possibilità di frazionare ulteriormente gli appalti in tanti subappalti, appare evidente che il rischio di poter avere aziende di un certo tipo, non serissime e non sensibilissime a certi temi, aumenta. Questo quindi è uno dei problemi che sicuramente andrebbero affrontati. Peraltro la precarizzazione del rapporto di lavoro fa sì che molti lavoratori per poter stabilizzare il proprio rapporto di lavoro si spendano oltre il limite, oltre quello che si potrebbe, dunque anche oltre i limiti di sicurezza, esponendo sé stessi al rischio di infortuni.
Il nostro inoltre – altro punto importante – è un territorio che fa un abbondante uso di manodopera straniera, con conseguenti problemi a livello linguistico (difficoltà nella comprensione delle normative vigenti e nell’utilizzo dell’attrezzatura che bisognerebbe adoperare per lavorare in sicurezza) e a livello culturale, che possono portare ad una scarsa predisposizione ai metodi di lavoro utilizzati o ad imperizia. Tali lacune, che certamente portano ad un aumento degli infortuni, al momento non vengono colmate da interventi formativi; la formazione quindi dovrebbe essere fatta in modo migliore e più intenso.
Negli ultimi tempi, più che in passato, ci siamo imbattuti in aziende poco serie, che agiscono al limite della legalità. Alcune, ad esempio, assumono la forma cooperativa, ma solo perché agevolate dalle leggi vigenti mentre, in realtà, si tratta di sfruttatori di manodopera. Ci sono poi aziende che agiscono in regime di subappalto, che in sostanza sono semplicemente fornitori di manodopera a costi più bassi. Anche queste credo che non siano aziende da elogiare, ne´ producono miglioramenti in ordine alla prevenzione degli infortuni. Quanto ai controlli effettuati presso le imprese, probabilmente sono insufficienti, scarsi, sicuramente andrebbero fatti oltre che con intento sanzionatorio, anche come azione preventiva. Si potrebbe procedere ad un primo controllo delle imprese e, laddove fossero riscontrate delle irregolarità, lasciare un tempo congruo per procedere all’adeguamento alle norme di sicurezza, riservandosi di sanzionarle in un secondo passaggio, qualora non abbiano adempiuto agli obblighi di legge.
Il controllo quindi, a nostro parere, dovrebbe essere costruttivo e non solo punitivo.
Infine, aggiungo un dettaglio che probabilmente esula dalle competenze della Commissione. Ricordo che vi è una normativa sui lavori usuranti ancora largamente incompleta, per cui con molta probabilità nei settori in cui viene svolta attività usurante potrebbero essere ancora in servizio persone che invece avrebbero già dovuto ritirarsi dal lavoro. Disciplinare completamente tali fattispecie, dopo dieci anni di attesa, potrebbe certamente contribuire al miglioramento della situazione.
Questi mi sembrano i punti più importanti su cui si può intervenire per migliorare la situazione.

PRESIDENTE
Vi ringrazio per il contributo.


Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane



Intervengono: il presidente di UNINDUSTRIA, dottor Maurizio Marchesini; il presidente dell’ANCE, ingegner Luigi Amedeo Melegari, ed il direttore, dottor Carmine Preziosi; il responsabile divisione associativa di Confartigianato, dottor Emanuele Monaci; il direttore di CNA, dottor Massimo Ferrante; il responsabile area servizi di Lega Coop, dottor Tiziano Tassoni, e il responsabile legislazione lavoro, dottor Marco Palma; il vice presidente Confcooperative Bologna, dottor Daniele Passini; il vice presidente AGCI, signor Piervittorio Morsiani; il consigliere Hera spa e presidente Herambiente spa, ingegner Filippo Brandolini, accompagnato dal dirigente gruppo Hera e dirigente operativo impianto, dottor Paolo Cecchin.

PRESIDENTE
Buonasera e grazie per essere intervenuti. Come Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni e delle morti sul lavoro abbiamo ritenuto opportuno essere presenti qui a Bologna non solo per un monitoraggio che periodicamente facciamo in tutta Italia, ma anche perché un fenomeno particolare ha richiamato la nostra attenzione: troppi morti sul lavoro in poco tempo. Abbiamo voluto incontrare, quindi, un po’ tutte le realtà istituzionali: le forze sociali, le forze imprenditoriali, i sindacati, i sindaci, gli amministratori, i responsabili regionali, le strutture che comunque operano in questo mondo in termini di prevenzione. In questo quadro abbiamo invitato le rappresentanze delle varie categorie datoriali e imprenditoriali per avere una vostra valutazione sul fenomeno. In poco più di un mese ci sono stati sei morti, cui, purtroppo, se ne è aggiunto un altro, il 27 gennaio scorso. Il nostro è soprattutto un approccio per comprendere questo dato purtroppo negativo, per capire a cosa può essere legato, anche in riferimento alle vostre competenze e alle vostre specifiche qualità, in modo da poter assumere, se ce ne sono gli elementi, eventuali iniziative di contrasto.

