Cassazione Penale, Sez. 1, 27 giugno 2011, n. 25614 - Crollo di una nuova costruzione destinata a museo del mare




 

Responsabilità del direttore strutturale dei lavori, responsabile della progettazione esecutiva delle strutture e progettista di esse, per aver cagionato il crollo di parte della nuova costruzione edificata nell'area del porto di (Omissis) destinata a museo del mare.

Il crollo provocò la morte di K.A., operaio impegnato nel disarmo del solaio crollato e numerosi infortuni rispettivamente a N.S., K.Z. e F. N., anch'essi operai impegnati nell'esecuzione delle attività di disarmo dello stesso solaio.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Inammissibile.


Appare decisivo per questa Corte la considerazione che, "comunque, la soletta è crollata allorchè gli operai rimasti coinvolti dal collassamento della struttura iniziarono le opere di disarmo del solaio, lavori questi ultimi ai quali era preposto come direzione tecnica l'imputato il quale, per questo, dette i necessari ordini operativi. Consegue da tale circostanza fattuale, indiscussa e non contestata dallo stesso prevenuto, la sua palese, ineludibile ed indiscutibile colpevolezza nel tragico occorso, dappoichè, per il suo ruolo e la sua funzione professionale, quelle direttive volte a liberare il solaio dai sostegni predisposti per la sua realizzazione, avrebbero dovuto essere date soltanto se del tutto certo che l'opera era stata eseguita secondo le regole dell'arte. L'avere omesso siffatto preliminare ed essenziale accertamento, necessario per la stabilità della struttura non meno che per la sicurezza della mano d'opera in ciò impegnata, integra un caso scolastico di imperizia e negligenza nello svolgimento dei compiti professionali che all'imputato facevano capo."


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BARDOVAGNI Paolo - Presidente

Dott. ROMBOLA' Marcello - Consigliere

Dott. DI TOMASSI Mariastefania - Consigliere

Dott. CAVALLO Aldo - Consigliere

Dott. BONITO Francesco - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

 



sul ricorso proposto da:

1) P.A., N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1420/2000 CORTE APPELLO di GENOVA, del 13/01/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/05/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Cedrangolo Oscar, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso;

udito, per la parte civile, Avv. Galda C. e l'avv. Zadra C.;

udito il difensore avv. Vernazza Andrea.


FattoDiritto

 


1. Con sentenza del 13 gennaio 2010 la Corte di Appello di Genova, in parziale riforma, quanto alla entità della pena, di quella resa in prime cure dal tribunale della stessa sede, condannava alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione P.A., imputato: a) del reato di cui agli artt. 434 e 449 c.p. perchè, per colpa, nella sua qualità di direttore strutturale dei lavori, responsabile della progettazione esecutiva delle strutture e progettista di esse, cagionava il crollo di parte della nuova costruzione edificata nell'area del porto di (OMISSIS) destinata a museo del mare; b) dell'omicidio colposo di K.A., operaio impegnato nel disarmo del solaio crollato; c), d) ed e) delle lesioni personali cagionate, rispettivamente a N.S., K.Z. e F. N., anch'essi operai impegnati nell'esecuzione delle attività di disarmo dello stesso solaio; in (OMISSIS).

L'imputato, al quale venivano concessi i benefici di legge, veniva altresì condannato al risarcimento del danno in favore delle pp.ll. costituitesi parte civile, per la vittima dell'omicidio colposo mediante domanda proposta dagli eredi.

A sostegno della condanna i giudici di merito hanno individuato le cause del crollo, facendo proprie le conclusioni del consulente del P.M., confermate da altre consulenze di parte, nella insufficiente lunghezza del vincolo di unione progettato dall'imputato e precisamente nella insufficiente lunghezza dei pioli saldati alle colonne al fine di ancorare ad esse i solai (cm. 20 invece di almeno cm. 80).

