SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico


Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»


Lunedì 18 aprile 2011 e Martedì 19 aprile 2011


Audizioni svolte presso il Consiglio Regionale di Trento


Presidenza del presidente TOFANI

Audizione dei Commissari del Governo per le Province di Trento e Bolzano
Audizione del sostituto procuratore della Repubblica di Trento e del sostituto procuratore della Repubblica di Bolzano
Audizione dei direttori provinciali dell'INAIL di Trento e di Bolzano, del dirigente del Servizio Lavoro della Provincia di Trento, del direttore dell'Ufficio ispettivo del lavoro, del direttore dell'Unita operativa prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro (Azienda sanitaria provinciale Trento), del direttore della Ripartizione 19-Lavoro Bolzano e del dirigente del Servizio minerario di Trento (settore cave e miniere)
Audizione del Comandante della Legione dei Carabinieri del Trentino Alto Adige, del Dirigente del servizio antincendi di Trento e del Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Bolzano
Audizione di rappresentanti sindacali della CGIL, della CISL e della UIL del Trentino e della CGIL/AGB della CISL/SGB, della UIL/SGK e dell'ASGB dell'Alto Adige
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni datoriali e imprenditoriali delle Province di Trento e Bolzano
Audizione del Presidente del Consiglio regionale e dei rappresentanti delle Province autonome di Trento e di Bolzano


Lunedì 18 aprile 2011

Audizione dei Commissari del Governo per le province di Trento e Bolzano

Intervengono il Commissario del Governo per la provincia di Trento, prefetto Francesco Squarcina, e il Commissario del Governo per la provincia di Bolzano, prefetto Fulvio Testi.


PRESIDENTE
Ringrazio, anche a nome della Commissione, i nostri primi due auditi. Essi conoscono i motivi della nostra presenza e quindi mi limiterò) a fare riferimento al fatto che la nostra Commissione parlamentare d'inchiesta sta effettuando in tutte le Regioni italiane e, nella fattispecie, nelle Province autonome di Trento e Bolzano, un monitoraggio sull'attuazione delle normative nazionali in materia antinfortunistica, che riservano un ruolo attivo e centrale proprio alle Regioni e alle Province autonome
Dunque vorremmo gentilmente conoscere le riflessioni dei nostri auditi sul tema, molto delicato, della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

SQUARCINA
Desidero ringraziare la Commissione per l'attenzione dimostrata verso le nostre due realtà provinciali. Per quanto riguarda la tematica in oggetto, posso dire che nelle nostre due Province - mi riferirò in particolare a quella di Trento - la legislazione provinciale, che può essere parificata a una normativa regionale, è stata rinnovata negli anni ed è stata integrata con una serie di norme, che mostrano un'attenzione sempre più spinta verso la tutela della salute dei lavoratori. In particolare, un ruolo fondamentale in questa materia viene svolto dall'assessorato alla sanità, con i suoi uffici e le sue branche.
Desidero fare un rapido riferimento al fatto che gli organi che nelle altre realtà regionali sono statali nelle due Province autonome sono quasi tutti provinciali: gli organismi che curano la materia sono in sostanza organismi a carattere provinciale. Ad esempio, nelle altre realtà regionali, l'Ispettorato del lavoro opera con l'ausilio di un nucleo di Carabinieri, mentre qui ciò non accade: i Carabinieri vengono chiamati di volta in volta, quando si tratta di fare delle ispezioni, ma senza la consuetudine organica prevista a livello nazionale.
Da quanto si legge nelle relazioni puntualmente effettuate ogni anno dagli organismi di rilevamento, che sono anch'essi provinciali, la fenomenologia infortunistica è presente, un po' come in tutta Italia, con dei dati che sono purtroppo endemici. Da quanto ho potuto verificare dalle statistiche degli ultimi anni, gli infortuni sul lavoro sono però decisamente in calo. Purtroppo ci sono ancora dei settori esposti: mi riferisco in particolare al mondo dell'agricoltura. Essendo la nostra una realtà montana, i rischi sono ovviamente assai maggiori rispetto a quelli presenti nei territori in cui l'attività agricola si effettua prevalentemente in pianura . Oltretutto va tenuto presente un fenomeno importante, ovvero la presenza di motrici agricole, carrozzate come furgoni, che sono spesso molto vecchie e che la normativa attuale non è riuscita ancora a regolarizzare, anche perché, in certi casi, l'adozione dei dispositivi rollbar e delle altre misure di sicurezza non è praticabile, proprio perché tali dispositivi non riescono a coprire la sagoma del mezzo Inoltre l'età media degli agricoltori, soprattutto di quelli indipendenti e dei cosiddetti hobbisti, è molto alta e ciò, unito alla difficoltà dei luoghi, porta purtroppo ad un alto numero di incidenti che accadono in montagna. Questo è uno dei settori che come commissariato abbiamo seguito di più , non tanto per quel che riguarda l'aspetto prettamente antinfortunistico, che è materia di competenza provinciale, ma per cercare di offrire una soluzione normativa che regolamenti tali mezzi
A parte il settore agricolo, gli infortuni si verificano soprattutto nel comparto dell'edilizia e nelle aziende artigiane, che costituiscono la struttura portante del tessuto economico della Provincia, mentre sono molto inferiori nelle aziende industriali, che non hanno grandissime dimensioni Gli infortuni sono più numerosi nelle aziende piccole che in quelle più grandi, con un maggior numero di dipendenti Devo dire che l'attenzione da parte degli organi provinciali è molto alta: c'è interesse, si organizzano numerosi convegni e corsi rivolti alla sicurezza nel mondo del lavoro Trovo dunque adeguato quello che è stato fatto sino ad ora, anche se, ovviamente, può essere incrementato

TESTI
Desidero cominciare il mio intervento rispondendo, in maniera puntuale, alla domanda iniziale che ci è stata posta, riguardante la ripartizione delle competenze tra Stato e Provincia: le competenze in materia di lavoro attribuite dallo Statuto alla Provincia autonoma sono di vario tipo e non attengono, come noto, alla materia del diritto del lavoro, la cui disciplina è riservata allo Stato, bensì al collocamento, alla disciplina delle Commissioni provinciali e comunali per il collocamento e l'avviamento e alle funzioni amministrative delegate, quali ad esempio il trasferimento alle Province degli Uffici provinciali del lavoro, a cui ha fatto cenno il prefetto Squarcina Gli strumenti legislativi principali, come sapete, sono rappresentati dalle norme di attuazione dello Statuto In particolare, le norme fondamentali che regolano il settore sono tre: due DPR, il n. 280 del 1974 e il n. 526 del 1987, e un decreto legislativo, il n 430 del 1995 Le funzioni delegate sono disciplinate dalla legge provinciale
A fronte della legislazione nazionale, la Provincia di Bolzano interviene, considerate le specificità locali, con finanziamenti e programmi secondo le priorità da seguire, nonché regolando l'attività degli addetti ai lavori, ovvero gli uffici provinciali competenti (che, nell'ambito della Ripartizione lavoro, sono l'Ufficio provinciale del lavoro, con i suoi uffici periferici, l'Ufficio mercato del lavoro, l'Ispettorato del lavoro) e gli esperti privati. Nella Provincia di Bolzano, un atto molto importante, che costituisce la base dell'attività di prevenzione degli incidenti sul lavoro, è costituito dalla deliberazione della Giunta provinciale n. 1111 dell'8 aprile del 2002, intitolata «Piano provinciale sicurezza, salute ed igiene nei luoghi di lavoro». Questa è la base su cui si è innestata, a cascata, una serie di iniziative e di organismi, che poi elencherò rapidamente. Il Piano riguarda dunque la tutela sociale del lavoro e anche l'emersione del lavoro sommerso. Esso contiene i dati statistici raffrontati ai dati delle altre Regioni e degli altri Paesi europei e prevede la definizione delle priorità nel settore, al fine di favorire la prevenzione di infortuni sul lavoro e di malattie professionali, nonché la tutela sociale del lavoro e l'emersione del lavoro nero; la definizione di obbiettivi specifici e la conseguente programmazione degli intenti; l'integrazione delle politiche settoriali; il coordinamento delle iniziative di vigilanza e il monitoraggio dei fenomeni. I campi di azioni del Piano riguardano il monitoraggio continuo dei fenomeni, l'informazione, la consulenza, la sensibilizzazione, l'istruzione e la formazione mirata è rivolta all'opinione pubblica. L'attività di vigilanza e le misure normative a livello provinciale sono inoltre elencate in 18 misure specifiche, che vanno dall'istituzione di una banca dati provinciale alle iniziative di sensibilizzazione, dal coordinamento dei servizi di vigilanza alla ricerca sulle nuove sindromi legate all'attività lavorativa. Infine, il Piano inquadra le organizzazioni competenti, pubbliche e private, i comitati e le commissioni costituite tra le varie organizzazioni -il Comitato provinciale di coordinamento in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, la Commissione provinciale impiego e l'Osservatorio INPS sul lavoro irregolare - e le loro competenze specifiche. La parte che credo sia più interessante per la Commissione è quella relativa ad alcune criticità emerse in seguito a recenti incontri che ho tenuto con il mondo dell'imprenditoria e con il mondo sindacale, i cui rappresentanti, che ascolterete in seguito, saranno ovviamente più prodighi di particolari.
La sicurezza sul lavoro è una materia che comporta una distribuzione variegata delle competenze e che richiede una capacita di cooperazione stretta e collegiale, non sempre facile da ottenere. In molti settori economici, ad esempio, risulta ancora insufficiente l'operato dei comitati paritetici tra le parti sociali: quello che effettivamente funziona meglio e, per adesso, il Comitato paritetico edile. I comitati rivestono un ruolo di rilievo nell'ambito della sicurezza e della salute sui posti di lavoro, almeno in quei settori in cui gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali sono potenzialmente frequenti, ovvero l'edilizia, l'industria, l'artigianato e l'agricoltura.
A tal proposito anticipo - ma ne parleranno poi anche i rappresentanti degli organismi di settore - che il Comitato paritetico edile intende proporsi come partner dell'assessorato al lavoro della Provincia per effettuare i controlli preventivi sulla sicurezza nei cantieri. In sostanza, il presidente di tale Comitato intende avanzare la proposta di sottoscrivere un accordo con la Provincia, affinché vengano delegate anche agli esperti del Comitato paritetico le visite preventive nei cantieri Non si tratterebbe di una volontà di sostituirsi agli organi provinciali, ma di una suddivisione delle visite tra i 13 ispettori provinciali e gli esperti (in un numero che va tra i 10 e i 15) che potrebbero essere incaricati dal Comitato, garantendo un migliaio di controlli all'anno (attualmente i controlli sono poco meno della metà) Tale procedura sarebbe in linea con quanto previsto dal decreto legislativo n 81 del 2008 Una delle criticità segnalate dalle organizzazioni sindacali, infatti, riguarda il numero insufficiente degli ispettori provinciali - 13, a fronte dei 44 previsti ove si rispettasse il parametro di un ispettore ogni 5 000 lavoratori -, da cui deriverebbe l'insufficienza dei controlli Inoltre, vengono segnalate l'inattività - anche se la parola è impegnativa - del Comitato di coordinamento, la ridotta capacità di coercizione della Provincia in materia, rispetto agli standard nazionali, la mancanza di formazione del personale nelle aziende, ai sensi decreto legislativo n 81 del 2008, è la necessità di sinergia tra istituzioni e parti sociali
Anche il direttore dell'INAIL concorda sulla rilevanza della possibilità di riconoscere e catalogare le malattie professionali, nonché del settore della prevenzione, della formazione e della gestione della sicurezza In particolar modo, l'INAIL collabora strettamente con il Südtiroler Bauernbund, ovvero L'Unione Agricoltori e Coltivatori diretti, la Coldiretti di lingua tedesca, per approntare filmati didattici - ciò è molto importante
- tesi a prevenire gli incidenti in agricoltura, nonché con l'Unione del commercio, per la gestione della sicurezza nelle piccole aziende
Per quel che riguarda le forze dell'ordine, va detto che in Provincia di Bolzano non è presente - come ha accennato in precedenza il prefetto Squarcina a proposito della provincia di Trento - un nucleo dei Carabinieri per la tutela del lavoro Il comando provinciale svolge un'attività sussidiaria agli ispettori provinciali. Voglio evidenziare infine che dagli interventi effettuati dall'Arma dei carabinieri si evince che gli incidenti - fortunatamente non sempre mortali, anche se purtroppo sono circa la metà di quelli mortali, come sottolinea l'INAIL - avvengono nel settore dell'agricoltura Addirittura si registra una loro crescita tendenziale ed ormai, come ho accennato, rappresentano quasi la metà dei casi di infortunio mortale C'è stato dunque un incremento di tali incidenti, proprio nell'ultimo anno e all'inizio di quest'anno Si verificano incidenti anche nel settore dell'edilizia, derivanti da caduta dall'alto - dai ponteggi o per l'apertura dei solai - ma anche dallo schiacciamento da carichi sospesi o da folgorazione Nel settore dell'industria e dell'artigianato sono più frequenti gli infortuni provocati da caduta dall'alto per la mancanza di imbracature, per l'impiego non idoneo di mezzi di sollevamento o per attrezzature non adeguate Una specifica casistica deriva dall'utilizzo non corretto di macchine, quali seghe circolari e fresatrici Sia a Trento sia a Bolzano è infatti molto presente l'industria del legno: si tratta generalmente di medie industrie e, purtroppo, incidenti di questo tipo non sono rari Come detto in precedenza, nel settore agricolo si verificano infortuni causati dall'utilizzo di trattori privi di rollbar su pendii scoscesi.
Desidero avanzare un'ultima considerazione critica: dall'analisi generale dei dati forniti dall'ASTAT, l'Istituto provinciale di statistica, emerge che in linea di massima, col trascorrere del tempo, alcuni dei principali istituti introdotti dalla normativa in favore della sicurezza sui luoghi di lavoro vengono sempre meno percepiti come indispensabili. Se, nel 2000, circa l'85 per cento delle aziende locali disponeva di un servizio di prevenzione e protezione aziendale, nel 2004 questa percentuale è scesa al 55 per cento. Parimenti, nel 2000, l'80 per cento delle aziende aveva effettuato una valutazione dei rischi, a fronte del 54 per cento di quelle che l'hanno effettuata nel 2004. In sostanza, a fronte di una normativa che ha riguardato il decreto legislativo n. 626 del 1994, si cercava di risolvere il problema affidando ad esperti questi voluminosi piani di prevenzione sul lavoro, ai quali però non corrispondeva un sostanziale ed efficace sistema di misure di prevenzione. Adesso c’è anche una certa assuefazione rispetto a tale normativa, con una tendenza a ignorare questo tipo di incombenza, tra l'altro obbligatoria.

PRESIDENTE
Dottor Testi, la prego di voler spiegare meglio questa sua ultima riflessione, in riferimento ad un atteggiamento passivo (perlomeno così mi sembra di averlo interpretato) o a una stagnazione, come da lei definita.

TESTI
Presidente, io sto riportando il dato dell'ASTAT.

PRESIDENTE
Praticamente, sta dicendo che vi è una minore attenzione?

TESTI
In una prima fase, Presidente, c'era la tendenza da parte delle imprese a cercare di risolvere il problema della prevenzione affidando agli esperti la predisposizione di questo piano di prevenzione, come ad esempio la mappatura dei rischi. In questo modo, le imprese stimavano di avere svolto il loro compito. A detta convinzione, però, non ha corrisposto una efficace sensibilizzazione. Purtroppo, temo che questo sia un fenomeno accertato a livello nazionale.
Rispetto a quanto adesso l'ASTAT riferisce, i dati statistici hanno sì fondamento ma vanno presi con beneficio d'inventario. Su questo tema, saranno poi più precisi gli organi preposti ai controlli, a cominciare dall'Arma dei carabinieri. I dati sono i seguenti: se nel 2000 l'85 per cento delle aziende locali disponeva di un servizio di prevenzione, nel 2004, questa percentuale è scesa fino al 55 per cento; nel 2000, il 40 per cento delle aziende aveva effettuato una valutazione dei rischi a fronte del 54 per cento nel 2004.

MARAVENTANO
Dottor Testi, lei ha fatto cenno al lavoro sommerso Vorrei comprendere bene a cosa si riferiva e quale sia la situazione attuale

TESTI
La Guardia di finanza è molto attiva su questo fronte Nell'ambito dello svolgimento di un compito, che rientra nell'ordinarietà delle sue funzioni, la Guardia di finanza mi ha inviato un rapporto aggiornato proprio su questo fenomeno, che poi consegnerò alla Commissione
Nella definizione di lavoro sommerso sono generalmente ricompresi i concetti di lavoro nero e di lavoro irregolare, i quali sono strettamente connessi al grado, più o meno elevato, di osservanza della disciplina del settore Viene considerato lavoratore in nero il soggetto che, in sede ispettiva, è risultato impiegato in totale dispregio degli adempimenti prescritti In questo caso, si rende applicabile la cosiddetta maxi sanzione per il lavoro nero, prevista dall'articolo 3 del decreto-legge n 12 del 2002, di recente modificato dalla legge n . 183 del 2010, che commina una consistente pena pecuniaria per l'impiego di lavoratori per i quali non sia stata effettuata la comunicazione preventiva all'assunzione Poi c'è il lavoro irregolare, che coinvolge il soggetto rispetto al quale il rapporto di lavoro risulta instaurato ma per il quale non vengono osservate tutte le prescrizioni della normativa di settore In questa casistica rientrano, ad esempio, la irregolarità delle registrazioni sui libri obbligatori o il versamento di compensi fuori busta

MARAVENTANO
Mi perdoni, dottor Testi, ma io volevo sapere se il lavoro nero esiste e quali siano i soggetti interessati

TESTI
Sì, esiste. Non rappresenta un'emergenza, ma è presente in maniera non trascurabile Passo a elencare alcuni dati Per i lavoratori in nero abbiamo preso in esame tre anni: il 2008, il 2009 e il 2010 Nel 2008 abbiamo 241 lavoratori in nero, nel 2009 ne abbiamo 330 e nel 2010 ne abbiamo 773, con un aumento percentuale del 134 per cento I lavoratori irregolari scoperti erano 382 nel 2008, 530 nel 2009 e 340 nel 2010 Il totale delle posizioni non in regola, come dato complessivo, è nettamente in aumento: 623 nel 2008, 860 nel 2009, con un aumento pari al 38 per cento, e 1 113 nel 2010, con un aumento pari al 30 per cento

PRESIDENTE
Dottor Testi, esiste un'équipe di riferimento? Questo aspetto ci interessa particolarmente, anche per il lavoro del quale si occupa la senatrice Maraventano, perché tale équipe andrebbe a svolgere proprio il lavoro dei corrispettivi organismi parlamentari.
Inoltre, vorremmo sapere se vi è una differenziazione rispetto alla presenza di minori e anche di stranieri.

TESTI
Rispetto alla presenza di stranieri sicuramente sì, mentre la presenza di minori non è stata evidenziata dalla Guardia di finanza, né per iscritto né nel corso di colloqui. Eventualmente, però, potremmo anche chiedere un approfondimento.

NEROZZI
Tra questi lavoratori, nell'ambito dei lavoratori irregolari e dei lavoratori in nero, vi sono molti giovani e molti studenti italiani?

TESTI
No, la maggioranza dei lavoratori irregolari e in nero è costituita da lavoratori stranieri. I giovani altoatesini, sia di lingua italiana che tedesca, non sono presenti in queste rilevazioni.

NEROZZI
Negli ultimi anni, quindi, nonostante l'entrata in vigore della normativa, vi è stata una minore attenzione all'applicazione della stessa. Inoltre, come lei ha rilevato, sono aumentati gli incidenti mortali in alcuni settori, segnatamente in agricoltura. Quanto ho appena detto è esatto?

TESTI
Sì, la punta critica della mortalità è rappresentata proprio da questo settore. E dal punto di vista dell'adempimento formale, c'è stato senz'altro un calo di attenzione e una certa assuefazione a questo tipo di normativa.

PRESIDENTE
Desideriamo ringraziare i signori prefetti per il contributo dato. Ringraziamo, naturalmente, anche la Guardia di finanza per la documentazione, che è molto interessante, anche perché lei, dottor Testi, ha fatto riferimento a date che saranno da noi interpretate alla luce di una lettura più approfondita, per quanto riguarda il periodo dal 2000 al 2004. Dopo il 2004, invece, non vi sono elementi disponibili.
Dal momento che il dato si ferma al 2004, ed è un dato significativo, sia pure negativamente, vorrei sapere cosa è successo nelle rilevazioni successive relativamente al fenomeno di una riduzione di attenzione agli adempimenti di tipo burocratico.

TESTI
Le trasmetterò non appena in mio possesso.

PRESIDENTE
Vi ringrazio ancora per la vostra partecipazione, e dichiaro così conclusa questa audizione.


Audizione del sostituto procuratore della Repubblica di Trento e del sostituto procuratore della Repubblica di Bolzano

Intervengono il dottor Marco Gallina, sostituto procuratore della Repubblica di Trento, e il dottor Axel Bisignano, sostituto procuratore della Repubblica di Bolzano.

PRESIDENTE
Saluto i nostri auditi, che ringrazio per essere intervenuti e ai quali vado a spiegare le ragioni di questa audizione.
Il motivo della nostra presenza qui oggi è quello di comprendere, anche da notizie provenienti dal territorio, come il cosiddetto Testo unico venga applicato (sia pure nella parte operativa e non ancora nella parte soggetta a ulteriori deleghe) e quali siano i rilievi che potete segnalare, in modo particolare per quello che riguarda le vostre competenze, così da permetterci di assumere notizie direttamente dal territorio.
Abbiamo infatti ritenuto opportuno, a tre anni dall’emanazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, compiere questa visita nelle Regioni e, nella fattispecie, nelle province autonome per comprendere a che punto sia l'attuazione di tale normativa; se essa produca o meno gli effetti attesi, anche dal punto di vista delle vostre specifiche competenze; se tali norme abbiano un riscontro cogente in riferimento al tema che ci occupa o se riteniate che vi siano delle problematicità.

GALLINA
Signor Presidente, intervengo anche a nome dei miei colleghi della Procura della Repubblica di Rovereto. Si può sicuramente affermare, per quanto riguarda il Trentino, che la vigilanza, complessivamente intesa, è ben strutturata, anche se vi sono delle criticità. Queste ultime, con riferimento soprattutto al Testo unico, si riferiscono al mondo dell’agricoltura, un settore estremamente importante.
Al riguardo abbiamo avuto un contenzioso, che speriamo di risolvere a breve, con gli uffici ispettivi. Tramite una lettura, a nostro avviso assolutamente impropria, del Testo unico, così come modificato nel 2009, tali uffici ritengono che detta normativa (nello specifico l’articolo 21) non risulti applicabile alla categoria dei coltivatori diretti (il mondo agricolo trentino è composto di numerose aziende unifamiliari). Si tratta di una lettura impropria, che si rifà a un interpretazione del concetto di coltivatore diretto impropriamente, almeno a nostro avviso, derivata dal codice civile e da alcune normative o direttive europee che, a tutt’altri fini, distinguono, nell’ambito e nella figura, l’imprenditore agricolo dal piccolo coltivatore. È un contenzioso di rilievo, posto che nelle statistiche relative agli infortuni sul lavoro anche gravissimi (parliamo molto spesso di infortuni mortali) gli infortuni che coinvolgono i piccoli coltivatori e i coltivatori diretti non vengono conteggiati come infortuni sul lavoro.
Da un punto di vista strettamente giuridico, ciò potrebbe avere un senso laddove si affermasse che non si attiva una procedura investigativa e laddove il soggetto coinvolto sia lo stesso coltivatore diretto. Infatti, se la vittima fosse lo stesso soggetto non avrebbe senso aprire una procedura per infortunio sul lavoro. In questo modo, invece, si fanno derivare delle conseguenze anche sulla normativa prevenzionistica. La procura di Trento (e il collega Bisignano, della procura di Bolzano, con il quale ho parlato, sembra condividere questo tipo di impostazione) vorrebbe invece che si attivasse una campagna prevenzionale proprio con riferimento a questo tipo di infortuni, quasi sempre cagionati dall’utilizzo di mezzi agricoli non regolamentari.
L’altra criticità che avvertiamo qui in Trentino - ma che penso sia avvertita un po’ ovunque a livello nazionale - riguarda le difficoltà che si incontrano nell'applicazione alle fattispecie colpose tipiche dell'infortunistica sul lavoro di una normativa pensata ab origine per una serie di fattispecie dolose. Il riferimento è alle norme parzialmente ricollegate al Testo unico, che a sua volta richiama esplicitamente il decreto legislativo n. 231 del 2001 in materia di responsabilità amministrativa degli enti. Tale normativa prevedeva, e prevede tuttora, la possibilità di sanzionare anche gli enti, allorquando si possa affermare che un determinato reato sia stato commesso nell'interesse o ad oggettivo vantaggio dell'ente, quindi in un'ottica che si confà maggiormente ai reati dolosi e che risulta invece di difficilissima applicazione con riferimento ai reati colposi tipici dell'infortunistica sul lavoro.
Per quanto riguarda l'attività di vigilanza - con le distinzioni che poi saranno evidenziate dal collega Bisignano - essa è piuttosto intensa qui in Trentino: seguiamo ancora dei protocolli risalenti agli inizi degli anni '90, in virtù dei quali le procure di Trento e di Rovereto monitorano sistematicamente tutti i dati INAIL. In particolare, riusciamo a monitorare quasi tutti gli infortuni sul lavoro che si verificano nella nostra realtà, anche grazie alla piena collaborazione da parte dell'INAIL, delle strutture ospedaliere e dei medici competenti, che hanno dato una buona risposta da questo punto di vista.

BISIGNANO
Buongiorno a tutti. Coordino il gruppo di lavoro del settore prevenzione infortuni presso la procura della Repubblica di Bolzano.
Voglio iniziare questo mio intervento precisando innanzitutto che la nostra Provincia ha una specificità sotto il profilo organizzativo. Se, infatti, la procura di Trento ha un unico servizio che si occupa sia degli infortuni sul lavoro che dell'attività di prevenzione degli stessi e delle malattie professionali, noi abbiamo invece tre uffici distinti: uno che si occupa di medicina sul lavoro, uno che si occupa della vigilanza sui luoghi di lavoro e, infine, un altro ufficio che si occupa della ricostruzione degli infortuni sul lavoro. Tuttavia, proprio per quanto riguarda quest'ultimo ufficio, registriamo attualmente qualche problema perché, a causa della perdita di un'unità, si è creato un notevole arretrato - parliamo di un ritardo di circa un anno - nella ricostruzione degli infortuni sul lavoro: speriamo comunque di poterci rimettere ora in carreggiata da questo punto di vista.
In verità , soffriamo una carenza di personale anche per quanto riguarda il settore della vigilanza, dal momento che abbiamo solo sei ispettori che devono occuparsi di controllare tutta la Provincia di Bolzano. In ogni caso, nonostante le risorse limitate, abbiamo cercato di coinvolgere l'Arma dei carabinieri che, specie in Provincia di Bolzano, è capillarmente diffusa sul territorio; così, dal 2004 ad oggi, abbiamo organizzato una serie di incontri con tutti i comandanti di stazione per cercare di istruirli su alcuni aspetti particolari relativi ai possibili rischi, soprattutto mortali, legati al settore della cantieristica, che è quello nel quale in Provincia di Bolzano si registra il maggior numero di morti sul lavoro, perlopiù a seguito di cadute dall'alto. Non sappiamo in verità se ci sia una correlazione causale, ma a questo proposito possiamo comunque dire che sicuramente gli infortuni mortali nel settore della cantieristica si sono ridotti in maniera abbastanza drastica e radicale, ma penso che il dottor Sinn, che interverrà tra poco, potrà riferire più dettagliatamente sul punto.
Lo stesso tipo di problema si registra nel settore dell’agricoltura, dove bisognerà effettivamente adottare qualche misura, se si considera che lo scorso anno si sono verificati almeno quattro incidenti mortali che hanno visto coinvolti degli agricoltori schiacciati dai trattori. Si tratta di un fenomeno abbastanza rilevante anche nella nostra Provincia e sul quale bisognerà riflettere.
Come i colleghi di Trento, abbiamo anche noi il problema dell'applicabilità del decreto legislativo n. 231 del 2001: come procura della Repubblica di Bolzano abbiamo definito una sorta di linee guida interne - che adesso dovremmo approvare - per i casi in cui si applicherà tale normativa, anche se alla fine si tratta di ipotesi abbastanza marginali. Ciò è da ricondurre ad un evidente incongruenza normativa per cui, nel momento in cui il datore di lavoro fa una scelta di tipo organizzativo, si richiede la presenza di un oggettivo interesse e di un vantaggio per l’impresa, con la conseguenza che solo in questi casi - cioè solo nel momento in cui sia possibile effettivamente configurare una scelta di risparmio e quindi la decisione consapevole di privilegiare gli interessi dell’impresa rispetto alle necessità della prevenzione degli infortuni - è possibile esercitare l’azione penale anche nei confronti dell’ente. Il decreto legislativo n. 231 del 2001 si rivela quindi essere abbastanza limitativo o limitato nella sua applicabilità.
Per il resto, per quanto concerne ciò che in ipotesi si potrebbe ancora integrare nel Testo unico, è da segnalare la necessità di una modifica dell’articolo 19, che disciplina le responsabilità del preposto: in effetti, nell’attuale formulazione della norma, rispetto alla vecchia legge n. 626 del 1994, non si lascia alcuno spazio organizzativo al preposto, la cui attività diventa dunque di mera vigilanza, laddove in quella che è una normale struttura organizzativa aziendale-imprenditoriale un preposto ha anche una competenza sotto il profilo organizzativo, per quanto limitata. A questo punto, però, ove l’infortunio sul lavoro fosse da ricondurre a scelte sbagliate del preposto, diventerebbe difficile contestargli uno specifico reato di tipo prevenzionale; al limite, in una situazione di questo tipo, bisognerebbe forse assimilare la posizione del preposto a quella di un dirigente, avendo egli assunto delle decisioni dal punto di vista organizzativo, quando in realtà non era quello il suo compito o comunque il suo inquadramento in azienda.
Quelle che ho brevemente illustrato sono le problematiche che tendenzialmente registriamo in Provincia di Bolzano.