MARCHESINI
Signor Presidente, onorevoli senatori, cercherò di essere molto breve sapendo che i tempi sono limitati.
Innanzitutto vorrei dirvi, in premessa, che la sicurezza dei lavoratori è un tema di cui parliamo con consapevolezza perché da anni la nostra associazione, come tutto il sistema di Confindustria (Unindustria è l’associazione confindustriale locale), è fortemente sensibile e impegnata su questo fronte. Basti citare la costituzione del comitato tecnico per la sicurezza che vale come riconoscimento del forte interesse che rivolgiamo al tema. In primo luogo, abbiamo attivato gli enti di formazione che fanno riferimento alla nostra associazione, che svolgono moltissimi corsi in materia di sicurezza, in accordo con le organizzazioni sindacali. Abbiamo attivato, inoltre, un Osservatorio di prevenzione sugli ambienti di lavoro che serve ad interpretare meglio la legislazione in materia di sicurezza. Siamo infatti fermamente convinti che la formazione in tema di sicurezza sul lavoro sia essenziale, sia un punto focale su cui insistere e spendere risorse; siamo fermamente convinti che se la sicurezza non diventa un valore per tutti i lavoratori non ci saranno mai condizioni di sicurezza sufficienti negli ambienti di lavoro.
Desidero fornirvi un dato: ci risulta che a Bologna – nel settore industria e servizi ovviamente – gli infortuni nel 2009 siano diminuiti rispetto al 2008 del 14 per cento. È un dato che ovviamente rispecchia una minore produzione, ma anche una maggiore attenzione. Un altro dato: ci risulta che oltre il 92 per cento delle imprese assicurate all’INAIL nell’ultimo anno non abbia denunciato infortuni di sorta.
Ciò nonostante, ci rendiamo ben conto che ci sono stati degli infortuni molto gravi, mortali, anche se in questo i nostri dati sono in calo, restando comunque tragici. A noi risulta che dal 2008 al 2009 gli infortuni sui luoghi di lavoro siano calati da 18 a 15. Numeri comunque troppo elevati.

PRESIDENTE
Le chiedo scusa, ma noi abbiamo dati differenti.

MARCHESINI
Noi parliamo di infortuni verificatisi sui luoghi di lavoro; non vorrei che da questo dato fossero esclusi quelli in itinere.

PRESIDENTE
Noi abbiamo 16 e 17 casi, dati vicini ai suoi, però poi c’è il dato del 2010 che è di 26 morti.

MARCHESINI
Io sto parlando del 2008 rispetto al 2009.

PRESIDENTE
Solo di quello?

MARCHESINI
Sì, solo di quello, non ho dati aggiornati al 2010.
In conclusione, siamo convinti che la crisi non debba fare abbassare la guardia sul tema della sicurezza. Crediamo anche che difficilmente si possa stabilire una correlazione diretta tra gli infortuni sul lavoro e una certa flessibilità regolata del mercato del lavoro. Crediamo invece che questa correlazione ci possa ragionevolmente essere, anzi, siamo convinti che esista, quando si parla di ipotesi di lavoro irregolare, di lavoro nero o comunque sommerso, non regolamentato.
Ribadisco, infine, il concetto che la formazione è assolutamente essenziale per cercare di superare questo tipo di problematiche.

MELEGARI
Signor Presidente, onorevoli senatori, anch’io vi ringrazio per l’attenzione che prestate allo svolgimento di questo mandato, per cercare di cogliere gli aspetti relativi alla sicurezza e valutare se si possano attivare ulteriori misure.
Noi ci occupiamo di edilizia, quindi sappiamo che buona parte di questi incidenti fa capo al nostro settore. Ogni incidente che accade in un cantiere in qualche maniera costituisce, relativamente al processo edilizio, un indizio di qualcosa che può essere migliorato. Peraltro, la giurisprudenza già dal 1996 prevede un coinvolgimento della committenza con l’impresa, in modo tale che ci sia una forte attenzione, anche da parte di chi commissiona i lavori, alla qualità dell’impresa e al modo dell’impresa di affrontare i problemi relativi alla sicurezza. Proprio su questo l’ANCE, in occasione dell’audizione svoltasi in Senato il 10 novembre 2010, ha relazionato relativamente a tutte le attività che le aziende che ne fanno parte svolgono in materia di sicurezza e in termini di education, di formazione, come prima il presidente Marchesini ricordava. Pensiamo che talvolta la committenza non abbia il senso di responsabilità che la giurisprudenza in materia di sicurezza le pone in capo; quindi una maggiore attenzione e sensibilizzazione potrebbe essere anche un modo di far capire come nel processo edilizio la scelta dell’impresa e della qualità che essa esprime, sia un elemento importante di cernita.
Per quanto riguarda in particolare il territorio bolognese, devo testimoniare che l’attività di vigilanza sulla sicurezza dei cantieri svolta dalla ASL di Bologna e anche dalla Direzione provinciale del lavoro è costante.
Nel 2010 sono stati visitati 300 cantieri – circa il 10 per cento sul totale dei cantieri sul nostro territorio – e quindi ci pare che ci sia un presidio effettivo. Ci sono inoltre attività che vengono svolte dall’IIPLE, la scuola edile, così come attività in tema di formazione che vengono svolte insieme al comitato paritetico territoriale operativo: ad esempio, la formazione obbligatoria per tutti i lavoratori che entrano nei cantieri. Esiste una formazione continua, esiste un’operatività interna alle aziende; c’è addirittura una trasmissione televisiva che si chiama «Edilizia sicura», che si pone come obiettivo quello di segnalare i comportamenti che possono generare infortuni o momenti di difficoltà o di pericolo.

COLLI (PdL)
Chi trasmette questo programma?

MELEGARI
Rete 7, un’emittente locale.
Ci sono sicuramente aspetti singolari che attengono al nostro lavoro: per esempio, il fatto che un cantiere non è mai ripetitivo, uguale ad un altro. Quindi noi dovremo sicuramente migliorare nel rapporto con i nostri dipendenti perché ci sia maggiore sensibilità ai problemi. Il fatto che non si tratti di attività ripetitive, ma che di volta in volta vi possano essere tipologie di approccio diverso alla lavorazione rende singolare e complesso il problema della sicurezza.
In conclusione, come associazione teniamo alta l’attenzione e cerchiamo di sensibilizzare al massimo i nostri associati su questo importante tema della sicurezza sul lavoro.