I giudici di merito pervenivano alle esposte conclusioni negando fondamento alle consulenze di parte che avevano, viceversa, individuato le cause del crollo nella difettosa formazione del solaio crollato, dovuto, per la difesa, alla cattiva esecuzione del getto, a cagione della quale il solaio era risultato formato a strati e non in forma monolitica, eppertanto non idoneo a sopportare il peso preventivato.



2. Ricorre per Cassazione avverso la pronuncia della Corte distrettuale l'imputato, assistito dal difensore di fiducia, articolando un unico ed articolato motivo di impugnazione, con il quale denuncia difetto di motivazione della sentenza impugnata ed, in particolare, del diniego di nuova indagine peritale di ufficio sulle cause del crollo.

Deduce nello specifico la difesa ricorrente che:

- la mancata effettuazione di un nuovo accertamento peritale è censurabile in cassazione allorchè se ne evidenzi la mancanza di congrua ed adeguata motivazione;

- nel caso in esame la responsabilità dell'imputato nel crollo per cui è causa è stato motivato dal giudice dell'appello con affermazioni in parte frutto di travisamento probatorio ed in parte apodittiche;

- frutto di travisamento dei fatti di causa è infatti l'affermazione del giudicante (replica peraltro di analogo errore del giudice di prime cure) secondo cui non avrebbe fondamento la tesi difensiva che, in altra zona dell'edificio, i pioli di cm. 20 avrebbero senza problemi statici sostenuto il solaio con essi ancorato, e questo sul rilievo (appunto oggetto di travisamento) che in detta diversa zona dell'immobile in costruzione i pioli utilizzati sarebbero della lunghezza di cm 150;

- tale ultima circostanza non corrisponde alla realtà, giacchè in questa diversa zona della costruzione, destinata a ristorante, i pioli utilizzati sono stati della medesima lunghezza (cm. 20) utilizzata per il solaio crollato, come difensivamente provato dagli atti progettuali esecutivi allegati al ricorso;

- apodittica è invece la motivazione della colpa riferita all'imputato articolata mediante semplice replica del capo di imputazione, per cui, in conclusione, si da dimostrazione di una tesi semplicemente affermandola e non, appunto, dimostrandola;

- ulteriore travisamento motivazionale si ha là dove la sentenza impugnata afferma che l'imputato non avrebbe mai reso disponibile le relazioni di calcolo che avrebbero dovuto essere necessariamente predisposte, giacchè in realtà tali relazioni sono state depositate, ancorchè con riferimento al piano ristorante, comunque destinato a sopportare pesi e sollecitazioni ponderali ben maggiori di quelle prevedibili per il solaio crollato;

- del pari inesatta è l'affermazione dei giudicanti in ordine alla contestata violazione del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 67, comma 2 in relazione all'ordine dato dall'imputato di disarmare il secondo solaio quando su di esso insistevano i carichi derivanti dal terzo solaio;

- questo perchè il terzo solaio è un carico non temporaneo, ma strutturale e permanente fatto esplicitamente salvo dalla norma appena richiamata ai fini in essa assicurati;

- i pioli usati dall'imputato erano destinati a sopportare la c.d. forza di taglio e non quella flettente, destinata ad agire sulla "lastra", dato questo che rende altresì irrilevante la lunghezza del piolo;

le diverse cause del crollo indicate dai consulenti di parte dell'imputato e da quelli dell'ing. S. sono state liquidate dai giudicanti di secondo grado come "mere ipotesi di lavoro";

- viceversa le consulenze difensive hanno scientificamente dimostrato l'assunto conclusivo e cioè la difettosa operazione di gittata del calcestruzzo e, quindi, la stratificazione conseguente del solaio non consolidatosi monoliticamente;

- la serietà scientifica delle conclusioni difensive imponevano un nuovo accertamento tecnico di ufficio, frettolosamente, apoditticamente ed immotivatamente rifiutato dal giudice di secondo grado.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