PRESIDENTE
Signori, se non vi crea troppo disagio, vi chiederemmo di farci pervenire una brevissima memoria proprio sugli argomenti da voi trattati, segnalandoci anche delle proposte che, secondo il vostro punto di vista, potrebbero colmare le lacune contenute nel decreto legislativo n. 231, nonché nel Testo unico, per quanto riguarda innanzitutto la figura del preposto e con particolare riferimento allo status dell'agricoltore diretto, in relazione alle problematiche illustrate soprattutto dal dottor Gallina. Questo ci permetterebbe certamente di capire meglio quanto ci state dicendo e di svolgere una riflessione interna con i nostri uffici legislativi.

GALLINA
Provvederemo ben volentieri in tal senso, signor Presidente.

NEROZZI
Vorrei sapere se l'interpretazione della normativa applicata al coltivatore diretto, che è stata qui riferita, si basa su delibere o su leggi provinciali.

GALLINA
No, non esiste alcun tipo di legislazione provinciale al riguardo: parlo ovviamente per il Trentino, non so se qualcosa di analogo sia avvenuto anche in Provincia di Bolzano.
Signor Presidente, mi permetto di parlare in termini assolutamente liberi. Il mondo agricolo in Trentino, e presumo anche in Alto Adige, è politicamente molto appetito ed esiste al riguardo una sensibilità particolare. L'azienda sanitaria trentina si è avvalsa di un discutibile parere pro veritate richiesto all'ufficio legale interno per avallare un'interpretazione che, a mio avviso, se già era discutibile nell'ambito della disciplina originaria dettata dal decreto legislativo n. 81 del 2008, è diventata però assolutamente improponibile alla luce della modifica normativa opportunamente inserita nel decreto legislativo n. 106 del 2009. Credo quindi che si tratti più una scelta di stampo politico che non di una decisione necessitata dal punto di vista normativo.
Va detto - e anche qui, a mio avviso, è ravvisabile forse un motivo di criticità - che, per converso, l'azienda sanitaria si è molto spesa nell'attività di consulenza nei confronti del mondo agricolo per cercare di stimolare i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli ad intervenire direttamente, anche se forse un po' impropriamente. In effetti il Testo unico, come del resto già la normativa precedente, prevede che debba esserci una netta distinzione tra ruolo consultivo e ruolo ispettivo, affinché non si arrivi con una mano a dare un consiglio e con l'altra a censurarlo. Tuttavia - ed è l'altro rilievo che mi sento di fare - nonostante tale normativa, non è dato comprendere, almeno dal punto di vista della procura, se qui in Trentino, all'interno degli uffici preposti della Provincia e dell'azienda sanitaria in particolare, vi sia questa distinzione. Da parte nostra, per la verità, abbiamo la sensazione che gli ispettori del lavoro vengano chiamati in un certo momento a fare i consulenti ed in un altro a fare i repressori.
In ogni caso, per quanto mi riguarda, credo che il dato normativo sia chiarissimo, tant'è che una semplice consultazione di Internet permette di verificare che quasi tutte le altre aziende sanitarie - parlo del Veneto, della Lombardia - hanno dato un'interpretazione profondamente diversa rispetto a quella dell'azienda trentina e decisamente più corretta.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti per il contributo offerto, rinnovando loro l'invito a trasmettere al più presto alla Commissione una documentazione dettagliata sui temi oggetto del nostro confronto.


Audizione dei direttori provinciali dell'INAIL di Trento e di Bolzano, del dirigente del Servizio Lavoro della Provincia di Trento, del direttore dell'Ufficio ispettivo del lavoro, del direttore dell'Unita operativa prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro (Azienda sanitaria provinciale Trento), del direttore della Ripartizione 19-Lavoro Bolzano e del dirigente del Servizio minerario di Trento (settore cave e miniere)


Intervengono il direttore provinciale dell'INAIL di Trento, dottor Fabio Lo Faro, il direttore provinciale dell'INAIL di Bolzano, dottor Robert Pfeifer, il dirigente del Servizio Lavoro della Provincia di Trento, dottor procurator Sergio Vergari, il direttore dell'Ufficio ispettivo del lavoro, dottoressa Alessandra Manzana, il direttore dell'Unita operativa prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro (Azienda sanitaria provinciale Trento), ingegner Enrico Maria Ognibeni, il direttore della Ripartizione 19-Lavoro Bolzano, dottor Helmuth Sinn e il dirigente del Servizio minerario di Trento (settore cave e miniere), dottor Alessandro Tomasi

LO FARO
Come direttore provinciale dell'INAIL di Trento, in linea di massima posso esporre una situazione coerente con il dato nazionale, se è questo quello che viene richiesto dalla Commissione.

PRESIDENTE
Non viene richiesto questo, ma vi chiediamo di riferire tutto quello che ritenete di poterci dire, e che ci vorrete dire, in riferimento al tema di cui oggi ci interessiamo.

LO FARO
L’INAIL si muove, come ovvio, in coerenza con il quadro normativo. In Trentino si registra una decrescita degli infortuni, così come avviene a livello nazionale. C’è poi una componente di infortuni legata all’agricoltura, così come in tutto il territorio regionale. I dati relativi agli infortuni mortali hanno un andamento alquanto sinusoidale: in questi ultimi cinque anni abbiamo avuto anche punte di 17 infortuni mortali. Nel 2010 il dato è stato fortunatamente più basso, con 10 infortuni mortali. Ciò non significa, però , che non si debba fare tutto il possibile.

PRESIDENTE
Si è verificato un aumento degli infortuni mortali in agricoltura?

LO FARO
Per quanto riguarda gli infortuni in agricoltura non c è stato un aumento nel 2010, mentre nel 2009 si sono verificati dei casi mortali legati al ribaltamento dei trattori: si tratta di un fenomeno che si verifica soprattutto in riferimento ai cosiddetti agricoltori di seconda, ovvero coloro la cui attività lavorativa principale è differente da quella agricola e che coltivano terreni di proprietà. Purtroppo abbiamo rilevato che in queste circostanze accadono incidenti di questo tipo.

PRESIDENTE
Questi agricoltori sono vostri assicurati?

LO FARO
Sono assicurati con l'INPS, perché provengono dall'ex SCAU, il Servizio per i contributi agricoli unificati. Noi ci occupiamo però della parte legata agli infortuni sul lavoro, che quindi vengono tutelati e risarciti dal nostro Istituto.

PRESIDENTE
Secondo lei, questi agricoltori, che svolgono lavoro agricolo al di fuori dell'orario del loro lavoro principale, sono tutti censiti?

LO FARO
Perlopiù sono censiti.

PRESIDENTE
L'ho chiesto per capire se il fenomeno è maggiore di quello di cui abbiamo dati e notizie.

PFEIFER
Non intendo interrompere il collega di Trento, ma vorrei solo suggerire che, perlomeno da quando è operativo il Fondo di sostegno per i familiari delle vittime di gravi infortuni sul lavoro (che viene gestito dall'INAIL per conto del Ministero del lavoro, a partire dal decreto legislativo n. 81 del 2008) vengono censiti anche i soggetti non assicurativamente tutelati dal Testo unico n. 1124 del 1965: nell'esposizione dobbiamo infatti tenere distinti i due Testi unici. Questi casi vengono dunque rilevati.
Desidero approfondire subito l'aspetto riguardante gli infortuni in agricoltura. C'è una profonda differenza tra la Provincia di Bolzano e quella di Trento, proprio perché la quota degli occupati in agricoltura in Alto Adige si aggira comunque intorno al 7 per cento. In questo caso mi riferisco non solo agli occupati dipendenti, ma anche a quelli autonomi. Questo dato spiega forse la differente incidenza degli infortuni in agricoltura rispetto alla Provincia di Trento, che ha comunque la stessa morfologia dell'Alto Adige. È infatti presente un'agricoltura di montagna, che sicuramente ha delle caratteristiche particolari e di pericolosità più alte rispetto a quella di pianura.
In Alto Adige si registra un'incidenza abbastanza rilevante del comparto agricolo, con un tendenziale aumento degli occupati negli ultimi anni: è questo un fenomeno abbastanza interessante dal punto di vista socio-economico generale. Contestualmente vediamo che, pur mantenendosi molto alto il tasso di incidenza degli infortuni in agricoltura, non c'è una correlazione strettissima. Purtroppo, invece, per gli infortuni mortali ci sono delle oscillazioni molto elevate da un anno all'altro. Ad esempio, il 2010 per l'Alto Adige è stato un anno abbastanza tragico sotto questo profilo, con 13 morti solo nel settore dell'agricoltura. Erano tutti lavoratori autonomi - quindi non lavoratori dipendenti - e gli incidenti sono stati connessi a lavori di deforestazione, quindi al taglio della legna, o all'utilizzo di macchine agricole su terreni scoscesi.
Il nostro Istituto, proprio perché con il Testo unico n. 81 del 2008 e con il decreto legislativo n. 106 del 2009 ha acquisito ulteriori competenze in materia di prevenzione e di attività promozionali, oltre che di altro tipo, cerca di coinvolgere in prima persona i soggetti esposti a rischio, d intesa con tutti i soggetti pubblici e privati - chiamiamoli così - come le parti sociali. Ciò viene fatto attraverso accordi, convenzioni e protocolli d intesa. Sono state messe in atto alcune iniziative, a mio avviso interessanti, anche se non devo certo essere io a dare un giudizio in merito. Proprio in questi ultimi giorni è stato presentato un prodotto di tipo promozionale, diretto al mondo dell’agricoltura, riguardante i pericoli nell’ambito dell’unità produttiva agricola, che affrontata i vari rischi mediante cortometraggi didattici. Questi filmati saranno portati nelle varie circoscrizioni e nei vari paesi a cura dell’associazione degli agricoltori locali, proprio per effettuare una campagna di sensibilizzazione. Bisogna sempre ricordare che le macchine, la tecnica e la normativa vigente sono sicuramente determinanti, ma bisogna lavorare molto anche sulla cultura della sicurezza. Questo vale ovviamente anche per gli altri settori.

PRESIDENTE
L'INAIL ha posto in essere anche delle misure di sostegno a fondo perduto per l’ammodernamento delle macchine agricole. Voi probabilmente avete avuto riscontri e attenzione da parte degli operatori: vorrei sapere se si è configurato il problema del superamento della soglia del cosiddetto de minimis, che in qualche modo preclude la possibilità di attingere ai fondi.

PFEIFER
Posso portare ad esempio la nostra esperienza relativa al recente bando per gli incentivi economici diretti alle piccole e alle piccolissime imprese - ma non solo - di tutti i settori produttivi, che risale al 2010. Per quanto riguarda l’Alto Adige abbiamo avuto 108 richieste e ne abbiamo potute soddisfare solo 59, per una ristrettezza del budget a disposizione. Non so se parlare di ristrettezza oggettiva del budget o di insufficienza di questo rispetto alle richieste. Il nostro budget è stato stabilito a livello nazionale: sono stati distribuiti 60 milioni di euro in totale e per l’Alto Adige ne sono stati assegnati 527.000. La maggioranza delle domande di finanziamento, anche grazie a un apposita campagna, riguarda le aziende agricole e sono tutte per investimenti in macchinari.

PRESIDENTE
Dunque per investimenti in sicurezza?

PFEIFER
Per investimenti in macchinari o per l’adattamento dei trattori. Una delle criticità, come ha già evidenziato il Presidente, deriva dalla regola del de minimis, che per gli agricoltori pone una soglia molto bassa, ovvero di 7.000 euro nel triennio, mentre per le altre aziende il limite è assai più elevato. Sicuramente, se a livello governativo, e anche europeo, si potesse, in qualche modo, risolvere questo problema portando il limite più in alto sarebbe una misura sicuramente molto gradita e utile.

PRESIDENTE
La Commissione ha già studiato un testo per verificare tale possibilità. Al riguardo ci confronteremo con l’Europa, ovviamente coinvolgendo le altre Commissioni permanenti che trattano la materia, per fare in modo che i contributi a fondo perduto riguardanti ogni azione di miglioramento sulla sicurezza non vengano computate nel limite del de minimis. Apriremo tale dibattito in sede europea e vedremo cosa accadrà. Riteniamo però giusto, anche con la nostra presenza, darvi conto di quanto stiamo facendo.

SINN
Presidente, sono il direttore della Ripartizione 19 Lavoro della Provincia Autonoma di Bolzano, che si occupa di tutta la materia del lavoro nella Provincia. Oltre al collocamento, all'avviamento e alla mediazione per il lavoro, noi ci occupiamo anche, a differenza delle altre Regioni, della tutela tecnica del lavoro.
Nelle altre Regioni, già a partire dalla Provincia di Trento, questa competenza appartiene ai comprensori sanitari e, quindi, alle aziende sanitarie locali. La Provincia di Bolzano, invece, ha compiuto la scelta di lasciare questo servizio nell'ambito di competenza quasi esclusivo della Provincia. Solo la medicina del lavoro rientra nella competenza della sanità. Tutti gli altri uffici che si occupano della sicurezza sul lavoro e della tutela tecnica si trovano nell'ambito della ripartizione lavoro. Alcuni uffici fanno comunque parte dell'amministrazione provinciale, ma non della ripartizione lavoro. Ad esempio, l'ufficio Aria e Rumore fa parte dell'Agenzia provinciale dell'ambiente, così come l'ufficio prevenzione incendi fa parte della ripartizione antincendi e civile. Ripeto, però, che la maggior parte degli uffici, come l'ex ispettorato del lavoro (che da noi è denominato ufficio tutela sociale del lavoro), i settori prevenzione infortuni, controlli nelle ditte, e tutela tecnica del lavoro, appartengono alla ripartizione lavoro.
Vorrei descrivere la nostra situazione. Noi abbiamo posto l'accento e individuato le priorità di intervento soprattutto sui controlli e sulle ispezioni sul lavoro, nonché su quattro punti fondamentali in collaborazione con la Procura della Repubblica. In primis, negli ultimi anni ci siamo soprattutto occupati delle cadute dall'alto di lavoratori o di cose. Il secondo aspetto sul quale abbiamo posto l'attenzione è il pericolo da seppellimento. Il terzo è il pericolo da elettrocuzione e, in quarto luogo, la movimentazione meccanica dei carichi.
Abbiamo compiuto circa 1.000 ispezioni nel corso di un anno. Con riferimento alla soglia fissata dalla Commissione salute per le Regioni e le Province autonome (che ha previsto nel piano edilizia nazionale, dal 2008 al 2010, una quota cantieri assegnata alle Province autonome di Trento e di Bolzano pari a 1.263 unita equamente divise fra le due) avremmo dovuto eseguire 631 controlli. Ebbene, ne abbiamo effettuati 1.182, un numero di gran lunga superiore. Riportando solo i dati riferiti al 2010, abbiamo quindi controllato 1.182 cantieri edili, 152 aziende fisse e 1.334 luoghi di lavoro.
Le penalità comminate e le comunicazioni di notizie di reato alla Procura della Repubblica sono state 563, quindi circa la metà.

PRESIDENTE
Qual era, essenzialmente, la tipologia di queste comunicazioni?

SINN
Il mancato rispetto del POS, le misure non attuate per quanto riguarda i dispositivi di protezione individuale (ad esempio, il mancato rispetto dell’obbligo di portare l’elmetto) e la mancanza delle impalcature, soprattutto nel settore edile.
Comunque, se in più della metà delle aziende troviamo delle irregolarità, qualcosa non funziona e, a nostro avviso, non è la sicurezza sostanziale, bensì la sicurezza formale. Noi siamo dell’avviso che esista troppa burocrazia, che vengano richiesti troppi documenti, la cui assenza, laddove non si trovino in loco, comporta l’emissione di una sanzione. È a questo aspetto formale che risalgono le sanzioni, non alla sicurezza sostanziale rispetto alla quale, a nostro avviso, soprattutto con riferimento ai quattro punti cui facevo riferimento, abbiamo realizzato un aumento del livello di sicurezza e della cultura della sicurezza.
Puntiamo anche sull’informazione, soprattutto dei lavoratori, ma anche dei datori di lavoro, e riteniamo che il problema della sicurezza non si possa risolvere lasciando che il lavoratore sia convinto che sarà il datore di lavoro a occuparsi della sicurezza e che egli dovrà fare solo quanto gli viene indicato. Noi puntiamo anche sulla autoresponsabilizzazione del lavoratore e sulla sua consapevolezza di avere un lavoro da svolgere e di doversi occupare lui stesso della propria salute. A tal riguardo, riporto qualche esempio. Noi abbiamo condotto le seguenti campagne di sensibilizzazione: «Prendi in mano la tua sicurezza»; «Uso il casco perché; uso la testa»; «Uso gli occhiali perché mi piace vederci chiaro»; «Ascolta: proteggi il tuo udito». Questi volantini vengono distribuiti all'atto del controllo, perché in quel momento sfruttiamo la sinergia: operiamo il controllo e, oltre a questo, consegniamo questo materiale informativo. Ad esempio, abbiamo risposto a questioni tecniche relative al lavoro con la gru; oppure, dando informazioni su come usare concretamente i carrelli elevatori a motore o le macchine per il movimento terra. Queste informazioni si trovano anche su Internet e sono molto utili.
Operiamo altresì dei controlli congiunti con l’Arma dei carabinieri, presso la quale ci rechiamo periodicamente per formare i comandanti della stazione, cosicché anche costoro si possano rendere conto delle situazioni che non funzionano. Il prossimo incontro informativo con l’Arma dei carabinieri è previsto per il 5 maggio e ad esso parteciperanno tutti i comandanti della stazione.
Non faccio ora cenno alla nostra campagna straordinaria di formazione e a quella di sensibilizzazione per l’agricoltura, della quale ha già riferito il direttore provinciale dell'INAIL di Bolzano. Faccio solo un esempio in relazione al sistema «Sentinel», sviluppato con una ditta di Modena. Si tratta di un piccolo dispositivo montato sulla macchina agricola, che fa scattare l’allarme quando la situazione diventa pericolosa. Relativamente a questo progetto, aspettiamo un contributo da parte dell’amministrazione pubblica al momento dell'acquisto del dispositivo da parte degli agricoltori, dal momento che costa circa 800 euro, cifra che per un contadino, soprattutto di montagna, e con un basso reddito, rappresenta un investimento importante.
Passo ora a descrivere altri punto di criticità, per poi concludere il mio intervento con alcune proposte. Il territorio della provincia di Bolzano è caratterizzato da una elevata presenza di micro imprese, il 30 per cento delle quali ha non più di cinque addetti. Quindi, già il dover produrre tutta questa documentazione burocratica per così pochi addetti comporta la necessita di dover prestare maggiore attenzione alla sicurezza formale piuttosto che a quella sostanziale. Se possibile, dunque, vi chiederei una riduzione della documentazione da produrre, a vantaggio di una maggiore concretezza nell'attuazione della normativa sulla sicurezza.

PRESIDENTE
Su questo punto, dottor Sinn, avete delle proposte precise da avanzare? In tal caso, vi chiediamo di presentarle o anche di inviarcele.

SINN
Presidente, ho qui con me un breve promemoria di sei pagine, che posso volentieri consegnarvi.

PRESIDENTE
Dottor Sinn, la vostra impostazione è comprensibile e potrebbe anche essere condivisa. Però, per evitare che diventi uno slogan privo di contenuti, sarebbe opportuno conoscere esattamente la documentazione.

SINN
Presidente, la documentazione da allegare ai piani operativi deve senz'altro indicare che i lavoratori sono stati formati e che i corsi sono stati frequentati. Questa documentazione, che deve essere presente sul cantiere, potrebbe anche essere tenuta presso l'azienda, cosicché, quando l'ispettore del lavoro ne avesse bisogno, potrebbe trovarla lì. Ricordo, infatti, che se tale documentazione non è disponibile scattano delle sanzioni. Il DURC, ad esempio, è richiesto anche per lavori di non grande entità. Un artigiano che svolge un lavoro della durata di qualche ora, ad esempio, dovrebbe presentare questo documento. Proprio per questi casi, quindi, riteniamo che si potrebbe prevedere l'obbligo del DURC solo a partire da lavori di una certa entità (ad esempio, dai 10.000 euro in su).
Attendiamo poi l'elaborazione, da parte della Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro, della procedura standardizzata per la valutazione dei rischi, in modo che le imprese fino a 50 dipendenti possano fare la valutazione dei rischi in base a un modello predisposto. È vero, infatti, che le ditte fino a 10 dipendenti possono fare l'autodichiarazione, ma con questa procedura la valutazione concretamente non viene fatta. Questi sono i punti di criticità e le proposte che avanziamo al riguardo.

PRESIDENTE
Dottor Sinn, lei ha parlato di un numero di visite ispettive che supera le 1.000. Si tratta di visite ispettive o di visite di consulenza?

SINN
Presidente, si tratta, a tutti gli effetti, di visite ispettive e di controllo. Per quanto riguarda le visite di consulenza, noi puntiamo fortemente sulle visite effettuate dai comitati paritetici. Con l’occasione, rispondiamo anche ai sindacati che lamentano la scarsità di ispettori e ne chiedono sempre di più. Naturalmente, saremmo grati di avere a disposizione qualche ispettore in più , ma non possiamo certo assegnare un ispettore ad ogni cantiere. Questo non è consentito dalla situazione reale.
Come ho già detto, puntiamo fortemente sulle visite di consulenza o di controllo da parte dei comitati paritetici: in particolare, c è un attività di consulenza che viene svolta dai tecnici cui le visite sono affidate e, qualora non ci si attenga alle indicazioni date, potrebbe comunque essere sempre richiesto il nostro intervento quale organo di controllo.

PRESIDENTE
Mi perdoni, dottor Sinn, se mi permetto di sottoporle una riflessione, ma credo che da questo punto di vista bisognerebbe stare però) un po' attenti, perché il rischio è che «la maionese impazzisca», nel senso che gli stessi soggetti non possono essere consulenti in un momento ed ispettori in un altro. Si tratta di un problema che conosciamo e che stiamo verificando anche sul territorio. Per questo, come Commissione vi chiediamo di attenervi ad una più specifica e rigida differenziazione, in modo tale che le strutture che fanno capo alla Ripartizione 19-Lavoro della Provincia autonoma di Bolzano - così come da lei descritta - si occupino delle visite ispettive; si può lasciare eventualmente ai Comitati paritetici l’attività di consulenza, ma essi non possono comunque effettuare le visite ispettive, altrimenti si creerebbe un conflitto con la stessa magistratura.

SINN
Mi scusi, signor Presidente, ma forse non mi sono spiegato bene.
Noi svolgiamo i nostri controlli, mentre ai comitati paritetici sono lasciate le visite di consulenza, nel corso delle quali può accadere che vengano date alcune indicazioni e che le stesse non vengano però rispettate. A questo punto, noi possiamo essere chiamati ad intervenire sul campo come organo di controllo e ad emettere poi ovviamente le eventuali sanzioni. C’è da dire che da parte nostra puntiamo molto sul fatto che già prima, in base alla consulenza offerta dai comitati paritetici, ci si attenga alle indicazioni date. Per questo motivo ci incontriamo periodicamente con i comitati paritetici, proprio per capire come vanno le loro visite e per uno scambio di informazioni sugli esiti delle nostre stesse ispezioni.

OGNIBENI
Buongiorno, sono il direttore dell'Unità operativa prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria provinciale di Trento e sono qui in rappresentanza del direttore, dottor Maranelli.
Vorrei cominciare il mio intervento descrivendo il modo in cui sono ripartite sul nostro territorio le competenze delle Direzioni provinciali del lavoro. All'azienda sanitaria provinciale sono assegnati per competenza gli aspetti relativi alla sicurezza e all'igiene sul lavoro, mentre le altre competenze spettano al Servizio lavoro della Provincia autonoma di Trento. Sono invece assegnate all'ispettorato antincendio del Corpo dei vigili del fuoco alcune competenze relative all'applicazione della normativa antincendio contenuta nel decreto legislativo n. 81 del 2008, mentre le competenze per quanto riguarda le cave ed il settore estrattivo, sempre in seno alla Provincia autonoma di Trento, spettano al Servizio minerario.
Per quanto attiene alla nostra attività, siamo un'unica struttura che opera su tutto il territorio della Provincia di Trento, con competenze in materia di medicina del lavoro, di igiene e sicurezza, oltre a quelle di vigilanza negli ambienti di lavoro. Per questo l'unita operativa è attualmente divisa in tre nuclei operativi, tra cui in particolare il «Nucleo impianti e cantieri», che dirigo, che si occupa di vigilanza nel settore dell'edilizia e anche di tutte quelle competenze riguardanti l'impiantistica, la sicurezza, i macchinari, gli impianti e le verifiche periodiche degli stessi, che in altre Regioni italiane sono assegnate invece alle Agenzie regionali della prevenzione e ambiente.
Per quel che concerne la sicurezza, stiamo sviluppando la nostra attività secondo le linee guida della Campagna nazionale di vigilanza nei cantieri, citate anche dal dottor Sinn, che prevede 50.000 cantieri da ispezionare in un anno, di cui circa 630 sul nostro territorio, equamente suddivisi. A questo proposito c’è da dire che sin dal 2002 la nostra unita operativa ha individuato alcuni criteri di priorità, fissando 12 linee di intervento, attualmente raggruppate a livello nazionale nelle tre priorità del minimo etico di sicurezza (il riferimento è sostanzialmente alle cadute dall'alto e al rischio di sprofondamento), che sono quelle che ci guidano nello svolgimento della nostra attività.
Voglio ricordare che negli anni passati avevamo avuto indicazione da parte della stessa procura della Repubblica - e noi facciamo riferimento alle due procure di Trento e di Rovereto - di effettuare i controlli ispettivi verificando che tutti i soggetti avessero svolto correttamente il loro ruolo, non limitandoci quindi soltanto alle violazioni più evidenti delle normative di sicurezza. Proprio sulla base di questa indicazione, ci stiamo progressivamente avvicinando all'obiettivo dei 630 cantieri: lo scorso anno ne abbiamo ispezionati 529. A questo proposito, va detto che la nostra unita operativa, unitamente all'attività di sorveglianza e vigilanza nei luoghi di lavoro, offre anche ausilio alla magistratura per le indagini volte a verificare le cause e le circostanze che hanno determinato gli infortuni, per cui le richieste che provengono dalle procure influiscono molto sull'organizzazione della nostra attività.
Per quanto riguarda specificamente l'attività di vigilanza, abbiamo redatto più di 600 verbali nel corso delle oltre 500 ispezioni che abbiamo svolto nei cantieri, riscontrando purtroppo anche noi tutta una serie di violazioni relative alla documentazione, anche se le violazioni più consistenti sono quelle riconducibili alle tre priorità del minimo etico di sicurezza (numerose sono, ad esempio, le cadute dall'alto). c’è dunque ancora la necessita di migliorare le condizioni di sicurezza nei cantieri. Aggiungo che i nostri interventi vengono programmati sia in sede che sul territorio, cercando di intervenire in quelle situazioni in cui sono già evidenti dal di fuori le violazioni della normativa in materia di sicurezza; successivamente, una volta entrati all’interno del cantiere, si procede alla valutazione di tutte le posizioni, per cui può accadere che si ravvisino responsabilità in capo ai coordinatori o ai committenti, perché non hanno svolto il loro ruolo, o anche in capo agli imprenditori o, da ultimo, alle stesse imprese affidatane, un soggetto che prima non era coinvolto, ma il cui ruolo è stato evidenziato con il decreto legislativo n. 81 del 2008. Accanto al Piano edilizia, ricordo anche il Piano dei controlli: su 250.000 aziende indicate, a noi spettava il controllo di 1.200, se non vado errato; ci stiamo avvicinando all’obiettivo, visto che lo scorso anno ne abbiamo ispezionate circa 1.100.
Per quanto riguarda il settore dell'agricoltura, com'è già stato anticipato, anche la nostra struttura ha partecipato al progetto di assistenza che è stato avviato non solo nei confronti degli imprenditori agricoli, ma anche delle officine che intervengono nell’adeguamento delle macchine agricole in relazione all’installazione dei sistemi di protezione contro il rovesciamento ed il ribaltamento delle stesse.
Con riferimento all'attività di vigilanza, ci tengo a dire che riscontriamo l'esistenza di realtà imprenditoriali di modesta entità: nei cantieri non si trova più l'impresa, ma una miriade di soggetti, ciascuno con la propria competenza, con la necessita dunque in molti casi di doverli coordinare; accade allora che il coordinatore della sicurezza può svolgere un suo ruolo, ma in qualche caso non riesce a trovare il giusto spazio.
Vorrei soffermarmi, infine, sulle verifiche periodiche previste dal decreto legislativo n. 81 sulle attrezzature utilizzate. Sappiamo che sta per essere varato un decreto che prevede la possibilità di intervento anche da parte di soggetti privati, che tuttavia nella nostra Provincia era stata peraltro anticipata con la legge provinciale n. 3 nel 2007, mentre in Provincia di Bolzano era stata già prevista qualche anno prima. Ci siamo pertanto adoperati affinché la struttura di tecnici che opera sul nostro territorio possa continuare la sua attività, proseguendo il lavoro al fianco dei nuovi organismi che verranno ora riconosciuti a livello ministeriale, avendo investito risorse per creare e formare la figura dell’esperto verificatore.