NEROZZI (PD)
Vorrei fare una domanda a lei e ai rappresentanti delle associazioni artigiane e della cooperazione. Negli ultimi due mesi l’incremento delle morti è stato molto alto e i settori interessati sono stati sostanzialmente due: quello dell’edilizia, che purtroppo è per così dire tradizionale, e quello dei servizi che invece rappresenta una novità in queste dimensioni. Quanto possono incidere su questo – è una discussione che abbiamo sviluppato anche con l’ANCE a livello nazionale – gli appalti con il criterio del massimo ribasso? Infatti anche nel caso delle vittime di cui leggiamo, siamo al terzo, quarto, quinto subappalto. Si tratta di un problema che ci poniamo per valutare eventuali modifiche della legge.
Ma cosa fate voi per cercare di controllare gli appalti successivi? Ormai gli incidenti nelle imprese ANCE e anche nelle imprese artigiane, nel senso di associati alle grandi confederazioni, sono pochi, ma quando si scende nella catena vediamo che le cose cambiano, e ciò dipende da appalti e subappalti. Come si fa a tenere questo fenomeno sotto controllo? Il nodo da sciogliere secondo me è proprio questo.

MELEGARI
I criteri di aggiudicazione possono generare forme di degenerazione successiva nella gestione del cantiere. Soprattutto in un momento di crisi come quello attuale, è primaria per tutte le aziende l’acquisizione di lavori. È chiaro che il criterio dell’aggiudicazione del massimo ribasso porta ad una forte...

PRESIDENTE
Si parte già male, in sostanza.

MELEGARI
Infatti. Si determinano situazioni abbastanza complesse. In generale, oggi le aziende che si occupano di edilizia agiscono per lo più come general contractor; l’utilizzo del subappalto è diventato una prassi, una regola per essere competitivi sul mercato. L’ANCE si è impegnata ad una maggiore selezione delle aziende subappaltatrici, facendo in modo che queste ultime debbano praticamente diventare anch’esse aziende certificate, con un approccio più responsabile nei confronti della sicurezza. La filiera deve allargarsi sempre più in termini di sicurezza e di qualità: questo potrebbe essere un ingrediente da inserire per il futuro.

MONACI
Signor Presidente, vorrei iniziare il mio intervento partendo subito dal tema del criterio del massimo ribasso nell’aggiudicazione degli appalti. Secondo Confartigianato, tale sistema rappresenta uno dei veri problemi che incidono sulla sicurezza del lavoro nel settore dell’edilizia.
La catena successiva di subappalti tende a strozzare sempre più le imprese piccole, ossia quelle che effettivamente lavorano in cantiere. Da un lato, il sistema di aggiudicazione del massimo ribasso tende a creare distorsioni nel mercato, con appalti aggiudicati a prezzi improponibili; dall’altro, i successivi subappalti portano ad incrementare un substrato di imprese non regolari. Tale substrato esisterebbe comunque, perché è connaturato al sistema, ma sarebbe molto ridotto se il meccanismo dei subappalti non intervenisse ad accrescerlo, complici la crisi economica, la mancanza di appalti e – mi spiace dirlo – alcuni provvedimenti che non aiutano la liquidità delle imprese nel settore edile (ad esempio, la ritenuta del 10 per cento sulle ristrutturazioni). Un simile sistema determina una riduzione dell’attenzione verso il tema degli oneri sulla sicurezza e un aumento dei rischi di infortuni sul lavoro. Si tratta di un fenomeno distorsivo legato prettamente al settore dell’edilizia.
La Confartigianato è in prima linea nella lotta sulla sicurezza sul lavoro: organizziamo una serie di corsi di formazione per i nostri datori di lavoro, che non avviene soltanto nelle aule, ma anche all’interno dell’azienda; forniamo assistenza per la verifica della conformità dei macchinari, per la redazione dei documenti di valutazione dei rischi e su tutto ciò che riguarda lo stress lavoro correlato. L’analisi dei dati rilevati dalle imprese associate a Confartigianato non ha evidenziato un aumento del numero degli infortuni nel 2010 rispetto al 2009. Come dato generale, ritengo si possa affermare che l’Emilia Romagna, e Bologna in particolare, sia sempre stata non dico un’isola felice, ma sicuramente un’area caratterizzata da dati contenuti sotto il profilo degli infortuni. Non vorrei che il recente aumento degli infortuni finisse per incidere negativamente su una realtà che, secondo me, è ancora contrassegnata da un livello qualitativo, anche in termini di garanzie di sicurezza del lavoro, abbastanza buono.

