T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. 1, 09 giugno 2011, n. 860 - Molestie morali sul luogo di lavoro: Mobbing


 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 



sul ricorso numero di registro generale 1077 del 2008, proposto da:

F.E., rappresentato e difeso dagli avv. Elena Scotuzzi, Veronica Raimondi, con domicilio eletto presso Veronica Raimondi in Brescia, via Solferino, 28;

contro

Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Direzione della Casa Circondariale di Brescia, Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Provveditorato Regionale per la Lombardia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6;

in punto:

risarcimento danni

ricorso trattenuto in decisione sulle seguenti

conclusioni:

per il ricorrente, come da memoria 18 marzo 2011,

nel merito, accertata e dichiarata la vessatorietà dei reiterati comportamenti commissivi ed omissivi posti in essere dalla Direzione della Casa circondariale di Brescia e dai colleghi di lavoro dell'ispettore E., accertato e dichiarato, anche ricorrendo se del caso a CTU medico legale, che la sindrome ansioso depressiva a componente lavorativa che lo ha colpito e che affligge tuttora il ricorrente trova la propria causa scatenante nella incapacità dell'amministrazione quale datrice di lavoro di assicurare al proprio dipendente l'adempimento di tutte le obbligazioni su di essa gravanti, ivi compresa la tutela della salute, della sicurezza e della integrità psicofisica dei lavoratori, condannare parte resistente al risarcimento dei danni tutti patiti e patiendi dall'isp. E., da quantificarsi secondo i seguenti parametri, ovvero nella maggiore o minore somma di giustizia, anche in via equitativa:

- danno biologico, che si stima in via forfetaria, avuto riguardo alla natura della patologia psico fisica nonché alla causa scatenante la medesima, in misura pari ad Euro 25.000 o maggiore o minore di giustizia;

- danno alla professionalità, comprensivo della impossibilità di usufruire dei privilegi legislativamente previsti per coloro che beneficiano del diritto allo studio e di esercitare la propria attività sindacale, da calcolarsi in una mensilità della retribuzione base, pari ad Euro 1.500 per ogni mese del periodo in cui si è protratto il comportamento volto alla dequalificazione e demansionamento del ricorrente, per un importo complessivo pari ad Euro 48.000;

- danno esistenziale stimato in via forfetaria in Euro 50.000, ovvero nella maggiore o minore misura di giustizia;

il tutto per complessivi Euro 123.000, o maggiore o minore somma di giustizia.

per l'amministrazione intimata, come da memoria 10 dicembre 2010,

nel merito, respingersi il ricorso, spese rifuse;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Direzione della Casa Circondariale di Brescia e di Ministero della Giustizia e di Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Provveditorato Regionale per la Lombardia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2011 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Fatto



Con ricorso notificato il 15 ottobre 2008, F.E. ha premesso di essere ispettore della Polizia penitenziaria, in servizio dall'anno 2003 presso la Casa circondariale di Brescia Canton Mombello, di rivestire in tale ambito anche la qualità di delegato sindacale e di essere stato vittima, negli anni dal 2007 al 2008, di numerosi episodi denotanti a suo dire una condotta vessatoria nei suoi confronti da parte dell'amministrazione datrice di lavoro, tanto da essersi ammalato nell'aprile 2008 di depressione ansiosa, diagnosticata come reattiva da stress a componente lavorativa; ha pertanto concluso per la condanna dell'amministrazione al ristoro del danno patito, da lui imputato ad un fenomeno di cd. mobbing.

Ha resistito alla domanda l'amministrazione della Giustizia, con memoria formale 19 novembre 2008, nella quale ha genericamente chiesto la reiezione del ricorso; la stessa amministrazione ha ottemperato -depositando il 9 marzo 2011 una relazione- alla ordinanza istruttoria 2 novembre 2010 n. 183 fornendo chiarimenti su alcuni degli episodi valorizzati nel ricorso.

Con memorie 10 ottobre 2010 e 18 marzo 2010, il ricorrente ha ribadito le proprie ragioni, evidenziando di non avere subito più vessazioni dopo un avvicendamento nella persona del direttore dell'istituto; ha quindi concluso come in epigrafe.

Con memoria 9 marzo 2011, l'amministrazione ha invece ribadito la richiesta di reiezione del ricorso, ritenendo la domanda sfornita di prova e per conseguenza irrituale l'istruttoria svolta di cui sopra.

All'udienza del giorno 20 aprile 2011, da ultimo, la Sezione tratteneva la causa in decisione.

 

Diritto



Il ricorso è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito indicate.

1. In via preliminare, a fini di chiarezza, dato che nessuna delle parti costituite ha sollevato la relativa questione, va dato atto della sussistenza sul caso in esame della giurisdizione di questo Giudice amministrativo. È proposta, così come detto già in premesse, una azione risarcitoria per danni asseritamente patiti dal ricorrente per causa di una condotta di cd. mobbing, ovvero, in prima approssimazione e salvo quanto si preciserà appresso, per quelle che nella comune esperienza si definiscono "molestie morali sul luogo di lavoro", costituite da una "persecuzione" protratta nel tempo e intesa ad emarginare il dipendente, ovvero a isolarlo o a indurlo a dimettersi: in tal senso anche la giurisprudenza, e fra le molte C.d.S. sez. VI 6 maggio 2008 n. 2015, da cui le citazioni.