NEROZZI
Abbiamo appreso che, alla luce di una certa interpretazione della normativa da parte della ASL di Trento, non sarebbero ricompresi nelle statistiche relative agli incidenti mortali sul lavoro gli infortuni che vedono coinvolti i coltivatori diretti o alcune tipologie di coltivatori diretti.
Potreste farci avere al riguardo il parere pro veritate del vostro ufficio legale per quanto riguarda il settore agricolo? Si tratta infatti di una situazione anomala, visto che i singoli coltivatori diretti - lo dico in termini piuttosto crudi - pur essendo morti non risulterebbero più tali.
Non ho poi capito se il riferimento è ai soli coltivatori diretti «singoli» o anche a quelli di «seconda generazione», cui si è fatto riferimento poco fa, quelli cioè che hanno un doppio lavoro. Credo che il riferimento sia ad entrambe le categorie.

OGNIBENI
Senatore Nerozzi, non ho con me questi dati, ma provvedere» a trasmettere al più presto una nota alla Commissione.
Posso comunque dire fin d'ora che sono a conoscenza del fatto che, proprio in relazione all'attività di adeguamento delle macchine agricole, è stato fatto un approfondimento per capire l'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 81.

NEROZZI
Sono personalmente molto interessato alla questione, perché se riuscissimo a trasformare i morti in vivi sarebbe certamente un fatto importante.

PRESIDENTE
Sarebbe per noi importante avere questi dati, anche perché, trattandosi di un aspetto particolare, ci aiuterebbe sicuramente ad arricchire il nostro ambito di conoscenze.

TOMASI
Con il mio intervento desidero concludere l'illustrazione relativa ai temi della sicurezza e dell'igiene del lavoro: il servizio minerario della Provincia si occupa infatti della sicurezza e dell'igiene del lavoro nell'ambito delle cave e delle miniere. Oltre a questo compito ispettivo abbiamo anche il compito di controllare la regolare esecuzione dei progetti di cava. Quindi svolgiamo delle ispezioni sia ai fini del rispetto del territorio, sia per controllare l'igiene e la sicurezza del lavoro. Abbiamo circa 200 attività da controllare, tra cave, miniere e acque minerali e ci occupiamo degli infortuni che avvengono all'interno delle cave, delle miniere o nel corso della cosiddetta prima lavorazione. Su tutti gli infortuni che ci vengono comunicati svolgiamo un'istruttoria in collaborazione con i Carabinieri presenti sul territorio, e di tutti gli infortuni trasmettiamo l'istruttoria, con i relativi risultati, all'autorità giudiziaria.

PRESIDENTE
Questo è normale.

TOMASI
Mi riferisco altresì agli incidenti con una prognosi di breve durata, anche con tre giorni di prognosi, sulla base di una circolare dell'autorità giudiziaria, risalente alla fine degli anni Novanta. Il numero degli infortuni negli ultimi anni è nettamente diminuito: c'è da dire che è diminuito anche il numero degli occupati nel settore, ma la riduzione degli infortuni, in proporzione, è stata nettamente superiore. Nel 1994 si sono verificati 139 infortuni e negli ultimi due anni questo numero si è attestato intorno ai 18 infortuni, quindi c'è stata una riduzione decisamente considerevole. Nello stesso periodo c'è stata una riduzione degli occupati, che sono passati da 1.433 a 937. Non ravvediamo quindi delle criticità particolari; inoltre riusciamo ancora a svolgere tutte le istruttorie, in collaborazione con i Carabinieri.

PRESIDENTE
Lei ci ha parlato correttamente delle sue specifiche competenze, come ha fatto anche l'ingegner Tomasi. Mancano però i funzionari che si occupano degli altri settori, che ci possano parlare delle loro competenze. La invito cortesemente a chiedere al direttore generale della ASL una relazione o, se preferisce, di partecipare ad un audizione a Roma.

OGNIBENI
Quali sono i tempi per l’invio della relazione o per svolgere l’eventuale audizione?

PRESIDENTE
Vi chiediamo di farlo nel tempo più breve possibile, perché l'avremmo dovuta avere già oggi. Lei ha rappresentato la situazione di un settore, ma manca chi rappresenta le altre aree.

OGNIBENI
Abbiamo ritenuto che, per quanto riguarda le competenze proprie della Direzione provinciale del lavoro, il settore più pertinente fosse quello relativo all’area dei cantieri.

PRESIDENTE
Ci sono però anche altre aree. L'agricoltura ha la stessa importanza degli altri settori, anzi credo che ne abbia ancora di più in questa zona.
In genere, tale settore può incidere meno di altri, anche se è comunque tra i comparti a cui destiniamo primaria attenzione. Credo però che in questo territorio all’agricoltura debba essere riservata la massima attenzione, come è stato anche confermato da quanto abbiamo sentito dagli altri auditi. E dunque è necessario che ci forniate un quadro molto più specifico. È infatti importante instaurare un dialogo, altrimenti avremmo potuto limitarci a chiedervi cortesemente una relazione, che sicuramente ci avreste mandato. Riteniamo però assai importante il confronto diretto, attraverso cui si può approfondire, ci si capisce meglio e credo si possa comprendere in modo più esatto e realistico una situazione particolare.
In Trentino-Alto Adige, ad esempio, la ripartizione delle competenze è completamente diversa rispetto a quella delle Regioni a statuto ordinario. A differenza della Provincia di Bolzano, che è strutturata diversamente rispetto al resto d Italia, le aziende sanitarie hanno di fatto il 70 per cento circa delle competenze in tema di infortuni sul lavoro, mentre un altro segmento spetta agli Ispettorati provinciali del lavoro, presso le Direzioni provinciali del lavoro. La presenza sul territorio consente, attraverso il dialogo, di capire anche questi meccanismi, soprattutto nelle Regioni a statuto speciale. Per noi questo non è un aspetto nuovo, ma si tratta certamente di una situazione differente rispetto a quella degli altri territori. Quindi, un approfondimento è molto interessante, proprio per questo motivo.

VERGARI
Cercherò di offrire un contributo sul piano dell'organizzazione delle competenze, ma non credo che riuscirò ad offrire un contributo ulteriore per quel che riguarda la conoscenza dei fenomeni in materia infortunistica. Il servizio che rappresento assume su di sé le competenze dell'Ispettorato del lavoro: è noto infatti che non ci sono uffici statali nelle Province di Trento e Bolzano e quindi le competenze degli Ispettorati sono state acquisite e organizzate dalle due Province.
La mia struttura è analoga a quella illustrata dal collega di Bolzano: a Bolzano si chiama Ripartizione lavoro, mentre a Trento si chiama Servizio lavoro. La differenza tra le due strutture è legata al fatto che tra le competenze assegnate al Servizio lavoro della Provincia di Trento non sono state incluse quelle relative alla gestione della sicurezza sui luoghi di lavoro, laddove sono incluse tutte le competenze relative alla vigilanza dei rapporti di lavoro. C'è dunque una linea di demarcazione molto chiara per quanto riguarda le competenze in materia di salute e sicurezza, che appartengono per gran parte all'azienda sanitaria e per un'altra parte, con riguardo alla vigilanza sulle cave, ad un'altra struttura della Provincia, rappresentata dal servizio minerario. Questo è il quadro delle competenze, per semplificare.
Per tale motivo non riuscirò ad offrire un contributo specifico sui fenomeni infortunistici, perché non c’è una gestione diretta delle competenze da parte della Provincia, se non per quanto riguarda il servizio minerario. Se può essere interessante, posso spendere alcune parole sul tema delle possibili cause dei fenomeni infortunistici, dal punto di vista di chi si occupa della vigilanza sui rapporti di lavoro, dal momento che è abbastanza consolidata una loro correlazione con il lavoro sommerso. Vale dunque la pena offrire uno spunto sul tema delle condizioni di lavoro, sull'incidenza del lavoro sommerso e sul contributo negativo che ciò può offrire al fenomeno degli infortuni.
Posso dire in premessa che, per quanto riguarda la Provincia di Trento - credo sia un caso ancora unico a livello nazionale - è stata creata una banca dati delle attività di vigilanza. Su questo aspetto il Ministero del lavoro sta ancora lavorando e ha attuato una sua sperimentazione, ma a livello nazionale non esistono dati storici articolati su tale fenomeno. Abbiamo cercato, all'inizio di questo decennio, di costruire una banca dati specifica, che prendesse innanzitutto come riferimento il rapporto tra numero di soggetti e di aziende ispezionati e numero di aziende attive, per capire l'attendibilità del campione di riferimento e per avere chiaro quale può essere il livello di significatività dei dati. Partendo da campioni che riteniamo abbastanza attendibili, visto che i dati che riusciamo a raccogliere, almeno su base triennale, equivalgono grossomodo al 10 per cento delle aziende attive, possiamo dire che dal punto di vista di chi opera i controlli diretti sui rapporti di lavoro l'incidenza del lavoro sommerso in questa Provincia (alludo ai casi in cui l'ispettore si presenta in azienda e accerta direttamente la presenza, in quel momento, di personale non registrato) equivale a circa il 12 per cento delle aziende. Su 100 aziende ispezionate, dunque, circa 12 hanno evidenziato la presenza di personale assunto in nero.

PRESIDENTE
Vorrei sapere come avviene la scelta dei campioni, se avete una strategia o una metodologia o se li scegliete casualmente, visto che ovviamente non potete ispezionare tutte le aziende. Una scelta attenta rende più efficace il risultato di cui sta parlando.

VERGARI
La scelta non avviene casualmente. La vigilanza è impostata su due grandi branche: la parte di attività svolta in seguito ad una richiesta di intervento da parte dei cittadini (la scelta su questa parte non è disponibile e quindi è forse la parte più attendibile, per certi versi, perché non condizionata da alcuna pre-impostazione o dalle decisioni dell’organo ispettivo) è la parte di vigilanza programmata. Interpreto dunque la domanda del Presidente come riferita a quest’ultima parte.
Negli anni abbiamo cercato di dedicare attenzione, se non a tutti i microsettori - ciò non è possibile: non mi riferisco infatti ai soli macrosettori primario, secondario o terziario - comunque a degli ambiti specifici. L'esperienza ci ha dimostrato che i fenomeni più rilevanti avvengono soprattutto nel comparto dell'edilizia: questo non è un dato nuovo nemmeno a livello nazionale. Per altri versi abbiamo dedicato molto spazio alle attività terziarie legate al turismo, che sono connotate da una presenza di manodopera a termine, spesso diversa da un anno all’altro, con problematiche abbastanza spinte, legate al lavoro nero. I due settori che nell’ultimo decennio sono stati sottoposti ad una maggiore attenzione sono quelli che ho appena citato. Abbiamo dedicato attenzione però anche al mondo dell'industria, e in particolare a quello dei servizi o alle attività che le industrie danno in appalto, come i servizi per la logistica.
Abbiamo dedicato attenzione al mondo dell’industria del legno, che qui riveste una sua importanza peculiare. L’agricoltura, negli anni Novanta, è stata oggetto di grande attenzione e in agricoltura si sono compiuti dei passi in avanti, soprattutto di tipo prevenzionale, spingendo il mondo agricolo a costituire rapporti di lavoro regolari fin dall’origine. Questo è stato possibile in virtù dell'esercizio della competenza al rilascio dei nulla osta all’ingresso dei lavoratori stranieri, considerato che tale componente lavorativa in agricoltura è molto alta. Sotto questo profilo il settore agricolo, soprattutto per quanto riguarda la manodopera stagionale, ha visto una crescita esponenziale del lavoro regolare e, rispetto all’ambito della occupazione temporanea per la raccolta della frutta, non si verificano grandi episodi di infortuni. Anzi, sono i datori di lavoro ad infortunarsi in maggior numero. Questo è un dato interessante, per quanto concerne il settore.
Il nostro dato, che è triennale, ma si conferma anche su base decennale, dimostra che i dati raccolti grazie all'attività specifica degli organi ispettivi assomigliano molto al dato statistico ISTAT per quanto concerne il fenomeno del lavoro nero. Il fenomeno al quale stiamo assistendo negli ultimi anni, correlato a quello del lavoro nero, è una dissociazione progressiva tra titolarità dei rapporti di lavoro e utilizzazione delle prestazioni. Mi riferisco all'esplosione di contratti che consentono di avere dei collaboratori senza che questi siano dipendenti dell'azienda. Si è iniziato con le forme di lavoro interinale, ora lavoro somministrato, e si prosegue con i fenomeni dei distacchi sulla base della legislazione vigente, ma a volte anche oltre la legislazione. Soprattutto in edilizia, il fenomeno del prestito della manodopera tende ad essere molto diffuso; inizia poi a diffondersi, anche nel settore terziario, un ricorso sempre più importante al lavoro somministrato di lavoratori stranieri, soprattutto nel comparto turistico. La struttura alberghiera comincia ad avvalersi di manodopera fornita da agenzie di somministrazione estere. La crescente diffusione di questo schema di dissociazione porta ad un minore investimento delle aziende anche sul versante della sicurezza. Ciò avviene non perché; non esistano le obbligazioni solidali in capo ai soggetti che commissionano lavoro o ospitano lavoratori, ma perché culturalmente questo produce una deresponsabilizzazione. Tale aspetto fa il pari con quanto si diceva poc'anzi circa la consistenza delle imprese sul nostro territorio.
Si tratta, però, di un dato nazionale, perché la piccolissima impresa (quella con meno di 10 dipendenti) incide per più del 95 per cento delle imprese totali e questo è già un elemento che, in re ipsa, comporta una sorta di deresponsabilizzazione su questi temi. L'elemento che sta avanzando in maniera molto più consistente di quella che può essere la percezione comune è proprio l'utilizzazione progressiva di dipendenti di altri soggetti, dentro schemi legali e dentro schemi illegali.

MANZANA
Buongiorno, sono il direttore dell'ufficio ispettivo del lavoro. Confermo che i dati riportati dal mio dirigente rappresentano gli esiti dell'attività svolta dai lavoratori in questi anni.

VERGARI
Presidente, in conclusione vorrei fare un riferimento al Comitato di coordinamento della sicurezza, anche per mettere in risalto le azioni positive che la Provincia di Trento pone in essere.

PRESIDENTE
Noi non stiamo ponendo domande al riguardo perché le riserviamo agli organismi politici. Come voi ben sapete, infatti il decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede una relazione annuale. Chiederemo, quindi, se siano state presentate queste relazioni (non a noi, ma ai Ministeri della salute e del lavoro) e se le riunioni si siano svolte con cadenza almeno trimestrale. Nella vostra particolare realtà, poi, ognuno di voi opera per proprio conto, come coordinamento provinciale, e su questo tema della sicurezza non vi incontrate mai, in quanto ciascuno ha le proprie competenze.

SINN
Presidente, ricordo che le nostre sono due Province autonome. Noi collaboriamo, ma ribadisco che siamo istituzionalmente autonome.

PRESIDENTE
Intendevo dire che, magari, potreste incontrarvi per scambiarvi metodi o opinioni.

SINN
Ci incontriamo a volte durante l’anno, per scambiarci idee e per concordare insieme qualche intervento. Una collaborazione istituzionale, però, non esiste. Mi permetto di esprimere alcune considerazioni sul Comitato di coordinamento, che anche da noi è stato istituito, ponendo però l'attenzione sul fatto che la cadenza trimestrale delle riunioni prevista dalla legge nazionale non è obbligatoria, né per la Provincia autonoma di Bolzano né per quella di Trento. La legge, infatti, fa riferimento all'ordinamento autonomo di queste due Province e ciò vuol dire che l'organizzazione dei lavori compete a noi. Posso già anticipare che noi non teniamo sedute del Comitato con cadenza trimestrale (fino ad ora abbiamo tenuto circa quattro sedute), ma che abbiamo altre commissioni, a mio avviso più importanti del Comitato di coordinamento, e che sono elencate in questo documento che lascerò agli atti. Per fare solo un esempio, abbiamo il comitato tecnico edile, che si compone dei rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, delle parti interessate. In questo organismo trattiamo dei problemi concreti che riscontriamo nella tutela della sicurezza. Vorrei poi fare cenno al gruppo di lavoro cosiddetto BBT, che riteniamo molto importante. Il nostro obiettivo è che il Brenner Basistunnel (cioè la galleria base del Brennero), ove dobbiamo collaborare in modo transfrontaliero, sia un cantiere modello. L’Austria ha leggi sulla sicurezza del lavoro e anche un diritto del lavoro diversi dalla Provincia di Bolzano. Per esempio, vi sono limiti differenti per quanto riguarda l’esposizione alla polvere di silice. Ebbene, noi abbiamo cercato di definire dei limiti a queste esposizioni che siano accettati da entrambe le parti, sia austriaca che italiana e che, in qualche caso, siano più restrittivi di quelli previsti dalla legislazione nazionale, in modo da tutelare maggiormente i lavoratori.
In considerazione dell’esistenza di questi gruppi di lavoro e di queste campagne di sensibilizzazione, è dato che nella Provincia autonoma di Bolzano la maggioranza degli uffici è già coordinata dalla ripartizione lavoro, riconosciamo una importanza relativa al Comitato di coordinamento. Nell'audizione di domani, però, sarà presente l'ingegner Bizzo, assessore al lavoro della Provincia di Bolzano, che potrà sicuramente dirvi qualcosa in più.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti per essere intervenuti.


Audizione del Comandante della Legione dei Carabinieri del Trentino Alto Adige, del Dirigente del servizio antincendi di Trento e del Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Bolzano


Intervengono il generale di brigata Luigi Nardini, comandante della Legione dei Carabinieri del Trentino Alto Adige, l'ingegner Silvio Zanetti Dirigente del servizio antincendi di Trento e l'ingegner Ernst Preyer, comandante provinciale dei Vigili del fuoco di Bolzano.

PRESIDENTE
Ringrazio gli auditi per la loro presenza. Voi conoscete il motivo di questa audizione e conoscete la materia di interesse di questa Commissione. Pertanto, non mi soffermo a svolgere riflessioni sul nostro compito e sul nostro lavoro. Più specificamente, come si comprende dal fatto stesso della nostra presenza a Trento, la Commissione ha deciso di svolgere una serie di audizioni su tutto il territorio nazionale (in tutte le Regioni e, appunto, nelle due Province autonome di Trento e Bolzano) sull'applicazione del Testo unico e su come si sta strutturando l'azione di prevenzione e di contrasto al fenomeno della sicurezza (o insicurezza) sui luoghi di lavoro per quanto riguarda le vostre competenze.

ZANETTI
Presidente, sono il comandante dei Vigili del fuoco di Trento. Come Vigili del fuoco abbiamo un'attività per qualche aspetto marginale nei confronti degli infortuni sul lavoro. Volevo riferire qui alcuni numeri che potrebbero essere di interesse della Commissione, in particolare circa l'attività di formazione che svolgiamo attraverso la scuola provinciale antincendi, spiegando in tal modo anche quale sia la nostra organizzazione.
All'interno del servizio antincendi, denominazione con la quale viene individuata la struttura all'interno della quale rientra il comando provinciale dei Vigili del fuoco, è compresa anche la scuola provinciale antincendi, il cui scopo è proprio quello di formare Vigili del fuoco permanenti, impiegando docenti per lo più esterni e Vigili del fuoco volontari, e di svolgere i concorsi previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008. Nel solo 2010 la scuola ha svolto circa 112 corsi contro il rischio incendio di tipo basso, medio ed elevato, per circa 2.800 discenti, e ha tenuto 23 corsi per accertamenti di unità tecnica addetti antincendi, per un totale di 1.000 addetti.

PRESIDENTE
Come avviene la scelta di questi docenti?

ZANETTI
Non si tratta necessariamente di Vigili del fuoco permanenti, ma anche di Vigili del fuoco volontari che hanno seguito dei corsi. Essenzialmente, comunque, si tratta di Vigili del fuoco permanenti.
Un dato che forse può interessarvi è che nel 2008, a seguito di una sollecitazione da parte del Servizio economia e programmazione sanitaria, abbiamo dato avvio a dei corsi rivolti ad un'utenza più ampia. La scuola provinciale antincendi, infatti, è anche la struttura alla quale fa riferimento la Protezione civile. Tali corsi hanno riguardato l'uso in sicurezza dei mezzi agricoli. La ragione dell'istituzione di tali corsi risiede nel fatto che nella Provincia di Trento vi sono molti addetti all'agricoltura, sia come occupazione principale che secondaria. Essendo questa una Provincia di estrazione agricola, infatti, molti svolgono, come attività lavorativa personale, il lavoro nella vigna o nei campi. I mezzi agricoli sono molto diffusi e, proprio nel 2008, è stato posto il problema del numero piuttosto elevato di incidenti conseguenti all'uso di tali mezzi. Proprio in quell'anno, attraverso la scuola provinciale antincendi, abbiamo dato avvio ai primi corsi (e in questo caso i docenti non erano Vigili del fuoco) per la guida in sicurezza dei mezzi agricoli. Prima di fare questi corsi, i docenti sono stati formati sulla scorta di un programma elaborato da un sottocomitato del quale facevano parte molti addetti ai lavori, circa 30 formatori, i quali, a loro volta, adesso svolgono i corsi a beneficio dei conducenti dei mezzi agricoli. Nel 2008 il numero di discenti è stato di un centinaio e andrà ora ad aumentare, proprio in ragione della divulgazione dell'iniziativa.
Sempre in relazione a questo argomento, teniamo anche dei corsi per l'uso in sicurezza delle motoslitte, rivolti soprattutto al Corpo forestale o agli addetti agli impianti di risalita; altri corsi riguardano la guida con fuoristrada, rivolti in particolare ai dipendenti provinciali e agli operai della forestale; infine, ci sono corsi che rientrano nel percorso formativo già tracciato dal decreto legislativo n. 81, riguardanti il corretto utilizzo di motoseghe, rivolti perlopiù agli appartenenti - volontari e non - al Corpo dei vigili del fuoco.

NARDINI
Signor Presidente, sono il comandante della Legione dei Carabinieri del Trentino Alto-Adige. Come Arma siamo presenti in modo capillare sul territorio, con 156 stazioni e 15 comandi di compagnia, che svolgono attività di istituto nelle varie branche, fra cui il settore degli infortuni sul lavoro, materia particolarmente delicata e da noi molto sentita. Come noto, c'è un comando Carabinieri tutela del lavoro che opera a livello nazionale, con nuclei in ogni Provincia, ad eccezione delle due Province autonome di Trento e Bolzano; questo non significa, però , che non siamo presenti e che non interveniamo nel settore.

PRESIDENTE
Le chiedo scusa, generale, perché forse avrei dovuto informarmi al riguardo, ma non l'ho fatto; colgo quindi l'occasione per rivolgerle una domanda, magari banale: come mai nel territorio di Trento e Bolzano non sono presenti questi nuclei di tutela?

NARDINI
Sinceramente non lo so, ma presumo che la motivazione sia da ricercare nel fatto che, mentre il comando di tutela in materia del lavoro dell'Arma dei Carabinieri dipende in linea funzionale dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per la nostra Regione esiste invece una normativa che attribuisce competenza specifica primaria alle Province autonome in materia di vigilanza e di controllo, con specifici poteri ispettivi proprio in questo settore.

PRESIDENTE
Nelle altre Province sono le ASL che hanno questa competenza.

NARDINI
Un fatto comunque è certo, che qui non esistono i nuclei Carabinieri tutela del lavoro.

NEROZZI
Peraltro mi pare che in Trentino-Alto Adige la situazione sia diversa rispetto alle altre Regioni autonome, anche in altri settori, perfino in materia di istruzione.

NARDINI
In ogni caso, quando si verifica un infortunio sul lavoro, l'Arma dei Carabinieri interviene con tempestività, data la sua dislocazione e la sua organizzazione sul territorio, compie i primi accertamenti e rapporta il tutto all'Autorità Giudiziaria, che demanda a sua volta le ulteriori incombenze agli ispettori provinciali del lavoro. A tal proposito, per la Provincia autonoma di Bolzano è presente la Ripartizione 19 «Lavoro», mentre in Provincia di Trento vi è l'Unita operativa di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro. Sono due entità che operano in modo precipuo sia in materia ispettiva, sia in materia di vigilanza e di controllo, ed alle quali facciamo capo anche per quanto concerne gli accertamenti e i controlli che svolgiamo in collaborazione e congiuntamente con gli stessi ispettorati. Ovviamente, quando interveniamo di nostra iniziativa, per violazioni di carattere penale, rapportiamo all'Autorità Giudiziaria, che demanda per le relative contestazioni agli ispettori provinciali. Per quanto concerne invece le violazioni amministrative, rapportiamo direttamente agli ispettori provinciali, che provvedono poi a tutte le altre incombenze. Lo scorso anno - tanto per fare un esempio dell'attività svolta a livello regionale - abbiamo svolto 520 controlli, di cui 426 in Provincia di Bolzano e 94 in Provincia di Trento; abbiamo effettuato 225 interventi per infortuni sul lavoro (139 in Provincia di Bolzano e 86 in quella di Trento), con 199 feriti, tra cui 18 decessi. Si tratta quindi in un anno di un'attività abbastanza consistente.
Sono inoltre state deferite all'Autorità Giudiziaria 162 persone, per violazioni varie, quelle preminenti hanno riguardato il mancato utilizzo di protezioni individuali, ponteggi ed opere provvisionali, nonché la mancata verifica delle disposizioni del coordinatore della sicurezza.

PRESIDENTE
Le chiedo scusa, generale Nardini, ma voi intervenite anche di vostra autonoma iniziativa?

NARDINI
Trattandosi di una materia particolare, c’è un rapporto di collaborazione interistituzionale con l’ispettorato provinciale del lavoro, anche mediante intese, sia sul piano preventivo che su quello repressivo - come ho detto poc'anzi - nonché attraverso l'aggiornamento della normativa, che è particolarmente complessa, visto che in materia vi è una competenza specifica in capo alle stesse Province autonome.
Voglio ricordare che c’è, tra l'altro, un'attività di coordinamento che viene svolta dalla magistratura: nell’ambito delle procure un magistrato ha una particolare «specializzazione» e tiene ogni anno dei corsi e dei seminari (il prossimo si terra a Bolzano il 5 maggio) con i nostri comandanti di Stazione e i Reparti operativi, al fine di coordinare meglio ed in modo precipuo le attività di vigilanza e, soprattutto, di controllo.