FERRANTE
Signor Presidente, desidero anzitutto associarmi al ringraziamento già espresso dai miei colleghi nei confronti della Commissione per averci invitato ad esprimere le nostre valutazioni e i nostri suggerimenti su un tema così rilevante e sentito. Artigianato e piccole imprese vedono la contiguità del datore di lavoro e dei dipendenti nell’ambito del luogo di lavoro; di conseguenza, è assolutamente normale che i problemi della sicurezza che riguardano i dipendenti coinvolgano allo stesso tempo anche il datore di lavoro che sta accanto a loro. Le situazioni di rischio mettono pertanto a repentaglio entrambi. In ogni caso, c’è una maggiore sensibilità da parte del piccolo imprenditore, che è solitamente maggiormente propenso ad investire nell’ambito della sicurezza.
In previsione dell’incontro odierno, ho chiesto agli uffici della CNA di preparare dei dati che riguardano le nostre imprese. In Provincia di Bologna associamo circa 16.000 soggetti, tra artigiani e piccole imprese. Nel 2010 sono state 4.466 le imprese associate che hanno registrato un qualunque tipo di infortunio, inclusi quelli più banali. Ad ogni modo, nessuna delle nostre imprese ha conosciuto infortuni così gravi come quelli finora menzionati. Se guardiamo all’incidenza del numero degli infortuni (1.028 infortuni a qualunque titolo) rispetto al numero dei dipendenti coinvolti dalle 4.466 imprese (oltre 30.000 dipendenti), essa è del 3,4 per cento. Questo dato è inferiore a quello del 2009, visto che allora gli infortuni erano stati 1.050, e di gran lunga inferiore a quello del 2008, quando se ne erano verificati 1.350. Da questo punto di vista, pertanto, nelle nostre imprese il trend è in calo, sia per quanto riguarda il numero assoluto che per l’incidenza percentuale sul totale dei dipendenti coinvolti.
Quanto all’incidenza settoriale, il dato medio non mostra scostamenti, se non come conferma del trend generale che ho citato prima, per tutti quanti i settori, anche in quelli reputati più a rischio. Di conseguenza, nel settore dell’autotrasporto, nelle costruzioni e nei vari settori dei servizi (che in precedenza avete menzionato come un settore nuovo di allarme), i dati sono decrescenti dal punto di vista degli infortuni registrati.
Un aspetto che non è stato ancora messo in luce dai colleghi delle altre associazioni, e che mi permetto di rivolgere alla vostra attenzione perché può offrire elementi di spiegazione, seppur parziale e limitata, è il fatto che l’incidenza degli infortuni sul personale straniero è molto più elevata. Se l’incidenza degli infortuni sul personale di lingua italiana è del 3,1 per cento, essa sale al 4,5 per cento se si fa riferimento al personale di lingua straniera. In numeri assoluti, 750 sono gli infortuni subiti da lavoratori di nazionalità italiana, mentre 278 sono gli incidenti che hanno colpito gli stranieri, ma – si tenga conto di ciò – su universi ben dissimili, perché quello di nazionalità italiana è molto più ampio. Ciò significa che esiste un problema di condizioni di sicurezza sul luogo del lavoro, ma anche un problema molto più banale di comunicazione e di integrazione di base del dipendente straniero all’interno della comunità e del contesto lavorativo. Credo che quello appena descritto costituisca un ambito di lavoro su cui si potrebbero focalizzare delle attenzioni specifiche.
La CNA si unisce a quanto hanno già ricordato i colleghi delle altre associazioni: la formazione è un passaggio fondamentale. Il nostro ente di formazione, nell’arco degli ultimi tre anni, ha formato, per le diverse tipologie di corsi, tra imprenditori e dipendenti 2.200 persone. All’interno della nostra associazione è previsto un servizio specialistico di supporto alle imprese per quanto riguarda procedure, adempimenti e consulenza sulla questione della sicurezza sul lavoro. Inoltre, consigliamo sempre alle nostre imprese l’adozione di documenti formali di analisi dei rischi anche quando questi non sono esplicitamente previsti per legge, come forma di cautela sia nei confronti dell’imprenditore sia come misura aggiuntiva nei confronti dei dipendenti. Infine, con l’INAIL abbiamo accordi sia di carattere nazionale sia in diversi altri contesti italiani. A Bologna ne abbiamo firmato uno recentemente che concerne il settore dell’autotrasporto, con una serie di misure che riguardano il miglioramento delle condizioni di guida in uno dei settori che sappiamo essere particolarmente a rischio.