2. Secondo indirizzo giurisprudenziale ormai costante, la citata domanda può allora in astratto fondarsi su due distinti titoli, anche in concorso fra loro: si fonda su una responsabilità extracontrattuale allorquando faccia valere una generica violazione dell'art. 2043 c.c., dalla quale sia derivato un danno, di norma psicofisico, al dipendente; si fonda invece su una responsabilità contrattuale allorquando, argomentando in primo luogo dall'art. 2087 c.c. -che com’è noto impone al datore di lavoro di adottare "le misure... necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro"- valorizzi una lesione derivante da uno specifico inadempimento datoriale. La distinzione rileva, come subito si vedrà, per risolvere la questione di giurisdizione in esame.

3. Infatti, ove il ricorrente, come nel caso di specie, sia un dipendente cd. non contrattualizzato della p.a., sul cui rapporto di lavoro sussiste la giurisdizione esclusiva del G.A. ai sensi dell'art. 68 del d. lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 applicabile all'epoca dei fatti di causa, la domanda in parola, in quanto risarcitoria, è devoluta alla giurisdizione ordinaria, secondo la regola generale, ove faccia valere la responsabilità extracontrattuale; è devoluta invece al G.A. ove si fondi su una responsabilità contrattuale: così in generale, per tutte, Cass. Civ. S.U. 22 maggio 2002 n. 7470, nonché, nella giurisprudenza amministrativa e con riferimento espresso a fatti di mobbing, C.d.S. sez. VI 15 aprile 2008 n. 1739; esattamente in termini poi TAR Abruzzo Pescara, 23 marzo 2007 n. 339, relativa proprio a un graduato della Polizia penitenziaria.

4. Ciò posto, per accertare quale azione sia proposta nel caso concreto si deve verificare quali fatti il ricorrente abbia inteso far valere, seguendo come criterio interpretativo il principio generale evidenziato dalla nota C. cost. 6 luglio 2004 n. 204, secondo il quale non possono rientrare nella giurisdizione amministrativa i meri comportamenti materiali, non connessi con l'esercizio di un potere. In tal senso, quindi, si propende per l'azione extracontrattuale, e si ritiene la giurisdizione ordinaria, ove si deducano "comportamenti vessatori dei superiori gerarchici o dei colleghi di lavoro del dipendente interessato"; si propende invece per l'azione contrattuale, e si ritiene la giurisdizione esclusiva ove si deduca "un contesto di specifiche inadempienze agli obblighi del datore di lavoro", intese in senso ampio, comprensivo ad esempio di "comportamenti omissivi, contraddittori o dilatori dell'Amministrazione" ovvero di " atti posti in essere in violazione di norme, sulle quali non sussistano incertezze interpretative": così espressamente la citata C.d.S. sez. VI 1739/2008. Si precisa infine che nel dubbio, ovvero in mancanza della non univoca deduzione di un inadempimento, va ritenuta la giurisdizione ordinaria: così TAR Abruzzo Pescara n. 339/2007, pure citata.

5. Ciò posto, nel caso di specie, la domanda proposta va qualificata come pertinente ad una responsabilità contrattuale e quindi assoggettata alla giurisdizione di questo Giudice. Depongono in tal senso, nel contesto dell'atto introduttivo, i riferimenti a un danno derivato da "illecita condotta dell'amministrazione" (ricorso, p. 1 ventiduesimo rigo), e non già quindi dal fatto di singoli colleghi, e soprattutto alla "incapacità dell'amministrazione... da intendersi come datore di lavoro, di assicurare al proprio dipendente l'adempimento di tutte le obbligazioni su di essa gravanti" (ricorso, p. 16 quattordicesimo rigo), il che all'evidenza allude ad un inadempimento contrattuale.

6. Non contrasta poi con tale conclusione la circostanza che il ricorrente domandi altresì un risarcimento del danno biologico ed esistenziale, domande che secondo la citata Cass. S.U. 7074/2002 apparterrebbero alla sola responsabilità extracontrattuale. Tale orientamento risale infatti ad epoca in cui il risarcimento di tali voci di danno era ammesso con incertezze maggiori rispetto all'attuale, in cui lo si riconosce nei termini indicati dalle note Cass. Civ. S.U. 11 novembre 2008 nn. 269725, in sintesi estrema, in tutti i casi in cui vi sia una lesione della salute, tutelata dall'art. 32 Cost., o di altro valore sempre tutelato dalla Carta, fra i quali rientra senz'altro il lavoro sin dall'art. 1 della stessa. Sulla riconducibilità ad una azione contrattuale soggetta a giurisdizione esclusiva della domanda di risarcimento del danno biologico patito da un dipendente della p.a., si veda a conferma ad esempio Cass. Civ. S.U. 6 marzo 2009 n. 5468.

7. Ciò premesso in punto giurisdizione, si deve secondo logica affrontare la difesa dell'amministrazione secondo la quale la domanda andrebbe comunque respinta perché asseritamente sfornita di prova; sempre a dire dell'amministrazione, il ricorrente si sarebbe limitato "ad allegare genericamente fatti" (memoria p.a. 9 marzo 2011, p. 2 ventesimo rigo) e non avrebbe assolto l'onere probatorio a suo carico, sì che l'istruttoria disposta con l'ordinanza della Sezione di cui in premesse sarebbe "inammissibile e comunque irrilevante" (ibidem, ventiseiesimo rigo).

8. Tale ordine di idee, ad avviso del Collegio, non va condiviso. Da un lato, ai sensi dell'art. 39 comma 1 c.p.a., peraltro riproduttivo di norma pacificamente applicata anche prima della sua vigenza, al processo innanzi al giudice amministrativo "si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali"; dall'altro, la giurisprudenza ha affermato la necessità di riconoscere alle situazioni giuridiche dei pubblici dipendenti, pur se devolute alla giurisdizione esclusiva del G.A., un trattamento processuale non deteriore rispetto a quello accordato agli altri lavoratori; su detta linea, in particolare, C. cost. 28 giugno 1985 n. 190 ha dichiarato illegittimo l'art. 21 dell'allora vigente l. TAR nella parte cui non riconosceva agli stessi la medesima tutela cautelare disponibile presso il Giudice ordinario del lavoro.