PREYER
Signor Presidente, sono il comandante provinciale del Corpo permanente dei Vigili del fuoco di Bolzano. Come il collega di Trento, anche noi non abbiamo molto da dire per quanto riguarda la prevenzione degli infortuni. In ogni caso, la nostra attività si svolge su due fronti: da un lato, l'intervento antincendio, tecnico ed urgente, e dall'altro, chiaramente, anche la prevenzione degli incendi.
In Provincia di Bolzano esiste una regolamentazione differente rispetto al resto del territorio nazionale, prima di tutto perché il servizio antincendio vede una forte partecipazione di volontari che ci porta ad avere, non solo in ogni Comune, ma in ogni singola frazione, un Corpo di Vigili del fuoco volontari (per darvi qualche numero, in tutta la Provincia di Bolzano, su 480.000 abitanti, abbiamo ben 13.000 Vigili del fuoco).
Per quanto riguarda specificamente il discorso sulla sicurezza, la presenza di un elevato numero di Vigili del fuoco comporta innanzitutto una notevole riduzione dei tempi di intervento: non appena un incidente si verifica, infatti, i Vigili del fuoco intervengono in tempi davvero rapidissimi, che stimiamo nell'ordine di 8-10 minuti, anche nelle frazioni più distanti dai maggiori centri abitati. Questo può essere certamente considerato un fatto positivo sotto il profilo della sicurezza, chiaramente non già dal punto di vista della prevenzione, bensì come intervento di reazione rispetto a qualcosa che si è già verificato. Quanto al numero degli interventi, facendo una statistica, in tutta la Provincia registriamo circa 14.000 interventi, cioè più o meno un intervento ogni 34 abitanti: sono numeri non elevatissimi e comunque abbastanza vicini alla media delle Province vicine.
Con riferimento al discorso della prevenzione degli incendi, in Provincia di Bolzano seguiamo il modello nazionale, ma la competenza in materia di controlli non è demandata direttamente ai Vigili del fuoco (per cui il comandante provinciale rilascia il certificato di prevenzione incendi), ma a dei liberi professionisti che sono delegati sia al progetto antincendio, che al successivo collaudo, analogamente a quanto accade nel settore della statica o in altri ambienti in cui vengono progettate delle opere. La Provincia stessa effettua poi dei controlli a campione, sia sui progetti che sui collaudi, per verificare l'operato dei professionisti.
Volendo fornire anche a questo riguardo qualche dato, l'ufficio prevenzione incendi svolge ogni anno circa 120 controlli a campione sui progetti, mentre sotto il profilo sanzionatorio fino ad oggi sono state comminate circa 5 sanzioni amministrative e circa 10 sanzioni penali all'anno. Non sono numeri elevati, ma abbiamo notato che ultimamente si registra comunque una tendenza all'aumento delle sanzioni penali.
Per quanto ci riguarda, le criticità di un sistema di questo tipo - se vogliamo parlare anche di tale aspetto - risiedono nel fatto che abbiamo una minore conoscenza delle caratteristiche tecniche legate all'attività lavorativa; un aspetto positivo è invece sicuramente rappresentato dal fatto che i professionisti vedono aumentare sempre più la loro professionalità in un ambiente che nel resto d'Italia è molto legato all'azione del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
Un terzo profilo, che forse è degno di nota, riguarda i soggetti a rischio di incidente rilevante: in particolare, in Provincia di Bolzano abbiamo due tipi di attività che possiamo classificare come molto rischiose, ex articolo 8 del decreto legislativo n. 334 del 1999, e cinque casi di attività un po' meno pericolose, ex articolo 6 del medesimo decreto. In particolare, per le attività più rischiose i piani di emergenza esterni sono già stati predisposti alcuni anni fa, mentre per quelle meno pericolose si procederà quest'anno.
Questo è il quadro della situazione nella Provincia di Bolzano.

PRESIDENTE
Dunque, se ho capito bene, le certificazioni sono rilasciate da professionisti?

PREYER
Sì, è così, e questa è una grossa differenza rispetto al resto del Paese; nella nostra Provincia, infatti, sia il progetto antincendio, sia la verifica successiva, sono affidati a professionisti; poi il sindaco, nell’ambito della licenza d uso, prende atto della relativa certificazione.

PRESIDENTE
Parliamo di ingegneri.

PREYER
Sì, sono ingegneri, ma anche periti, dipende dalla possibile di certificare. In ogni caso, nel settore antincendio tutti i professionisti iscritti nei rispettivi albi possono svolgere queste attività di collaudo.

PRESIDENTE
Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti per il contributo offerto.


Audizione di rappresentanti sindacali della CGIL, della CISL e della UIL del Trentino e della CGIL/AGB della CISL/SGB, della UIL/SGK e dell'ASGB dell'Alto Adige


Intervengono il signor Franco Ianeselli, componente della segreteria confederale CGIL Trentino, il signor Diego Faccini, segretario generale aggiunto della CISL Trentino, il signor Ermanno Monari, segretario provinciale della UIL Trentino, il signor Paolo Zeni, responsabile Sportello sicurezza della CGIL di Bolzano, la signora Doriana Pavanello, componente della segreteria provinciale della CGIL/AGB Alto Adige, il signor Renzo Rampazzo e la signora Tila Mair della segreteria provinciale della CISL/SGB Alto Adige, il signor Toni Serafini, segretario provinciale della UIL/SGK Alto Adige, e il signor Friedrich Oberleichner, della segretaria provinciale dell'ASGB Alto Adige.

PRESIDENTE
Desidero ringraziare i nostri auditi per la loro partecipazione all’audizione odierna. La nostra Commissione parlamentare d inchiesta sta svolgendo un indagine in tutte le Regioni italiane sulle problematiche relative alla sicurezza e alla salute nei luoghi di lavoro, anche in riferimento all'attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008. Vorremo dunque conoscere, alla luce delle vostre specificità e della vostra esperienza e conoscenza su questi temi, le vostre riflessioni su un argomento così importante, visto che si parla della salute e purtroppo, a volte, anche della vita stessa dei lavoratori.

SERAFINI
Voglio innanzitutto ringraziare la Commissione per l'invito all'audizione odierna. Presenterò a nome delle quattro organizzazioni sindacali dell'Alto Adige qui presenti - la CGIL/AGB, la CISL/SGB, la UIL/SGK e l'ASGB - un documento che consegnerò agli uffici della Commissione. Non lo illustrerò per intero, ma mi limiterò ad una sintesi; i miei colleghi potranno successivamente intervenire per integrare alcuni punti.
La premessa da cui partiamo è che alla Provincia autonoma di Bolzano è stata delegata, dalle norme di attuazione dello Statuto, la competenza su tutte le questioni attinenti alla sicurezza. Purtroppo questa delega non ha prodotto i risultati che ci saremmo aspettati. Ogni anno registriamo circa 17.000 infortuni: al di la degli infortuni mortali, ci sono infatti molti infortuni che causano invalidità permanente. Il fenomeno assume particolare rilevanza se si considera che, nonostante la diminuzione degli occupati, è cresciuta la quantità degli infortuni. Il vero problema è dunque quello di aumentare l'attività di prevenzione: a nostro avviso la Provincia, ad oggi, non è dotata di un numero sufficiente di ispettori, che sono soltanto 13 e che, soprattutto, non sono in grado di monitorare tutti i luoghi di lavoro. Parliamo infatti di una Provincia che ha una struttura produttiva molto parcellizzata, con una media di 3,3 dipendenti per impresa. Ci sono dunque moltissimi cantieri e molti posti di lavoro.
C'è poi un problema particolare che riguarda gli infortuni in agricoltura, in particolare quelli mortali, causati dai mezzi agricoli. Questo è però un tema di cui si dovranno occupare gli enti preposti a livello nazionale e provinciale: si tratta infatti soprattutto di un problema di dotazione funzionale dei mezzi meccanici. Rileviamo che sostanzialmente il Comitato provinciale di coordinamento previsto dal Testo unico è stato ostacolato dalla Provincia: è stato infatti costituito solo alla fine del 2008 e tra il 2009 e il 2011 si è riunito solo tre volte, laddove riteniamo che esso sia uno strumento fondamentale per l'indirizzo e il coordinamento in materia di prevenzione.
Un altro tema che abbiamo sempre sollecitato e di cui ci occupiamo anche attraverso i nostri rappresentanti per la sicurezza è quello relativo alla formazione, che costituisce una parte dell'attività di prevenzione. Insistiamo molto sulla prevenzione, che è costituita dai controlli e dalla formazione: bisogna infatti formare sia i lavoratori, sia i loro rappresentanti. Va poi preso in considerazione il tema delle malattie professionali, che riteniamo sottovalutato nella nostra Provincia. I casi denunciati ogni anno sono circa 200: dunque, sia da parte dell'INAIL sia nel rapporto con i patronati sindacali, serve un maggiore coordinamento. Lo stesso discorso va fatto rispetto al medico di fiducia e al medico competente. A proposito di questa tematica c’è molto da fare per quanto riguarda l'utilizzo degli strumenti legislativi relativi alle malattie professionali.
C’è poi il tema riguardante la sorveglianza sanitaria e gli esposti o i presunti esposti all’amianto. A parte la situazione delle poche aziende che hanno denunciato lo smaltimento o la bonifica di questa sostanza altamente cancerogena, non si sa ancora nulla, sia a livello generale, sia per quel che concerne la situazione relativa alle scuole, anche rispetto ad alcune situazioni che abbiamo già verificato. Sarebbe dunque necessario un maggiore coordinamento tra Comuni e Provincia, per gli interventi di bonifica nei vari siti. Nel caso dei lavoratori esposti all’amianto, il sindacato guarda chiaramente anche alla fase finale, relativa all’applicazione dei benefici previsti dalla legge: alcuni lavoratori, che non hanno potuto reperire la necessaria documentazione da parte dell’azienda, sono stati infatti esclusi dai benefici di legge. Si sono verificati alcuni casi concreti riguardanti sia i trasporti ferroviari sia le acciaierie e ancora oggi quasi tutti i patronati hanno in corso delle cause con l’INAIL. Su questa problematica sarebbero necessari dei piani di sorveglianza sanitaria dedicati ai presunti esposti all’amianto, indipendentemente dalla certificazione dell’INAIL.
L’altro tema che riteniamo importante, sempre ai fini della prevenzione e della formazione, è quello della riunione periodica. Questo importante strumento permanente, che il legislatore ha disciplinato, è una tradizione consolidata solo nelle grandi fabbriche e nelle grandi aziende. Invece, non solo nelle aziende che hanno la dimensione di cui parlavo prima - in media nel nostro territorio 3,3 addetti ciascuna - ma anche in quelle con 20, 30 o 50 lavoratori non riusciamo a praticare questa consuetudine: sostanzialmente le aziende non rispettano tale previsione.
L’ultimo tema che intendiamo sollevare con il nostro promemoria riguarda il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale (RLST). Crediamo che, vista la struttura produttiva del territorio, esso rappresenti una figura importante per la prevenzione: è una figura esplicitamente prevista dall’articolo 48 del Testo unico e rappresenta, secondo il nostro parere, uno strumento da incentivare e da diffondere nella Provincia autonoma di Bolzano, la cui diffusione potrebbe produrre ottimi risultati, posto che mancando il condizionamento delle imprese da cui il soggetto dipende potrebbe essere svolto un lavoro più puntuale.
In conclusione, prevenire vuol dire avere dei controlli puntuali da parte dell’ente pubblico e un atteggiamento positivo e propositivo da parte delle aziende, con l'assunzione di responsabilità e la predisposizione di piani di sicurezza sui posti di lavoro. D’altra parte anche il ruolo dei sindacati e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza è fondamentale per ampliare la cultura della sicurezza nei posti di lavoro e per dare maggiore capacita al sindacato. Anche noi, come sindacato, non siamo esenti da critiche e dunque non ci limitiamo a dare la colpa agli altri: è chiaro che le responsabilità vanno attribuite anche in base ai ruoli che si ricoprono. Quindi è chiaro che le responsabilità delle aziende, degli enti pubblici, per quel che riguarda il controllo, e dei sindacati, come organizzazione dei lavoratori, vanno condivise. Se non si riesce a lavorare insieme è chiaro che avremo sempre più spesso delle situazioni negative. Noi vogliamo invece lavorare per ridurre gli infortuni mortali e quelli che causano invalidità permanente. Ho sintetizzato il documento che consegneremo agli uffici della Commissione, ma spero che i miei colleghi potranno intervenire per specificare meglio qualcuno dei temi trattati.

PRESIDENTE
Dunque viene invocata una maggiore attività da parte del Comitato provinciale di coordinamento. Gli auditi che vi hanno preceduto ci hanno ricordato la non obbligatorietà delle convocazioni trimestrali di tale organismo, visto che stiamo parlando di Province autonome. Noi abbiamo espressamente fatto riferimento a questo aspetto, perché siamo convinti del ruolo, centrale e importante, del Comitato e in qualche modo anche l'intervento che abbiamo appena ascoltato va in questa direzione. Sicuramente concentreremo l'attenzione su tale tema anche nelle audizioni di domani, in cui incontreremo i rappresentanti politici delle due Province autonome. Indubbiamente si tratta di una scelta politica e dunque ci avvarremo anche di questo vostro contributo e della vostra richiesta, che riteniamo importante e indispensabile.

NEROZZI
Vorrei porre una domanda che riguarda solo la Provincia di Bolzano e non quella di Trento, perché rispetto a quest'ultima tale tematica non è emersa. Desidero sapere cosa pensate della proposta di eliminare il DURC (Documento unico di regolarità contributiva) per gli interventi sotto una certa soglia, che la Provincia di Bolzano si sta apprestando a proporre.

PAVANELLO
Nella Provincia di Bolzano sta procedendo il suo iter legislativo un disegno di legge che mira a modificare la legge provinciale sugli appalti, che prevede delle deroghe dal punto di vista della presentazione della documentazione per gli appalti inferiori a 500.000 euro. Per il momento la soglia è di 500.000 euro, anche se a livello nazionale si parla di importi più alti. Noi siamo contrari a questa ipotesi: il DURC è uno strumento che riteniamo comunque utile anche per la centrale appaltante, che prevalentemente è un soggetto pubblico, per avere un quadro relativo all'impresa a cui viene affidata un'opera, un lavoro o una fornitura. Esso rappresenta altresì uno specchio della legalità dell'impresa, quindi siamo assolutamente contrari a queste deroghe. Aggiungo che nella nostra Provincia - e forse ciò non riguarda solo la Provincia di Bolzano - sta purtroppo passando l'idea che gli adempimenti connessi a questa particolare e delicata materia siano meramente burocratici. Credo che quando una simile idea viene diffusa dall'attore politico, tutti gli altri soggetti raccolgono un messaggio negativo. Dunque, chi è tenuto ad osservare queste norme si sente quasi legittimato ad infrangerle.
Vorrei aggiungere infine una breve notazione che riguarda direttamente il sindacato. Desidero aprire un focus sulla situazione produttiva del nostro territorio: la Provincia di Bolzano - come diceva il collega che mi ha preceduto - è caratterizzata da piccole e piccolissime imprese. Parliamo anche di imprese con un unico lavoratore, ovvero lo stesso proprietario, che assomma su di se tutte le figure delineate nel Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Come ha detto il collega che mi ha preceduto e come abbiamo scritto nel nostro documento, queste persone non possiedono una formazione adeguata. Abbiamo dunque pensato alla creazione di un registro, da tenersi presso l'INAIL, che è l'istituzione che riteniamo più congrua e coerente, per avere un canale di contatto per quanto riguarda la parte formativa. Il problema, per le piccole e le piccolissime imprese, è costituito dalla contrattazione. Non riusciamo a raggiungere questi soggetti economici attraverso la contrattazione di secondo livello ed è molto difficile aprire una contrattazione territoriale, per l'opposizione dei datori di lavoro. È un'area vastissima che non ha neanche la possibilità di eleggere delle rappresentanze e, quindi, di avere strumenti per governare tutta la parte riguardante orari e turni di lavoro. Questi sono degli elementi che, tra l’altro, se portati all’estremo sono anche causa di incidenti, di infortuni e di malattie.

ZENI
Buongiorno, faccio parte dello Sportello Sicurezza della CGIL di Bolzano e desidero integrare quanto riferito dalla collega Pavanello. Purtroppo, in base alla normativa vigente a Bolzano, non è l'ASL ad accorpare tutte le questioni relative alla sicurezza, ma queste sono invece ripartite su tre assessorati: lavoro, ambiente e sanità. Purtroppo, questa divisione comporta una certa mancanza di controllo e di coordinamento. Noi riteniamo che si dovrebbe coordinare sotto un unica regia la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, anche perché non abbiamo un registro degli RSPP. Essendo poi i datori di lavoro monomandatari e, dunque, lavoratori autonomi, spesso e volentieri costoro, trovandosi a lavorare in realtà dove sono presenti altre persone e altre condizioni di lavoro non coincidenti con la propria, possono essere soggetti sia a provocare infortuni che a subirli. Tale situazione è addebitabile a mancanza di formazione. Quella che dobbiamo chiedere è proprio una formazione capillare, a partire, se possibile, dalle scuole. Anche voi, sicuramente, condividete queste problematiche, perché la formazione alla sicurezza deve essere appresa prima ancora di entrare nel mondo del lavoro. Purtroppo, infatti, spesso constatiamo che gli infortuni avvengono nei primi dieci giorni dall'inizio del lavoro, proprio perché la formazione manca o è carente, specialmente laddove si parlano lingue diverse.
Oltre alla presenza di lavoratori extracomunitari, noi viviamo anche il fenomeno del bilinguismo, il che comporta una difficoltà a organizzare la formazione degli operatori impegnati in tale settore. Se consideriamo l’andamento degli infortuni nella Provincia di Bolzano, unitamente al fatto che gran parte dei lavoratori in agricoltura e in edilizia sono autonomi, proprietari del territorio coltivato o artigiani, noi non vorremmo che tale difficoltà conducesse a non avere una formazione adeguata, per la quale, invece, noi avanziamo una fortissima richiesta.

MAIR
Sono la segretaria provinciale della CISL/SGB di Bolzano. Desideravo sottolineare un punto già descritto in maniera molto efficace dal segretario della UIL/SGK Alto Adige, Toni Serafini. Secondo me, vi è una errata interpretazione della agibilità politica, che spesso travalica le effettive competenze in capo alla Provincia di Bolzano.
Vi sono tutta una serie di aspetti, di normative e di leggi, che andrebbero applicate anche nella nostra Provincia, pur nel rispetto della sua autonomia e delle competenze proprie, che rendono a volte difficile la determinazione sul territorio di ambiti che devono valere per tutti. Il comitato al quale lei faceva riferimento, Presidente, e che è stato richiamato anche dal segretario Serafini, è uno degli esempi più evidenti. Tale organismo viene ignorato e la Provincia ritiene di avere competenze tali da permettersi di poter soprassedere alla sua convocazione, mentre così non è. Anche tale aspetto andrebbe, secondo me, tenuto più sotto controllo, nel rispetto degli ambiti che devono assolutamente essere applicati da parte di tutti e di eventuali richiami alla corretta applicazione delle normative di legge che devono valere per l'intero territorio nazionale.

RAMPAZZO
Buongiorno, faccio parte della ASGB Alto Adige. In questo breve intervento, desidero soffermarmi su un aspetto legato all'amianto e, quindi, alla sorveglianza sanitaria, anche in considerazione del fatto che domani avete in programma un incontro con le parti istituzionali. Negli anni scorsi, avevamo chiesto alla Provincia di Bolzano di praticare un censimento sulla presenza di questo materiale, largamente contenuto negli edifici pubblici, ma anche negli edifici privati e in quelli industriali, e di predisporre altresì un registro dei luoghi dove l'amianto è ancora presente. Avevamo chiesto il coinvolgimento delle parti interessate, dell'RSL e del RSU sui luoghi di lavoro, e anche un percorso di formazione. Tale richiesta è andata disattesa e quindi ancora oggi sussiste il problema di capire dove, nella nostra Provincia, sia ancora presente, talora in forma molto consistente, l'amianto. In alcune aree infatti, l'amianto è ancora presente sia nelle coperture che all'interno degli stessi luoghi di lavoro. Volevo soffermarmi su questo aspetto, perché interessa non solo il mondo del lavoro, direttamente, ma anche la cittadinanza tutta.

OBERLEICHNER
Buongiorno, faccio parte della ASGB di Bolzano. Condivido ciò che è stato detto, ma vorrei chiarire due punti che per me sono fondamentali: la dotazione dell'organico per il controllo del servizio ispettivo e la formazione. In questo caso, vorrei focalizzare l'attenzione sull'aspetto della formazione perché, essendo il nostro un territorio plurilingue, spesso rilevo una difficoltà di traduzione da una lingua all'altra. In pratica, come riferito dalla signora Mair, la mancanza di formazione consiste anche nella non comprensione della lingua, circostanza che spesso viene addotta come scusa per non operare. Mi soffermo su tale aspetto per specificare che la formazione dovrebbe andare anche in questa direzione.

FACCINI
Sono il segretario generale aggiunto della CISL di Trento. Anche il Trentino, come l'Alto Adige, è caratterizzato da un tessuto produttivo costituito da piccole aziende, con un peso importante del settore pubblico, mentre, all'interno del settore privato, un comparto molto significativo è quello delle costruzioni, notoriamente uno dei settori più esposti rispetto agli infortuni. Nel corso degli ultimi anni, nel nostro territorio c'è stato un notevole abbassamento del numero degli infortuni, compresi quelli mortali, anche se siamo ancora al di sopra della soglia dei 10.000 infortuni all'anno, su di una popolazione di circa mezzo milione di abitanti e con un numero di lavoratori, fra dipendenti ed autonomi, di circa 225.000 unità. Rispetto a questo tessuto produttivo, è evidente che l'approccio deve essere diverso da quello che si può avere nel settore manifatturiero e nelle grandi aziende (anche perché una grande azienda strutturata ha, al suo interno, dei ruoli ben precisi e delle gerarchie). Questo dato, però , riporta una significativa riduzione degli infortuni nel 2009 rispetto al 2008 di circa l'11 per cento. Ciò vuol dire che i soggetti preposti alla prevenzione hanno ottenuto dei risultati lusinghieri e positivi.
Anche da noi è operativo il Comitato di coordinamento della sicurezza. In verità, nella scorsa legislatura tale organismo funzionava meglio che nell'attuale, probabilmente anche per la sensibilità e per l'impegno dell'assessore competente. Senza voler fare alcuna polemica, i sindacati CGIL, CISL e UIL del Trentino hanno più volte dovuto intervenire nei confronti dell'assessore attuale, perché questi convocasse il Comitato. A breve vi sarà una riunione, nel cui ordine del giorno è scritto che verrà presentato un programma su quanto si vuole realizzare da qui al termine della legislatura.
Rispetto alla specificità che deriva dalla nostra autonomia, possiamo contare su un soggetto denominato UOPSAL (Unità Operativa di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro), costituito da una sessantina di persone (38 tecnici della prevenzione, 11 impiegati amministrativi, cinque medici del lavoro, quattro ingegneri e quattro assistenti sanitari). Soprattutto per quanto riguarda la formazione e l'informazione, il sindacato collabora con questo soggetto, che dipende dall'assessorato alla sanità delle Province di Trento e di Bolzano.
L'altro aspetto importante che siamo riusciti a sviluppare riguarda gli enti bilaterali. In particolare, sono stati sviluppati l'ente bilaterale dell'edilizia, il CENTROFOR, nel quale sono rappresentati sia il sindacato che gli imprenditori, e l'ente bilaterale dell'artigianato. Soprattutto l'ente bilaterale dell'edilizia, attraverso propri tecnici, e nel rispetto delle delibere del comitato di gestione, riesce ogni anno a visitare circa 2.500 cantieri, svolgendo un lavoro enorme. Il ruolo di questo ente è di consulenza, con un'azione, quindi, non repressiva ma preventiva, nei confronti sia del capo cantiere, che del responsabile del cantiere che dei lavoratori. Anche l'ente bilaterale dell'artigianato, soprattutto sul versante della formazione, riesce a coinvolgere migliaia di persone all'anno, fra datori di lavoro e lavoratori. Da questo punto di vista, anche se vi è sempre bisogno di perfezionamenti, la situazione sta procedendo bene.
Cosa dire oltre a questo? La nostra intenzione è di sottolineare in questa sede alcune questioni, tra cui, in primo luogo, il fatto che il tema della sicurezza non va affrontato in termini conflittuali, bensì concertativi, con un ruolo attivo non solo da parte del sindacato, ma anche da parte degli imprenditori e delle istituzioni. Questo però non basta, bisogna vedere anche come si lavora: per quanto ci riguarda, noi siamo convinti che, se si vuole raggiungere un risultato, si deve lavorare con un certo metodo, con continuità, con rigore e con concretezza. Tuttavia, poiché non è sufficiente denunciare determinate situazioni, vorremmo fare anche qualche proposta. A nostro avviso, sarebbe interessante ed auspicabile, innanzitutto, rendere obbligatoria per tutte le istituzioni la verifica del rispetto effettivo di concreti e misurabili criteri di sicurezza, in modo tale che vi sia una costante selezione delle imprese che fruiscono dei contributi pubblici e che si aggiudicano gli appalti, in altre parole di quelle imprese che utilizzano le risorse dei contribuenti, in questo caso trentini, ma comunque italiani.

PRESIDENTE
Di quali contributi pubblici parla? Potrebbe essere più preciso?

FACCINI
Volevo riferirmi al fatto che, sia nell'attività delle costruzioni che in quella manifatturiera, la Provincia autonoma di Trento elargisce alcuni contributi in base a delle leggi.

PRESIDENTE
Ma io parlavo della sicurezza, non dei contributi.

FACCINI
Mi riferivo agli appalti pubblici, nel senso che c’è un motivo in più perché le imprese che si aggiudicano questi appalti, o che comunque usufruiscono di contributi pubblici, rispettino la legge, dal momento che si parla di soldi dei contribuenti italiani.
La seconda proposta che facciamo è quella di costituire una sorta di albo delle imprese virtuose, una sorta di marchio delle imprese «sicure», in modo tale da poter distinguere le imprese che osservano le norme ed investono sulla sicurezza, da quelle che invece «fanno le furbe»: sarebbe un biglietto da visita importante per le imprese, che offrirebbe un immagine positiva dell'azienda e che secondo noi la renderebbe anche più forte sul mercato.
Infine, una terza proposta, riguarda soprattutto gli imprenditori e prende le mosse da un idea lanciata in Sicilia dal presidente di Confindustria, che aveva proposto di escludere da quell’organizzazione imprenditoriale le aziende colluse con l'ambiente mafioso. Perché, allora, proprio partendo da quell’esempio, non promuovere chi ha una certa reputazione sociale, ponendo come condizione per l’iscrizione e la partecipazione alle associazioni imprenditoriali il rispetto delle norme e degli obblighi sulla sicurezza?
Quanto poi alla questione dei controlli, ho sentito i colleghi di Bolzano lamentarsi del fatto che questi sono scarsi. Anche noi per la verità dobbiamo lamentarci di ciò, nel senso che, soprattutto nelle piccole aziende, l'ispettore si vede piuttosto poco. Di certo non è solamente con la repressione che si risolvono i problemi; anzi, la repressione deve venire dopo l'informazione e la formazione. Tuttavia, proprio in ragione di quanto dicevo all'inizio rispetto al nostro tessuto produttivo, che è costituito perlopiù da piccole aziende, da noi stenta a decollare la figura del rappresentante territoriale alla sicurezza laddove tale figura, considerato il nostro specifico tessuto produttivo, potrebbe rappresentare uno strumento estremamente importante per l'edilizia, per l'artigianato e per altri settori.
Infine, e concludo, perché non incominciare a fare formazione sulla sicurezza fin dai banchi di scuola? Bisognerebbe iniziare a prevedere all'interno dei programmi scolastici - soprattutto nelle scuole professionali e secondarie di ordine tecnico - un certo numero di ore alla settimana o al mese da dedicare al tema della sicurezza sul lavoro, magari con la presenza di persone che hanno pagato sulla propria pelle, spesso portando un marchio che rimane per tutta la vita. Ancora, sarebbe il caso di porre l'attenzione anche sulla questione, di cui parleranno più approfonditamente i colleghi, delle malattie professionali, se si considera che mentre c'è da salutare positivamente una certa riduzione del numero degli infortuni si assiste invece ad un aumento delle malattie professionali, anche nella nostra Provincia.

PRESIDENTE
Per quanto riguarda il richiamo che lei ha fatto alla formazione in ambito scolastico, siamo sicuramente tutti d'accordo. Abbiamo cercato di inserire un obbligo di formazione già nella legge n. 123 del 2007, ma purtroppo non siamo riusciti appieno nel nostro intento, limitandoci a prevederlo soltanto per quelle scuole che intendono applicare degli specifici moduli educativi in questo senso. Come voi sapete, infatti, esiste l'autonomia scolastica, soprattutto nelle vostre Province, e ciò spesso contribuisce a rallentare processi di questo tipo.
Ciò nonostante, speriamo che si concluda al più presto, nell'ambito dei lavori per l'attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, l'attività diretta al riconoscimento nelle scuole di un maggiore spazio alla cultura della prevenzione e della salute dei luoghi di lavoro.