TASSONI
Signor Presidente, ringrazio la Commissione perché su un tema così rilevante come quello della sicurezza ogni occasione ed ogni consesso sono utili a ribadire i temi di fondo e ad individuare, partendo dai recenti dati della situazione di Bologna, gli aspetti su cui incentrare ulteriori iniziative.
Come è già stato sottolineato, non si può non insistere sul tema della formazione, facendo in modo che ogni realtà ottimizzi i propri enti di formazione ed adottando i migliori strumenti: su tali aspetti ritengo vi sia il massimo accordo. Non vi è dubbio che l’aggiudicazione degli appalti con il criterio del massimo ribasso non aiuta, nel senso che non è il modo migliore per affrontare il tema della sicurezza. Peraltro, in alcune forme di appalti, quello per la sicurezza viene considerato come un costo particolare, a parte. Si può chiedere alle imprese tutta la documentazione possibile per verificare gli elementi di sicurezza, ma è evidente che con il criterio del massimo ribasso tale percorso si comprime verso il basso.
Quanto alla realtà specifica di Bologna, personalmente non credo che si riesca ad identificare un elemento unico che possa evitare il ripetersi di ciò che è accaduto nelle settimane scorse nella nostra area. Si potrebbe banalmente dire che si è verificato un andamento stagionale particolare.
Se ricordo bene, gli ultimi incidenti gravi sono tutti accaduti all’aperto, anche se in contesti diversi (edilizia e servizi). Da questo punto di vista, si può senz’altro intervenire ed agire per porre dei rimedi, visto che i lavori all’aperto devono avere concetti di sicurezza e misure di prevenzione particolari, ma credo che ciò non sia sufficiente per agire su quella causa.
Oltre a quanto hanno messo in evidenza i colleghi, ritengo che vadano sottolineati alcuni elementi. Innanzitutto, l’aspetto della sicurezza non ha una base territoriale: il tema non riguarda soltanto Bologna, perché qui lavorano imprese bolognesi ma non solo, come del resto accade dappertutto. In secondo luogo, oltre che di normative specifiche, si dovrebbe parlare anche di altre questioni: ad esempio, siamo in una fase di rinnovo di alcuni contratti, in particolare nel mondo dei servizi, e le nostre associazioni hanno fatto un avviso comune sul tema della sicurezza, della difficoltà del dumping contrattuale per il rinnovo del contratto merci e logistica. Simili passaggi non sono specifici, ma ci possono aiutare. Se creiamo una condizione nella quale l’ambiente di lavoro può essere governato anche attraverso forme contrattuali che danno certezza ai lavoratori, come effetto collaterale avremo certamente migliori condizioni anche dal punto di vista della sicurezza. Se questo invece non accade, se sosteniamo indirettamente il fenomeno delle cooperative spurie, ad esempio (cito un elemento che riguarda da vicino il mondo della cooperazione), indirettamente, al di là dei problemi del mercato di cui non ci occupiamo questa sera, favoriamo una condizione in cui il livello di sicurezza si abbassa. Dunque, ci sono altri passaggi ai quali bisogna prestare assolutamente attenzione.
È chiaro poi che i progetti sulla sicurezza sono un valore per tutti i lavoratori. Il tema della formazione deve avere come elemento centrale l’acquisizione di un principio da parte di tutti, da parte del datore di lavoro e anche del committente per le responsabilità che – a mio avviso – giustamente ha, tenendo presente che nel mondo della cooperazione c’è un po’ di tutto: ci sono esecutori di servizi e committenti, come accade peraltro in molte associazioni che mi hanno preceduto.
Il valore della sicurezza, che va acquisito come valore assolutamente trasversale, per noi – se mi permettete – vale un po’ di più perché se capita un incidente potrebbe coinvolgere non solo il lavoratore, che ha assolutamente pari dignità, ma anche un socio per cui l’amarezza è ancora maggiore per via di questo doppio rapporto che cerchiamo di valorizzare.
L’altro elemento che vale la pena di mettere in evidenza è che le collaborazioni instaurate con molti enti (il collega poc’anzi ha citato gli accordi con l’INAIL, ma possono essere stipulate altre convenzioni sul tema della sicurezza per favorire e diffondere ancor di più l’elemento della formazione) possono essere affiancate da iniziative specifiche che ogni associazione può intraprendere con mondi, per così dire, collaterali. Mi riallaccio a quanto affermato dal rappresentante di Confartigianato per ricordare che nel settore del trasporto, dei servizi stiamo lavorando su un progetto che riguarda il tema della vista e dell’alimentazione, di per sé un elemento non squisitamente centrale rispetto alla questione della sicurezza, tuttavia, dove sono state attuate iniziative di questo genere, è stata registrata una diminuzione degli incidenti pari al 18 per cento. È un dato importante su cui bisogna lavorare e su tali elementi crediamo di poter caratterizzare il rapporto particolare con il lavoratore e con il socio, tipico del mondo della cooperazione.
Vi ringrazio per l’opportunità offertami aggiungendo, in conclusione, che per parlare e per fare il punto sul tema della sicurezza ogni occasione è buona. Quindi, è stata particolarmente gradita l’audizione odierna nel corso della quale abbiamo potuto esprimere questi concetti.

NEROZZI (PD)
L’egiziano che è morto all’interporto per quale associazione o cooperativa lavorava? E quest’ultima era regolare?

PASSINI
Aveva un contratto a tempo indeterminato.
Innanzitutto anch’io vorrei ringraziare voi tutti per l’occasione che ci viene offerta e per darci l’opportunità di fare il punto della situazione su un tema così importante e delicato qual è la sicurezza nei cantieri, ma non solo, che ormai – come anticipato dal collega Tassoni – è una questione ridondante sul nostro territorio. Sempre di più si va nella direzione degli appalti col criterio del massimo ribasso. Presenta criticità anche la situazione degli extracomunitari ai quali cerchiamo, in qualche modo, di dare risposta. Certamente però quando si assume un extracomunitario occorre essere consapevoli che la loro mentalità di sicurezza sui luoghi di lavoro non è ben definita. Pertanto, la loro soglia di attenzione nei rapporti di lavoro che interessano extracomunitari è senz’altro minore. Ritengo poi che anche il problema della lingua sia fondamentale. Capita spesso, infatti, che queste persone non comprendono esattamente gli avvisi e la normativa che invece deve essere rispettata per garantire la sicurezza.
Ma c’è un’altra questione che ritengo fondamentale ed è quella relativa alle cooperative spurie. Lei, Presidente, poc’anzi ha ricordato che oggi sempre più nella logistica si verificano incidenti, anche mortali. Ebbene, noi riteniamo che molto spesso ciò sia da attribuire al sistema delle cooperative spurie, strutture costituite per una temporalità di un anno e mezzo che poi chiudono e si trasferiscono. Contesti di questo tipo rendono difficile qualsiasi tipo di controllo e di intervento. Risulta difficile anche rilevare il profilo di sicurezza presente all’interno di queste aziende. Noi combattiamo contro il fenomeno delle cooperative spurie. Insieme all’AGCI e alla Legacoop stiamo conducendo una lotta davvero dura, anche perché i contratti di lavoro che applicano sono stipulati con delle associazioni sindacali che dichiarano di essere iscritte al CNEL ma di cui poi non si ha traccia. Peraltro, non riusciamo ad effettuare alcun controllo rispetto a questo tipologia di cooperative perché non sappiamo neanche chi siano. In genere, sono cooperative di extracomunitari, o di cinesi. Per esempio, nel territorio in cui si sviluppa il settore della ceramica ve ne sono in abbondanza e sicuramente in quelle cooperative le norme a garanzia della sicurezza non vengono applicate come si dovrebbe.
Per fronteggiare la situazione abbiamo lavorato sugli Osservatori ubicati presso le prefetture, cercando poi di sensibilizzare le istituzioni. Stiamo conducendo una dura lotta per provare ad arrivare a degli obiettivi comuni; l’avviso comune che è stato citato ne è un esempio, ma purtroppo non è sufficiente perché non stiamo conseguendo i risultati che vorremmo. Questa quindi è una situazione che va assolutamente modificata.
Come associazione abbiamo avviato un’iniziativa a mio parere interessante e cioè in tutti i corsi che teniamo per la riconversione dei lavoratori delle nostre cooperative è previsto un modulo dedicato, in modo specifico, al tema della sicurezza, a cui viene dedicato un certo numero di ore. È obbligatorio e non può essere eluso.
Infine, vorrei sottolineare il fatto che a nostro parere l’attuale situazione si è creata anche in conseguenza della crisi economica che ha comportato un notevole abbassamento del costo del lavoro. Oggi in una gara di appalto col criterio del massimo ribasso l’appalto si vince a 12-12,50 euro l’ora. Ciò non è accettabile, ne´ possibile perché è evidente che le norme sulla sicurezza in questi casi non vengono applicate come si dovrebbe.