9. In tale quadro concettuale, non si possono non ritenere applicabili al giudizio su un rapporto di pubblico impiego non contrattualizzato in sede di giurisdizione esclusiva i principi di cui agli artt. 416 comma 3 prima parte e 421 c.p.c. Secondo la prima norma, che ha indubbio valore di principio se non altro perché conforme al novellato art. 167 c.p.c., il convenuto nel processo di lavoro nel primo suo atto difensivo "deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda", e in mancanza, come affermato fra le molte da Cass. Civ. sez. III 3 luglio 2008 n. 18202, "gli stessi devono considerarsi come pacifici sicché l'attore è esonerato da qualsiasi prova al riguardo". Secondo l'altra norma, poi, il giudice può comunque, relativamente al fatti dedotti dalle parti, esercitare il proprio potere istruttorio di ufficio; il valore generale di detta norma è a sua volta non discutibile, perché essa esprime lo stesso principio dispositivo con metodo acquisitivo che continua, nei riguardi della p.a., a caratterizzare il processo amministrativo anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice, per lo meno per oggetti di prova diversi dall'entità del danno subito, così come ritenuto da C.d.S. sez. IV 11 febbraio 2011 n. 924.

10. Nel caso di specie, di fronte alle dettagliate allegazioni del ricorrente e alle prove documentali dallo stesso prodotte, l'amministrazione si è limitata, in prima battuta, con il proprio atto 19 novembre 2008, ad una contestazione dichiaratamente generica, in quanto operata senza disporre "di tutti gli elementi indispensabili" alla propria difesa; in tal senso, quindi, i fatti specifici dedotti dal ricorrente, ove non smentiti dagli elementi acquisiti in forza dell'istruttoria svolta d'ufficio o comunque degli atti stessi di causa, devono ritenersi provati, salva la loro qualificazione giuridica, che come si vedrà non è nel senso affermato dal ricorrente.

11. In dettaglio, i fatti di causa vanno ricostruiti così come segue, in base alle allegazioni del ricorrente, che riguardano ventitré distinti episodi, e alle prove acquisite in merito. Il primo di essi (v. ricorso p. 2) concerne lo svolgimento di una manifestazione sindacale in data 27 febbraio 2006, cui il ricorrente partecipò come membro della propria sigla; il ricorrente stesso in proposito lamenta in primo luogo di essersi visto negare il relativo permesso dal lavoro per parteciparvi, sì da aver dovuto richiedere un giorno di ferie; lamenta poi di esser stato denunziato dalla Direttrice del carcere, unitamente ad altri colleghi, per i reati di diffamazione, anche a mezzo stampa, e di rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale, asseritamente commessi nel corso della manifestazione di cui si è detto.

12. L'episodio descritto deve ritenersi complessivamente provato come fatto storico: la qualità di dirigente sindacale di E. e la richiesta del permesso per quella data risultano dai conformi doc.ti 1 e 2 del ricorrente; lo svolgimento della manifestazione è poi ricostruito nella richiesta di archiviazione formulata dal P.M. e nel conforme decreto del Gip (doc. ti 39 e 40 ricorrente, copie di essi), nonché nella relazione di servizio della Digos, il cui personale fu presente ai fatti (doc. 41 ricorrente, copia di essa). Da tali atti, risulta infatti che effettivamente l'allora Direttrice dell'istituto, certa B., ebbe a denunziare tutti i sindacalisti manifestanti, quattordici persone fra cui E., per i reati indicati, e che la denunzia fu archiviata per insussistenza dei fatti, dato che gli interessati si erano limitati a criticare, se pure nei toni accesi caratteristici della lotta sindacale, le manchevolezze riscontrate nella complessiva gestione dell'istituto da parte della stessa B. (cfr. doc. 40 ricorrente cit., ove si allude a "materie di interesse sindacale, quali la salute e l'incolumità degli agenti di Polizia penitenziaria sui luoghi di lavoro, gli orari ed i permessi, la contestazione degli illeciti disciplinari e, più in generale, la gestione del rapporto di lavoro..."); in particolare, risulta positivamente escluso dagli agenti della Digos che nell'occasione i manifestanti avessero gridato "parole offensive nel confronti della direzione del carcere" (doc. 41 ricorrente, cit.).

13. Il secondo episodio (p. 3 ricorso) concerne il rimprovero disciplinare inflitto il 1 marzo 2006 al ricorrente per la sua presenza nella portineria dell'Istituto, ovvero in un luogo al quale egli non avrebbe dovuto accedere in base alle disposizioni di servizio impartitegli: a dire del ricorrente, ciò sarebbe stato invece giustificato nel caso concreto. L'episodio però non può ritenersi provato in base alla stessa documentazione offerta, che consiste nella copia del ricorso presentato a suo tempo contro la sanzione e tuttora pendente avanti questo Tribunale (doc. 5, copia di esso, e in un esposto penale presentato sull'episodio all'A.G. penale dall'organizzazione sindacale di appartenenza (doc. 3, copia di esso). In proposito, infatti, occorre notare che la stessa prospettazione di fatti come soggetti ad un accertamento, nella sede competente, dell'A.G. escluda che essi si possano considerare come incontestati. Non deve però comunque sfuggire altro dato rilevante, ovvero che nell'esposto dell'organizzazione sindacale l'episodio di cui sarebbe stato protagonista E. viene prospettato non già come limitato ad un contrasto fra questi e la Direttrice, ma come parte di una complessiva condotta antisindacale (cfr. doc. 3 ricorrente, cit. p. 2 secondo paragrafo in fine: "... sarebbe quindi la prima vittima delle misure ritorsive che il Direttore avrebbe promesso in danno dell'OSAPP e dei propri rappresentanti per l'attività sindacale tenuta nei propri riguardi..."; significative anche le pp. 3 e 4 del medesimo documento, ove si lamenta che la Direttrice non avesse concesso un permesso sindacale ad altro delegato, certo M.).

