Cassazione Penale, Sez. 4, 03 ottobre 2011, n. 35817 - "Roccatrice Mettler" e valutazione del rischio di lesioni alle mani dei lavoratori


 

 

Responsabilità del direttore generale di una s.p.a. e del direttore dello stabilimento della stessa società con sede in (OMISSIS) - colpevoli del delitto di lesioni personali colpose in danno di una lavoratrice dipendente.

Secondo l'accusa, condivisa dai giudici del merito, i due imputati, nelle predette qualità, per colpa generica e per inosservanza di norme preposte alla prevenzione degli infortuni sul lavoro - non avendo adeguatamente valutato il rischio, esistente sulla macchina "roccatrice Mettler", di lesioni alle mani dei lavoratori impegnati nella fase di posizionamento e recupero delle rocche, e non avendo adottato misure idonee a proteggere, segregare o munire di dispositivi di sicurezza gli organi in movimento della macchina, ovvero non avendone disposto l'arresto durante le fasi di posizionamento e recupero delle rocche, in cui le mani dell'addetto venivano a trovarsi molto vicine all'albero di trasmissione ed ai rulli scanalati - hanno provocato alla predetta dipendente lesioni consistite nell'amputazione del primo dito della mano sinistra, venuta a contatto con gli organi in rotazione.

Condannati in primo e secondo grado, ricorrono entrambi in Cassazione - Dal momento che le diffuse e coerenti argomentazioni svolte dalla corte territoriale nella sentenza impugnata escludono qualsiasi possibilità di proscioglimento nel merito, la Sezione 4 annulla senza rinvio la sentenza stessa perchè estinto il reato per prescrizione.


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco Presidente
Dott. FOTI Giacomo rel. Consigliere §
Dott. IZZO Fausto Consigliere
Dott. VITELLI CASELLA Luca Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 

 

sul ricorso proposto da:
1) O.R., N. IL (OMISSIS);
2) B.G., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2350/2007 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 01/12/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/07/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mazzotta Gabriele, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perchè estinto il reato per prescrizione.
 

 

 

FattoDiritto
 


1 - Con sentenza del 1 dicembre 2009, la Corte d'Appello di Brescia ha confermato la sentenza del tribunale della stessa città, sezione distaccata di Salò, del 3 novembre 2006, che ha ritenuto O. R. e B.G. - nelle rispettive qualità di direttore generale della "Filatura di G. s.p.a." e di direttore dello stabilimento della stessa società con sede in (OMISSIS) - colpevoli del delitto di lesioni personali colpose commesse, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio della dipendente T.B. e li ha condannati alle pene ritenute di giustizia (sostituita con la pena pecuniaria quella inflitta al B.), dichiarate condonate ex L. n. 241 del 2006.


Secondo l'accusa, condivisa dai giudici del merito, i due imputati, nelle predette qualità, per colpa generica e per inosservanza di norme preposte alla prevenzione degli infortuni sul lavoro - non avendo adeguatamente valutato il rischio, esistente sulla macchina "roccatrice Mettler", di lesioni alle mani dei lavoratori impegnati nella fase di posizionamento e recupero delle rocche, e non avendo adottato misure idonee a proteggere, segregare o munire di dispositivi di sicurezza gli organi in movimento della macchina, ovvero non avendone disposto l'arresto durante le fasi di posizionamento e recupero delle rocche, in cui le mani dell'addetto venivano a trovarsi molto vicine all'albero di trasmissione ed ai rulli scanalati - hanno provocato alla predetta dipendente lesioni consistite nell'amputazione del primo dito della mano sinistra, venuta a contatto con gli organi in rotazione.


La corte territoriale ha ribadito la responsabilità dei due imputati rilevando che, anche ritenendo più attendibile la ricostruzione delle modalità dell'incidente prospettata dal consulente degli imputati - secondo cui l'infortunio si era verificato mentre la lavoratrice, intervenuta per eliminare del filo malamente arrotolatosi sulla rocca, era intenta a riposizionare la rocca di filato nell'apposita sede tenendo in mano il cascame, sicché un capo di esso era stato preso e trascinato dal cilindro in rotazione, provocando il violento distacco del pollice della mano intorno alla quale era arrotolato- la responsabilità dei due dirigenti sarebbe comunque evidente, in relazione all'omessa previsione, da parte degli stessi, di elementi di protezione e di segregazione degli organi in rotazione, idonei ad evitare che parti del corpo dei lavoratori potessero entrare in contatto con essi, ovvero di altre precauzioni capaci di eliminare ogni rischio.


-2- Avverso tale decisione congiuntamente ricorrono i due imputati, per il tramite del comune difensore, e deducono:
a) Inosservanza ed erronea applicazione di norme penali ed extra penali, in relazione all'art. 40 c.p., art. 41 c.p., comma 2, art. 43 c.p., D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 55 e 58.
Premettono i ricorrenti che nel ciclo della filatura la tecnologia prevede, come normale fattore operativo, l'agire in presenza di organi rotanti e che la segregazione dei macchinari in tale settore produttivo crea problemi tecnologici riconducibili alla cattiva qualità del filato prodotto in presenza di segregazioni. Ne discenderebbe, secondo i ricorrenti, l'assenza in capo agli imputati delle condotte omissive contestate, e dunque l'erroneità degli argomenti dedotti dal giudice del gravame a sostegno della responsabilità degli stessi. La corte territoriale, d'altra parte, si sostiene ancora nel ricorso, non avrebbe tenuto in alcun conto il comportamento fortemente imprudente ed abnorme della lavoratrice che, imprevedibilmente, contravvenendo a precise direttive, si era avvicinata agli organi in movimento tenendo in mano una matassa di filato, in tal modo avendo creato le premesse per l'infortunio di cui è rimasta vittima;
b) Violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in relazione al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, benché fosse stato accertato, attraverso la testimonianza della stessa persona offesa, che il danno provocato dall'infortunio era stato integralmente risarcito con l'intervento della società presso la quale la "Filatura di G." era assicurata;
e) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata sostituzione della pena detentiva inflitta all' O. con la corrispondente pena pecuniaria.
 

 

Diritto
 

 

Osserva la Corte che, non ravvisandosi ragioni di inammissibilità dei motivi di doglianza proposti dai due imputati, il reato agli stessi ascritto deve dichiararsi estinto per prescrizione.
Accertato, invero, che l'infortunio si è verificato in data 19 dicembre 2002 e che, avuto riguardo alla pena prevista per il delitto contestato, il termine massimo di prescrizione è, ai sensi dell'art. 157 c.p. (sia per l'attuale che per la previgente normativa), nella sua massima estensione, di sette anni e sei mesi, ne discende che il termine in questione (tenuto anche conto del periodo di sospensione di tre mesi e dieci giorni per adesione del difensore all'astensione dalle udienze proclamata dall'associazione di categoria), è interamente trascorso fin dal 29 settembre 2010.
D'altra parte, le diffuse e coerenti argomentazioni svolte dalla corte territoriale nella sentenza impugnata escludono qualsiasi possibilità di proscioglimento nel merito, ex art. 129 c.p.p., comma 2, posto che, dall'esame di detta decisione e dei motivi di ricorso proposti, non solo non emergono elementi di valutazione idonei a riconoscere la prova evidente dell'insussistenza del fatto contestato agli imputati o della loro estraneità ad esso, ma sono rilevabili valutazioni di segno del tutto opposto, conducenti alla responsabilità degli stessi.
La sentenza impugnata deve essere, quindi, annullata senza rinvio, essendo rimasto estinto per prescrizione il reato ascritto agli odierni ricorrenti.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè estinto il reato per prescrizione.