REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino 
Dott. FOTI Giacomo
Dott. MARINELLI Felicetta 
Dott. BLAIOTTA Rocco Mar
Dott. VITELLI CASELLA Luca

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) C.A. N. IL ***;
avverso la sentenza n. 3661/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del 07/05/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/06/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GERACI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Colangeli Giulio del foro di Roma che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

C.A., titolare della S. s.r.l., è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Tivoli - Sezione Distaccata di Palestrina perché accusato unitamente a R. e M., committenti e proprietari del cantiere relativo alla realizzazione di una fossa biologica, del reato di cui all'articolo 589 c.p., comma 2 per avere cagionato, per colpa, la morte di F.A.. Quest'ultimo, manovrando il braccio della gru, montata sull'autocarro che conduceva, toccava per mezzo della stessa l'elettrodo dell'ENEL da 20000 V soprastante di mt 6,78 dal piano di campagna, ricevendo così una forte scarica elettrica che, mediante il contatto tra la leva di comando e la mano sinistra, attraversava il corpo uscendo dal piede sinistro, causando la di lui morte per arresto cardiocircolatorio conseguente a folgorazione.
Con sentenza del 14.06.07 il Tribunale di Tivoli-Sezione distaccata di Palestrina - in composizione monocratica aveva dichiarato C.A. responsabile del reato di cui sopra e lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, concesse le attenuanti generiche, con la sospensione condizionale della pena, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, alle quali attribuiva una provvisionale di euro 30.000,00 ciascuno.
Avverso la decisione del Tribunale di Tivoli ha proposto appello il difensore dell' imputato. La Corte di Appello di Roma, con la sentenza oggetto del presente ricorso emessa in data 7.05.2009, in riforma della sentenza emessa dal giudice di primo grado riduceva la pena ad anni uno di reclusione; confermava le statuizioni civili e condannava il C. alla rifusione in favore delle parti civili costituite delle spese di rappresentanza sostenute dalle stesse nel presente grado liquidate in complessivi euro 2000,00, comprensive di spese generali, IVA e CPA.
Avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma C.A. proponeva ricorso per Cassazione a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento con o senza rinvio e la censurava per i seguenti motivi:
1) carenza di motivazione e travisamento della prova risultanti dal testo del provvedimento impugnato, in ordine alla dichiarazione di responsabilità per il reato ascritto (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)). Secondo la difesa del ricorrente sarebbero state travisate le dichiarazioni rese dal teste Z.R. , il quale avrebbe distinto tra "quel fatto", ossia la morte del lavoratore F.A. e il lavoro in corso, relativamente al quale la S. s.r.l., di cui C.A. era titolare, era l'impresa esecutrice. Quindi lo Z. aveva inteso distinguere tra "quel fatto", ovvero l'incidente occorso al R. che ne ha determinato la morte e "questo lavoro", in cui C.A. era appaltatore. Secondo la difesa del ricorrente, quindi, da tale testimonianza sarebbe risultata la presenza di due cantieri diversi e pertanto non sarebbe stata rispondente al vero la circostanza ritenuta in sentenza, ma negata dalla prova di cui sopra, secondo cui, in relazione alla vicenda che ci occupa, il R. aveva affidato l'appalto alla S., e quindi all'odierno ricorrente e lo Z. era il direttore dei lavori. Anche la teste M.M.C., che aveva testimoniato a proposito dell'appalto alla S. dei lavori, effettuando i quali il F. aveva trovato la morte per folgorazione, non sarebbe attendibile in quanto la stessa, moglie del R., già condannato con il rito abbreviato per il reato de quo, poteva avere interesse a che il C. fosse condannato, al fine di attenuare le conseguenze civilistiche a carico del proprio marito in seguito alla morte del F.. La sentenza impugnata inoltre non aveva neppure menzionato le dichiarazioni del teste Z., teste qualificato e attendibile, che abitava in un terreno adiacente a quello dei fatti e apparteneva all'Arma dei Carabinieri, e che aveva fornito informazioni divergenti dalla ricostruzione accusatoria e non aveva fornito una effettiva motivazione in merito alle dichiarazioni dei componenti della famiglia F..
2) Carenza di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio in seguito al giudizio di bilanciamento delle circostanze. Osservava sul punto il ricorrente che il giudice di appello si era limitato ad esplicitare una diminuzione di pena, ma non aveva motivato sul perché la pena non si fosse avvicinata al minimo, pur dovendosi ritenere, dal momento che aveva fissato il termine prescrizionale in anni sette e mesi sei di reclusione, che fosse stata ritenuta la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche. Peraltro, operando in tal modo, la Corte territoriale non aveva risposto allo specifico motivo di appello, distinto da quello sulla entità della pena, riguardante l'estensione massima della diminuzione della pena per effetto della concessione delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO



I proposti motivi di ricorso sono infondati. Per quanto attiene al primo motivo, osserva la Corte che, in tema di travisamento della prova, la contraddittorietà rispetto agli atti del processo deve risultare da una mera constatazione, non essendo consentita nella presente sede una ulteriore valutazione della prova.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, infatti, (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 6, Sent. n. 18491 del 24.02.2010, Rv. 246916; Cass., Sez. 3, Sent. n. 39729 del 18.06.2009, Rv. 244623), in tema di travisamento della prova dichiarativa, il giudice di legittimità deve limitarsi a verificare se il senso probatorio, attribuito dal ricorrente in contrasto con quello eletto nel provvedimento impugnato, presenti una verosimiglianza non immediatamente smentibile e non imponga, per il suo apprezzamento, ulteriori valutazioni in relazione al contenuto complessivo dell'esame del dichiarante.
Nella fattispecie che ci occupa, invece, l'asserita contraddittorietà tra quanto risulta in sentenza e le dichiarazioni del teste Z. non emerge da nessuna constatazione, dal momento che lo stesso ricorrente (cfr. pag. 4 del ricorso) si vede costretto ad ammettere che il teste Z. "è aggrovigliato nel narrare", anche se, a suo avviso, il senso delle dichiarazioni del predetto teste sarebbe inequivocabile. Pertanto la difesa del ricorrente è pervenuta a ritenere che sulla base delle dichiarazioni del teste in questione emergerebbe la inesistenza della qualità di appaltatore nei confronti dell'odierno ricorrente, con riferimento ai lavori durante i quali si è verificato il decesso di F.A., attraverso un'opera di interpretazione, che però riguarda il merito della vicenda e che pertanto non è consentita a questa Corte.
Il ricorrente lamenta poi che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe stata carente in merito all’attendibilità della teste M.M.C..
Sul punto si rileva peraltro che le dichiarazioni della teste M., che aveva dichiarato che il marito, R., aveva commissionato verbalmente al C. la realizzazione di uno scavo di una strada all'interno della proprietà per il passaggio di alcuni tubi e per la installazione di due fosse biologiche, hanno trovato conferma nelle dichiarazioni dello stesso imputato C.A., il quale ha affermato di essere debitore del R. e di avere assunto il lavoro proprio per estinguere il debito che aveva con lui. Ad ulteriore conferma della credibilità della teste M. la sentenza impugnata evidenzia poi correttamente la evidente inattendibilità delle dichiarazioni rese da C.G., padre dell'odierno ricorrente, che aveva sostenuto di essersi recato alle 7,30 del mattino di sabato (proprio nell'ora in cui avveniva il primo contatto del F. con la linea elettrica) presso l'abitazione del R. al solo scopo di richiedergli un intervento sulla caldaia della figlia che aveva problemi di funzionamento, essendo assai poco credibile la circostanza che egli, a quell'ora del mattino, di sabato, anziché telefonare, si sia recato di persona presso l'abitazione del R. al solo scopo di richiedergli un intervento su una caldaia.
Non appaiono condivisibili neppure le argomentazioni in merito ad una carenza di motivazione circa il contenuto delle dichiarazioni del teste Z. e dei componenti della famiglia F.. Non è necessario infatti che il giudice di merito sviluppi tutte le argomentazioni proposte, dovendo egli affrontare le singole questioni, alle quali deve dare una motivata risposta. Nella fattispecie di cui è processo la sentenza impugnata ha indicato correttamente le ragioni per cui doveva ritenersi che C.A. fosse stato nominato appaltatore relativamente ai lavori, che erano chiaramente specialistici, durante i quali si era verificato l'incidente mortale. Non possono pertanto condividersi le argomentazioni prospettate dalla difesa del ricorrente, essendo limitato il controllo di questa Corte alla verifica della corrispondenza della struttura interna della sentenza ai parametri informativi della stessa. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato in considerazione degli ampi margini di discrezionalità che ha il giudice di merito sulla dosimetria della pena.
Tanto premesso rileva la Corte che, con riferimento al reato contestato al ricorrente previsto dall'articolo 589 c.p., commi 1 e 2, commesso in data ***, pur tenendo conto dei periodi di sospensione, risulta decorso, alla data odierna, il termine di prescrizione pari ad anni sette e mesi sei.
La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio quanto alle statuizioni penali adottate per essere il reato estinto per prescrizione.

Il ricorso proposto deve essere invece rigettato ai fini civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata quanto alle statuizioni penali adottate perché' il reato addebitato è estinto per intervenuta prescrizione.
Rigetta ai fini civili il ricorso proposto.