14. È accertato, sempre come fatto storico, anche il terzo episodio, che attiene alla richiesta avanzata da E., sempre nella sua qualità di sindacalista, di avere copia di taluni documenti relativi al servizio, richiesta che, avanzata il 12 dicembre 2006, venne evasa dalla Direzione solo il 30 maggio successivo (doc. ti 6 e 7 ricorrente, copie richiesta e busta datata contenente, come da indicazione apposta, la documentazione richiesta). Anche in questo caso, peraltro, occorre osservare che la richiesta fu avanzata non a titolo personale, ma appunto in nome della sigla di appartenenza, sì che al ritiro delle copie provvide altro sindacalista, tale Seminara, che sottoscrisse per ricevuta (v. doc. 7 ricorrente, cit.).

15. Un quarto episodio, che si dice avvenuto il 12 giugno 2006, non è invece ricostruibile nei termini pretesi dal ricorrente. Lo stesso, iscritto al corso di laurea in Giurisprudenza presso l'Università di Ferrara, aveva alla data indicata richiesto tre giorni di congedo per motivi di studio per sostenere un esame, congedo concessogli peraltro solo per la giornata della prova (doc. 8 ricorrente, copia domanda accolta nei termini indicati). In merito, E. sostiene che i tre giorni richiesti gli sarebbero stati comunque dovuti, e in fatto concessi in "analoghe situazioni" (cfr. ricorso, p. 4 tredicesimo rigo).

16. In proposito, va però detto che in linea di diritto non esistono norme espresse che obblighino l'amministrazione a concedere il permesso per motivi di studio anche per il viaggio di ritorno da una località universitaria come Ferrara, che, se pure con qualche difficoltà, è agevolmente raggiungibile in giornata anche con i mezzi pubblici, e che in linea di fatto la concessione di quanto richiesto in altre occasioni non è provata. Sul punto, l'allegazione del ricorrente è generica, e nella propria relazione 9 marzo 2011 la p.a. ha affermato che il permesso per il ritorno viene concesso solo ove il rientro non sia possibile nella stessa giornata, non quindi nel caso del viaggio Brescia Ferrara (v. relazione cit. prima pagina in fine).

17. Ancora, non è provato nei termini pretesi dal ricorrente il quinto episodio allegato, relativo alla revoca di un riposo programmato (ricorso p. 4 e doc. 9 ricorrente, copia provvedimento). È certo, perché risulta dal relativo provvedimento, il fatto storico della revoca; il suo carattere in qualche modo pretestuoso è però allegato in termini solo generici: si allude ad una pretesa "forte pregnanza" che avrebbe nell'ambiente di lavoro di E. la "gerarchia letta anche come anzianità di servizio" (ricorso p. 4 ultimo rigo), e si adombra che la revoca si sarebbe dovuta invece disporre a svantaggio di colleghi meno anziani, ma senza che in proposito si dica alcunché di preciso.

18. Diversamente deve ritenersi per il sesto episodio, attinente ad una denunzia penale a carico del ricorrente presentata dalla Direttrice il 24 luglio 2006. Risulta documentalmente che altro graduato in servizio presto l'istituto, tale Grossi, presentò al Comandante del reparto una relazione, datata 5 luglio 2006, che dettagliava le assenze di E. dal servizio per malattia, faceva presente che la loro frequenza causava disagio per la conseguente necessità di modificare i turni già fissati, e osservava che tali assenze "sembrano quasi essere programmate" (doc. 11 ricorrente, copia relazione G., in part. sesto rigo di essa). Semplicemente sulla base di ciò, in data 24 luglio 2006, la Direttrice trasmetteva gli atti alla Procura della Repubblica, "ravvisandosi nei fatti estremi di reato"; ne seguiva, il 16 marzo 2007, decreto di archiviazione per insussistenza di fatti penalmente rilevanti (doc. ti 12 e 13 ricorrente, copie lettera di trasmissione e decreto di archiviazione).

19. L'amministrazione ha invece, nella relazione 9 marzo 2011 citata, ammesso in modo esplicito il settimo episodio allegato. In data 24 settembre 2006, F.E., che è padre in particolare di un fanciullo, Gabriele E., nato appunto nel febbraio 2006, presentava alla Direzione dell'istituto un'autodichiarazione a firma della di lui moglie, e madre del piccino citato, la quale, essendo insegnante dipendente del Ministero della P.I., dichiarava di rinunciare ad avvalersi dei propri riposi lavorativi cd. per allattamento, in modo da consentire, in base alle norme vigenti, di fruirne al marito; a fronte di ciò, la Direzione richiedeva in modo espresso una dichiarazione del Dirigente scolastico della scuola ove era in servizio la coniuge (doc. 14 ricorrente, copia autodichiarazione sig.ra E. con in calce la richiesta della Direzione). A fronte di ciò, la p.a. (v. relazione 9 marzo cit. p. 2 secondo paragrafo) ha riconosciuto la sufficienza dell'autodichiarazione, salvi controlli "successivi"; ha però ammesso che in quel caso la Direzione ritenne "discrezionalmente" di agire come spiegato, il che all'evidenza esula da un controllo successivo.