MORSIANI
Innanzitutto, ringrazio per l’opportunità offertaci di partecipare a questo incontro. Riprenderò alcuni temi che sono stati già illustrati nel corso dell’esposizione sia dei rappresentanti delle piccole imprese che dei rappresentanti delle cooperative, in particolare.
Credo che rispetto al tema della sicurezza occorra un cambiamento di mentalità e per far ciò occorre investire fortemente in formazione. Ritengo che al riguardo l’INAIL possa giocare un ruolo fondamentale, anche se mi pare che finora non si sia sforzata molto; può fare sicuramente di più: si potrebbe pensare a dei bonus o ad altre soluzioni utili ad indirizzare verso la sicurezza anche coloro che sono restii. Naturalmente, non mi riferisco alle nostre imprese, che – come ricordava giustamente il dottor Passini – sono continuamente bersagliate da informazioni al riguardo.
Il tema della sicurezza è strettamente legato a quello della legalità. Gli appalti col criterio del massimo ribasso giocano un ruolo fondamentale. Ma chi assegna gli appalti con questo sistema? Li assegnano i Comuni, signori senatori, gli enti pubblici e credo che ciò – come ho già denunciato in seno all’Osservatorio – sia piuttosto grave. Li attribuiscono quei soggetti che per primi dovrebbero sapere (e se non lo sanno possiamo sempre informarli noi) che a 12,5 euro l’ora non si può garantire sicurezza e forse neanche legalità. Questo è un dato, di cui ho parlato tante volte in seno all’Osservatorio suscitando reazioni diverse, però è così. Si tratta di un problema veramente serio anche perché le cooperative spurie si lanciano, in particolare, su queste occasioni e per quanto gli enti preposti possano effettuare dei controlli, per quanto noi possiamo attivarci all’interno degli osservatori per promuovere questa o quell’iniziativa, voi sapete che il sistema è basato, inevitabilmente, sull’osservanza spontanea della legalità.
Quindi nel ringraziarvi nuovamente per averci interpellato, sottolineo l’aspetto della legalità, perché spesso parliamo di sicurezza, di differenziazione dagli stranieri, che hanno una sensibilità diversa davanti al rischio dovuta anche ad un fatto culturale, però dietro gli appalti al massimo ribasso c’è un problema serio di legalità che sta creando serie conseguenze anche in una Regione come la nostra, che è sempre stata un’isola felice.

PRESIDENTE
Leggendo i vari documenti ho appreso che uno dei decessi si è verificato ad Imola e che l’operaio lavorava per un’azienda subappaltatrice della cooperativa CESI.
È una delle cooperative cosiddette spurie, oppure no?

TASSONI
Si tratta di una cooperativa assolutamente non spuria. Nella maniera più assoluta. Peraltro – per fortuna – non c’è un collegamento tra morti e cooperative spurie. La lotta alle cooperative spurie è irrinunciabile perché sono realtà che innalzano troppo il livello di rischio. Nel caso da lei menzionato si tratta di una cooperativa assolutamente non spuria che ha fatto dell’elemento della sicurezza un elemento centrale della propria attività. Non sono io che devo certificarla, per carità.
Il problema delle imprese cooperative, peraltro molto spesso non legate alle centrali cooperative, perché l’accordo nazionale prevede...

PRESIDENTE
Il mio non era un intervento di tipo polemico. Ho il massimo rispetto per tutti voi e per ciò che rappresentate.
Non vorrei anzi che si facesse un ragionamento riduttivo, per cui in presenza di un morto si pensa subito alla cooperativa spuria. Volevo solo eliminare questo sillogismo.

TASSONI
Guai a fare questo tipo di collegamento, non sarebbe corretto, lungi da me! Però in una realtà come Bologna (mi riferisco solo alla nostra realtà e parlo del sistema dei servizi) c’erano 160 cooperative che avevano il codice del facchinaggio, legate alle associazioni di categoria, che sono mi pare sufficientemente rappresentative. Due anni fa erano meno di 100, negli ultimi tempi queste cooperative salgono a 210. La rappresentanza delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative è ancora a quel livello, quindi questo aumento non è legato a cooperative connesse alle associazioni, ma è stato di altra natura. Peraltro nell’accordo, che prevede una rinnovata azione delle DPL e quindi dell’Osservatorio sulla cooperazione, un controllo è espressamente previsto. Si riconosce, infatti, che le centrali cooperative che svolgono per mandato del Ministero una parte del controllo o che hanno un normale rapporto di controllo con i propri associati garantiscono che le cooperative legate alle associazioni – non alla mia, alle nostre associazioni – hanno un livello di rischiosità, sotto tutti i punti di vista, assolutamente inferiore alle altre.
Tant’è vero che nel protocollo d’intesa, per rinforzare il lavoro delle DPL, si prevede che dovranno essere controllate innanzitutto le cooperative spurie. Questo per una ragione molto semplice: perché lì c’è un livello di rischio maggiore e perché, diversamente, sarebbe spiacevole andare a suonare in una cooperativa dove è certo che c’è qualcuno che apre. I livelli di rischio molto spesso si annidano in situazioni che non hanno alcun rapporto con le associazioni, perché se pure l’associazione non dà il bollino blu e cerca solo di fare il suo lavoro, è però una realtà che svolge una forma di controllo. Le cooperative spurie si tengono assolutamente lontano dalle associazioni perché hanno un livello di controllo inferiore.