Giova qui ribadire che la funzione dell'indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l'intrinseca attendibilità dei risultati dell'interpretazione delle prove e di attingere il merito dell'analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici. Di qui il necessario e conseguente corollario, anch'esso costantemente affermato da questa Corte, che ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un'altra, ancorchè altrettanto logica (Cass. 5.12.02 Schiavone; Cass. 6.05.03 Curcillo). Orbene, nel caso in esame palese è la natura di merito delle argomentazioni difensive, giacchè volte le medesime, a fronte di un'ampia e lodevolmente esaustiva motivazione del giudice territoriale, a differentemente valutare gli esiti istruttori puntualmente da esso richiamati e valorizzati, onde poi accreditare uno svolgimento della vicenda del tutto alternativo a quello logicamente accreditato con la sentenza impugnata. Transitando dai principi allo specifico del processo per cui è causa, osserva la Corte che i giudici di merito hanno fondato il giudizio di colpevolezza sugli esiti di consulenze tecniche, in primis quella disposta dal P.M. nel contraddittorio delle parti, ed hanno in base a detti esiti individuato le cause del crollo del solaio per cui è causa e collegato dette cause all'imperizia dell'imputato, progettista e direttore esecutivo di quelle operazioni strutturali cagione del dissesto statico.

Come già innanzi anticipato, sinteticamente, ma, si ritiene, compiutamente, oppone la difesa ricorrente l'incongruenza di tali risultati peritali, là dove eludono, attraverso travisamenti ovvero apodittici assunti, le ragioni tecniche della difesa. Rileva in contrario la Corte che nessuno degli argomenti difensivi si appalesa decisivo per inficiare il sillogismo decisionale perchè: a) non è stato accertato in termini di certezza processuale la lunghezza dei pioli utilizzati per il piano ristorante (se 150 cm ovvero 20 cm) giacchè gli atti progettuali esecutivi invocati dalla difesa ricorrente non dimostrato la reale situazione di fatto; b) anche se di lunghezza identica i pioli utilizzati per ancorare ai pilastri il solaio crollato e quello del piano ristorante, non interessato da alcun dissesto, questo non può inficiare, di per sè, l'argomentare scientifico dei consulenti del P.M, in assenza di un accertamento a tutto campo delle caratteristiche del piano non interessato dal crollo; c) tutti gli altri argomenti difensivi innanzi sintetizzati si appalesano non decisivamente incidenti sulla motivazione articolata dai giudici di merito; d) gli accertamenti in atti delibati dai giudicanti di merito in relazione ai pezzi di solaio crollato non hanno affatto confermato la tesi difensiva sulla stratificazione e sulla non monoliticità del solaio stesso.

Appare comunque decisivo per questa Corte la considerazione che, comunque, la soletta è crollata allorchè gli operai rimasti coinvolti dal collassamento della struttura iniziarono le opere di disarmo del solaio, lavori questi ultimi ai quali era preposto come direzione tecnica l'imputato il quale, per questo, dette i necessari ordini operativi. Consegue da tale circostanza fattuale, indiscussa e non contestata dallo stesso prevenuto, la sua palese, ineludibile ed indiscutibile colpevolezza nel tragico occorso, dappoichè, per il suo ruolo e la sua funzione professionale, quelle direttive volte a liberare il solaio dai sostegni predisposti per la sua realizzazione, avrebbero dovuto essere date soltanto se del tutto certo che l'opera era stata eseguita secondo le regole dell'arte. L'avere omesso siffatto preliminare ed essenziale accertamento, necessario per la stabilità della struttura non meno che per la sicurezza della mano d'opera in ciò impegnata, integra un caso scolastico di imperizia e negligenza nello svolgimento dei compiti professionali che all'imputato facevano capo.

4. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso in esame va pertanto dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in Euro 1000,00.

P.Q.M.

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa per le ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile patrocinata dall'avv. Zadra, che liquida in Euro 2500,00, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. e dalle parti civili patrocinate dall'avv. Golda, che liquida in Euro 5500,00, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..