20. Di interesse è quanto emerge quanto all'ottavo episodio allegato dal ricorrente, che concerne asserite contestazioni disciplinari da lui subite nel settembre 2006 (ricorso, pp. 5 e 6 all'inizio). Nella documentazione prodotta (doc. 16 ricorrente), che di tali contestazioni dovrebbe secondo la difesa del ricorrente, costituire la prova, delle stesse non c'è indizio: esse sono affermate, in termini non dissimili da quelli del ricorso; sta però di fatto che esse non constano tradotte nei relativi provvedimenti- ad esempio anche in una semplice lettera di addebito- senza i quali devono considerarsi come non avvenute.

21. Dalla documentazione emergono però diverse circostanze, come si vedrà rilevanti ai fini del decidere. Il doc. 16 citato è infatti un esposto alla Procura della Repubblica, sottoscritto da E. e da cinque suoi colleghi, che a loro volta si qualificano sindacalisti: quale ne sia stato il seguito giudiziario si ignora; interessa però in questa sede evidenziarne il contenuto, di cui le vicende personali dell'odierno ricorrente sono solo una parte, dato che esso censura tutta una serie di condotte, qualificate come discriminatorie e antisindacali, poste in essere dalla Direttrice B. nei confronti di più appartenenti al personale, oltre che presunti abusi della stessa, che sarebbe stata ad esempio solita fare uso improprio dell'autovettura di servizio.

22. Non va invece ricostruito nei termini allegati dal ricorrente il nono episodio, attinente ad un presunto indebito rifiuto di rimborso delle spese sostenute per l'asilo nido della prole, costituita come è pacifico dal già citato G., nato nel 2006, e dalla di lui sorellina F., nata nel 2005. È sufficiente in proposito osservare che l'art. 20 dell'accordo quadro nazionale per il personale della Polizia penitenziaria, prodotto in copia nel doc. 18 dal ricorrente stesso, preveda un rimborso delle spese "sostenute" per la frequenza dell'asilo nido, contro "presentazione della documentazione attestante i versamenti effettuati". A nulla di tutto ciò afferisce il carteggio prodotto dal ricorrente nel medesimo doc. 18, che attiene ad una frequenza dell'asilo nido soltanto ipotetica e futura, della quale si ignora se abbia avuto luogo, dato che manca anche solo l'allegazione di qualsivoglia spesa "sostenuta" a tal titolo.

23. Parimenti, non corrisponde a quanto allegato dal ricorrente il decimo episodio, relativo ad una presunta lesione del diritto allo studio di cui il ricorrente sarebbe stato vittima nell'anno 2007 (ricorso, p. 7): in sintesi, egli lamenta che, a differenza di quanto avvenuto negli anni precedenti, la sua richiesta di turni agevolati non sarebbe stata accolta, e ciò lo avrebbe svantaggiato, impedendogli di conseguire una "borsa di studio". I fatti quali emergono dai documenti prodotti sub 19 sono però diversi. In primo luogo, come da provvedimento 4 gennaio 2007 del Provveditore regionale (sempre nel doc. 19 ricorrente, cit.), F.E. è stato effettivamente autorizzato a fruire delle cd. 150 ore per motivi di studio per l'anno 2007; di conseguenza, egli il 16 febbraio 2007 ha presentato domanda per fruire dei citati turni agevolati, "salvo eccezionali e inderogabili esigenze di servizio"; alle stesse si richiama la Direzione nella risposta in calce, ove si fa presente che si sarebbe provveduto tenendo conto della carenza del ruolo ispettori e delle particolari funzioni svolte da E.. Quali turnazioni in concreto siano state disposte in seguito, e se esse siano state difformi da quelle degli anni precedenti non è invece dato sapere, perché nulla di preciso allega E. sul punto.

24. Non risponde invece a verità che E. abbia mai fruito di una "borsa di studio" in senso proprio, dato che i documenti prodotti al riguardo sub 19ii si riferiscono solo alle tasse di frequenza pagate e al rimborso di una parte di esse per la propria qualità di studente pendolare, non già per ragioni in qualche modo collegate al rendimento accademico, e quindi, secondo logica, al tempo disponibile per lo studio. A riprova, nella "scheda riepilogativa richiesta benefici" è indicato che l'interessato non rientra nelle graduatorie delle borse di studio propriamente dette, né le ha richieste (doc. 19 ricorrente, cit. penultimo foglio, quadri inerenti le "autocertificazioni").

25. L'undicesimo episodio allegato (p. 7 ricorso) attiene alla mancata nomina del ricorrente a responsabile di unità operativa, riscontrata il 20 febbraio 2007; in proposito, sono prodotte come doc. 21 una richiesta di chiarimenti del legale del ricorrente e una risposta 2 maggio 2007 a firma della Direttrice B., in cui si fa presente che la responsabilità di unità operativa "mal si concilia con le esigenze personali dell'ispettore", risposta che è richiamata anche nella relazione 9 marzo 2011 della p.a.

26. Non è invece provato l'episodio dodicesimo, relativo ad un congedo parentale che il ricorrente avrebbe richiesto nel marzo 2007 e che gli sarebbe stato concesso solo a posteriori, dopo ch'egli, per la mancata risposta, si sarebbe dovuto prendere un giorno di ferie: il documento prodotto ad asserita dimostrazione dei fatti, però (cfr. doc. 22 ricorrente) è soltanto un tabellone dei turni di servizio per quel mese, da cui nulla si evince sulla specifica vicenda.

27. Documentalmente provato è invece il tredicesimo episodio allegato, che attiene alla richiesta di un giorno di congedo straordinario per malattia del proprio figliolo, congedo richiesto il 13 marzo 2007, negato dalla Direzione e poi riconosciuto in via di autotutela a fine 2007 (doc. ti da 23 a 2 ricorrente, copie carteggio relativo).