PRESIDENTE
Grazie per il contributo.

PASSINI
Vorrei raggiungere che le cooperative spurie sono un soggetto a revisione biennale, almeno quelle sotto una certa soglia di fatturato.
Queste cooperative si tengono lontano dalle associazioni perché le associazioni i controlli li fanno, mentre per quelle che sono sotto l’egida del Ministero del lavoro i controlli non vengono fatti o quanto meno vengono spostati in avanti nel tempo. Ecco perché una cooperativa spuria di solito fa un contratto di un anno, o un anno e mezzo, poi chiude e va da un’altra parte.

PRESIDENTE
Nel mio discorso c’è il massimo rispetto soprattutto per la storia che hanno rappresentato le vostre strutture; c’era tuttavia il rischio che passasse questo sillogismo; per cui a volte anche le cooperative importanti, che hanno una storia, debbono fare attenzione nel momento in cui subappaltano. Questo è un discorso che vale per l’impresa, per i privati per tutti; il mio richiamo era solo di questo tipo, per un’attenzione in questo senso.
Ingegner Brandolini, noi l’abbiamo invitata perché purtroppo lei è stato nel luogo in cui si è verificato un infortunio mortale. Non potendo ricondurci ad un soggetto che vi rappresenta, la Commissione ha ritenuto opportuno invitare lei nella funzione di presidente di Hera Ambiente e di consigliere di Hera SpA. Se potrà darci degli elementi nuovi gliene saremo grati, anche perché siamo davanti ad un fenomeno nuovo, questo caso per noi ha suscitato un’attenzione particolare, per il luogo e per la tipologia di lavoro; lo sottolineo, onde evitare equivoci.

BRANDOLINI
Ringrazio il Presidente e tutta la Commissione dell’invito.
Abbiamo preparato della documentazione nella quale abbiamo inserito una sorta di relazione relativa all’incidente citato dal Presidente, avvenuto il 2 dicembre scorso presso l’impianto di termovalorizzazione di Bologna. Abbiamo poi alcuni elementi sull’impianto, su come si colloca dal punto di vista societario, e altre informazioni – ovviamente di sintesi – per quanto riguarda il sistema di gestione della qualità, della sicurezza e dell’ambiente all’interno del gruppo Hera Ambiente e della società FEA.
Abbiamo altresì allegato il volume «Il bilancio di sostenibilità del gruppo Hera per l’anno 2009» – il gruppo pubblica annualmente il proprio bilancio di sostenibilità, che da alcuni anni a questa parte viene approvato dal consiglio di amministrazione contestualmente al bilancio consuntivo dell’anno – e il codice etico, anche questo documento approvato a suo tempo dal consiglio di amministrazione ed elemento importante di gestione per la società, condiviso con la generalità dei lavoratori del gruppo.
Preciso che l’infortunio è avvenuto presso l’impianto di termovalorizzazione di Bologna che fa riferimento, come proprietà e gestione, ad una società controllata, la FEA. Al 51 per cento la società è di Hera Ambiente, al 49 per cento è del gruppo Falck Renewables. Si tratta di una joint venture che risale ad una decina di anni fa, quando l’allora municipalizzata SEABO scelse di gestire l’impianto ma soprattutto la prospettiva di fare un nuovo impianto che poi effettivamente fu realizzato nel 2004-2005 in partnership con un gruppo industriale che aveva una competenza specifica nel settore. FEA fa riferimento al gruppo Hera Ambiente, che fa a sua volta riferimento al gruppo Hera SpA.
Ricordo che Hera SpA è una società di servizi o multiutilities, come si suol definire, costituita nel 2002 dalla fusione, allora, di 13 aziende ex municipalizzate del territorio cui poi si sono aggregate ulteriori aziende.
Opera nelle Province della Regione che da Modena vanno a Rimini – parliamo di sei province – e oltre ai servizi di trattamento rifiuti opera nei servizi di distribuzione del gas, di raccolta rifiuti, nella vendita di energia elettrica e gas e nella gestione del servizio idrico integrato.
Il gruppo Hera si è dotato di una politica di qualità, sicurezza e ambiente sulla base della quale fa poi riferimento a sua volta alla politica di qualità, sicurezza e ambiente di Hera Ambiente. Quest’ultima, non l’ho specificato prima, è la società del gruppo che si occupa del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti sia con impianti posseduti e gestiti direttamente sia con impianti gestiti tramite società controllate, come è il caso appunto di FEA. Nelle politiche di QSA del gruppo Hera e quindi di Hera Ambiente vi sono obiettivi volti alla certificazione: la maggior parte degli impianti sono già certificati oltre che 9000 e 14001 anche EMAS, è in corso altresì la certificazione 18001, legata proprio al tema della sicurezza sul lavoro.
Nelle politiche del gruppo volte alla sicurezza, che sono centrali rispetto a quello che è anche...