IANESELLI
Buongiorno a tutti. Possiamo considerare la presentazione che è stata fatta dal collega Faccini come unitaria. Mi limiterò pertanto a fornirvi solo alcuni dati, anche se sicuramente, nel corso delle prossime audizioni, avrete modo di avere delle statistiche più precise da parte dei rappresentanti dei vari enti. In particolare, nel 2008 in Trentino abbiamo avuto 11.427 infortuni denunciati, mentre nel 2009 questi sono stati 10.130, con una riduzione quindi dell'11,4 per cento.
Per quanto ci riguarda, siamo convinti che, così come a livello nazionale, la riduzione dipenda dalla contrazione generale della dinamica dell'economia. In effetti, nonostante in Trentino non ci sia stata una riduzione del numero degli occupati, a differenza di quanto avvenuto nel resto d'Italia, abbiamo però registrato anche qui una caduta del PIL pari al 3 per cento. È ragionevole e verosimile pensare che una parte di questa riduzione sia dipesa dal rallentamento dell’economia: siamo quindi tutti impegnati a verificare in che misura essa sia derivata dalla crisi e quanto sia invece da ricondurre ad una dinamica virtuosa, alla quale pure abbiamo assistito negli ultimi anni.
Per quanto riguarda i settori più colpiti, alla luce delle caratteristiche produttive della Provincia di Trento, il riferimento e in particolare al settore delle costruzioni, dell’agricoltura, dei lavori forestali e del trasporto. Un'attenzione particolare è riservata agli infortuni che avvengono nelle attività agricole, di silvicoltura o di piccole costruzioni, per persone non assicurate all'INAIL o assimilate ai lavoratori: si tratta perlopiù di pensionati o lavoratori in attività propria o per autoconsumo. Come ricordato dai colleghi di Bolzano, per noi è centrale il rilancio del Comitato di coordinamento in materia di salute e sicurezza sul lavoro che in Trentino ha prodotto dal 2001 dei risultati significativi. Registriamo però un fatto che, a nostro avviso, non è da sottovalutare: in effetti, quando si producono risultati positivi, questi cominciano poi ad essere dati per scontati. Desta pertanto in noi preoccupazione un certo raffreddarsi dell’interesse nei confronti di detto Comitato, le cui convocazioni non sono pili così puntuali come nella passata legislatura (ricordo che da noi l’attuale legislatura provinciale è cominciata nel 2009). Abbiamo chiaramente sollecitato l’assessore competente e sembra che le cose siano leggermente migliorate, ma ribadiamo comunque la centralità di questo luogo di concertazione, di programmazione e di scambio di informazioni e di dati.
Vale la pena ricordare gli interventi attivati ad oggi nella nostra Provincia: in particolare, considerato che l’ultimo pacchetto sicurezza risale al 12 aprile 2007, come diceva anche il collega Faccini, c’è ora l'intenzione di predisporre un nuovo pacchetto, con un attenzione prioritaria ai settori delle costruzioni, dell’agricoltura, dei servizi e degli incidenti sulla strada. Tra le proposte c è l’attivazione di un coordinamento tra le istituzioni e le forze sociali per le politiche informative e formative; l'analisi del fenomeno degli infortuni da parte di un osservatorio provinciale, che puntualmente relazioni su quanto avviene; la sensibilizzazione dei lavoratori, in particolare, per la Provincia di Trento, di quelli stranieri; il rafforzamento e la qualificazione dell’attività di vigilanza e, infine, le iniziative per la diffusione già nelle scuole del primo ciclo della cultura della sicurezza.
Su quest’ultimo aspetto non c è in verità un intervento così capillare, come invece auspicato; va detto però , con riguardo ai lavoratori che hanno vissuto anche in Trentino le transizioni occupazionali, che nell’ambito dei corsi di riqualificazione attivati per i lavoratori colpiti dalla crisi abbiamo sempre realizzato dei moduli per la sicurezza, che sono stati molto apprezzati. In particolare, abbiamo sviluppato un pacchetto anticrisi in virtù del quale, per ogni intervento integrativo della Provincia in materia di sostegno al reddito, i cassintegrati hanno ricevuto circa 200 euro al mese in più , così come i lavoratori in mobilità, secondo il principio della condizionalità, seguendo quindi degli obblighi di formazione e di riqualificazione; in tutti questi percorsi formativi abbiamo introdotto dei moduli sulla sicurezza che hanno contribuito a dimostrare un'attenzione sul tema.
Per quanto riguarda le azioni specifiche - lo ha detto già il collega Faccini e lo ribadisco - per noi è centrale il settore delle costruzioni. A questo proposito riteniamo che debbano essere attentamente perseguite tutte le proposte che possano favorire lo sviluppo di una cultura della responsabilità sociale d'impresa e la creazione di albi delle imprese socialmente responsabili.

MONARI
Signor Presidente, il collega Faccini ha già chiarito alcuni punti a nome di tutti noi, ma vorrei comunque soffermarmi su determinati aspetti. Il primo riguarda in particolare l'agricoltura. In Trentino abbiamo un'agricoltura di montagna, quindi spesso si verificano degli infortuni gravi, anche mortali, dovuti al ribaltamento di mezzi meccanici, tenuto conto della specifica conformazione del nostro territorio e di quello dell'Alto Adige. Naturalmente questo discorso non riguarda il lavoro dipendente, o lo riguarda in misura molto modesta; parliamo piuttosto di lavoro autonomo ma, dal momento che a noi sta a cuore comunque la questione generale della sicurezza a tutti i livelli, credo che questo sia un dato da sottolineare.
Un altro aspetto importante è rappresentato dalle campagne di sensibilizzazione rispetto al tema della sicurezza, avviate sia a livello nazionale - e sicuramente intensificate in quest'ultimo periodo - sia a livello locale. Da questo punto di vista è fondamentale l'efficacia del messaggio che riusciamo a far arrivare, non soltanto all'opinione pubblica in generale ma in modo particolare ai lavoratori, che sono i più esposti.
Per quanto concerne la questione della scuola, molto si sta facendo e devo dare atto all'ANMIL (Associazione Nazionale fra lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro) di essere stata sempre molto attiva a livello locale rispetto a questo tema, entrando nelle scuole per parlare, anche in modo molto concreto, della sicurezza sul lavoro. L'auspicio è che vi sia una larghissima diffusione al riguardo, perché tutti sappiamo che è dalla prevenzione che bisogna partire: così, ad esempio, se guardiamo ai Paesi del Nord Europa, è diventato ormai naturale usare tutte le precauzioni necessarie per evitare qualsiasi incidente sul lavoro, come ormai è naturale, perlomeno in una parte del nostro Paese, allacciarsi la cintura di sicurezza quando si sale in macchina.
Se la prevenzione è fondamentale, è sicuramente importante anche la repressione. Come è stato già detto, esiste una collaborazione fondamentale con gli enti bilaterali, ma forse la struttura pubblica andrebbe rafforzata anche sul nostro territorio. Tra l'altro, molti ispettori sono attualmente impegnati per collaborare con le indagini della magistratura. La magistratura ha infatti bisogno di personale tecnico qualificato per svolgere le indagini sugli incidenti e arrivare ad emettere le sentenze.
Desidero evidenziare un'ultima questione: la Provincia di Trento, coinvolgendo la Confartigianato, tutto il sistema delle imprese e i sindacati, ha istituito un premio per le tre imprese che abbiano ottenuto i migliori risultati in materia di sicurezza, non soltanto perché hanno avuto un numero di infortuni sul lavoro pari a zero, ma perché hanno agito concretamente per evitarli. Pensiamo - io almeno lo penso - che non solo si possa estendere questo modello ad altre realtà territoriali, ma che vada esteso anche ai lavoratori. Spesso si pone il tema dei ritmi di lavoro dell’impresa e il fatto che gli imprenditori o i capi operai non rispettano le norme. Occorre però considerare anche i lavoratori: si potrebbe dunque pensare ad un premio per i lavoratori che suggeriscano o segnalino delle idee per migliorare la sicurezza sul proprio posto di lavoro. Questa potrebbe essere una delle tante questioni importanti per incidere realmente sulla sicurezza.

PRESIDENTE
Se non c’è altro da aggiungere, ringraziamo i nostri auditi per la collaborazione e auguriamo loro buon lavoro.


Audizione di rappresentanti delle organizzazioni datoriali e imprenditoriali


Intervengono il vice presidente dell'Associazione degli industriali di Trento, dottor Alberto Taddei, per il presidente dell'Unione commercio turismo servizi professioni e piccole e medie imprese di Trento, il dottor Paolo Mondini, il presidente dell'Associazione artigiani e piccole imprese della provincia di Trento, signor Roberto De Laurentis, il presidente della Confagricoltori del Trentino-confederazione italiana agricoltori, dottor Flavio Pezzi, il presidente e il direttore di Confagricoltura del Trentino, signor Diego Pezzi e signor Diego Coller, il direttore della Coldiretti di Trento, dottor Danilo Merz, il presidente e il direttore dell'Associazione albergatori ed imprese turistiche della provincia di Trento, dottor Natale Rigotti e dottor Roberto Pallanch, il presidente ed il vice direttore della Confesercenti del Trentino, dottor Loris Lombardini e dottor Fabrizio Pavan, il presidente e il direttore del Südtiroler Wirtschaftsring, dottor Christof Oberrauch e dottor Rafael Moonswalder, il presidente, il vicepresidente e il direttore della Cassa edile Alto Adige, ingegner Vittorio Repetto, dottor Stefano Parrichini e dottor Raimund Fill, il presidente della CEPA/Cassa edile provincia dell'Alto Adige, signor Markus Bernard, il presidente e il direttore dell'Unione artigiani CNA/Confederazione nazionale artigianato, signor Claudio Corrarati e dottor Pino Salvadori, il presidente di Legacoopbund, dottor Alberto Stenico, il direttore di Confcooperative, dottor Andrea Grata, il consigliere d'amministrazione e presidente di Federlavoro, avvocato Juri Andriollo e il referente delle relazioni sindacali e coordinatore provinciale di Federlavoro, dottor Luigi Cappella, il presidente dell'UNISPETRA/Unione imprese spedizioni e trasporti e depositi della provincia di Bolzano, signor Hugo Hartmann,


PRESIDENTE
Come sanno i nostri auditi, che ringrazio, la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro sta cercando di ottenere un quadro esauriente per quanto riguarda l’applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nei vari territori italiani. Consideriamo dunque molto importante il punto di vista delle vostre associazioni, che rappresentano un tessuto produttivo molto ampio, anche se mediamente le aziende del vostro territorio hanno dimensioni abbastanza contenute.
Vorremmo dunque conoscere le vostre considerazioni, i commenti e anche le critiche - se ci sono - a proposito dell'attuazione del nuovo Testo unico sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro. La Commissione d'inchiesta sta infatti svolgendo un'indagine in tutte le Regioni italiane su tale normativa nazionale, che però, per molti aspetti, prevede una competenza concorrente delle Regioni e in modo particolare delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Vorremmo dunque conoscere gli standard operativi presenti nelle diverse Regioni italiane ed avere un quadro nazionale e una conoscenza specifica dei vari territori. Ciò al fine di non avere statistiche simili a quella secondo cui ciascun individuo mangia in media un pollo all'anno, anche se c’è qualcuno che ne mangia due e qualcun altro che non ne mangia affatto.

TADDEI
Desidero innanzitutto portare alla Commissione i saluti della presidente dell'Associazione degli industriali di Trento, la dottoressa Vescovo, che purtroppo oggi non ha potuto essere presente. In Trentino c’è sempre stata una particolare attenzione alla sicurezza sul lavoro, nel nostro comparto. Negli ultimi anni sono state messe in atto delle politiche di sensibilizzazione da parte delle nostre organizzazioni, che stanno portando a risultati incoraggianti e significativi. Se guardiamo il trend dei dati fino al 2009 - l'INAIL non ha ancora comunicato i dati del 2010 - nel nostro comparto si registra una significativa riduzione degli incidenti - nel 2007, nel 2008 e nel 2009 - nell'ordine del 20 per cento circa. Va notata in particolare una riduzione del 20 per cento per quel che riguarda gli incidenti nelle imprese di costruzione, che sono da sempre i luoghi più pericolosi dal punto di vista della sicurezza sul lavoro. Un dato positivo deriva anche dal decremento degli infortuni, pari al 23 per cento, nell'industria manifatturiera, dove pure l'attenzione alla sicurezza sul lavoro è storicamente abbastanza alta: anche in questo caso c’è stato dunque un decremento significativo.
Desidero segnalare un altro dato importante: nel nostro territorio c’è sempre stata un'attenzione particolare alla sicurezza sul lavoro, perché il comparto dell'industria manifatturiera nella Provincia autonoma di Trento privilegia una produzione di prodotti di eccellenza e di alta qualità, in cui il contributo delle risorse umane per la realizzazione del prodotto è molto importante e addirittura fondamentale. Nel nostro territorio non c’è infatti una produzione di massa, che si basa su numeri alti. Come si è visto negli ultimi due anni, in cui si è dovuta affrontare la crisi economica, vista l'attenzione molto forte alle risorse umane ci sono stati pochi licenziamenti; molto ampio è stato invece l'utilizzo della cassa integrazione, per mantenere il rapporto con le risorse umane, che sono strategiche per la realizzazione dei nostri prodotti. L’attenzione su questi temi è dunque importante e i dati sono confortanti.
C’è però un dato parzialmente negativo, legato purtroppo alla crescita importante delle morti bianche tra il 2008 e il 2009, anche se si parla comunque di numeri limitati. C’è stata una crescita di qualche unità, ma se andiamo ad analizzare i dati, notiamo che molti casi derivano dai classici infortuni in itinere, che avvengono nel tragitto tra casa e lavoro.

PRESIDENTE
Non c’è stato anche un aumento di infortuni mortali nel settore dell’agricoltura?

TADDEI
Mi riferisco solo all'industria manifatturiera e non al comparto agricolo.

REPETTO
La Cassa edile della provincia di Bolzano rappresenta circa 16.000 lavoratori e 1.900 imprese: siamo dunque la sesta cassa a livello nazionale, tra quelle iscritte alla Commissione nazionale paritetica per le casse edili (CNCE). Desidero soffermarmi brevemente su un fatto abbastanza importante, dal momento che è qui presente anche il presidente del Comitato paritetico edile, con cui collaboriamo. Il comitato ha presentato una proposta che consideriamo interessante, che sta portando avanti anche l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE). Al fine di favorire la prevenzione, e non la repressione, proponiamo infatti che venga aumentato l’organico del comitato paritetico, tramite un protocollo di intenti da sottoscrivere insieme alla Provincia autonoma di Bolzano, per aumentare il numero delle visite nei cantieri. Riteniamo che le imprese abbiano bisogno di prevenzione più che di repressione. Bisogna dunque aumentare il numero degli ispettori del comitato, per offrire un ausilio determinante all’interno dei cantieri.

PRESIDENTE
Desidero approfondire meglio questo aspetto.

REPETTO
Ne parlerà in modo più approfondito il presidente del comitato, che illustrerà tale proposta. Quest’ultima viene portata avanti anche a livello nazionale: questo è infatti l’unico modo per sopperire alla mancanza di organico degli ispettori e all’eventuale deficit di preparazione tecnica. La consultazione delle imprese e dei lavoratori nei cantieri è infatti una questione fondamentale.
Per quanto riguarda la Cassa edile, la cosa che ci preoccupa maggiormente, in un periodo di crisi, è l’aumento del lavoro nero, anche se nella nostra Provincia l’incidenza di questo fenomeno è abbastanza ridotta. Riteniamo importantissimo il Documento unico di regolarità contributiva (DURC): per fare in modo che questo documento sia realistico bisogna collegarsi alla banca dati nazionale, perché molto spesso ci sono appaltatori che lavorano in Province diverse e, giocando su questo aspetto, producono un DURC irregolare o riescono a nasconderlo. In questo contesto di crisi, il criterio del massimo ribasso nelle gare d appalto è un pericolo enorme per le nostre imprese che lavorano in maniera regolare, costituisce una distorsione del mercato e mette in pericolo i lavoratori e le imprese sane. Dunque ritengo che dobbiate agire su questo campo, perché in un periodo di crisi il criterio del massimo ribasso è deleterio. Vorrei solo aggiungere che la Cassa edile della Provincia di Bolzano applica già da anni, in via sperimentale, insieme al Comune di Bolzano e ad altri piccoli Comuni, il criterio della congruità. Tale criterio, che riguarda solamente gli appalti con un importo di un certo livello, ha avuto effetti positivi, perché abbiamo scoperto che alcune ditte avevano assunto parte dei lavoratori in nero e li hanno dovuti regolarizzare, per continuare a lavorare.

NEROZZI
Siamo assolutamente d'accordo con le considerazioni appena fatte, soprattutto per quanto riguarda gli appalti al massimo ribasso, che in questi anni hanno determinato due anomalie pesantissime. Una è quella che ha indicato il nostro audito e l'altra deriva dall'aumento del numero dei subappalti (fino al settimo), con riduzioni che arrivano a determinare un costo pari al 35 per cento di quello iniziale.
Abbiamo dunque preso contatto con i Ministri del lavoro e delle infrastrutture - anche in seguito al rapporto con l'ANCE che, a più riprese, ha sollevato l'attenzione su questo problema - per approntare un testo legislativo che affronti tale questione. È vero che ora, in alcune Regioni, è stato introdotto il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, però conviene stabilire un assetto legislativo più preciso, proprio perché su queste due questioni i problemi evidenziati dal nostro audito sono reali e hanno determinato morti e disagi pesanti, che in questa sede non possiamo elencare, anche per ragioni di riservatezza. Ciò non riguarda solo gli imprenditori onesti, che rischiano di essere estromessi dal mercato, ma anche le condizioni dei lavoratori. Stiamo dunque costruendo una proposta legislativa che vada in questo senso, insieme ai due Ministeri citati, che si sono detti disponibili, e su suggerimento delle vostre associazioni di categoria: la Confindustria e l'ANCE.

PRESIDENTE
La nostra Commissione si sta battendo molto su questo tema, che è uno dei temi centrali, anche se non il solo. Come ricordava prima il senatore Nerozzi, abbiamo anche votato in Aula una risoluzione in questo senso. Desidero, però, aggiungere poche parole a quanto detto dal senatore Nerozzi, perché ritengo che bisogna lavorare su questo punto anche a livello locale. Il problema, infatti, sono le stazioni appaltanti e, quindi, questo discorso va portato avanti con i soggetti pubblici. Sono argomenti da porre in sede di comitato di coordinamento, che noi auspichiamo funzioni nel modo migliore.
La problematica è complessa, poiché c’è il problema della libera concorrenza che, in qualche modo, l'Unione europea deve tutelare. Non può tuttavia essere trascurato l'aspetto, più diretto, nei confronti dei soggetti locali per disincentivare questo meccanismo di gara a favore di altri che sicuramente danno maggiori garanzie.

PARRICHINI
Buongiorno, sono il vice presidente del comitato paritetico della Provincia autonoma di Bolzano, organismo del quale non ritengo diventerò il presidente, posto che rappresento le parti sindacali del comitato, che non sono certo tra quelle guardate con più simpatia.
Noi partiamo dal presupposto che il numero di ispettori di cui attualmente dispone la Provincia di Bolzano sia insufficiente, poiché le imprese da controllare sono molte e quindi gli attuali ispettori non riescono ad effettuare un controllo capillare sul territorio. Del resto, alcuni sono impiegati per controllare solo determinati tipi di attività lavorative. Mi riferisco, ad esempio, a coloro che controllano macchine e centrali a vapore. Con l’attuale esiguo numero, controllare un territorio così vasto è difficile. Riteniamo che ciascuno abbia delle responsabilità in materia di sicurezza e che debba assumersele. Il comitato paritetico edile della Provincia di Bolzano può avanzare una proposta per creare delle sinergie, affinché il numero di coloro deputati a svolgere le verifiche, almeno nei cantieri edili, possa aumentare.
Tra i nostri compiti istituzionali c è anche quello di svolgere delle visite consultive, strumento utile per una presenza più capillare su tutto il territorio. Noi diamo la possibilità alle imprese in buona fede di sistemare le situazioni che non vanno bene, perché non bisogna dare sempre per scontato che le imprese non vogliano realizzare interventi di prevenzione. Là dove si riesca a stabilire un protocollo con l’assessorato competente, possiamo rappresentare un valore aggiunto è riuscire, in piccola parte, a tutelare la salute e la sicurezza di tutti coloro che operano nel settore dell’edilizia.
A titolo informativo, desideriamo riferire che abbiamo appena concluso un programma, finanziato dall’INAIL, che verrà distribuito a tutte le imprese presenti sul territorio, in modo tale che esse possano anche compiere delle autovalutazioni. Il nostro obiettivo è creare una coscienza diversa non solo nei confronti dei lavoratori, ma anche nei confronti delle imprese ed è per questo motivo che forniamo i presupposti affinché esse possano autovalutarsi. Rivendichiamo inoltre la possibilità di partecipare, come comitato paritetico, ai lavori previsti dalla commissione indicata dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che, al momento, non ci vede presenti. L’articolo 7 prevede infatti la presenza delle parti sociali nelle varie forme, ma non in quella del comitato paritetico. Tra l’altro, tra tutti gli enti bilaterali esistenti il comitato paritetico dell’edilizia è l’organismo che sta svolgendo un reale lavoro anche nel campo della sicurezza, come dimostrato dai vari corsi che abbiamo tenuto e che stiamo tenendo e da tutto il lavoro di routine che facciamo ogni giorno da anni. Per tale motivo, riteniamo importante fornire anche un nostro contributo all’interno di questa commissione, nella quale oggi non siamo presenti.
In linea di massima, queste sono le nostre proposte e le nostre richieste, che vanno nella direzione di creare una maggiore sensibilità e sviluppare un cultura della sicurezza che, purtroppo, ad oggi non è ancora radicata sul territorio italiano.

OBERRAUCH
Sono il presidente del Südtiroler Wirtschaftsring, una federazione di associazioni imprenditoriali dell'Alto Adige di madrelingua tedesca. Vi è poi l'associazione nostra consorella, l'USEB, di madrelingua italiana, che ovviamente persegue gli stessi identici obiettivi. Noi rappresentiamo il settore del commercio, gli albergatori, gli industriali, i liberi professionisti, gli artigiani e il mondo agricolo. Insieme abbiamo preparato un documento, che possiamo lasciare agli atti, e che contiene otto punti di proposte migliorative, concernenti soprattutto due aspetti.
In primo luogo, chiediamo meno burocrazia, soprattutto per i piccoli e i medi imprenditori: lasciateci lavorare, e non create nuova e non necessaria burocrazia. Ovviamente, per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro, vi è una buona collaborazione con l'INAIL anche in Provincia di Bolzano, dove fortunatamente gli infortuni sul lavoro, a livello privato, sono pari allo 0,05 per cento (ma restano comunque troppi), mentre a livello statale sono pari allo 0,07 per cento.
Vorrei dare lettura dei titoli delle suddette otto proposte. Anzitutto consideriamo la formazione un pilastro fondamentale per evitare gli infortuni sul lavoro. In secondo luogo, chiediamo che i controlli da parte degli organi preposti siano improntati ad un approccio non esclusivamente repressivo. Vogliamo escludere dal campo dell'applicazione del Testo unico le microimprese fino a tre persone, per le quali la burocrazia prevista è troppa e impossibile da rispettare. Il quarto punto concerne la richiesta di una piccola esenzione per le piccole e medie imprese, per alcuni aspetti che elenchiamo. Il quinto punto è una semplificazione per le aziende che impegnano i lavoratori stagionali, soprattutto i contadini. Inoltre, chiediamo bandi e finanziamenti nonché l'introduzione di un periodo transitorio per le imprese di nuova costituzione, di modo che esse possano adempiere agli obblighi. Infine, chiediamo l'applicazione il computo dell'anzianità del lavoratore per frazione annua, così come avviene in altri settori.
Queste sono le nostre proposte migliorative; comunque, lavoriamo in piena collaborazione con gli organi competenti per evitare ogni infortunio sul lavoro, che è sempre un infortunio di troppo.

CORRARATI
Sono il presidente dell'Unione Artigiani CNA. Ringrazio la Commissione per la sua visita e per l'attività di inchiesta che svolge, che come CNA riteniamo estremamente importante.
La Confederazione nazionale artigianato è presente in Alto Adige e rappresenta le piccole imprese artigiane, di madre lingua tedesca, italiana e ladina. Il nostro territorio è caratterizzato da lingue diverse, e anche da diverse culture e da diversi modi di approcciare il tema del controllo e, soprattutto, delle regole. Dal punto di vista culturale siamo sostanzialmente preparati ma, soprattutto, molto attenti a questo tema. Però, se è stato necessario istituire una Commissione di inchiesta è evidente che tutti noi, nel Paese, non stiamo ancora facendo quanto sufficiente per tutelare le nostre aziende e i nostri lavoratori.
Il collega Oberrauch ha parlato di burocrazia. Noi vorremmo, anche nel documento che consegneremo agli atti, allontanarci da questo leit motiv: non chiediamo una deregolamentazione, che sarebbe misura sbagliata, ma una semplificazione di applicazione. Tale cambiamento, però, si realizza attraverso un concetto di sinergia. Presidente, lei prima ha ribadito che bisogna cercare di lavorare insieme. Ebbene, la sinergia avviene oggi tra quattro attori. Gli altri attori coinvolti sono in primis, i datori di lavoro e i lavoratori, che operano nella cosiddetta bilateralità (per l’appunto, io sono anche presidente del comitato paritetico edile, la cui iniziativa nella bilateralità è stata prima molto ben illustrata), gli organi di vigilanza, distinti in varie forme sul territorio, e l'istituto assicurativo. Oggi c’è chi valuta, c’è chi realizza, c’è chi controlla, e c’è chi, sostanzialmente, deve pagare, anche se sarebbe sempre bene non arrivare all’atto finale del risarcimento.
La nostra proposta, molto concreta, al di là dell’intento del decreto legislativo n. 81 del 2008 e del precedente decreto legislativo n. 626 del 1994 che era quello di identificare la valutazione dei rischi e anche dei limiti dimensionali di aziende, sarebbe raccordare maggiormente il concetto assicurativo con il concetto di valutazione del rischio.
Il tessuto imprenditoriale altoatesino è costituito da aziende che, nel 95 per cento dei casi, non superano i cinque dipendenti. Le grandi aziende sono presenti e rappresentano chiaramente un tessuto importante, ma la piccola azienda rimane fortemente radicata sul territorio, come in tutto il resto del Paese. Oggi la burocrazia per la piccola azienda viene semplificata dalla legge attraverso l’autovalutazione, ma questa si ritrova ad avere un partner assicurativo, cioè l’INAIL, che compie una sua valutazione dei rischi e produce una sua qualifica assicurativa. Ci sono, infatti, aziende che pagano un tasso INAIL in funzione della valutazione del rischio fatta dall’organo assicurativo. Sarebbe opportuno, invece, provare a rivalutare l’analisi dei rischi da parte delle aziende in sinergia con l’ente assicurativo. Chiaramente, un azienda con quattro dipendenti, che produce abbigliamento deve sì soddisfare una serie di adempimenti, definiti dal decreto legislativo n. 81 del 2008, ma questi, sostanzialmente, hanno un tasso di riferimento assicurativo abbastanza basso rispetto a quello di un azienda che può presentare rischi maggiori. Quindi, bisogna creare un protocollo differente di sinergie tra questi due soggetti.
Come lei afferma correttamente, Presidente, oggi il versamento è importante. Posso portare l’esempio estremo di un lavoratore che, a seguito dell’infortunio, ha avviato verso di noi delle azioni di rivalsa abbastanza importanti. Di conseguenza, i nostri imprenditori, incredibilmente, devono assicurarsi con una seconda assicurazione per proteggersi dal primo assicuratore amico. Forse il concetto di troppa burocrazia risiede in questi atti e in queste parole. Il nostro intento è proprio quello di realizzare una maggiore sinergia, in forza della quale tutti gli attori riescano a lavorare meglio in questo Paese, partendo da chi deve indicare ai lavoratori come devono operare fino ad arrivare a chi deve assicurare le nostre aziende e le nostre maestranze.

NEROZZI
Signor Corrarati, quello che lei ha detto è vero, ma c’è una cosa che non riesce a spiegare, vale a dire il fatto che gli infortuni mortali nei settori dell'agricoltura e dell'edilizia riguardano soprattutto i vostri iscritti, non i vostri lavoratori (penso alla sua Confederazione, alla Coldiretti, alla CIA e ad altre associazioni di piccoli imprenditori). Lo stesso non si può dire invece per Confindustria e per tutte le associazioni di imprese medio-grandi, che hanno un altro sistema. Ad esempio, quando si parla di risolvere il problema delle burocrazie, uno degli aspetti sui quali si insiste è quello della semplificazione nei controlli sui mezzi, anche se voglio ricordare che gli incidenti mortali in agricoltura sono spesso determinati proprio dal fatto che i mezzi impiegati hanno in media 35 anni e sono tutti fuori controllo. Con il discorso che voi fate, però - lo ripeto - non ve la state prendendo con i vostri lavoratori (cosa che sarebbe perfino legittima, anche se personalmente non la considero tale) bensì con i vostri associati, perché i morti sono vostri associati; la stessa semplificazione della burocrazia coinvolge i vostri iscritti, non i lavoratori.
Si tratta di un problema che bisognerebbe studiare insieme un po' meglio, se pensiamo che nell'ambito della casistica fornita dalle ASL della Provincia di Trento sugli incidenti mortali in agricoltura - e qui lancio una provocazione - non sono ricompresi i singoli contadini, anche se muoiono per cause di lavoro. Non dimentichiamo che anche costoro sono esseri umani. La messa in sicurezza dei lavoratori autonomi rappresenta quindi un problema serio, che vale quanto la messa in sicurezza dei lavoratori dipendenti.
In ogni caso, stiamo parlando dei vostri associati, per cui occorre studiare bene la possibilità di una semplificazione, se si pensa, ad esempio, che l'eliminazione dei controlli sui mezzi in agricoltura potrebbe essere causa di infortuni e di morti. Se parlare di semplificazione va sempre bene - e l'esempio dell'INAIL può essere perfino calzante - tuttavia, mentre posso capire che l'imprenditore chieda allo Stato di aiutarlo a comprare un trattore nuovo, non capisco invece che si chieda di utilizzare un trattore vecchio, non in regola, perché in questo modo l'imprenditore va a colpire se stesso. In tal senso andrebbe fatto sicuramente uno sforzo maggiore nell'ambito del lavoro autonomo, perché stiamo parlando di infortuni mortali che non riguardano esclusivamente i lavoratori dipendenti.