28. Il quattordicesimo episodio, attinente alla candidatura di F.E. alle elezioni amministrative 2007 per il consiglio comunale di M. M. (ricorso, p. 9) risulta a sua volta dalle prove documentali che lo stesso produce. Va in proposito premesso, per chiarezza, che ai sensi dell'art. 81 della l. 1981 n. 121 gli appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria, al pari di altri pubblici ufficiali che tale legge pure indica, i quali accettino una candidatura politica, come quella alle elezioni amministrative di cui si discute, vanno senz'altro collocati in aspettativa, su loro domanda, per tutta la durata della campagna elettorale, e ciò all'evidenza per una duplice ragione: da un lato, consentire agli interessati di disporre del tempo necessario per l'esercizio di un diritto politico costituzionalmente garantito come l'elettorato passivo, dall'altro garantire l'imparzialità dell'amministrazione evitando ogni possibile strumentalizzazione a fini elettorali dell'ufficio ricoperto. A tale disposto di legge si è senz'altro conformata l'amministrazione penitenziaria per la tornata elettorale di cui si ragiona, come dimostra la circolare 26 marzo 2007, prodotta in copia dal ricorrente come doc. 26/III: detta circolare richiama la necessità di dispensare senz'altro "dal compimento di qualsivoglia attività" i dipendenti nella situazione descritta, su istanza dei medesimi.

29. Ciò posto, risulta pure documentalmente che in data 21 aprile 2007 F.E. presentò istanza in tal senso, dato che nella chiese, appunto, l'aspettativa speciale per elezioni dal 22 aprile (doc. 26/V ricorrente), aspettativa per elezioni fu concessa dalla Direzione il 24 aprile, con decorrenza dal 26 aprile 2007, e quindi con ritardo rispetto a quanto previsto dalla circolare (doc. 26/IV ricorrente, copia provvedimento).

30. Il quindicesimo e il diciassettesimo episodio (ricorso, pp. 9 e 10) vanno considerati in modo unitario, in quanto attengono alla medesima vicenda, e vanno invece ricostruiti in modo parzialmente diverso da quanto allega il ricorrente. I fatti storici accertati sono i seguenti: il 1 ottobre 2007 (doc. 27, copia istanza) e il 15 gennaio 2008 (doc. 29, copia istanza), F.E. richiese all'amministrazione di poter espletare una turnazione di un certo tipo nella giornata di martedì, in quanto nel pomeriggio di quel giorno sarebbe stato l'unico genitore a potersi occupare della prole. Il ricorrente allega che nella prima occasione non gli fu data risposta alcuna, e che i turni furono organizzati senza tener in alcun conto delle proprie esigenze; allega poi che nella seconda occasione egli sarebbe stato chiamato in servizio ogni martedì proprio nell'orario di sua indisponibilità, e quindi secondo logica in qualche modo penalizzato (cfr. ricorso, p. 10 ventitreesimo e ventiquattresimo rigo).

31. Le allegazioni del ricorrente non sono però suffragate dalle prove da lui stesso prodotte. Egli produce sub 30 il calendario dei turni di servizio del solo gennaio 2008, ove risulta che effettivamente egli fu chiamato in servizio nei due martedì successivi all'istanza presentata il 15 gennaio, il che di per sé è non significativo, dato che per organizzare i turni occorre un tempo fisiologico. Il ricorrente non produce però -e avrebbe potuto farlo, perché la sua disponibilità del calendario di gennaio 2008 fa secondo ragione ritenere che anche il calendario degli altri periodi fosse a lui disponibile- alcuna documentazione relativa ai residui periodi di suo interesse. Tale manchevolezza, in ossequio al noto principio della "vicinanza della prova", sul quale vedi da ultimo in linea di principio Cass. Civ. sez. III 9 giugno 2010 n. 13825, non può ritenersi superata in base alla mera non specifica contestazione della parte convenuta.

32. Non si può poi sottacere come in entrambe le istanze di cui si ragiona il ricorrente si sia espresso in termini alquanto generici: in quella dell'ottobre 2007, egli si richiama alla sintetica affermazione di essere "l'unico genitore in grado di occuparmi della prole" nei pomeriggi indicati; in quella del gennaio 2008 egli aggiunge soltanto che la coniuge "lavora nella scuola pubblica e nelle giornate di martedì il suo turno di lavoro si protrae sino a sera", senza allegare alcun documento in proposito (v. doc. ti 27 e 29 ricorrente, cit.). Non si può quindi dire che E. abbia messo l'amministrazione nelle migliori condizioni per contemperare il di lui interesse con quello, che nelle istanze stesse riconosce sussistere, delle "esigenze di servizio" e delle "possibilità".

33. È provato invece come fatto storico il sedicesimo episodio allegato, ovvero il tardivo riconoscimento di un punteggio aggiuntivo nella graduatoria per i trasferimenti per l'anno 2007, in ordine alla quale E. dovette presentare reclamo (doc. 28 ricorrente, copie istanza, reclamo e provvedimento definitivo). Va però in proposito osservato che la compilazione di graduatorie che coinvolgano un elevato numero di persone è operazione di una certa complessità, sì che la possibilità di errori in prima battuta è del tutto fisiologica, tanto che i reclami degli interessati sono previsti talora in modo espresso dalle norme in proposito: si può fare l'esempio delle concettualmente analoghe graduatorie per i trasferimenti degli insegnanti nella scuola pubblica.