NEROZZI (PD)
Mi scusi se la interrompo: poi leggeremo con attenzione tutta la documentazione. Sappiamo degli accordi, sappiamo che la formazione è stata fatta. Noi vorremmo capire di più cosa è successo – lo abbiamo chiesto ovviamente anche agli organismi competenti – e soprattutto se vi siete fatti un’idea del perché è accaduta questa disgrazia in un impianto tecnologicamente avanzato, posto che la cosa che colpisce è questa.

BRANDOLINI
La dinamica dell’incidente ovviamente è sotto attento esame in quanto alcuni aspetti sono davvero, passatemi il termine, sorprendenti.
Il lavoratore coinvolto nell’incidente era italiano, era dipendente dell’azienda da 19 anni e da 19 anni svolgeva quelle mansioni.
Era stato formato ripetutamente, con una formazione principalmente tecnica, per il lavoro che svolgeva. Anche nel momento in cui è stato realizzato il nuovo impianto è stata fatta formazione, assieme ai costruttori delle componenti impiantistiche. Peraltro il lavoratore, nel momento in cui è accaduto l’incidente, era in squadra con un altro lavoratore altrettanto esperto e altrettanto formato, con una permanenza in azienda di 13 anni, il quale ha svolto per 3-4 anni il ruolo di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Quindi, stiamo parlando di due lavoratori che assolutamente conoscevano il lavoro che facevano, anche perché si tratta di un lavoro ripetitivo, che viene svolto con periodicità, ed erano nelle condizioni per svolgerlo al meglio. Ebbene, rispetto alle istruzioni operative di sicurezza che sono fornite ai lavoratori e che esistono anche per quello specifico lavoro di manutenzione, non è stata svolta un’operazione elementare quale la messa in sicurezza dell’impianto prima di procedere alla sua manutenzione. Se si vuole scendere del dettaglio qui c’è l’ingegner Cecchin che è il direttore dell’impianto e può entrare nel merito.
In sostanza, questo è il classico incidente che lascia interdetto innanzitutto il datore di lavoro e l’organizzazione della sicurezza in azienda, perché stiamo parlando di lavoratori formati, che svolgevano mansioni ben note, dotate di istruzioni operative di sicurezza su impianti che sono anche oggetto di controlli da parte degli enti esterni. Non vuole dire nulla, ma proprio un mese prima c’era stato anche un controllo della locale ASL agli impianti; sono controlli che avvengono periodicamente.
L’idea che ci siamo fatti è che probabilmente dobbiamo lavorare ulteriormente nel senso di non dare nulla per scontato; bisogna trovare in qualche modo la maniera di prevenire anche l’errore umano, se di questo si tratta (non voglio anticipare conclusioni che ovviamente spettano ad altri).

PRESIDENTE
Io penso che non avendo elementi non possiamo fare altro che attendere le indagini della magistratura che stanno ovviamente andando avanti. Apprezziamo il suo impegno volto a capire meglio cos’è che non è andato come doveva. Comprendo che non potete arrivare alle conclusioni non avendo ancora tutti gli elementi, anche se credo che un’idea ve la sarete fatta. Sarebbe interessante averne qualche notizia, comunque comprendiamo benissimo. Parliamo di due lavoratori storicamente organici, uno dipendente da 19 anni e l’altro da 13, che parlavano la lingua italiana, quindi non può esserci stato un problema di incomprensione. Non stiamo parlando di precari, quindi non c’è l’elemento della novità e magari delle problematiche che sono emerse in altre circostanze. Non ricordo esattamente l’età di queste due persone però mi sembra fosse un’età matura.
Quindi, sicuramente ci sarà stato qualche problema anche tecnico e non solamente umano. Questo è l’aspetto sul quale avrei gradito qualche risposta da parte vostra. Sarebbe interessante sapere che cosa ha detto il compagno di lavoro della vittima.

CECCHIN
Lavoro all’impianto del Frullo, di cui sono anche il direttore operativo, dal 2001. Non avete idea di quanto sia personalmente coinvolto nell’accaduto: ho continuato a chiedermi come sia potuto avvenire un simile incidente. Me lo domando continuamente perché sono fermamente convinto che la struttura operativa dell’impianto sia costituita da persone preparate, da persone competenti, come era competente...

PRESIDENTE
Chiedo scusa, le faccio qualche domanda, forse è meglio. Lei ritiene che l’impianto sia in ottimo stato di manutenzione?

CECCHIN
Io sono più che convinto che sia in ottimo stato di manutenzione. Si tratta di un impianto nuovo, avviato nel 2004-2005, che risponde ai requisiti della «direttiva macchine». Non dimentichiamo che l’infortunio è avvenuto durante un’attività di manutenzione all’interno di un’apparecchiatura. Per quel tipo di attività manutentiva, visto che era un’attività manutentiva ricorrente, era stata fatta quella che noi chiamiamo in gergo un’istruzione operativa di sicurezza (IOS), una scheda di una pagina che sintetizza quali sono i sistemi di protezione individuale che devono essere adottati durante quel tipo di intervento e che attività devono essere fatte. Continuo a chiedermi come sia potuto accadere che due persone che conoscevano bene il loro lavoro, la macchina e l’impianto, abbiano potuto disattendere alle istruzioni di sicurezza. Ad oggi non riesco a darmi una risposta; deve essersi trattato di una forma di cortocircuito mentale da parte di entrambi. Conoscevo personalmente la persona deceduta, così come conosco l’altro lavoratore che era in squadra con lui, con il quale ho parlato recentemente e che – come potete immaginare – non si dà pace per quello che è successo. Ora credo si debba capire cosa deve fare l’azienda per prevenire situazioni del genere.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo ancora per la collaborazione e la disponibilità. Anche a voi, come agli altri auditi, rivolgo l’invito a continuare insieme questa battaglia di civiltà.
Dichiaro concluse le audizioni.


Fonte: Senato della Repubblica