CORRARATI
Senatore Nerozzi, lei ha centrato sicuramente un problema, che è quello della cultura, prima ancora che della sicurezza, soprattutto se parliamo del lavoratore autonomo, privo di dipendenti e spesso sicuro di se.

NEROZZI
Ho fatto personalmente uno studio sulla semplificazione delle macchine, ma è evidente che quando muore il coltivatore diretto ottantenne, alla guida di un trattore di 50 anni - perché secondo un'indagine l’età media dei trattori italiani e di 35 anni - ci troviamo di fronte ad un problema. In tal senso abbiamo provato a chiedere fondi da destinare al rinnovo delle macchine, anche attraverso la rottamazione, perché il problema è semmai questo, non quello di eliminare le regole: oltretutto, il rinnovo delle macchine farebbe bene anche all’industria, che così aumenterebbe la produzione.

OBERRAUCH
Mi scusi, senatore Nerozzi, ma a questo proposito ci tengo a dire che il parco macchine in Alto Adige è certamente giovane perché, grazie ai contributi all'agricoltura, disponiamo di mezzi abbastanza nuovi. Gli incidenti in agricoltura nella nostra Provincia si verificano soprattutto a causa della conformazione del terreno.

NEROZZI
Le voglio ricordare che anche sui mezzi nuovi non sempre vengono effettuati tutti i controlli che l’Europa ci chiede. Non è sufficiente quindi avere dei mezzi nuovi, ma occorrono dei mezzi nuovi che siano a norma.

BERNARD
Buongiorno, sono il presidente della CEPA, la seconda cassa edile della Provincia di Bolzano: abbiamo infatti due casse, così come abbiamo due comitati paritetici, con cui la collaborazione funziona comunque molto bene.
Per quanto riguarda l’attività di formazione che svolgiamo nell’ambito della nostra associazione, negli ultimi cinque anni abbiamo formato un numero davvero consistente di apprendisti operai (4.500 persone), svolgendo corsi sulla sicurezza, oltre a corsi formativi di base nel settore dell’edilizia, per la guida delle gru e per la manovra di carrelli elevatori.
Sono convinto che la normativa sulla sicurezza sia importante, ma che sia necessario in primo luogo vivere la sicurezza, a partire innanzitutto dalla scuola, perché è importante che certe regole vengano apprese sin da piccoli. In questo senso abbiamo avviato un attività già da qualche anno, mentre di recente abbiamo provato, insieme al comitato paritetico, ad avviare una collaborazione con le scuole professionali. Ad esempio, abbiamo predisposto un programma di formazione specifica per il Pi.M.U.S. (Piano di Montaggio Uso e Smontaggio dei ponteggi metallici fissi). Attualmente è previsto infatti un corso di 40 ore, al termine del quale non viene però rilasciato alcun patentino: soltanto dopo ulteriori 28 ore di formazione specifica per i ponteggi, gli apprendisti conseguono un idonea certificazione. Abbiamo allora inviato nelle scuole i nostri ispettori ed i nostri formatori, in modo tale che già al termine delle prime 40 ore di formazione possa essere rilasciato il patentino Pi.M.U.S. Un esempio di questo genere potrebbe in realtà essere ripetuto anche per altre situazioni, in modo che si possa apprendere sin da piccoli come affrontare il mestiere.
Vorrei ora soffermarmi brevemente sulla responsabilità degli imprenditori, discorso che in parte mi è difficile fare dal momento che io stesso sono un imprenditore. Se ogni imprenditore conoscesse la responsabilità che effettivamente si assume avviando un impresa edile, forse dovrebbe chiuderla già l'indomani perché, in base alla legislazione attuale, ogni mattina l’imprenditore corre il rischio di essere con un piede nel carcere; nessuno lo solleva minimamente dalle sue responsabilità, anche nel caso in cui adempia al proprio dovere. Pensiamo, ad esempio, ai sistemi di protezione personale per l'operaio: l'imprenditore è obbligato a fornire a quest'ultimo tutta una serie di attrezzature (casco, scarpe, guanti, cuffie), oltre a dover pagare i corsi di formazione per l'uso corretto delle stesse; tuttavia, pur attenendosi a quanto la legge richiede, è comunque responsabile nel caso in cui l'operaio non utilizzi le dovute protezioni. In un caso del genere, all'imprenditore non rimane che inviare una lettera raccomandata all'operaio, invitandolo ad indossare le protezioni previste dalla legge, pena il licenziamento. In caso di mancata ottemperanza, potrà inviare una seconda e poi una terza lettera, fino ad arrivare al licenziamento. C'è da dire però che, agendo in questo modo, probabilmente io stesso oggi non avrei più operai. Per tale motivo è necessario seguire un'altra strada, provando ad insegnare sin da piccoli come si lavora e questo richiede ovviamente un certo tempo.
Quello che ho fatto è solo un esempio, ma sono convinto che la legge dovrebbe comunque prevedere una limitazione di responsabilità per l'imprenditore nel caso in cui abbia adempiuto agli obblighi che la normativa gli impone, altrimenti c’è il rischio che, in caso di incidente, quell'imprenditore, che pure ha investito sulla sicurezza, venga posto sullo stesso piano di chi invece non fa nulla, e questo non è giusto.

PRESIDENTE
Mi scusi, signor Bernard, ma non è così, perché, se si dovesse determinare un incidente grave o gravissimo, le responsabilità comunque vengono fuori. Per intenderci e per parlare di una vicenda ormai di importanza nazionale, se nel caso della ThyssenKrupp di Torino - che ho seguito personalmente con questa Commissione parlamentare di inchiesta - non fosse mancato il sistema antincendio, che pure era previsto, sicuramente non ci sarebbe stata la condanna. Bisogna dunque fare attenzione perché quando si verifica un incidente si accertano poi le responsabilità: non è vero, quindi, che il lavoratore è completamente escluso da ogni responsabilità.
Posso certamente capire la sua indignazione per il fatto che nonostante lei spenda dei soldi per acquistare tutto ciò che serve per la sicurezza degli operai questi poi non ne facciano uso; le assicuro però che, nel caso in cui si dovesse verificare un incidente, tutto questo verrebbe accertato. La invito dunque a sentirsi più protetto e più sicuro.

NEROZZI
Ricordo, ad esempio, che alla ThyssenKrupp di Terni le cose non sono andate come alla ThyssenKrupp di Torino, proprio perché le responsabilità erano diverse.

PRESIDENTE
Del resto, signor Bernard, ove così non fosse, non ci sarebbe soluzione a quello che lei dice. Giustamente lei si chiede come debba comportarsi un imprenditore di fronte ad un operaio che non indossi le scarpe, il casco o che non utilizzi l'ancoraggio sul ponteggio. Se si dovesse arrivare al licenziamento dell'operaio, potrebbe esserci il rischio per l'imprenditore - come lei fa notare - di non avere più lavoratori. Capisce bene però che, di fronte a questo rischio, sarebbe un paradosso permettere che si lavori senza le necessarie protezioni.

BERNARD
Se mi consente, signor Presidente, vorrei aggiungere una cosa, e non certo per proteggere i contadini della Provincia di Bolzano. Ci tengo solo a precisare che le macchine da noi usate in agricoltura sono per la maggior parte adeguate. A questo proposito vorrei invece far notare -forse nessuno ha riflettuto su questo aspetto - che lo scorso anno ha piovuto molto, con la conseguenza che il terreno era particolarmente umido e bagnato; probabilmente è da ricondurre anche a questo dato l’aumento di infortuni mortali che si è registrato nella nostra realtà.

NEROZZI
In verità dalle statistiche risulta che, nei primi quattro mesi di quest’anno, c’è stato comunque un aumento del numero di infortuni mortali in agricoltura.

MERZ
Buongiorno a tutti, sono il presidente della Coldiretti di Trento. Vorrei dedicare la prima parte del mio intervento a spiegare ciò che è stato fatto nella nostra Provincia, per poi soffermarmi sull’applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008. Già quattro anni fa, ci siamo attivati rispetto alla questione degli infortuni mortali in agricoltura, determinati quasi esclusivamente dal ribaltamento delle macchine. Dunque le organizzazioni professionali hanno iniziato un attività, in accordo con l’azienda sanitaria, per cercare di mettere a norma tutte le macchine agricole. Ricordo che nella Provincia di Trento ci sono circa 28.000 trattori. Sono stati svolti degli incontri tra i rivenditori delle macchine agricole, le officine meccaniche e i funzionari dell'ex ISPESL, in cui venivano spiegate le linee guida per la messa in sicurezza delle trattrici.
Abbiamo svolto circa 100 riunioni, in tutto il territorio, per sensibilizzare gli agricoltori a svolgere questo tipo di attività. Ricordo però che, in media, le aziende del Trentino hanno circa due ettari di terreno, che più del 50 per cento delle aziende sono condotte part-time e che molte sono condotte da hobbisti. La stragrande maggioranza degli infortuni mortali riguarda purtroppo persone molto anziane. Devo dire che tutti gli agricoltori hanno sistemato le loro macchine, ma ci sono delle macchine agricole per la messa in sicurezza delle quali l'ex ISPESL non ha ancora ap-prontato le linee guida, tanto è vero che la Provincia di Trento ha stanziato 100.000 euro per finanziare la costituzione delle linee guida per la messa in sicurezza delle cosiddette moto agricole, che in Provincia di Trento sono circa 6.000. La Provincia di Trento ha poi istituito, all’interno della Scuola provinciale antincendi, inserita nel Servizio antincendi e protezione civile, una scuola per la guida sicura delle macchine agricole. Deve dire che, sebbene le norme per la messa in sicurezza delle macchine agricole siano abbastanza datate, le stesse case costruttrici mettono ancora in vendita macchine inadatte. Si prenda l’esempio delle cinture di ritenzione: la norma risale al 1999 e le prime macchine agricole in regola sono state vendute per la prima volta solo l'anno scorso. Dunque la responsabilità non è solo e sempre degli agricoltori.
Occorre fare anche un ragionamento sugli strumenti antiribaltamento, soprattutto nelle aziende viticole, in cui le trattrici sono sempre senza cabina, visto che un trattore con la cabina non può passare sotto la cosiddetta pergola trentina. Se il rollbar, ovvero il dispositivo antiribaltamento del trattore, è alzato - ed esso viene sempre alzato manualmente - il trattore non può passare sotto i vigneti. Dunque queste norme sono di difficile applicazione. Desidero fare un'altra considerazione: da parte delle imprese costruttrici viene effettuata pochissima ricerca sulla messa in sicurezza dei trattori e sulla creazione di dispositivi automatici che alzino direttamente il rollbar quando c’è pericolo di ribaltamento. È questa un'altra sollecitazione che desidero avanzare. A tal proposito sottolineo che nell'accordo di programma con l'Università di Trento, la Provincia ha dato mandato alla Facoltà di ingegneria di studiare dei meccanismi che alzino automaticamente il rollbar.
La seconda questione che vorrei evidenziare riguarda il decreto legislativo n. 81 del 2008. Credo che quella agricola sia l'unica attività che si svolge completamente a cielo aperto, situazione in cui è più difficile applicare una normativa di questo tipo. Nel nostro territorio ci sono sia aziende di pianura sia aziende, ad esempio viticole o zootecniche, in cui ci si lavora su terreni che hanno pendenze che arrivano anche al 60 per cento. È dunque complesso applicare la normativa nella stessa maniera alla miriade di aziende presenti nel nostro territorio. Non faccio riferimento all'introduzione di semplificazioni, ma al fatto che i rischi che possono essere presenti in aziende di questo tipo sono difficilmente valutabili.
Anche nella stesura del documento di valutazione dei rischi, non tutti i rischi possono essere considerati: sono talmente tanti che è difficile elencarli e prevenirli. Desidero citare, ad esempio, un fatto realmente accaduto: un agricoltore ha avuto un infortunio, con una prognosi superiore a 90 giorni. Della questione è stata investita la procura della Repubblica, la quale ha preteso che, nel documento di valutazione rischi dell'azienda frutticola in cui il soggetto lavorava, fosse prescritto che quando si appoggia la scala al melo per raccogliere i frutti questa debba essere messa in sicurezza e quindi legata all'albero. Al di la del fatto che una simile previsione è inapplicabile, perché se venisse applicata non si raccoglierebbero più le mele, per lo meno nel primo momento, in cui occorre salire sulla scala per legarla all'albero, questa scala non può essere già stata messa in sicurezza. Non ne faccio un problema di semplificazione, ma bisogna capire esattamente quali rischi possono essere prevenuti e corretti e quali sono imponderabili e dunque non si possono prevedere.

GRATA
Quella della cooperazione è una realtà significativa e trasversale, rispetto ai settori che in parte sono già stati esaminati, e quindi i temi che sono stati posti dagli auditi che mi hanno preceduto sono in gran parte rispondenti al nostro punto di vista. Quello della cooperazione è un ambiente particolare e trasversale e rappresenta una situazione ottimale dal punto di vista del modello operativo, che coinvolge i lavoratori nella gestione e nelle corresponsabilità aziendali. Per quanto riguarda il mondo cooperativo che rappresentiamo, esso prescinde dal settore agricolo, che è rappresentato dalla Raiffeisenverband, presente da sempre in Alto Adige. Noi rappresentiamo la componente italiana e la cooperazione di lavoro, culturale, dei servizi e sociale.
Sicuramente il fatto che la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro sia stata innovata, l’ha avvicinata al nostro modello, per quel che riguarda la centralità del lavoratore e della lavoratrice. I nodi presenti sono di carattere generale, culturale e pedagogico: occorre riportare al centro la corresponsabilità antropologica di chi ha la responsabilità di un azienda. La normativa sugli appalti, come ha detto il Presidente, costituisce sicuramente un vulnus per quanto riguarda la gestione operativa. In questo senso la legislazione ha occupato uno spazio affidato alla nostra normativa provinciale, per evidenti ragioni di armonizzazione normativa, con effetti che rappresentano più un vulnus che un elemento virtuoso, dal punto di vista copernicano, per via dell’allungamento delle filiere, di cui si è parlato in precedenza, e di una sorta di deresponsabilizzazione delle stazioni appaltanti rispetto alle linee di sviluppo programmatico della sussidiarietà e della corresponsabilità sociale dei referenti politici e delle stesse stazioni appaltanti.
Un altro aspetto delicato riguarda la funzione ispettiva. Riceverete altre testimonianze in questo senso da parte degli auditi dell’Alto Adige-Sudtirol, in cui verrà evidenziato che il numero degli ispettori è basso. Questo aspetto compete all'autorità politica provinciale che incontrerete nelle audizioni di domani. In questo senso, auspichiamo che la funzione repressiva tradizionale possa essere più di mentoring e che l'investimento possa avvenire anche attraverso un accompagnamento della funzione ispettiva in termini di partnership. Per quel che riguarda la burocrazia, non mi dilungherò su aspetti già trattati da altri auditi. Un aspetto deteriore riguarda la «sindrome» in base alla quale gli aspetti burocratici sono di fatto gestiti da una tecnocrazia, ovvero dai consulenti e dai centri servizi: ciò comporta un'asimmetria tra chi assume la responsabilità di compilare correttamente gli elementi cartacei e chi ha la responsabilità di rispondere operativamente di ciò che avviene all'interno del governo aziendale, che spesso viene elaborato da altri.
Per quel che riguarda la prospettiva de iure condendo, abbiamo riscontrato che nel capitolo riguardante lo stress lavoro-correlato si rischia di arrivare ad una devianza interpretativa squisitamente burocratica e non ad una mutazione antropologica e culturale, che è invece al centro delle intenzioni del legislatore per questo specifico capitolo. Desidero concludere il mio intervento con due buone notizie. La prima è una buona notizia a meta: un anno e mezzo fa tutte le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori hanno siglato un protocollo riguardante il settore multiservizi della Provincia di Bolzano. È dunque un fatto storico aver raggiunto la coesione totale, per questo settore, tra chi rappresenta l'economia e il lavoro. Ora stiamo aspettando che la Provincia autonoma di Bolzano - che stiamo sollecitando in questo senso - recepisca con linee guida le indicazione da imporre - o da porre, nell’ambito delle autonomie gestionali - alle stazioni appaltanti, e specialmente a quelle pubbliche di derivazione provinciale.
L'altra buona notizia è che le prime sperimentazioni che stiamo avviando e gestendo con il mondo scolastico e della formazione rispetto alla sicurezza stanno offrendo aspettative lusinghiere di assimilazione e di metabolizzazione da parte del mondo studentesco. Ovviamente ci sono delle situazioni di patologia, ma ci sono anche delle consapevolezze culturali: a tal riguardo crediamo che si debba investire ulteriormente sulla scuola e sul mondo della formazione, perché è lì che si gioca la credibilità del sistema formativo rispetto al mondo del lavoro.

HARTMANN
Desidero ringraziare la Commissione per l’invito rivolto all'UNISPETRA, di cui sono presidente, che rappresenta le case di spedizione dell'Alto Adige. Condivido in pieno tutto ciò che hanno detto gli auditi che sono intervenuti prima di me. Ciò nonostante vorrei attirare l’attenzione su un argomento che sta molto a cuore alla nostra categoria. Innanzitutto accenno al fatto che gli spedizionieri, dovendo oltrepassare il confine con l’Austria e con altri Paesi, hanno quasi tutti dei mezzi nuovi, altrimenti sarebbe quasi impossibile andare all’estero.
Ho inoltre una preghiera da rivolgere: tutti siamo concordi sul fatto che sia importantissimo proteggere i lavoratori ed evitare ogni singolo incidente, ma occorre non perdere di vista qual è il vero traguardo da raggiungere. Tante volte ci perdiamo dietro alle leggi e alla loro interpretazione, perdendo di vista quello che è il nostro vero scopo. In precedenza è stato fatta l'esempio delle norme sull'utilizzo del casco, delle scarpe e dei guanti. Sono norme sensate, che credo il lavoratore applichi, proprio perché le ritiene tali. Voglio però fare un altro esempio pratico che riguarda il nostro lavoro: quando i camion vanno in retromarcia emettono un segnale di «bip». I carrelli elevatori, nei nostri magazzini, vanno quasi sempre in retromarcia ed emettono un altro segnale di «bip». Anche le pedane emettono un «bip», perché così è previsto. Alla fine ci sono tantissimi segnali di «bip» che nessuno prende più in considerazione, perché non si avverte più la presenza di un pericolo. Così si iniziano a spegnere questi dispositivi, perché danno solo fastidio e non migliorano la sicurezza. Se però accade qualcosa, è ovvio che tale questione viene tirata in ballo. Voglio fare un altro esempio molto banale. In Italia viene fatto un controllo degli estintori ogni sei mesi; in Germania, che è sicuramente un Paese che tiene molto alla sicurezza, il controllo viene fatto ogni due anni. Io e i miei colleghi diamo in gestione tale servizio a una ditta esterna, che controlla gli estintori e registra i dati in un apposito libro. Alla fine, quasi si perde di vista ciò che conta veramente, ovvero che ci sia un estintore efficiente nel momento giusto, ma siamo più occupati dalla tenuta del registro e dal fatto che ci siano le controfirme previste. Ne ho parlato con molti colleghi: alla fine si bada ad applicare queste piccole etichette ogni sei mesi e tutto si considera a posto.
Perciò la mia preghiera, a nome della nostra categoria, è che queste leggi veramente importanti siano semplici, trasparenti e si possano trasferire nella quotidiana: questa è la cosa fondamentale. È importante che, una volta soddisfatto il documento, l'attività non finisca lì, come spesso accade. Cerchiamo di vedere dove veramente è presente un pericolo, per applicare queste norme. Questo è un fatto che ci sta davvero molto a cuore.

PRESIDENTE
Signor Hartmann, lei dovrebbe essere così cortese, come è stato nel corso della sua esposizione, da riferire dove è il pericolo. Non deve farlo adesso, ma può presentarci una memoria. In caso contrario, il rischio è di costruire un castello accusatorio con delle ipotesi, dietro al quale però non vi è nulla di concreto. Se infatti vale quella norma secondo cui ogni sei mesi l'estintore deve essere controllato, io debbo ritenere, pur non essendo un tecnico esperto, che ciò venga fatto. Qualora voi doveste avere, invece, elementi che provino che la situazione è diversa, vi invito a fornirli perché noi ci impegneremo al riguardo. Ritengo, infatti, che lo Stato non debba essere antagonista, ma collaboratore, sia pure tenendo conto dell'autonomia che vi è propria.

HARTMANN
Presidente, questo è un esempio marginale, che ho portato casualmente. Ciò che io voglio dire è che, a volte, i rappresentanti di una certa categoria «infilano» all'ultimo momento un passaggio di questo genere che, alla fine, diventa un elemento fondamentale, quasi fosse l'aspetto veramente importante. Al contrario, invece, è importante che l'estintore funzioni al momento giusto (e ripeto che si tratta solo di un esempio casuale). Un altro esempio che volevo fare riguarda i segnalatori acustici: quasi tutte le ditte ispezionate hanno disattivato il segnale acustico.
Il mio intento, quindi, è ribadire la centralità della sicurezza vera e propria, senza esagerare nella produzione normativa che rischia di impegnarci nel soddisfacimento di adempimenti burocratici facendoci perdere di vista il nostro scopo fondamentale. Questo, Presidente, è il messaggio che desideravo inviare.

PRESIDENTE
È un messaggio che appartiene a tutti, anche al Parlamento che, per quanto in nostro potere, oggi qui rappresentiamo. Nelle Aule parlamentari non c’è nessuno che si accanisce per creare problemi al prossimo. Può senz'altro accadere che qualcosa «si infili», per usare la sua espressione, ma tale evenienza si può correggere. Per questo motivo, se avete delle proposte correttive, avanzatele, e noi ci faremo parte attiva. In Parlamento, quando discutiamo le proposte di legge il nostro intento è proprio quello di apportare miglioramenti. Non so se vi sia qualche collega che, con una certa perversione, lavora in senso contrario ma, in generale, noi non proviamo piacere nell'accanimento. In primo luogo, tale atteggiamento ci è alieno perché siamo eletti dai cittadini, i quali fanno il vostro stesso ragionamento. Inoltre, noi tendiamo a raggiungere il massimo dell'armonia, che poi potrà ottenersi oppure no, ma il regime della democrazia, nel quale fortunatamente viviamo, ci consente di cambiare e di formulare altre proposte.
Nel caso dei segnalatori acustici, ad esempio, se il suono è sempre lo stesso, cambiatelo! Di certo non potete spegnerli, perché forse quel segnale salverà la vita di una persona. Se si è deciso di impiegare la stessa tonalità per tutti i segnali, che in qualche modo confonde, allora, semplicemente, adottiamo segnali con tonalità diverse.

HARTMANN
Presidente, la sua risposta è molto logica. Io non volevo dare troppa importanza a questo aspetto. La mia intenzione era inviare un messaggio volto alla realizzazione di interventi trasparenti e veramente applicabili.

PRESIDENTE
Se ha altri messaggi di questo genere, le chiedo di avere la compiacenza di comunicarceli.

HARTMANN
Sì, Presidente, su tale materia ho numerose proposte che vi invierò con piacere.

PRESIDENTE
Ne siamo lieti, senz'altro ci saranno di aiuto.

MONDINI
Presidente, intervengo in rappresentanza del Presidente dell'Unione Commercio Turismo di Trento. Il problema della sicurezza è molto ampio e diversificato. Senza ripetere le affermazioni dei colleghi, che in gran parte condividiamo, vorrei toccare alcuni punti. Il primo riguarda la discrezionalità della normativa, che lascia adito a molteplici interpretazioni. Infatti, se quest'ultima è veramente valida dal punto di vista teorico, non lo è però) dal punto di vista prettamente pratico: l'interpretazione lascia troppo spazio alla discrezionalità, sia da parte di un certo tipo di imprenditore sia, soprattutto, da parte dei controlli ispettivi. Questo, almeno nella nostra Provincia, è un male molto radicato.
Un altro problema abbastanza rilevante concerne il fatto che noi viviamo in un sistema globalizzato, con una forte concorrenzialità. Essendo il Trentino Alto Adige una regione di confine, ci troviamo a dover competere soprattutto con la vicina Austria, ma anche con la Germania, e con le province a Sud e limitrofe. Anche su questo aspetto, vi è una diversa interpretazione della legge e una diversa discrezionalità. Io lavoro sia con l'Austria che con la Germania, e non capisco perché in Italia la normativa in materia consta di ben 150 articoli, mentre in Austria ve ne sono solo 28 e in Germania 30. Un regolamento austriaco o tedesco occupa solo 12 pagine, laddove in Italia lo stesso regolamento ne prende 200.
Questa discrezionalità e questa sovrabbondanza di norme creano profondo imbarazzo e profonda difficoltà, oltre che costi rilevanti all'imprenditore serio, il quale spende e tanto, pensa di essere in regola ma, in conclusione, non lo è perché un ispettore del lavoro, all'atto dell'ispezione, troverà sempre qualcosa su cui cavillare. Siamo chiari, Presidente: oggi in Italia fare l'imprenditore equivale, per alcuni, ad essere dei criminali (è anche vero che alcuni imprenditori si comportano come tali; riprenderò poi il caso della ThyssenKrupp, le spiegherò la differenza e perché io non sono d'accordo). Anche per il decreto legislativo n. 81 del 2008, noi ci ritroviamo di fronte all'annoso problema, tutto italiano, di uno Stato che continua a delegare all'impresa costi e incombenze che, in gran parte, sono suoi. Se si vuole intervenire seriamente sul discorso della sicurezza per gli anni a venire, per le nuove generazioni, bisogna cominciare dalla scuola. Come lei ricorderà, in passato nei programmi scolastici era compresa la materia dell'educazione civica, che riguardava tra l'altro la cultura della sicurezza, e che oggi non esiste pili. Senza contare che esiste anche il problema della immigrazione. Molti nostri lavoratori sono extracomunitari, provengono da Paesi meno evoluti del nostro, hanno meno esperienza di tali questioni, e non sono preparati. Ebbene, siamo noi a doverci fare carico di insegnare loro la cultura del lavoro e della sicurezza, e poi dobbiamo farli anche lavorare. A seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 626 del 1994, la Provincia di Trento aveva tenuto dei corsi di base a proprio carico. Oggi purtroppo non esiste più il libretto di lavoro; quindi, un lavoratore può raccontarmi ciò che vuole ed io devo credergli, senza neanche poter verificare dove abbia fisicamente lavorato. Se, invece, si tenesse un corso generale propedeutico almeno agli extracomunitari, che rilasciasse loro un patentino dove l'imprenditore, nello spostamento del lavoratore da un'azienda all'altra, riporta le tipologie di mansioni svolte dal lavoratore, ciò aiuterebbe noi datori di lavoro dal punto di vista dell'assunzione e inoltre verrebbe incontro alle esigenze di sicurezza.
È troppo comodo, infatti, demandare tutto all'impresa. Ma cosa fa l'ente pubblico? Quanti sono i dipendenti? E perché dobbiamo pagarli così tanto? In Provincia di Trento, se consideriamo la percentuale dei residenti trent'anni fa, quando si redigeva la prima nota a mano, rispetto ad oggi, che la si redige con il computer, ci domandiamo se le incombenze siano diventate davvero così tante da richiedere un numero così elevato di dipendenti. Se questa è la situazione, perché; si continuano a demandare incombenze alle imprese? Io comprendo (perché me lo hanno fatto comprendere) che tale impostazione appartiene a una vecchia cultura della sicurezza, ma oggi, proprio per la crisi esistente, una piccola inversione di tendenza anche per gestire la sicurezza sarebbe d'uopo.
Non voglio entrare in polemica con i colleghi rappresentanti del mondo agricolo ma, oltre ad essere qui come rappresentante della Confcommercio, e per portarvi i saluti del mio vice presidente, Giovanni Bort, che è in missione all'estero, sono anche presidente dell'associazione dei grossisti e delle piccole e medie imprese del Trentino. Il 30 per cento dei miei associati è rappresentato da industriali, iscritti all'associazione industriali, perché una conseguenza automatica della terziarizzazione dell'industria è che noi facciamo anche cogestione. Il collega che mi ha preceduto ha parlato anche dell'ACMA, l'associazione che rappresenta i venditori di macchine agricole del Trentino. Noi siamo stati i primi a portare avanti il discorso della sicurezza e vorrei fare una proposta. Per la prima volta, dopo tanti anni, siamo riusciti ad essere invitati dall'assessore Mellarini, che ringraziamo, al Tavolo verde, dove abbiamo parlato della problematica delle morti bianche in agricoltura.
Un primo passo per risolvere tale questione potrebbe essere l'obbligo di adeguamento al codice della strada per la revisione dei trattori. Noi abbiamo presentato tale proposta, ma le altre associazioni del settore si sono opposte, perché tale operazione comporterebbe dei costi. Ebbene, io, imprenditore siderurgico, sono tenuto a molti adempimenti, mentre le altre associazioni non hanno tale obbligo. Non si possono usare due pesi e due misure!
In terzo luogo, Presidente, ho parlato della concorrenzialità. La normativa in oggetto, come anche altre, crea notevoli costi, perché la sicurezza, pur se necessaria, rappresenta un costo. Se c’è una discrezionalità diversa (come effettivamente è) tra Trentino Alto Adige e Veneto, se esistono due pesi e due misure, è ovvio che le aziende più in crisi si sposteranno ad un livello di sicurezza sempre più basso, rischiando. In Veneto, infatti, come in altre Regioni, un'interpretazione della normativa più tollerante non crea nessun problema.