34. Non va ritenuto provato il diciottesimo episodio allegato, relativo all'asserito diniego dei turni di lavoro agevolati per motivi di studio, che E. avrebbe richiesto all'inizio del 2008: in proposito, egli svolge deduzioni generiche, senza spiegare come e perché la sua richiesta sarebbe stata disattesa; rinvia poi ad un documento, il doc. 31, rubricato come "copia turnazioni 2008" (v. ricorso, pp. 10 e 18), che, ad esame del fascicolo originale da parte del relatore, non è stato reperito agli atti.

35. Il diciannovesimo episodio, pur sussistente come fatto storico, rientra invece nel normale svolgimento di un rapporto di lavoro: per accordare le cd. 150 ore per l'anno 2008, l'amministrazione, e per essa il Provveditorato regionale competente, ha richiesto al ricorrente di corredare l'istanza con la prova dell'iscrizione all'Università per il periodo di riferimento, e a fronte di ciò ha accordato il beneficio in parola senza ulteriori indugi (doc. 32 ricorrente, copia del carteggio intercorso, ove il provvedimento finale del 28 febbraio 2008, che autorizza i permessi). Nel caso in esame, la condotta dell'amministrazione appare improntata al rispetto della legge, essendo una necessità logica, prima che giuridica, che per ottenere un dato beneficio se ne debbano provare i presupposti.

36. Il ventesimo episodio allegato (ricorso, p. 11) è analogo alla vicenda già esaminata come episodio quattordicesimo. In sintesi, anche nel 2008, F.E. ottenne una candidatura alle elezioni amministrative, stavolta a quelle per il consiglio comunale di Terlizzi, altro paese della Puglia, e anche in tale occasione richiese l'aspettativa speciale a tal titolo prevista, con decorrenza dal 29 febbraio 2008; l'aspettativa stessa fu però accordata solo dal 4 marzo successivo (doc. 33 ricorrente, ove copie del certificato di candidatura, dell'istanza del ricorrente e del provvedimento della direzione).

37. Il ventunesimo episodio allegato (ricorso, p. 12) attiene poi all'assenza dal servizio del ricorrente in data 7 settembre 2007, ovvero il giorno successivo a quello in cui egli aveva sostenuto un esame all'Università. Richiamandosi a quanto già sostenuto al Par. 16, il ricorrente afferma di avere imputato tale giornata al viaggio di ritorno; quanto però interessa in questa sede rilevare è che la richiesta di giustificazioni in merito da parte della Direzione è datata 14 marzo 2008, e la contestazione di addebito disciplinare per lo stesso fatto è successiva di più di un anno, poiché è datata 13 settembre 2008 (doc. 34 ricorrente, ove copie della richiesta e della contestazione citata, della quale si ignora se sia sfociata in un procedimento).

38. Il ventiduesimo episodio allegato (ricorso, p. 13), a sua volta da ritenere provato come fatto storico, ha luogo a partire dall'aprile 2008. In sintesi, il 17 di quel mese F.E. presentava alla Direzione dell'istituto un certificato medico, redatto da certa dott. B.B., di Flero, con diagnosi di "sindrome ansioso depressiva reattiva da stress a componente lavorativa" (doc. 35 ricorrente, p. 3, ove la copia dello stesso, con timbro per ricevuta alla data indicata): alla stessa data, subiva il ritiro dell'arma di servizio, per evidenti ragioni di doverosa cautela (circostanza allegata a p. 13 sedicesimo rigo del ricorso e non contestata), ma non veniva inviato alla competente Commissione medica ospedaliera, come è doveroso ove sia ipotizzabile una malattia per causa di servizio; invece, veniva denunziato dalla Direttrice B. per asserita truffa ai danni dello Stato, venendo però prosciolto con archiviazione per insussistenza del fatto; in ordine a tali fatti, anche E. ha presentato un esposto all''A.G. penale, di cui non è noto l'esito (cfr. doc. 43 ricorrente, copia della lettera 26 agosto 2008, ove si riconosce che il dipendente, ovvero E., ha chiesto chiarimenti circa il suo mancato invio alla Commissione, e si invita la Direzione di istituto a "provvedere senza indugio"; v. poi il doc. 45 ricorrente, copia atti del procedimento, ove la denunzia e l'archiviazione; si noti che nel doc. 43 l'ufficio regionale dimostra di sapere della pendenza di tale procedimento, ma di non considerarlo, secondo logica, ostativo all'invio alla Commissione, che viene prescritto nei termini riportati. L'esposto del ricorrente è infine prodotto in copia come doc. 35).

39. La stessa Direttrice B., da ultimo, con propria lettera del 17 luglio 2008, provvedeva a richiedere al ricorrente un certificato di presidio ospedaliero o ambulatoriale del SSN, ovvero di medico di base, ritenendo insufficiente quello prodotto per la vicenda di cui sopra, minacciando in difetto un procedimento disciplinare (doc. 38 ricorrente, copia lettera); è sufficiente in proposito osservare che nella situazione descritta l'accertamento medico da compiere sarebbe stato quello della Commissione, cui la stessa Direttrice avrebbe dovuto inviare il dipendente.

40. Si tratta ora di verificare se i fatti da ritenere provati nei termini di cui sopra integrino la fattispecie del mobbing, e ad avviso del Collegio la risposta è negativa. Come è noto, il mobbing è stato oggetto di attenzione anche da parte del legislatore sovranazionale, con la Risoluzione del Parlamento dell'Unione Europea del 20 settembre 2001, n. A50283/2001, ma non trova ad oggi nel nostro ordinamento una disciplina normativa espressa; è stato però ricondotto dalla giurisprudenza ad una fattispecie generatrice di responsabilità civile in base ai principi generali, con operazione ritenuta costituzionalmente corretta da C. cost. 19 dicembre 2003 n. 359, e in tale contesto è stato definito nei propri elementi costitutivi. Si farà in prosieguo riferimento alle decisioni del G.A., rilevanti nella fattispecie in cui si ragiona di un preteso mobbing nell'ambito del pubblico impiego.