NEROZZI
Dottor Mondini, mi perdoni se la interrompo. Non voglio difendere il Veneto, ma ci sono norme riguardanti gli enti locali che, come lei ben sa, favoriscono invece il Trentino Alto Adige rispetto agli enti limitrofi. Quindi, è una questione di dare e avere.

MONDINI
Senatore, io sono il presidente di un'associazione di categoria, e non faccio politica. Se entrerò in politica, allora le risponderò. Non è una questione di dare e avere. Anzi, mi meraviglio che un senatore della Repubblica si esprima in tali termini quando si parla di norme sulla sicurezza.

NEROZZI
Dottor Mondini, non ci siamo spiegati. Quanto alle norme sulla sicurezza, io sono assolutamente rigoroso. Intendevo dire che l'applicazione delle norme tra Regioni autonome e Regioni confinanti è oggetto di grande discussione, come lei ben sa. Bisognerebbe trovare delle forme che siano uguali, in tutti i sensi. Io penso che sia una peculiarità delle Province bilingui, anche se questa è ancora un'altra questione.

MONDINI
In Trentino non c’è il bilinguismo.

NEROZZI
Ma bisogna considerare l'insieme delle normativa, perché questa discrasia, che lei riscontra su un aspetto così importante, altri la riscontrano, ad esempio, per i livelli sanitari e per i livelli scolastici. In realtà, quindi, c’è da mettere mano a quanto lei dice, perché non tiene più: non tiene in Trentino e ancor meno tiene in Friuli-Venezia Giulia. Diversa è invece la mia opinione per quanto riguarda le Regioni in cui sono presenti minoranze linguistiche (penso al ladino, al tedesco o allo sloveno), dove esiste una peculiarità oggettiva.

MONDINI
Io però, senatore, mi trovo ad operare in questo specifico contesto. Se vuole, comunque, al di fuori di questa riunione, possiamo discutere anche di altre situazioni: conosco ad esempio molto bene quella del Veneto, visto che ho studiato a Verona.

NEROZZI
Penso che la cosa più importante sia prevedere una normativa applicabile ovunque.

MONDINI
Questo è il problema impellente, proprio nel momento in cui state approvando il federalismo, altrimenti si determinerà una sperequazione sempre maggiore tra territori.
Sotto un altro profilo, ci troviamo di fronte a due diversi aspetti che occorre tenere presenti: da un lato, l'ottemperanza da parte dell'impresa del settore privato e, dall'altro, la diversa metodologia utilizzata dai servizi ispettivi per quanto concerne le aziende pubbliche. A questa situazione, che come presidente di categoria avevo già denunciato fornendo tutta una serie di prove, bisognerebbe porre rimedio, posto che le aziende collegate all'ente pubblico dovrebbero rappresentare «il fiore all'occhiello» nell'applicazione della legge in ogni campo.
Signor Presidente, prima mi ha visto scuotere la testa mentre lei parlava del caso della ThyssenKrupp. Lavoro da 35 anni nel settore siderurgico, per cui lo conosco molto bene e posso dire che lei ha perfettamente ragione. Dal nostro punto di vista esistono infatti due problematiche. La prima riguarda la grande impresa, che ha capacita, risorse, mezzi e problematiche ben diversi da quelli dalla micro e della piccola impresa, che è tipica della realtà trentina: se si guarda ai parametri dell'Unione europea, le più grosse imprese del Trentino sono medie imprese. È anche per questo, però, che in caso di infortunio l'approccio da parte degli organi ispettivi è completamente diverso, con la conseguenza che il piccolo imprenditore si trova troppo spesso ad essere «penalizzato», il che nella grande impresa, pur con le problematiche che esistono, non si verifica. Faccio un esempio, richiamando una vicenda che mi ha visto coinvolto direttamente (anche perché non è bene che, come presidente di categoria, parli degli altri associati). Un anno fa nella mia azienda si è verificato un infortunio sul lavoro che ha coinvolto il capo magazziniere (che ora ha ripreso a lavorare, anche se è stato via otto mesi). Dopo l'incidente fu trasportato in ospedale, dove purtroppo risultò che aveva bevuto: al Pronto soccorso fu trovato con un tasso alcolemico del 2,7, ma comunque lucido e collaborativo, il che vuole dire che, a insaputa mia e di tutti in azienda, era alcolista. Innanzitutto c’è da dire che in una situazione del genere, se anche avessi avuto un dubbio, per questioni di privacy non sarebbe stato possibile verificare se il lavoratore beveva o meno. In secondo luogo, dopo l'incidente sono arrivate in azienda le forze di polizia ed un'ora dopo anche gli addetti dell'ispettorato del lavoro: nessuno si è però minimamente curato di verificare le possibili cause dell'infortunio, limitandosi soltanto a controllare il sistema di sicurezza dell'azienda alla ricerca di qualcosa che non andasse - l'ho capito dopo - nel tentativo di ricollegare l'incidente a tutta una serie di cavilli. In particolare, mi sono state date prescrizioni generali molto ampie per la mia azienda - tra cui anche quella di rivedere il DVR (Documento di valutazione dei rischi) - e su questo si sta cercando di costruire il dolo. Circa due mesi fa - a distanza di otto mesi dall'incidente - gli ispettori del lavoro sono tornati in azienda e quando ho chiesto loro se avessero sanzionato il lavoratore mi hanno risposto, di fronte a testimoni, che non potevano di certo rovinarlo. A quel punto, ho detto loro che se non avessero proceduto li avrei denunciati per omissione di atti d'ufficio.
Vi assicuro, signori senatori, che situazioni del genere si verificano spesso, dal momento che mi è personalmente capitato al riguardo di fare parecchie denunce per i miei associati all'assessore provinciale competente. È anche questa cultura e questa mentalità che dovrebbero essere cambiate.

PRESIDENTE
Parliamo di singoli casi.

MONDINI
Non è così, si tratta di una situazione generalizzata; penso che anche gli altri colleghi qui presenti, volendo, potrebbero riportare episodi analoghi.

PRESIDENTE
Non possiamo arrivare a dire che i pubblici ufficiali sono tutti falsi.

MERZ
Mi scusi, signor Presidente, ma ci terrei a precisare che io prima ho parlato di case costruttrici e non di rivenditori di macchine agricole.

PRESIDENTE
Sì, abbiamo capito, si tratta di due cose diverse.

STENICO
Signor Presidente, sono il presidente della Lega provinciale cooperative di Bolzano. Vorrei soffermarmi brevemente su due questioni, offrendo una riflessione che, a mio avviso, potrebbe forse dare un buon contributo al miglioramento della sicurezza sul lavoro, in generale e soprattutto all'interno delle nostre cooperative. Innanzitutto, proprio perché come associazione seguiamo cooperative di lavoro industriali, in cui i lavoratori sono anche soci, possiamo rilevare quanto sia importante il coinvolgimento del lavoratore in tutti i cicli di vita e di decisione dell'impresa. Si tratta naturalmente di una caratteristica delle cooperative, che produce comunque buoni risultati, nel senso che le persone sono consapevoli di quanto stanno facendo e di tutto ciò che è connesso con la produzione.
Proprio partendo da questa considerazione, sono convinto che sarebbe importante un'evoluzione a livello legislativo - come indicato peraltro anche in una recente proposta di legge unitaria - tale da favorire la partecipazione di un numero sempre più ampio di lavoratori nella gestione dell'impresa, perché penso che a questo aspetto sia correlato anche il discorso sull'infortunistica e sulla salute nei luoghi di lavoro.
In secondo luogo, si potrebbe estendere la consultazione un po' più a Nord, dal momento che nell'ambito dei rapporti bilaterali che abbiamo con il movimento cooperativo in Germania siamo rimasti molto ben impressionati dalla presenza di una forte delega dello Stato e dei Lander alle singole categorie, affinché esse stesse elaborino norme di sicurezza che siano effettivamente su misura per i vari settori, tenuto conto anche delle caratteristiche precipue delle singole imprese. Esistono infatti le cosiddette cooperative professionali (Berufsgenossenschaften), vale a dire delle vere e proprie istituzioni bilaterali alle quali la mano pubblica delega la definizione delle norme tecniche in materia di sicurezza sul lavoro, di vigilanza, di prevenzione e di educazione dei lavoratori. Credo che il fatto che le regole siano ben calibrate sull'impresa sia una condizione affinché le stesse vengano anche ben applicate. Pertanto, il fatto che le parti sociali - nel caso della Germania, lavoratori e sindacati - possano avere la competenza per definire insieme tutta una serie di norme (è chiaro che non si tratta delle norme principali, che sono quelle della legge dello Stato, ma di tutte le norme di attuazione) ha portato ad un forte coinvolgimento e a sentire come proprie tutte quelle disposizioni che a noi paiono invece un po' cervellotiche, in quanto derivanti da una normativa tecnica che spesso è piuttosto astratta rispetto alla vita reale dell'impresa.
In sintesi, si tratta di rafforzare il più possibile la partecipazione diretta delle parti sociali e dei lavoratori all'interno delle imprese.

PRESIDENTE
Dottor Stenico, credo che lei abbia detto cose molto interessanti. Anche dalle altre audizioni che abbiamo svolto questa mattina, mi pare che emerga chiaramente il grande spazio che voi date agli organismi bilaterali: lei stesso, in effetti, ne ha parlato.
A questo proposito, c’è però un aspetto che la inviterei a tener presente. A differenza dell'Italia, dove le norme in materia di lavoro rientrano nell'ambito della legislazione concorrente, in Germania - che è molto più federale del nostro Paese, che si sta avviando ora al federalismo - la competenza spetta in via esclusiva allo Stato, mentre l'attuazione della normativa avviene secondo le modalità che lei ha descritto. Per noi questo rappresenta un problema politico molto importante. Dieci anni fa c’è stata la modifica del Titolo V della Costituzione ed è oggi in corso un confronto tra le varie forze politiche anche su questo tema. Al riguardo devo dire che si registra sostanzialmente una coincidenza di opinioni, perché ci si sta rendendo conto che il primo passo per semplificare e fare in modo che le norme siano emanate in maniera unitaria e siano capaci di determinare un effettivo coinvolgimento a livello territoriale, che è in sostanza il meccanismo di cui lei parlava. Del resto, in occasione di incontri che abbiamo avuto con colleghi tedeschi, francesi ed inglesi, abbiamo avuto modo di approfondire i sistemi di quei Paesi: per quanto ci riguarda, cerchiamo dunque di fare la nostra parte.

LAURENTIS
Signor Presidente, sono il presidente dell'Associazione artigiani e piccole imprese della Provincia di Trento. Per quanto ci riguarda, abbiamo attivato ormai da tanto tempo un coordinamento tra imprenditori, che vede sostanzialmente riunite cinque categorie, per cui alcuni temi vengono già trattati in maniera unitaria. Qui accanto a me c'è infatti il dottor Pallanch, attuale direttore del coordinamento - un incarico che viene assegnato a rotazione ogni due anni - che è anche direttore dell'ASAT (Associazione Albergatori ed Imprese Turistiche della Provincia di Trento).
Ci tenevo a sottolineare qui un aspetto, e parlo in particolare per il mondo dell'artigianato. Dai dati dell'ultimo rapporto INAIL, risalente al 2008, risulta che nella Provincia di Trento vi è sostanzialmente un calo degli infortuni di oltre il 7 per cento e un calo globale, di tutti gli infortuni, pari al 9,4 per cento: i dati sono presenti anche nel nostro sito Internet, per chi li volesse controllare. Si è registrato anche un calo degli infortuni mortali, che dagli 11 del 2007 sono passati agli 8 del 2008.
In precedenza sono stati citati gli enti bilaterali: noi abbiamo un ente bilaterale - l'Ente bilaterale artigianato Trentino - che funziona estremamente bene e che abbiamo molto utilizzato, in questo momento di crisi, per contrastare i problemi legati alla cassa integrazione e più in generale al welfare. Attraverso questo ente viene erogata molta attività di formazione. Ricordo che gli uffici dell'INAIL di Trento dispongono di un camper itinerante, che permette di svolgere direttamente attività di formazione in tutta la Provincia. Esso contiene sia un'aula-scuola da otto posti, sia degli strumenti per una pubblicizzazione diffusa e, pertanto, può essere utilizzato dall'ente bilaterale per fare attività di formazione nei cantieri, che sono estremamente polverizzati nelle numerosi valli di montagna. Esso ci consente dunque di svolgere tale attività in loco.
Almeno per quanto riguarda la mia realtà, quella dell'Associazione artigiani e piccole imprese, occorre spostare l'obiettivo dagli infortuni mortali, che nel nostro settore sono stati pressoché inesistenti in quest'ultimo anno, nonostante la presenza di 7.200 lavoratori nell'edilizia e di 1.650 aziende edili, alla lotta alle malattie professionali. Sostanzialmente questo è il quadro della situazione che, pur non essendo idilliaco, fa riferimento a dati numerici di un certo tipo. Occorre tener conto del fatto che gli abitanti della Provincia sono, in tutto, circa 520.000, e che i dati relativi al settore più a rischio, che per noi è quello dell'edilizia, sono quelli a cui ho fatto cenno poco fa. Dunque, sommando coloro che sono iscritti alla Confindustria - 760 aziende, al 31 dicembre 2010, per un totale di 7.600 occupati - la nostra popolazione complessiva è composta da circa 15.000 - 16.000 unita. Teniamo conto che il numero degli infortuni è talmente basso che, in altre realtà, non verrebbe nemmeno citato. Mi rendo conto invece che, nel nostro territorio, si riscontrano un grado di attenzione superiore - mi permetto di dirlo, visto che come imprenditore sono itinerante nel territorio italiano - un altissimo senso imprenditoriale, una diffusa cultura della legalità e una forte tutela nei confronti del nostro personale. Bisogna anche tener conto che le nostre comunità sono così piccole e c’è una conoscenza reciproca talmente elevata che necessariamente l'attenzione è più alta, perché si va ad incidere non solo sul lavoro, ma sul capitale delle nostre aziende.

PALANCH
Vorrei dire qualcosa rispetto alle problematiche del settore turistico. Innanzitutto sia il numero degli infortuni, almeno per quanto riguarda i casi mortali, sia la loro gravita, nel nostro settore sono molto bassi. La nostra associazione, nel contesto istituzionale di cui ha parlato il presidente De Laurentis, collabora su questi temi con la Provincia autonoma di Trento. La nostra associazione si muove da anni in questa direzione, insieme alle nostre aziende, per accrescere la cultura della sicurezza attraverso i corsi di formazione: mi riferisco sia a quelli obbligatori sia a quelli che ciascun imprenditore e ciascun lavoratore decide di seguire per accrescere la propria sicurezza. Nel nostro mondo c’è sicuramente un problema che riguarda la sicurezza considerata da un punto di vista sostanziale, più che da un punto di vista formale. Le nostre imprese soffrono, come molte altre, per il fatto che il tema della sicurezza dovrebbe essere considerato più da un punto di vista sostanziale, che da un punto di vista formale: questo discorso è stato già anticipato e ripetuto più volte. Dunque, molti degli adempimenti a carico delle imprese - in seguito vi faremo avere un elenco - sono di tipo burocratico, non accrescono la cultura della sicurezza, ma a volte tendono ad allontanare l'attenzione e la disponibile dell'imprenditore e del lavoratore da questo tema. È dunque questa la direzione verso cui bisogna muoversi.
Ad esempio, parlare di cultura sostanziale della sicurezza significa parlare della formazione del datore di lavoro e del lavoratore, mentre fermarsi alla produzione di documenti di carattere burocratico non aiuta sicuramente a diminuire il livello di infortuni e la pericolosità del lavoro. Vorrei aggiungere un aspetto che abbiamo toccato in una riunione simile a questa, organizzata circa un anno e mezzo o due anni fa, in collaborazione con l'INAIL. A parte il riconoscimento del basso livello di infortuni nel settore, la cultura della sicurezza passa, prima ancora che dai luoghi di lavoro, dalla famiglia e dalla scuola. Questo è importante, tanto che sono state anche citate le situazioni di pericolo presenti all'interno delle case, nel corso del normale svolgimento della vita familiare.

PRESIDENTE
Gli infortuni domestici sono un problema serio.

PALANCH
Il livello degli infortuni domestici è elevatissimo e credo che sia addirittura superiore a quello del mondo del lavoro.

MARAVENTANO
È vero: è superiore.

PRESIDENTE
Desidero ringraziare i nostri auditi e ricordare che l'incontro di oggi non esaurisce la nostra collaborazione. Dunque, se ci sono delle corrispondenze da parte vostra, saremo ben lieti di accoglierle e di valutarle, anche per approntare una risposta corretta a quello che ci chiederete.


Martedì 19 aprile 2011


Audizione del Presidente del Consiglio regionale e dei rappresentanti delle Province autonome di Trento e di Bolzano



Intervengono il presidente del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, dottor Marco Depaoli, l'assessore alla sanita della Provincia autonoma di Trento, dottor Ugo Rossi, l'assessore al lavoro della Provincia autonoma di Bolzano, ingegner Roberto Bizzo e per il dipartimento politiche sanitarie della Provincia autonoma di Trento, la dottoressa Livia Ferrario e la dottoressa Monica Pisetta.

PRESIDENTE
Desidero ringraziare, a nome della Commissione, il presidente del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, che ha voluto darci un sostegno ai fini della riuscita di questa importante missione, con cui vogliamo ottenere un quadro di conoscenze più diretto, tramite la nostra presenza nelle varie Regioni d'Italia e nelle Province autonome di Trento e Bolzano.
Vogliamo infatti comprendere i metodi, i modi e i meccanismi che sono stati messi in atto nei vari territori e capire come ci si è organizzati e come ci si pensa di organizzare di fronte al fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Vogliamo comprendere, cioè, quali strumenti sono stati posti in essere al fine di tutelare le persone nei luoghi di lavoro, la loro sicurezza e la loro salute. Come sapete, nella giornata di ieri abbiamo avuto un incontro con una serie di soggetti competenti, ciascuno secondo le proprie specificità, sul tema degli infortuni sul lavoro. Abbiamo avuto la possibilità di conoscere meglio i meccanismi sottesi all’organizzazione della prevenzione e del contrasto a questi fenomeni, per quanto riguarda le Province autonome di Trento e di Bolzano. Ciò ci aiuta a comprendere come tali tematiche vengano affrontate, laddove c’è la possibilità di organizzarsi in modo diverso rispetto alle altre Regioni d'Italia. Ci sono poi delle valutazioni che non rientrano nella nostra competenza, perché ognuno pensa di dare le risposte più adeguate a un problema così importante.
Abbiamo colto due aspetti: il primo è coerente con un trend di carattere generale e riguarda il contenimento degli infortuni registratosi negli ultimi anni. C’è poi un problema serio relativo all'agricoltura, che non riguarda solo questo territorio, ma tutte le zone con un'orografia simile. Bisogna indubbiamente impegnarsi, insieme, per contrastare gli incidenti nel comparto agricolo.
Vi saremo dunque grati sia per quanto riuscirete a dirci nella seduta odierna sia per gli ulteriori elementi di riflessione e di aggiornamento che riterrete opportuno inviarci. Ne faremo buon uso, visto che il nostro obbiettivo è quello di verificare, a tre anni dall'attuazione del Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, come si sono organizzate le varie realtà territoriali e di avere uno spaccato diretto: questo è il motivo delle nostre missioni nelle varie Regioni d'Italia, finalizzate ad avere una comprensione diretta e a fare le riflessioni che ci competono.

DEPAOLI
Porto il saluto del Consiglio regionale alla Commissione di inchiesta, con la quale abbiamo collaborato molto volentieri, proprio perché riteniamo che questa sia una tematica molto attuale e importante per le nostre comunità, come anche per le comunità a livello nazionale.
Come il Presidente ha poc'anzi detto, la nostra organizzazione è particolare. La Regione è la cornice che tiene insieme le due Province. Naturalmente, quando i consiglieri provinciali si riuniscono formano il Consiglio regionale, che rappresenta appunto una cornice, mentre le tematiche amministrative sono trattate dalle due Province autonome, ai cui rappresentanti lascio pertanto la parola.

BIZZO
Buongiorno. Sono l'assessore al lavoro della Provincia autonoma di Bolzano. Cercherò di fornire una risposta ai quesiti posti, partendo da una osservazione. Noi abbiamo due ambiti all'interno dei quali il problema della sicurezza sul lavoro è stato affrontato, e si sta affrontando, con sistemi diversi; vi è poi un'ipotesi sulla possibile evoluzione del concetto di sicurezza, che a me sta particolarmente a cuore. I due ambiti ai quali sostanzialmente mi riferisco in questo momento sono l'edilizia e l'agricoltura, per due motivi completamente differenti. Nell'ambito dell'edilizia si è fatto molto, in particolare applicando i concetti legati alla formazione in cantiere, con alcuni esperimenti pilota realizzati in Provincia di Bolzano. Si tratta delle cosiddette cittadelle della sicurezza, dove la formazione in cantiere dei lavoratori diventa uno degli elementi caratterizzanti la costruzione delle opere, sia dal punto di vista della formazione in quanto tale, sia dal punto di vista del valore simbolico. Ad esempio, la costruzione di importanti cantieri si è trasformata in un evento che caratterizzava la formazione. Il cantiere stesso diventava scuola, all'interno della quale formare i lavoratori. Questo ha avuto un'importante significato, anche simbolico, in particolare per quanto riguarda le organizzazioni datoriali, e ha portato ad una compartecipazione, con maggiore attività, da parte dei lavoratori.
Nell'ambito dell'edilizia, il livello di educazione alla sicurezza, sia per quanto riguarda i lavoratori sia per quanto riguarda gli imprenditori, ha compiuto un salto di qualità. Bisogna però andare oltre, perché anche un solo infortunio è troppo quando si parla di infortuni gravi e, peggio ancora, quando si parla di infortuni mortali. Personalmente, ritengo che nell'ambito dell'edilizia via sia un margine di miglioramento generale, di cui riferirò alla fine e che riguarda sia l'agricoltura che i restanti settori. Nell'ambito dell'edilizia, però, un margine di miglioramento ulteriore potremmo ottenerlo dando maggiori competenze e funzioni di controllo, nonché responsabilità penali, alle grandi figure coinvolte nel processo edilizio.
Quest'ultimo coinvolge il responsabile della sicurezza in fase di progettazione, il responsabile della sicurezza in fase di realizzazione delle opere (che in genere devono essere figure distinte), il direttore dei lavori generale, tutti i direttori di lavoro specialistici, il direttore tecnico di impresa e il responsabile capo cantiere. Si tratta di una serie di figure professionali alle quali deve essere concesso l'onore e l'onere di esercitare maggiori funzioni, anche ispettive. Non ritengo che avrebbe molto senso aumentare le funzioni di controllo ispettivo da parte dell'ente pubblico, quando abbiamo delle presenze in cantiere che hanno l'obbligo professionale di esercitare delle funzioni di controllo. Secondo me, in questo ambito esiste un margine di miglioramento.
Il settore dell'agricoltura, invece, rappresenta un fattore atipico, e probabilmente ne avrete parlato anche ieri. Per la sua stessa conformazione, in agricoltura vi è la presenza di una micro imprenditorialità diffusa, perché il lavoratore agricolo e, in genere, anche imprenditore. Noi sappiamo che il concetto della sicurezza sul lavoro si è sviluppato soprattutto in applicazione al lavoro dipendente. In aggiunta a ciò, l'orografia delle montagne rappresenta un valore di criticità aggiuntiva per quanto riguarda la sicurezza, perché lavorare con un trattore in un terreno in pendenza è diverso dal lavorare in pianura. Di fatto, la maggior parte degli incidenti, anche gravi, che si verificano sono legati all'impiego di mezzi agricoli su forti pendenze o, comunque, in situazioni di criticità. Su questo punto apro una breve parentesi per riferire che stiamo spingendo istituti di ricerca, anche locali, a mettere a punto sistemi meccanici e idromeccanici, in modo da dotare i mezzi agricoli di dispositivi di sicurezza attivi e passivi. Se ne stanno brevettando alcuni molto interessanti e su questo punto stiamo cercando di spingere la ricerca per fare in modo di rendere i mezzi più sicuri.
Per quanto riguarda l'agricoltura, esiste un'oggettiva differenza tra la tipicità del lavoratore che è anche imprenditore e il lavoratore dipendente, al quale siamo abituati a rivolgerci. A tal riguardo, una funzione importante può e deve svolgerla la scuola per il motivo, molto semplice, che tutti coloro i quali oggi sono studenti, prima o poi, almeno si spera, saranno lavoratori. La sicurezza deve essere uno degli elementi caratterizzanti i percorsi scolastici (un tempo alle scuole medie si insegnava l'educazione civica), perché è uno degli elementi caratterizzanti tutte le professioni e tutti i lavoratori, siano essi in posizione subordinata o siano dei dirigenti. In qualsiasi azienda, sia pubblica che privata, il dipendente, il dirigente, o entrambi, hanno funzioni a vario titolo collegate alla sicurezza all'interno del posto di lavoro, pubblico o privato che sia. Quindi, la scuola dovrebbe, e potrebbe, tenere presente la necessità di formare i futuri lavoratori anche per quanto concerne la sicurezza. Anche in base alle mie esperienze professionali, posso affermare che la sicurezza, prima che un'abilità tecnica, è un atteggiamento mentale e culturale. A tal proposito, voglio raccontare un aneddoto. Nei cantieri era difficile costringere i carpentieri che lavoravano sui tetti ad utilizzare le cinture di sicurezza, perché il non utilizzo comunicava loro un senso di forza e di machismo. Come nel caso della multa, che serve a costringere le persone a portare le cinture di sicurezza in macchina. Superare alcuni atteggiamenti culturali è difficile in età adulta, quindi è bene che tali processi inizino in età scolastica, facendo capire agli individui che il tema della sicurezza riguarda la loro vita e che bisogna usare le cinture di sicurezza, sia in automobile che in un cantiere, a 50 metri d'altezza, quando si monta una copertura, o anche a cinque metri di altezza. Cadere da 50 metri di altezza o da cinque, infatti, non fa una grande differenza, perché ci si fa molto male in entrambi i casi. Un percorso che facesse parte più della formazione culturale, e non solo di quella professionale, sarebbe dunque molto importante.

ROSSI
Sono l'assessore alla sanità della Provincia di Trento. Intanto, noi vi ringraziamo per l'attenzione che ci dedicate; ribadisco anch'io che questa è per noi l'occasione per fare un ulteriore punto della situazione e, naturalmente, anche in esito all'attività che svolgete sull'intero territorio nazionale, per ottenere dei confronti ed avere delle buone pratiche cui ispirarci.
Premetto che in Provincia di Trento è stato istituito un osservatorio provinciale per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, il quale ha prodotto una serie di dati che possiamo consegnarvi oggi. È una sorta di report dell'andamento degli infortuni e delle malattie professionali, in particolare dal 2000 in poi, dal quale possiamo verificare un andamento speculare a quanto sta avvenendo in Italia, magari con percentuali diverse e migliorative circa la diminuzione degli infortuni in Provincia di Trento e un leggero aumento, in particolare nel 2005 e nel 2006, per quanto riguarda gli infortuni di una certa gravità . Diminuisce il numero degli infortuni, infatti, ma sembrano emergere con più importanza infortuni gravi, anche mortali che poi, peraltro, hanno un andamento non sempre lineare, anche perché fortunatamente i numeri sono piuttosto bassi. Questo non significa, però, che tali infortuni non siano oggetto di preoccupazione da parte nostra. Inoltre, vi è un aumento, anche questo in linea con una maggiore sensibilità rispetto al tema, di denunce di malattie professionali, che ritengo sia un dato riscontrabile anche a livello nazionale.
La Provincia autonoma di Trento ha cercato in questi anni di lavorare soprattutto sul versante del coinvolgimento della parti sociali, nel senso che riteniamo sia importante (al di là delle normali attività ispettive, che pure hanno una importanza fondamentale e rispetto alle quali non va mai abbassata la guardia), in particolare in una economia come la nostra, dove la piccola impresa è predominante, cercare di avere un rapporto con le imprese improntato alla condivisione di un percorso di formazione e di educazione alla sicurezza, nonché alla condivisione di attività ispettive finalizzate non solo alla repressione ma, naturalmente, anche al coinvolgimento e allo studio di soluzioni innovative o a carattere tecnologico, in particolare per quanto riguarda certi settori, che possono aiutare lavoratori e imprenditori ad approcciarsi meglio al problema della sicurezza.
Nel settore del porfido, in particolare, sono state sviluppate tutta una serie di iniziative in questo senso, anche con investimenti dal punto di vista della contribuzione da parte della Provincia, finalizzate a realizzare modelli tecnologici o di organizzazione del lavoro che superassero alcune problematicità. Questa metodologia di approccio al problema, fondata appunto sulla condivisione e sulla partecipazione delle parti sociali, ha portato, ben prima della legislazione nazionale, alla formazione del comitato di coordinamento, nel quale sono appunto coinvolti tutti i soggetti partecipanti: enti pubblici, imprenditori, sindacati, ma anche le stesse associazioni degli invalidi sul lavoro.
Il comitato, in relazione alle previsioni del decreto legislativo n. 81 del 2008, ha trovato una sua collocazione all'interno dell'impianto normativo della Provincia nella legge di riforma del nostro sistema sanitario che è stata licenziata dal Consiglio provinciale nel luglio scorso, e nella quale è appunto prevista la costituzione del comitato, ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 2008, con modalità anche di integrazione decise dalla Giunta provinciale proprio in relazione all'esperienza sviluppata precedentemente.
Il comitato ha lavorato essenzialmente lungo tre linee direttrici. Si è cercato, innanzitutto, di definire un piano operativo per la prevenzione e la sicurezza sui luoghi di lavoro, con un accordo quadro d'intesa con i soggetti coinvolti, che naturalmente insiste molto sulla necessita di condividere la conoscenza del fenomeno, essendo estremamente importante che tutti gli attori possano confrontarsi su dati condivisi, così da riuscire ad individuare delle possibilità di miglioramento. Si è sottolineata poi l'importanza del rafforzamento delle attività di vigilanza e di ispezione, nonché la necessita di intervenire in generale in materia di educazione, con una presenza quindi nelle scuole, nonché sulla formazione dei lavoratori, sull'informazione e sulla comunicazione agli stessi.
Un elemento innovativo introdotto è stato quello degli incentivi alle imprese che fanno investimenti nel settore della sicurezza.
Questo piano è stato poi nuovamente riproposto, con la diversa dizione «pacchetto sicurezza», prevedendosi, oltre al proseguimento delle attività in essere, anche un'iniziativa di impatto simbolico - che riteniamo importante al fine della costruzione di una cultura della sicurezza - per cui, in qualsiasi luogo di lavoro della Provincia, il primo giorno di lavoro deve essere dedicato ad una serie di attività di sensibilizzazione e di formazione in tema di sicurezza.
Ho parlato prima di iniziative mirate a settori particolari, tra cui quello della lavorazione del porfido: come la Provincia di Bolzano, anche noi abbiamo naturalmente puntato l'attenzione su tutta quell'area di lavoratori «non professionisti», o comunque di lavoratori che sono imprenditori in proprio, o addirittura neanche imprenditori: mi riferisco, in particolare, a tutte le lavorazioni boschive e a tutte quelle lavorazioni agricole che sono le più colpite da infortuni di una certa gravita. Al riguardo abbiamo sviluppato delle attività di informazione e formazione dei lavora-tori, con la specifica previsione, per quanto riguarda il settore agricolo, di un progetto finalizzato anche all'educazione alla guida e all'utilizzo delle macchine agricole nei campi. Nella nostra Provincia abbiamo infatti problematiche specifiche derivanti dalla conformazione del territorio; si lavora spesso sul ripido e questo comporta la necessita di segnalare a chi usa le macchine agricole i pericoli che da esse derivano: gli infortuni mortali da schiacciamento in relazione all'utilizzo di trattori sono, ad esempio, al primo posto.
Abbiamo pensato, dunque, che fosse utile coinvolgere le varie categorie, offrendo la possibilità di una formazione pratica. A questo proposito, in collaborazione con la nostra Protezione civile, abbiamo avviato dei veri e propri corsi in un'area dedicata della Provincia, in cui è possibile fare dirittura delle simulazioni per imparare ad utilizzare i trattori. In questo periodo stiamo lavorando alla riformulazione di un nuovo piano, che passera dalla nomina dei nuovi componenti del comitato in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che si occuperà delle prossime pianificazioni, le quali saranno poi adottate con delibera dalla giunta provinciale.

PRESIDENTE
La ringrazio, dottor Rossi.
L'incontro odierno rappresenta sicuramente un utile scambio a livello istituzionale ed un'occasione per veicolare al massimo la conoscenza delle iniziative intraprese nelle varie Regioni italiane sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro. Mi preme comunicare che la Commissione si è attivata per incontrare gli assessori di tutte le Regioni del nostro Paese, e quindi delle Province autonome di Trento e Bolzano, anche al fine di condividere delle riflessioni sul tema. A questo proposito, data la vostra peculiare struttura, abbiamo già rivolto una richiesta ad hoc al vostro coordinatore per poter individuare un foro in cui incontrarci e confrontarci sul tipo di lavoro che si sta facendo in materia nel territorio del Trentino-Alto Adige. Non dico infatti nulla di straordinariamente importante, se affermo che abbiamo ancora dei dati di massima allerta per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, nel senso che si registrano ancora troppi morti e troppi infortuni gravi.
C'è poi l'altro fenomeno al quale si è fatto riferimento, quello delle malattie professionali, che probabilmente rappresenta la sfida del domani, considerato anche il contenzioso che esiste in tutta Italia nei confronti dell'INAIL, in modo particolare per quanto riguarda le cosiddette malattie «non tabellate». Credo che sia dunque necessario fare maggiori sforzi da questo punto di vista.
Dai dati risulta una riduzione degli incidenti sul lavoro a livello nazionale e locale, anche se ci sono comunque dei picchi; in effetti, se è vero che gli infortuni si riducono, il numero di quelli gravi appare stabile o addirittura in aumento. In particolare, il numero dei morti, che pur è sceso complessivamente sotto i 1.000, in alcune realtà non è assolutamente diminuito, anzi, c’è una tendenza all'incremento.
Da questo punto di vista, diventa sicuramente importante il discorso culturale: non a caso la legge n. 123 del 2007, nonché il decreto legislativo n. 81 del 2008 ed il successivo n. 106 del 2009, ribadiscono il ruolo e l'importanza della cultura della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, con la possibilità di sviluppare delle iniziative nelle scuole, secondo moduli didattici specifici, nel rispetto dell'autonomia scolastica. Sicuramente nelle vostre Province, a differenza di quanto accade in altre Regioni, esistono maggiori possibilità anche in questo settore. A tal proposito voglio ricordare che, in riferimento alle molte deleghe ancora da attuare in base al decreto legislativo n. 81 del 2008, uno dei tavoli di confronto aperti presso il Ministero del lavoro e proprio quello con il Ministro dell'istruzione, per fare in modo che l'educazione in materia non sia lasciata esclusivamente alla sensibilità di talune strutture ad investire risorse in attività di questo tipo, ma che si arrivi ad un obiettivo di più ampia portata. Ricordo, ad esempio, che nei vecchi programmi scolastici era inserito l'insegnamento dell'educazione civica, che poi è scomparso (ma non è comunque questa la sede per riflettere e ragionare su questo).
Per quanto riguarda i comitati di coordinamento, anche nel corso delle audizioni che ieri abbiamo svolto, è stata richiesta una maggiore frequenza nella cadenza degli incontri. Vorrei sapere qual è l'importanza che voi date a questo tipo di riunioni, considerato che avete una vostra normativa di interpretazione locale anche in riferimento a taluni obblighi previsti in capo ad altre realtà regionali, sia per quanto riguarda la cadenza degli incontri, che per quanto concerne la stessa relazione da inviare ai Ministri della sanità e del lavoro, che mi sembra costituisca un momento importante non solo sotto il profilo del coordinamento, ma anche dal punto di vista della conoscenza, del confronto e della verifica continua. Su questo gradiremmo sapere qual è il vostro pensiero.

NEROZZI
Avrei due domande di carattere generale da rivolgere ai nostri ospiti, per passare poi ad approfondire alcune problematiche relative alle singole Province.
Innanzitutto, come Province voi siete anche stazioni appaltanti per i lavori pubblici: a tal proposito, vorrei sapere come avete superato la questione del massimo ribasso, che è una delle principali ragioni che hanno portato, soprattutto nel settore dell'edilizia, a riduzioni che sono arrivate in alcuni casi fino al 75 per cento, con cinque, sei o sette sub-appalti. Il fenomeno è molto più generalizzato di quanto si pensi, e non riguarda purtroppo solo una parte del Paese, e questo genera non pochi problemi sotto il profilo della sicurezza. Nell'ultimo periodo diversi enti locali stanno ragionando sul sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa e questo certamente è un primo passo; è chiaro, però, che bisognerebbe modificare la legge ed avviare un rapporto con Bruxelles, cosa che proveremo a fare, ma è indubbio che esiste un nodo sulla sicurezza.
La seconda questione di carattere generale su cui vorrei soffermarmi riguarda l'agricoltura. Anche nel corso delle audizioni di ieri sono state evidenziate dai tecnici tutta una serie di questioni riguardanti l'agricoltura: al di là degli aspetti orografici e delle oggettive differenze nella configurazione degli appezzamenti agricoli tra le Province di Trento e di Bolzano e le altre Regioni italiane, ci sono però due aspetti cruciali: il primo riguarda i lavoratori che si dedicano all'attività agricola fuori dell'orario di lavoro (si tratta di un fenomeno diffuso, peraltro anche utile, perché mantiene un governo del territorio); il secondo riguarda l’età. Nonostante i diversi tentativi di sperimentazione tecnica che si stanno facendo, sia in Provincia di Trento che di Bolzano, sicuramente utili, resta il fatto che quando si guida un trattore ad 80 anni, qualche problema c’è.

BIZZO
O a dieci anni.

NEROZZI
A dieci anni però non si dovrebbe fare, mentre ad 80 anni è consentito. Si tratta innanzitutto di applicare in maniera rigorosa il codice della strada, aspetto che per voi è particolarmente importante, dal momento che sui vostri territori si registrano incidenti che coinvolgono non soltanto i trattori, ma anche i mezzi trainanti, in ragione della conformazione stessa delle strade. Al di la della necessita di adeguamento alle norme europee, diventa poi essenziale il discorso dei limiti di età, perché la percentuale di morti in agricoltura aumenta, non diminuisce.
Due domande specifiche. La prima riguarda la Provincia autonoma di Bolzano, anche se più che di una domanda si tratta di una presa d'atto: voi intendete sperimentare sostanzialmente un metodo di controllo di tipo diverso - ieri il dottor Sinn ce lo ha illustrato - che passa attraverso una maggiore responsabilizzazione: credo sia un esperimento utile ed interessante, vedremo che cosa accadrà.
Credo che questo sia un esperimento utile ed interessante, anche se ho l'impressione che le sperimentazioni effettuate a Bolzano, ma anche a Trento, non siano generalizzabili. Vedremo dunque i risultati che produrrà tale sperimentazione, che potrebbe essere estesa, anche se non è generalizzabile in tutto il territorio nazionale, visto che il senso dello Stato non è uguale ovunque.
Per quanto riguarda la Provincia di Trento, nelle audizioni di ieri dei rappresentanti della Procura della Repubblica è emerso un dato singolare: a tal proposito vorrei sapere come vengono calcolati i morti in agricoltura. È stata emessa una delibera pro veritate da parte della Provincia, che non si capisce come possa intervenire su tale materia. Se la morte di un contadino singolo non viene conteggiata tra gli incidenti mortali, capite che c’è qualcosa che non va: dunque vorremmo visionare il testo della delibera pro veritate. Si tratta di una questione sollevata dalla Procura della Repubblica, non ce la siamo inventata noi. Questo fatto non è certo d'aiuto; posso capire che il consenso è un problema, che riguarda voi come riguarda noi, che non riguarda i tecnici, ma che riguarda i politici. Però, facendo degli sconti non si aiutano le associazioni delle piccole imprese a sviluppare il proprio ruolo in questa materia. Tra l'altro, in questi casi non muoiono i lavoratori, cosa che cinicamente ad un datore di lavoro potrebbe non interessare. In questi casi muoiono proprio gli stessi piccoli imprenditori, ovvero le persone che dovrebbero essere tutelate da tali associazioni. Questo problema è emerso, non è certo una mia invenzione e pertanto lo sottopongo alla vostra attenzione. Se è così come c’è stato detto, si tratta di un fenomeno che non aiuta nessuno e che, tra l'altro, riguarda poche unità.
Vi pongo dunque queste due questioni particolari e una questione generale, che riguarda Bolzano, a proposito della quale chiediamo di essere informati dei risultati della sperimentazione che si svolgerà nel corso degli anni.

ROSSI
Per quanto riguarda il problema degli appalti, il Governo ha impugnato la nostra normativa in materia, che cercava di affrontare anche il tema sollevato. A seguito dell'impugnazione, la legge è stata riformulata ed è stato licenziata dal Consiglio regionale. Dunque ora è in vigore la nuova normativa, secondo cui l'offerta economicamente più vantaggiosa diventa lo strumento attraverso il quale si può effettuare un controllo molto più stringente.

NEROZZI
Ci potete far avere il testo della nuova normativa?

ROSSI
Certamente: è stata appena approvata. Dunque si potrà effettuare un controllo più stringente sugli impegni, sulle procedure e su tutte le questioni che riguardano la regolarità, a 360 gradi, del rapporto di lavoro.
Per quanto riguarda invece la questione relativa agli infortuni in agricoltura, non so da dove sia uscita tale informazione, ma l'Osservatorio provinciale degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali rileva gli infortuni, indipendentemente dal fatto che siano indennizzabili dall'INAIL o meno. Quindi le valutazioni vengono fatte sul numero totale degli infortuni. Sebbene quando si parla di infortuni mortali nessuna cifra possa essere considerata bassa, i numeri sono di entità tale che fare delle analisi statistiche, che considerino l'andamento da un anno all'altro, diventa piuttosto difficile, perché non si va mai oltre la decina di infortuni mortali all'anno: si tratta dunque di numeri piuttosto contenuti. Nonostante ciò, il settore agricolo, indipendentemente dal fatto che si tratti di lavoratori dipendenti o meno - lo ripeto - è comunque oggetto di un'azione specifica e puntuale, rispetto alla quale sono stati previsti degli stanziamenti ad hoc proprio in tema di formazione. Attraverso tutte le associazioni degli agricoltori, è stata effettuata anche una diffusione capillare di materiale informativo ad ogni agricoltore iscritto negli appositi registri, parametrando l'informazione all'importanza del tema e attivando anche i corsi di guida di cui ho parlato in precedenza. Dunque non so da dove possa essere uscita l'affermazione che ci avete riferito. Inoltre, se facciamo riferimento ai dati dell'INAIL, parliamo di un certo modo di rilevare i dati; se si parla di dati rilevati dall'azienda sanitaria, e quindi dall'Osservatorio provinciale, si tratta invece dei dati globali.

PRESIDENTE
Allora il parere pro veritate che cosa riguarda? Vi giunge nuovo?

ROSSI
Ci giunge del tutto nuovo. Vorrei capire bene di che cosa si tratta.

PRESIDENTE
Lo vorremmo capire anche noi. È stato corretto e doveroso parlarne, perché potrebbe essere passata una notizia non vera.

ROSSI
Per noi è utilissimo saperlo, ma io non ho mai proposto alla giunta una delibera pro veritate.

PRESIDENTE
Secondo quanto ci riferiscono i nostri uffici, questa ipotetica delibera non riguarda direttamente gli infortuni, e quindi un modo diverso di conteggiarli, ma dovrebbe riguardare i coltivatori diretti, che vengono esclusi dai meccanismi previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008. Questo fatto è emerso in modo inaspettato: i resoconti della audizione non sono secretati e quindi, quando saranno a disposizione, potrete averne visione.

ROSSI
Lo faremo volentieri, perché vorremmo capire meglio la questione.

PRESIDENTE
La delibera non riguarda direttamente il conteggio dei decessi, ma si è ritenuto opportuno che le piccolissime aziende agricole non rientrassero in quel novero.

NEROZZI
Ci riferiamo ai coltivatori diretti.

ROSSI
Prima è stato detto che si contano i morti in modo diverso, mentre adesso si dice un'altra cosa. Vorrei capire esattamente la questione.

PRESIDENTE
Se questa delibera ci fosse davvero - ma forse stiamo parlando dell'Araba fenice e ce ne dispiace - avrebbe come effetto un diverso conteggio dei decessi.

FERRARIO
Nel piano di prevenzione per l'agricoltura si rilevano sia i dati relativi agli addetti INAIL, sia quelli relativi agli esclusi, perché il decreto legislativo n. 81 del 2008 parla di una deroga per le persone occupate in agricoltura che fanno produzione propria. Probabilmente ci si riferisce a questa norma, ma ciò non significa che c’è un'esclusione. L'unica cosa che mi viene in mente è che, rispetto al decreto legislativo n. 81 del 2008, c’è un'esclusione esplicita della parte di addetti in agricoltura che fa produzione propria.

PRESIDENTE
C'è stato detto che l'articolo 21 del Testo unico è stato interpretato in modo tale da non applicare le norme ai coltivatori diretti.

PISETTA
C'è un'interpretazione secondo cui gli agricoltori cosiddetti privati, che coltivano il proprio fondo, non sono soggetti al Testo unico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008. Però, nel piano per la sicurezza in agricoltura, abbiamo predisposto iniziative di prevenzione anche per questi soggetti. Lo scorso anno abbiamo approvato un piano per la sicurezza in agricoltura che prevede vari obiettivi, che si rivolgono a 360 gradi alla prevenzione degli infortuni agricoli. Queste misure riguardano sia gli agricoltori soggetti all'applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, quindi le imprese e i lavoratori autonomi ai sensi dell'articolo 21, ma anche i privati. Nel nostro territorio quella dei coltivatori privati che coltivano il proprio fondo, o al massimo conferiscono ogni anno l'eccesso del proprio prodotto alle aziende ortofrutticole o vitivinicole, ma non si configurano come imprenditori in senso proprio, è una realtà molto presente. Visto che il fenomeno degli infortuni mortali riguarda anche tale categoria abbiamo previsto delle iniziative, come lo stanziamento degli incentivi - fatti salvi i problemi di carattere finanziario legati al bilancio - per la messa a norma dei trattori.

PRESIDENTE
La fonte di quanto vi abbiamo detto è la Procura della Repubblica. Avrete a disposizione il resoconto stenografico dell'audizione e ne farete l'uso che riterrete più corretto. Secondo quanto ci hanno riferito la magistratura e gli organi ispettivi locali ci sono alcune criticità, in alcuni settori, specialmente in agricoltura. Per quel che riguarda l'agricoltura c’è un contenzioso tra la magistratura e gli organi ispettivi locali, secondo cui il Testo unico del 2008, ai sensi dell'articolo 21, non si applicherebbe ai coltivatori diretti. Vi rappresentiamo la questione così come c’è stato riferita: successivamente è emersa la questione del parere pro veritate e pertanto c’è sembrato opportuno riferirvelo.

ROSSI
Di questo vi ringraziamo. È del tutto evidente che nelle Province e nelle Regioni in cui i piani si fanno, è possibile effettuare delle puntualizzazioni rispetto ai piani stessi: dove i piani non si fanno, non si possono fare neanche le puntualizzazioni.

PRESIDENTE
Il dato è emerso e a noi è sembrato opportuno rappresentarlo.

ROSSI
Coglieremo l'occasione per approfondire l'argomento.

NEROZZI
Il fatto ci è stato riferito dal procuratore della Repubblica e poi l'hanno confermato le associazioni d'impresa. Anche tralasciando quanto hanno detto queste associazioni, bisogna considerare che il procuratore della Repubblica non è certo «il terzino sinistro della Sampdoria».

BIZZO
Presidente, per quanto riguarda le riunioni del comitato di coordinamento, so benissimo che esiste, soprattutto da parte delle forze sindacali, la richiesta di tenerle più spesso. In premessa dico che se una riunione servisse a risparmiare anche un solo infortunio di entità minima, allora sarebbe giusto farla. Noi ci siamo assegnati il compito di svolgerne almeno quattro all'anno e cerchiamo di rispettare tale impegno. Dal momento che gran parte degli uffici sono gerarchicamente all'interno dello stesso dipartimento non abbiamo grandi esigenze di coordinamento: ci si incrocia quasi tutti i giorni per lo svolgimento di numerose attività. Le riunioni di coordinamento sono importanti, ma anche per economizzare i lavori cerchiamo di svolgerle nel momento in cui ve n'è è necessita. Certamente, però, è una questione alla quale cercheremo di dare una risposta più significativa.
Faccio ora due considerazioni. La prima, legata alla questione degli appalti, è interessante e mi intriga molto. Parlo anche per esperienza professionale, avendo trascorso trent'anni in giro per i cantieri. La questione della sicurezza è sempre stata, e per alcuni aspetti è ancora, una sorta di lotta tra chi ritiene sia indispensabile, anche per la tutela dei lavoratori, combattere una battaglia di civiltà e le associazioni degli imprenditori, per i quali la sicurezza è un costo. È indubbio che per una impresa seria la sicurezza è un costo, perché comporta il dover rispettare delle regole; tuttavia per la collettiva in generale, tralasciando valutazioni di tipo morale e soggettivo, la non sicurezza costa molto di più della sicurezza.
Oggi i costi della sicurezza vengono tirati fuori dall'appalto, per cui non sono soggetti a ribasso d'asta. Secondo me, si potrebbe compiere un passaggio in più e ragionare su questo punto con le associazioni datoriali, facendo sì che la sicurezza diventi un meccanismo di valutazione della qualità in sede di appalto; in quel caso non andrò certo a fare la gara sulla capacita dell'impresa di risparmiare. Nel processo edilizio, infatti, la parte dei lavoratori incide sui costi per l'80 per cento del totale, mentre i materiali per il 20 per cento. Quando si fa il ribasso oltre una certa soglia è matematicamente dimostrato che questo inciderà sul costo del lavoro. Io sono sempre stato dell'opinione che il maggiore interesse per l'ente pubblico si realizza non appaltando al massimo ribasso, ma appaltando a un ribasso equo che tenga conto della qualità della sicurezza, della formazione dei lavori e della spesa. Se noi facessimo in modo che la sicurezza divenisse un elemento di qualità da valutare in sede di appalto potremmo alzare di molto l'asta. Sono stato assessore ai lavori pubblici del Comune di Bolzano e vi riferisco un dato che potrebbe esservi utile. Non potendo incidere sul codice degli appalti, avevamo sottoscritto con le forze sindacali, datoriali e con la cassa edile, un protocollo che funzionava nel seguente modo. L'impresa che opera nel Comune o nella Provincia di Bolzano versa i contributi alla cassa edile. Avevamo dunque definito, in accordo con le forze sindacali e datoriali, una tabella divisa per quattro tipi di lavorazioni (che potrebbe essere perfezionata, ma che funzionava abbastanza bene): lavori di infrastrutture, costruzioni nuove, lavori stradali e ristrutturazioni. Per ognuna di queste quattro categorie di opere avevamo indicato la forchetta dell'incidenza della manodopera in ore lavoro, per un milione di euro di fatturato. Siccome l'impresa dichiara alla cassa edile le ore lavorate, il Comune, la stazione appaltante, si impegnava a mandare, per ogni cantiere di importo superiore al milione di euro, gli stati di avanzamento lavori alla cassa edile. Quest'ultima verificava che per quelle categorie di lavori le ore dichiarate e pagate dall'impresa rientrassero all'interno della forchetta che era stata definita.
Faccio ora un'osservazione, che sarà scontata per molti, ma non per tutti. La sicurezza e il lavoro nero sono due fenomeni che procedono di pari passo. Si ha poca sicurezza nei cantieri dove vi è un elevato ricorso al lavoro nero. Noi riuscivamo a controllare, con questo sistema, se i contributi pagati corrispondevano alle ore dichiarate. Se tale corrispondenza non sussisteva scattavano i controlli e si facevano le verifiche nei cantieri, mirate su quell'appalto e su quell'impresa. In qualche anno abbiamo smascherato circa cinque cantieri, che sono risultati essere fuori da quel range e che facevano ricorso al lavoro nero, e che per questo sono stati automaticamente esclusi dagli inviti per gli appalti per i cinque anni successivi. Era un sistema grezzo ed empirico, che funzionava sulla base di un accordo pattizio tra sindacati, imprenditori e Comune, e che inseriva all'interno dei capitolati d'appalto questa clausola, che di fatto la legge non ci avrebbe permesso di utilizzare. Nel momento, però , in cui interveniva un accordo pattizio tra le parti, tale clausola diveniva utilizzabile. Tra l'altro, ciò ci ha permesso di escludere dagli appalti imprese che avevano rapporti anomali e contratti stipulati in altri Paesi europei.
A proposito sia dell'agricoltura, sia soprattutto dei trasporti, un tema che non abbiamo toccato - e che rappresenta un problema - è quello dei contratti con i lavoratori stranieri. Oggi sul territorio nazionale, soprattutto nel settore dei trasporti, vi sono autisti assunti all'estero, con contratto estero e con condizioni assolutamente subumane di trattamento economico e di obblighi contrattuali. Quanto all'agricoltura vi è da dire che il Trentino e l'Alto Adige, seppure legati da evidenti similitudini presentano alcune differenze, perlomeno con riguardo al numero assoluto di addetti. In Alto Adige vi sono all'incirca 200.000 lavoratori, e gli addetti all'agricoltura sono circa 20.000. Il numero delle imprese, invece, è pari a 18.501, con 20.093 occupati nel settore, quindi con un rapporto quasi di uno a uno. Per questo parlavo dell'importanza della scuola, perché o si passa attraverso le associazioni di categoria o si fa formazione successivamente. Ma quando un agricoltore ha lavorato dalle sei di mattina alle sei di sera su di un territorio che, per il 7 per cento, è a fondo valle, per il 40 per cento, sopra i 2.000 metri e, per l'80 per cento, sopra i 1.000 metri, è ben difficile che vada a fare formazione.

PRESIDENTE
Ingegner Bizzo, voi avete un largo margine di intervento anche nella scuola e potremmo utilizzare la vostra esperienza come battistrada: avete realizzato qualche intervento in questo settore? Ciò costituirebbe un dato molto interessante.

BIZZO
Presidente, questo discorso è rivolto anche e soprattutto a noi, nel senso che dobbiamo investire di più , ad esempio all'interno delle scuole professionali. La cultura della scuola professionale in Alto Adige è probabilmente uno dei motivi per cui da noi vi è una scarsissima disoccupazione. È questo un valore che io difendo con forza. Quando parlo del ricorso alla scuola come strumento per veicolare la cultura della sicurezza parlo anche per noi, perché so benissimo dove è possibile e dove vorrei che facessimo di più.

PRESIDENTE
Nello specifico, desideravo sapere se per quanto riguarda la Provincia di Bolzano e la Provincia di Trento avete normato in qualche modo il settore scuola in riferimento alla cultura della prevenzione.

BIZZO
No, non abbiamo normato il settore ma, tra il 2005 e il 2007, abbiamo svolto un'azione specifica (della quale possiamo farvi avere il materiale) e sulla base di questa esperienza precedente, rivolta alle scuole elementari e medie, l'Azienda sanitaria locale sta studiando delle modalità di comunicazione finalizzate a tutte quelle categorie di persone che sul tema della sicurezza hanno poche informazioni perché non sono lavoratori dipendenti, come ad esempio le casalinghe.
Un altro tema importante, infatti, è quello degli infortuni domestici, che sono rilevanti. Riprendendo quella esperienza, stiamo preparando una pubblicazione agile, ripresa proprio dalle modalità comunicative utilizzate per i ragazzi, che sono intelligibili per tutti. Tale settore, però, non è normato.

PRESIDENTE
In conclusione dei nostri lavori, desidero ringraziare tutti gli intervenuti per la loro collaborazione, che speriamo continui e sia sempre più proficua.


Fonte: Senato della Repubblica