41. Per integrare il mobbing, è quindi necessaria una pluralità di elementi. Serve in primo luogo una pluralità di comportamenti persecutori, che possono essere illeciti o anche leciti se considerati come a sé stanti, ma comunque posti in essere "in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente, in guisa tale da disvelare un intento vessatorio"; sono poi richiesti un evento lesivo alla salute e alla personalità del dipendente e un nesso eziologico tra la condotta dell'offensore e il pregiudizio alla integrità psicofisica; è richiesta infine la dimostrazione dell'elemento soggettivo. Così in motivazione la già citata TAR Abruzzo Pescara 339/2007, che come si è detto è particolarmente significativa perché riguarda il caso di un agente della Polizia penitenziaria; nello stesso senso però, in termini sostanzialmente analoghi, fra le molte C.d.S. sez. VI 6 maggio 2008 n. 2015 e 1 ottobre 2008 n. 4738, TAR Lazio Roma sez. I 8 febbraio 2011 n. 1230 e sez. III 25 giugno 2004 n. 6254, nonché TAR Umbria sez. I 24 settembre 2010 n. 469 e TAR Lombardia Milano sez. I 11 agosto 2009 n. 4851.

42. La stessa giurisprudenza ha però cura di precisare che il mobbing è come tale un comportamento per così dire mirato al singolo dipendente, nel senso che deve essere inteso ad estromettere il singolo dall'organizzazione lavorativa ovvero comunque a isolarlo. Di "carattere unitariamente persecutorio e discriminante nei confronti del singolo del complesso delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro" parla ad esempio la citata C.d.S. sez. VI 4738/2008; di atti volti ad "accerchiare la vittima, a porla in posizione di debolezza, sulla base di un intento persecutorio sistematicamente perseguito" che può essere rivolto "alla finalità ultima del licenziamento della vittima" ovvero "ad obiettivi diversi come l'isolamento della stessa" parla invece TAR Lazio Roma 6254/2008, pure citata.

43. Da tale assunto, la stessa giurisprudenza deduce, secondo logica, che di mobbing non si può parlare- ferma ovviamente restando la possibilità di ravvisare illeciti di altro tipo- nel caso di una "situazione di conflittualità" estesa "all'Amministrazione nel suo complesso" o per lo meno "alla parte preponderante" di essa, come afferma TAR Abruzzo Pescara 339/2007, ovvero quando i comportamenti illeciti siano "riferibili alla normale condotta del datore di lavoro, funzionale all'assetto dell'apparato amministrativo", come afferma TAR Umbria 469/2010. La differenza si coglie agevolmente esaminando il caso concreto descritto da TAR Abruzzo Pescara 339/2007, in cui si ravvisò mobbing perché il ricorrente era stato "preso di mira", per ragioni non chiarite, da due ben determinati superiori, senza che fossero nemmeno allegati comportamenti similari da parte, o ai danni, di altri soggetti in servizio nel medesimo istituto.

44. Ciò posto, nel caso di specie il requisito materiale della persecuzione del singolo, necessario per ravvisare il mobbing, ad avviso del Collegio è positivamente escluso. Indubbiamente, F.E. ha dato la prova di numerose condotte illegittime commesse a suo danno nell'ambito di lavoro, talune di esse anche gravi: vale per tutte il caso del suo omesso invio alla Commissione medica in presenza di una patologia valutata tanto seria da ritirargli l'arma di servizio, omesso invio per il quale nemmeno il superiore ufficio regionale sa trovare una spiegazione (v. sopra, Par.38).

45. I fatti ricostruiti dimostrano però inequivocabilmente che le personali vicende del ricorrente non costituivano nell'istituto un caso isolato, ma si inscrivevano nell'ambito di una complessiva mala gestione del medesimo. In tal senso è il primo episodio, ricostruito ai Par. 11 e 12, in cui in sostanza la Direttrice agisce in modo improprio di fronte all'esercizio di diritti sindacali posto in essere da buona parte del personale, che contesta il suo operato (denunziati sono tredici soggetti, e, come si desume dal doc. 22 ricorrente, i graduati in servizio nel carcere sono venticinque). Lo stesso va detto per il secondo e il terzo episodio, presentati (v. sopra Par. 13 e 14) come esempi di condotta antisindacale; ancora, di una gestione complessivamente non soddisfacente da parte della Direttrice parla il citato doc. 16 del ricorrente, un esposto firmato da cinque sindacalisti, con critiche presenti anche nella lettera 21 febbraio 2006 della Segreteria generale dell'OSAPP, prodotta dalla p.a. in allegato alla relazione 9 marzo 2011, lettera che intende rappresentare al Ministero fatti qualificati come "gravissime disfunzioni e inottemperanze" nella gestione dell'istituto di pena bresciano. In tale contesto, va anche rilevato che all'odierna udienza è stato discusso altro analogo ricorso, di un appartenente alla Polizia penitenziaria in servizio al carcere di Brescia, che con riguardo al periodo in esame rappresenta fatti simili a quelli allegati dall'odierno ricorrente (n. 1064/2008 R.G.).

46. Esclusa la prova dell'elemento materiale del mobbing così come correttamente inteso, la domanda va respinta, esula naturalmente dal presente giudizio la questione relativa alla possibilità che le condotte poste in essere nei confronti di F.E. possano integrare altra specie di illecito e come tali dar diritto a risarcimento in base ad altri titoli qui non dedotti.

47. Le ragioni della decisione sono giusto motivo per compensare le spese, dandosi atto che la causa è esente da contributo unificato.



P.Q.M.

 


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.